Dialoghi d'amore/II De la comunità d'amore, Dialogo secondo

II De la comunità d'amore, Dialogo secondo

../I D'amore e desiderio, Dialogo primo ../III De l'origine d'amore, Dialogo terzo IncludiIntestazione 29 novembre 2022 100% Da definire

II De la comunità d'amore, Dialogo secondo
I D'amore e desiderio, Dialogo primo III De l'origine d'amore, Dialogo terzo

[p. 59 modifica]

FILONE e SOFIA

DE LA COMUNITÀ D’AMORE

DIALOGO SECONDO

[p. 61 modifica]


[Sofia.] Iddio ti salvi, o Filone. Tu passi cosí senza parlare?

Filone. Mi saluta la nimica de la mia salute. Pur Iddio ti salvi, o Sofia. Che vuoi tu da me?

Sofia. Vorrei che tu ti ricordasse del debito nel qual tu mi sei. Mi parrebbe ora tempo opportuno di pagarlo, se ti piacessi.

Filone. Io a te in debito? di che? Non giá di benefizio, né di benevolenzia; ché tu solamente di pena verso di me sei stata liberale.

Sofia. Ti concedo che non è debito di gratitudine, ma debito di promissione; il quale, se bene non è cosí gentile, è non di meno piú obligatorio.

Filone. Io non mi ricordo averti promesso altra cosa se non d’amarti e di patire li tuoi sdegni, fin a tanto che Caronte mi passi il fiume de l’oblivione; e oltra di ciò se da la parte di lá l’anima si truova con qualche sentimento, non sará mai spogliata d’affezione e martire. Di questa promessa non bisogna ch’io mi ricordi altrimenti; però che sempre si va pagando alla giornata.

Sofia. Tu sei smemorato, Filone, o fingi d’essere; non però si debbe men ricordare del debito il debitore che ’l creditore. Non ti ricordi ch’alli giorni passati, nel fine di quel nostro parlamento d’amore e desiderio, mi promettesti dirmi de l’origine e geneologia de l’amore, a compimento? Come cosí presto te ’l sei scordato? [p. 62 modifica]

Filone. Oh oh, io mi ricordo! Non ti maravigliare, Sofia, che avendomi tu usurpata la memoria, io non mi posso ricordar di queste cose.

Sofia. Se ben te la usurpo, te la levo da le cose aliene, ma non da le mie.

Filone. Di quelle tue solamente l’anima mia si ricorda, le quali l’empieno d’amore e di pena. Quest’altre, se ben son tue, son aliene del mio patire.

Sofia. Sia come si voglia, ti perdóno l’oblivione ma non la promessa. E poi che abbiamo tempo commodo, sediamo sotto quest’ombra; e dimmi del nascimento de l’amore e qual fu la sua prima origine.

Filone. Se vuoi che parliamo del nascimento d’amore, bisognará, in questa presente confabulazione, prima dirti de la comunitá del suo essere e de la sua ampia universalitá; e un’altra volta poi parleremo del suo nascimento.

Sofia. Non è prima l’origine de la cosa, che la sua universalitá?

Filone. È ben prima in essere, ma non è prima ne la nostra cognizione.

Sofia. Come no?

Filone. Perché la comunitá de l’amore è piú manifesta a noi che l’origine di quello: e da le cose note si viene a la cognizione de le cose ignote.

Sofia. Tu dici ben il vero, che l’universalitá de l’amore è assai manifesta: imperò che quasi nissuno uomo è spogliato di quello, né maschio né femmina né vecchio né giovane; e anco i bambini, ne la prima cognizione, amano le madri e nutrici loro.

Filone. Tu non fai adunque l’amore piú comune de l’umana generazione?

Sofia. Ancor in tutti gli animali irrazionali che generano si truova amore, tra femmine e maschi, e tra figliuoli e parenti.

Filone. Non solamente la generazione è cagione de l’amore che si truova negli uomini e negli altri animali, ma molte altre [p. 63 modifica]cose ci sono. Niente di manco l’amor non è solamente in questi; anzi la comunitá sua in molte piú cose del mondo si stende.

