1849

../Al Lettore ../1850 IncludiIntestazione 12 dicembre 2020 75% Da definire

Al Lettore 1850
[p. 1 modifica]



1849.




2 Gennaio. — Ai 31 dicembre 1848 fu affisso un invito per solennizzare con l’illuminazione per la città in quella sera, e nella seguente del 1° corrente, la proclamazione della Costituente dello Stato, ed a tal uopo si fecero due orchestre sulla piazza del Popolo, ed i Casini si ornarono di arazzi e bandiere, e misero ai balconi i lanternoni, e vari adoperarono quelli coll’arma e col motto di Viva Pio IX!

Qualche mascalzone, che osservò lo stemma di Pio IX adoperato per festeggiare la Costituente, lo prese a sassate, il che accadde all’Assicurazione, rompendo lastre.

Nella sera del 1° corrente doveva avere luogo una dimostrazione militare per lo stesso oggetto. Essendo però tempo piovoso, fu contrammandata.

Nella notte precedente giunse in Roma il general Ferrari, con molti dello Stato Maggiore, e varii militi. [p. 2 modifica]

Nella stessa notte del 31 giunse una staffetta a Mons. Segretario del Concistoro, proveniente da Gaeta.

S’ignora l’oggetto.

Il Principe Massimo, che fu tolto dal suo impiego alle poste, è nuovamente partito per Gaeta.

Al Gesù, nell’ultimo dell’anno, vi furono i soliti vesperi. Si videro alcune panche ornate e privilegiate, e tutti erano in curiosità di conoscere da chi sarebbero occupate in luogo dei Cardinali. Poco dopo vi si assidettero la Giunta di Stato ed il Ministero per assistere al Te Deum, in rendimento di grazie per la Costituente.

La nomina di Masi1, a Generale della Civica, portò malcontento nell’ufficialità. Alcuni rinunziarono ai ai loro gradi; altri si limitarono a rappresentare al Ministro dell’Interno, che tale nomina non era di [p. 3 modifica]loro soddisfazione. Il Ministero assicurò loro che avrebbe procurato d’indurre il Masi a rinunziare.

Mayer, Deputato di Ferrara, è stato nominato Prefetto della Provincia di Frosinone.

Mons. Badia, che trovavasi colà tranquillamente, all’arrivo improvviso di un successore, usò prudenza, e se ne partì per Gaeta, il dì 31 dicembre.

Mamiani, da varii giorni, è malato. Si osserva generalmente che dal soggiorno di Torino in poi la sua salute incominciò a soffrire lentamente, e si consunse in modo notabilissimo. Ora, da pochi giorni, peggiorò talmente, che fu giudicata la sua malattia irremediabile. Da ciò si deduce che, nel pranzo celebre di Torino, gli sia stato dato un lento veleno2.


3. — Ieri sera ebbe luogo la dimostrazione militare per la Costituente.

Alle 4, tutti i Corpi militari furono invitati a radunarsi alla piazza di Venezia, da dove difilarono per il Corso alle 5 ½ pom.

Vi concorse la Civica (in numero di 336), la Speranza3, e i circoli con gli stemmi.

Vi erano anche i Corpi di Artiglieria con una batteria.

Il corso era messo a festa, e vi era una discreta illuminazione.

[p. 4 modifica]

Tale dimostrazione, per sè stessa imponente e magnifica, pure fu senza brio, mentre non si vide quel concorso spontaneo, ammirato in altre circostanze; si sarebbe piuttosto potuto caratterizzare, dal silenzio, una funzione funebre.

Alla piazza del Popolo si era costruito un obelisco di alberi, ripieno di legna, che fu poscia incendiato, per rendere illuminata la piazza, dopo riempita dalle milizie.

Alcuni supposero che fosse l’Albero della Libertà.

Alle 7 ½ tornarono per la stessa strada, ed ascesero al Campidoglio, dove Marco Aurelio a festa teneva la bandiera tricolore, circondato da faci, e rischiarato da fuochi di bengala, tricolori.

Un sacerdote lesse il decreto della Costituente, ed arringando il popolo, disse che «la sua parola era quella del Vangelo, come quella che parlava Nostro Signore e non il linguaggio de’ tiranni».

Raccomandò l’unione per esser forti, e Roma, sempre superba di sè stessa, potrà esserla più che mai colla proclamazione della Costituente dello Stato, facendosi iniziatrice della Costituente Italiana.

Alcuni parrochi, in occasione delle SS. Feste, inviarono, per mezzo del Card. Antonelli, gli auguri a S. S., dispiacenti di non poter compiere tale officio personalmente.

Il lodato Emmo rispose che S. Santità era stata gratissima al loro pensiero, e che se si fossero portati a Gaeta sarebbero sempre stati i ben ricevuti.

Allora quattro parrochi si recarono colà ad ossequiare Pio IX. [p. 5 modifica]


4. — Il sacerdote che pronunziò alcune parole la sera del 2 corrente al Campidoglio, era l’abate G. B. Rambaldi, veneziano. Si riportano due periodi originali che sono i seguenti:

«Popolo di Roma! tu sei chiamato ad infondere la potenza vitale alla infelicissima nostra Italia, e ricomporne le sparse membra, che si vogliono disgregate ed oppresse dalle nere congreghe e dai despoti.

»Io, Sacerdote di Cristo, sento tutta la coscienza di chiamarti dal Campidoglio alla libertà ed alla indipendenza, perchè il principio di questo tuo diritto vive eterno nel Vangelo!»


5. — Le notizie di Bologna erano che il Municipio aveva protestato contro la Giunta di Stato4.

Posteriormente poi si seppe che ai 31 dicembre i Circoli, appoggiati dalla legione di Zambeccari, avevano protestato contro il Municipio.

Si attendono con ansietà le posteriori.

Il Ministero ha sospeso, almeno momentaneamente, il pagamento della lista civile, fissata nello Statuto, per modo che gli assegni ai palatini, al Papa e ai Cardinali sono compresi nella sospensione.


8. — Si dice che negli scorsi giorni a Gaeta ebbe luogo una calorosissima questione tra i Cardinali Ferretti ed Antonelli per le cose di Roma, le quali da quest’ultimo venivano esageratamente riferite a Sua Santità, senza risparmio al rimprovero.

[p. 6 modifica]

Il Ferretti, si aggiunge, (e col suo carattere non sembrerebbe difficile) che lanciasse uno schiaffo all’eminentissimo collega.

Nella mattina del giorno 5, ai quartieri Civici di Roma fu diretto, per la posta, un foglio, stampato e firmato da alcuni ufficiali civici, tendente a sollevare la Guardia Civica, all’oggetto di proclamare un governo provvisorio pontificio. Poco o niente calcolato.

Fra le istruzioni del Governo, vi era che il Municipio Romano dovesse assumere la direzione dei Comitati per la elezione dei rappresentanti del popolo all’Assemblea Costituente.

Il Municipio, però, dichiarò di non volersene ingerire, ed il Ministero dell’Interno disse che vi avrebbe supplito con una Commissione speciale, cui assisteranno gli stenografi in qualità di commessi5.

Intanto, dimani s’intraprenderanno i lavori nel salone del Campidoglio per l’Assemblea Costituente.

Nella provincia di Campagna si manifestarono sintomi pontificii.

Il Ministero mandò a Frosinone un battaglione con particolari istruzioni, credute necessarie dal caso.

La sera del 6 corrente, nelle sale di Montecitorio, alcuni individui, presieduti da un tal De Andreis, [p. 7 modifica]tra’ quali Filippo Massoni Cesare, Mameli, Vinciguerra, si stabilirono in Comitato per raccogliere le firme di coloro che volessero prender parte alla Costituente.

Esso ha per oggetto di promuovere all’Assemblea Costituente, secondo i principii dell’eguaglianza e della sovranità nazionale, quei cittadini che, a preferenza di altri, fossero reputati d’integra fede ed evidentemente liberali.

Il Comitato si dichiarò in permanenza fino alla mezzanotte per far le cariche e raccogliere le firme.

V’intervennero circa 800 individui, e si raccolsero varie sottoscrizioni.

Ieri (Domenica) ebbe luogo la dimostrazione militare per festeggiare il dono della bandiera regalata dai Veneziani ai Romani.

La festa riuscì brillante, e vi presero parte varii Civici comandati da Piombino, oltre tutte le altre truppe. Chiudeva la marcia la nobile bandiera, seguita da una turba di dilettanti che cantavano un inno posto in musica dal Magazzarri con parole analoghe alla circostanza.

Dalla piazza del Popolo si diresse al Campidoglio, tenendo la via del Corso, ornata di arazzi, e colà dall’Abate Rambaldi ne fu fatta la consegna al Campidoglio.

Quel sacerdote pronunziò un breve ed applauditissimo discorso relativo alla funzione che si era fatta6.


[p. 8 modifica]

10. — Fin dal 6 corrente, si sparse voce essere giunto in Roma un altro Breve di Pio IX, in data del 1° corrente, e col quale avvisava e dichiarava, appoggiandosi al Concilio di Trento, Sess. xxii, Cap. xi de Refor., essere incorsi nella scomunica tutti i faziosi dei fatti del 16 novembre, non che i legislatori della Costituente dello Stato, come pure v’incorreranno tutti coloro i quali si presteranno e daranno opera alla stessa convocazione.

Nella notte dello stesso giorno, il Breve fu affisso in varii angoli della città, e nella mattina alcuni parrochi lo misero alle porte della chiesa ed altri lo lessero dai pulpiti.

Si assicura che ai parrochi ne sia stata mandata copia in stampa, con sottoscrizione autografa di Sua Santità.

Ora, dai seguenti fatti sarà facile rilevare la impressione che produsse al Circolo popolare e ad altre persone il Breve accennato.

Circa le 11, fu affisso un foglietto manoscritto, col quale si partecipava al pubblico essere stato pregato il Municipio a far spurgare le chiaviche della città perchè la scomunica avesse il libero suo corso.

Quindi, alla via Frattina, dove si è stabilito un pubblico luogo per esigenze corporali, si scrisse, in italiano e francese: Deposito di scomunica.

Circa un centinaio d’individui, schiamazzando per il Corso, e recando in trionfo un esemplare del Breve Pontificio, intuonarono alcune litanie colle strofe: «Accidenti a Pio IX — Accidenti ai Cardinali — Ai preti».

Il Breve fu poi gettato in luogo immondo.

[p. 9 modifica]Altri poi, togliendo dalle botteghe di cappellai le mostre a tre pizzi, queste recarono in processione, a guisa di feretro, cantando il De profundis.

Quindi si cantò anche un Miserere, stampato, al ministro Rossi, le cui strofe è facile potersi immaginare. Esso terminava: Or che Rossi è nell’Inferno — Canti Italia in sempiterno — Laus tibi Domine.

Ecco la scomunica di cui è parola:


PIUS-PAPA IX

ai suoi amatissimi sudditi


«Da questa pacifica stazione, ove piacque alla Divina Provvidenza di condurci, onde potessimo liberamente manifestare i Nostri sentimenti ed i Nostri Voleri, stavamo attendendo che si facesse palese il rimorso dei Nostri figli traviati per i sacrilegi ed i misfatti commessi contro le persone a Noi addette, fra le quali alcune uccise, altre oltraggiate nei modi più barbari, non che per quelli consumati nella Nostra Residenza, e contro la stessa Nostra Persona. Noi però non vedemmo che uno sterile invito di ritorno alla Nostra Capitale, senza che si facesse parola di condanna dei suddetti attentati, e senza la minima garanzia che ci assicurasse dalle frodi e dalle violenze di quella stessa schiera di forsennati che ancora tiranneggia con un barbaro dispotismo Roma e lo Stato della Chiesa.

» Stavamo pure aspettando che le proteste e ordinazioni da Noi emesse richiamassero ai doveri di fedeltà e di sudditanza coloro che l’una e l’altra [p. 10 modifica]disprezzano e conculcano nella Capitale stessa dei Nostri Stati. Ma invece di ciò un nuovo e più mostruoso atto di smascherata fellonia, e di vera ribellione da essi audacemente commesso colmò la misura della Nostra afflizione, ed eccitò insieme la giusta Nostra indignazione siccome sarà per contristare la Chiesa Universale. Vogliam parlare di quell’atto, per ogni riguardo detestabile, col quale si pretese intimare la convocazione di una sedicente Assemblea Generale Nazionale dello Stato Romano con un Decreto del 29 dicembre prossimo passato per istabilire nuove forme politiche da darsi agli Stati Pontifici. Aggiungendo così iniquità ad iniquità, gli autori e fautori della demagogica anarchia tentano distruggere l’Autorità temporale del Romano Pontefice sui domini della Santa Chiesa, quantunque irrefragabilmente stabilita sui più antichi e solidi diritti, venerata, riconosciuta e difesa da tutte le Nazioni, col supporre e far credere che il di Lui Sovrano Potere vada soggetto a controversia, o dipenda dal capriccio dei faziosi. Risparmieremo alla Nostra dignità la umiliazione di trattenerci su quanto di mostruoso si racchiude in quell’atto abbominevole per l’assurdità della sua origine, non meno che per la illegalità delle forme e per l’empietà del suo scopo; ma appartiene bensì all’Apostolica Autorità, di cui, sebbene indegni, siamo investiti, ed alla responsabilità che Ci lega co’ più sacri giuramenti al cospetto dell’Onnipotente, il protestare non solo, siccome facciamo nel più energico ed efficace modo contro dell’atto medesimo, ma di condannarlo eziandio alla faccia dell’Universo, quale enorme e sacrilego [p. 11 modifica]attentato commesso in pregiudizio della Nostra Indipendenza e Sovranità, meritevole de’ gastighi comminati dalle leggi sì divine come umane. Noi siamo persuasi che al ricevere l’impudente invito sarete rimasti commossi da santo sdegno ed avrete rigettato lungi da Voi una sì rea e vergognosa provocazione.

»Ciò non ostante perchè niuno di Voi possa dirsi illuso da fallaci seduzioni e da predicatori di sovversive dottrine, nè ignaro di quanto si trama dai nemici di ogni ordine, di ogni legge, di ogni diritto, di ogni vera libertà e della stessa vostra felicità, vogliamo oggi nuovamente innalzare e diffondere la Nostra voce in guisa che vi renda vieppiù certi dello stretto divieto con cui vi proibiamo, a qualunque ceto o condizione apparteniate, di prendere alcuna parte nelle riunioni che si osassero fare per la nomina degli individui da inviarsi alla condannata assemblea. In pari tempo vi ricordiamo come questa Nostra assoluta proibizione venga sanzionata dai decreti dei Nostri Predecessori e dai Concilii e specialmente dal Sacrosanto Concilio generale di Trento (Sess. xxii. Cap. xi, de Refor.) nei quali la Chiesa ha fulminato replicate volte le sue Censure e principalmente la scomunica maggiore da incorrersi, senza bisogno di alcuna dichiarazione, da chiunque ardisse rendersi colpevole di qualsivoglia attentato contro la temporale Sovranità dei Sommi Romani Pontefici, siccome dichiariamo esservi già disgraziatamente incorsi tutti coloro che hanno dato opera all’atto suddetto ed ai precedenti, diretti a [p. 12 modifica]danno della medesima Sovranità, od in qualunque altro modo, e sotto mentito pretesto hanno perturbata, violata ed usurpata la Nostra Autorità. Se però Ci sentiamo obbligati, per dovere di coscienza, a tutelare il sacro deposito del patrimonio della Sposa di Gesù Cristo alle Nostre cure affidato, coll’adoperare la spada di giusta severità a tal uopo dataci dallo stesso Divino Giudice, non possiamo però mai dimenticarci di tenere in terra le veci di Colui che anche nell’esercitare la sua giustizia, non lascia di usare misericordia. Innalzando pertanto al Cielo le nostre mani, mentre di nuovo a Lui rimettiamo e raccomandiamo una tal causa giustissima, la quale piucchè Nostra è Sua, e mentre di nuovo Ci dichiariamo pronti, coll’aiuto della potente sua grazia, di sorbire sino alla feccia per la difesa e la gloria della Cattolica Chiesa, il calice delle persecuzioni ch’Esso pel primo volle bere per la salute della medesima, non desisteremo dal supplicarlo e scongiurarlo affinchè voglia benignamente esaudire le fervide preghiere che di giorno e di notte non cessiamo di innalzargli per la conversione e salvezza dei traviati. Nessun giorno certamente più lieto per Noi e giocondo sorgerà di quello, in cui ci sarà dato di veder rientrare nell’ovile del Signore que’ Nostri figli, dai quali oggi tante tribolazioni ed amarezze Ci provengono. La speranza di godere presto di un sì felice giorno si convalida in Noi al riflesso, che universali sono le preghiere che unite alle Nostre ascendono al Trono della Divina Misericordia dalle labbra e dal cuore dei fedeli di tutto l’Orbe Cattolico e che la [p. 13 modifica]stimolano e la forzano continuamente a mutare il cuore pe’ peccatori e ricondurli nelle vie di verità e di giustizia.

» Datum Cajetae die 1 Januarii, Anni 1849.

Pius PP. IX».


Il di 7 corrente, Ciceruacchio mandò una Deputazione a Monsignor Vice-Gerente per inibirgli di pubblicare l’atto di scomunica di Pio IX, altrimenti sarebbe stato ucciso.

Una turba di furibondi, una sera, si recò dal parroco di S. Giovanni in Laterano. Questi era fuggito per una porta segreta, e, non potendo far altro, gli misero a soqquadro i mobili di casa.

Passarono poi da quello di S. Maria Maggiore, che similmente era fuggito, e, vomitando bestemmie, tirarono sassi alle invetriate.

Nel dì 8, Bezzi, segretario di Ciceruacchio, ed ora Ispettore generale di polizia, con alcuni armati, si recò a casa di Monsignor Avella a verificare se vi fosse alcun deposito di esemplari del Breve; passarono poscia alla stamperia Aiani ed all’ufficio della Gazzetta e cercarono scrupolosamente, ma invano.

Le insegne dei cappelli cardinalizi e papali, tolte da alcune botteghe di cappellai, recate in processione mortuaria per il Corso la sera del 7, furono gettate dal ponte Sisto.

Il Ministero ieri pubblicò un proclama col quale esorta il popolo ad aver fiducia in lui, ad esser [p. 14 modifica]moderato, e non farsi imporre da sinistre voci, mentre la causa italiana non soffrirà giammai7.

Ieri sera girarono numerose pattuglie per prevenire nuovi eccessi del popolaccio sfrenato.

Si assicura che quanto prima in Napoli avrà luogo un congresso diplomatico di potenze, specialmente cattoliche, all’oggetto d’intervenire negli affari di Roma e stabilire il Papa nei suoi pieni poteri.

La Spagna mise a disposizione di Pio IX un vapore ed anche denaro.

Sette bastimenti già hanno fatto vela, e sembra che si dirigeranno a Civitavecchia.


11. — Ai 7 il Vescovo di Orvieto fece affiggere alle porte della Cattedrale un esemplare della scomunica. I civici lo strapparono, il curato ne fece affiggere una seconda copia, e vi mise di guardia due contadini. I civici assalirono le due guardie, una ne uccisero e l’altra la malmenarono. Questa però se ne fuggì ed invitò all’armi i contadini della campagna. Infatti, armatisi alla meglio, si attaccarono con la Civica. Vi furono due morti e otto feriti. Da Viterbo fu mandato colà un rinforzo di Civica.

Nello stesso giorno 7, giunse in Roma il conte Martini, nuovo inviato straordinario, e ministro plenipotenziario del Re di Sardegna presso la Santa Sede8.

[p. 15 modifica]Il Ministro, giunto in Roma, parlò col Presidente della Commissione provvisoria; disse cose pacifiche, ed il giorno seguente parti per Gaeta.

Ai 9 la Commissione provvisoria soppresse il dazio del macinato.

Ciò importa una diminuzione all’erario di annui scudi ottocento mila.

Il dottor Masi, generale della Guardia civica, rinunziò a tale carica. 11 ministro dell’interno ordinò che ne fosse fatto un successore coi voti della Civica.


13. — Ieri sera si apri un comitato degli Stati Italiani nel teatro Metastasio per trattare sulla Costituente italiana, allo scopo di servire d’istruzione al popolo.

Il punto principale da discutersi era il doppio voto ai Rappresentanti della Costituente, tanto per la Romana che per l’Italiana.

La seduta fu pubblica, e la parola era libera a tutti. Molto concorso.

Si parlò del Papato, che era stato sempre l’intralcio e la rovina del progresso italiano.

Le questioni di Orvieto si acquietarono prima che giungessero i rinforzi di Viterbo.

Anche a Piperno vi fu qualche piccolo sconcerto per il Breve del Papa, ma senza spargimento di sangue, e di poca durata.

Pasquino ieri diceva che l’abolizione del dazio del macinato è un buon parafulmine, d’invenzione del Ministero, contro la scomunica.


[p. 16 modifica]18. — Gli stessi periodici che avevano annunziato l’esilio di varii ufficiali e sott’ufflziali di linea ora smentiscono la notizia coll’asserire essere stati inviati alle loro destinazioni, come aveva di già disposto il ministro delle Armi.

Nei giorni scorsi il Municipio di Bologna esigette un trimestre di fondiaria anticipata, ed emise 200 mila scudi di buoni.

Nella provincia di Frosinone hanno defezionato 30 carabinieri ed un uffiziale.

Si diressero a Gaeta.

Il ministro, da Roma, ne spedi altri in rimpiazzo.

Nella decorsa settimana Ciceruacchio, con Guerrini, si recò a fare un giro per i castelli, per promuovere la Costituente romana.

A Genzano, ai 14, arringò il popolo; ma questo, non troppo ben disposto ad ascoltarlo, tumultuò, e Ciceruacchio fu costretto a fuggire accompagnato da sassate e fischi.

Nella notte dal 16 al 17 corrente il Bezzi9 sorprese fuori di porta S. Giovanni, alla casetta così detta degli Spiriti, il generale Zamboni, comandante la divisione territoriale di Roma, che, travestito, con i due uffiziali Monari e Sassolini, se ne fuggiva da Roma colla sua famiglia per dare evasione ad alcuni concerti segreti col general Zucchi, come si conobbe da un carteggio rinvenutogli10.

[p. 17 modifica]Si vuole che gli sieno stati trovati 12000 scudi, accozzati non si sa da quali risparmii.

Fu consegnato alla polizia e quindi tradotto in Castello.

A norma dell’ordinanza del Governo, costui dovrà esser giudicato e punito con tutto il rigore delle leggi, come traditore della patria.

Si parla generalmente di fucilazione.

Si dice che il generale Zucchi abbia assoldato diversi svizzeri ed anche napoletani, colla coccarda del Papa, all’oggetto di entrare negli stati pontifici, facendoli figurare siccome militi tornati all’obbedienza del Pontefice, onde servano di richiamo agli altri e fare il colpo di una reazione11.

Il Ministro delle Armi ha determinato che la divisione dei volontari, comandata dal general Ferrari, formi parte integrale dell’armata.

Il 21, giorno dell’elezione per l’Assemblea Nazionale, per disposizione del Ministero dell’Interno, sarà solennizzato con pubblica festa per tutto lo stato.

Il deficit delle finanze nel 1848 è di quattro milioni di scudi.


[p. 18 modifica]20. — La sera del 19 corr., a mezz’ora di notte circa, 60 cacciatori accasermati a Cimarra, uscirono dal quartiere armati, e si recarono alla Pilotta12 a gridare: «Viva Pio IX. — Viva i Dragoni. — Fuori il generale Zamboni».

L’uffiziale Zanardi, dei Dragoni, procurò dissuadere quegli imprudenti con buone parole; ma questi, parte vinti dal vino, parte corrotti dal denaro, che ricevettero da ignota mano, e che si dice sia da preti, disprezzando i consigli, fecero una scarica sopra a 20 Dragoni che si erano messi in parata.

Questi allora, montando sopra i cavalli, che si trovavano insellati nella scuderia, piombarono sopra a quei fanti con tanto impeto ed energia, che, dopo di averne massacrati buona parte, essersene impadroniti di 20, ne sbandarono gli altri.

Tre Dragoni rimasero feriti. Ad uno di essi gli si dovette fare l’amputazione di un braccio.

Quei pochi militi sbandati, postisi alla fuga, uscirono fuori delle porte. La Civica, Bezzi e i suoi dipendenti pensarono d’inseguirli, e, presi all’istante circa 20 carrozze, uscirono da tutte le porte.


22. — La sera dei 19 corrente, e allorquando circa 60 cacciatori si recarono armati per la città tumultuando, e quindi alla Pilotta per fare insorgere i dragoni contro il Governo, contemporaneamente, alla piazza dell’Oca, furono tirate alcune fucilate a Ciceruacchio, dalle quali rimase illeso.

[p. 19 modifica]Il Governo spedi all’istante, fuori di tutte le porte, ad inseguire la frazione fuggitiva dei cacciatori sbandati dai dragoni, come si accennò nel foglio del 20.

Nove carrozze con civici, carabinieri, borghesi, si diressero per la via di Tivoli.

Colà giunti, seppero che i disertori erano passati, da circa tre ore, innanzi, dirigendosi per la strada di Subiaco.

Proseguirono il viaggio senza interruzione, ed alla spiaggia sotto Arsoli li arrivarono, che erano circa le 12 meridiane.

Intimato loro di arrendersi e cedere le armi, senza resistenza si arresero, ed i nostri s’impadronirono dei 21 militi disertori che, bene assicurati, condussero in Roma nella mattina del 21 corrente, e alle ore 10 antimeridiane.

Ieri mattina (21) il Forte S. Angelo, con colpi di cannone, e le pubbliche campane col suono a festa, annunziarono la solenne giornata che correva destinata alla elezione per l’Assemblea Costituente.

La Civica fu chiamata tutta sotto le armi, ed il novello generale della Civica (Ferrari), eletto in seguito della rinunzia emessa dal Duca Cesarini (che è fuggito a Gaeta), visitò tutti i quartieri e diresse parole di encomio e lusinghiere.

In varie piazze di Roma, tra le quali a Monte Citorio e dentro al palazzo Colonna, vi erano deputati con diversi tavolini, dove si dispensavano le schede in bianco, previa registrazione del nome dell’elettore.

In ossequio alla verità, non deve tacersi che i candidati venivano da essi stessi progettati ed a tal uopo tenevano centinaia di schede già fatte.

[p. 20 modifica]Si sparse voce che i parrochi scrivessero a S. S., interpellandolo se potessero dare il voto per la Costituente, qualora ne venissero richiesti.

Si dice che Sua Santità rispondesse affermativamente , lasciando alla loro coscienza la scelta delle persone.

Tale notizia produsse entusiasmo in favore di Pio IX.

Del resto, sinora tutto procedette nella massima quiete e buon ordine, e, per ogni buon fine, il Ministero ordinò il concentramento delle legioni di Galletti, di Ferrari, nonché quella di Garibaldi con la batteria, della quale parte è già arrivata.

Ieri, però, una compagnia di Civica mobilizzata fu fatta partire per Terracina.

Da quanto si dice, sembra che vada in osservazione dei movimenti napoletani.

Il Cardinal Oppizzoni, vescovo di Bologna, allorché ricevette l’atto di scomunica del Papa, prima di pubblicarlo, raccolse a consiglio varii teologi e dottori.

Li medesimi avendo deciso che la scomunica non doveva esser pubblicata dalla Chiesa, che dalla Costituente non riceve danno e sfregio, quel vescovo non ne fece fare la pubblicazione.

Similmente fece il cardinale Cadolini, vescovo di Ancona.

I colonnelli Torlonia e Senni rinunziarono al comando del loro battaglione.

Il battaglione Universitario elesse a suo colonnello il professore avvocato De Rossi con 222 voti.

[p. 21 modifica]Ieri sera, alle 8 pomeridiane, fu recata con pompa militare al Campidoglio l’urna colle schede.


23. — Ieri sera si chiuse la votazione per l’Assemblea Costituente dello Stato con altra festa militare, e le urne furono depositate a Campidoglio per quindi farne lo spoglio.

Il numero dei votanti al certo sarà forte, mentre ieri specialmente la folla è stata sempre crescente.

Molti notabili e primarii impiegati del Governo si astennero dal votare.

Costoro ora sono agitatissimi.

Dove si distribuivano le schede vi era il seguente scritto:


«Elettori!

» 22 Gennaio. — Chi ama la sovranità del popolo ha lo stretto obbligo di correre a dare il suo voto. Il solo cittadino che ha macchie infamanti non può avvicinarsi alle urne.

» Se voi non correte a soddisfare questo sacro dovere, è segno che non avete a cuore nè onore, nè patria.

» Accorrete! — Viva l’Italia!»


23. — Notizie venute da Rieti assicurano che colà il vescovo fu il primo a dare la scheda.

Il Ministro de’ lavori pubblici, approssimandosi il giubileo, ordinò a tutte le chiese di fare dei ristauri, anche all’oggetto di dar lavoro alla classe indigente.

[p. 22 modifica]Il generale di Sant’Agostino disse che non aveva danaro, Sterbini gli rispose che glielo avrebbe trovato lui. Bastò questo per intraprendere subito i lavori13.

Il generale di San Lorenzo in Lucina ebbe da quel Ministero una lettera di lode per essere stato uno dei primi ad obbedire alla disposizione.


25. — L’individuo sospetto che si cercava in casa di Coppi era un Gulmanelli, Vice-Console pontificio in Castellamare, giunto in Roma il giorno 12 corrente e in compagnia del Principe di Lieven.

Questi fu a far visita all’abate Coppi nel giorno 19, e qualcuno che fece attenzione a quell’individuo nell’entrare, non si avvide del momento che ne uscì.

Intanto il giorno 24 che il Gulmanelli partì da Roma, un Commissario di polizia gli tolse tutti i dispacci che gli erano stati affidati. Tra questi vi è un grosso piego diretto al Cardinal Antonelli, che si crede scritto dal cardinale Castracane14.

Questa mattina si è riunita, nella sala dell’Alto Consiglio, la Commissione militare, che dovrà giudicare i 53 militi che si resero colpevoli di tradimento la sera del 19 corrente.

[p. 23 modifica]Si conosce che la maggior parte saranno condannati a morte; ma la Civica e la Linea s’interporranno, e riceveranno grazia 15.

Zamboni si assicura che è stato condannato alla galera in vita, in grazia dell’età avanzata.

I complici principali, Monari e Sassolini, si dice che saranno fucilati.


30. — Nel dì 28, con festa militare, ed allo sparo del cannone, furono proclamati al Campidoglio, messo a festa, i 12 rappresentanti del popolo romano per l’Assemblea Costituente, che si leggono nei giornali, e sono i seguenti:

Sturbinetti con voti 16.153
Muzzarelli » 11.555
Sterbini » 11.718
Campello » 9.311
De Rossi » 7.706
Mariani » 6.777
Canino » 6.449
Scifoni » 9.859
Calandrelli » 7.697
Gabussi Avv. » 7.095
Galletti » 11.277
Armellini » 13.175

Un Filippo Alberti sottomise un foglio a nome del popolo dello Stato Romano, chiedendo al Ministero che a quegli statisti notabili che si erano allontanati dalla Capitale e che, dietro un perentorio termine, [p. 24 modifica]non si restituissero alla patria, fossero confiscati i beni e tolti dalla cittadinanza.

Gli stenografi, dopo il faticoso servizio permanente dello spoglio delle schede a Campidoglio, furono chiamati, nel dì 26, dal Ministero a scrivere gli atti della Commissione militare per l’esame dei 50 militi che, nel dì 19, si ammutinarono per la scarcerazione del generale Zamboni.

Essa tiene le pubbliche sedute nella sala dell’Alto Consiglio.

Molti assicurano che sia stato sottoscritto un intervento in favore del Papa dalla Francia, Austria, Spagna e Napoli.

Si dice, similmente, che ai confini romani vi sia il general Zucchi, alla testa di 10 mila uomini, per tentare un colpo di mano sulla facile defezione delle truppe pontificie.

Al teatro Argentina è andata in scena, la sera del 27, la tragedia di Salvatore Cammarano intitolata: La Battaglia di Legnano, ossia la famosa Lega Lombarda, messa in musica appositamente dal maestro Verdi. La musica è sublime e fece entusiasmo.

Vi sono scene sacerdotali senza mistero, e si cantano i due primi versetti del Te Deum laudamus16.

Al Metastasio, per varie sere, si è ripetuta, con fanatismo, una produzione nuova: La Rivoluzione di Napoli.

Il Re di Napoli, naturalmente, ci fa una figura magnifica; ma, per quanto dicasi, tutto è poco.


[p. 25 modifica]31. — Ieri sera la Commissione militare, nominata per giudicare i 50 militi rei di ammutinamento qualificato, terminò le sue operazioni e pronunziò la condanna.

Mirra e Neroni furono condannati a morte. Dessi furono quelli che comandarono il fuoco contro i Dragoni; altri alla galera in vita ed altri ad tempus17.

Si hanno notizie che le elezioni per l’Assemblea Costituente dello Stato procedettero ovunque con tranquillità e con buon risultato di votanti.

Alcuni parrochi di qualche paese (Subiaco) si ricusarono di sposare giovani che avevano dato il voto per l’Assemblea Costituente, e negarono l’assoluzione, in confessione, per lo stesso caso.

Ciò va verificandosi anche in Roma, non senza produrre dissensioni coniugali ed agitazione di spirito nelle donne, che, per plausibili motivi, esortarono gli sposi a dare il loro voto e che, per questo solamente, si veggono discacciate dal tribunale di penitenza siccome scomunicate.

Al palazzo della Cancelleria si affrettano i preparativi per l’apertura dell’Assemblea del giorno 5. Colà si fecero varie innovazioni, che portarono una spesa considerevole.

Le sale del Municipio al Campidoglio furono adoperate per eseguire lo spoglio delle schede, e sopra 300 persone erano occupate in tale funzione e dichiarate in permanenza.

[p. 26 modifica]Durante tutta la notte fornivansi in permanenza rinfreschi a tutti per conto del Municipio (tassato dal Ministero per tale spesa), ed i camerieri non stavano un momento in ozio.

La spesa è stata di scudi 3500, sigari 500.

Anche i sigari erano a comune disposizione, per il che, dal fumare continuo, essendo senza spesa, si sono annerite le preziose pitture ed era un affogarsi.

Il pasto dato al 2° Collegio (cioè a quegli impiegati a Montecitorio che si prestarono a distribuire e raccogliere le schede nei giorni 21 e 22) importò la spesa di scudi 400.

Ieri sono partiti alla volta di Terracina dragoni, pontonieri, linea ed artiglieria.

Si sono messi in pronto i locali della Certosa, il convento della Traspontina, in Borgo, e S. Calisto, in Trastevere, per ricevere i reduci di Venezia e la prima legione di Roma, ove si aspettano tra oggi e domani.

Col dì 30 cadente la Gazzetta di Roma fu intitolata: Monitore Romano.

Nel primo numero di esso, la Commissione di Governo dichiara il General Zucchi reo di tradimento verso la patria, lo pone in istato di accusa e ne ordina alle Autorità dello Stato l’arresto e la traduzione in Roma, innanzi al Tribunale competente 18.


[p. 27 modifica]1° Febbraio. — La Commissiono provvisoria di Governo ha emesso altri 600 mila scudi di boni, ipotecati sui beni dell’appannaggio, decretato già dal Consiglio dei Deputati li 23 agosto19.

Gli Svizzeri stanziati in Bologna (in numero di circa 2000) il di 27 avevano avuto ordine dal generale Latour di disporsi a partire per Gaeta, essendo questa la disposizione che il Generale aveva ricevuto da S. Santità.

Tal cosa pose in allarme tutta la popolazione, la la quale protestò di opporsi a tale partenza col ferro e col fuoco. Latour, in seguito di ciò, sospese la partenza.

Mons. Muzzarelli, ministro degli Esteri, in data del 31 gennaio, ha indirizzato alle Legazioni estere in Roma ed ai Rappresentanti Romani all’estero, una nota-circolare, in guisa di protesta sul precedente fatto20.


6. — Ieri festa straordinaria per l’apertura della Assemblea Costituente.

Alle 10 i Deputati ascoltarono la Messa all’Ara-Cœli,che la disse un cappellano militare, essendosi quei frati ricusati di celebrarla, per ordine del [p. 28 modifica]Vice-Gerente. Quindi, democraticamente, scesero a piedi per il Corso col numeroso corteggio e truppa, e, per la Fontanella di Borghese e S. Luigi de’ Francesi, si recarono alla Cancelleria.

Si osservò che in quella sala era stato abbassato il busto di Pio IX.

Vi erano 140 deputati presenti.

Armellini21 aprì l’Assemblea con un discorso col quale annunziava esser compiuta l’opera della redenzione romana, e che Roma, fatta bastantemente forte, si sarebbe messa forse alla testa di tutte le altre nazioni; conchiuse che questo popolo non era più la dote di un Sacerdozio. (Applausi prolungati)22.

Il Generale Garibaldi, deputato, progettò di stabilire all’istante qual forma di Governo doveva abbracciarsi. Meglio di tutti, però, convenire la repubblicana, e gridò: Viva la Repubblica! (Pochi applausi dalle Tribune).

Canino appoggiò il preopinante, e propose che non si dovesse sciogliere l’Assemblea se non fosse prima stabilito questo. (Freddezza nel pubblico).

Sterbini parlò contro, e rimproverò il Garibaldi della poca esperienza parlamentare. Conchiuse esser quella proposizione un oggetto grave che meritava riflessione, studio, discussione e non poche ore. L’Assemblea ed il popolo appoggiò, e si sciolse radunanza.

[p. 29 modifica]Il deputato più anziano prese il posto di presidente, ed è un tal Senesi, ed i quattro più giovani ebbero quello di segretari.

La sera cori per la città ed orchestre, illuminazione al Campidoglio.


8. — L’Assemblea Costituente ieri nominò a Presidente l’avv. Giuseppe Galletti, generale dei carabinieri, ed a vice-presidenti Masi e Saffi.

Questa mattina si discute qual forma di Governo deve abbracciarsi dagli Stati Romani.

Canino e Garibaldi già si sono pronunziati per la repubblica, e questo è anche il desiderio di molti.


9. — Agli 8 l’Assemblea Nazionale, riunitasi alle 11 ant., si dichiarò in permanenza e si protrasse sino all’ l l|2 ant. del 9.

I rappresentanti:

Filopanti
Politi
Savini
Vinciguerra
Masi
Saffi
Agostini e
Gabussi parlarono in favore di un regime repubblicano.

Mamiani ed Audinot proposero di rimettere la decisione alla Costituente italiana, da convocarsi a tal uopo il 5 marzo.

Il partito prevalse, e, alla maggioranza di 120 voti, fu proclamata, con generali applausi, la [p. 30 modifica]Repubblica Romana23 ed approvato il decreto fondamentale progettato dal Filopanti stesso col quale si dichiara:

1° Che il Papato è decaduto dal governo temporale;

2° Che avrà le guarentigie necessarie per l’indipendenza di esercizio nello spirituale;

3° Che il Governo attuale sarà la democrazia pura, chiamata Repubblica Romana;

4° Che la Repubblica Romana avrà col resto d’Italia le relazioni che esige la nazionalità comune.

