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1849 | 69 |
ed il comandante del forte perchè non avevano resistito allo sbarco del corpo di spedizione francese 1.
Alla mezzanotte dai 25 ai 26, essendo giunti in Roma, provenienti da Civitavecchia, tre commissari francesi, cioè l’aiutante del generale Oudinot, Forbin Janson ed altro, incognito, il Triumvirato tenne coi medesimi una lunga conferenza2.
Questa mattina il triumviro Mazzini fece rapporto all’Assemblea.
- ↑ Il Mannucci scrisse a sua difesa che i Francesi dichiararono d’essere venuti in Italia amichevolmente; che avrebbero rispettato il voto delle popolazioni romane, ma che volevano por termine alla situazione in cui queste si trovavano, tenendoli egualmente lontani dall’anarchia degli ultimi tempi e dagli abusi inveterati che esistevano nello Stato Pontificio, avanti Pio IX. Egli prevedendo lo sbarco, ne aveva avvisato, in tempo, il Mazzini: ma questi aveva risposto che il caso non si sarebbe verificato: che, verificandosi, bisognava protestare e resistere, e che il ministro della guerra avrebbe mandato le sue istruzioni. Pure, non giunsero nè istruzioni, nè aiuti, ad eccezione del battaglione Melara, che, per altro, mancava di munizioni. Allora il Preside di Civitavecchia, visto che tornava impossibile la resistenza, anche perchè il popolo minuto schiamazzava e pareva che non l’arrebbe approvata, quand’anche fosse stata possibile, si recò dal generale Oudinot per propugnare la causa repubblicana; ma tutto fu inutile. Il Municipio, raccoltosi, dichiarò che solo, per le fatte promesse, esso accoglieva come amici i Francesi. (Vedasi Mannucci. Il mio Governo in Civitavecchia e l’intervento Francese. Torino, 1850).
- ↑ Gli inviati furono il tenente-colonnello del genio Leblanc, il capitano, pure del genio, Boissonet ed il tenente di stato maggiore Ferrand. Essi dichiararono ai triumviri che la spedizione aveva per iscopo di conciliare il popolo romano con Pio IX, e manifestarono la speranza d’essere accolti fraternamente in Roma.