Sofia. Dimmi prima che altre cagioni d’amore si truovano nelli viventi; e dipoi mi dirai come ancor nelle cose non animate e non generative si può trovare amore.

Filone. Ti dirò l’uno e di poi l’altro. Gli animali, oltre che naturalmente amano le cose convenienti per seguirle, cosí come odiano le cose inconvenienti per fuggirle, s’amano ancor reciprocamente per cinque cagioni. Prima, per il desiderio e per la dilettazione de la generazione: come li maschi con le femmine. Seconda, per la successione generativa: come li padri e madri con li figliuoli. Terza, per il benefizio; il qual non solamente genera amore nel recipiente verso il datore, ma non meno il causa nel datore verso il recipiente, se ben fussero di diversa spezie: imperò che si vede che s’una cagna o ver una capra nutrisce un fanciullo, aversi l’un l’altro grandissimo amore; e cosí se nutrisce qualch’altro animale d’aliena spezie. Quarta, per la naturalitá della medesima spezie o d’altra consimile: ché vederai individui di ciascuna spezie degli animali non rapinanti usare la compagnia, per l’amore [che] s’hanno insieme. Ancor li rapinanti, se ben non s’accompagnano per godersi soli tutta la caccia, non di meno a quelli della propria spezie hanno rispetto e amore a non usare con loro la sua naturale e crudel ferocitá o vero velenositá. Ancor ne le diverse spezie degli animali si truova qualche similitudine amichevole, come il dalfino con l’uomo; sí come si truovano altri che s’odiano naturalmente, come il basalisco e l’uomo, che con la vista sola s’occideno. Quinta, per la continua compagnia; la quale non solamente gli animali d’una medesima spezie fa amici, ma ancor de l’altre diverse spezie e d’inimicabil natura: come si vede un cane con un leone e un agnello con un lupo per la compagnia diventar amici.

Sofia. Ho inteso la cagione de l’amore degli animali; dimmi ora quelle de l’amore degli uomini.

Filone. Le cagioni del reciproco amore degli uomini sono queste cinque medesime degli animali; ma l’uso de la ragione [p. 64 modifica]le fa piú intense o remisse, rettamente o ver indirettamente, secondo la diversitá del fin degli uomini.

Sofia. Dichiarami queste differenzie in ognuna di queste cinque cagioni.

Filone. La prima, del desiderio e dilettazione che si truova ne la generazione, è negli uomini cagione di piú intenso, fermo e proprio amore che negli animali; ma [questo] suole essere piú coperto con la ragione.

Sofia. Dichiara queste differenzie piú particolarmente.

Filone. È piú intenso negli uomini, perché amano le donne con maggior veemenzia, cercanle con maggior sollecitudine: tanto che, per quelle, lassano il mangiare e il dormire e pospongono ogni riposo. È piú fermo in loro, perché piú longamente si conserva l’amore tra l’uomo e la donna, in modo che né sazietá né assenzia né impedimento bastano a dissolverlo. È piú proprio, perché ogni uomo ha maggiore proprietá a una singular donna che il maschio degli animali a la femmina; e benché in alcuni [animali] si truovi qualche appropriazione, negli uomini è piú perfetta e determinata. È ancor questo amore piú coperto negli uomini che negli animali, perché la ragione suol frenar l’escesso di quello, e il giudica brutto quando non è regolato da quella; e per la forza che ha questo appetito carnale negli uomini e per la sua inobbedienzia a la ragione, gli uomini coprano li membri de la generazione come vergognosi e ribelli de la moderata onestá.

Sofia. Dimmi la differenzia tra gli uomini e gli animali ne la seconda cagione d’amore, cioè ne la successione generativa.

Filone. Per la successione generativa, negli animali, s’amano reciprocamente li figliuoli con li padri e madri solamente; e massimamente con le madri che sogliono essere nutrici loro; o vero con il padre quando li nutrisce; e non altrimenti. Ma gli uomini amano padri e madri insieme, e ancor li fratelli e altri propinqui, per l’approssimazione de la generazione. È ben vero che qualche volta l’avarizia umana e altri escessi fanno perdere, non solamente l’amore de’ parenti e fratelli, ma ancor [p. 65 modifica]de’ padri e madri e de le proprie mogli; la qual cosa non interviene cosí negli animali irrazionali.