Vinciguerra, deputato, premise, prima delle votazioni, che i tre amnistiati (tra cui Galletti) che quivi siedevano, non siedevano come tali, ma come giudici di Pio IX.

Scioltasi l’adunanza all’1|2, si fecero suonare, per un’ora, tutte le campane a festa.

Questa mattina la fazione del battaglione universitario era in berretto repubblicano. Varii altri se ne vedono per Roma.


12. — Nell’Assemblea Costituente del 10 fu nominato un Comitato per il potere esecutivo, composto di tre individui, e sono i seguenti:

Carlo Armellini con voti 109
Aurelio Saliceti (Napoletano) » 114
Mattia Montecchi » 82

[p. 31 modifica]Nell’Assemblea degli 11, questa chiese di poter nominare un Ministero.

Si convenne, con che però fosse responsabile innanzi all’Assemblea.

Nella stessa mattina, 11 corrente, in S. Pietro in Vaticano, fu cantato il Te Deum solenne per l’inaugurazione della Repubblica, cui assistettero tutti i Rappresentanti del popolo, gli impiegati dell’Assemblea, alcuni dei quali però non v’intervennero, e, tra questi, l’estensore, la milizia cittadina, ecc. ecc.

I Canonici anticiparono le loro funzioni per non prender parte a quella del popolo; ma furono sequestrati, e dovettero rimanere in Chiesa.

I rappresentanti all’Assemblea Agatone De Luca Tronchet, e Terenzio Mamiani, che erano di parere contrario alla forma di Governo adottato, hanno emesso la loro rinunzia.

Ieri una turba di popolo, innanzi al calle delle Belle Arti, gridò alle carrozze che passavano, aventi cocchieri e servitori con livree e galloni: «Abbasso le distinzioni aristocratiche ed i segni di servitù — abbasso i galloni» Infatti, molti obbedirono sul momento e ad altri furono strappati.


13. — L’Assemblea Costituente, nell’adunanza di ieri, 12 corrente, decretò:

Che lo stemma del nuovo Governo sia quello della bandiera tricolore coll’aquila romana.

Dichiarò i militari sciolti dal giuramento prestato all’abolito Governo.

Essi lo rinnoveranno per il vigente, giurando sulla spada.

[p. 32 modifica]Gli impiegati e pubblici funzionari dovranno farlo in iscritto.

Fu anche decretata l’abolizione del Tribunale del Sant’Uffizio e d’altri tribunali ecclesiastici esercenti giurisdizione nelle materie sociali.

Si conieranno nuove monete sul disegno che progetterà una Commissione a tal uopo nominata.

Sopra reclami fatti contro i cambia monete, il ministero delle Finanze ha provveduto col mettere nei rioni di Roma dei cambiavalute per conto del Governo, i quali faranno il cambio dei biglietti, per la classe indigente, non maggiore degli scudi 20, senza perdita alcuna, ossia alla pari.

Il Governo, con suo proclama, protestò contro l’atto arbitrario di alcuni, i quali volevano tolti i segnali dalle livree.


14. — Nell’Assemblea Costituente, nella tornata di ieri (13) si propose dal Comitato:

Che i beni ecclesiastici vengano dichiarati di proprietà dello Stato24;

Che qualunque vendita fatta dal 24 novembre in poi si ritenga nulla e fatta in frode.

Il Ministro delle Finanze s’incarica di sorvegliare onde gli oggetti mobili, spettanti come sopra, non vengano trafugati.

Questo progetto venne rimesso alle sezioni.

[p. 33 modifica]Fu nominata poscia una Commissione, composta di 9 membri, incaricata di compilare lo Statuto fondamentale della Repubblica, e sono: SturbinettiArmelliniSaffiRusconiBonaparteGallettiAgostiniLazzariniMuzzarelli.

Il ministro delle Finanze esibì il suo rendiconto, dal quale risulta:

Uscita L. 13.192.000
Entrata » 8.023.814
Deficit » 5.168.186

Il Ministro delle Armi, Campello, ha emesso la rinunzia al portafoglio.

Questa mattina un avviso in stampa invita gli ecclesiastici a dimettere il cappello triangolare, e calzone corto, essendo quello un segnale di oscurantismo ostinato ed imprudente.


16. L’Assemblea Costituente, nella tornata dei 14, decretò di riconoscere il Debito Pubblico come nazionale ed inviolabile.

La Guardia Civica si chiamerà Guardia Nazionale.

Il conte Campello, Ministro della Guerra, che aveva emesso la sua rinunzia, dietro indirizzi della milizia e dei Circoli, la ritirò.

Intanto ieri il potere esecutivo nominò il nuovo Ministero, che è il seguente:

C. E. Muzzarelli, presidente del Consiglio, Ministro dell’Istruzione pubblica; Aurelio Saffi, all’Interno; [p. 34 modifica]Giovito Lazzarini, Grazia e Giustizia; Carlo Rusconi, Estero; Ignazio Guiccioli, Finanze; Pietro Sterbini, Lavori pubblici; Pietro di Campello, Armi, Guerra e Marina; l’avvocato Federico Galeotti, Primo Presidente del Tribunale di Appello di Roma.


17. — L’Assemblea Nazionale, nella tornata di ieri, decretò:

1° L’attuale Consiglio di Stato è sciolto.

2° Il Comitato Esecutivo, ed il Consiglio de’ Ministri sono incaricati di nominare, sotto la loro responsabilità, una Commissione che adempia, provvisoriamente, l’ufficio del Consiglio di Stato, fino alla promulgazione delle leggi organiche.

Vacando il posto di Vice-Presidente, per la promozione al Ministero dell’Interno del Conte Saffi, l’Assemblea nominò il Principe Bonaparte.

Ieri, agli Orti Farnesiani, ebbe luogo un pranzo democratico di 300 persone.

Alle 5 pomeridiane, i commensali, circondati da un festone di mirto, aventi in testa una banda militare, passarono per il Corso gridando: «Viva la Repubblica, abbasso l’aristocrazia, morte ai traditori, infamia alla Ciriola di Carlo Alberto».

Ultimamente fu fermato il corriere russo Squanquavilla, che da Roma recavasi a Napoli, e Campi, corriere di Spagna, che da Gaeta veniva a Roma, e gli furono tolte le corrispondenze.

Il Comitato esecutivo si è installato al palazzo della Consulta, dove al portone vi è la Guardia Nazionale.

[p. 35 modifica]19. — Nella tornata dei 18 (Domenica) il Ministro degli affari esteri diede lettura di una protesta di Pio IX, fatta al Corpo diplomatico, datata da Gaeta, 14 corrente, contro lo stabilimento della Repubblica Romana. In essa si rimprovera la ingiustizia, l’ingratitudine, la stoltezza ed empietà con che si contennero i sudditi, e protesta e dichiara la nullità di tali atti sanzionati da una fazione di traviati. Chiede, infine, sussidio ai Governi perchè siano mantenuti i sacri diritti della S. Sede.

Tale lettura fu dal popolo interrotta con parole di disapprovazione e commenti, ed infine suggellata con un generale ed unanime grido, unitamente all’Assemblea, di «Viva la Repubblica!»

Si decretò che tale protesta fosse inserita nel Monitore di domani, per comprovare qual peso si fosse dato alla medesima favorendone la pubblicità.

Quindi si decretò che tutti i cavalli, appartenenti ai così detti Sacri Palazzi Apostolici, e quelli delle Guardie Nobili, sieno requisiti per uso delle batterie indigene di artiglieria.

La Repubblica poi provvederà a tutto il necessario per il conveniente servizio del Papa, per l’esercizio della sua autorità spirituale.

Il Ministero propose d’inviare commissarii per le provincie, con tutte le facoltà opportune per riorganizzare i dicasteri, e rimuovere quegli impiegati che credessero necessario nota.


25 [p. 36 modifica]Si accordò, con che però il Ministero ne assuma la responsabilità e che le nomine di rimpiazzo siano a lui riserbate.

Per riparare alle urgenze dell’erario, si propone un prestito forzoso a tutti i possidenti, sulle loro rendite nette per una sola volta come appresso:

I possidenti che hanno una rendita dagli scudi 2 ai 4 mila di un quinto di un anno di rendita, dai 4 agli 8 mila, della metà, dagli 8 ai 12 mila in sopra, di due terzi26.

Coloro i quali, nel termine di un mese dall’emanazione di tale legge, allontanatisi da Roma, benché con regolare passaporto, che non rimpatriino, saranno tassati dell’aumento di un’intera annata di rendita, oltre quello stabilitosi nel suddetto decreto.


22. — Ai 21 il Comitato Esecutivo autorizzò, o, per meglio dire, ordinò alla Banca Romana di emettere biglietti per un milione e trecento mila scudi .

Impose quindi che somministri all’erario 900 mila scudi27.

Per mezzo di una staffetta, proveniente da Ferrara, il dì 21, nelle ore pomeridiane, si seppe che il di 17 gli Austriaci avevano passato il Po e minacciavano quella città.

[p. 37 modifica]Alle ore 8 pomeridiane l’Assemblea si riunì in seduta pubblica, ed il ministro degli Esteri (Rusconi) lesse un dispaccio del Preside di Ferrara, col quale partecipavasi che, essendo stata inviata una deputazione al generale Haynau per conoscere lo scopo dell’avvicinamento delle truppe austriache, il medesimo rispose aver quello di una riparazione per l’onta fatta al Console austriaco, per l’uccisione di tre Austriaci commessa nei giorni scorsi, ed infine per la proclamazione della Repubblica.

Quindi proporre le seguenti condizioni:

1° Cessione delle porte della città;
2° Consegna degli autori dell’uccisione dei tre Austriaci;
Atterramento delle barricate28:
4° Mantenimento di 10 mila uomini;
5° Consegna dell’Ospedale militare;
6° Pagamento di scudi 200 mila, più sborso di scudi 6 mila per indennizzo al Console Austriaco;
7 Sei ostaggi per garanzia;
8° Inalzamento dello stemma pontificio.

L’Assemblea, dopo tale lettura, si dichiarò in Comitato segreto. Quindi riaperse l’adunanza pubblica, e decretò che si dessero le disposizioni perchè tutti i cavalli e muli non uscissero dallo Stato della Repubblica;

quindi che la Civica consegnasse le armi per passarle alla Civica mobilizzata.

[p. 38 modifica]Poscia dichiarò proprietà dello Stato i beni ecclesiastici 29.

Nella stessa seduta il ministro Rusconi lesse un proclama agli Italiani,30 ed il Comitato Esecutivo pubblicò il seguente:


«Romani!


«Il territorio della Repubblica è stato violato dagli implacabili nemici d’Italia. Gli Austriaci hanno passato il Po, e minacciano Ferrara.

» Fra i pretesti che portano per quell’occupazione vi è la proclamazione del Governo Repubblicano fra noi.

«L’Austria, incalzata dalla rivoluzione interna, tremante per le vittorie ungheresi, tenta un colpo disperato, nella lusinga che gl’italiani siano ancora discordi fra loro, quando si tratta di combattere il nemico comune. I fatti proveranno il contrario. La causa nostra è causa italiana, e questa invasione servirà per dimostrare quanto sia grande in tutti [p. 39 modifica]i popoli della Penisola l’affetto della nostra indipendenza.

» Il generoso popolo di Bologna e delle Romagne, che cacciò gli Austriaci quando pesava ancora su noi il giogo della casta sacerdotale, saprà farlo con maggior impeto ed energia. Lo spirito repubblicano raddoppia le forze del braccio e della mente.

» Forte dell’assenso universale dei popoli, il Governo della Repubblica ha già prese quelle misure, che ne’ momenti supremi salvarono sempre gli Stati dalla schiavitù e dal disonore.

»I1 ministro delle armi parte per Bologna, e da tutti i punti correranno le forze di linea, di civica mobilizzata e volontarii per respingere il nemico. La Toscana unirà i suoi soldati ai nostri, Genova non resterà indolente. Notizie certe di Piemonte assicurano che la maggioranza dell’Assemblea di quel regno è pronta a riconoscere la nostra Repubblica.

» In questi giorni solenni l’Assemblea Nazionale sarà degna del popolo che qui rinviava, e noi faremo un appello a quanti sentono amore di patria in tutta Italia. La fortuna non poteva fare un dono più grato che di presentarci l’occasione di mostrare, che la Repubblica non può essere un nome vano per noi.

» Ogni trama ed ogni assalto de’ nostri nemici interni ed esterni fu per noi cagione di trionfo. Quest’ultimo fatto completerà la vittoria, e la Repubblica sorgerà più rispettata e più gloriosa dopo la battaglia e la cacciata dell’odiato straniero.

[p. 40 modifica]» Dalla Residenza del Comitato Esecutivo, li 21 febbraio 1849.

G. Armellini.

A. Saliceti.

M. Montecchi».



22. — Il Ministero, nell’Assemblea di questa mattina, facendo seguito alle precedenti notizie di Ferrara, partecipò che, per mezzo di altra staffetta, giunta da poco, si annunziava che gli Austriaci erano entrati a Ferrara, e che quella infelice città si era dovuta assoggettare alle condizioni impostele, ed aveva sborsato la somma, ed innalzati gli stemmi pontificii, onde evitare il bombardamento ed il saccheggio.

Il generale austriaco dichiarò di permettere l’uscita dalle porte a qualunque cittadino, ma tale promessa non fu punto attesa.

Il Preside Mayr fuggì dalla città, e stabilì il governo ad Argenta.

Il medesimo, nel suo rapporto, soggiunge, che per ora le truppe austriache non presentano indizio di avanzamento.

Il Ministero, inoltre, interpellato se conoscesse alcun movimento di truppe napoletane, come alcuni facevano supporre iniziato, rispose non aver notizia alcuna ufficiale su di ciò.

Nella stessa tornata il rappresentante Costabili, di Ferrara, propose di abbassare le campane delle chiese per fonderne cannoni.

Il progetto non fu discusso.

[p. 41 modifica]Il cittadino rappresentante Agostini, relativamente al prestito forzoso, progettò invece d’imporre ai facoltosi acquisti forzosi per i beni ecclesiastici.

Anche tale progetto non fu discusso.

Alcuni assicurano che in Bologna sia stato carcerato il conte Mastai, fratello del Papa, discopertosi capo di una reazione, che voleva tentarsi in quella città.


26. — L’Assemblea, nella tornata del 24, decretò che si facessero al Ministero della Guerra i fondi per l’acquisto di 15000 fucili, che sono a Marsiglia.

Decretò, inoltre, che si facesse requisizione di tutte le campane delle chiese che sono superflue, e che serviranno per fare cannoni.

Si eccettuano quelle delle basiliche, delle parrocchie e chiese nazionali, non che quelle che, per pregio artistico ed antichità, meritano di esser conservate.

Nella notte del 24, nella seduta permanente, si decretò:

Che i Rappresentanti del popolo non potessero percepire doppi soldi;

Che i soldi, pensioni, assegni, indennizzi, d’ora in poi, non saranno più pagati a coloro che si troveranno fuori dello Stato della Repubblica Romana;

Il rappresentante Govoni progettò di nominare una Commissione di 6 membri per sindacare e purgare i varii dicasteri.

La proposta fu rimessa al Comitato Esecutivo.

[p. 42 modifica] Si stabili, inoltre, che gli stabilimenti e luoghi pii, non potessero più acquistar nulla, benché a titolo di donazione. Si abolì la sorveglianza vescovile per le scuole, università, eccetto i seminari vescovili, ecc. Il prestito forzoso venne ammesso nell’Assemblea del 25 con voti:

99 favorevoli
11 contrarii
4 motivati

114

Ai 23 un Commissario di polizia, con altri, andarono al palazzo di S. Ufficio, ne discacciarono i frati Domenicani, bruciarono i processi, requisirono il denaro che avevano, e quindi fecero un banchetto, alla cui mensa assidette il Vescovo....31, che da venticinque anni trovavasi colà ritenuto.


28. — Nel dì 26 un ispettore di polizia andò a casa di Mons. Roberti32, e, non avendolo trovato, gli lasciò intimazione in iscritto di dover partire da Roma nel termine di giorni sette, quindi si portò via tutte le carte.

[p. 43 modifica]Ai 27 l’Assemblea Nazionale abolì il Tribunale del Sant’Uffizio.


2 Marzo. — L’assemblea Costituente, nella tornata di ieri, decretò:

L’abolizione dei dazii doganali, non che quella della tassa della barriera al confine della repubblica.

Il ff. di ministro della guerra Calandrelli dichiarò che Campello trovavasi a Bologna e che trattava la pendenza di quegli Svizzeri, i quali chiesero di sciogliersi. Soggiunse poco potersi contare su di essi. Intanto chiesero scudi settantacinque mila, oltre alcune altre pretese. Campello, per tale oggetto, portò seco settanta mila scudi.

Il cardinale Antonelli, come segretario di Stato, in data del 19 febbraio, da Gaeta, emise una protesta contro il Decreto dell’Assemblea sui beni delle mani-morte, che si dichiaravano della Repubblica.

Il re di Napoli ha dichiarato in stato d’assedio i paesi confinanti collo stato della Repubblica Romana.

Cernuschi, nuovo rappresentante, presentatosi ieri per la prima volta all’Assemblea, palesò la sua opinione non esser questa cioè l’opportunità di far la guerra, mentre si era sicuri di perderla; questa doversi intraprendere quando si fosse certi di vincere e spettare all’Italia intera e non alla Repubblica di dichiararla.


7. — Nella tornata del 6 corr., l’Assemblea ricevette nel suo seno il celebre Mazzini. Bonaparte, [p. 44 modifica]che aveva la presidenza, lo invitò a sedergli vicino e fu salutato con vivi applausi.

Il Ministro delle finanze Guiccioli emise la sua rinunzia. Il deputato Politi dimandò al Guiccioli che avesse reso ragione dei motivi che lo avevano indotto a tale rinunzia.

Guiccioli salì la tribuna, incominciò colle parole: L’altro giorno accusato33....; ma, sorpreso da una forte commozione, rimase interdetto e cadde in un quasi svenimento prorompendo in dirotto pianto.

L’Assemblea ed il popolo, per fargli animo, lo applaudirono e quella progettò di pregarlo a ritenere il portafoglio34. Egli però non accettò.

Bonaparte, quindi, accusò il Comitato esecutivo di inazione ed insufficienza e dichiarò essersi pentito d’avergli dato il voto.

Quindi, per la sollecita fusione della Toscana con la Repubblica Romana, si decretò d’inviare colà tre commissarii per invitare i rappresentanti della [p. 45 modifica]Assemblea Costituente Toscana a venire in Roma per stabilire le norme della nuova vita politica35.

Furono prescelti:

Nel dì 6 le legazioni di Baviera, Prussia e Russia abbassarono i loro stemmi.


12. — Ai 10 vi fu tumulto alla chiesa di San Filippo per l’abbassamento delle campane, e vi prese parte il popolo che era in chiesa assistente ad un triduo.

Nella sera si rinnovò, e furono versate varie bottiglie di acqua di ragia alla porteria, e con fascine e fieno fu incendiata la porta36. Si chiamarono i pompieri e si evitarono mali maggiori.

Ciò essendo stata opera di alcuni che volevano far nascere una reazione, il Governo fece carcerare due frati Filippini, cioè Della Penna e Ferrari e cinque civici sospetti37.

[p. 46 modifica]Si assicura da molti che nel caso d’invasione napoletana, cui non si potesse resistere, s’incendierà Roma, ed il Governo si ritirerà in Ancona distruggendo tutti i paesi intermedi.

L’agente consolare inglese s’intimorì per un tal disegno ed avvisò, confidenzialmente, i suoi nazionali di provvedere alla loro sicurezza.


14. — Nell’Assemblea Costituente, nella tornata dei 13, il Ministro di grazia e giustizia lesse un rapporto col quale sottoponeva alla clemenza della Assemblea la situazione del barone Sabariani di Benevento, detenuto, nel forte di Castel Sant’Angelo, e di altri 25 individui, da un anno circa, rei politici per amore della libertà italiana38.

L’Assemblea, penetratasi della cosa, gridò grazia. Quindi, il popolo, appoggiando con applausi e con grida di grazia, fu decretato che all’istante andasse l’ordine della scarcerazione.

Interpellato il Ministro dell’estero se i due inviati della Repubblica Romana a quella Francese fossero stati ricevuti, rispose che tanto il presidente della Repubblica, quanto il Ministro degli affari esteri li avevano ricevuti, ma officiosamente soltanto39.

Il Ministro delle finanze assicurò che il cambio della carta monetata era disceso al 14 per %.

15 . — Il dì 13 corr., per ordine del Governo, fu condotto in Roma monsignor D. [p. 47 modifica]Giuseppe Vespignani, vescovo di Orvieto, e consegnato in Castello. Si crede autore, o per lo meno fautore, di una reazione di quei campagnuoli contro la Repubblica Romana.


16. — Ai 12 corr., fu condotto, ben scortato alla fortezza di Ancona, il cardinale De Angelis, arcivescovo di Fermo, col suo caudatario, per ordine del Governo della Repubblica. Si assicura sia stato condotto colà anche il vescovo di Gubbio, monsignorPecci.

A Fermo fu ucciso, proditoriamente, il canonico Corsi ed il conte Grassi. Ai 15 (nella notte) mori il cardinale Mezzofanti.


18. — Nel di 15 corr., furono presi gli argenti ed ori appartenenti a S. Santità e furono portati alla zecca per coniare moneta.

Nel dì 16 fu coniata la moneta erosa della Repubblica di otto blocchi.

Nella stessa tornata dello stesso giorno fu partecipata all’Assemblea la cessazione dell’armistizio per parte di Carlo Alberto della guerra dell’indipendenza e l’intimazione delle ostilità nel di 12 corr.

Nella tornata del di 18 (domenica), Mazzini pronunziò un discorso eccitatorio alla guerra. Disse essere due gli elementi per far la guerra e vincerla: entusiasmo dei popoli e danaro.

Al primo potersi provvedere eccitando i popoli e dividendo i deputati per le provincie per ispargere lo spirito dell’Assemblea ed imporre ai parrochi [p. 48 modifica]l’obbligo di prendervi parte coll’aver presente che il Dio della pace è anche quello della guerra.

Al secondo provvedersi col prestito volontario che si compenetri col forzoso e con altro prestito di ori e di argenti, oltre quelli delle chiese. Intanto però abbisognare alla Repubblica, nel termine di sei giorni cinque milioni, e questi doversi trovare con le norme sopra citate.

Alcune dame che erano alle tribune gettarono due anelli di oro e due pendenti40.


20. — Nel di 15 corr., Ciceruacchio, il Carbonaretto, con altri sette o otto individui, s’imbarcarono a Civitavecchia ed andarono a Livorno e Firenze per repubblicanizzare ed unificare. Si dice che passeranno anche per il Genovesato.

Nella notte precedente al 18, furono abbassati gli stemmi delle legazioni del regno delle Due Sicilie e di Spagna41.

Al palazzo Farnese, allorchè fu abbassato lo stemma, una turba di popolo lo prese a sassate e furono rotte le invetriate. La Civica del prossimo quartiere, essendo accorsa per il buon ordine, anche essa fu presa a sassate. La medesima protestò innanzi ai generale che in altri casi si sarebbe servita di quei mezzi più opportuni per farsi rispettare. La Civica, fu [p. 49 modifica]decretato nella stessa adunanza42, che fosse dichiarata mobile dai 18 ai 30 anni, e sarà immediatamente organizzata.


24. — I commissarii, incaricati degli inventarii delle chiese, trovarono che, tra gli oggetti appartenenti a S. Maria Maggiore, mancava la culla d’argento col bambino d’oro. Ora si procura che quei canonici denunzino quel prezioso oggetto.

Al palazzo della Cancelleria furono murate alcune feritoie che corrispondono nei sotterranei, per sospetti che si volesse minare quel palazzo. Fu contemporaneamente installato dentro l’atrio un picchetto di dragoni.

Tutti gli inquilini che erano nel palazzo suddetto furono mandati via.

Al Campidoglio si lavora con impegno, anche nelle feste, alla gran sala per stabilire la sede della Costituente italiana.


26. — Nel dì 23, nell’Assemblea si lesse un indirizzo degli Svizzeri di Ginevra alla Repubblica Romana, sottoscritto da 6000 individui e votato sulla piazza di Ginevra.

Mazzini fu incaricato della risposta e la lesse nell’adunanza dei 25.

[p. 50 modifica]Sterbini annunziò che Zucchi43 tentava di occupare Frosinone colle sue truppe.

Il Ministro dell’estero rispose nulla saper di ciò; d’altronde non esser mai da temersi un tal nemico. Il suddetto Ministro assicurò aver notizia ufficiale che la spedizione francese per l’Italia era stata contrammandata.

Mazzini lesse un indirizzo dei Corsi, residenti in Bastia, in favore della Repubblica Romana.


27. — Nella sera dei 26 quaranta deputati diedero un banchetto a Valerio44, piemontese, da Spillmann. Si dice che Bacco esercitasse vigorosamente la sua autorità, e si fecero alcuni brindisi poco leciti.

Nella sera stessa vi fu comitato segreto, terminò un’ora e mezza dopo la mezzanotte e fu tumultuoso.

I Beneventani liberati dal carcere, dall’Assemblea, non avendo mezzi da vivere, il Governo ne distribuì due per convento coll’obbligo di mantenerli di tutto punto.

Le monache di S. Silvestro in Capite sono state avvisate di sgomberare quel monastero, che serve alla Repubblica e di scegliersi un altro locale.

Nella sera dei 27 fu condotto carcerato, da Santo Oreste, un prete appartenente al cardinale Ferretti [p. 51 modifica]ed un guardiano di campagna del marchese Canali per sospetti di reazione. Il prete, che si era dato alla fuga, era travestito ed aveva i mustacchi finti.

Nella scorsa settimana furono requisiti gli argenti della Cappella Sistina e Paolina.

Nell’adunanza dei 27 fu decretato di restituire il palazzo detto di Venezia ai Veneziani45.

Vi furono accuse contro il potere esecutivo ed il Ministero per la poca energia fin qui dimostrata.

Sul fine della scorsa settimana la Civica volontaria mobilizzata occupò il locale di S. Marcello dalla parte della porteria.


29. — Nel dì 28, ai confini napoletani, dalla parte di Terracina, alcuni uffiziali romani del corpo de’ pontonieri, essendo andati a bere con alcuni uffiziali napoletani dentro quel territorio, vennero dai carabinieri carcerati. Essi sono: Amadei, Fortuna, Ravioli46.

[p. 52 modifica]Supponendosi autore di tale tradimento il cardinale Antonelli, a Ceccano vennero all’istante presi in ostaggio tre fratelli del cardinale suddetto.

Nella stessa sera, Bezzi carcerò l’altro fratello Angelo Antonelli, che dimora in Roma e lo condusse al S. Uffizio.

Nello stesso giorno fu intimato ai Domenicani di sgombrare una metà del loro locale della Minerva per acquartierarvi una compagnia di carabinieri.

Nella tornata dell’Assemblea del dì 28, il Ministro degli affari esteri annunziò che tutti gli scontri che avevano avuto luogo fin qui tra le truppe italiane e le austriache erano stati sfavorevoli per le armi italiane. Aggiunse che il Governo di Torino si trasportava a Genova per tutelar meglio la difesa del paese. Quel Governo intanto ricorrere alla insurrezione lombarda.

Sterbini annunziò come avvenuta la insurrezione lombarda, nonchè la proclamazione della repubblica del regno di Napoli, cioè nella Terra di Lavoro ed in altri punti. Quindi, da tali favorevoli notizie, tanti milioni d’italiani non doveano trepidare al cospetto di 70 od 80 mila uomini dell’Austria, cui sarebbero mancati altri rinforzi per la guerra Ungarica che la tiene occupata.

Doversi, in ogni modo, sollevare le provincie dello stato romano per accorrere in massa a scacciare l’inimico.

Il popolo chiese armi. Montecchi, membro del comitato, assicurò essere stati mandati in Francia altri inviati per tale oggetto con altri 70 mila [p. 53 modifica]franchi. Esservi colà un milione e mezzo di franchi per acquistare 64 mila fucili.

Quindi l’assemblea si riunì in comitato segreto.

Lazzarini, Ministro di grazia e giustizia, ieri (28) rinunziò al suo portafoglio.


BOLLETTINO.


Genova, 29 Marzo, ore 7 1|2 pomeridiane .

«Si batte la generale, il municipio si unisce alla guardia nazionale e alla commissione di difesa. Si aspettano da un istante all’altro i corpi lombardi che stanno ad Alessandria, Tortona e luoghi vicini. Furono spediti ad essi messi sopra messi, ed uno, tornato alle quattro pomeridiane, assicurò che sarebbero venuti in Genova. Dove giungano in tempo, l’Italia sarà stata salvata nel 49 da Genova, come nel 48 lo fu da Venezia. I forti, lo Sperone ed il Bigatto sono in mano della guardia nazionale. È pure in mano del popolo la Lanterna. Si chiede con alte grida il Governo provvisorio. Tutte le mura della città sono occupate dal popolo. Le piccole porte sono state in poche ore murate.


Altra lettera

da Genova del 29 Marzo, ore 9 della sera.


«Giunge ora notizia da Alessandria che i Lombardi, i Genovesi ed alcuni Savoiardi tenevano la cittadella, che tutto il Piemonte era in insurrezione, [p. 54 modifica]meno Torino. L’entusiasmo è cresciuto a dismisura. Genova è in insurrezione completa. Iddio non disperda le grandi speranze».


31.Saffi, uno del Triumvirato47, annunziò che il popolo in Genova è insorto alla notizia della sconfitta dell’esercito ed ha proclamato di voler sostenere fino all’ultima prova la guerra dell’indipendenza. Ha costituito un Governo di fatto ed è padrone della città perchè le truppe s’affratellano col popolo. Nulla di positivo sulla guerra.

Sembra che Novara sia di nuovo in mano dei Piemontesi.

Sulle coste di Terracina si è avvicinato una cannoniera gridando viva il Re; alcuni posti delle nostre truppe hanno gridato viva la Repubblica, e vi è stato qualche scambio di fucilate.

L’Assemblea, nello stesso giorno, decretò che l’esercizio del diritto di grazie è delegato provvisoriamente al Potere Esecutivo, cioè al Triumvirato.


2 Aprile. — Nella sera dei 30 Marzo s’intese per la città qualche grida di viva Pio IX.

Nella notte dei 31 marzo fu tirata una schioppettata alla fazione della polveriera, a porta S. Paolo. La palla le forò il shako, senza offenderla.

Nella sera del 1° aprile i membri del club del caffè delle Belle Arti, con una bandiera, passando [p. 55 modifica]per il corso si avviarono al Quirinale, dal Triumvirato, gridando viva la Repubblica rossa — morte a Carlo Alberto — morte ai preti — armi, danari, guerra. Mazzini si affacciò dal balcone della Consulta ed assicurò che la guerra si sarebbe fatta; che avessero fiducia in lui, come egli l’aveva in loro.

Nel passare che fece la turba innanzi ai caffè degli Scacchi e quello delii Crociferi (essendo caffè cosi detti neri e dove vi era qualche prete) furono discacciati i frequentanti, messi a soqquadro le mobilie e tirata qualche sassata.

Nella sera dei 2, altra turba del caffè delle Belle Arti girò per il Corso cantando e gridando viva la repubblica rossa. Quindi passò al palazzo dei Ministro di Sardegna e colà si fecero fischiate.


3. — Nella sera del 1° corr. un imprudente sacerdote declamava contro la Repubblica dentro al caffè dei Crociferi, a Fontana di Trevi. Saputosi ciò da alcuni frequentatori del caffè delle Belle Arti e del Circolo Popolare, si recarono a quel caffè e cercarono del sacerdote. Questi, preso da timore, si era nascosto. Però, trovatolo, senza malmenarlo, gli fu intimato di salire sopra uno dei tavolini e disdirsi in pubblico predicando ad alta voce in favore della repubblica, il che eseguì a meraviglia.

Calandrelli, ff. di Ministro della guerra, ha emesso la sua rinunzia.


4 Aprile. — Nel 1° di aprile in Rieti vi fu rissa fra i militi di Garibaldi. Vi furono otto morti. Una [p. 56 modifica]di quei militi uccise un frate di S. Francesco nel mentre ascondeva alcuni voti di una sacra imagine.

Garibaldi ordinò che fosse posto quel soldato per varie ore alla berlina e quindi lo fece fucilare.


6. — Questa mattina mi recai a visitare il Santo Uffizio48; osservai ossa umane in gran quantità, alcuni capelli ammassati fra la terra ed un trabocchetto, che sembrano sufficienti prove di una precedente barbarie.


9. — Nel venerdì santo, in S. Pietro, si espose nuovamente, dopo varii anni, la Croce illuminata. Molto concorso.

Nella mattina del giorno di Pasqua l’Assemblea, il Triumvirato ed i Ministri si recarono a S. Pietro per assistere ad una solenne messa cantata. La messa fu celebrata dall’Abate Scoppola, cappellano militare49. V’intervenne la truppa di ogni arma con sei pezzi di cannone.

Dopo la funzione, il suddetto Abate Scoppola, dalla gran loggia parata dei tre colori nazionali e circondato, invece che dalle Ventole, dalle bandiere, prese il Venerabile e diede la Benedizione al numeroso popolo e truppa che era sulla piazza50. Dopo ciò, [p. 57 modifica]allo sparo delle artiglierie di Castello ed al suono a festa delle campane, le truppe posero sulle baionette i shako in segno di letizia, a cui corrisposero i Deputati, che erano ai finestroni, agitando i fazzoletti e i cappelli.

Nella sera, vi fu illuminazione della cupola di un nuovo genere e con cambiamento. Alla consueta si sostituì una illuminazione a fuochi di bengala a tre colori, che, per altro, fu di breve durata e di non facile effetto. Quindi subentrò l’altra a fiaccole con variato disegno, che riuscì magnificamente.


10. — I canonici del Capitolo Vaticano non vollero, mai prender parte ad alcuna funzione che fu fatta in quella basilica dalla Repubblica ed il giorno di Pasqua, ad onta che ne fossero invitati, si ricusarono ostinatamente di prestarvisi. Tale contegno indignò altamente non solo il Governo, ma il popolo stesso.

In seguito di che, il Triumvirato, in data di ieri 9 corr., ordinò che quei canonici vengano multati personalmente della somma di scudi centoventi per ciascheduno, da pagarsi nel termine di giorni cinque51.

[p. 58 modifica]Ieri, alle 6 pom., una sezione di artiglieria, tirata da cavalli dei SS. PP. AA., venne a situarsi sulla piazza Colonna e presa, la milizia che l’accompagnava, la parola d’ordine, se ne tornò in Castello.

Tale disposizione del Triumvirato è stata ripetuta anche quest’oggi e sarà stabile. Con ciò si ha anche lo scopo di far mostra di forza in tempi di guerra e di partiti reazionari.

Nella tornata di questa mattina dell’Assemblea Costituente i deputati Gajani ed Antinori insistettero perchè all’istante fossero cacciati via dagli impieghi coloro i quali non avevano aderito alla Repubblica.

Calandrelli ex Ministro della guerra, lesse un rapporto sulla gestione da lui tenuta. Annunziò che fra poco saranno in ordine sessanta cannoni fusi col metallo delle campane requisite.


12. — Ai 9 del corr., sul mezzogiorno, tre sedicenti lombardi (uno dei quali napoletano) si recarono in casa del Console sardo col pretesto di avere i passaporti. Intanto però che l’impiegato del Consolato si ritirò in altra camera, cavarono di tasca i pugnali e minacciarono di trafiggerlo ove non desse loro denaro. Il Console trasse il suo 52 [p. 59 modifica]portafoglio, diede loro alcuni biglietti della Banca (circa lire 25) ed altri pochi scudi in moneta. Quindi uno di essi, volgendosi al ritratto di Carlo Alberto, gli mostrò il pugnale e disse che il denaro che era stato richiesto era per fare il viaggio onde compier l’opera che si erano proposta.

Il Console fece i suoi reclami al Ministero degli affari esteri.


13. — Nel di 10 corr. il Ministro delle finanze Manzoni parti per Francia ed Inghilterra all’oggetto di trattare un prestito 53. Gli furono rilasciate dal Governo lettere che lo accreditano di 20 mila scudi per il viaggio.

Il Governo si occupa di organizzare una legione di 3000 spagnuoli in Marsiglia, in servizio della Repubblica romana 54.


14. — I triumviri intervennero all’Assemblea tenutasi questa mattina 55.

Mazzini disse che, dopo che fu eletto triumviro, la reazione in Italia avea fatto un passo, ed il tradimento aver trionfato temporaneamente in Piemonte [p. 60 modifica]ed in Genova; oggi la reazione aver fatto anche un primo passo verso il trionfo in Toscana.

Passò poi a provare come tali avvenimenti non debbono e non possono menomamente influenzare nella nostra via. Noi esser oggi quello che eravamo ieri.

Occorrere, in ogni modo, un raddoppiamento di forze a misura che le notizie infauste verrano crescendo; un triplicamelo di energia per parte del Triumvirato per prevenire qualunque tentativo venisse dall*interno o dall’estero per involgere anche noi nell’anarchia e nella guerra civile.

Chiedere però all’Assemblea che dichiari solennemente che, se pure crollasse tutto il mondo intorno a lei, l’Assemblea ed il principio che essa rappresenta non crollerà. Essa siede a nome del popolo e starà ferma al suo posto, in nome della Repubblica che ha proclamata, e che l’ultimo grido e l’ultima parola (se venisse occorrenza di un ultimo grido) sarà eguale al primo che ha proclamato (applausi).

Propone, infine, che sia redatto un proclama diretto al paese, in appoggio di altro che uscirà dal Triumvirato (che desidera una parola d’incoraggiamento ed un rinnovamento di un voto di fiducia), il quale confermi e dica al paese quello che ha giurato con questi applausi, e che se non vuole avvilirsi al tradimento ed alla codardia, il paese starà, ed allora nessuna potenza, nessuna forza potrà rovesciare il paese, mentre due milioni di uomini hanno forza da schiacciare qualunque reazione interna ed esterna.

[p. 61 modifica]Quindi lo stesso Mazzini lesse un Decreto concernente l’abolizione dell’appalto col nome di amministrazione cointeressata.

La tassa del sale è fissata ad un bajocco la libra.

Partecipa, infine, che tra le misure prese dal Governo vi è quella d’aver dichiarato il territorio della Repubblica romana ultimo asilo della libertà, italiana, e come campo aperto a tutti gli individui armati che concorressero alla difesa della causa italiana.

A momenti giungerà in Roma il corpo lombardo, ed oggi si spedirà staffetta per sollecitarlo, esibendo ed ospitalità ed armi, qualora non ne avessero.

Oggi giungeranno 6000 fucili. Altri si attendono fra poco.

Armellini, triumviro, dichiarò che i beni indemaniati sieno consacrati al popolo ed all’industria agricola. Si faranno tante enfiteusi di questi beni e si daranno ai coloni56.

Galletti aggiunse che l’Assemblea, che aveva proclamato la Repubblica, doveva sostenere i suoi principii in paragone che ne cresce il pericolo. L’esser coraggiosi in faccia alla prosperità è di tutti gli uomini, ma di essere coraggiosi in faccia al pericolo, è solo di quelli che hanno avuto la rappresentanza dal popolo, di quelli che il popolo ha onorati della sua fiducia.

