Diario di Nicola Roncalli/Al Lettore

Isaia Ghiron

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Diario di Nicola Roncalli 1849
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AL LETTORE





Nicola Roncalli nacque in Roma, nell’anno 1815, da Andrea, di nobile e antica famiglia, originaria di Foligno, e da Caterina Massucci. Giovinissimo, conobbe il piemontese abate Coppi, continuatore degli Annali del Muratori di cui divenne, più tardi, famigliare. E forse dall’esempio di lui, che redigeva ogni anno, per suo particolare diletto, e mandava ai proprî [p. ii modifica]conoscenti e amici, un Polizzino di notizie romane, nacque nel Roncalli l’idea di questo Diario. Esso ha principio dal gennaio dell’anno 1849 e giunge al 20 di settembre del 1870.

È il periodo della più feroce reazione sacerdotale, della più viva lotta tra il Governo e i cittadini, e, per alcuni anni, è anche il periodo meno noto delle cose romane perchè i giornali del Governo, o a lui benevoli, si occupavano della China, della Persia e del Giappone, ma tacevano o svisavano i fatti che qui avvenivano. Quelli piemontesi, che soli avrebbero potuto riferire le notizie di Roma, si restrinsero, per alcun tempo, quasi esclusivamente a quelle della Lombardia e della Venezia, alla cui liberazione miravano, da molti anni, il Governo, la diplomazia e i cittadini del Piemonte. Francare l’Italia dalla dominazione straniera era lo scopo di tutti i patrioti piemontesi; nè sembrerà opera poco ardua a chi rivolga il pensiero ai [p. iii modifica]tempi che correvano. Ad eccezione di pochi ardimentosi, giudicati sognatori dagli uomini politici d’allora, chi sperò, tra gli anni 1849 e 1860, fare di Roma la metropoli d’Italia?

Dell’averci conservate notizie di quegli anni, tra le quali sono alcune, per l’uficio di Vice Presidente di Rione1, ch’ei tenne dal 1852 al 1865, ignorate da altri e note a lui, noi dobbiamo essere grati al Roncalli, sebbene ci dolga il vedere che spesse volte egli raccolga voci di piazza, senza assicurarsi se sieno vere, e che, non confermatesi, non le smentisca; che accusi i liberali, e specialmente il Comitato Nazionale Romano, di reati di sangue, [p. iv modifica]dai quali essi rifuggirono sempre, come abbiamo mostrato altrove. Pure, per amore di verità, dobbiamo dire che spesso non tace il vero sul Governo pontificio e che, col procedere dei tempi, si vanno assai modificando anche le sue opinioni. E però qua e là egli mostra di riconoscere il potere della parte liberale e non nasconde il disprezzo in cui era giustamente caduto il Governo clericale. Quindi, se dobbiamo dolerci, ad esempio, che nel processo Fausti-Venanzi egli tragga. le sue notizie dalle false Rivelazioni impunitarie della Vaccari-Diotallevi; che, nel principio del 1859, chiami giovinastri quelli che applaudono al generale De Goyon, dobbiamo rallegrarci, più tardi, nel leggere che la popolazione romana festeggia le vittorie degli eserciti alleati, e che un numero immenso di scelta popolazione passeggia per il Corso, alla notizia della presa di Gaeta. Se vi si accusano, e a torto, i liberali di spargimento di sangue, non vi si tace che i gendarmi [p. v modifica]pontifici menano colpi sulla folla senza compassione, e feriscono pacifici cittadini; che il popolo si ritira all’arrivo del papa per non salutarlo; che chi lo segue sono i soliti acclamanti, i soci delle papaline dimostrazioni, le quali non trovano eco nel popolo. Vi si disapprovano alcuni atti dello stesso pontefice e, tra gli altri, per esempio, quello di uscire nel giorno della discussione di una causa politica, o quando i Francesi sono sconfitti dai Prussiani. Non tace il Roncalli che le sottoscrizioni per le luminarie in onore di Pio IX sono imposte agli impiegati; che le finanze sono dissestatissime; che spesso si chiude la Depositeria per non esservi più fondi, che si deve ricorrere ad un prestito di 60.000 scudi alla Cassa di Risparmio, per pagare gli impiegati, e molte, e molte altre notizie che, disonorevoli al Governo, acquistano, come ognun comprende, maggior importanza narrate da un uficiale di Polizia che da uno di parte liberale: le [p. vi modifica]quali alcuno potrebbe credere non ispirate da verità, ma bensì da odio al Governo pontificio.

E di non poco dobbiamo ancor saper grado al Roncalli pei documenti uficiali, per gli avvisi, per le stampe clandestine, per le satire di Pasquino e di Marforio, da lui raccolte e largamente inserite nel suo Diario, le quali a grande stento potremmo trovare altrove.

Nell’anno 1865 il Governo gli fece sapere che non godeva più la fiducia Sovrana, e quindi lo allontanò dal suo uficio. Questo ozio forzato, sino all’anno 1875, l’ultimo della sua vita, spese il Roncalli nel riordinare e migliorare il suo Diario; ma non vi riuscì completamente, e perciò si notano qua e là, oltre a ripetizioni e lacune, difetti nella forma, che abbiamo cercato togliere ogni volta che non ne soffrisse la sostanza.

Il Diario, oltre alle publiche, contiene notizie di fatti privati; ma noi le abbiamo [p. vii modifica]omesse, e perchè inutili allo scopo nostro, e perchè spesso entrano nel sacrario delle famiglie, che abbiamo qui, come sempre, rispettato.


Roma, nell’aprile del 1884.




Note

  1. I Presidenti dei Rioni furono creati da Pio VII, nell’anno 1800, per sorvegliare al costume e all’educazione delle famiglie, portare la concordia fra privati, vigilare gli oziosi, i viziosi, gli irreligiosi, ecc. ecc.
          Dovevano, in alcune materie, operare d’accordo coi parrochi, e, dove non avessero potuto coi consigli e cogli altri mezzi raggiungere lo scopo per cui erano istituiti, potevano procedere ad arresti. Al cardinale vicario e al governatore di Roma dovevano riferire, ogni mese, lo stato dei Rioni.