Sofia. Dimmi la differenzia de la terza cagion d’amore, ciò è del benefizio.

Filone. Il benefizio è cagione che un uomo ama l’altro, come negli animali. Ma in questo voglio lodare piú gl’irrazionali, li quali si muovono piú ad amare per gratitudine del benefizio ricevuto, che per speranza di riceverlo; ma l’avarizia degli uomini non virtuosi fa che si muoveno piú presto per speranza d’avere un benefizio solo, che per gratitudine di molti giá ricevuti. Pur questa cagione del benefizio è tant’ampla che par comprenda la maggior parte de l’altre.

Sofia. Ed in quella quarta cagione de la medesima spezie, dimmi se v’è alcuna differenzia dagli uomini agli animali.

Filone. Naturalmente gli uomini s’amano, come gli altri animali d’una medesima spezie; e massime quelli che sono d’una patria o terra; ma gli uomini non hanno cosí certo e fermo amore come gli animali. Ché li piú feroci e crudeli degli animali con quelli della sua spezie non usano crudeltá: il leone non rapina l’altro leone, né il serpe addenta con veleno l’altro serpe. Ma gli uomini piú mali e occisioni riceveno dagli altri uomini, che da tutti gli altri animali e altre cose contrarie de l’universo; piú uomini uccide l’inimicizia, l’insidia, il ferro umano, che tutto il resto de le cose accidentali e naturali. È cagione de la corruzione de l’amor naturale degli uomini l’avarizia e cura che hanno de le cose superflue; de le quali si genera inimicizia non solamente tra li distanti di diverse patrie, ma ancora tra quelli d’una medesima provincia, d’una medesima cittá, e d’una medesima casa, tra fratelli e fratelli, tra padre e figliuoli, tra marito e moglie. S’aggiungono con queste ancor altre superstizioni umane, che son cagione di crudeli inimicizie.

Sofia. Máncati a dire de l’ultima cagione de l’amore, cioè de la compagnia: s’in quella è qualche differenzia tra gli uomini e gli altri animali.

Filone. La compagnia e conversazione ha maggiore forza [p. 66 modifica]ne l’amore e amicizia umana che in quello degli animali, per essere piú intrinseca; ché la favella la fa molto piú penetrativa negli corpi e negli animi, e se ben cessa per l’assenzia, rimane ne la memoria piú l’impressione che negli animali.

Sofia. Ho inteso come tutte queste cinque cagioni d’amore, che si truovano negli animali irrazionali, si truovano ancor negli uomini; e la differenzia loro. Ma vorrei sapere s’è nissun’altra cagione d’amore negli uomini, che non si truovi negli animali.

Filone. Due cagioni d’amore sono negli uomini, de le quali gli animali sono totalmente privati.

Sofia. Dichiaramele.

Filone. L’una è la conformitá de la natura e complessione de l’uno uomo con l’altro, che senza altra ragione ne la prima cognizione li fa diventare amici; e non trovandosi di tal amicizia altra cagione, si dice che si confanno di complessione; e in effetti è una certa similitudine o ver corrispondenzia armoniale de l’una a l’altra complessione. Come ancor si truova tra gli uomini odio senza cagion apparente; la qual deriva da dissimilitudine improporzionata de le lor complessioni. E l’astrologi dicono che questa amichevole conformitá procede da la simile posizione, o ver proporzionale, de li pianeti e segni celesti de la nativitá de l’uno e de l’altro; sí come la differenzia inimicabile de le complessioni deriva da la dissimile improporzionabile posizione celeste nei lor nascimenti. Questa cagione d’amore e amicizia conosciamo negli uomini, ma non negli animali.

Sofia. Qual’è l’altra?