Il Piemonte esser caduto per preventiva macchinazione, lo che non influisce sopra di lui. La Toscana esser caduta perchè ha creduto che i diritti [p. 62 modifica]di riversibilità, che poteva avanzare una potenza nemica, potessero comprimerla; la paura l’ha sopraffatta e la reazione prese coraggio. Noi esser in casi diversi. Quando abbiamo proclamato la Repubblica abbiamo detto che sul seggio di S. Pietro non potesse venire altro Sovrano e ciò in seguito dell’abbandono del Papa. Tutti perciò dover rimaner fermi al loro posto perchè sicuri di aver operato quello che si doveva.

Sterbini invitò l’Assemblea a proferire pubblicamente il giuramento di voler piuttosto morire sotto le sue rovine che cedere. Quindi gridò: Giuriamolo! — Allora tutti i deputati si alzarono in piedi e coi cappelli in aria ripeterono ad alta voce: Sì lo giuriamo.

Applausi strepitosi dalle tribune57.


15. — Nella tornata di questa mattina l’Assemblea stabili che la causa del generale Zamboni e suoi complici sia rimessa al tribunale ordinario, che giudicherà colle norme delle leggi ordinarie.

Ventisei deputati sottoscrissero una interpellazione al Ministro delle finanze perchè desse schiarimento sopra la cifra di scudi 12 mila all’anno che si dice [p. 63 modifica]pagarsi al cav. Mencacci 58, non si sa per qual genere di merito.

Fu rimessa al Triumvirato.

Bonaparte, nel mostrare la premura che vi era per approvare il preventivo de’ lavori pubblici, dichiarò pubblicamente che i banchi dove siedevano i deputati non erano ancora pagati.

Questa mattina fu affisso un Avviso manoscritto col quale s’invitava il popolo a salvare Galletti, che era minacciato della vita perchè creduto da alcuni amico dell’Austria e corrispondente con Gaeta.

Con altro Avviso si avvertiva il pubblico che giravano monete repubblicane falsificate.


16. — Nel di 14 il Triumvirato pubblicò un proclama sugli avvenimenti di Piemonte, Genova, e Toscana.

In esso fece dichiarazione che Roma apre le braccia a tutti gli emigrati.

[p. 64 modifica]Quindi fu pubblicato il giuramento dell’Assemblea di non cedere e non transigere giammai59.

Il di 15 corrente giunse in Roma il celebre Avezzana con varii altri profughi.

Nella sera arringò al caffè Nuovo, dove fu accolto con applausi60.

Nella stessa sera giunse in Roma una parte del 1° reggimento di fanteria leggiera, comandato dal colonnello Masi.

Questa mattina furono trovati lordati gli ultimi decreti del Triumvirato e scritte, in qualche angolo della città, parole tendenti ad una reazione e contro il Triumvirato, conchiudendo che i loro passi conducevano al saccheggio.

Si assicura che il Triumvirato ha preso delle misure energiche e vorrà cautelarsi nella sua residenza al Quirinale.


20. — Ai 18 Avezzana entrò in esercizio del Ministero della guerra. Al medesimo furono intanto passati scudi 55,000 per sussidiare i Liguri e Lombardi che si attendono.

Ne’ giorni scorsi a Frosinone, Subiaco e Macerata vi furono sconcerti per tentativi di reazione nel contadiname.

Nella provincia di Ascoli questi furono più significanti imperocchè i contadini arrestarono varii [p. 65 modifica]esaltati e, tra questi, un figlio del Preside Calindri61.

Il generale Garibaldi sembra che abbia avuto ordine di retrocedere e portarsi, colla sua legione, a porre l’ordine in quella provincia.

Molti cittadini generalmente presero la precauzione di nascondere gli ori ed argenti.

Diversi canonici regolari lateranensi ed il parroco di S. Giovanni Laterano si ritirarono in un vigna fuori di porta Maggiore collo scopo appunto di tenere in custodia alcuni oggetti di valore.

Nella notte dal 18 al 19 alcuni individui, col vestiario da tiragliori, si presentarono in quella vigna, s’impadronirono degli oggetti di oro e di argento, e malmenarono quei canonici. Il curato riportò una forte ferita in un occhio.


23. — Sul fine della scorsa settimana entrarono nella chiesa di S. Giovanni varii tiragliori ed altri armati con Bezzi, e cercarono Mons. Muccioli, fabbriciero, per avere alcuni oggetti di belle arti che si era di già ricusato consegnare al Governo.

I canonici erano in coro ed a stento i chierici ottennero che non s’introducessero colà.

Avvisato Mons. Muccioli che individui armati cercavano di lui, per una porta segreta se ne fuggì.

Intanto furono tolti varii oggetti e, tra gli altri, un quadro di Raffaello.

[p. 66 modifica]Il 22, pel natale di Roma, sparò Castel S. Angelo all’alba62.

Rivista di carabinieri e linea a S. Pietro.

Distribuzione al Campidoglio di varie doti, di scudi 10 l’una, alle giovani zitelle.

Nella sera illuminazione al Campidoglio e di tutti i monumenti dal medesimo al Colosseo.

Al Colosseo grandiosa illuminazione a fiaccole ed a fuochi di bengal.

Concorso immenso.

Ieri sera stessa, circa le 9 1|2, alcuni tiragliori, passando per S. Ignazio, vicino alla Spezieria63, furono insultati da alcuni che erano dentro la medesima; questi corrisposero con una sassata alla vetrina. Allora lo speziale ex-gesuita (Fr. Tirone) tirò una schioppettata verso i medesimi, senza però offenderli. Allora questi ed altri del popolo che si era radunato entrarono, misero a soqquadro la spezieria, ruppero alcuni vasi del Giappone, molto stimati, e dispersero gli unguenti.

Il Fratel Tirone fu carcerato e la spezieria è stata chiusa64.


24. — Ieri partì per la volta di Civitavecchia il battaglione Melara. Quindi partì anche altro battaglione di altra truppa. Colà si vuole aumentare il presidio a cinque mila uomini.

[p. 67 modifica]In Ancona si lavora indefessamente per fortificazioni terrestri e marittime.

Il Governo della Repubblica francese, animato di spirito liberale, dichiara voler rispettare il voto della maggioranza delle popolazioni romane e di venire amichevolmente, nello scopo di mantenere la’ sua legittima influenza. È deciso ancora di non imporre a queste popolazioni alcuna forma di Governo che non sia da esse bramata 65.


25. — Circolano per Roma voci di prossimo sbarco di Francesi.

Il triumviro Mazzini, con dispaccio, partecipò all’Assemblea che, con sua sorpresa, non si erano avute altre notizie da Civitavecchia.

Da ciò alcuni deputati arguirono che fossero interrotte le comunicazioni tra quella città e Roma.

Intanto un deputato di quel paese assicurava aver avuto lettera colla quale gli si assicurava lo sbarco di 6000 francesi con molti attrezzi da guerra, eseguito alle 11 di ieri sera.

Ad un’ora pomeridiana ha avuto luogo, avanti al palazzo della Cancelleria, una dimostrazione repubblicana, tendente ad eccitare lo spirito dell’Assemblea per stare ferma ne’ suoi principii. Erano circa 4000 individui.

Lizabé-Ruffoni, deputato di Ferrara, arringò la turba persuadendola dell’energia dell’Assemblea e della fiducia che riponeva nel popolo romano. Quindi [p. 68 modifica]assicurò (non si sa con qual fondamento) che i Francesi venivano come amici e non come nemici.

Bonaparte lo interruppe gridando: Rispetto alla religione — odio eterno al governo dei preti!66. Dopo ciò, la turba si disciolse tranquillamente.

Ieri sera, alle 9, Mazzini, triumviro, scrisse al presidente dell’Assemblea perchè la dichiarasse in permanenza.

Quindi annunziò che 11 mila Francesi67 erano nel porto di Civitavecchia procurandone lo sbarco e che il comandante la spedizione, Oudinot, voleva pubblicare un proclama.

Il preside (Mannucci) pregò di sospendere ambedue le cose finchè non avesse preso gli opportuni concerti col Triumvirato.

Oudinot vi aderì.

L’Assemblea dichiarò traditori della patria quei deputati che si allontanassero da Roma e dal loro posto.

Il banco Torlonia ebbe lettera d’avviso per tenere a disposizione della spedizione francese un milione e mezzo di franchi.


26. — Ieri sera l’Assemblea voleva mettere in stato d’accusa Mannucci, Preside di Civitavecchia, [p. 69 modifica]ed il comandante del forte perchè non avevano resistito allo sbarco del corpo di spedizione francese 68.

Alla mezzanotte dai 25 ai 26, essendo giunti in Roma, provenienti da Civitavecchia, tre commissari francesi, cioè l’aiutante del generale Oudinot, Forbin Janson ed altro, incognito, il Triumvirato tenne coi medesimi una lunga conferenza69.

Questa mattina il triumviro Mazzini fece rapporto all’Assemblea.

[p. 70 modifica]Egli partecipò che il corpo di occupazione francese, che marciava sopra Roma, portava fiducia di essere accolto anche qui collo stesso favore con che era stato accolto a Civitavecchia poichè esso non aveva altro scopo che di salvare gli stati della Republica romana da una invasione di nemici esterni e di conoscere quali fossero le vere e reali tendenze della popolazione.

In seguito di che si sarebbero proposte quelle modificazioni che mettessero in armonia la popolazione con Pio IX. (segni di disapprovazione).

Dopo ciò, il triumviro soggiunse esservi due mezzi, o di resistere a tale intervento, o di trattare. (disapprovazione).

Quindi dimandava dall’Assemblea le opportune deliberazioni sull’emergente, le quali, se non fossero state consentanee alla sua coscienza e a quella dei suoi colleghi, in tal caso sarebbero tornati a far parte di semplici cittadini probi, ed avrebbero abbandonato onoratamente il posto.

Il presidente Bonaparte disse di aver richiesta, sottoscritta da 10 deputati, per comitato segreto che era di diritto.

Cernuschi si oppose.

Le tribune, che non erano punto disposte che si riunisse in segreto l’Assemblea, da ciò acquistarono appoggio, e con fischi e schiamazzi vi si oppose.

Bonaparte le richiamò all’ordine; ma fu fischiato.

Allora si sospese la seduta per 10 minuti.

Scorsi però cinque minuti, le tribune rinnovarono gli schiamazzi e chiamarono al loro posto i deputati.

[p. 71 modifica]Sterbini, allora, arringò il popolo e disse che, per amor del cielo, non dessero pretesto allo straniero di far credere che le deliberazioni dell’Assemblea erano violentate ed imposte dal popolo con la forza.

Intanto altri deputati cercarono di persuaderli con altre buone parole. Quindi, alcuni avendo aderito, gli applausi dei deputati verso il popolo riuscirono al pieno effetto.

Sgombrate le tribune, l’Assemblea si riunì in comitato segreto per deliberare sul proposito.

Dopo mezz’ora si riaprì la pubblica seduta, e fu letto il seguente Decreto:

«L’Assemblea, dopo le comunicazioni ricevute dal Triumvirato, e dopo libera e matura discussione, ha deliberato all’unanimità che debba il Triumvirato salvar la Repubblica respingendo la forza colla forza».

Strepitosi evviva del popolo e dei deputati ne «accompagnarono la lettura. Quindi un agitar di fazzoletti e di cappelli ed un gridar di viva la Repubblica! armi, guerra ai Francesi! successe alla lettura.

Varie Signore anch’esse si unirono alle grida, e coi fazzoletti applaudivano alla deliberazione.

Cernuschi, andato alla tribuna, trasse di tasca la sciarpa e disse che l’avrebbe gettata morendo tra le barricate.

Sterbini pronunziò altre parole caldissime ed analoghe per l’ordine e l’unione tra i cittadini.

Il generale Avezzana intervenne all’Assemblea; sali la tribuna e disse esser commosso in modo straordinario nell’ammirare tanta fermezza e tanto entusiasmo nei degni rappresentanti del popolo, e [p. 72 modifica]nel popolo stesso, che aveva fatto eco alle savie ed energiche deliberazioni prese da essa.

Assicurare intanto il pubblico di tutto il suo impegno per fare assicurare dalle truppe i punti essenziali per combattere l’inimico, e portar fiducia che esse, animate da quei sentimenti, non smentiranno a sè stesse.


27 — Nella scorsa notte Armellini sottomise all’Assemblea il suo parere di doversi affidare alla generosità e lealtà dei Francesi e farli entrare. (Disapprovazione generale)70.

Montecchi, tornato questa mattina da Civitavecchia, fece rapporto della situazione di quella città.

Egli disse che quel commissario straordinario della Repubblica aveva protestato sullo sbarco che veniva vietato alla legione Manara dal generale francese, e che, in seguito, aveva ottenuto che sbarcasse liberamente a Porto d’Anzio con la condizione impostale dal suddetto generale di non poter entrare in Roma fino al 4 maggio inclusivo71.

Altra protesta aver fatto similmente per la legione Melara per la quale, per altro, fu richiesto dal [p. 73 modifica]generale francese di lasciarla libera nella partenza colla condizione di dover prestare giuramento di non battersi con le truppe francesi.

La condizione, però, fu rigettata dal commissario, e dice che il generale suddetto, infine, promise di rilasciarla senza alcuna condizione.

Il suddetto commissario convocò un consiglio municipale nel quale fu gridato viva la Repubblica romana! e furono fatte proteste in favore della medesima.

Ieri sera, nel teatro di Civitavecchia, non intervenne alcuno di quel paese.

Il Triumvirato dichiarò che la società non riconosce perpetuità di voti particolari negli ordini religiosi così detti regolari.

Alcuni commissarii fecero un giro pei monasteri per partecipare tale ordinanza.


28 — Da due giorni si lavorano energicamente barricate a porta San Pancrazio, Cavalleggieri, Portese, porta Angelica, Porta Pia.

Il ponte Molle è stato minato.

Sulla piazza di S. Pietro è il quartier generale.

A porta Angelica sono stati atterrati gli alberi e demolita una casetta.

A Castel S. Angelo fu demolito il via-condotto che comunica a S. Pietro.

Ieri sera arrivò in Roma la legione Garibaldi che si acquartierò nel monastero di S. Silvestro in Capite, di dove, nel tempo stesso, partivano quelle monache. Dopo ch’era stato intimato loro, da tre [p. 74 modifica]giorni, di sgombrare il locale, in fine si dovette quasi adoperare la forza.

Le monache di Campo Marzo, di S. Marta, di S. Urbano anch’esse dovettero abbandonare i loro monasteri, essendo destinati alcuni monasteri per acquartierarvi truppe, altri per ospedali.

A quelli di Campo Marzo e S. Marta si stanno atterrando alcuni muraglioni.

Questa mattina, nelle ore antimeridiane, il commendatore Campana fu assassinato in sua propria casa da un incognito che venne per parlargli.

Ebbe tre pugnalate; ma non riuscirono mortali. Caduto però in terra, ne riportò una forte percossa all’occipite con qualche pericolo72.

Questa mattina vi fu rivista generale della Civica sulla piazza dei SS. Apostoli.

Galletti (come presidente dell’Assemblea) parlò al popolo e lo eccitò alle armi per difendere la Repubblica.

Quindi lo seguì Sterbini, che domandò alla Civica (circa 3000) se avessero sofferto in buona pace che lo straniero venisse a dettarci nuove leggi. La Civica rispose no. Poscia soggiunse se volevano ferme quelle istituzioni che erano state emanate dal popolo e rispose .

[p. 75 modifica]Allora conchiuse: «Noi le manterremo a costo del nostro sangue».

Galletti, questa mattina, fece rinnovare il giuramento ai carabinieri di essere fedeli alla Repubblica.

Alle 11 antimeridiane vi fu adunanza.

L’Assemblea decretò che i deputati dovessero prestarsi per i lavori delle barricate e che 14 di essi prendessero posto nei diversi rioni per rappresentanza dei principio supremo di cui sono rivestiti.


29 — Ai 28, nella sera, alcuni militi di Garibaldi occuparono Villa Lante, dove sono le religiose del S. Cuore, come punto strategico.

Oggi poi fu loro intimato di sgombrarla e di riunirsi all’altro monastero di S. Rullino.

La sera del 28 fu ucciso, in Trastevere, un prete, punito della sua imprudenza perchè declamava contro la Republica73.

Questa mattina nulla d’interessante all’Assemblea. Alla Cancelleria si preparano barricate composte di carrozze di cardinali.

Alle 7 pomeridiane alcuni civici presero le carrozze nobili del cardinale Della Genga per far barricate a S. Pancrazio, servendosi dei carri ed incendiando le casse.

Alcune Signore, cioè le Belgiojoso, Maria ed Enrichetta Pisacane e la Bovio Paulucci pubblicarono un invito alle donne romane perchè incoraggino i [p. 76 modifica]mariti, i figli a battersi, ed esse si occupino di far preparare fili e pezze.

Quindi si posero sulle porte di varie chiese a questuare per i feriti74.

La spedizione francese è alle vicinanze di Roma, e domani, forse, sarà alle porte della capitale.

Sono stati atterrati gli alberi che da Santa Maria Maggiore conducono a S. Giovanni, non che quelli dello stradone di S. Croce in Gerusalemme, e si lasciarono in terra incrociati per barricate.


30. — L’Assemblea, ad un’ora pomeridiana, si riunì al Quirinale presso il Triumvirato.

I bidelli facevano la guardia cogli schioppi.

Si recarono nelle stanze annesse tre cassoni di munizioni, che furono distribuite.

Alle 11 1|2 antimeridiane cominciò il primo attacco tra i soldati della Repubblica romana e l’avanguardia del corpo d’occupazione francese comandato dal generale Oudinot. Esso ebbe luogo fuori porta Cavalleggieri75.

Tutte le milizie d’ogni arma ed i cittadini, essendo animati da un deciso proposito di respingere l’inimico, sostennero l’attacco col cannone e con fuoco vivissimo e continuato di moschetteria fino alle 5 pomeridiane.

[p. 77 modifica]Le nostre truppe fecero circa 300 prigionieri, tra’ quali quattro ufficiali, che, tra gli applausi, furono condotti dentro la città.

Un oste fuori porta Cavalleggieri teneva nascosta dentro la sua casa alcuni Francesi. I nostri, nel perlustrarla, dovettero attaccare co’ medesimi una scaramuccia che fu vantaggiosa pei primi, che ne riportarono qualche altro prigioniero, avendo lasciati morti tre Francesi.

L’oste fu carcerato, e si dice che sarà fucilato.

Due Gesuiti, travestiti, furono scoperti nell’atto che facilitavano ai Francesi una scalata in un angolo delle mura del giardino del Papa. Furono carcerati, e certamente la loro fine sarà la fucilazione.

Si dice che i nostri abbiano sofferto una perdita di circa ottanta uomini; quella dei Francesi si dice ascendere a circa 700. Il 20° di linea fu quasi disfatto.

Garibaldi perdette sessanta uomini. L’artiglieria cinque, tra cui il tenente Pallini76.

Furono vittima anche un Narducci, un Corti, un Mengarini, tre dragoni, quattro carabinieri, dieci emigrati napoletani, sette bersaglieri e varii tiragliori.

Tra i feriti vi fu Belli de’ dragoni, Moneta, Pifferi.

Oltre a questi, circa sessanta di varii corpi.

La città è tranquillissima. La Civica attende all’ordine interno pattugliando.

[p. 78 modifica]Il curato della Madonna del Rosario, al Monte Mario (Padre Pier Vincenzo Sghirla, genovese, Domenicano) sul far della sera di questo giorno, fu sorpreso su una cavalcatura, in abiti secolari, dai finanzieri, traversando alcune vigne. Gli fu domandato chi fosse, ed egli rispose essere il curato che andava per affari della sua parrocchia. I finanzieri gli intimarono di scender da cavallo per perquisirlo. Questo sciagurato aveva un pugnaletto, due pistole, un bastone animato, due borse, una piena di monete d’oro e l’altra di argento, ed una lettera, di suo pugno, al parroco di S. Onofrio, colla quale, riassumendo alcuni concerti già presi, gli raccomandava di renderlo informato degli avvenimenti che ne sarebbero seguiti.

Allora quei finanzieri lo condussero verso la Camìlluccia, e, d’ordine del loro ufficiale, postolo in ginocchio, lo fucilarono, e poscia gettarono il suo cadavere presso una vigna.

In seguito di tale lettera, fu proceduto, nella notte, all’arresto del parroco e vice-parroco di S. Onofrio, fii cui non s’ebbe più notizia. Furono anch’essi fucilati.


1° Maggio. — Menano fanatismo le manovre del generale Garibaldi, effettuate ieri nell’attacco, nel dare la caccia ai Francesi. Egli comandava i suoi uomini col fischio, e, a guisa di rettili, striscianti in terra tra l’erba, essi sorgevano in un punto, ora da una parte, ora dall’altra, e, coi moschetti, ne facevano macello.

[p. 79 modifica]I nostri militi, intanto, dal muraglione dei giardini del Vaticano, grandinavano cannonate e moschettate al di sotto, dove erano stati stretti i Francesi che si davano a precipitosa fuga, ma invano. Garibaldi e Galletti rimasero leggermente, feriti.

Sull’imbrunire della sera di ieri, i Francesi fecero istanze per avere dei chirurgi onde curare i numerosi feriti, essendo sprovvisti di essi. Fu risposto affermativamente non solo, ma si fece anche la proposizione di voler affidare alla Republica Romana quegli infelici per curarli negli ospedali nazionali, protestando sull’onore di usar loro tutti quei riguardi diesi usavano pei nostri fratelli. L’invito generoso fu accettato, e questa mattina, con varii omnibus e carri, furono trasportati negli ospedali di ambulanza.

Un giovinetto milite, di 16 o 17 anni, osservò a poca distanza un colonnello, che ferito, si dava alla fuga. Lo insegni per un miglio; venutogli a tiro di schioppo, lo colpi e lo uccise. Quindi, toltegli le spalline, pochi scudi ed altri oggetti, s’impadronì similmente di alcuni dispacci contenenti l’ordine del giorno relativo all’occupazione di Roma.

Il piano era il seguente:

«Occupare le porte Cavalleggieri ed Angelica, e quindi il Monte Mario con minaccie di bombardamento. Poscia, dalla piazza di S. Pietro, marciare dentro Roma, a baionetta in avanti, e spargere i proclami della ristaurazione del Governo pontificio».

Questa mattina i Francesi inviarono un parlamentario per proporre la restituzione scambievole dei prigionieri. Si rispose che si sarebbe accettata [p. 80 modifica]qualora, contemporaneamente, si rilasciasse il Battaglione di Melara con armi e bagagli, che è come prigioniero a Civitavecchia, e più le casse di fucili che furono sequestrate colà.

Nelle ore pomeridiane, al Casino di Frebon, fu innalzata una bandiera inglese.

I Francesi, essendo retroceduti fino a Castel di Guido, da ieri alle 6 pomeridiane ed in tutta la giornata d’oggi, non vi è stato altro attacco.

Al Maccao (dei Gesuiti) fu carcerato un Gesuita travestito da militare. Gli fu trovata una provvisione di corde nuove che si credettero preparate per facilitare una scalata.

Si è fatto rapporto ai deputati che nelle ore pomeridiane, in via Mazzarino, presso il Quirinale, essendo alcuni lavoranti occupati a costruire barricate, uno di questi stese la mano per prendere due limoni in un prossimo giardino che comunica con una casa abitata dall’avvocato Mercarelli (difensore delle cause dei Santi).

Un individuo (di circa 35 ai 40 anni), vestito da prete, gli si fece addosso e gli diede due stoccate, e quindi, sopraggiunto l’avvocato, gli esplose un colpo di pistola e lo fece cader morto. Corse la civica e la cavalleria. Si arrestarono i rei e si perquisì la casa.

Il prete, (col quale l’estensore stesso parlò), che disse chiamarsi Betti, confessò essere un ex-Gesuita; ed intrepido ed indifferente favellava con tutti, rimettendo la sua vita nelle mani del Signore.

Egli si era rifuggiato in casa dell’avvocato, suo amico, con altri colleghi.

[p. 81 modifica]Intanto si rinvennero:

4 fucili, 2 pistole, 2 squadroni e vari pugnali. Quindi, sotto un altare, si trovarono 400 doppie d’oro ed alcune piastre d’argento, diversi brillanti, perle, coralli e molte argenterie.

L’ex-Gesuita fu trasportato nelle camere del Triumvirato per salvarlo dal furore del popolo, che voleva all’istante fucilarlo.


2. — Ieri i Francesi avevano retroceduto fino a Castel di Guido.

Il telegrafo, alle 2 pom., annunziava che continuavano le marcie verso Civitavecchia.

Garibaldi, in unione ad altri volontari, si fece ad inseguirli; però, essendo giunta la notizia che 12,000 Napoletani erano entrati a Velletri ed altri a Valmontone, si spedi staffetta per richiamarlo, e si annunziò che il generale Oudinot, alla vista di Garibaldi, si diede alla fuga abbandonando il bivacco.

Girano per la città carri per raccogliere lenzuoli, pezze, camicie e filaccie per i feriti. Nessuno si ricusa a tale doveroso invito, e la Commissione incaricata di ciò ne è abbondevolmente fornita 77.

[p. 82 modifica]3. — Questa mattina fu confermata ufficialmente la notizia che i Napoletani erano entrati nel territorio della Repubblica romana e che a Velletri avevano disarmata quella Civica, imponendo a quei cittadini di radersi la barba.

Mazzini, nell’Assemblea di ieri sera, annunziò che il corpo d’armata sommava da 11 a 12 mila uomini, con 26 pezzi di cannone.

Due Gesuiti travestiti e tre vignaroli, verso Porta S. Giovanni, uccisero un carabiniere e ne ferirono tre. Uno dei Gesuiti fuggì, l’altro fu fucilato sul luogo. I tre vignaroli furono fatti girare per la città per tradurli al Ponte S. Angelo onde essere condannati al supplizio. Però il popolo non volle indugi; se ne impadronì ed a colpi di sciabola e baionetta li trucidò e quindi li gettò nel Tevere.

Dentro S. Calisto, ieri l’altro, mentre passeggiavano nel Chiostro, furono fucilati 4 ex-Gesuiti che avversavano il Governo.


4. — I Napoletani restano tuttora a Velletri e Valmontone.

In Roma, frattanto, si occupa il tempo prezioso nelle fortificazioni di ogni genere.

I cittadini assodano le strade con arena ed immondezze per rendere più agevole il corso delle staffette nell’interno.

I lancieri di Garibaldi son divisi in varie scuderie.

L’attitudine dei repubblicani è incredibile. Immensi sono i sacrifici che si fanno per la difesa della Repubblica.

[p. 83 modifica]Si atterrano alberi nelle pubbliche passeggiate, case, casini, ecc.

Alle case dei Principi assenti si prende tutto ciò che può abbisognare all’uopo.

Da Borghese furono tolte armi di ogni specie, anche le antiche; i materazzi per barricate, legni, cavalli, arazzi, ecc.

La carrozza nobile del Papa è stata donata alla Ara-Coeli per uso del S. Bambino. Tale misura fu molto ammirata e lodata.

Si sparse voce che il principe Doria marciasse verso Roma, alla testa di un corpo napoletano. Una turba di malintenzionati si portarono al suo palazzo per incendiarlo. Il maestro di casa, a stento, riuscì, per mezzo dei Garibaldini e della Civica, di dissuaderli e di attendere più certa notizia prima di procedere a tanta vendetta.


7. — Da qualche giorno si parla della strana combinazione che fece retrocedere il colonnello Roselli che, con numerosa truppa, si recava a Roma, avente 12 pezzi di cannone. Alcuni spiegano tale mistero coll’aver avuto il Roselli un falso ordine di retrocedere, opera senza dubbio dei retrogradi che seppero falsificare i caratteri e i bolli del Governo.

Garibaldi alcuni vogliono che si trovi a Tivoli, altri a Zagarolo. Ciò che è certo si è che il medesimo si occupa di dar la caccia a Zucchi.

Il triumviro Mazzini, all’Assemblea di questa mattina, annunziò che a Fiumicino si è presentata una corvetta spagnuola con programma «d’intimare, [p. 84 modifica]in ossequio a Pio IX, la guerra all’agonizzante Governo della Repubblica romana».

In quella spiaggia, ier l’altro, si presentarono 25 Francesi perlustrando.

Questa mattina furono riconsegnati i prigionieri francesi78.

L’ufficialità fu invitata ad un sontuoso banchetto da Sterbini.

[p. 85 modifica]I comuni furono presi a gara dal popolo e portati a desinare al suono della Marsigliese e fra gli applausi.

È giunto in Roma l’ammiraglio inglese Nappier. Non si conosce l’oggetto della sua venuta.


8. — Pio IX mandò a Civitavecchia Monsignor Valentini, in qualità di Delegato e Palomba di comandante di quella piazza.

II generale Oudinot, in termine di tre ore, intimò loro di partire da quella città.

S. Santità protestò contro l’ordine del generale Oudinot e mandò a Parigi una Commissione.

L’Assemblea romana ha decretato un indirizzo ai fratelli Ungheresi79.

Quaranta Spagnuoli hanno occupato Fiumicino ed emisero un proclama 80.

[p. 86 modifica]Alle ore 11 antimeridiane entrarono in Roma otto prigionieri napoletani81.

Il Triumviro Mazzini annunziò questa mattina all’Assemblea quanto segue82:

«Il corpo francese in Civitavecchia, per rinforzi sopraggiuntigli, somma ora a 12 o 13 mila uomini con 24 pezzi di artiglieria.

» Secondo ogni ragguaglio, la mossa, ostile o no, dipende dalle nuove istruzioni che si attendono da Parigi.

»Il Cristoforo Colombo, giunto a Civitavecchia, portava che il fermento nato a Marsiglia, all’arrivo della nuova della giornata del 30 aprile, era tale da non potersene prevedere le conseguenze.

» Il 22° di linea festeggia continuamente alle grida di Viva la Repubblica romana.

» Molti agenti di Gaeta, tra’ quali il Cardina Dupont, sono al campo e tentano fra loro un impianto, una specie di conferenza; ma sono poco d’accordo e confessano essi medesimi d’essere in una posizione difficilissima».

[p. 87 modifica]Soggiunse quindi che «gli Austriaci da Pisa marciavano sopra Livorno; da ciò minaccia d’intervento anche per Roma».

Conchiuse poi che «la posizione della Repubblica romana, militare o politica, migliora di giorno in giorno, e sperare che possa aver presto uno sviluppo favorevole».

Lo stesso Triumviro fu anche interpellato sulla voce che circola per il paese di un armistizio. Egli rispose che le voci del volgo non dovevano occupare l’Assemblea.


9. — Il Triumviro Mazzini, nell’Assemblea di questa mattina, annunziò:

«Il generale Oudinot ha scritto ieri sera ringraziando pel dono dei prigionieri e dicendo che, in ricambio, egli dava ordine immediato a Civitavecchia perchè si rimandasse il corpo de’ cacciatori Melara.

» Domandava che si rilasciassero due Francesi, arrestati qui, e si lasciasse libero di partire un terzo.

Abbiamo aderito chiedendo, in compenso, che fosse rilasciato il Mannucci (Preside di Civitavecchia).

» Hanno avuto luogo nella notte scaramuccie fra Garibaldi e le truppe napoletane, senza risultato importante.

» L’intervento di 4,000 Austriaci in Ferrara, comandati da Taxis, ha avuto luogo a quest’ora.

» Da Ferrara il Preside partiva traendo seco il materiale da guerra per concentrarsi in Bologna, dove il Preside, i Capi di corpi e il Comandante della Guardia Nazionale si erano costituiti in [p. 88 modifica]Commissione di difesa, decisi ad imitare i loro fratelli di Roma.

» In Livorno non erano ancora entrati gli Austriaci.

» Di Parigi nulla finora.

» Domani sapremo i risultati morali delle nuove nostre; ma lo spirito della popolazione migliorava sensibilmente e si parlava di un tentativo di rivoluzione come non lontano».

Nella notte scorsa alcuni ladri, favoriti da persone ben pratiche, macchinavano di rubare alcuni preziosi oggetti del Museo Vaticano 83. Si discoperse a tempo la trama e solo furono trovate le porte aperte. Nella notte stessa si procedette a varie carcerazioni.


11. — Ieri sera, per ordine del Governo, furono incendiati due casini fuori Porta Angelica, che impedivano di vedere il nemico francese ed erano serviti altra volta di ricovero a questo.

Circa alle 8 antimeridiane di questa mattina tornò in Roma il generale Garibaldi con la sua colonna.

Fu ricevuto con applausi. Il medesimo recò circa 18 o 19 prigionieri napoletani 84.

Il deputato Gajani propose, ad urgenza, all’Assemblea che «i beni esistenti nel territorio della Repubblica romana appartenenti al re di Napoli, che è il re più empio forse di tutti i re, sieno posti [p. 89 modifica]sotto sequestro ed in dominio della Repubblica romana per riparare in parte alle spese della guerra». La proposizione fu rimessa allo studio delle sezioni.


Dispaccio telegrafico: ore 8, m. 10 ant. (Linea di Ponente):

«Un corpo di armati, in numero di 5 in 6 mila, si vede a mezzo miglio dietro Castel di Guido.

» Nella tenuta di Bravetta si vedono due picchetti di vanguardia distanti un miglio avanti dall’altro. Questi sono distanti due miglia dal corpo d’armata.

» Al punto di Fiumicino le tende non sono ancora tutte levate. Sono in numero di 3 o 4 mila.

» Questa mattina si credeva che avesse luogo lo attacco con i Francesi. Ma questi non si mossero dalle loro posizioni.

» La città è nella consueta sua quiete».


Bollettino comunicato all’Assemblea dal Triumviro Mazzini:

«I Francasi sono a Castel di Guido; hanno costruito un forno; scemano le probabilità di un assalto e, da quanto sappiamo, pare chele istruzioni intimino dimostrazioni, più che altro. Il nodo della questione mette uno dei capi in Londra. Abbiamo dato una missione speciale in proposito al Ministro degli esteri Rusconi, il quale può essere, secondo lo scrivente, di molta maggiore utilità ora in Londra che non qui85.

[p. 90 modifica]»Il Battaglione Melara, cogli artiglieri di Civitavecchia, è a Bracciano disarmato. Sente il dolore del non essersi ritirato se non altro da Civitavecchia, quando la difesa parve impossibile, ed implora armi per potere riabilitarsi con un fatto, prima di rientrare in Roma. Armi non vi sono e darei il sangue per averle.

» Sapendo essere diramata nuova dell’ingresso di una colonna napoletana in S. Benedetto, Provincia di Ascoli, credo opportuno dirvi che non è vero.

» I Napoletani si mostrarono solamente in numero di 50 a Monte S. Polo per proteggere la fuga di un arciprete sui confini da quella parte.

»La truppa napoletana non si è ingrossata.

»A Genzano i regi hanno commesso orrori.

» Prima di rientrare in Roma Garibaldi ebbe uno scontro nel quale, per 4 perduti da parte nostra, 30 uomini furono feriti e morti dalla parte del nemico.

» Neppur l’ombra di comunicazione scritta o stampata dal generale Oudinot.

» Se avremo comunicazioni l’Assemblea le saprà.

Il Triumviro

Mazzini».



repubblica romana


L’Assemblea Costituente Romana in nome di Dio e del Popolo decreta:

«Qualunque funzionario civile o militare il quale in faccia al pericolo abbandona il suo posto o non eseguisce gli ordini del Governo, è dichiarato [p. 91 modifica]traditor della Patria e come tale punito a norma di legge.

Roma, 12 maggio 1849.

Il Presidente

C. L. Bonaparte.




12. — L’Assemblea ha dichiarato i Bolognesi benemeriti della Repubblica romana per la valorosa resistenza fatta agli Austriaci.

Stabilì inoltre che si mandasse colà un rappresentante del popolo con un inviato del Triumvirato per premiare i meritevoli e punire i rei.

Decretò quindi il Preside di Bologna Biancoli, che abbandonò il suo posto, traditore della patria e posto fuori della legge.

Ieri sera fu distribuito all’Assemblea un opuscolo anonimo intitolato: Un’altra arma contro la ri staurazione del papato. In esso si propone uno scisma. Se ne suppone autore Arduini, rappresentante del popolo.


Notizie telegrafiche:

Ore 5,30 ant.

Il corpo di armata a S. Maria Nuova ha ancora le tende stese, ma si mette in movimento di marcia, [p. 92 modifica]e già la vanguardia avanza verso S. Maria del Riposo, a passo sollecito.

»Il corpo d’armata verso Fiumicino è ancora al suo posto senza tende.

» — Ore 5,45 ant.

»Il corpo d’armata marcia in divisione su tre linee: Porta Portese, Porta S. Pancrazio, Porta Cavalleggieri.

La vanguardia è distante 4 miglia; viene a marcia forzata.

» — Ore 8 ant.

»Si vede un corpo al Casale del Riparo, distante 9 miglia da S. Paolo. Sembra sulla sinistra del Tevere.

» I baluardi di sotto sono ancora sguarniti, nè Castello ha peranco inalberata la bandiera rossa».


Bollettino del Triumvirato:

«Le notizie di Bologna arrivano sino alle ore 5 pomeridiane del giorno 9 corr.

»Il Municipio pareva opinasse per le trattative; il popolo generosamente le disprezzava e si batteva.

»Il nemico, dalle circostanti colline, bombardava la città, senza portarle molto danno, ed i pochi incendi che qua e là sorgevano venivano domati dalle pompe.

» Dalle Romagne accorreva popolo e truppe in soccorso, ed i Bolognesi assalivano uno dei colli occupati dall’Austriaco.

» Pochi morti e feriti si avevano dalla nostra parte. Fra i primi il colonnello Boldrini, il maggiore Marliani. In totale 150 morti e feriti.

[p. 93 modifica]»Il Preside di Bologna ha rimesso i proprii poteri alla Commissione Municipale.

» La mossa de’ Francesi verso Roma è tuttavia un mistero, nè sappiamo se assaliranno.

»In diversi punti sono già organizzate le bande armate.

»In Venezia i fatti di Roma erano stati salutati con entusiasmo.

»I ragguagli sono commessi alla stampa.


Mazzini».


Bollettino del Triumvirato;

13. — «Da Bologna nessuna notizia dopo quelle ricevute ieri.

» Secondo il Monitore Toscano, Livorno avrebbe ceduto.

»Dal campo napoletano nulla di nuovo.

»Il campo francese non ha cambiato le sue posizioni, e le voci che erano corse ieri, che un corpo francese avesse passato il Tevere, erano infondate, e piuttosto sembra che un distaccamento dei nostri sia stato preso per un corpo francese.

»Ieri sbarcarono a Civitavecchia 1150 uomini.

»Il piccolo nostro vapore è stato armato d’una colubrina.

Mazzini».


» P. S. Spero nel corso della giornata aver comunicazioni da fare.

»Il silenzio da Bologna proviene probabilmente dalla sospensione di ostilità nella notte».

[p. 94 modifica]Oggi il Triumvirato ha pubblicata la seguente notizia desunta, da un paragrafo di lettera.