Filone. L’altra è le virtú morali e intellettuali; che son quelle per le quali gli uomini eccellenti dagli uomini da bene son molto amati. E li meriti di quelle causano l’amore onesto, il quale è il piú degno di tutti: ché le persone umane, senza alcun’altra cagione, solamente per la virtú e sapienzia, efficacemente s’amano d’amore piú perfetto e piú fermo, che non per l’utile e per il delettabile. Ne le qual due tutte l’altre cinque cagioni d’amore s’intendeno. Questo solo è amore [p. 67 modifica]onesto; e si genera de la retta ragione; e per questo non si truova negli animali irrazionali.

Sofia. Ho inteso quante son le cause d’amore negli uomini e negli animali irrazionali. Ma veggo che tutte son proprie de li viventi, e niuna cade ne li corpi non viventi. E tu pur dici che l’amore non solamente è comune agli animali, ma ancor ad altri corpi insensibili; la qual cosa a me par strana.

Filone. Perché strana?

Sofia. Perché nissuna cosa si può amare, se prima non si conosce; e li corpi insensibili non hanno in sé virtú conoscitiva. Ancor, l’amor proviene da volontá o appetito, e s’imprime nel sentimento; li corpi insensibili né volontá né appetito né sentimento hanno: come adunque possono aver amore?

Filone. Il conoscimento e l’appetito e, per consequente, l’amor è di tre modi: naturale, sensitivo e razional volontario.

Sofia. Dichiarameli tutti tre.

Filone. Il natural conoscimento, appetito o amore, è quel che si truova ne li corpi non sensitivi, come son gli elementi e li corpi misti degli elementi insensibili, come li metalli e spezie di pietre e ancor le piante, erbe o ver arbori; che tutti questi hanno conoscimento natural del suo fine e inclinazion natural a quello: la qual’inclinazione li muove a quel fine, come li corpi gravi di discendare al basso e i lievi d’ascendare a l’alto come a proprio luogo conosciuto e desiato. Questa inclinazione si chiama, ed è veramente, appetito e amor naturale. Il conoscimento e appetito, o vero amor sensitivo, è quel che si truova negli animali irrazionali, per seguir lor conveniente, fuggendo l’inconveniente: come cercare il cibo, il poto, la temperie, il coito, la quiete e simil cose; che bisogna prima conoscerle, e di poi appetirle o amarle, e appresso seguirle. Ché se l’animale non le conoscesse, non le desiderarebbe né l’amerebbe; e se non le appetisse, non le seguirebbe per averle; e non avendole, non potria vivere. Ma questo conoscimento non è razionale, né questo appetito o amore è volontario, ché la volontá non sta senza la ragione; ma son opere de la virtú sensitiva. E per questo li diciamo conoscimento e amor [p. 68 modifica]sensitivo o, piú propriamente parlando, appetito. Il conoscimento e amor razionale e volontario si truova solamente negli uomini, perché proviene ed è administrato da la ragione; la qual fra tutti i corpi generabili e corruttibili solamente agli uomini è participata.

Sofia. Tu dici che l’amor volontario è solamente negli uomini e non negli altri animali e corpi inferiori; e dici ancor che l’amor o appetito sensitivo è negli animali irrazionali e non ne li corpi insensibili; e dici che l’amore e appetito naturale è quel che solamente si truova ne li corpi inferiori insensibili. Voglio or intendere se quest’amor naturale si truova ancor forse negli animali, con l’amor sensitivo che propriamente hanno; e se si truova ancor questo amor naturale e il sensitivo negli uomini, insieme con l’amor volontario e razionale ch’è proprio loro.

Filone. Hai ben dimandato; e cosí è, che con l’amor piú eccellente si truovano li manco eccellenti: ma con quel ch’è manco non sempre si truova il piú. In modo che negli uomini con l’amor razionale volontario si trova ancor l’amore sensitivo di seguir le cose sensibili, che convengano a la vita, fuggendo gl’inconvenienti, e si truova ancor in loro l’inclinazione naturale de li corpi insensibili: ché, cascando uno uomo di luogo alto, tenderá naturalmente al basso, come corpo grave; e negli animali si truova ancor questa inclinazione naturale, ché, come corpi gravi, cercano naturalmente il centro de la terra come luogo suo conosciuto e desiato di sua natura.

Sofia. Che ragion hai tu di chiamar a coteste inclinazioni naturali e sensitive, amore? ché l’amor parrebbe propriamente affetto de la volontá; e la volontá negli uomini, fra tutti gl’inferiori, solamente si truova. L’altre chiamale inclinazioni o appetito, e non amore.

Filone. Le cose si cognoscano per li suoi contrari, come dice Aristotile. La scienza de’ contrari è una medesima. Se il contrario di questo è, e chiamasi, odio, questo si debbe ragionevolmente chiamare amore. Ché, sí come negli uomini l’odio volontario è contrario de l’amore, cosí negli animali l’odio [p. 69 modifica]de le cose inconvenienti per la vita è contrario de l’amore de le cose convenienti per quella. E l’uno fugge l’animale, e l’altro segue; ché l’odio è cagione di farglielo fuggire, sí come l’amore è cagione di farglielo seguire. E ne li corpi irrazionali è amor naturale del grave al basso, e per quello il seguono, sí come fuggon l’altro per averlo in odio. E lo corpo lieve al contrario: che ama l’alto e odia il basso. E sí come in tutti si truova odio, cosí in tutti si truova amore.

Sofia. Come può amare chi non conosce?

Filone. Anzi conosce, poi ch’ama e odia.

Sofia. E come può conoscere chi non ha ragione né senso né immaginativa, come sono questi corpi inferiori insensibili?

Filone. Se ben non hanno in se medesimi queste potenzie conoscitive, sono dirizzati da la natura conoscitrice e governatrice di tutte le cose inferiori, o ver da l’anima del mondo, in una retta ed infallibil cognizione de le cose naturali, per sustenimento de le sue nature.

Sofia. E come può amare chi non sente?

Filone. Sí come da la natura li corpi inferiori son rettamente dirizzati in conoscere il suo fine e li suoi propri luoghi, cosí sono dirizzati da quella in amarli e appetirli, e nel muoversi per truovarli quando son da quelli separati. E sí come la saetta cerca rettamente il segno, non per sua propria cognizione, ma per la cognizione del saettante dal qual è dirizzata; cosí questi corpi inferiori cercano il suo proprio luogo e fine, non per lor propria cognizione, ma per la retta cognizione del primo creatore, infusa ne l’anima del mondo e ne l’universal natura de le cose inferiori. In modo che, sí come l’inclinazion de la saetta viene da cognizione amore e appetito artificiale, cosí quella di questi corpi irrazionali viene da cognizione e amor naturale.

Sofia. Mi consuona la maniera de l’amore e de la cognizione che si truova in questi corpi morti. Ma vorrei saper se forse in essi si truova altr’amore o appetito di quel ch’hanno a li propri luoghi, come lo lieve a l’alto, il grave al basso. [p. 70 modifica]

Filone. L’amor ch’hanno gli elementi e altri corpi morti a’ suoi propri luoghi, e l’odio che hanno a li contrari, è come l’amor ch’hanno gli animali a le cose convenienti e l’odio che hanno a le inconvenienti; e cosí fuggono l’uno e seguono l’altro. È ancor quest’amore de la sorte di quel ch’hanno gli animali terrestri a la terra, e li marittimi a l’acqua, e li volatili a l’aere, e la salamandra al fuoco che si dice che nasce in quello e che v’abita dentro. Tale è l’amor degli elementi a li suoi propri luoghi. Oltre questa sorte d’amore, ti dico che negli elementi si truovano tutte l’altre cinque cagioni d’amor reciproco che abbiam detto truovarsi negli animali.

Sofia. Tutte quelle?

Filone. Tutte.

Sofia. Dimmele distesamente.