Forlì, 10 maggio 49, ore 1 1|4 pom.


«I Bolognesi, condotti e regolati dal Circolo popolare, sono vittoriosi. Hanno ritolto a baionetta le alture di S. Michele in Bosco, occupate dalle artiglierie tedesche che ora sono in nostre mani.

» Restano ai nemici quelle dell’osservanza.

» I montanari li assaltano alle spalle.

» Dei Francesi e Napoletani nulla di nuovo.

» Si sparse voce che una colonna francese si avanzasse verso Acqua Traversa nelle ore pomeridiane. Nulla però di positivo».

Nella notte scorsa il tenente dei dragoni Casciani, perlustrando, con un picchetto di cavalleria, in vicinanza delle porte della città, fece 8 prigionieri francesi, due vivandiere, e prese due carri ed alcune botti.

Alle 11 1|2 ant. è giunto in Roma il reggimento Roselli, proveniente da Ascoli, forte di circa 1000 uomini, non che una compagnia di volontari perugini.


Bollettino del Triumvirato:

14. — «Da più punti convenivano a Bologna volontari, da Ferrara finanzieri e carabinieri.

» Il Preside di quest’ultima città si è condotto con zelo ed attività.

»Il generale Avezzana ha chiesto di provvedere all’officio di generale, alle operazioni incompatibili con le funzioni di Ministro della Guerra, ogni [p. 95 modifica]qualvolta le operazioni assumessero una sfera più estesa. Abbiamo scelto a sua vece il colonnello Roselli.

»Le nuove di Parigi sono buone. Jules Favre ha proposto la messa in accusa del Ministero Barrot.

» Parigi è nel più grande fermento. Spero avere più tardi ragguagli minuti.

» Ho sostituito a stento, con dispiacere, il Deputato ricusatomi dall’Assemblea, per la missione delicatissima e difficile di Marsiglia.

Mazzini».


Ieri sera, circa le 8 1|2 pom., per il Corso vi furono canti di Marsigliese e coro bellicoso, accompagnato da un concerto militare. Quindi spesse grida: Morte ai neri, morte a Pio IX, viva la Repubblica!

Tale esultanza venne perturbata, o per meglio dire, interrotta, dallo scoppio di due mine che si presero per segnale del forte S. Angelo che annunziasse l’inimico in vicinanza delle porte della città.

Quella turba esultante cangiò in grida d’allarmi, e tutta Roma, in un baleno, fu illuminata e corse ai quartieri, alle barricate.

Poco dopo, si seppe che lo scoppio era proveniente da Ponte Molle, dove si erano incendiate le mine per evitare il tragitto all’inimico che trovasi accampato ad Acqua Traversa, in numero di 4000 circa.

Ieri, nelle ore pomeridiane, fu recato con nuova pompa il S. Bambino agli infermi di S. Giacomo.

La carrozza nobile di S. Santità fu destinata a tal onorevole servizio; a un lato vi erano torcie e cavalleria di dragoni e lancieri.

[p. 96 modifica]L’altra carrozza sembra destinata a recare agli infermi la berretta di S. Filippo.

Alcuni belli spiriti trovarono negli appartamenti della Cancelleria, abitati dagli eminentissimi, alcuni zucchetti rossi. Questa mattina li posero in testa a vari cani, e li fugarono per la città.

Nessun movimento da parte dei Napoletani, nè ulteriore dei Francesi.

Garibaldi anela di attaccarli.

Il colonnello Roselli è stato nominato Generale comandante in capo, ed Avezzana è solamente Ministro della Guerra.


15. — Lettera di Mazzini al Presidente dell’Assemblea:

«Il cittadino Accursi è giunto in compagnia del signor Lesseps, inviato straordinario di Francia86 [p. 97 modifica]per esaminare e verificare la condizione delle cose in Roma. Avremo tra non molto un abboccamento.

[p. 98 modifica]I primi risultati intanto sono naturalmente una cessazione di fatto di ostilità da parte dei Francesi. Abbiamo immediatamente chiesto l’allontanamento dai posti che più direttamente minacciano la città. Il generale Oudinot si era proposto di assalire oggi la città.

Mazzini».


[p. 99 modifica]16. — Questa mattina si era sparsa voce che Lesseps, inviato di Francia, sarebbe intervenuto airAssemblea. Quindi molto concorso alle tribune.

L’inviato però non v’intervenne.

Cernuschi, tornando sull’assassinio di Rossi, disse che il pugnale che l’aveva ucciso poteva essere mosso da mano piemontese.

Oggi si seppe che il corpo napoletano si avanzava verso Roma. All’istante partirono verso Albano le legioni Galletti, Mari, Garibaldi, carabinieri, artiglieria (12 pezzi), sotto il comando Roselli, in tutto circa 10 mila uomini 87.

A mezzanotte entrò in città una colonna di circa 3000 uomini con una batteria svizzera, proveniente dalle Legazioni e comandata dal colonnello Mezzacapo.


Bollettino del Triumvirato:

«Vi mando i documenti ricevuti questa mattina da Bologna.

»Un nucleo di forza, con un Capo degno di tutta fiducia, si è fatto partire con tutti i mezzi i più rapidi dal corpo di Mezzacapo per dirigere le operazioni di molti volontari congregati intorno a Bologna.

[p. 100 modifica]» Dall’altro lato non dobbiamo celarvi che moveva da Pisa un corpo di 4 in 5 mila Austriaci per rinforzo al corpo invadente.

» Un’altra colonna di 150 fra finanzieri e carabinieri era partita da Faenza, l’undici, alla volta di Bologna.

» In Ascoli i masnadieri che attorniavano la città, fatti audaci dall’assenza del Preside, mandavano l’undici a chiedere il rialzamento dello stemma pontificio.

» Un consiglio, raccolto fra cittadini più rispettabili, decretò la difesa. Si corse alle armi e furono respinti e fugati gli aggressori. Crediamo dover mantenere riserva sulla conversazione avuta da noi con l’inviato straordinario francese. Non desideriamo comunicare all’Assemblea che risultati positivi ottenuti; diciamo bensì che risultati siffatti divengono più sempre probabili, e che lo spettacolo di concordia unanime e di energia spiegato da Roma non potrà, con uomini di profonda simpatia e solamente male informati qual sono i nostri fratelli di Francia, fallire allo scopo di accelerarli.

Mazzini».



17. — Il generale Mezzacapo giunse in Roma nella notte precedente al 17. Benché l’ora fosse tarda, fu salutato con applausi per il Corso e con luminaria.

La fanteria si acquartierò a S. Giovanni, la cavalleria nel palazzo Doria e l’artiglieria al palazzo di Venezia.

[p. 101 modifica]Bollettino del Triumvirato:

» L’invasione temuta in Rieti non ebbe luogo. E, d’altra parte, è da sperarsi che i disegni del re di Napoli soffrano in breve qualche alterazione.

»Le speranze che io v’indicava l’altro giorno hanno un principio positivo di realizzazione. E il Triumvirato ha il conforto di annunziarvi officialmente la sospensione di ostilità tra la Repubblica romana e la francese. Confidiamo che da questo primo passo si procederà oltre ad un accordo pieno colla nazione sorella. 11 raggiro e la calunnia sistematizzata hanno potuto traviarne le simpatie naturali; ma nè raggiri, nè calunnie possono prevalere lungamente contro il giusto sostenuto da tranquilla energia.

»Noi stiamo trattando per le conseguenze utili della sospensione. Ma intanto dobbiamo comunicarvi una proposizione dell’inviato straordinario signor Lesseps. Il signor Lesseps dimanda che venga scelta in seno dell’Assemblea una Commissione di 3 membri che s’assuma una conferenza con lui e col generale Oudinot sulle cose romane.

» L’Assemblea decida. Il voto del Triumvirato sta per l’accettazione della proposta.

»Il Governo francese, ingannato sulla vera condizione delle cose nostre, ci ha mosso atti ostili.

Noi resistemmo, come era debito nostro. Ma, resistendo, dichiarammo che noi non eravamo in guerra, ma in stato di difesa verso la Francia, certi che la Francia, illuminata sui fatti nostri, sarebbe con noi e non contro di noi. Tutta la nostra condotta [p. 102 modifica]fu commento vivo a quella dichiarazione. E, ci sia lecito il dirlo, n’uscì qualche frutto.

» La Francia ora muove un primo passo verso di noi. E Roma non può smentire al suo programma. Non parliamo neppure della importanza vitale della questione nelle attuali condizioni: qualunque si fosse non si accetterebbe per noi una menoma violazione di dignità nazionale. Ma l’offerta di conferire e intendersi sulle intenzioni reciproche, lungi dal ledere la dignità, è un omaggio reso alla nostra Repubblica.

» Noi dunque crediamo e riteniamo importantissimo che l’offerta venga accettata. Dalla scelta degli uomini può dipendere gran parte della utilità della accettazione.

» Impaziente di un riscontro sono di voi cittadino

Mazzini».


L’Assemblea nominò a Commissarli i Deputati:


18. — Nel di 16 gli avamposti francesi fermarono Giuseppe Gigli che portava una quantità di pane ai falciatori, alla tenuta di Mezzo Canino. Condottolo dal colonnello, il Gigli ebbe da questo preghiera di rilasciare porzione del pane che recava per uso della sua truppa, pagandolo.

Il Gigli vi aderì, e solo per complimento accettò un napoleone d’argento.

[p. 103 modifica]Il dì 17, alcuni Civici si recarono al campo francese. Colà furono fatti prigionieri, ma poco dopo furono rilasciati.

Il Ministro della Guerra, volendo provvedere ad una energica difesa di Castel S. Angelo, ordinò di atterrare diverse case del Borgo che gli erano più vicine e quelle nella via dell’Orso, fra il Ponte ed il Teatro di Apollo.

Si stabili eziandio di abbattere lo stesso teatro, ma poi si sospese.


Bollettino del Triumvirato:

«Nulla di nuovo che importi.

»I nostri non hanno avuto finora scontro col nemico. Colpa del nemico, non loro; lo scontro lo avranno presto.

»I buoni offlcj fra noi e la Francia continuano; forieri, speriamo, di risultati efficaci che possono, ove si verifichino, mutare l’aspetto della questione.

» Albano è evacuato.

» Le forze napoletane si sono concentrate in Velletri.

Mazzini».


Bollettino del Triumvirato:

19. — «I nostri sono a quest’ora a Velletri. Da ragguagli non officiali risulterebbe che i Napoletani si ritiravano e si trovavano a Cisterna.

» Il moto degli animi in Francia andava crescendo in nostro favore. Le Provincie firmavano indirizzi perchè si ponesse in stato d’accusa il Ministero.

[p. 104 modifica]» Da Marsiglia parecchie migliaia d’uomini avevano già inviato la loro petizione a Parigi.

» Capitano via via piccoli rinforzi francesi a Civitavecchia.

» L’inviato plenipotenziario Lesseps manderà, credo, tra non molto, proposizioni all’Assemblea. L’Assemblea le discuterà colla solita calma, e saprà calcolare ciò che esigono la dignità del paese e la inviolabilità della Repubblica, e dall’altro lato l’importanza della questione e il vincolo di fratellanza che ci rannoda al popolo francese, segnatamente dopo il voto dell’Assemblea e la manifestazione della Provincia.

Mazzini».


20. — I fratelli Senni88 si sono compromessi non poco col governo della Repubblica romana. Uno di essi recò le chiavi di Frascati al napoletano.

Jacobini di Genzano similmente si è molto compromesso 89.

Sembra che i primi siano stati multati di 30 mila scudi ed il secondo di 40 mila.

[p. 105 modifica]Nei giorni 17 e 18 i Napoletani che erano in Albano, Frascati, Genzano, fecero una sollecita ritirata verso Velletri, dove all’istante misero mano a lavori di fortificazioni.

Tale ritirata sembra in seguito della mossa fatta dai nostri, cioè da Garibaldi e Roselli90.

Nel dì 19 si ebbe notizia che i Napoletani aveano proseguita la ritirata sino a Cisterna.

Si dice che i suddetti lasciarono un debito col Comune di Albano di scudi 22 mila e con quello di Genzano di 12 mila.

Nello stesso giorno si requisirono dal Governo i rami appartenenti a Borghese Doria.

Nelle ore pomeridiane dello stesso giorno furono tolti da Ciceruacchio, alla testa di un centinaio della sua banda, i confessionali da varie chiese, dal Popolo, S. Carlo, S. Lorenzo in Lucina, collo scopo di farne barricate; ma qualcuno ne fu anche incendiato91.

[p. 106 modifica]Molti si dolsero di tale requisizione ed il basso popolo ne fu indignato contro Ciceruacchio, il Carbonaretto, cosicché fu d’uopo dell’influenza di Sterbini per quietarlo.

Ieri, verso sera, giunse in Roma un carrozzino, tutto chiuso, scortato da 30 dragoni. S’ignora quale personaggio racchiudesse.

Alcuni dicono il principe di Siracusa, altri un Cardinale.

Questa mattina si seppe che i Francesi, ingrossatisi su tutti i punti, per mezzo di un ponte, aveano guadagnato anche la posizione di S. Paolo e situavano artiglierie per un sollecito attacco.

Nel dì 16, conosciutosi ravvicinamento dei Napoletani, le truppe repubblicane si volsero verso Velletri.

I Napoletani avevano occupato Porta Romana ed i Cappuccini. Colà dai nostri vennero assaliti. Vi fu un combattimento che durò dalle ore 10 ant. alle 8 pom. del dì 19.


bollettino ufficiale

dal quartiere generale presso Velletri
li 20 maggio, 1849, ora 1 ant.


«Cittadini Triumviri,

»Ieri, verso le ore 10 del mattino, l’avanguardia comandata dal prode Garibaldi, percorrendo la strada consolare, era pervenuta ad un miglio lontano da Velletri. Quivi fu attaccata dal nemico uscito fuori [p. 107 modifica]di Velletri stesso, in numero di circa sei mila tra cavalleria e fanteria.

» I Repubblicani avendo coll’usato loro coraggio caricato due volte alla baionetta le masse nemiche, le costrinsero a ritirarsi e rinchiudersi nella Città, dopo avere lasciato sul campo molti morti, fra cui un capo di battaglione, e 30 prigionieri.

» Arrivato io col corpo di battaglia, verso le ore due pomeridiane, trovai che il nemico rispondeva con vivo fuoco di moschetti e cannoni ai nostri, i quali avevano steso intorno alle mura una catena, la di cui sinistra appoggiavasi alla strada consolare e la diritta alle alture dei Cappuccini. Allora, facendo io rilevare da truppe fresche i soldati della prima brigata, continuai la riconoscenza intorno alle mura, la quale fu vivissima, atteso lo ardore delle nostre truppe. La notte fece sospendere il fuoco sostenuto da nostra parte anche con due pezzi di Artiglieria, collocati sulla strada. In questa azione la nostra perdita fu assai lieve, non contando che pochi uomini fuori di combattimento, fra cui pochissimi morti.

» In seguito si daranno i particolari.

» Salute e fratellanza.

» Il Generale in Capo
Roselli».



«Romani!

»Ieri l’Armata Romana, ad un miglio di distanza da Velletri, ha combattuto con tanta prodezza da risolvere con un solo fatto d’armi le sorti della guerra.

[p. 108 modifica]» Le glorie di Palestina, la santità della causa, l’orgoglio del Nome Romano, stavano da una parte con pochi soldati ma prodi.

» Dall’altra, l’onta di una recente disfatta, la coscienza del fratricidio, comandato da un tiranno ferocemente stupido, stavano coi molti.

» La vittoria non poteva esser dubbia.

» E non fu.

» Cedevano al romano urto i nemici.

» I nostri furono meravigliosi.

» I prodi di Garibaldi sfolgorarono.

» Contenne le vittoriose armi la pietà verso i fuggenti. Eglino abbandonavano la stessa Velletri, dispensandoci dall’oppugnarla oggi.

» L’alta notte velava la fuga.

» E la fuga non era vergognosa.

» Vergognosa era l’invasione del territorio Romano, vergognoso l’avanzarsi a combattere la Repubblica che non oltrepassava i propri confini, una Repubblica che sorgeva dal suffragio universale, forte del suo diritto, e parata a resistere a tutti gli sgherri del dispotismo.

» Il bombardatore di Palermo e di Messina capitanava (è voce comune) sedici mila uomini; anelava a deliziarsi, secondo Nerone, nello incendio di Roma.

» Ma i passi amari della fuga lo aspettavano.

» Romani, — o vigiliate dalle mura alla difesa della città, — od usciate in campo aperto a combattere, — voi siete invincibili, — il diritto e Dio stanno colle vostre forze. — Chi contro Dio?

[p. 109 modifica]» Eccovi le parole stesse del Generale in Capo, del valoroso Roselli.


» Al Ministro della Guerra in Roma:

Velletri, 20 maggio 1849, ore 9 e un quarto antimeridiane.


«Ho la consolazione di partecipare al Ministro della Guerra, che i nemici, disanimati dal valore mostrato nel combattimento di ieri dalle nostre truppe repubblicane, hanno abbandonato la Città circa le ore tre dopo mezza notte. L’esercito si preparava ad attaccare oggi la Città di Velletri, ma le riconoscenze spedite prima di giorno hanno scoperta la di lui fuga. Entriamo adesso in Velletri; le Truppe sono affamate e stanche, per cui le fo ristorare alquanto, ed appena potrò, farò inseguire il nemico nella direzione di Cisterna dalla cavalleria, e da qualche Reggimento d’infanteria ad oggetto di far prigionieri.

» Viva la repubblica.

» E la Repubblica Romana sarà presto italiana.

» In Roma si difende l’Italia.

» Qui, uomini convenuti da tutta Italia, versano il loro sangue.

» Nei campi delle romane vittorie è consacrata dal sangue la Religione dell’unità italiana, dell’italiana Repubblica.

» Viva l’Italia.

Il Ministro di Guerra e Marina
Giuseppe Avezzana».


[p. 110 modifica]

repubblica romana.

In nome di Dio e del Popolo!


«La Magistratura municipale di Bologna ha conchiuso il giorno 16 una Capitolazione col Comandante il Corpo d’Esercito Austriaco.

» Il nostro Esercito d’operazione, dopo un combattimento ch’ebbe luogo ieri, entrava oggi alle ore nove e mezza in Velletri. Le truppe regie sono in fuga; le nostre inseguono.

» Una Capitolazione dopo una battaglia d’otto giorni, sostenuta eroicamente dal popolo in una città sprovveduta di forti difese, è una sventura, non è una sconfitta.

» Quella del nostro Corpo d’operazione è vittoria assoluta.

» Viva la Repubblica!

Roma, li 20 maggio 1849.



21. — L’inviato plenipotenziario Lesseps invitò al palazzo Colonna tutti i Nazionali questa mattina, all’oggetto di offrir loro la salvaguardia della repubblica francese ove ne volessero profittare in caso di attacco.

[p. 111 modifica]Vari dei Francesi si presentarono in uniforme di tiragliere, e, nell’uscire, gridarono: Viva la Repubblica Romana!


22. — Ieri sera due in camiciola si portarono alla locanda di Allemagna dove era Di Lesseps e chiesero di parlargli. I famigliari, essendo ora tarda, dissero non esser ciò possibile. Questi tentarono, colla forza, di entrare; ma furono respinti e dovettero andarsene.

Si osservò che fuori vi erano vari tiraglieri.

Da tale avvenimento, Di Lesseps non dubitò di asserire che egli era stato designato al pugnale dell’assassino.


Bollettino del Triumvirato:

24. — «Le truppe regie hanno sgombrato del tutto le nostre provincie. I trecento briganti che, guidati da Zucchi e da monsignor Badia, infestavano Frosinone, fuggiti precipitosamente da colà e giunti a Pontecorvo, ne sono stati respinti e spiegavano verso Ceprano; pugno di masnadieri che saranno schiacciati dai nostri.

» Nel momento che scrivo, Garibaldi, Masi e Manara sono in Frosinone; Roselli in Albano per la via di Roma. Grande lo scoraggiamento delle truppe napoletane ed il fermento nelle provincie del Regno.

» I commissarii inviati nelle provincie settentrionali dello Stato hanno raccolto per via, e fatto incorporare tra le fila di Arcioni tutti i drappelli de’ volontari che si dirigevano a Roma. Scrivono da Foligno, dove hanno pronto e bene ordinato un battaglione di 590 [p. 112 modifica]militi tra Toscani ed altri, che a quest’ora sarà in marcia per Ancona.

» Un altro battaglione muoveva da quella volta per Camerino, un altro da Macerata.

»Il brigantaggio ascolano è vinto, e molti militi di colà hanno pure ricevuto ordine di correre al soccorso di Ancona. Noi non lasceremo in disparte alcuna cura, la quale, compatibilmente colle altre necessità dello Stato, giovar possa ad afforzare quella importante città che, essendo d’altronde molto ben munita e ricca di un forte materiale di guerra con buone milizie e popolo apparecchiato a magnanimi sacrifizi, non mancherà di apporre all’Austriaco una lunga e valida resistenza.

» Le relazioni coi Francesi proseguono dignitose per noi e con quella speranza di felice riuscita che ci viene ispirata dalla santità dei nostri diritti, dall’attitudine delle cose di Francia e dalle oneste intenzioni del ministro plenipotenziario.

» Per affari di suprema urgenza ci è indispensabile di spedire all’istante il deputato Michele Accursi a Parigi92.

Il Triumviro

Saffi».


[p. 113 modifica]25. — I Francesi regalarono alla Repubblica romana un’ambulanza. Ciò forse in compenso delle cure prodigate ai loro feriti dopo l’attacco del 30 aprile.

Ieri la Repubblica romana inviava a quel campo un carro di sigari, tabacchi, pipe (50.000 sigari e 2.000 libre di tabacco)93.

Ieri Lesseps mandò all’Assemblea un dispaccio contenente nuove proposizioni. Questo, senza essere stato letto in pubblico, fu rimesso al Triumvirato.

Si dice che principale oggetto di quel foglio fosse di seminare la diffidenza tra l’Assemblea ed il Triumvirato.

In esso accenna essere stato minacciato della vita.

Ieri furono cominciati i lavori di demolizione ai due angoli di borgo per pareggiare gli edifici al livello della fontana. Vi era ordine di demolire il teatro d’Apollo con le casette annesse fino al ponte S. Angelo. Le case furono demolite; ma per il teatro si sospese la determinazione.

Questa mattina si seppe che 4.000 Spagnuoli erano sbarcati a Napoli, gli Austriaci trovansi a Iesi e Foligno e minacciano Acquapendente.

Roselli ritornò da Velletri a Roma colla maggior parte delle truppe.

Garibaldi, Masi, e Manara (comandante dei Lombardi) andarono a Frosinone.

[p. 114 modifica]Il dì 11 Gajani, rappresentante del popolo, propose il sequestro dei beni del Re di Napoli. L’Assemblea vi applaudì.

Il Triumvirato, con decreto dei 25 corrente, ordinò il sequestro e la vendita di tali beni per indennizzare, col ricavo, i cittadini che avessero sofferto danni per l’invasione napoletana.

Furono difatti sequestrati ed asportati tutti i mobili esistenti nel palazzo Farnese.

Con quelli della Casa Reale furono compresi quelli del conte Ludolf, Ministro plenipotenziario, e della sua famiglia, sicchè non furono rispettate neppure alcune galanterie della figlia del conte.


Bollettino del Triumvirato:

27. — «Per la via di Iesi gli Austriaci si sono condotti ad Osimo donde hanno spedito i parlamentari ad Ancona ad intimare la resa.

» Il Preside ha risposto dignitosamente che la città era apparecchiata a valida resistenza e che attendeva l’attacco.

» Alcuni usseri, spediti in ricognizione intorno al paese, sono stati ricevuti a colpi di fucile e due sono rimasti uccisi.

» Il Comando della città e della fortezza ha preso le più efficaci misure per sostenere una forte lotta.

» Le comunicazioni rimangono aperte per la via di mare.

» Il Governo ha già stabilito un piano generale di osservazioni militari nelle provincie dal quale si ripromette utile effetto.

[p. 115 modifica] » Le notizie di Francia, quanto alle elezioni, sono assai buone.

Il Triumviro

Saffi».


Bollettino del Triumvirato:

«Le elezioni di Francia promettono bene. Nella elezione ultima, sopra 900 e più membri, la Montagna ne contava 60 o 70. In questa, che contiene un 750 membri, è sperabile che vi sia un 200 membri della Montagna. Se aggiungete i membri repubblicani non estremi, ma onesti, i quali non vogliono sia trascinata nel fango la bandiera della Repubblica Francese, la questione italiana troverà una maggioranza di difensori. Domani sapremo di più.

» Nulla di Ancona, se non il fuoco messo il 25 dalla fortezza sui posti inoltrati dal nemico. Ancona è difesa da 5000 uomini. Gli assalitori sono da 7000 agli 8000.

» Il commissario Sterbini scrive da Frosinone rapporti soddisfacentissimi94. Raccoglie armi ed armati.

Roma, 27 maggio 1849.

Mazzini».


Bollettino del Triumvirato:

28. — «Nella condizione attuale delle cose mi pare debito mio di tenervi al giorno dei passi che noi facciamo per mantenere aperte le trattative col campo francese. Vi mando quindi l’ultima nota del [p. 116 modifica]Triumvirato e la risposta di Mons. Lesseps95. La risposta non dice nulla e non muta lo stato delle cose. La decisione della questione sta non qui, ma in Parigi, e visibilmente si aspetta dal campo la soluzione che deve venir da lui.

» Gli Austriaci sono concentrati sotto Ancona, non sono nè a Iesi, nè ad Osimo, nè altrove. I loro picchetti vanno estendendosi in tutte le direzioni e chiedendo per ogni dove se vi sono Napoletani.

» Il generale Garibaldi è entrato nel Regno. Un primo scontro ebbe luogo fra carabinieri romani, disertori e napoletani, e i nostri del corpo Manara. Un carabiniere nemico fu morto, dieci o quindici prigionieri. Il morto parrebbe essere un Cristini, abbastanza noto. Da Arce gli abitanti s’erano mossi con bandiere bianche e dimostrazioni di feste incontro ai nostri.

»Le operazioni del generale Garibaldi sono designate in modo da poter egli concorrere, occorrendo, alla difesa del territorio della Repubblica.

» Fiducia e speranza. È stato spedito il deputato Froncini, come commissario straordinario in due provincie, all’oggetto di ristabilire le comunicazioni colle provincie occupate dall’inimico.

Mazzini».


Nel di 26 giunsero in Roma quattro disertori dal campo francese.

Gli Austriaci a Bologna commisero varii eccessi.

Fra questi vi è il seguente: [p. 117 modifica]Il custode del palazzo cardinalizio in S. Michele in Bosco (un tal Gnudi) se ne rimaneva tranquillo in sua casa con la moglie ed una figlia nubile di non comune bellezza.

Alcuni Austriaci, non rispettando neppure il palazzo cardinalizio, penetrarono nella casa, presero l’infelice giovinetta. e quindi l’uccisero facendola a pezzi.

Il Triumvirato decretò che la santa casa di Loreto somministrasse immediatamente la somma di scudi 30.000 a benefizio del pubblico erario.

Si sequestrarono tutti i mobili dei cardinali.

Il Triumvirato decretò la formazione di una legione polacca col vessillo nazionale polacco e la sciarpa tricolore italiana.


1° giugno. — Alle 11 di ieri sera si riunì l’Assemblea in comitato segreto per discutere sulle proposizioni dell’inviato straordinario francese.

All’una e mezza antimeridiane del 1° giugno si riapri la seduta pubblica, e furono letti li seguenti articoli, approvati dall’Assemblea:

«1° L’appoggio della Francia è assicurato alle popolazioni degli Stati romani. Esse considereranno l’armata francese come un’armata amica, che viene a concorrere alla difesa del loro territorio.

» 2° D’accordo col Governo Romano, e senza mischiarsi affatto nell’amministrazione del Paese, l’armata francese prenderà gli accantonamenti esterni convenevoli tanto per la difesa del paese, che per la salubrità delle truppe.

»Le comunicazioni saranno libere.

[p. 118 modifica]»3° La Repubblica francese garantisce contro ogni invasione straniera il territorio occupato dalle sue truppe.

» 4° Resta inteso che il presente accomodamento sarà sottomesso alla ratifica del Governo della Repubblica Francese.

» 5° In nessun caso gli effetti del presente accomodamento potranno cessare che 15 giorni dopo la comunicazione ufficiale della non ratifica.

» Fatto in Roma e dal quartier generale dell’Armata Francese in triplo esemplare il 31 maggio 184996».

Il numerosissimo popolo dalle tribune appoggiò, con applausi e con evviva alla Repubblica, all’Assemblea, al Triumvirato, la determinazione, e ne uscì festevole.

Questa mattina poi si seppe che il generale Oudinot non riconoscerebbe quelle proposizioni se non fossero prima sanzionate dall’Assemblea francese.

Tale notizia produsse malumore, ed in Borgo, nelle ore pomeridiane, vi furono principii di tumulto.

Oggi arrivò la legione Garibaldi proveniente da Frosinone.


2 Giugno. — Il generale Roselli, comandante le truppe romane, chiese al generale Oudinot un armistizio di 15 giorni per poter liberamente agire contro gli Austriaci.

[p. 119 modifica]Oudinot non vi aderì e dichiarò che non solamente considerava rotta ogni tregua, ma avrebbe assalito la città, non però prima di lunedì (4 corr)97.

Ai 27 maggio scorso sbarcarono a Gaeta 4000 Spagnuoli comandati dal generale Cordova.

Il re di Napoli somministrò loro cento muli, e mise a disposizione del loro generale il tenente colonnello Nunziante ed una porzione dei cacciatori a cavallo.


3. — L’attacco dato dai Francesi a porta S. Pancrazio è incominciato allo 4 antimeridiane di questa mattina e terminò alle 8 pomeridiane.

Il suddetto fuoco fu sempre continuato e non mai interrotto, tanto di moschetteria che di cannone.

Alle 9 pom. s’intese qualche altro fuoco di moschetteria; ma poco dopo cessò.

Il numero dei feriti è assai grande da una parte e dall’altra, quello dei Francesi però è assai maggiore.

Intanto dalle finestre si gettarono in gran copia biancherie e materassi per i feriti.

Sinora si conobbe che il numero dei nostri feriti ascende a 33098.

[p. 120 modifica]Un artigliere assicura che nelle 17 ore di combattimento i nostri cannoni tirarono sull’inimico 2700 colpi99.


(Assemblea del 3 corrente).


Cernuschi annunzia che l’attacco è seguito nel modo seguente:

«Due compagnie del battaglione Melara, nell’alto della notte, riposavano al posto avanzato di Villa Pamfili, fidenti nell’assicurazione data ieri dal generale Oudinot che fino a lunedì non avrebbe attaccato, quando i Francesi, superata la linea convenuta, avanzatisi celatamente e rispondendo, coi grido — «buoni amici» — al chi-va-là delle nostre sentinelle, hanno, con infame slealtà, circondato e dichiarato prigioniero quel corpo, impreparato a resistenza.

» Un fremito di sdegno e di orrore accoglie quest’ultima infamia del fedifrago generale, infamia di cui avrebbe ricusato macchiarsi il più barbaro dei Croati».


dispacci telegrafici:


3 giugno, ore 6 e mezza ant.

«Porta S. Pancrazio. — Le mura sono coperte dai nostri; il cannone è nostro; il nemico si batte alla moschetteria; solo sulla via di Ostia un cannone [p. 121 modifica]verso Roma. Monte Mario, villa Maffei, i monti della Creta sono in armi, vi sono le tende; ad Acquafredda v’è cavalleria. A villa Pamfili vi sono i tiragliatori francesi.

» A villa Pamfili arriva in questo momento un cannone francese. Il fuoco è tutto a villa Pamfili.


Ore 7.

» Sotto villa Pamfili una barricata francese è disfatta dai nostri; il nemico è in fuga; in quel posto si vedono dei morti mitragliati.


Ore 7 e mezza.

» Abbiamo riprese le posizioni fuori di porta San Pancrazio.


Ore 8 e mezza.

»Il cannone del terzo e del quarto baluardo ha disperso i tiragliori francesi appostati a villa Pamfili.

»La truppa nemica non è più a villa Pamfili.


Ore 8 e tre quarti.

» Il cannone di porta Angelica fa fuoco alle falde di monte Mario.

Mazzini».


5. — La sera dei 4 il Presidente Bonaparte presentò all’Assemblea una bomba che era lanciata dai Francesi e raccolta nel vicolo dell’Armata.

La medesima fu consegnata all’archivio per conservarla ad perpetuam memoriam di un papa che aveva ordinato il bombardamento alla capitale dei suoi fedeli sudditi e figli.

[p. 122 modifica]Ieri furono incendiati ed atterrati varii casini, tra’ quali alcuni nella villa Borghese, quello di Farina e di madama Selvaggi in Prati.

Nel dì 3, 11 militi coraggiosi, guidati da un Ceccarini, si lanciarono contro l’inimico per prendere d’assalto il casino di villa Pamfili dai medesimi occupato.

Nel casino però vi erano circa 500 Francesi, e, dopo accanita lotta, nella quale due Francesi rimasero morti, e de’ nostri parte morti e parte prigionieri, fu a questi dato in scelta, o di morir con colpo di pistola, o di essere gettati dalla finestra.

Nessuno rispose. Allora un ufficiale pel primo tolse il denaro che aveva in tasca il Ceccarini e poscia, fattolo avvicinare alla finestra, colla scusa di fargli osservare i suoi compagni, altri presolo per le gambe, lo gettarono abbasso da un terzo piano.

Il Ceccarini sofferse molto; ma campò la vita, e questa mattina venne al palazzo della Cancelleria.

I Francesi oggi lanciarono varie bombe, granate, razzi alla congrève.

Una bomba cadde nella piazza d’armi a Castel Sant’Angelo.

Al palazzo Spada, a via dei Capellari ed al palazzo del Governo caddero palle di cannone di 35 libbre.


Bollettino del Triumvirato:

«Il fuoco di questa notte fuori porta S. Pancrazio aveva luogo per una sortita del generale Garibaldi, diretta a molestare il nemico. Si ha dai rapporti che, in tale sortita, non si sono da noi sperimentate perdite.

[p. 123 modifica]» Si accenna da taluni cittadini un allarme per questa notte sul monte Pincio; nessun rapporto ci è pervenuto.

» Da questa mane alle 5 vedesi il fuoco di un cannone nemico che, da quanto pare, giudicandone dalla terrazza nel palazzo (iella cosidetta Consulta, è situato nella villa Pamfili. Si vede il nostro cannone rispondervi egregiamente.


Un rapporto del rappresentante Gajani riferisce che alcune bombe (due), cadute nel rione 13°, hanno spaventato qualche famiglia. Quei provvedimenti ch’erano possibili sono già stati ordinati100.

[p. 124 modifica]Alle ore 6 pom. le monache Salesiane, dell’Umiltà, ebbero l’intimazione di sgombrare dal loro monastero nel termine di due ore.

Andarono in quello di Santa Susanna. Si atterrò poscia quest’angolo del monastero che restringeva un tratto della via dell’Archetto.

Il Triumvirato chiese al municipio 1000 lavoranti per le fortificazioni, e ciò subito, e sotto la più stretta responsabilità.

Il municipio ne raccolse quanti potè trovarne e li fece accompagnare colla forza, poichè generalmente ricusavano di andarvi, non ostante una buona mercede.


Bollettino del Triumvirato:

6. — «Ore 8 ant. — Nulla d’importante. Notizie dall’estero nessuna.

»Dal telegrafo si aveva, coll’ultimo dispaccio di ieri, alle ore 8 p., che due appostamenti del nemico, tra vigna Lovatti e casino Chigi, si erano sbandati; il primo messo in iscompiglio dal nostro cannone.

» Questa mattina, alle 4, pochi colpi del cannone francese dalla vigna di S. Antonio.

»I due pezzi nemici a villa Pamfili sono stati traslocati uno con tiro a sei, alla direzione di porta S. Pancrazio; l’altro a direzione non potuta vedersi.

» Gli avamposti da Ponte Molle a porta del Popolo ritirati e difilati su per Monte Mario.

» La cavalleria ai Prati.

» Nessun movimento nei campi.

» Dalle provincie ancora non si ha niente.


[p. 125 modifica]

Bollettino del Triumvirato:

7. — «Nulla di nuovo quanto all’interno. Questa notte si sono fatti lavori abbastanza importanti a porta S. Pancrazio per la difesa.

Mazzini».


9. — Ai 7 corrente tornò in Roma Sterbini, proveniente dalla provincia di Frosinone, dove fu inviato come commissario straordinario.

Egli requisì circa duemila fucili e quattromila scudi al convento di Ticchiena101.

Accozzò molti armati che vanno giungendo in Roma per unirsi alle forze repubblicane, e fece in modo che Frosinone rimanesse quasi deserto onde tale la trovassero le truppe napoletane che da Terracina nuovamente si avanzano.

Nelle ore pomeridiane incominciò un lento cannoneggiamento verso porta S. Pancrazio, con fuoco di moschetteria, che durò fino a notte102.


11. — Ad un’ora dopo mezzanotte dal 9 al 10, le truppe repubblicane fecero una sortita, con circa 15.000 uomini per sorprendere l’inimico 103.

[p. 126 modifica]Onde non accadessero equivoci nel caso di un attacco, si diede la disposizione che i soldati indossassero una camicia bianca.

Grande però fu la sorpresa quando, avvicinatisi i nostri al campo nemico, li trovarono schierati in ordine di battaglia e con una camicia bianca come i nostri.

Da ciò si dedusse che vi era stato il traditore104.

Si scambiò intanto qualche fucilata con poche perdite, e si retrocedette.

Fu anche mandato, per fiume, un brulotto per incendiare un ponte di barche costruito dai Francesi.

Anche questo andò a vuoto.

Questa mattina si seppe che i Francesi avevano occupato la via della Sabina, ed avevano troncato il ponte Salara.

Non si ebbero pertanto corrispondenze per nessuno stradale.

Oggi fuvvi qualche scaramuccia verso Acqua Traversa, porta S. Pancrazio e porta Cavalleggieri.

S’ignorano i particolari.

Intanto i Francesi ruppero, nelle ore pomeridiane, i condotti che conducono l’acqua al fontanone ed [p. 127 modifica]alla Mola di San Pietro Montorio, non che quelli della Mola di S. Giovanni.

Il blocco sembra deciso in tal modo.

I viveri sempre più vanno mancando, e que’ pochi valgono il triplo.

Nell’Assemblea di questa mattina si rinnovò l’ufficio.

Galletti e Saliceti furono confermati alla Presidenza; Bonaparte fu scartato e gli fu sostituito Allocatelli.


12. — Ieri mattina fu trovato affisso uno scritto diretto a Sturbinetti, senatore di Roma e generale della Civica, esortandolo a riunire le falangi della Civica per salvar la città. Si conchiudeva che ciò poteva essere in suo potere qualora ravvivasse il suo coraggio civile. Roma gliene sarebbe grata, e se noi facesse, rimarrebbe a lui il rimorso delle tristi conseguenze.

Dalle 3 antimeridiane fino quasi a sera i nostri cannoni lavorarono contro l’inimico.

Si fecero varie sortite ed il fuoco di moschetteria fu micidiale per ambo le parti.

De’ nostri si ebbe a deplorare la perdita del maggiore Pietro Panizzi105, comandante il 2° battaglione del reggimento Unione, non che degli uffiziali Cremonini e Giordani e varii militi106.

[p. 128 modifica]


13. — Ieri sera, alle 9 circa, il generale Oudinot inviò un parlamentario, con dispaccio, al Triumvirato, al generale dell’armata, ed al generale della Civica107 chiedendo la resa della città. Il generale Oudinot, frattanto, fece invitare Cernuschi ed un tal Lombard108 al campo, a nome di un colonnello Saia, che voleva conferire con loro come conoscente; ma, con tale scusa, li ritenne quasi in ostaggio sino a che non tornò il parlamentario francese al campo.

Il suddetto proponeva al Cernuschi una capitolazione.

Alle 11 si riunì l’Assemblea, e la medesima concepì la risposta in senso negativo.

L’Assemblea si sciolse alle 2 1|4 ant.

In seguito di tale risposta, Oudinot questa mattina, a giorno, incominciò a far la breccia ed a gettare proiettili d’ogni specie109.

Molte racchette caddero in Trastevere, non che bombe e palle di cannone di diverso calibro.

[p. 129 modifica]Quegli abitanti sono tutti ritirati nel centro della città.

Alcuni proiettili caddero al palazzo Spada, piazza Farnese, ed una racchetta cadde ad una finestra murata, dentro l’atrio del palazzo della Cancelleria ed altra a Tor de’ Specchi.

Una palla di cannone prese la facciata di S. Pantaleo, e tre o quattro racchette e palle presero il palazzo di Braschi, ma sempre con poco danno degli edifizi e nessuno degli individui110.

Una palla poi, di grosso calibro, urtò la sommità della facciata di S. Andrea della Valle e cadde presso la spezieria Peretti. In essa si leggeva inciso: — Pio IX ai suoi amatissimi....

L’Assemblea, non ostante, si riunì al solito nella Cancelleria alle ore 12 meridiane. Colà si udiva un continuo fischiar di palle e di razzi che certamente erano lanciate con tutto studio per quella direzione; ma cadevano poco lungi.

I deputati e gli impiegati erano al loro posto, e l’intrepidezza dei deputati, in mezzo a tanto pericolo, era mirabile.

Nulla si parlò di guerra. Si trattò l’ordine del giorno sul progetto del Ministro delle Finanze per l’emissione di altri quattro milioni di boni della Repubblica, e della Costituzione.

II cannoneggiamento non fu quasi mai interrotto da ambo le parti.

[p. 130 modifica]I nostri, nelle ore pomeridiane, guadagnarono qualche posizione all’inimico.

Questo però avanzò i suoi lavori di breccia presso porta S. Pancrazio.

Alcuni valorosi militi, avanzatisi nel campo francese, videro alcuni finanzieri ed altri di diversi corpi, che erano caduti in mano dell’inimico, appiccati come ad esempio. Ciò li irritò talmente che in uno scontro, che si procurarono, si batterono talmente da disperati che, mancanti di munizione, fecero un massacro alla baionetta e persino con sassi.

Tale giornata certo deve essere costata molto sangue all’inimico.

Verso sera, quattro concerti militari si riunirono a piazza Colonna a rallegrare la popolazione con scelti pezzi di musica, e quindi percorsero varie contrade della città.


15. — Il di 13 corrente morì il tenente de’ cannonieri Scavinci.

Ai 14, a Santa Lucia del Gonfalone, fu uccisa una donna da una palla di cannone lanciata dai Francesi.

II colonnello de’ pontonieri Amedei diresse111, nel dì 12, un attacco fuori porta S. Pancrazio. Egli, fu sì poco previdente che i soldati difettarono persino di munizioni, per cui, in ritirata, si difesero co’ sassi, e molti ne furono sacrificati.

[p. 131 modifica]Il generale Garibaldi chiese al Governo che fosse posto in castello e processato, esternando il parer suo che lo credeva degno di fucilazione112.

Ai 12 fu arrestato dai Francesi il colonnello Pianciani, che, col corriere, si recava in Roma.

Ai 14 vi fu un attacco di qualche conseguenza fuori Porta del Popolo.

A S. Pancrazio i Francesi proseguivano alacremente i lavori di breccia, ed intanto i nostri cannoni andavano molestando l’inimico.

Per tutta l’intera notte dal 14 al 15, il cannone francese tuonò ogni minuto lanciando proiettili sulla città.

Questa mattina proseguì assiduamente. Molte palle caddero senza offesa. All’Assemblea ne caddero quattro. Una poi precisamente sopra il tetto della sala, che danneggiò non poco il già patito soffitto, da cui si vede la luce del cielo.

L’architetto fece un rapporto dichiarando che non poteva garantire il soffitto ad altra caduta di proiettile.

L’Assemblea però si tenne ferma al suo posto non ostante si grave minaccia, ed anche domani si terrà colà, e solo lunedi passerà al Campidoglio.

Il dì 13 giunse al campo francese De Corcelles, nuovo inviato straordinario113.

[p. 132 modifica]Questi scrisse a De Gérando, Cancelliere del Consolato francese114 in Roma, che «i negoziati di Lesseps erano stati officialmente disapprovati dal Governo e revocati i poteri.

» Essere dunque in errore il Governo romano se attendeva la ratificazione delle convenzioni.

» Del resto, la Francia non avere che uno scopo: la libertà del venerabile capo della Chiesa, la libertà degli Stati romani e la pace del mondo.

» La sua missione essere essenzialmente liberale e protettrice delle popolazioni. Le sue istruzioni essere interamente conformi a quelle del generale Oudinot».

De Gérando partecipò quanto sopra al Triumvirato 115.

Mazzini rispose a De Gérando difendendo la buona fede del Governo romano nelle convenzioni conchiuse con De Lesseps. Sostenere che, confrontando le date, l’Europa dirà che il Governo francese volle ingannare il Governo romano.


16. — Nella decorsa notte il cannoneggiamento non è stato tanto frequente. Però nella mattina riprese il suo corso.

Il cannone francese fece pochi danni. In Trastevere uccise una giovinetta.

[p. 133 modifica]I nostri questa mattina fecero una sortita e ricacciarono l’inimico aldi là del ponte Milvio. Desso fu assai danneggiato dai nostri cannoni e principalmente la cavalleria. Essendogli però sopraggiunti forti rinforzi, i nostri dovettero ritirarsi.

Sinora si conosce esserci stati 40 feriti.

II Governo fece chiudere e suggellare tutte le specule di Roma.

Sono le 8 pom. ed il cannone tace.


18. — Nella sera dei 17 Avezzana, Pisacane, e Cerroti, del corpo del genio, mandarono al campo francese una disfida ai redattori dei Bollettini della guerra, irritati dalle invenzioni in essi esposte.

Non si sa se fu accettata.

Nella sera stessa, nel Circolo popolare, si parlò di tale disfida. Orioli (figlio) diceva che il francese non doveva accettarla; altri, sostenendo il contrario ed adirandosi, lasciò uno schiaffo all’Orioli, ed allora vi fu un ricambio di pugni e schiaffi.

Poco dopo tutto era nell’ordine.

Oggi non s’intese che di rado il cannone.

I Francesi prosieguono i lavori e le parallele. Sono ben avanzati.

I nostri cannoni non possono lavorare, mentre sarebbero colpi inutili, essendo l’inimico difeso dai gabbioni.

Solo delle scaramucce avvengono nelle ricognizioni.

Il dì 15 morì Ulisse Seni nell’ospedale della Scala, offeso il 12 corrente a S. Pancrazio da una palla di stuzen nemico nella testa.

[p. 134 modifica]

19. — I nostri cannoni, nella scorsa notte, proseguirono a tacere; non così però quello nemico, che di quando in quando tirò qualche colpo. Sull’albeggiare poi le cannonate furono frequentissime, come pure la caduta abbondante di proiettili nell’abitato.

Alla Ripresa de’ Barberi, al palazzo Nepoti, cadde una palla da 36; alla piazza di S. Marco, alla scalinata del Campidoglio, ne caddero altre.

Si è convinti che l’inimico perseguita l’Assemblea.

Il ponte Salara fu nuovamente occupato dai Francesi, e, avendolo i nostri riattato, essi lo tornarono a distruggere.

Nelle ore pomeridiane cadde una palla sopra il palazzo Rospigliosi116.


20. — Nel dì 19 corrente i Francesi tolsero, per le strade di ponte Salara, varie merci che venivano in Roma, tra le quali seimila libbre di polvere, 100 mila libbre di nitro, 12 cavalli e vario denaro.

Al Campidoglio caddero varie palle. Una sul campanile, che ruppe una statua, altra alla chiesa di S. Luca strisciando sul tetto del salone dov’erano radunati i deputati.


21. — I Francesi, avendo ridotta la breccia praticabile presso S. Pancrazio, alle 11 pom.117, vi [p. 135 modifica]salirono arditamente in tre colonne; sorpresero un debole distaccamento di circa 50 uomini del 2° battaglione del reggimento dell’Unione ed occuparono tranquillamente un prossimo casino dei Barberini.

Attesero quindi, immediatamente, a munire di gabbioni le gole degli occupati bastioni ed a fortificarsi nel piccolo tratto che avevano occupato.

Rossi, colonnello del reggimento dell’Unione, era in quella notte d’ispezione dalla porta Cavalleggieri alla Portese. Accostatosi ai bastioni bersagliati, invece di trovare i suoi soldati, s’imbattè nei Francesi, e fu fatto prigioniero.


bollettino del triumvirato
Dei 21 giugno 1849.


«Non ho notizie dall’estero.

» L’interno va bene. Questa notte, fra mezzanotte ed un’ora, pioggia di bombe.

» Il popolo rispose dormendo. Una mina, dalla quale si aspettavano prodigi, non ha fornito che materiale per accendere le pipe ai militari che vegliavano verso il luogo.

» Un assalto dato ad una casa, dove erano 15 dei nostri dell’Unione, ha fruttato un uffiziale francese prigioniero, un altro morto, e parecchi feriti.

» I nostri si sono portati mirabilmente.

»Un piccolo bollettino darà i ragguagli.

» Vi è continua urgenza di lavori per la notte.


[p. 136 modifica]

REPUBBLICA ROMANA.

Bollettino.


«Ad onore dei nostri prodi del reggimento Unione, vi comunico il rapporto ufficiale che mi viene trasmesso dal Capo di Stato Maggiore Colonnello Manara.

Roselli Generale in Capo».


Quartier Generale di Palazzo Corsini, il 21 giugno 1849.

«Durante la notte noi abbiamo continuato i nostri lavori con somma alacrità, malgrado la pioggia continua di bombe che il nemico faceva cadere su di noi.

» Io ho assistito ai lavoratori, e posso accertare che molti corsero grave rschio d’essere feriti, ed alcuni lo furono, per non aver voluto neppure abbassare il capo al cader delle bombe.

» Verso le due antimeridiane d’oggi il nemico tentò sorprendere con forze almeno dieci volte maggiori il nostro piccolo posto di 30 uomini che occupa uno dei casini, nella vicinanza di Villa Corsini.

» Il posto era fornito da un distaccamento del reggimento Unione.

» I Francesi s’avvicinavano appiattandosi nelle vigne onde escire improvvisi ad assaltacela casa, e sgozzarne il presidio.

» Ma i nostri soldati vigilavano. Lasciarono entrare il nemico fin sotto la porta, fino entro le scale, poscia quando gli ufficiali francesi si misero a gridare à la bajonette, à la bajonette, i nostri [p. 137 modifica]slanciandosi dalle camere (quasi senz’un tiro di fucile) si gettarono sopra il nemico.

» Accanito e lungo fu il combattimento, e sempre a corpo e corpo, ed i Francesi, quantunque di così gran fatta superiori in numero, dovettero retrocedere fuggenti, lasciando sul luogo un capitano morto, varii feriti e 4 prigionieri.

» Questo fatto, piccolo in sè stesso, è di somma importanza se si riflette all’effetto che deve aver prodotto nei nostri e nei Francesi, i quali certamente avranno scelto per quella notturna intrapresa i migliori loro soldati, e ciò non pertanto ebbero a provare nuovamente non essere affare di poco momento attaccare e sconfiggere il vile pugno di fa ziosi repubblicani di Roma.

Roma, 21 giugno 1849.

D’ordine

Il Capo di Stato Magg.

Luciano Manara Colonnello».



22. — Da ieri sera, alle 8 pom., a tutt’oggi, vi è stato fuoco vivissimo tra i nostri ed i Francesi, per cui tutto il paese fu sempre vigilante.

Alle ore 4 ant. fu suonata la generale per la città.

L’inimico aveva attaccato la città quasi in tutte le parti. Col favor della notte intanto, da un lato di S. Pancrazio, entrarono al di qua delle mura circa 500 francesi (che poi si aumentarono a 2 o 3 mila), che occuparono il casino de’ Barberini, lasciatogli libero dal 2° battaglione dell’Unione che lo guardava.

[p. 138 modifica]Alle 10 ant. furono suonate le campane a stormo.

Yarii popolani accorsero al luogo minacciato, ed alcuni uffìziali percorrevano la città eccitando il popolo a prendervi parte.

Intanto tale suono insolito pose l’agitazione nell’animo de’ quieti cittadini, e si attendeva da un momento all’altro la triste notizia dell’ingresso delle truppe francesi che tante vittime avrebbe costato.

Alcuni pezzi delle nostre artiglierie però tennero in soggezione l’inimico, ed una manovra del Garibaldi sembra che tenderà a rincularli o circuirli.

Sono le 9 pom. e vengono lanciate spesse bombe sulla città.

Allo spuntare dell’alba la divisione di Garibaldi, che occupava il campo trincerato sulla sommità dei Gianicolo, si accorse che i Francesi erano penetrati in città sul pendio del colle.

Quindi incominciò a bersagliare quel posto con due batterie, mentre un’altra li molestava dallo Aventino.

Alle 5 ant. i Francesi, ch’erano a Ponte Molle, si avanzarono ed occuparono la villa di Papa Giulio.

L’artiglieria svizzera rial Pincio diresse colio contro gli assalitori.


REPUBBLICA ROMANA.


Roma, 22 giugno 1849.

«Appena arrivatomi il rapporto per parte del Comando della prima divisione intorno ai particolari dell’avvenimento delli 21 e 22 corrente, verso San Pancrazio, mi affretto di pubblicarlo. Da questo [p. 139 modifica]rapporto si conosce che i Francesi hanno acquistato una posizione nell’interno delle mura; ma sarà di molto danno loro il tenerla e l’avanzarsi, a causa delle potenti batterie che si è avuto cura di far precedentemente stabilire. Non fu acquistata dal nemico la detta posizione che in sequela di un timor panico che prese al 2° battaglione del reggimento dell’Unione.

» La fiducia del popolo nei suoi difensori non per questo dev’essere diminuita.

» Altri trinceramenti si vanno costruendo, per cui contrasteremo il terreno piede a piede, e i soldati repubblicani faranno sempre tremenda barriera contro i cannoni nemici.

Il Generale in Capo

Roselli».



«Cittadino Generale in Capo:

«In sul bastione di sinistra a Porta S. Pancrazio, all’ora solita del rilevamento (ore 7 pomeridiane) il soscritto in persona cambiava quella truppa di presidio col 2° Battaglione del Reggimento Unione, forte di 600 uomini; ed il Comandante di questo Corpo era precisamente quella sera d’ispezione alla linea di difesa da Porta Portese a Porta Cavalleggieri.

»Si riposava adunque tranquilli sapendo quella parte difesa dai medesimi soldati che una notte avanti avevano sì eroicamente difeso il loro posto vicino al Vascello.

» Pure (cosa inenarrabile), all’apparire, quasi direi fantasmagorico, di alcuni Francesi, quei sì [p. 140 modifica]bravi soldati, non so da qual panico terrore compresi, retrocedevano, sgominando anche la seconda linea di riserva (coperta nei fossati ivi praticati) che si univa alla fuggente; e fu si vile la fuga, sì di soppiatto commessa, che neppur se ne accorse la linea de’ travagliatori borghesi, che riposava dal lavoro.

» Il colonnello Rossi rediva più tardi da una visita ai posti, fidente di trovare anche in questo bastione quell’ordine che trovò in tutti gli altri. Ma trovò invece il Forte occupato dalle truppe francesi, che il fecero prigioniero.

» La fuga di quel secondo battaglione fu così precipitosa, che le riserve, situate a brevissima distanza, non avendo udito nemmeno uno sparo di fucile, non si misero sotto le armi.

» Poichè è impossibile che il timor panico non sia stato prodotto dal vile esempio di qualche Uffiziale, sarà mia cura esaminare su questo proposito i più minuti particolari dell’avvenuto, onde punire il colpevole, come avrà meritato.

» Gli altri Corpi della Divisione arrestarono la marcia del nemico, anzi quest’oggi ripresero alcune posizioni da lui dianzi occupate.

D’ordine

Del Colonnello Capo dello Stato Maggiore

Il Segretario: Fumagalli».


[p. 141 modifica]


REPUBBLICA ROMANA.

Bollettino dell'armata.


«Volendo mettere a conoscenza del pubblico, giorno per giorno, i fatti di valore che onorano la nostra giovane armata, mi affretto a riferire il rapporto del colonnello Milhiz, comandante della linea di Porta del Popolo, relativo al combattimento di oggi.

«Questa mattina, alle ore 5, i Francesi attaccarono le nostre posizioni di Papa Giulio, Villa Poniatowsky e Villa Borghese. I nostri soldati li ricevettero di piè fermo, e li respinsero valorosamente, dopo una lotta di due ore. L’inimico, non contentandosi di questo scacco, ricominciò poco dopo l’attacco, mettendo avanti dei cannoni; ma il battaglione Universitario, avendo loro ucciso i cannonieri, e la nostra artiglieria, coi suoi ben diretti tiri, avendo sloggiati i nemici da tutti i casini che avevano occupati, si misero essi in completa ritirata.

»I distaccamenti dei seguenti corpi hanno preso parte al combattimento, ivi spiegando molto valore.

» 5° di linea, comandante Masi.

»8° di linea, comandante Pinna.

» 10° di linea, comandante Morelli.

» Carabinieri due compagnie.

» Battaglione Universitario.

» 3ª Compagnia del 1° battaglione, 2° reggimento.

» L’artiglieria, comandata dal maggiore De Sère, si meritò ogni elogio.

» Tutti gli altri corpi hanno tenute le loro posizioni, ed aspettavano con impazienza di ricevere il [p. 142 modifica]nemico; tutti essendo disposti a sacrificarsi per la patria.

» Nello stesso giorno di oggi ha avuto luogo sui bastioni di S. Pancrazio altro combattimento, i di cui particolari saranno pubblicati non appena perverranno i corrispondenti rapporti uffiziali dei differenti capi dei corpi che vi hanno preso parte.

» Roma, 22 giugno 1849.

Il Generale in Capo

Roselli».



23. — Le bombe nella città hanno proseguito durante tutta la notte. In un solo quarto d’ora ne furono lanciate 17. In tutto si calcola nella nottata sopra 150, delle quali molte da 80.

La maggior parte caddero nella linea del Campidoglio. Varii danni si verificarono presso il Gesù, Argentina, Pedacchia.

Vi furono varie vittime, tra cui due donne, una di 15 anni.

Cinque civici dell’8° battaglione, che pattugliavano a S. Andrea della Valle, furono feriti da una bomba.

Ieri furono portate al Ministero 130 palle nemiche raccolte per Roma.

Nel tentativo che fu fatto dai nostri per riprendere la posizione tolta dal nemico, vi furono circa 180 morti. I nostri furono respinti alla baionetta quattro volte 118.

[p. 143 modifica]I francesi fecero intanto lavori interessantissimi e piantarono le loro batterie d’assedio.

Garibaldi stesso giudicò impossibile ritogliere la posizione.

Alle 7 ant. fu convocato il Comitato segreto. Vi intervenne il Triumvirato. Si potè conoscere che la conclusione era di resistere ad onta dei guadagni che aveva fatto il nemico, mentre quelli non facciano altro vantaggio a lui che il più facile bombardamento della città.

Sterbini ieri fece un partito per far acclamare Garibaldi generale in capo, anche della civica. Riuscì a far fare una dimostrazione al Triumvirato. Molti si opposero.

Bezzi ebbe forti questioni collo Sterbini, e giunse al punto di minacciarlo della vita.

Oggi s’intesero pochi colpi di cannone.

I Francesi poco risposero alle cannonate dei nostri che procurarono di disturbarli dalle loro operazioni.

Ieri sera alcuni deputati rimasero sequestrati nel Campidoglio dalle bombe che cadevano verso quella parte.

Il segretario Angelini, che volle andar via, due o tre volte dovette accovacciarsi in terra nell’esplosione delle bombe.

[p. 144 modifica]Si diceva questa mane che erano stati diretti varii indirizzi al Municipio, tendenti ad una capitolazione.

Una parte della popolazione è indignata con Sturbinetti per la condotta da lui tenuta.

Vi è scissura e gelosia fra generali dell’armata repubblicana.

Garibaldi vorrebbe l’azione libera.

Per Roma non si vedono altro che materazzi in giro. Tutti gli ultimi piani sono sgombrati e molte famiglie abbandonano le abitazioni che sono più minacciate dalle bombe nemiche.

Ieri s’incominciarono a distruggere alcune carrozze di gala cardinalizie, che sono nelle scuderie della Cancelleria. Questa mattina fu distrutta quella di Tosti.

I Francesi avevano, come si disse, tolta l’acqua Paola. Gli ingegneri romani idearono di servirsi di tale condotto di mina per far saltare in aria una batteria nemica. I soldati del genio si accinsero all’opera; ma i Francesi, nel meglio del lavoro, diedero nuovamente l’acqua al condotto e sette pontonieri romani rimasero affogati.


24. — Ieri, nelle ore pom., si era sparsa voce che il bombardamento nella notte sarebbe stato verso la linea del Corso, avendo i Francesi posto per quella parte i mortai.

La notte però fu passata tranquillamente, ameno di qualche colpo di cannone e fucilate scambiatesi dagli avamposti.

All’alba di questa mane i Francesi scopersero 4 pezzi di artiglieria situati nella notte. Gli artiglieri [p. 145 modifica]svizzeri, in men di mezz’ora, con tanta destrezza, tre glie ne smontarono, uccidendo varii artiglieri, ed obbligando il rimanente alla fuga119.

La giornata fu passata con poco cannoneggiamento.

L’Assemblea proseguì anche stamane a discutere la Costituzione.

Il di 22 fu riconosciuto alle barricate un sacerdote vestito da Civico.

Fu arrestato; gli fu trovata una pianta esatta delle nostre posizioni e della forza numerica che le guardava.

Considerato dal generale Garibaldi che quegli era un emissario francese, ne ordinò la fucilazione, che fu tosto eseguita.

[p. 146 modifica] La notte del 23 cadde una bomba in casa del Duca di Caserta. La cameriera corse con una concola con l’acqua per spegnerla. Questa però esplose e ferì gravemente l’ardita giovinetta, che questa mattina mori.

Nella stessa notte, in Trastevere, una bomba precipitò un tetto uccidendo un bambino120.

Nella stessa notte un giovine, che era alle barricate, se ne allontanò per un istante, per recarsi a trovar la moglie; una palla, entrando da una finestra delle scale mentre le ascendeva, gli portò via tutte due le gambe.

Nella notte dal 23 al 24 alcuni nostri butteri ritolsero ai Francesi una provvista di bestiame ascendente a circa 300 capi.

Questa mattina entrarono in Roma circa 6 o 700 soldati provenienti da Camerino121.

Recarono seco loro circa un centinaio di bestie vaccine, qualche carro di grano ad altre provviste.

Questa sera (sono le 10) sinora tutto è silenzio.

Ieri è morto il generale Ferrari di morte naturale. Circa le 7 1|2 fu recato con pompa militare a S. Andrea delle Fratte122.

[p. 147 modifica]Alcuni battaglioni civici hanno diretti indirizzi al Municipio tendenti ad una capitolazione coi Francesi.

Questa mane i Francesi ritornarono l’acqua al Fontanone di S. Pietro in Montorio.

Il danno, in sostanza, era stato più per loro, poichè si erano allagati i campi circonvicini, che per noi, che tanto abbondiamo di acque.


25. — La notte scorsa fu passata bastantemente tranquilla circa il bombardamento.

L’inimico, sulla mezzanotte, lanciò qualche bomba più dirette verso le mura per disturbare i nostri soldati, che sulla città. Esse però non recarono alcun danno.

Nessun movimento interessante.

Questa mattina un parlamentario inglese si recò al campo francese123.

Il capitano Laviron124, del reggimento straniero, si affacciò alla barricata per vederlo andar via. Un Francese lanciò una fucilata sul capitano Laviron, [p. 148 modifica]ed una palla lo colpi sulla fronte e lo fece cader morto.

Ieri un domestico di casa Borghese fu sorpreso fuori le mura con scudi 300 ed una lettera del principe Aldobrandini al generale Oudinot.

Fu fucilato.

L’Assemblea prosegui la discussione sulla Costituzione in ispecie, colla solita tranquillità.


26. — Nel di 23, uscirono da Porta del Popolo alcune mule con sette od otto casse, scortate da alcuni di Garibaldi. L’uffiziale che guardava le barricate volle onninamente visitarle. Nei primi strati vi erano scarpe. Più sotto pissidi, calici ed altri oggetti preziosi d’oro e d’argento. Si dice che le casse furono fatte retrocedere.

Ultimamente circolava nel Circolo Popolare una nota d’individui designati come sospetti di trame contro la Repubblica. Tra questi vi erano il Dottor Pantaleoni, il prof. Orioli, Gennarelli, Tomassoni125.

Nella notte dal 25 al 26, i Francesi attaccarono in più punti i nostri, circa un’ora dopo la mezza notte126.

Furono respinti valorosamente.

[p. 149 modifica]Il generale Oudinot ieri rispose alle proteste dei rappresentanti esteri contro il bombardamento.

Esso conchiudeva che, avendo avuto ordine dal suo Governo di entrare ad ogni costo, alla difesa avrebbe opposto tutti i mezzi di offesa.

Il Teatro Argentina è stato notabilmente danneggiato dalle bombe.

Questa sera girano per Roma pattuglie di cavalleria. Si assicura che alcuni galeotti, fuggiti dalle barricate e travestiti da militi, nella scorsa notte, abbiano dato il sacco a qualche casa. Del resto, la città è tranquillissima.


27. — Ieri sera, circa la mezzanotte, i Francesi fecero un finto attacco lungo la linea di Porta Angelica e S. Pancrazio. S’impegnò una fucilata vivissima con cannonate. Durò circa un’ora. L’oggetto della strategia francese fu di situare 12 pezzi di cannone coi quali, durante la notte e particolarmente questa mattina, fulminarono i nostri e proseguirono la breccia. Non si conoscono i particolari.

Ieri arrivò a Roma la moglie di Garibaldi.

Questa mattina una palla nemica cadde alla Pilotta forando il muro della camera di Montecchi.

L’Assemblea, fin da ieri sera, discute sull’articolo della Religione nella Costituzione, e Saliceti ed altri esternarono parere che il culto dovesse esser libero.

Questa mattina la discussione fu impegnata vivissima ed Arduini propose un emendamento nel senso che il culto dovesse esser libero.

[p. 150 modifica]L’emendamento fu messo a voti e risultarono

Favorevoli 36
Contrarii 66

102

Maffei, uno dei deputati, nell’appello nominale, disse «, cento volte , e prego gli stenografi a prender nota di tale mia protesta».

Alcuno dei deputati voleva protestare contro gli atei, e varii furono disgustati dall’incidente di tale discussione.

Il Governo, attualmente, ha una spesa di centocinquantamila scudi al giorno.

Nelle ore pomeridiane la moschetteria sempre tacque ed il cannone rallentò i colpi. Ieri i Francesi tolsero nuovamente l’acqua Paola.

I viveri, già carissimi, vanno mancando. Carne poco più se ne ha. Salati non ve ne sono. Le uova, per averne uno, 3 o 4 bajocchi.

Questa sera è andato un ordine ai Parrochi perchè tenessero, durante la notte, aperte le chiese.

Tutti dicono che tale misura sia stata adottata per lo scopo di far ricoverare il popolo durante il bombardamento, che si crede debba avvenire questa notte.


28. — Nella scorsa notte, circa a un’ora ant., si intese forte fucilata e cannoneggiamento che durò circa un’ora. Furono lanciate bombe. I Francesi avevano tentato un nuovo attacco. I nostri fecero vigorosa resistenza.

[p. 151 modifica]Sull’albeggiare, il cannone francese si fece sentire straordinariamente contro la fabrica Savorelli al Gianicolo127. Con orologio alla mano, si contarono in 10 minuti 78 colpi di cannone.

Ieri, nelle ore pom., rientrò Garibaldi in Roma colla sua Legione. Tal cosa inaspettata, e d’altronde imprudente, diede luogo a sospetti che egli tentasse di evadere con i suoi uomini. Lo scopo però fu di cambiar vestiario alle truppe128.

Ieri mori, colpito da una palla, il tenente d’artiglieria Covizzi.

Questa mattina un bello spirito raccolse una palla da 36 che gli era caduta in camera. La pesò e trovò che invece portava lib. 35 ed oncie 2. Egli disse di voler reclamare da Oudinot le oncie otto che mancavano.

Questa mattina caddero varie palle verso i Santi Apostoli, Quirinale, Gesù.

Una palla, mentre si diceva la novena di San Pietro ai SS. Apostoli, cadde al vicino palazzo Colonna, ed il rombo fu così forte che sembrò in chiesa.

La città si mantiene tranquilla. Ciascuno attende alle faccende sue.

Il Corso è animatissimo, le botteghe tutte aperte.

[p. 152 modifica]Si seppe, in questo punto, che i Francesi hanno aperto una breccia di circa 20 metri, atterrando la faccia sinistra del 4° bastione di S. Pancrazio129.


29. — I Francesi impiegano le artiglierie parte in proseguimento della breccia e parte atterrando il tempio di S. Pietro in Montorio, come pure il prossimo tempietto, che di già è caduto, e parte per atterrare il palazzo Savorelli al Gianicolo.

Oggi e ieri vi sono stati molti feriti dalla nostra parte poichè, durante tutta la notte scorsa e porzione della mattina, tutte le bombe furono lanciate al nostro campo130.

Il Triumvirato questa mattina mandò ordine al Capitolo di S. Pietro per l’illuminazione della Cupola a lanternoni, ricorrendo oggi la festività di San Pietro131.

Si dice che sia giunto al Triumvirato un dispaccio del colonnello Frapponi, nostro agente in Francia, col quale consiglia di cedere alle armi francesi.

Accursi e Beltrami, che dicevansi carcerati a Civitavecchia, giunsero in Roma questa mattina.

[p. 153 modifica]Accursi si osserva da qualche deputato frequentar le camere del Campidoglio. Egli riferì che Oudinot non voleva permettergli di entrare in Roma, come il Governo nostro non ne permette l’uscita a chi la desidera. Aggiunse che questa mattina stessa conferì col generale Oudinot, il quale gli disse, esser egli ammirato del valore romano; ma che, d’altronde, la missione sua era quella di entrare ad ogni costo.


30. — Alle due dopo mezzanotte un segnale di tre colpi di cannone nemico fu seguito da una pioggia dirotta di bombe dai Monti Parioli, che durò circa un’ora e mezzo senza interruzione.

Fu danneggiata particolarmente la chiesa del Popolo, dove una bomba, entrata in chiesa, esplose con grave danno, la locanda Meloni, ecc. Ne caddero per il Corso, al palazzo Fiano.

Contemporaneamente i Francesi assaltavano vigorosamente un bastione di S. Pancrazio estendendosi sopra tutta la linea del nostro trinceramento, e ne occuparono la breccia sul bastione sinistro di Porta S. Pancrazio.

I Francesi conquistarono anche qualche pezzo di cannone.

La lotta fu sanguinosa per ambo le parti. Alle 6 ant. furono suonate alcune campane a stormo e fu battuta la generale.

Vedendosi poco concorso, alcuni soldati dragoni, con le armi alla mano (fin da ieri sera), imponevano anche ai più pacifici cittadini, che si trovavano per [p. 154 modifica]via, di seguirli alle barricate. Quindi un fuggire da per tutto, ed un deserto.

Questa mattina furono presi anche dei frati e preti e condotti alle barricate, non senza insultare alla Civica che, ostinata, vi si ricusava.

Si dice che poco prima del bombardamento il Priore del Gesù e Maria diede un segnale ai Francesi con un razzo. Si aggiunge che dai nostri sia stato fucilato.

Intanto, la popolazione del Corso e d’altra linea, offesa dalle bombe o minacciata, fuggì dalle proprie case cercando ricovero sotto i volti delle scale, delle chiese, delle scuderie. Era quadro commovente veder delle madri, con due o tre figli sugli omeri, fuggir gridando, atterrite dal rombo delle bombe.

Questa mattina l’attacco proseguì sempre vigoroso Alle 7 pom. il fuoco cessò interamente132.

L’Assemblea si riunì al solito. Discusse ed approvò l’intero progetto di Costituzione. Quindi si riunì in Comitato segreto col Triumvirato e Senatore Sturbinetti.

Nulla si potè penetrare. Si seppe solamente che fu spedito un dispaccio al generale Oudinot.

S’ignora se sia in risposta ad un nuovo intimo mandato da questi al Triumvirato od una semplice protesta.

Questa sera alle 8 pom., adunanza straordinaria.

Nell’attacco precedente, oltre 400 e più militi133, [p. 155 modifica] restarono vittima, il colonnello Manara134, che fece una morte cristianissima, il Moro di Garibaldi135, ferito da una mitraglia in un orecchio, che, morendo, strepitosamente muggiva come un toro.

Il bombardamento dai Monti Paridi fu per distrarre l’attenzione da S. Pancrazio. Infatti, i Francesi diedero colà l’attacco.

Bei cannonieri nostri, già rimasti a pochi, in quel momento, non se ne trovava che uno al suo posto, essendo dispersi gli altri altrove. La linea era alla baionetta; ma, sopraffatta dal nemico, rinculò dietro le artiglierie, le quali, se non fosse stato per l’esposto incidente, avrebbero potuto massacrare i Francesi.

Alcuni uffiziali di linea si accingevano a far da cannonieri; ma non trovavano la spoletta. Alla fine la trovarono; ma, nel mentre si accingevano a dar fuoco, un coraggioso milite francese, che nella zuffa si era mischiato tra i nostri, la strappò e la spense in terra.

L’esemplare suo coraggio gli costò la morte, e morte atroce, imperocchè molti furono in un tempo a procurargliela con la baionetta.

In tale stato di cose si gridò a chi avesse fosfori.

Trovatili, con tal mezzo, il tenente Micotti, per ben tre volte, potè mitragliare l’inimico.

[p. 156 modifica]Non potendo però proseguire il lavoro, e sempre incalzati dal nemico, inchiodarono i cannoni e si ritirarono136.


1° Luglio.

Dal quartiere generale di S. Pietro in Montorio, 1° luglio 1849:

«Ieri è stato un giorno fecondo in fatto d’armi: perdite e vantaggi. — Ieri l’Italia contò nuovi martiri. — Il colonnello luciano Manara ha lasciato un vuoto nelle file repubblicane, difficile a riempiersi. — Giovine, di merito e di valore sorprendente, è stato colpito da palla nemica mentre sosteneva coraggiosamente la Villa Spada, contro un nemico molto superiore. — L’America diede pur ieri, col sangue d’un valoroso suo figlio, Andrea Aghiar, un saggio dell’amore dei liberi di tutte le contrade per la bellissima e sciagurata nostra Italia.

» Il tenente-colonnello Medici si è distinto per perizia e valore alla difesa del primo bastione di destra da Porta S. Pancrazio e della posizione Savorelli. — Si è distinto in compagnia del bravo colonnello Ghilardi, comandante di quella linea.

[p. 157 modifica]» Combatterono da leoni, la legione Medici ed il 1° di linea — respinsero per varie volte l’assalto della breccia, e pagarono, colla preziosa vita di tanti giovani, speranza della patria, il sacro debito di tutti....

» Parte della legione Manara ha combattuto in quel punto col valore consueto, assieme alle compagnie del reggimento Masi.

» La Legione Italiana, all’ordine del colonnello Manara, si mostrò degna della sua fama nella difesa di Villa Spada. — Il 3° di linea, difendendo le posizioni del Pino a lui affidate, si coprì, come il 1°, di gloria.



«Romani!

«L’ultima parola del ministro della guerra è segno di ammirazione al vostro valore, ed eccitamento a durare nella santissima impresa della redenzione d’Italia.

» I vostri martiri spirarono con questo nome sul labbro!

» Difficoltà di condizioni — avversità di destini — reti diplomatiche — parole ingannevoli non vi arrestino mai!

» Il legato dei prodi, che per voi caddero sui baluardi della Città Eterna, è santo, inviolabile! Eglino hanno riaperta la Storia Romana — voi continuatene i fasti.


[p. 158 modifica]


L'Assemblea Costituente ai Romani.


«Romani!

«L’amore della libertà e della patria che vi fa coraggiosi ad affrontare gli orrori di una guerra atroce e terribile è degno, o Romani, della vostra istoria, è degno de’ vostri padri.

» D’ora innanzi non potranno più calunniarvi gli altri popoli; e non potranno dire che Roma non conserva più dell’antico, fuorchè i monumenti e le rovine; voi risponderete additando, con altera fierezza, le nuove rovine fatte dalle bombe francesi, additerete i colli che vi circondano e i baluardi di S. Pietro.

» Dopo dieciotto secoli è spuntato un raggio di libertà, e dopo dieciotto secoli avete saputo ricordarvi di Voi stessi, e in pochi giorni avete rivendicato innanzi all’Europa l’onore d’Italia. Il Governo dei Papi non vi aveva dato giammai un giorno di gloria, un giorno di dignità, e aveva trascinato nel disprezzo il nome di Roma: e perchè non consentite a ritornare volontariamente sotto il più spregiato, il più disonorevole giogo, vi manda a bombardare, ad uccidere. Oh! Iddio che è padre dei Popoli, Iddio non consentirà tanta sventura, e cotanta ignominia!

» A Voi, o Romani, non fa d’uopo di dire — Perseverate — non fa d’uopo mettervi in guardia da chi osasse consigliarvi un atto di viltà. L’onore di Roma sarà incontaminato. Noi e Voi, secondati dal valore della Guardia Nazionale e dal valore [p. 159 modifica]dell’Armata, compiremo insieme il dover nostro, la nostra missione.

» 1° luglio 1849.
» Viva la Repubblica!

» Il Presidente
» Allocatelli .


I Segretari

Pennacchi, Fabretti, Zambianchi, Cocchi».



«Romani!

«Il Triumvirato si è volontariamente disciolto. L’Assemblea Costituente vi comunicherà i nomi dei nostri successori.