Filone. Principiarò da l’ultima, che è l’amor de la medesima spezie, perché è piú manifesta. Vederai che le parti de la terra, che si truovano fuora del tutto, con efficace amore si muovano per unirsi con tutta la terra. E cosí le pietre che si congelano ne l’aere prestamente cercano la terra. E li fiumi e l’altre acque, che si generano ne le concavitá della terra de li vapori che exalano e si convertano in acqua, incontinente che si truovano in quantitá suffiziente, corrono a trovar il mare e tutto l’elemento de l’acqua per l’amor ch’hanno a la spezie. E li vapor aerei o venti, che si generano ne la concavitá de la terra, si sforzano d’uscirne fuora con terremoti, desiderando trovar il suo elemento de l’aere, per l’amore ch’hanno a la spezie. E cosí il fuoco, che si genera qua giú, si muove per salir al luogo del suo elemento a la parte superiore, per l’amor de la spezie.

Sofia. Intendo l’amor ch’hanno gli elementi a le sue proprie spezie. Dimmi de l’altre cagioni.

Filone. Dirò de la penultima de le cinque cagioni de l’amore, ch’è la quarta de la societá, perché ancor è manifesta per essere proporzionata a’ luoghi naturali.

Sofia. E che altra societá si truova negli elementi e ne li tali corpi? [p. 71 modifica]

Filone. A ognuno de li quattro elementi, cioè terra acqua aere e fuoco, piace la quiete appresso uno degli altri e non appresso gli altri. La terra fugge l’approssimazion del cielo e del fuoco, e cerca il centro ch’è il piú lontano dal cielo; e li piace star appresso a l’acqua e appresso a l’aere, di sotto ma non di sopra; ché trovandosi di sopra fugge al basso, e mai non riposa fin che non sia allontanata dal cielo piú che si può.

Sofia. E perché lo fa? ché dal cielo vien ogni bene.

Filone. Lo fa perciò che è la piú grave e grossa di tutti gli elementi, e, come pigra, li piace piú il reposo che a nissun degli altri; ed essendo sempre il cielo in moto continuo senza riposarsi mai, essa terra, per poter quietar, s’allontana da quel quanto piú può; e solamente nel centro, ch’è il piú basso, truova riposo, circondata da l’acqua da una parte e da l’aer da l’altra.

Sofia. Ho inteso della terra. Dimmi de l’acqua.

Filone. L’acqua ha ancora del grave e pigro, ma manco de la terra e piú degli altri; e per ciò essa ancor fugge dal cielo, per non muoversi con velocitá come fanno l’aere e il fuoco; cerca il basso e li piace star vicina a la terra, ma di sopra, e di sotto a l’aere, con li quali ha amore; e con il fuoco ha inimicizia e odio, e per quel il fugge e s’allontana da lui e non può patir di star seco senza compagnia degli altri.

Sofia. Dimmi de l’aere.

Filone. A l’aere per la sua leggerezza e suttilitá piace la natura e approssimazione celeste, e con leggerezza la cerca quanto può. E ascende a l’alto, non immediate appresso il cielo, perché non è di sustanzia tanto purificata quanto il fuoco, che piglia il primo luogo. E per ciò l’aere ama d’esser appresso il fuoco, sotto di lui; e ama ancor la vicinitá de l’acqua e de la terra, ma non può patir di stare di sotto di loro, se non di sopra; e con facilitá séguita il continuo moto circulare del cielo. Ed egli è amichevole al fuoco e a l’acqua: per essere questi due fra loro contrari e inimici, egli s’è messo in mezzo di loro come amico d’ambidui, perché non si possino danneggiare con guerra continua.

Sofia. Manca saper del fuoco. [p. 72 modifica]

Filone. Il fuoco è piú sottile, lieve e purificato di tutti gli elementi; e con nissuno di loro ha amore, se non con l’aere; la cui vicinitá gli piace, ma il stargli però di sopra. Ama il cielo, e non riposa mai ovunque si truova, fin che non li sia appresso. Quest’è l’amor sociale che si truova ne li quattro elementi.

Sofia. Mi piace. Ma perché non hai in questo assegnata la cagione perché il fuoco è tanto caldo, e l’acqua tanto fredda? e le qualitá degli altri?