» L’Assemblea, commossa, dopo il successo ottenuto ieri dal nemico, dal desiderio di sottrarre Roma agli estremi pericoli, e d’impedire che si mietessero, senza frutto per la difesa, altre vite preziose, decretava la cessazione della resistenza. Gli uomini che avevano retto mentre durava la lotta mal potevano seguire a reggere nei nuovi tempi che si preparavano. Il mandato ad essi affidato cessava di fatto, ed essi s’affrettarono a rassegnarlo nelle mani dell’Assemblea.

» Romani! Fratelli! Voi avete segnata una pagina che rimarrà nella storia documento della potenza d’energia che dormiva in voi e dei vostri fatti futuri, che nessuna forza potrà rapirvi. Voi avete dato battesimo di gloria e di consecrazione di sangue generoso alla nuova vita che albeggia all’Italia, vita [p. 160 modifica]collettiva, vita di popolo che vuol essere e che sarà.

Voi avete, raccolti sotto il vessillo repubblicano, redento l’onore della patria comune contaminato altrove dagli atti dei tristi e scaduto per impotenza monarchica. I vostri Triumviri, tornando semplici cittadini fra voi, traggono con sè conforto supremo nella coscienza di pure intenzioni e nell’onore d’avere il loro nome consociato coi vostri fortissimi fatti.

»Una nube sorge oggi tra il vostro avvenire e voi. È nube d’un’ora. Durate costanti nella coscienza del vostro diritto e nella fede per la quale morirono, apostoli armati, molti dei migliori fra vol. Dio, che ha raccolto il loro sangue, sta mallevadore per voi. Dio vuole che Roma sia libera e grande, e sarà. La vostra non è disfatta; è vittoria dei martiri ai quali il sepolcro è scala di cielo. Quando il cielo splenderà raggiante di risurrezione per voi, quando, tra brev’ora, il prezzo del sacrificio, che incontraste lietamente per l’onore, vi sarà pagato — possiate allora ricordarvi degli uomini che vissero per mesi della vostra vita, soffrono oggi dei vostri dolori, e combatteranno, occorrendo, domani, misti nei vostri ranghi, le nuove vostre battaglie.

»Viva la Repubblica Romana!
» 1° luglio 1849.


Ieri sera l’Assemblea emise il seguente decreto:

«L’Assemblea Costituente romana cessa una difesa divenuta impossibile, e sta al suo posto».

[p. 161 modifica]In seguito a questo decreto, il Triumvirato emise la sua rinunzia, che poi venne accettata questa mattina.

Intanto furono conferiti i poteri al Magistrato per trattare col generale Oudinot.

I membri del Magistrato, Sturbinetti e Gallieno, si recarono al campo alle 11 ant. e ne ritornarono al 7 1|2 pom.

Sinora s’ignorano i capi della convenzione.

Mazzini questa mattina, richiesto dall’Assemblea di dar partecipazione, se ne aveva, rispose con l’annessa lettera al Presidente dell’Assemblea:

«Cittadino,

«La nostra rinunzia di ieri dovrebbe farvi indovinare, Cittadino Presidente, che noi non possiamo essere informati in modo ufficiale dei passi che si vanno facendo dal Municipio, o da altri col generale Oudinot. Noi respingeremmo, anzi rimanderemmo all’Assemblea qualunque comunicazione in proposito ci venisse ufficialmente fatta dal Municipio, perchè abbiamo a cuore di mantenerci scevri da ogni partecipazione alle trattative.

I Triumviri

Giuseppe Mazzini.
Carlo Armellini.
Aurelio Saffi.


» Dobbiamo aggiungere che le trattative intavolate dal Municipio, e la richiesta di un uffiziale di Stato Maggiore, sono siffatte cose che ci sembrano tutte in contraddizione col decreto dell’Assemblea.

[p. 162 modifica]» Crediamo scorgere, non ufficialmente, che una delle principali vertenze fra il Municipio ed il generale Oudinot concerne l’esercito e il suo allontanamento in tutto, o in parte dalla città.

»Noi non formiamo che un doppio voto, e sentiamo debito di cittadini di riehiamarvelo. L’esercito rimanga intatto; e nessuno fra noi dimentichi che, anche dopo aver ceduto alla Francia, un altro nemico rimane tra noi da combattersi, nemico mortale, col quale non è possibile transazione alcuna, e che a questo dovremmo pensare.

Vostro aff.mo
G. Mazzini».



La lettura della medesima irritò l’Assemblea, e qualcuno disse che, alla fine, si era tolta la maschera di viso.

Intanto fu nominato un altro Triumvirato, composto di Mariani, Calandrelli, Saliceti.

Da ieri sera non s’intese più un colpo di fucile. La tranquillità brillò nel cuore di tutti.

Per i cantoni si vedono inviti, manoscritti, indicanti il contegno severo che debba tenersi coi Francesi quando saranno entrati; cioè che dove un sol Francese si presenti si sgombri il luogo.

S’impose ai bottegai, aventi iscrizioni in francese, di abbassare le loro mostre.

Ad onta però che la resistenza sia cessata col decreto dell’Assemblea, pure, a tutto questo momento, (10 della sera) in Trastevere ed in altri punti si lavorano forti e barricate137.

[p. 163 modifica]Il nome di Mazzini, generalmente, è esecrato per la ostinatezza mostrata nel voler ancora contrastare l’ingresso alle truppe francesi con una resistenza interna. Garibaldi, che intervenne al Comitato segreto, proponeva estrema resistenza, rompendo e spianando Trastevere per formare un campo 138.


2. — Questa mattina si conobbero le proposizioni fatte dal generale Oudinot 139.

[p. 164 modifica]Queste tanto dal Municipio che dall’Assemblea vennero rigettate.

L’Assemblea si riunì in comitato segreto per deliberare sopra tal cosa.

Si potè conoscere che fu deliberato di ordinare al Triumvirato di fornire dei mezzi opportuni l’armata (i corpi franchi) per farli partire. Si aggiunse che circa 20 deputati dovessero seguire l’esercito all’oggetto che in esso risiedesse la rappresentanza della Repubblica e gli altri stessero al loro posto. 140 [p. 165 modifica]La città era inquieta per tal cosa, e circolavano voci sinistre per essere stato eccitato il popolo di Trastevere alla resistenza da Sterbini141. A questo si univano i corpi franchi, che, dalla convenzione di Oudinot, restavano sacrificati, e queste voci, poi, venivano confermate dalla continuazione di lavori di barricate e dall’entusiasmo delle donne trasteverine che, con le foderette dei cuscini, formavano sacelli ne di terra.

Nei diversi corpi pure vi era malumore perchè, anzichè trovarsi nuovamente soggetti al Governo papale, preferivano emigrare.

Varie centinaia tra dragoni e tiraglieri disertarono dai loro corpi (coi cavalli) e s’ingaggiarono nel corpo di Garibaldi tra gli applausi della popolazione. Questi, fin dove arrivò vestiario e lancie, ne furono provveduti e si disposero alla partenza. Alle 6 pomeridiane fu tutto pronto, e la cavalleria fece alto sul piazzone di S. Giovanni per attendere i corpi franchi.

Alle 8 1|2 pomeridiane si posero in marcia anche questi e raggiunsero gli altri.

[p. 166 modifica]Questa mattina, a S. Lorenzo in Lucina, fu cantata una messa di esequie alla salma che colà fu portata del colonnello Manara.

Fu una scena commoventissima, mentre tutti i suoi militi la seguirono e perfino i feriti. Tutti avevano il ciglio bagnato.

Nell’adunanza tenutasi ieri sera si terminò la discussione sulla Costituzione.

Quindi si decretò di celebrarsi, nel dì 3, nella chiesa di S. Pietro, solenni funerali ai martiri italiani.

Si dispose, inoltre, che l’Assemblea, dopo la messa funebre, si portasse al Campidoglio per proclamare la Costituzione, la quale poi, registrata in tavole di marmo, si conservasse ad perpetuam memoriam nel Campidoglio.

Agostini assicurò che tal lavoro potrà esser compiuto tra due giorni. Poscia si decretò di scegliere un locale per gl’invalidi.


3. — Alle 6 pomeridiane di ieri, alla Pilotta, vi fu piccolo trambusto per un uflìziale che volle fare resistenza ad alcuni di quei dragoni, che, disertando per unirsi al corpo di Garibaldi, volevano portarsi via i cavalli.

Il corpo di Garibaldi si aumentò a 4000 uomini circa.

Fra questi vi sono 55 di Manara, varii dragoni e due soli carabinieri.

Sette disertori francesi si unirono anch’essi a Garibaldi.

[p. 167 modifica]La partenza fu eseguita questa mattina.

L’artiglieria svizzera anch’essa si unì a Garibaldi; ma poco dopo retrocedette.

I Francesi, intanto, alle 6 pomeridiane di ieri, occuparono tranquillamente le porte di S. Pancrazio e Portese142, e nella notte occuparono, senza resistenza alcuna, il ponte Sisto e ponte Quattro Capi.

Alle 9 1|4 di questa mattina otto carabinieri francesi, a cavallo, con quattro carabinieri nostri, fecero una scorreria per alcune strade principali e per il Corso. Poco dopo, alla spicciolata, molti della fanteria passarono i ponti ed entrarono nella città.

Frattanto l’Assemblea, riunita la cavalleria e fanteria dei carabinieri sulla piazza del Campidoglio, a mezzogiorno proclamò la Costituzione.

Il Segretario Pennacchi la lesse ad alta voce ed il presidente Galletti precedette la lettura colle seguenti parole, che furono accolte con applausi da due o trecento persone che erano nella piazza:

«L’Assemblea Romana pubblica dal Campidoglio dove proclamò lo Statuto, e pone la base dei suoi diritti e della sua vita:

»I1 popolo, l’armata, fece il suo dovere; l’Assemblea ha compito il suo. «Evviva la Repubblica!»

La Costituzione fu applaudita in quasi tutti gli articoli.

Allorchè si lesse l’articolo VIII che il Capo della Chiesa avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l’esercizio indipendente del potere [p. 168 modifica]spirituale, il popolo, applaudendo, rispose: Purchè non sia Pio IX.

Dopo la lettura, l’Assemblea si riunì nuovamente in Comitato segreto, dove furono anche presenti Mazzini, Saffi ed Armellini.

Fu deciso che nove Deputati dei più compromessi seguissero l’esercito per mantenere in quello le rappresentanze dell’Assemblea.

Tra questi vi sono:

Mazzini,
Saffi,
Dall’Ongaro,
Andreini,
Sterbini.

Quindi si disciolse per riunirsi nella sera.

Però l’entrata dei Francesi nella città produsse un fermento che, alimentato da qualche incidente, sparse, in breve, il terrore in tutte le contrade.

In sostanza, si concertò di uccidere chiunque trattasse, conversasse, applaudisse ai Francesi.

Un sacerdote francese, vestito da secolare, presso il caffè del Veneziano, applaudì ad un uffiziale. Fu all’istante preso, malamente condotto nel cortile del caffè al palazzo presso il Veneziano e trucidato.

L’abate Perfetti ed il dottor Pantaleoni passarono per il Corso in carrettella. Una turba di popolo assalì la carrozza mentre fuggivano voltando il vicolo delle Belle Arti; ruppe le tirelle e lanciò colpi di bastone. Il Dottor Pantaleoni si difese con una arma bianca che aveva nel bastone e potè fuggire, benchè colpito in testa da bastonate.

[p. 169 modifica]L’abate Perfetti fu balzato dalla carrozza e percosso fortemente. Un individuo cavò uno stiletto, glielo ficcò nel petto, e poscia, asciugatolo del sangue, lo ripose nel fodero.

L’abate Perfetti si trascinò pochi passi e poi fu condotto all’ospedale al Quirinale143.

Oggi, alle 6 pomeridiane, il grosso dell’esercito francese entrò nella città sfilando da porta del Popolo per il Corso, accompagnato da urli e fischi di alcune centinaia di parsone che, percorrendo le strade, gridavano si chiudessero finestre, botteghe, e Morte agli amici dei Francesi144.

La truppa occupò le più importanti posizioni e poco si curò di tal ricevimento.

Dal caffè delle Belle Arti uscì un individuo (Cernuschi) con una bandiera tricolore gridando Viva la Repubblica Romana; molti altri, unitisi a lui, si misero in marcia con i Francesi145.

[p. 170 modifica]La cavalleria li caricò e così la turba si disperse.

Si osservò che l’ex-triumviro Armellini si godeva tranquillamente il passaggio delle truppe francesi dalla sua loggia.

Di quando in quando udivansi urli, fischi, e vedevansi persone che, atterrite, fuggivano il pugnale che puniva l’imprudenza di coloro che si abbandonavano, inconsideratamente, alla gioia dell’ingresso dei Francesi ed all’impazienza di conversare con essi.

Tranne le bande suddette, la oittà è divenuta vero deserto. Tutte le botteghe, i caffè, ecc. sono chiusi. Sono pure chiusi il Quirinale, il Pincio e il Palazzo Fiano, dov’è il Circolo Popolare.

Sorprende che il generale Oudinot abbia fatto fare l’ingresso alle truppe senza farlo precedere da un proclama.

Varii uffiziali nostri si sono dimessi per non tornare a servire il Governo pontificio.


4. — Ieri furono uccisi anche un prete ed un vignarolo perchè erano accompagnati ai Francesi.

Ai Monti fu ucciso un Francese, ed altro, disarmato , fuggi.

Due donne del basso volgo furono stilettate perchè avevano avuto commercio con i Francesi146.

[p. 171 modifica]Le truppe sono tuttora in bivacco a piazza Colonna, ai Ss. Apostoli, al Popolo.

Nelle botteghe dove entrano Francesi i Romani fuggono e rimangono deserte.

Questa mattina entrarono due squadroni di cavalleria passando per il Corso. I primi due portavano i fucili con il cane alzato ed in atto di tirare.

Il popolo osservò il più grande silenzio.

Mazzini, Saffi ed Armellini sono ancora in Roma e questa mattina giravano per la città.

L’Assemblea ieri sera fu in permanenza. Questa mattina, alle 11, si riunì nuovamente.

Galletti, presidente, pronunziò un discorso col quale dichiarava di aver rinunziato al comando dei carabinieri, che erano passati sotto quello di Oudinot.

Quindi partecipò le seguenti disposizioni date da Oudinot relativamente alle truppe regolari.

Tutte le truppe devono partire immediatamente. A Rieti ne anderanno 2500, il restante sarà ripartito tra Terni e Bracciano. I materiali da guerra devono restare tutti al loro posto.

A un’ora pomeridiana un picchetto di Francesi, con un ufficiale, andò in tutte le botteghe di armaio, sequestrò le armi e ne ordinò la chiusura.

Ore pomeridiane. — Altri dragoni disertarono per riunirsi al corpo di Garibaldi.


v^ooQle [p. 172 modifica]

I Francesi si occupano a distruggere le barricate.

Sulla piazza del Popolo, all’imboccatura del Corso, situarono due pezzi d’artiglieria.

Uno squadrone di cavalleria, verso le 7 pomeridiane, passeggiò per il Corso coi fucili montati.

Pochi momenti prima, a S. Andrea della Valle, da una banda di volontari dell’ex-esercito repubblicano, furono assaliti due Francesi, uno fu morto con sette stilettate, l’altro fu condotto via morente con bastonate e colpi di stile.

Fu intanto eseguita una carcerazione di otto, o dieci individui.

Alle 7 1|4 fu pubblicato un proclama agli abitanti di Roma del generale Oudinot. Esso, in sostanza, contiene la dichiarazione di voler ristabilire l’ordine.

Tutti i poteri sono concentrati nell’autorità militare;

Soppressione dell’Assemblea;

Proibizione dei circoli e delle associazioni politiche;

Proibizione di detenzione di armi;

Soppressione della stampa147.

Nomina del generale Rostolan a governatore di Roma, e del generale Sauvan a comandante della Piazza148.

La lettura del medesimo portò l’effetto delle fischiate. Alcuni ne furono lacerati.

[p. 173 modifica]Alle 7 3|4 un battaglione di Francesi circondò il caffè Nuovo. Un picchetto con un uffiziale entrò ed ordinò lo sgombro immediato a tutti i frequentanti e quindi la chiusura.

Tale operazione non produsse conseguenze importanti.


5. — L’occupazione fatta dai Francesi ieri sera del caffè Nuovo fu provocata nel modo seguente:

Due uffiziali andarono al caffè ed ordinarono un gelato. Il caffettiere rispose non averne. Allora dissero che fossero portate due bibite ed il caffettiere rispose, nuovamente, non averne. Gli uffiziali, intanto, osservarono che tutti gli altri erano serviti di gelato e di bibite.

Uscirono tranquillamente, e poco dopo avvenne che un battaglione l’occupò e lo chiuse.

Ieri sera la linea diede la sua adesione al generale Oudinot ed a quel Governo che verrà stabilito.

Un proclama pubblicato ieri sera, alle 9, dal Governatore di Roma, generale Rostolan, pone la città in stato d’assedio149.

Si proibiscono gli assembramenti sulle pubbliche vie;

Alle 9 1|2 tutti devono ritirarsi a casa;

Chiusura dei circoli col mezzo della forza;

Le violenze e gli insulti contro i soldati o contro le persone che hanno con essi amichevoli relazioni, ogni impedimento recato all’approvvigionamento, verrà immediatamente punito con modo esemplare.

[p. 174 modifica]Questa mattina furono disarmati, pubblicamente dai Francesi, molti legionarii ed altri appartenenti a corpi franchi.

Ieri sera un battaglione francese occupò il Campidoglio e la sala dell’Assemblea.

L’Assemblea trovavasi ancora in permanenza. Il deputato Filopanti protestò contro tale invasione e la protesta fece quindi sottoscrivere particolarmente da quasi tutti i deputati150.

In tale stato di cose i deputati in permanenza mandarono dal Triumvirato per avere danaro onde poi mettersi in salvo. Infatti, il cassiere della Camera tornò con circa 8000 scudi che si divisero tra loro. Vi erano Cattabene, Filopanti, Antinori, Bufalini, Govoni, ecc., circa 60.

Alcuni deputati ed inservienti si diedero a precipitosa fuga.

Ieri sera fu pubblicato un supplemento al Monitore di ieri. Il Direttore di quel foglio, che è un siciliano, (un tal Cuzzanea), scrisse un articolo insultantissimo ai Francesi.

L’avanguardia francese insegue il corpo di Garibaldi. Si dice che ier l’altro questi passò per Tivoli, dove volle dalla Comune scudi 3000.

I deputati ancora sono in Roma ed i principali compromessi si vedono girare per la città.

[p. 175 modifica]Ieri notte un picchetto francese si recò a casa di Sterbini per carcerarlo; ma non si fece trovare.

Oggi è uscito altro proclama del generale Oudinot, col quale dichiara che le truppe romane, avendo quasi tutte prestato l’atto d’intera sommessione all’autorità militare francese, sono considerate come truppe alleate.

Un soldato francese fu stilettato da una donna a cui dava arditamente molestia.

Questa sera, alle 9, secondo la precedente disposizione, fu battuta la ritirata. Si prevedeva qualche sconcerto grave. La cosa però fu limitata, e si crede che ai Francesi, invece dello sdegno, eccitasse le risa, qualora si passi sopra a qualche urlo e fischio.

Allorchè un battaglione francese, con tamburi e trombe, cominciò la ritirata per il Corso, una turba di gioventù contrafaceva i galli quando cantano per chiamare al patollo le galline, ed in tal modo li precedeva e li seguiva. Insomma si sentiva un chicchirichì generale.

Un altro bello spirito prese un campanello ed andava suonando e gridando: «A casa ragazzi che è suonata un’ora di notte».

Non ostante, molti, per non essere defraudati di conversazione, la facevano dalle finestre col vicinato ed in alcune contrade era un carnevaletto.

Allorquando, poi, passava qualche individuo accompagnato dalla fazione, come prescrive l’articolo 5°151, tutti gridavano: «Felice notte, signor dottore».

[p. 176 modifica]170


6. — Ieri non fu pubblicato il Monitore .

Questa sera uscì coll’intestazione Gazzetta di Roma152. Il redattore è l’abate Coppi.

Ieri Oudinot mandò a cercare Mazzini. Questi, però, gli mostrò un diploma col quale apparteneva all’ambasciata inglese.

Alcuni Gesuiti hanno nuovamente preso possesso, quest’oggi, delle loro case religiose.

La ritirata di questa sera fu salutata al solito, ma con un poco più di moderazione.



7. — Oggi nulla d’interessante a meno delle ordinanze, pubblicate e riportate nella Gazzetta di Roma.

Questa sera la ritirata fu più tranquilla del solito.

Oudinot, dal palazzo Colonna, trasferì la sua dimora nel palazzo Rospigliosi.


8. — Questa mattina è incominciato il disarmo generale. Tutti accorrono ai luoghi stabiliti a depositare le armi.

Saffi è partito oggi per la Svizzera.

Varii Deputati similmente sono partiti da Roma.

Generalmente si loda l’esemplare disciplina che osservano i Francesi. Niuno può dolersi nè di uno insulto, nè di un modo aspro, ad onta di tanti che vengono loro usati.

Ieri un Francese dimandò con bel garbo ad un repubblicano ultra di fargli accendere un sigaro.

Questi, per non prestarsi al favore, gettò il sigaro [p. 177 modifica]in terra senza rispondergli. Il soldato raccolse il sigaro e se lo mise a fumare, risparmiandosi il suo153.


9. — Ieri il generale Oudinot, con varie compagnie e con lo Stato Maggiore, si recò a S. Luigi de’ Francesi per ringraziare il Dio degli eserciti per la vittoria riportata154.

Ieri sera, a Piazza Rosa, al casamento di fronte della strada di S. M. in Via, fu tirata una pistolettata ad una pattuglia francese. Il picchetto carcerò tutti gli uomini che abitavano quel vasto casamento e li portò alla Piazza, dove attualmente sono155.


11. — Garibaldi dove passò con la sua squadra estorse cavalli, denaro, vino. Anche Monterotondo sopportò il suo passaggio con non lieve danno.

[p. 178 modifica]Si ebbe notizia, in data del 7 corrente, che erano giunti a Rieti 25 di quei lancieri ed avevano richiesto, a nome del Generale, 10 cavalli alla Magistratura.

Colà era similmente giunto un colonnello inglese, comandante la legione di Pianciani, per attendere il generale Garibaldi, e Roselli co’ quali questi doveva tenere delle conferenze.

Fu interpellato un uffiziale francese sul numero dei morti che aveva avuto l’armata. Egli rispose che la loro perdita si calcolava a duemila morti156.

I nostri uffìziali poi dicono che la cifra dev’essere molto superiore.

Alcuni dicono che l’armata romana abbia perduto circa 4000 uomini157.

I Francesi vanno rimettendo le cose come erano al 16 novembre 1848.

[p. 179 modifica]Infatti, questa mattina rientrarono gli antichi ispettori delle poste, Campagnano, Massimo158, ecc.

Furono richiamati gli antichi Presidenti dei Rioni.

Questa mattina, dai Francesi, furono carcerati il P. generale del Gesù e Maria con altro religioso. Sembra che sia stato in seguito di forti sgarbi fatti ad un uffiziale che voleva osservare se nel loro convento vi era locale da mettere a profitto.

La quiete ogni giorno si va ristabilendo.

Oggi incominciò la contromarcazione dei Boni del tesoro e dei biglietti della repubblica159.

Oggi stesso fu diretta all’abate Coppi160 una lettera anonima (in data dei 2) colla quale veniva minacciato del pugnale dell’assassino perchè dirigeva la Gazzetta di Roma, contenente menzogne.

Gli antichi agenti di polizia sono nuovamente entrati nelle loro funzioni. Uscirono dal carcere Minardi, Alai, Freddi, Zamboni, ecc., e sono reintegrati nel posto che occupavano prima161. [p. 180 modifica]Si vanno facendo continue carcerazioni notturne.

Nella notte scorsa furono carcerati il dottor Pasquali162, Lenzi, curiale163, l’avv. Raggi164.


12. — Il cardinale Tosti, prima di tornare allo Ospizio di S. Michele a Ripa, volle che tre camerate dei giovani più grandi che sono colà (circa 120) fossero cacciati via.

Infatti la sera dei 9 corrente fu eseguito l’ordine.

Alcuni di quei giovani sono nelle massime angustie non avendo alcun parente165.

Due dei medesimi, presi dalla disperazione, si gettarono nel Tevere.

[p. 181 modifica]Nel chiostro e giardino di S. Calisto si sono trovati varii cadaveri di preti. Fra questi si è riconosciuto il parroco della Minerva, di cui non si era più saputa notizia alcuna.

Tornano a vedersi girare per Roma dei sacerdoti, frati e qualche prelato.

Alcuno di questi ed anche Tosti si erano rifugiati in case particolari.

Circolano fogli stampati per raccogliere soscrizioni all’oggetto di pregare il generale Oudinot perchè solleciti il ritorno di Pio IX.

I meglio pensanti però vorrebbero che ciò venisse dal Municipio e non altrimenti da firme mendicate.

Da due giorni Oudinot fece abbassare gli stemmi del cessato Governo, le bandiere, e proibì i tre colori.

Le tettoie dei quartieri civici, che erano dipinte con i tre colori, furono anche tolte.

Ieri, in Trastevere, un verniciaio eseguiva l’operazione suddetta. Gli fu tirata una selciata in testa che lo fece cadere morto.

La principessa Carlotta di Nidda, della Casa d’Austria, è stabilita alla Villa Mellini, sul Monte Mario. Allorchè quell’altura fu occupata dai Francesi le si usarono quei riguardi che si convengono al grado suo166.

Dopo alcuni giorni, i Francesi osservarono che la principessa, da una finestra, faceva alcuni segnali [p. 182 modifica]verso Roma. Allora fu cambiata tattica e fu trattata ostilmente. Essa fu guardata a vista, circoscritta in una camera, con ordine di far fuoco se si affacciasse al balcone.

Circa al mantenimento era considerata come un soldato con la razione.

Anche il dottor **** suo cavaliere di compagnia, ebbe lo stesso trattamento.

La Madonna del Rosario di Monte Mario aveva avuto in dono dalla suddetta principessa quattro fila di perle con un brillante nel mezzo, un paio di pendenti simili ed il bambino un diadema d’oro, con brillante nel mezzo. La soldatesca francese rubò tali oggetti preziosi e strappò una parte del manto che ricopriva la Madonna.

La imagine, essendo al naturale, era vestita di un ricco drappo bianco ricamato in oro buono.

Questo fu rispettato.

Fu poscia la S. imagine posta in salvo da don Antonio Venturi, cappellano della cappella Falconieri.


16. — Ieri, alle 4 pom., incominciò la solenne funzione dell’innalzamento della bandiera pontificia a Castel S. Angelo ed al Campidoglio. Il forte l’annunziò con 100 colpi di cannone e le campane suonando a festa un’ora.

Le truppe francesi, con le romane, si schierarono sulla piazza di S. Pietro.

I cardinali Castracani, Tosti e Bianchi intervennero, con Oudinot, alla funzione.

[p. 183 modifica]Dopo la medesima, Tosti diresse alcune parole ad Oudinot, cui questi rispose analogamente. Dopo tale risposta, vi furono applausi ad Oudinot167.

Una piccola turba d’impiegati della Segreteria di Stato, con alcuni preti, con una bandieretta, giravano gridando «Viva Pio IX, viva il generale Oudinot». I medesimi circondarono il generale, lo applaudirono e gli baciarono le mani.

Trovando però pochi seguaci, s’indirizzarono verso Trastevere invitando a gridare «Viva Pio IX».

Le donne trasteverine li respinsero con cattivi modi ed invece profferirono ingiurie contro Pio IX stesso.

Alcune contrade furono ornate di arazzi. Al Corso nessun circolo, o casino vi prese parte168.

Nella sera vi furono luminarie. Ad un’ora di notte vi fu illuminazione della Cupola e S. Pietro suonò a festa.


17. — Domenica, 15 corrente, giorno in cui fu festeggiato l’innalzamento della bandiera pontificia, fu da qualcuno osservato che con altro 15 luglio ebbe culla la libertà italiana e con questo ebbe morte.

[p. 184 modifica]In quella sera, innanzi al caffè delle Convertite, dove era adunata conversazione, in un crocchio di gioventù inconsiderata, fu gridato «Viva la Repubblica Romana;» altri aggiungono che si dicesse «Abbasso i Francesi».

Nella scorsa notte, in seguito a ciò, fu fatta una numerosa carcerazione. Fra questi vi sono due figli di Castellani, gioielliere al Corso, Moneta Adriano, Cagiati Filippo, il conte di Marsciano.

Ieri giunse in Roma, da Napoli, il tenente maresciallo austriaco Vimpffen. Prese alloggio alla locanda della Grande Europa, a Piazza di Spagna.

Si dice che sia venuto per prendere dei concerti con Oudinot relativamente a Garibaldi.

Nel dopo pranzo del giorno in cui si cantò il Te Deum, molta gioventù, guidata da un tal Ricci169, andavasene a spasso per diporto. Sulla piazza di S. Giovanni incontrò il generale Galletti, e, circondandolo e caricandolo di villanie, chiamandolo infame traditore, l’obbligò, benché tremante, a cavarsi il cappello e gridare «Viva Pio IX»170.


18. — Garibaldi, colla sua banda, fatta più numerosa dagli emigrati, si aggira nella provincia di Orvieto, taglieggiando quei miserabili paesi.

Chiamò Orvieto a contribuzione per scudi 10000 di moneta suonante, dimandò 4000 razioni e 600 foraggi.

[p. 185 modifica]Egli requisisce denaro contante contro Boni della repubblica, bestiame di ogni specie, che poi fa vendere altrove, a pubblico mercato ed a contante.

Si prevede che verrà preso in mezzo dalle truppe francesi, austriache, napoletane, spagnuole.

Gli Spagnuoli, similmente, percorrono i paesi romani con poca grazia.

Ier l’altro un corpo di 3000 uomini si portò a Palombara, dove mise in iscompiglio la popolazione per l’alloggio, per le razioni e rubando.

Si parla di gravi malcontenti nelle truppe francesi.

Si dice che, ultimamente, il generale Oudinot chiamasse a sè l’ufficialità, facendo le felicitazioni per la seguita vittoria e gli encomii alla disciplina tenuta, specialmente dai rispettivi comandanti.

Un vecchio uffiziale, fregiato di decorazioni, assai stimato da quella uffizialità, prese la parola per manifestare al generale che i soldati francesi, nella spedizione per Roma, erano stati tratti in inganno, mentre, invece di sostenere la libertà delle popolazioni romane, come ne era lo scopo, e garantirle da un intervento austriaco e napoletano, desse sinora non avevano fatto che cooperare alla oppressione delle medesime, coprendo la Francia e l’armata di vergogna.

Il vecchio soldato, dopo ciò, avrebbe strappato le sue spalline, spezzata la spada e gettatala in terra soggiungendo che riteneva solo le decorazioni perchè acquistate con l’onore e non coll’infamia.

L’uffizialità, in seguito a quest’avvenimento, avrebbe compilato e sottoscritto un indirizzo al [p. 186 modifica]186 generale francese protestando in senso favorevole all’uffiziale.


19. — Ai 18 corrente vi fu un pranzo presso S. Vitale, di 60 coperti, per solennizzare il ristabilimento del Governo pontificio, promosso dal dottor Achille Suffi. Fra i commensali vi erano giudici, avvocati, uffiziali, librai. Dopo il pranzo, i commensali andarono verso lo stradone di S. Giovanni gridando: «Viva Pio IX», e cantando i consueti cori. Colà incontrarono Galletti, l’ex generale dei carabinieri, col suo ex-aiutante di campo Canori, a cavallo. Lo circuirono e l’obbligarono a gridare «Viva Pio IX».

Per disposizione emanata da Gaeta, nella scorsa notte furono fatti partire da Roma per Civitavecchia

Galeotti, avvocato171,
Livio Mariani172,
Avvocato Sturbinetti173.

Ieri sera si fecero chiudere i caffè del Giglio e degli Specchi a piazza Colonna.

[p. 187 modifica]Questa mattina fu carcerato monsignor Gazola. Si crede per articoli scritti in varii giornali e particolarmente nel Contemporaneo contro il dominio temporale del Papa 174.

Fu carcerato similmente Paradisi, del Q.m Tiberio, nonostante che gli fosse stato rilasciato un passaporto per Londra.

È stato carcerato anche un Fabbri (legale).


20. — Ieri fu affissa per Roma una lettera di Pio IX «Ai suoi amatissimi sudditi» colla quale mostra il dispiacere della lunga sua assenza, per le spaventose vicende passate, ed il desiderio di tornare fra’ suoi figli 175.

Fu letta generalmente con disprezzo, lacerata e buttata in varii luoghi.


22. — Ieri sera venne riaperto il Caffè Nuovo, colla denominazione, però, di Caffè militare francese.

Vi fu nella stessa sera molto concorso di Francesi e Romani.

Si riaprirono similmente i Caffè degli Specchi e Giglio.

[p. 188 modifica]La chiusura di questi ultimi fu per qualche assembramento che aveva avuto origine nei medesimi.


24. — Questa mattina, nelle Chiese di S. Luigi de’ Francesi e S. Giovanni in Laterano, si eseguirono solenni funerali per i fratelli d’armi che soccombettero avanti le mura di Roma.

V’intervenne il generale Oudinot col suo Stato Maggiore, nonché parte degli ufficiali Romani.

Ai 13 corrente la Commissione Municipale popolare decretò di collocare in Campidoglio la seguente iscrizione:


Franciscus Joannis Rapt. J. Sturbinetti
Quod premiis omnium comitiis habitis
Totius populi suffragio Senator renunciatus
Urbem in grati discrimine versantem
Curæ ac tutelæ sua; creditam
Prudenti comilio et assidua vigitantia
Tranquillam usque incolumem præstiterit
Delatum sibi summi magistratiis honorem
Difficillimo Reipublicæ tempore
Tanta animi constantia et fortitudine gesserit
Ut omnibus admirationem sui iniecerit
Expectationem viverit
S. P. Q. R.
Civi optimo bene de se merito
Perenne grati animi testimonium
III Idus Quintiles anno post Romam conditam
MMDCII176


[p. 189 modifica]Ai 14 però la Commissione177 venne annullata, e la lapide rimase in terra.

Il Senatore Sturbinetti scelto dal voto universale, fu consigliato a partire, lo che puntualmente fece nel 19 corrente.


25. — La Commissione Municipale, nel dì 16 corrente, diresse al S. Padre un indirizzo sollecitando il suo ritorno. S. Santità, il 20, rispose analogamente ed annuendo178.

Mandò, contemporaneamente, 300 doppie d’oro per procurare lavoro alla classe indigente179.


28. — Mamiani ed il dottor Pantaleoni, ultimamente, fecero inserire alcuni articoli nello Statuto Toscano contro il dominio temporale de’ Papi.

Ambedue furono consigliati a viaggiare. Infatti, il conte Mamiani è partito da Roma.

La Polizia lavora indefessamente sul processo dell’assassinio del conte Rossi e del Padre Sgherla, parroco di S. Maria a Monte Mario.

Nel dì 25 tornò a Roma il cardinale Patrizi, Vicario Generale di S. Santità. Egli si recò a far [p. 190 modifica]visita a San Pietro; ma, nell’uscire, fu preso a fischiate.


30. — Nella notte precedente ai 28, in una casa allo stradone di S. Giovanni, numero 33, si scopri un deposito di 200 schioppi da munizione con corrispondente quantità di cartuccie.

Alla fabbrica di S. Paolo, nel mese di novembre, vi erano 400 lavoranti.

Nei tempi della repubblica ne furono aggiunti altri 400 col salario di bajocchi 25 al giorno.

L’assegnamento fissato a quell’edifizio, non sopportando tanta spesa, questi ultimi, dopo un preventivo di 15 giorni, furono licenziati nella sera dei 28.

Alcuni agitatori approfittarono di quella circostanza per spingerli a tumulto. Nel ritornare però a Roma, incontrarono uno squadrone di gendarmeria che faceva una passeggiata militare verso S. Paolo.

Alla Madonna de’ Cerchi videro un battaglione francese che faceva le manovre. Allora dissero: «Avemo capito, avemo, ad antra vorta».

Nella sera il Generale in capo pubblicò un decreto col quale istituì un Comitato speciale di beneficenza, sotto la direzione del generale francese.

Tutti quei lavoranti oggi furono impiegati nei lavori di beneficenza municipali.

Nella sera dei 17. in Orleans, fu carcerato il Principe Bonaparte (Canino), per ordine di quel Prefetto.

Ieri sera vi fu allegria al Caffè Nuovo di uffiziali francesi.

[p. 191 modifica]Cantarono la Marsigliese e terminarono col gridare: «Vive la République Romaine».

Dai nostri furono abbracciati, baciati e portati in trionfo.

Questa mattina è morto Pietromellara, già comandante la compagnia dell’Unione, ferito in una coscia nei combattimenti dello scorso luglio180.


1° Agosto. — La sera del 31 luglio scorso giunse in Roma la Commissione Governativa di Gaeta composta degli Eminenti:

Altieri,
Della Genga,
Vannicelli181.

Nella stessa sera fu trasportato il cadavere del colonnello Pietro Melara alla Chiesa parrocchiale dei SS. Vincenzo ed Anastasio. Fu accompagnato [p. 192 modifica]da varii uffiziali, e, tra questi, da alcuni dei Corpi Franchi già disciolti, che, contro il divieto, indossarono l’uniforme.

Presso Fontana di Trevi, dove abitava il Melara, allorché passò il suo cadavere, furono gettati dalle finestre alcuni fiori; ciò anche in altro punto fu fatto.

Questa mattina vi dovevano essere solenni funerali con invito delle uffizialità.

Poco prima che incominciasse la messa, e mentre il sacerdote benediceva al tumolo, entrò dentro la Chiesa il comandante di Piazza, francese, con una compagnia di soldati, e, gridando per la Chiesa che la funzione era proibita, perchè fatta senza ordine della Piazza, scacciò gl’intervenuti.

Il prete, intimidito, fuggì in sagrestia e si chiuse dentro. Alcuni devoti, che erano in chiesa, fuggirono similmente scandalizzati.

È da avvertirsi che il generale Rostolan, nel dì 31, passando in rivista le truppe romane sulla piazza di San Pietro, fece invito alla uffizialità perchè almeno due per ciascun battaglione intervenissero ai funerali del colonnello Melara.

Ora non si sa spiegare la collisione tra questi due generali.


3. — Ieri si attendeva la pubblicazione di qualche disposizione relativamente al deprezzamento dei Boni della repubblica.

Molte erano le voci; chi diceva che avrebbero perduto un terzo, chi una metà.

[p. 193 modifica]

Da ciò avvenne che moltissimi bottegai, anche di commestibili, chiusero i negozi.

Il basso popolo incominciò a tumultuare, ed in Trastevere ed ai Monti vi furono risse, con varii feriti.

La Polizia, colla forza, costrinse i bottegai ad aprire.

Durante la giornata di ieri nulla fu pubblicato in proposito.

Questa mattina, alle 10 antimeridiane, la Commissione governativa di Stato emise una notificazione colla quale, confermando il corso coattivo a tutti i Boni del Tesoro, fino alla lett. O, dichiarava di riconoscere i Boni repubblicani «per la tangente del sessantacinque percento del loro valore nominale182».