Filone. Perché non appartiene a questa cagion d’amore; ma te la dirò, perché giovará a l’altre. Sappi che il cielo, col suo moto continuo e con li razi del sole e degli altri pianeti e stelle fisse de l’ottavo cielo, scaldano questo globo del corpo morto ch’empie tutto il concavo dentro dal cielo de la luna. E quella prima parte di questo globo, che è piú appresso il cielo, scaldandosi piú si purifica e molto s’assottiglia e si fa lieve e molto calda. E il suo calor è tanto, che consuma tutto l’umido e resta ancor secca: e questa è il fuoco. Stendendosi poi piú lontano questo caldo celeste in quella parte di questo globo che succede al fuoco, la fa ancor calda; ma non tanto che consumi l’umido. E quest’è l’aere; che è caldo e umido, e per lo caldo si purifica ancor e assottiglia e resta lieve poco manco che ’l fuoco, per essere men caldo. Quando giá si stende piú questo caldo celeste in questo globo oltra l’aere, non è tanto che faccia elemento caldo; anzi per la remozione del cielo resta freddo, ma non tanto ch’ei non li possi star l’umido. Resta ancor grave, per la grossezza che causa la frigiditá, e cerca il basso. E questo è l’elemento de l’acqua fredda e umida. Oltr’a questa, è tanta la frigiditá nel restante del centro di questo globo sotto l’acqua, che restringe tutto l’umido; e resta un corpo grossissimo, gravissimo, freddo e secco, com’è la terra. Si che l’aere e il fuoco, che per la vicinitá recevono piú del caldo e beneficio celeste, ch’è la vita de li corpi inferiori, amano piú il cielo; e ovunque si truovano, se li approssimano e si muoveno seco nel suo continuo moto circulare. L’altri dui, terra e acqua, perché poco ricevono del caldo e [p. 73 modifica]vita celeste, non l’amano cosí, né si approssimano a lui; anzi lo fuggano, per poter riposarsi quietamente, senza muoversi con lui continuamente e circularmente.

Sofia. Essendo la terra il piú infimo e vile di tutti gli elementi, come tu dici, e piú lontano dal fonte de la vita che è il cielo; come, in quella, si generano tante diversitá di cose, piú che in nissun’altro elemento? come sono le pietre di tante maniere: alcune grandi nette e belle, altre chiare e molto preziose; e li metalli, non solamente grossi, come ferro e piombo rame, stagno e argento vivo, ma altri ricchi e lustri, come l’argento e l’oro; poscia tanta diversitá d’erbe, fiori, arbori e frutti, quanti produce la terra; e piú oltre, tanta moltitudine e deformitá d’animali, li quali tutti sono annessi a la terra. Ché, se ben nel mare, si truovano alcune piante e gran copia d’animali diversi, e cosí ne l’aere di quelli che volano, tutti però hanno riconoscimento a la terra, ed in quella massimamente si fermano; e, sopra tutto, in quella si genera l’umana generazione, di mirabil perfezione fra tutti i corpi che son sotto il cielo, la qual non si genera né colloca in nissuna altra sfera degli elementi. Come dunque dici tu che la terra è il piú vile e il piú mortificato di tutti quattro gli elementi?

Filone. Se bene la terra, per essere lontanissima dal cielo, è in se medesima la piú grossa, fredda e bassa e piú aliena di vita, non di meno, per star nel centro unita, riceve unitamente in sé tutte l’influenzie e razi di tutte le stelle, pianeti e corpi celesti; e quivi si complessionano, talmente attraendo in quella la virtú di tutti gli altri elementi, che si vengono a complessionare di tante e tal maniere, che si generano tutte le cose che hai detto. La qual cosa nel luogo di nissuno altr’elemento non sarebbe possibile farsi, per non essere recettaculo comune unito di tutte le virtú celesti eiementali. Ne la terra s’uniscono tutte, e per gli altri elementi solamente passano; ma non si fermano se non ne la terra, per la sua grossezza e per esser nel centro, ne la qual tutti i razi feriscano piú forti. Sí che questa è la propria e ordinaria moglie del corpo celeste; e gli altri elementi son sue concubine. Per ciò che in lei genera il cielo [p. 74 modifica]tutta o ver la maggior parte de la sua generazione; ed ella si fa ornata di tante e sí diverse cose.