Ieri sera la stessa Commissione pubblicò alcune determinazioni sugli impiegati avendo per base che «restavano annullate tutte le leggi e disposizioni dal 16 novembre 1848 in poi. Gli impiegati che avessero avuto aumenti tornavano al primitivo soldo183».

È da immaginarsi con facilità quale effetto dispiacevole producessero le predette due notificazioni.

Molti impiegati avevano calcolato sugli aumenti.

Infatti poi si trovavano possessori di biglietti della repubblica, e tutti ne risentirono danno.

Il basso popolo, saputa la disposizione, imprecava, malediceva, bestemmiava per le pubbliche strade; negozianti davansi alla disperazione; alcuni grida[p. 194 modifica]vano di essere falliti, altri minacciavano di chiudere i negozi.

Ora poi è certo che il credito sulla carta monetata è totalmente perduto poichè si suppone che sarà soggetta anche ad altro deprezzamento.


4. — Nella sera della pubblicazione della notificazione sul calo dei biglietti, vedendosi qualche indizio di tumulto, la Polizia prese misure di precauzione.

Alle piazze di Venezia e Popolo si posero quattro pezzi d’artiglieria.

Varii squadroni di cavalleria si vedevano per le piazze, battaglioni di fanteria, pattuglie di Francesi e soldati romani.

Nulla però turbò l’ordine pubblico.


5. — Questa mattina furono ricusate dovunque le monete plateali repubblicane, essendosi sparsa voce che tal genere di moneta erosa, non contemplata nella disposizione della Commissione, non sarebbe stata riconosciuta.

Intanto gli speculatori ed incettatori, il giorno precedente, l’avevano messa in circolazione, e tutti i pagamenti furono eseguiti così. Sparsasi la voce suddetta, i bottegai chiusero, ed altri non volevano vendere nè a moneta erosa, nè a Boni della repubblica. Le botteghe di commestibili furono fatte aprire dai carabinieri, ed i ricusanti al ricevimento vi furono costretti collo stesso modo.

In sostanza nelle botteghe vi erano le guardie. [p. 195 modifica]

6. — In alcune piazze dove sono accasermati i soldati, nelle ore pomeridiane, suonano i concerti.

Quello dei carabinieri, che occupa la Minerva suona nella piazza.

Nel giorno 4 corrente il colonnello Calderari diede ordine a Nicoletti, che n’è il direttore, di eseguire il coro di Pio IX.

Il molto popolo che era affollatto, appena intese le prime note, si allontanò e lasciò solo il concerto, e, ritiratosi alle imboccature delle strade, lo fischiò sommessamente.

I suonatori, che eseguivano quel pezzo di malavoglia, lo terminarono tra le stonature.

II maestro fece eseguire dopo altro pezzo di musica, ed allora il popolo tornò ad affollarsi e lo applaudì.


14. — Alle 2 dopo la mezzanotte del giorno 12, si dice che un individuo si recò dal prefetto di Polizia a denunziare una trama diretta ad incendiare la basilica di S. Paolo e di S. Giovanni in Laterano. Ciò però è certo che nel mattino seguente furono licenziati 400 artisti che lavoravano a S. Paolo.


17. — La banda di Garibaldi parte è dispersa e parte in mani delle truppe austriache e pontificie.

Il Padre Ugo Bassi, cappellano militare di Garibaldi, fu fatto prigioniero da un capitano degli Austriaci, condotto a Bologna e, nel dì 8 corrente, fucilato.

Monsignor Savelli, Ministro dell’Interno e di Polizia, giunto in Roma fin dal dì 13 corrente, non prese ancor possesso della sua carica.

[p. 196 modifica]

Si parla di collisioni col generale Oudinot.

Ciò è positivo che da questo non si vorrebbe cedere la Polizia.

Si è parlato molto dello scioglimento delle truppe pontificie. Tale decreto fu persino stampato; ma, per ordine del generale Oudinot, fu mandato alla stamperia Camerale a farne lacerare lo stampone.

I carabinieri e i dragoni avevano avuto ordine di partire domani.

Anche tale ordine fu revocato per il malumore che aveva recato nei diversi corpi.


18. — Si sa per certo che il generale Oudinot emise un Ordine del Giorno alle truppe francesi, stanziate in Roma, ed alla linea pontificia col quale dava istruzioni nel caso di una sommossa popolare.

Fece poi partire per Viterbo (ieri) i dragoni.

Si crede che fra giorni sarà pubblicata qualche ordinanza politica, che certamente poco sarà per incontrare il favore popolare.

Ieri sera fu carcerato l’avv. Petrocchi che, tra le altre cose, si crede autore dell’Avviso interessante agli uffiziali francesi184.


Genova, dal Corriere Mercantile:

«Il cardinale Patrizi ha emesso una geremiade sugli avvenimenti passati e sul non essersi i Romani [p. 197 modifica]mostrati più afflitti e contristati, come dovrebbero, dei gravissimi eccessi commessi contro il Santo Padre e Compagni185. Ordina, quindi, che, in 14 chiese di Roma, si facciano preghiere ed atti di contrizione per tre giorni ed una per rione, promettendo, in ricompensa, agli accorrenti sette anni ed altrettante quarantene d’indulgenza, e per quei devoti che faranno qualche cosa di più anche l’indulgenza plenaria.

Oramai l’inferno può dirsi abolito negli Stati pontificii; indulgenza plenaria ai Francesi, indulgenza plenaria ai Romani: è una vera cuccagna spirituale».


22. — Ai 20 la Commissione militare condannò a morte un tal Belli Monticiano, reo di aver ferito un soldato francese nel dì 3 luglio.


1° Settembre. — Dappresso le notizie divulgatesi di un ultimatum della Francia, consentaneo ai [p. 198 modifica]comuni desiderii, da alcuni si voleva preparare una dimostrazione al generale in capo Rostolan.

Questi, prevenuto della cosa, nelle ore pomeridiane dei 31 decorso, pubblicò un’ordinanza colla quale, confermando che gli assembramenti non potevano essere permessi in una città che tuttora è in istato d’assedio, avvisa che i medesimi, in ogni caso, sarebbero dissipati colla forza.

Contemporaneamente il prefetto di Polizia emise altro decreto diretto a sollecitare la partenza da Roma di quei forestieri già addetti ai Corpi Franchi e di coloro che non potranno legalizzare la loro permanenza nella città.

Ieri sera, nel caffè di Valle, alcuni uffiziali francesi fraternizzarono con una comitiva di frequentatori che schivavano il loro contatto e la loro presenza. I Francesi fecero proteste liberali le quali riuscirono bene accette. Questa mattina, in varii angoli della città, si trovarono affissi alcuni cartellini nei quali s’indirizzavano calde parole al corpo di spedizione francese, dichiarandosi l’abborrimento al Governo dei preti, ed invocandosi il loro appoggio per la totale abolizione.

Dessi erano scritti in francese, ed i militi di quella Nazione non solo non li tolsero, ma li copiavano con avidità e compiacenza.

I carabinieri pontifica però li strapparono.


4. — La Commissione militare francese condannò alla fucilazione un tal Trabalza, scultore trasteverino di qualche merito, reo dell’uccisione di Rodes, [p. 199 modifica]sacerdote francese, cappellano della chiesa degli Angeli Custodi, nel dì 3 luglio.


6. — La sera dei 3 corrente, al teatro Argentina, un uffiziale francese gettò alla Rebussini, prima donna cantante, un mazzetto di fiori. La Rebussini, per spirito italiano, non lo raccolse, ed i Romani l’applaudirono.

Nella sera dei 4, varii uffiziali francesi gettarono dai palchi altri mazzi di fiori; ma la Rebussini, secondo il solito, non li curò. I Romani tornarono ad applaudire, ed i Francesi fischiarono la donna.

Ciò, naturalmente, portò qualche scompiglio, tanto più che, gridando i Francesi, che volevano fuori il bouquet, la platea li prese a fischi ed urli.

Allora molti della platea stessa volevano uscire dal teatro; ma le guardie, alla porta, ebbero istruzioni di non fare uscire alcuno.

Poco dopo però la Rebussini fu obbligata a venire sul palco col bouquet in mano.

Si rinnovarono i fischi per parte della platea.

Gli uffiziali, avendo fatto forti rimostranze a Rostolan per l’accaduto, ieri sera il teatro fu chiuso, e la chiusura durerà otto giorni.

Questa mattina si sviluppò altro incendio nel Collegio Romano, nelle camere sotto l’orologio186.

[p. 200 modifica]I pompieri romani accorsero in tempo e ne arrestarono i progressi.

II danno fu di poca entità.

Anche al Noviziato del Gesù, nella scorsa settimana, si sviluppava altro incendio, che fu domato all’istante dai Francesi che sono colà accasermati.

Da tutto ciò sempre si può confermare il dolo nei disastri a danno delle proprietà gesuitiche.

Sembra che i Gesuiti riprenderanno formale possesso delle loro case al 1° novembre prossimo.


8. — Nella sera dei 6 corrente, al teatro Valle, si rappresentò la commedia: Il Comico amoroso.

A Bellotti, che lodava i baffi di una donna, vestita da uomo, fu risposto «ch’erano di Francia».

Bellotti soggiunse: «Già i Francesi son buoni a falsificare ogni cosa». La platea proruppe in strepitosi applausi, gridando il bis.

Vi erano varii uffiziali francesi che si ebbero in cattiva parte il motto e la dimostrazione della platea.

Vi fu qualche sconcerto, ma di poca entità.

Questa sera il teatro Valle non agì.

In Roma vi sono ancora circa 40 ex-rappresentanti dell’Assemblea Costituente. Si assicura che ai medesimi è stato intimato di partire nel più breve tempo.


10. — Nella sera degli 8, nel teatro Argentina, vi fu di nuovo un piccolo trambusto, che, per altro, non portò conseguenze funeste.

I Francesi chiesero che la Rebussi ni ripetesse un’aria. La platea si oppose.

[p. 201 modifica]La Commissione degli spettacoli ne diede il permesso e l’aria fu ripetuta.

Applausi dei Francesi e fischi strepitosi della platea.


19. — Questa mattina la Commissione governativa di Stato pubblicò l’amnistia del Papa187.

Sono esclusi dalla medesima:

«I membri del Governo provvisorio;

» I membri dell’Assemblea Costituente, che hanno preso parte alle deliberazioni dell’Assemblea stessa;

»I membri del Triumvirato e del Governo della Repubblica;

»I capi dei corpi militari;

» Tutti quelli che, avendo goduto del benefizio dell’amnistia altra volta, accordata da Sua Santità, mancando alla data parola di onore, hanno partecipato alti passati sconvolgimenti negli Stati della S. Sede.

» Coloro i quali, oltre i delitti politici, si resero responsabili di delitti comuni contemplati dalle vigenti leggi penali.

» Col presente perdono non s’intende assicurare la permanenza negli impieghi governativi, provinciali e municipali a tutti quelli che, per la loro condotta nelle trascorse vicende, se ne fossero resi immeritevoli. Questa riserva è applicabile ai militari ed impiegati di ogni arma».

Fu pubblicato, similmente, un Moto-proprio di Pio IX, in data dei 12 corrente, col quale viene [p. 202 modifica]istituito un Consiglio di Stato ed una Consulta di Stato188.

20. — Nel di 13 il generale Rostolan si recò dalla Commissione di Stato per parteciparle un dispaccio dei suo Governo col quale gii ordinava l’inserzione della lettera del presidente Bonaparte al colonnello Ney nel Giornale di Roma189.

Non ostante i modi risoluti del generale, la Commissione rispose negativamente.

Allora si portò dal redattore di quel foglio; ma inutilmente.

Quindi, per sorpresa e quasi violenza, andò alla stamperia Camerale e ne ordinò la stampa.

Fu incominciata la composizione; ma, per ordine della Commissione, fu sospesa.

Intanto, informati i demagoghi della pubblicazione della lettera del Presidente della repubblica [p. 203 modifica]cese, avevano stampato biglietti d’invito per una dimostrazione.

Si dice che Rostolan cessasse le sue insistenze dietro le minaccie della Commissione di partire all’istante.

La Commissione spedì staffette a Portici e, dopo un Congresso diplomatico, ebbe istruzioni di stare ferma nella risoluzione.

Ai 17 il generale suddetto tornò dalla Commissione ad annunziare che nella notte era passato un corriere del Gabinetto francese, diretto a Portici, per recare al Papa l'ultimatum di quel Governo.

La Commissione, intanto, nel dì 20 corrente, con data dei 12 idem, pubblicò i Moto-proprio di Pio IX, col quale vengono esclusi quasi tutti gli articoli contenuti nella lettera del Presidente e probabilmente nell’ultimatum.

La Commissione aveva dato gli ordini a Capaldi190 per la carcerazione di sette individui a carico dei quali si sta facendo il processo.

L’agente di Polizia, avendo chiesto a Rostolan la forza armata per tale oggetto, n’ebbe in risposta che non disponeva della forza per tali operazioni, e che se, non ostante, si eseguiva l’arresto egli pensava a scarcerarli.


5 Ottobre. — Questa mattina, per la terza volta, si sviluppò un incendio nel Collegio Romano e precisamente sotto la specula.

In meno di un’ora l’incendio fu domato e soppresso totalmente.

[p. 204 modifica]

10 Novembre. — Sembrava positivo che il S. Padre facesse ritorno in Roma ai 24 corrente.

Ieri, però, giunta notizia a Roma del cambiamento di Ministero in Francia, si è generalmente giudicato che ciò influirà, senza dubbio, a sospendere nuovamente tale partenza191.

In Roma sinora non si conobbe alcuna alterazione nella politica francese.

Si dice che a Mons. Pentini192 sarà tolta la mantelletta perchè la sera del 16 novembro 1848 istigava il Papa a transigere col popolo innanzi a quelle gravi circostanze.


13. — Il funerale per i militari defunti, che, negli altri anni, si soleva fare nella Chiesa del Gesù, in quest’anno si fece in quella di Sant’Ignazio, nel giorno 12. V’intervenne il ministro delle Armi con tutti gl’impiegati, gli uffiziali, ecc.

Terminata l’assoluzione, alcuni individui gettarono fiori sul tumulo. Si sentì, nel tempo stesso, una voce che sembrò femminina (e si crede di una Narducci, madre d’un uffiziale morto nella difesa della [p. 205 modifica]patria) la quale gridò: «Pace agli eroi morti per la patria». L’augurio fu ripetuto da alcuni pochi sparsi per la Chiesa.


15. — Ai 13, da porta San Giovanni, entrò in Roma un cane con un triregno in testa e con drappi pontificali.

La satira fu scandalosa, mentre alludeva al tanto sospirato ritorno del S. Padre, sotto la somiglianza di un cane.


16. — Affisso per Roma li 16 novembre 1849:

«Popolo Romano!

» Saluta con gioia questo giorno che ricorda la vittoria tua 193. Un papa mentiva il Vangelo, tradiva la libertà d’Italia, e tu allora, con un nobile rivolgimento, facevi una magnanima protesta contro la vergogna e la viltà del Papato.

» Se la sorte a te non sorrise, se soccombesti nella lotta ineguale, rallegrati, o Popolo di Roma, chè la storia, vindice, segnerà tra i giorni fausti dell’umanità il tuo glorioso 16 novembre.

[p. 206 modifica]» Viva la Repubblica!»

La Polizia conobbe i nomi di quegli individui che avevano pronunziato «Pace agli eroi morti per la patria» e li avrebbe disprezzati.

Però, fu poscia informato che gli stessi (e forse altri) si disponevano a celebrare, nei giorno 15, l’anniversario dell’assassinio di Rossi con un sontuoso pranzo. Quindi, nella notte precedente, fece arrestare undici individui 194.

Prima che si spargesse la notizia del pranzo, una dama e diversi notabili avevano ideato di fare un funerale al Rossi nella Chiesa di S. M., in via Lata, ch’era la parrocchia del defunto. Il cardinale Vicario diede il permesso; ma la Polizia consigliò a desistere per non porgere occasione a qualche sconcerto. Così si fece.

Nel giorno 15, e nella sera, il Comando militare francese prese alcune precauzioni per reprimere qualunque manifestazione tumultuosa che si fosse fatta; ma nulla accadde.


24. — Essendo stato richiamato il generale Rostolan, comandante in capo dell’esercito francese, nella mattina dei 19 giunse in Roma il generale Baraguay d’Hilliers, destinato da quel Governo a tale rimpiazzo.

Smontò alla locanda della Minerva.

Nel giorno dopo passò ad abitare nell’appartamento dell’ambasciatore di Francia, nel palazzo Colonna. [p. 207 modifica]26. — Nella mattina dei 25 corrente (domenica) doveva aver luogo una rivista delle truppe francesi, schierate per il Corso.

Tale rivista, però, fu sospesa, e si crede, generalmente, ad istanza della Commissione governativa di Stato ch’ebbe sentore che si doveva approfittare di tale circostanza per gridare Viva la repubblica francese! Viva la repubblica romana! alle quali grida, di pochi sediziosi, avrebbero preso parte i Francesi.

Intanto si videro alcuni segnali repubblicani.


30. — Pasquino andò a far visita al generale Baraguay d’Hilliers e gli disse:

«Chi dice che li guai son terminati,
Chi dice che li guai son cominciati;
Dites donc, sor Para-guai, che qui venite,
I guai li cominciate, o li finite?»

Non si conosce ancora la risposta.





Note

    partecipato al tentativo di Gioacchino Murat e alla rivoluzione napolitana del 1820. Emigrato da Napoli, aveva combattuto in Algeria e in Ispagna. Nominato, il 23 Marzo, 1848, generale dell’esercito pontificio, rimase sino al 9 dicembre di quell’anno in Venezia, poi, tornato a Roma, venne eletto generale della Civica romana e ispettore dell’esercito della republica.

    tempestarono siffattamente coll’artiglieria le posizioni dei Francesi, nell’interno dei bastioni che li impedirono di proseguire la costruzione della batteria XI sulla cortina, e sol poterono perfezionare gli alloggiamenti, afforzare casa Barberini, ed all’esterno della cinta condurre a fine quelle parti della terza parallela che, intraprese le notti precedenti, non erano ancora terminate. (Torre, op. cit., 11, pag. 244).

  1. Luigi Masi, segretario del principe di Canino, fu caldo patriota e chiaro poeta. Della Guardia Civica era stato prima generale il principe Rospiglioli, poi, avendo questi rinunziato, il principe Aldobrandini, al quale, per elezione, era succeduto Giuseppe Gallieno. «Ma, per quanto fosse popolare il Masi, per quanto fossero ammirati e lodati i suoi talenti letterari, un grido universale di disapprovazione si sollevò a questa scelta, e colonnelli e maggiori e molti altri officiali superiori fecero sentire che ove avesse accettato il Masi, essi avrebbero mandato le loro rinunzie». (Spada. Storia della rivoluzione di Roma e della restaurazione del Governo Pontificio dal 1 giugno 1846 al 15 luglio 1849. Firenze, Pellas, 1870, iii, 67). Il Masi rinunciò con lettera da Senigallia del 5 di gennaio, e in sua vece fu eletto il duca Cesarini. Ma se non si volle il Masi, perchè troppo democratico, non piacque il Cesarini perchè troppo aristocratico, e fu eletto il generale Ferrari, già comandante della milizia pontificia sui campi lombardi.
  2. Fortunatamente il conte Mamiani vive ancora alla riverenza ed all’affetto degli Italiani. Era andato a Torino per creare, col Gioberti e con altri, la Società della Confederazione Italiana.
  3. Cioè il battaglione della Speranza.
  4. Il Municipio di Bologna mandò al Consiglio dei Ministri una protesta contro la Costituente che voleva proclamarsi colà.
  5. Fu esonerato il Municipio con un Decreto del 7 di gennaio, che cominciava così: «Occupato il Magistrato comunale di questa capitale in tante e sì svariate ingerenze, non potendosi, a termine della istruzione di governo sulle Assemblee elettorali da convocarsi, occupare delle relative straordinarie operazioni, la Commissione provvisoria del governo dello Stato romano ha stabilito di surrogare, ecc.».
  6. Fu publicato nella Gazzetta di Roma dell’8 di gennaio.
  7. Vedasi la Gazzetta di Roma del 9 di gennaio.
  8. Il conte Martini era stato mandato dal ministro Gioberti al Papa ad offrirgli d’interporsi presso i rettori ed il popolo di Roma per venire ad una conciliazione.
  9. Angelo Bezzi comandava un picchetto di Civici.
  10. Fra le carte trovategli era un Ordine del Giorno agli Uffiziali, Sott’Uffiziali e Soldati della prima divisione militare con cui lo Zamboni, che ne era comandante, li invitava a seguirlo per conservarsi fedeli al giuramento prestato al pontefice.
  11. I due reggimenti svizzeri al servizio del papa, l’uno stanziato a Bologna, l’altro a Forlì, erano comandati dal generale Latour. Quantunque il generale Zucchi ordinasse a questo di recarsi a Gaeta coi suoi soldati, pure egli, visto che non avrebbe potuto allontanarsi senza spargimento di sangue, rimase. (Torre, Storia dell’intervento in Roma nel 1849. Torino, Tip. del Progresso, 1851-52, I, 151-156, 209-231).
  12. Al quartiere della Pilotta.
  13. Il dottor Pietro Sterbini era ministro del commercio e dei lavori pubblici.
  14. Il Papa, con decreto del 27 di novembre del 1848, creò una Commissione provvisoria, perchè reggesse lo Stato durante la sua assenza, la quale era composta del cardinale Castracane, di monsignor Roberti, del principe Barberini, del principe di Roviano, del marchese Bevilacqua, del marchese Ricci e del generale Zucchi.
  15. La sentenza fu publicata nel Monitore Romano del 31 di gennaio.
  16. Gli applausi erano specialmente diretti ai seguenti versi:

    «Chi muore per la patria
    Alma sì rea non ha».

  17. Nella stessa sentenza la pena di morte è commutata nei lavori forzati a 20 anni, i lavori forzati a vita sono ridotti a 15 anni, quelli a 20 a 10, i 15 a 5, i 5 a 1 anno.
  18. Lo Zucchi, vecchio liberale, che si era segnalato, nel 1848, nella difesa di Palmanova, fu nominato dal papa ministro delle armi nel ministero Rossi. Dopo la uccisione di questo, Pio IX, come abbiam detto, lo chiamò a far parte della Commissione provvisoria che doveva reggere lo Stato durante la sua assenza; ma egli si recò a Gaeta, ove, con altri, fece ogni sforzo per salvare la Costituzione. Ministro prima, poi rappresentante del papa, volle conservarglisi fedele. (Vedansi le Memorie del Generale Zucchi, pubblicate per cura di Nicomede Bianchi. Milano, Albertari, 1861).
  19. Vedasi il Monitore Ramano del 31 di gennaio.
  20. Cioè sul richiamo degli Svizzeri da Bologna. Vedasi il Monitore Romano del 31 di gennaio.
  21. L’avvocato Carlo Armellini era ministro dell’Interno.
  22. Questo discorso, lunghissimo, può leggersi negli Atti della Costituente romana, pag. 1.
  23. Erano presenti 143 deputati. Votarono pel 120, pel no assoluto 9, e vi aderirono, emendandone un articolo, 14. Tale fu la votazione annunziata dal Presidente e riportata da qualche scrittore; ma lo Spada (Op. cit., iii, pag. 205) nota che nella proclamazione dei voti vi fu errore di uno, risultandone, coi 35 assenti e coi 143 votanti, 178 invece di 177, com’erano i deputati. Fu quindi annunciato un voto motivato di più.
  24. Il Decreto, publicato nel Monitore Romano del 14 e del 15 di febbraio, stabilisce solo che l’alienazione di quei beni è abolita.
  25. Questa disposizione, che il Monitore Romano del 20 diceva emanata dall’Assemblea Costituente, in quello del 22 fu dichiarata opera del Comitato esecutivo, in seguito delle proprie facoltà.
  26. Dai 4 ai 6 mila di un quarto, dai 6 agli 8 mila di un terzo, dagli 8 ai 12 mila in più di due terzi. (Vedasi il Monitore Romano del 21 di febbraio).
  27. Gli altri quattrocento mila scudi erano destinati a sussidio del commercio di Roma, di Bologna e di Ancona.
  28. Questa condizione manca nel nostro Diario, e noi l’abbiamo tolta dal dispaccio di Carlo Mayr, publicato nel Monitore Romano del 22 di febbraio di quell’anno.
  29. Ecco il testo della legge:
        «Tutti i beni ecclesiastici dello Stato Romano sono dichiarati di proprietà della Repubblica.
        » La Repubblica Romana doterà convenientemente i ministri del culto.
        » L’applicazione di questa massima sarà attuata con apposita legge».
  30. Vedasi Rusconi Carlo. La Repubblica Romana (del 1840) con documenti inediti, Torino, Cassone, Gianini e Fiore, 1850, J, 221.
  31. Non mi fu possibile saperne il nome, che il Roncalli non riporta.
  32. Monsignor Roberti era presidente di Roma e Comarca, ufficio che equivaleva a quello presente di prefetto di provincia. Fu poi cardinale e segretario dei memoriali.
  33. Ecco quale fu la cagione della rinuncia. Con decreto del 21 di febbraio, la Banca Romana, come già fu narrato, ebbe facoltà di emettere buoni per la somma di un milione c trecento mila scudi, dei quali erano destinati novecento mila al Governo c quattrocento mila al commercio di Roma, Bologna ed Ancona. Il giorno 4 di marzo giunsero reclami perchè il Decreto non era stato eseguito, e fu accusato il Guiccioli di non aver sorvegliata la Banca, specialmente perchè venisse in aiuto del commercio di quelle città.
  34. I deputati gridarono: «Accusato no, coraggio, coraggio...» Il Galletti salì la tribuna e lo difese con molto calore. Ma, perchè il Guiccioli desiderava allontanarsi da Roma, fu mandato inviato straordinario della Repubblica Romana presso quella di Venezia.
  35. Il Governo della repubblica aveva già mandato a trattareper la unificazione della Toscana con Roma il dottor Pietro Maestri, milanese, uomo di molto valore nelle discipline economiche, caro a quanti lo conobbero, e che morì in Firenze l’anno 1871, capo di divisione nel ministero d’agricoltura, industria e commercio.
  36. Occasione al tumulto fu il presentarsi di alcuni agenti del Governo per avere le campane superflue che il decreto del 24 di febbraio voleva destinate a far cannoni. Il popolo invase il convento e calò le campane, ad eccezione di quella di S. Filippo.
  37. Lo Spada (op. cit., iii, 27d) dice che i due padri arrestati, furono il Cesarmi ed il Conca.
  38. Vedasi il il Monitore Romano del 14 di marzo.
  39. I due inviati furono Pietro Beltrami e Federico Pescantini.
  40. Il Monitore Romano del 19 scrive che «dalla tribuna riserbata alle donne cominciò una pioggia d’oro, di pendenti, fennagli ed anelli».
  41. Fu nella notte dal 18 al 19.
  42. Questo Decreto fu promulgato nella tornata del 19 di marzo. Vedasi il Monitore di quel giorno.
  43. Intorno a questa spedizione, a cui lo aveva destinato l’Antonelli, vedansi le Memorie del generale Carlo Zucchi, già citate, pag. 159.
  44. Lorenzo Valerio, deputato, era mandato dal Piemonte a Firenze ed a Roma per accordarsi coi Governi di questi due paesi su tutto ciò che potesse giovare alla causa nazionale.
  45. In questo palazzo, già appartenente alla Repubblica di Venezia, e passato, alla caduta di questa, all’Austria, dimora al presente l’ambasciatore austriaco presso il papa.
  46. Il Monitore Romano del 29 di marzo così racconta questo fatto: «Alcuni ufficiali del nostro corpo d’operazione verso Frosinone cedettero alla tentazione di far qualche brindisi all’Italia coi loro fratelli di Napoli, non badando che questo avvenisse di qna o di là dal confine. Noi accenniamo semplicemente al fatto, lasciando a chi spetta l’incarico di giudicarlo.
        Tre giorni sono furono sorpresi da una compagnia, non vorremmo dire nemica, e fatti prigionieri. Questo fatto avea messo lo qualche allarme il paese: ma dalle ultime notizie sappiamo che ogni cosa è tranquilla, e gli stessi ufficiali s’aspettano d’ora in ora al loro corpo».
  47. Con Decreto del 29 di marzo era stato sciolto il Comitato Esecutivo e istituito un Triumvirato, e con altro, dello stesso giorno, erano stati nominati Triumviri Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi, e Carlo Armellini.
  48. N’era stata decretata l’apertura il 31 di marzo ed erasi fatta il 1° di aprile.
  49. Lo Spada, op. cit., ni, 358, lo chiama Spola.
  50. Facevangli da assistenti il padre Ventura e il padre Gavazzi. Il padre Ventura era, o si fingeva, repubblicano; ma più tardi si conciliò colla Chiesa e andò in Francia a predicare. Il padre Gavazzi, bolognese, e notissimo, non mutò opinioni e vive oggi in Roma.
  51. Il Decreto diceva così: «I canonici del capitolo Vaticano, per pena del criminoso rifiuto alle sacre funzioni ordinate dalla Repubblica il giorno di Pasqua, sono multati personalmente della somma di scudi centoventi per ciascheduno». Il popolo, a dir vero, non rammaricò guarì la mancanza del papa, che, come ognun sa, pontificava il giorno di Pasqua. «Più d’uno, scrisse 10 Spada, (op. cit. iii, 360) sentivi ripeterti la parola, scaltramente diffusa nelle masse, che se era partito il vicario,
  52. restato era fra noi il Principale, e quindi esser preferibile la benedizione di Cristo in Sagramento a quella di un uomo che ne facesse le veci». Il Monitore Romano del 9 di aprile termina un primo articolo su questo argomento colle seguenti parole:
    «Si chiederà qual cosa mancava quest’anno alla solennità della Pasqua. Mancava, non per colpa nostra, U Vicario di Cristo: lui partito, rimase il Popolo e Dio».
  53. Il Conte Giacomo Manzoni da Lugo, ora il primo bibliografo d’Italia, era in quel tempo ministro delle finanze, ed andava in Francia per cercare di vendere i certificati dei prestiti romani.
  54. Ne aveva fatta la proposta un certo Gustavo Ciccarelli, rifugiato napoletano, e, secondo il giornale La Pallade del 13 di aprile, n. 520, il Governo l’avcva accolta.
  55. Era questa la prima volta che il Triumvirato compariva all’assemblea.
  56. Vedasi il Monitore Romano del 15 aprile.
  57. In quest’adunanza l’assemblea dichiarò quanto segue:
          «La Republica Romana, asilo e propugnacolo della Italiana libertà, non cederà,nè transigerà giammai. I Rappresentanti ed i Triumviri giurano, in nome di Dio e del popolo: La patria sarà salva.
  58. La famiglia Mencacci era una delle più ricche dei mercanti di campagna, dell’Agro romano, venuta a tale da umilissimo stato, perchè, durante l’impero del primo Napoleone, Lorenzo Mencacci aveva avuto il coraggio di affiggere alle porte di San Giovanni in Laterano e di S. Pietro la Bolla di scomunica lanciata da Pio VII contro lo stesso Napoleone. Mentre dimorava in Roma il pretendente di Portogallo D. Michele I, il cav. Mencacci dissipò gran parte della sua fortuna trattando lautamente questo principe spodestato. Gregorio XVI, ch’era stato largo verso D. Michele col fissargli un assegno di 1800 scudi al mese, che poi ridusse a 600, partito questo da Roma, stanziò parte di tale somma a favore del Mencacci; la quale gli fu conservata dal Governo di Pio IX.
  59. Nel Monitore Romano del 15 di aprile.
  60. Vedasi La Pallade del 19 di aprile, n. 523, e L’Italia del Popolo del 16 dello stesso mese, n. 2.
  61. Il Preside di Ascoli, Ugo Cilindri, dava ordini al colonnello Sorelli perchè troncasse quel moto reazionario. Avvisato che tra gli arrestati era il proprio figlio, ordinò si raddoppiasse l’energia contro gl’insorti.
  62. La festa non ebbe luogo il 21 a causa della pioggia.
  63. Questa farmacia era prima amministrata dai Gesuiti.
  64. Lo Spada (op. cit., iii, 397) dà colpa dell’accaduto ai liberali, che accusa d’aver invasa la farmacia, e tace dell’offesa loro fatta.
  65. Tale dichiarazione fece il Governo francese più volte. Vedasi Torre, op. cit., I, 88 e segg.; Rusconi, op. cit. II, 4.
  66. La riunione ebbe luogo in piazza del Popolo, e finì al palazzo della Cancelleria. Colà parlarono G. B. Niccolini, detto il romano, per distinguerlo dall’illustre fiorentino, e lo Sterbini.
  67. Il numero dei Francesi sbarcati allora era di 9000 uomini; il totale di quelli che presero parte alla spedizione fu di 40.000; quello delle forze romane, disponibili durante la guerra, non superò i 18.000.
  68. Il Mannucci scrisse a sua difesa che i Francesi dichiararono d’essere venuti in Italia amichevolmente; che avrebbero rispettato il voto delle popolazioni romane, ma che volevano por termine alla situazione in cui queste si trovavano, tenendoli egualmente lontani dall’anarchia degli ultimi tempi e dagli abusi inveterati che esistevano nello Stato Pontificio, avanti Pio IX. Egli prevedendo lo sbarco, ne aveva avvisato, in tempo, il Mazzini: ma questi aveva risposto che il caso non si sarebbe verificato: che, verificandosi, bisognava protestare e resistere, e che il ministro della guerra avrebbe mandato le sue istruzioni. Pure, non giunsero nè istruzioni, nè aiuti, ad eccezione del battaglione Melara, che, per altro, mancava di munizioni. Allora il Preside di Civitavecchia, visto che tornava impossibile la resistenza, anche perchè il popolo minuto schiamazzava e pareva che non l’arrebbe approvata, quand’anche fosse stata possibile, si recò dal generale Oudinot per propugnare la causa repubblicana; ma tutto fu inutile. Il Municipio, raccoltosi, dichiarò che solo, per le fatte promesse, esso accoglieva come amici i Francesi. (Vedasi Mannucci. Il mio Governo in Civitavecchia e l’intervento Francese. Torino, 1850).
  69. Gli inviati furono il tenente-colonnello del genio Leblanc, il capitano, pure del genio, Boissonet ed il tenente di stato maggiore Ferrand. Essi dichiararono ai triumviri che la spedizione aveva per iscopo di conciliare il popolo romano con Pio IX, e manifestarono la speranza d’essere accolti fraternamente in Roma.
  70. L’Armellini mostrava, con queste parole, di prestare fede alle dichiarazioni francesi.
  71. Il Manara rifiutò le condizioni dal generale francese; ma «il Preside di Civitavecchia, M. Mannucci, credette di potere, a nome del Ministro della guerra, ottemperare alle condizioni che esigeva Oudinot....» Per mantenersi almeno in parte fedeli alla data parola, egli, coi suoi, si tenne, il 30 aprile, alla riserva. (Dandolo, I volontari e i Bersaglieri Lombardi. Milano, Boniotti, 1860, pag. 123). Arrivò la legione Manara in Roma la mattina del 29 di aprile.
  72. Il commendatore, poi marchese Pietro Campana, s’era posto alla testa d’una congiura contro la repubblica, nella quale congiura erano entrati soldati della guardia svizzera, ufficiali dei carabinieri e una compagnia della guardia civica di cui egli era colonnello.
  73. Questo prete, di nome Massimo Colautti, fu ucciso dagli uomini del capo dei finanzieri Zambianchi nella piazza di Santa Maria in Trastevere.
  74. Queste Signore costituironsi in comitato per l’amministrazione delle ambulanze; ne facevano parte parecchi uomini, tra’ quali il padre Gavazzi, e tennero il loro ufficio in Campidoglio.
  75. L’attacco fu simultaneo a porta Cavalleggieri ed a porta Angelica.
  76. Il Rusconi, (op. cit. n, 29), dice che i Francesi ebbero 1000 uomini fuori di combattimento ed i Romani solo un centinaio.
  77. Un testimonio oculare narra: «Ieri assistetti ad una scena che mi trasse le lagrime. Passava per la via delle Muratte uno dei carri destinati a raccogliere l’offerta di biancheria. Un milite bussò ad una porta profferendo queste parole: Per carità un po’ di tela pei nostri feriti. Non aveva finito che non da quella casa soltanto, ma da tutte le finestre circostanti fioccarono lenzuola, camicie, biancherie d’ogni sorti». (Monitore Romano del 3 maggio, 1849).
  78. Nel Monitore Romano, del 7 di maggio 1849, N. 94,si legge:
        «In questo punto i prigionieri francesi, preceduti da un drappello di Guardie Nazionali, traversano il Corso al suono della marsigliese, tra due fitte schiere di popolo plaudente, tra le grida che scoppiano da ogni parte: Viva il popolo francese! abbasso il Governo de’ preti! viva le due Repubbliche sorelle!
        » La gioia è al colmo: da tutte le finestre sventolano bandiere tricolori,qua e là unita la francese alla nostra. Quei bravi soldati, illusi da un ministero sleale, e condotti per inganno (essi lo giurarono tutti) a combattere controle nostre libertà, sentono ora che i due popoli sono fratelli, e che la guerra che si volesse continuare sarebbe fratricida e liberticida ad un tempo.
        » Ecco una festa degna di Roma! quanto era degno di Roma lo spettacolo che presentava ne’ giorni scorsi, e presenta tuttora il popolo armato alle barricate.
        » Noi rinunciamo, è vero, ad un ostaggio prezioso rimandando questi prigioni: ma qualunque materiale vantaggio dee cedere all’idea di confermarne con questo fatto la fratellanza de’ popoli e l’assurdità di una guerra fra due repubbliche, che sono destinate a sostenersi a vicenda, o a soccombere una dopo l’altra alle insidie e alle forze congiurate dei partiti dinastici.
        » Il generale Oudinot e i suoi mandanti abbiano in questo tratto un’altra prova dell’Anarchia che regna fra noi. Questa mattina si pubblicò da’ Triumviri il decreto della restituzione de’ prigionieri: due ore dopo, quel popolo feroce che ha provato non ha guari come sa battersi, mostra oggi come sa essere generoso».
        E in quello del giorno 8 troviamo:
        «I prigionieri francesi, circondati da gran folla di popolo, stavano ammirando la stupenda mole innalzata da Michelangelo, quando un rappresentante del popolo romano, il cittadino Filopanti, sorse a dire:
        «Français et Italiens, dans ce lieu saint et sublime, prions ensemble le Tout-Puissant pour la délivrance de tous les peuples des chaînes de la tyrannie, pour la fraternité universelle».
        «Tutti con subito e simultaneo moto si posero in ginocchio. Dopo alcuni istanti un’altra voce soggiunse: «Jésus, l’auteur de la liberté humaine, exaucera nos vœux». Dopo di che tutti sorsero in piedi».
  79. Il proclama è sottoscritto da Carlo Rusconi, come ministro degli esteri.
  80. Il Triumvirato annunziava l’arrivo degli Spagnuoli con un proclama che cominciava a questo modo:
    «Romani!
        «Anche la Spagna vi manda, in superbe parole, com’è il suo vezzo, una insolente disfida».
        Il proclama degli Spagnuoli era, infatti, assai ridicolo. Dato dalle spiaggia di Fiumicino, «eccitò molta ilarità in Roma pel suo stile gonfio e per la sua ignoranza geografica del luogo. Sentire un duce d’armata che parlando di Fiumicino crede di aver fatto una grande conquista, e si indirizza alle autorità civili, militari ed ecclesiastiche del luogo, sperando che non faranno resistenza e si sottometteranno come fecero quelle di Terracina, Nettuno, Porto d’Anzio ed altre della costa Tirrena, non poteva non far sì che chi conosce Fiumicino non igganasciasse dalle risa». (Spada, op. cit., Ili, 484).
  81. Garibaldi, nel giorno 5 di maggio, aveva avuto un piccolo scontro coi foraggiatori napoletani.
  82. Come si vede qui, e si vedrà appresso, il Mazzini mandava sovente all’Assemblea le notizie di quello che accadeva nello stato di Roma, o importasse a questo.
  83. Così fece correre voce lo Sterbini. (Nota del Roncalli).
  84. Il giorno 9 aveva avuto luogo a Palestrina un combattimento, nel quale, dopo un’ora di "fuoco, i Napoletani erano volti in fuga.
  85. Intorno alla missione del conte Rusconi a Londra vedasi la sua opera che ha per titolo La Repubblica Romana. Torino, Cassone, Giannini e Fiore, 1850, e l’altra, dello stesso Autore, intitolata Memorie Aneddotiche. Roma, Sommaruga, 1882.
  86. «Il Governo francese, commosso dalle notizie del fatto del 30 aprile, assecondando il voto dell’Assemblea che, ad una grande maggioranza, avea deciso che la spedizione di Civitavecchia non dovesse più a lungo esser fatta deviare dallo scopo che le era stato assegnato, pensò di mandare al campo del generale Oudinot un agente diplomatico, perchè cercasse d’intendersi col Governo romano facendo cessare un’inutile effusione di sangue. Il signor Ferdinando Lesseps fu incaricato di quel delicato ufficio, e giunse in Civitavecchia verso la metà di maggio.
          » Nuovo delle cose d’Italia, come la maggior parte degli uomini del suo paese che non giudicano delle altre nazioni che cogli infidi criteri dei giornali, l’inviato francese credè savio temperamento, appena giunto, il pregare Mazzini a volergli fornire una nota sulla situazione di Roma, riserbandosi egli a verificare quindi cogli occhi proprii l’esattezza delle informazioni del Triumviro. Mazzini, conformandosi a quel desiderio, gli scrisse riassumendo con arte mirabile le condizioni del paese che tanti nemici insidiavano. Egli gli scrisse che la Francia non poteva contestare a Roma il diritto di scegliere quella forma di reggimento che più le conveniva; che la Repubblica era sorta in Roma per opera di un’Assemblea eletta col suffragio universale; che essa avea dato l’ordine a un paese in perpetue sommosse sotto il Governo papale; che quell’ordine si era mantenuto ad onta delle più grandi strettezze finanziarie e delle mene degli agenti di Gaeta che tutti i municipii novellamente eletti avean fatto atto di adesione alla Repubblica, ciò che infirmava il criterio, che essendosi molti elettori astenuti dal votare per la Costituente, diversa soluzione si fosse ottenuta quando tutti avessero partecipato alla nomina di quell’Assemblea; che tutte le provincie mandavano contingenti d’uomini per sostenere il nuovo Governo; che il popolo romano si sarebbe gettato in uno scisma piuttostochè subire di nuovo il giogo del pontefice; che il ritorno al passato avrebbe ricominciato le lotte delle società segrete accendendo una fiaccola di guerra nel cuore dell’Europa; che la Francia non potea voler ciò; che non potea volerlo un nipote di Napoleone, che non potea volerlo sopra tutto davanti alla duplice invasione degli Austriaci e dei Napoletani.
          «Il signor Lesseps, dopo tre giorni di dimora in Roma, fu convinto delle verità che la nota di Mazzini esponeva, e, adoperandosi per far cessare una lotta che lo stato di Roma doveva rendere altamente micidiale, vergò, di concerto col generale Oudinot, un compromesso che sottopose per l’accettazione all’Assemblea romana. Quel compromesso dicea così:
          «Art. 1. Gli Stati romani reclamano la protezione fraterna della Repubblica francese.
          «Art. 2. Le popolazioni romane hanno il diritto di pronunciarsi liberamente sulla forma del loro reggimento.
          «Art. 3. Roma accoglierà l’annata francese come un’armata amica.
          «Le truppe francesi e romane faranno congiuntamente il servizio per la città.
          «Le autorità romane funzioneranno secondo le loro attribuzioni legali».
          «Mazzini, a nome dell’Assemblea, rispose al signor Lesseps che il suo compromesso non avea potuto essere accettato, che l’Assemblea avea notato lo studio con cui le parole Repubblica romana erano evitate nel primo articolo; che in fatto di guarentigie esso non ne offeriva di più di quelle che annunziavano gli atti del generale Oudinot prima del 30 aprile; che non si sapeva intendere perchè si volesse a viva forza occupar Roma, che mirabilmente sapea presidiarsi da sè; e che avea contribuito a far respingere quel compromesso la diffidenza suscitata nel paese pel modo col quale si comportavano i Francesi, che, approfittando della tregua, venivano sempre più restringendosi intorno alla città. Terminava Mazzini dicendo che il Triumvirato avrebbe spedito al campo un nuovo progetto, che, se non corrispondeva alle legittime speranze di Roma, poteva almeno allontanare un conflitto fra le due repubbliche.
          » Quel nuovo progetto che il sig. Cass, ambasciatore americano, recò al generale Oudinot, non fu preso in considerazione, perchè parlava in ogni articolo della Repubblica romana che il Governo francese non aveva riconosciuta e con cui, per conseguenza, non volea trattare. Esso non differiva, d’altra parte, essenzialmente dal compromesso del sig. Lesseps che rapporto all’entrata dei soldati francesi in Roma». (Rusconi, op. cit., 11, pag. 41 e segg.).
          Il 29 di maggio il Lesseps e l’Oudinot mandarono un ultimatum che non fu accettato. Il Triumvirato presentò un’altra proposta. Una nuova ne mandò il sig. Lesseps, che fu accolta dal Governo della repubblica; ma, avendo rifiutato il generale Oudinot di aderirvi, si ricorse alle armi.
  87. Secondo il Roselli, Memorie relative alla spedizione e combattimento di Velletri, avvenuto il 19 maggio 1849 (Torino, tip. Sociale degli Artisti, 1853) le forze romane salivano a 10,874 uomini.
  88. I fratelli Senni, ricchi e onesti mercanti di campagna, sono oriundi di Frascati. Uno di questi, fatto conte da Pio IX, è il proprietario dello storico palazzo Cicciaporci presso S. Angelo.
  89. Era questi Camillo Iacobini, che fu poi ministro dei lavori publici. Ebbe fama d’uomo onesto ed intelligente, e si deve a lui la costruzione del grandioso ponte che unisce il monte di Albano a quello ove trovasi l’Ariccia. Cominciò l’isolamento del Pantheon, condotto ora a termine, con plauso generale, dal ministro Baccelli. Il presente Segretario di Stato del Papa, Lodovico Iacobini, è nipote del suddetto Camillo.
  90. Secondo il D'Ambrosio, Relazione della campagna militare Romana fatta dal corpo napoletano nello Stato della Chiesa l’anno 1849, il re di Napoli, informato che i Francesi, per l’onor militare compromesso, volevano essere soli a conquistare Roma e che i Romani meditavano una spedizione, credette prudenza ritirarsi.
  91. Lo Spada non attribuisce questo fatto a Ciceruacchio; il Monitore Romano (1840, N. 107) incolpa uno straniero di aver eccitato il popolo, ed aggiunge che il Governo «fece pervenire una parola al nostro Ciceruacchio, invitandolo ad impedire un atto irriverente e indecoroso alla maestà della religione e del popolo». I Triumviri disapprovarono severamente l’accaduto con un proclama del giorno 20.
  92. L’Accursi, che era giunto a Roma col Lesseps, fu mandato a Parigi, dal Triumvirato, per portarvi il Protocollo della Repubblica Romana che, fatto compilare e stampare dal Mazzini, conteneva le adesioni dei popoli dello Stato Romano al Governo della Repubblica e le loro manifestazioni contro il Governo francese. Sperò, con questa pubblicazione, di rovesciare il ministero francese e di ottenere alla Repubblica romana la protezione di quel popolo.
          A Francesco Dall'Ongaro era stato affidato il carico di raccogliere i Documenti e di curarne la stampa.
  93. Pare, e il Roncalli l’accenna, che ne fosse sospeso l’invio perchè tra i sigari era stato collocato, scritto in francese, un invito ai soldati acciò non seguissero la volontà del loro Governo, che vi si chiamava «un gouvemeinent de traitres et de làches».
  94. Non sarà inutile rammentare che lo Sterbini era nativo di Vico nel Lazio, paese a breve distanza da Frosinone.
  95. Nel Monitore Romano del 28 di maggio.
  96. Il generale Oudinot rifiutò d’accettare quest’accordo che il Lesseps non aveva facoltà di conchiudere, ed annunziò all’esercito «che la via dei negoziati era terminata».
  97. L’Oudinot venne meno alla sua promessa, e assalì Roma all’alba del giorno 3. La lettera del generale Roselli è del primo di giugno e la risposta e di pochi minati dopo.
          Della sua mala fede aveva già dato prova il generale francese quando, pochi giorni prima, approfittando della tregua, aveva d’improvviso occupato le alture di Monte Mario.
  98. Furono invece 500. Vedi Torre, op. cit., II, pag. 184.
  99. La lotta fa più aspra che altrove sulle altare della villa Pamfili, che l’Oudinot aveva occupata per tradimento.
  100. Riportiamo qui i dispacci publicati il 5 di giugno, e che, omessi dal Roncalli, noi togliamo dal Monitore Romano del giorno stesso.
          I. — «Il combattimento ha incominciato alle ore 4 e mezza. Fanno fuoco San Pancrazio, Monte Aventino, Porta Portese, Testacele questo quinto baluardo (Vaticano).
          » S. Pancrazio fa miracoli colle granate.
          » La moschetteria è vivissima da per tutto.
          » Due grossi cannoni francesi fanno fuoco alla vigna di S. Antonio, sulla dritta del Tevere, al mezzo giorno di S. Pancrazio.
          » Altro cannone nemico è nella vicinanza di S. Paolo.
          » Ponte Molle, Monte Mario e villa Mattoi rimangono come ieri.
          II. — «Due cannoni francesi sono posti a villa Pamfili, nella direzione di questo quinto baluardo (Vaticano).
          III. — «Il fuoco è cessato.
          » I Francesi si concentrano a villa Pamfili. Dall’Osservatorio di Santa Maria Maggiore si dice non vedersi nulla. A porta San Giovanni vi è movimento, ma per la direzione di S. Paolo.
          IV. — Ore 9 30 ant. — «Un colpo di cannone dal quinto bastione Vaticano ha disperso lo Stato Maggiore francese, che era raccolto sul piazzale di villa Pamfili».
  101. Ticchiena è una vasta tenuta dei frati certosini, di Trisulti, posta fra Alatri e Ferentino.
  102. Verso le 4 pom. alcune centurie romane tentarono una sortita che, al dire del generale Vaillant, produsse una qualche emozione sui Francesi. I Romani si ritrassero la sera stessa, dopo aver perduto un ufficiale aiutante, ed aver avuto 8 o 10 feriti.
  103. Il Torre (op. cit., vol. II, pag. 200) la pone nella notte dal 10 all’11 e così Michele Stagi (Due anni di vita di un emigrato, Genova 1849, pag. 49), uno dei militi che vi prese parte. Ma il Vaillant (op. cit., pag. 63), il giornale l'Album del 29 settembre 1849, pag. 154 e il conte Lubiensky (Guerre et rèvolution d’Italie en 1848 et 1849, pag. 461) la dicono avvenuta la notte del 17.
          Il Torre dice che gli usciti furono 8000.
  104. Di questa spedizione, mal riuscita, non fecero cenno i giornali romani. Il generale Roselli, in un Ordine del giorno dell’11 di giugno, scrisse: «La truppa è rientrata poichè sapemmo il nemico prevenuto della mossa».
  105. Il Panizzi, dice il generale Garibaldi in un suo Ordine del giorno, morì «da valoroso qual’era» e «il generale Bartolomeo Galletti diede prova di fermezza e di valore, accorrendo là dove il pericolo lo chiamava».
  106. Di questa sortita del 12 il generale Garibaldi, nello stesso Ordine del giorno, dice: «Il furor dei nostri era al colmo, e quando per uccidere mancò la munizione, per un istante quei bravi si rivolsero ai sassi e strapparono le baionette dalle mani del nemico».
          Il Vaillant (op. cit., pag. 90) conferma ciò che scrisse il generale Garibaldi, dicendo che quella sortita poteva riuscire fatale ai Francesi.
  107. Il Torre ed il Rusconi accennano ad un quarto dispaccio, mandato all’Assemblea. Tutti, sebbene con indirizzo diverso, erano dello stesso tenore.
  108. Il Lombard era scrittore e corrispondente del giornale il National di Parigi.
  109. Erano 21 pezzi, che tirarono tutto il giorno contro ai bastioni sesto e settimo.
  110. Il Rusconi, (op. cit., II, pag. 113), parla di danni arrecati ai quadri, tra i quali fu l’Aurora di Guido Reni, che è nel palazzo Rospigliosi.
  111. Il Torre lo dice comandante del genio.
  112. L’accusa contro l’Amedei fu causa di disordine tra i garibaldini e gli ufficiali del genio, che si allontanarono. U ministro della guerra ne dichiarò poi l’innocenza, e lo fece porre in libertà, egli ufficiali ritornarono con maggior sollecitudine ai lavori.
  113. Era mandato dalla repubblica francese.
  114. Dell’ambasciata francese.
  115. Il Mazzini comunicò la Nota all‘Assemblea, e rispose non come «autorità di Governo, ma come privato cittadino». (Torre, op. cit., II, pag. 213). Le due lettere furono comunicate alla Assemblea. Vedasi il Monitore Romano del 16 maggio, 1849, (cioè 16 giugno).
  116. Dove cadessero palle nemiche, e che danno recassero agli oggetti d’arte, narrano, tra gli altri, il Monitore Romano nei numeri del 20 e del 24 di giugno; il Torre a pag. 249 del tomo 2° e lo Spada a pag. 643 del 3°.
  117. Il fatto avvenne di notte. Vedasi Torre, op. cit., II, pag. 22 e 231.
  118. Nè lo Spada, nè il Torre parlano di asssalti alla baionetta. Il Torre narra che «i Romani, benchè vessati dai fuochi della batteria dei mortali e dell’altro X del ridotto Corsini,
  119. Il Torre narra che i Francesi, dopo aver tirato dodici colpi colla batteria X e colla nuova XI, dovettero cessare il fuoco, perchè i nostri interamente conquassarono quest’ultima. Aggiunge che i cannoni romani erano diretti dal tenente Storari, dal maresciallo Grimaldi e dal brigadiere Maccaferri. (Torre, op. cit., II, pag. 245).
          Il Manara mandò su questo fatto il seguente rapporto:
          «Questa mattina (24 giugno) il nemico scoprirà sulla breccia una batteria di quattro pezzi.
          » In pochi momenti era rovinata, distrutta dal fuoco delle nostre batterie, di cui ogni colpo era fatale agli artiglieri ed al materiale del nemico. Ha dovuto cessar subito il suo fuoco, e noi potrà riprendere se non costruendo una nuova batteria.
          » Fatto padrone di alcuni palmi di terreno per sorpresa, non per valore, si trova ora serrato in quel piccolissimo spazio — esposto al fuoco continuo delle nostre artiglierie concentrate verso quel punto — racchiuso dalla nostra seconda linea di fortificazione, più della prima propizia ed insuperabile pel gran numero di soldati che la guardano e pel fuoco incrocicchiato delle nostre batterie.
          » Il nemico non può avanzare contro il nostro campo trincerato se non venendo a morte certa».
  120. Il bombardamento fu vivo nelle notti del 23 e del 24. In un solo quartiere si contarono, in una notte, 250 bombe, e in un giorno furono in numero maggiore nei quartieri di Sant’Andrea della Valle, Argentina e del Gesù.
  121. Secondo il Monitore Romano (24 giugno, 1840, num. 141) era un migliaio d’uomini del 3° reggimento e di volontari.
  122. Il generale Andrea Ferrari, napolitano, era partito da Roma, nel 1848, per la Lombardia, alla testa dei volontari romani, contro gli Austriaci. Aveva militato nell’esercito di Napoleone I, parteci-
  123. Era l’agente consolare inglese Giovanni Freeborn, al quale, come agli altri agenti consolari, s’era rivolto il Magistrato romano per protestare contro il bombardamento «così barbaro contro la Città monumentale per eccellenza». (Monitore Romano del 24 giugno, 1849).
  124. Era francese e capitano dello Stato Maggiore.
  125. Il Dr Diomede Pantaleoni, ora Senatore del Regno, e che ebbe, poi, tanta parte nelle pratiche iniziate dal conte di Cavour colla Corte pontificia nel 1861 (vedasi Nicomede Bianchi, Storia della Diplomazia Europea, viii, 411 e segg.), perchè s’era mostrato avverso alla republica, fu aggredito coll’abate Perfetti. Egli non riportò alcuna offesa; ma il Perfetti fu ferito da un colpo di daga.
  126. I Romani, in tutta la notte, molestarono assai i Francesi nei loro lavori d’assedio.
  127. Cioè contro il casino Savorelli. Si aperse anche il tetto della chiesa di S. Pietro in Montorio, che precipitò dentro la chiesa stessa. Poco dopo ne precipitò eziandio il campanile. Dei difensori vi furono 57 tra morti e feriti.
  128. Questa fa la vera ragione: la divisa turchina fu mutata nella nuova rossa.
  129. Verso il mezzodì del 29, il combattimento, che durò un giorno e mezzo, cessò. In qual guisa l’abbia sostenuto Roma lo dicano per noi le parole del generale Vaillant: «Il faut le dire, ce combat d’artillerie, qui dura un jour et demi, fut soutenu de part et d’autre avec une remarquable vigueur, avec beau coup de persévérance et de bravoure» (op. cit., pag. 129).
  130. Cinquantaquattro uomini furono colpiti il giorno 28.
  131. La illuminazione fu fatta; ed il popolo, fra tanta mina e la sventura che l’attendeva, serbando sempre la calma dell’eroismo, si raccolse numeroso ad ammirare il gradito spettacolo.
  132. Il Torre dice che cessò verso il mezzogiorno e lo Spada alle tre pomeridiane.
  133. Secondo il Torre i morti e i feriti del giorno 30 sarebbero stati «meglio di cinquecento, più eroi che uomini».
  134. Intorno a questo valoroso, che combattè prima durante le Cinque Giornate di Milano, poi sui campi lombardi, e che venne a morire da eroe per la difesa di Roma, leggasi ciò che scrisse il Dandolo nella sua opera I volontari e i bersaglieri lombardi. Annotazioni Storiche. Milano, Brigola, 1860.
  135. Andrea Aghiar, negro americano, era tenente della legione italiana e assai affezionato al generale Garibaldi.
  136. «La battaglia del 30 giugno, come quella del giorno 3 dello stesso mese, destò l’ammirazione, non che dei Francesi, di tutta l’Italia, e se l’esito materiale fu favorevole agli stranieri, esso equivalse, nondimeno, moralmente ad una gran vittoria per gli Italiani». (Rusconi, op. cit., II, pag. 178).
          La narrazione di questa giornata ci è data lungamente dal Torre, il quale dice che il combattimento «fu dall’una parte e dall’altra sostenuto con singolare bravura» (op. cit., II, pag. 265).
  137. Nelle ore pomeridiane del giorno 2 si distrussero i parapetti del ponte Quattro Capi. Ciò fu opera del Mazzini e de’ suoi, che speravano di poter ancora opporsi all’entrata dei Francesi.
  138. Il Cernuschi, invece, dichiarò, colle lagrime agli occhi, che la difesa era impossibile «che i Francesi non hanno più ostacoli, e che Roma, questo buon popolo... dopo tanti sacrifizi, deve rassegnarsi alla loro occupazione (Rusconi, op. cit., n, 186)».
  139. Il Municipio, che rappresentò degnamente Roma, non volle scendere a patti col nemico, e si limitò a stabilire gli alloggiamenti pei soldati ed a tutelare le vite e gli averi degli abitanti. Deliberò, all’unanimità, «di ricevere impassibilmente i Francesi nella città, protestando di cedere unicamente alla forza, e inculcando al popolo di sopportar con rassegnazione tanta sventura». Publicò, poi, il seguente proclama:

    S. P. Q. R.


    Romani!

          «Il coraggio da voi dimostrato nella difesa di Roma, i sacrifici che incontraste vi hanno assicurata la gloria e la stima degli stessi stranieri. Una difesa ulteriore, come fu annunciato dal decreto dell’Assemblea, sarebbe stata impossibile senza volere la distruzione di una Città, che conserva memorie le quali non debbono perire. La vostra Rappresentanza municipale non ha accettato patti per non compromettere menomamente la dignità di un popolo così generoso, ed ha dichiarato di cedere alla forza. Le leggi di umanità e d’incivilimento, la disciplina d’un’armata regolare, le assicurazioni dei Comandanti ci ripromettono il rispetto delle persone e delle cose.
          » La vostra rappresentanza municipale vi promette che non mancherà di fare quanto è in suo potere onde non si rechi ingiuria ad alcuno. Abbisogna però del vostro concorso, ed è certa di ottenerlo. Fida nel vostro contegno dignitoso e nella esperienza costante che ha dimostrato al mondo come i Romani, in circostanze prospere o avverse, hanno saputo egualmente mantenere l’ordine, e costringere anche i nemici a salutare con riverenza la città dei monumenti, e rispettarne gli abitanti che con la loro virtù rendono impossibile l’oblio della romana grandezza.

    Dal Campidoglio, il 2 luglio 1849.
    Francesco Sturbinetti, Senatore.
    Giuseppe Lunati  Conservatori  
    Giuseppe Gallieno
    Federico Galeotti
    Antonio De Andreis
    Giuseppe Piacentini
    Curzio Corboli
    Alceo Feliciani
    Angelo Tittoni
    Giuseppe Rosssi, Segretario.
  140. Della partenza dei garibaldini, scrisse il Ruggieri in un opuscolo intitolato: Della ritirata di Garibaldi da Roma. Genova, 1850.
  141. Il Ruggieri, in un opuscolo intitolato Della partenza dei Garibaldini da Roma (Genova, 1850) scrive: «Roma più non reggea... L’Assemblea nazionale avea disperato... Il Triumvirato avea rimesso il potere... Quel gran popolo desolato, ma pur sempre magnanimo, attendea con calma l’annata irrompente e le ire pontificali, amministrate dalla nazione della libertà.       » La santa città, benchè minacciata dal Gianicolo, benchè aperta al nemico, non parea vinta. Una parola si avea pronunziata di novella difesa alla linea del Tevere, e già, in un baleno, mille braccia cittadine si apprestavano a rovinare i ponti, cari per memorie, a ritrarre all’amica sponda i molini e le barche ed alzare fortini lungo la riva».
  142. Il Torre aggiunge la porta S. Paolo e lo Spada l’Angelica.
  143. Quantunque il Roncalli abbia narrata prima quest’aggressione, pure noi riportiamo qui il nuovo racconto ch’egli ne fa perchè contiene maggiori particolari.
  144. Il Torre dice che un assembramento di popolo sopraggiunse in piazza Colonna dal caffè Nuovo.
          S’udirono anche le grida di Morte a Pio IX, morte ai preti, viva la republica romana, viva la povera Italia, via gli stranieri, morte al cardinale Oudinot.
  145. Contrariamente a ciò che narrano il Roncalli e lo Spada, il Torre asserisce che «il Cernuschi si affanna ad impedire colla parola e co’ gesti quell’inutile dimostrazione» (op. cit., II, p. 284). E il Rusconi asserisce che «Enrico Cernuschi, che era in quel momento l’uomo più popolare che fosse a Roma, dovette adoperarsi con tutte le forze a trattenere il popolo che voleva irrompere» (op. cit., II, pag. 199).
  146. Qui il Roncalli narra nuovamente l’accoglienza che i Romani fecero al generale Oudinot ed ai Francesi colle seguenti parole:
          «Fu ricevuto, per il Corso, con urli, fischii e colle grida di Morte al generale Oudinot, morte a Pio IX, morte ai croati-francesi, evviva la repubblica romana.
          »Gli schiamazzi furono assai più minacciosi al caffè Nuovo ed a quello delle Belle Arti. A quest’ultimo sventolava la bandiera tricolore, ed il generale Oudinot diede ordine che fosse strappata. Allora il tumulto si aumentò, ed i Francesi, con baionetta in avanti, vennero fino in piazza Colonna, dove carcerarono tre individui, tra i quali un Civico e un lombardo.
          » Poco dopo la calma si ristabilì; ma fu, all’istante, fatto chiudere il caffè delle Belle Arti».
  147. Ecco le parole del proclama:
          «Ogni pubblicazione col mezzo della stampa, ogni affisso non permesso dall’Autorità militare, sono provvisoriamente vietati».
  148. Il Roncalli ha dimenticato di riferire il seguente paragrafo:
          «I delitti contro le persone e le proprietà saranno giustiziabili dai tribunali militari».
  149. Veramente, il proclama porta la data del giorno 5.
  150. L’atto con cui l’Assemblea protestò «in faccia all’Italia, in faccia alla Francia, in faccia al mondo incivilito, contro la violenta invasione della sua sede operata dalle forze francesi il giorno 4 di luglio alle ore 6 pomeridiane», fu sottoscritta prima dal presidente di sezione C. Bonaparte, dal segretario Quirico prof. Filopanti, e quindi dal presidente Giuseppe Galletti, dal vice-presidente E. Allocatelli, e dai segretari Pennacchi, Zambianchi e Cocchi.
  151. L’articolo 5* del Decreto con cui veniva posto lo stato d’assedio, era così concepito:
          «Potranno soltanto liberamente percorrere la città, nella notte, i medici e i pubblici funzionarli. Questi dovranno essere muniti un lasciapassare firmato dall’Autorità militare, e si faranno accompagnare di fazione in fazione fino ai luoghi ove dovranno rendersi».
  152. Giornale di Roma.
  153. Questo fatto si ripeteva continuamente. Quando un soldato francese chiedeva fuoco pel sigaro ad un romano, questi gli consegnava il proprio sigaro; ma, riavutolo, invece di continuare a fumarlo, lo gettava in terra.
  154. La notizia di questa visita e i discorsi pronunziati dal Superiore e dal generale Oudinot si leggono nel Giornale di Roma del 9 di luglio.
  155. Qui il Roncalli non è esatto. In quella casa fu rovesciata solamente, sulla pattuglia francese, una catinella d’acqua. Gli inquilini, tra quali erano un paralitico e un ottuagenario, furono arrestati tutti, tenuti, seminudi, fino a giorno sotto il portico di piazza Colonna e poi condotti a porta Portese, dando loro a credere che li avrebbero fucilati. Il prete Cantoni, ch’era uno degli arrestati, andava raccomandando l’anima a’ suoi compagni; ma, giunti a quella porta, un cappellano francese li fece rimettere tutti in libertà.
  156. Secondo la Relazione dello Stato Maggiore Francese, pubblicatasi nello Spectateur Militaire (15 dèc. 1849), tra morti e feriti, l’esercito invasore avrebbe avuto 1004 uomini fuori di combattimento; ma la Gazette Médicale de Paris (3 nov. 1849) scrisse: «Malgré tout notre respect pour les chiffres officiels, nous sommes bien obligés de dire que des hommes placés dans des conditions telles qu’ils ont pu apprécier avec rigueur, ne nous ont pas fourni un chiffre aussi modéré que celui de l’État Major».
  157. S’intende tra morti e feriti. La Gazette Medicale de Paris (3 nov. 1849) dà questa cifra. Il Bertani, in una sua Relazione, la restringe a 2063; ma confessa che non raggiunge la vera. Il Monitore Romano (luglio 1849, pag. 17) la riduce a 1298; il Torre (op. cit., II, pag. 274, in nota) dice che quella da lui recata di «tremila incirca, se non è sicura non si discosterà molto dalla vera».
  158. Il principe Massimo era Sopraintendente generale, e il principe Campagnano Ispettore generale delle poste.
  159. Con ordinanza del giorno 6, il generale Oudinot dispose che tutti i Boni della republica che erano in circolazione venissero entro 10 giorni, dal 10 di luglio, portati alla cassa della Depositeria per ricevervi un nuovo bollo.
  160. Come si sa, l’abate Coppi fu il continuatore degli Annali del Muratori. Era grande amico del Roncalli, e forse questi scrisse per lui il presente Diario.
  161. A provare quali impiegati di polizia richiamasse in servizio l’incorreggibile Governo pontificio, basti dire che il Minardi si offerse a tutti i Sovrani d’Europa per il nobile ufficio di boia contro i liberali.
  162. Andrea Pasquali, che fece parte, nel 1849, del Consiglio Comunale di Roma, fu valentissimo dottore, specialmente per le malattie dei bambini, intorno alle quali scrisse opere assai reputate. Morì in Casale Monferrato poco dopo la liberazione di Roma, e visse fin’allora in esilio, rifiutando, sdegnosamente, i patti che, pel suo ritorno in Roma e per un’alta carica offertagli, gli voleva imporre il Governo pontificio.
  163. Ferdinando Lenzi, serbatosi sempre fedele ai principi che propugnò nel 1849, fu, dopo la liberazione di Roma, eletto deputato di Albano, suo paese nativo.
  164. Oreste Raggi, scrittore reputatissimo di opere storiche e letterarie, non fu secondo a nessuno nell’amore di patria e nell’abborrimento del Governo clericale. Amantissimo del vero e del bello, che proclamò sempre altamente, ebbe in vita l’odio d’alcuni, ma lasciò, morendo, grato ricordo di sò nei molti amici e in quelli che, come me, ebbero la fortuna d’averlo a maestro.
          Nella numerosa lista dei proscritti «la rabbia di vendetta acciecò i preti per modo che esiliarono, coi vivi, perfino i morti, e il generale Ferrari, i colonnelli Manara e Melara ed altri prodi caduti in guerra, riapparvero nel catalogo de’ condannati allo esilio». (Torre, op. cit., II, pag. 303).
  165. Ammira, o lettore, la carità evangelica del Cardinale!
  166. Dì tutto quanto narra qui il Roncalli non mi fu possibile aver notizie da parecchi ch’io interrogai e che vivevano, in quel tempo, in Roma.
  167. Al giungere del generale alla porta della basilica, fu salutato da un discorso di Monsignor Marino Marini, a cui rispose l’Oudinot. Un altro gliene rivolse il cardinale Tosti, e non mancò, naturalmente, la risposta del generale francese. Tutti questi discorsi furono publicati nel Giornale di Roma del 16 di luglio del 1849.
  168. Lo Spada, non certo sospetto d’essere poco favorevole al Governo pontificio, a pag. 711 del 3° volume della sua opera, da noi più volte citata, dice che «si videro fin dal mattino del 15 segnali di gioia in parte vera e sincera, in parte apparente e interessata».
  169. Il Ricci era un prete faentino, che divenne poi agente del brigantaggio borbonico tra il 1860 e il 1863.
  170. Il Roncalli aggiunge: «N. B. Annotazioni fatte da monsignor Lancellotti,» il che fa credere ch’egli dubitasse di quanto narra e ripete, con altri particolari, più avanti.
  171. Federico Galeotti fu membro della Costituente e ministro di grazia e giustizia durante la repubblica.
  172. Liberale fin dal 1831, Livio Mariani, fu, al tempo della repubblica, prefetto di Roma, poi prefetto di Polizia e, finalmente, ministro delle finanze.
  173. Pietro Sturbinetti alternò, in quel tempo, «le cure della guardia nazionale, di cui era generale, con quelle del consiglio comunale di Roma al quale presiedeva; uomo di toga illustre da gran tempo, fatto, per servizio della patria, uomo eziandio di spada, carattere ammirabile che in uffizii tanto diversi sapea risplendere con lustro sempre eguale» (Rusconi, op. cit., ìi, 147).
  174. In margine, a lapis, si trova scritto «Positivo, da lui diretto».
          Il Contemporaneo, uscito il 12 di dicembre del 1840, ebbe fra i fondatori il marchese Ludovico Potenziani, il dottor Luigi Masi, Federico Torre, il marchese Luigi Dragonetti, il dottor Pietro Sterbini, l’Agostini e il Gazola.
  175. Porta la data del 19 di luglio e fu publicata nel Giornale di Roma del 21.
  176. Si dice che la iscrizione fosse dettata dal professore Emiliano Sarti. La lapide doveva porsi a lato della statua di Marco
    Antonio Colonna ed era già fatto l’incastro per collocarla.
  177. Il Roncalli voleva dire il Consiglio Municipale republicano che tenne la sua ultima seduta il giorno 13 di luglio e al quale succedette, il 14, la Commissione provvisoria municipale nominata dal generale Oudinot. I nomi di coloro che composero questa si leggono nel Giornale di Roma del 14 stesso.
  178. L’indirizzo e la risposta furono publicati nel Giornale di Roma del 25 di luglio.
  179. Questo dono è annunziato nella lettera stessa, diretta «Al principe D. Pietro Odescalchi, presidente della Commissione Municipale».
  180. Il conte Pietro Melara, bolognese, era comandante di un battaglione dei bersaglieri della republica, e venne ferito, fuori Porta S. Pancrazio, il 4 di giugno. «La sua vita, che non fu che una lunga aspirazione verso la redenzione della patria, fu da lui cento volte arrischiata per attuare il suo santo desiderio, c raccolse una corona di sangue in quella guerra memorabile. Combattendo dove maggiore era il pericolo, spronando più che colla voce coll’esempio i suoi, a seguitarlo, egli mostrar volle, negli estremi giorni suoi, come dalle premesse di tutta la sua vita non discordassero i suoi ultimi proponimenti. Accompagnato di lì ad alcuni giorni il suo mesto feretro dai suoi compagni, che come fratello lo avevano sempre riguardato, un francese ardì strappar dal suo petto l’onorata nappa che anche in morte avea voluto portare. (Rusconi, op. cit., n, 65).
  181. È il famoso triumvirato cardinalizio che i Romani chiamarono rosso, non per la porpora che vestivano; ma pel sangue che sparse delle infelici popolazioni dello Stato pontificio.
  182. Vedasi il Giornale di Roma del 3 di agosto. «Questa ruberia, scrive il Torre (op. cit., ii, 305) fu decretata un’ora dopo che il Governo avea, coi biglietti in corso, pagato oltre quaranta mila scudi di pensioni e di soldi».
  183. Nel Giornale di Roma del 7 di agosto.
  184. Venti signore, andate coi loro mariti al caffè Nuovo, frequentato dai Francesi, e trattenutesi a conversare con loro, vennero, in tale avviso, accusate d’essere pronte a prostituirsi con quegli stranieri. Vedasi che cosa ne scrive lo Spada a pag. 687 del vol. 3° dell’opera da noi più volte citata.
  185. Ecco alcune parole di questo documento che provano assai chiaro quale fosse l’opinione publica di Roma in quel tempo: «Pur troppo quanto pochi sono in Roma che sieno penetrati da tali sentimenti (cioè che si doveva pregare il Signore che non trattasse Roma secondo le sue colpe), quanti invece sono quelli che con occhio indifferente riguardano gli eccessi di ogni sorta commessi in questa infelice Città. La diffusione di tante massime contrarie alla Religione santissima che professiamo, la depravazione dei costumi, le violazioni dei Chiostri delle Sacre Vergini, le profanazioni e lo spogliamento delle Chiese, le persecuzioni contro i Ministri del Santuario, le uccisioni pur anche di non pochi Sacerdoti, le ingiurie scagliate in voce ed in iscritto contro il Sommo Pontefice, l’esecrande bestemmie proferite da tanti, e fin anche i sacrilegi contro ciò che vi ha di più santo nei nostri Tempj; questi eccessi, queste enormezze, non incontrano nella maggior parte dei Romani quell’orrore che meritano».
  186. Come ognuno sa, nel Collegio Romano avevano sede i Gesuiti. Il Giornale di Roma del giorno 7 di settembre, annunziando quest’incendio, aggiunge: «Ci lusinghiamo che per l’ultima volta si abbia a lamentare, che il fuoco per ben due volte in poco tempo abbia preso di mira uno stabilimento sì utile alla gioventù Romana, che là accorre per ricevere l’istruzione religiosa e letteraria ».
  187. Nel Giornale di Roma del 20 di settembre.
  188. Nel Giornale di Roma del 20 di settembre.
  189. È la lettera del 18 agosto 1849, che fece rinascere tante speranze nel cuore degli Italiani perchè in essa si dichiarava che la repubblica francese non aveva spedito i suoi soldati in Roma per soffocarvi la libertà, ma bensì per ordinarla, «preservandola da’ suoi proprii eccessi, e per darle un fondamento saldo colla restituzione del trono pontificale nelle mani d’un principe che si era pel primo posto arditamente alla testa di tutte le utili riforme». Vi si chiedeva al papa amnistia generale, amministrazione laicale, Codice Napoleonico e Governo liberale.
          Vi si rimproveravano acerbamente, per ultimo, i tre Cardinali della Commissione Governativa di Stato per non aver fatta menzione, nei loro proclami, della Francia e di quanto patirono i suoi soldati, e vi si ringraziavano questi del loro nobile contegno.
          Questa lettera fu publicata nel numero 250 del Moniteur Universel.
  190. Il noto capo degli sbirri di Roma.
  191. Il nuovo ministero francese fu creato con decreto del 31 di ottobre, e gli intendimenti coi quali salì al potere vennero manifestati da un Messaggio di Napoleone all’Assemblea; ma in esso non si fece parola nè di Roma, nè del pontefice.
  192. La notte del giorno 15 di novembre, 1848, il Circolo Popolare aveva deliberato di fare una dimostrazione al papa per chiedergli la nomina di un ministero democratico. Il cardinale Soglia e monsignor Pentini, nella speranza di scongiurare l’imminente pericolo, consigliarono Pio IX a cedere; ma questi vi si decise soltanto quando seppe ucciso monsignor Palma e quando la Guardia Civica aveva già appuntato un cannone contro la Guardia Svizzera.
  193. Il giorno 16 di novembre dell’anno precedente, che seguì quello della uccisione di Pellegrino Rossi, il popolo romano voleva imporre al pontefice i seguenti principi fondamentali: La promulgazione della nazionalità italiana, la convocazione della Costituente, la guerra d’indipendenza, l’adozione del programma di Terenzio Mamiani del 5 di giugno di quello stesso anno e la scelta dei nuovi ministri. Al popolo s’unirono anche i soldati. 11 papa, obbligato dalla forza, cedette, come già dicemmo, sulla scelta del ministero; ma la sera del 24 fuggì da Roma.
  194. Tra essi fu Teresa Narducci, madre ad un ufficiale morto durante l’assedio e già nominata dal Roncalli.