Sofia. Son satisfatta del mio dubbio. Torniamo al proposito. Dimmi de l’altre ragioni de l’amore degli uomini e animali: se si trovano negli elementi e altri corpi morti; com’è quella terza del benefizio, e la seconda della successione generativa, e la prima del desiderio e dilettazione de la generazione.

Filone. Quella del benefizio, in questi corpi elementari, è una medesima con quella de la successione de la generazione; però che il generato ama il generatore come suo benefattore, e il generatore ama il generato come recipiente del suo benefizio. Questa de la successione generativa si truova ben ne li generati dagli elementi. Ché tu vedrai le cose generate ne la regione de l’aere da li vapori ch’ascendan da la terra e dal mare; quando li vapori son umidi, si genera di quelli acqua, nieve e grandine. Le quali, come son generate, subbito con impeto amoroso descendono a trovare il mare e la terra lor madre; e, se li vapori son secchi, si fanno di quelli venti e cose ignee; e li venti cercano l’aere con sua spirazione; e l’igneo va piú alto cercando il fuoco: ognuno mosso da l’amore de la sua propria origine ed elemento generativo. Vedrai ancor le pietre e metalli generati da la terra, quando si truovano fuor di quella, con velocitá la cercano e non quietan mai fin che non son in quella, come cercan li figliuoli le madri, che con esse solamente s’acquietano. La terra ancor con amor li genera, li tiene e conserva. E le piante, l’erbe e l’arbori hanno tanto amore a la terra madre e generatrice loro, che mai senza corruzione si vogliano discostar da lei; anzi con le braccia de le radici l’abbracciano con affezione, come fanno i fanciulli le mamelle de le madri. Ed essa terra, come piatosa matre, con non piccola caritá ed amore non solamente li genera, ma sempre ha cura di nutrirli de le sue proprie umiditá, cavandosele de li suoi interiori a la sua superficie per mantenerli con quella, come fa la madre che cava il latte da le sue viscere a le mamelle per allattare i suoi figliuoli. Ancor quando manca a la terra umiditá per dare a loro, con preghi e supplicazioni [p. 75 modifica]la domanda al cielo e a l’aere; e la compra e contratta con li suoi vapori che ascendono, de li quali si genera l’acqua pluviale per nutrir le sue piante e li suoi animali. Qual matre potrebbe essere piú piena di pietá e caritá verso i suoi figliuoli?

Sofia. Certamente mirabil è una simil cura in un corpo senz’anima com’è la terra; e molto piú mirabil quella di colui che l’ha potuta far sí curiosa. Restami solamente a intendere de la prima cagion de l’amore negli animali, ch’è il desiderio e la dilettazion de la generazione: come questa si truovi negli elementi e corpi senz’anima sensitiva.

Filone. Si truova l’amore generativo negli elementi e ne la materia di tutte le cose inferiori, piú copiosamente che in niuno degli altri.

Sofia. Come, ne la materia? È forse la materia di tutte queste cose inferiori altra che questi quattro elementi? Noi pur vediamo che di questi si generano tutte l’altre cose generate.

Filone. È ben cosí. Ma li medesimi elementi son ancor generabili: onde bisogna dir di che cosa si generano.

Sofia. Di che? L’uno de l’altro. Vediamo che de l’acqua si fa aere, de l’aere acqua, e di fuoco aere, e di l’aere fuoco: e cosí ancor la terra.

Filone. Ancor questo che dici è vero. Ma quelle cose che si generano degli elementi, li propri elementi son materia e fondamento che resta ne la cosa generata da loro, tutti quattro uniti virtualmente. Ma quando si genera l’uno de l’altro, non può essere cosí: ché quando il fuoco si converte in acqua, non resta il fuoco ne l’acqua, anzi si corrompe il fuoco e si genera l’acqua. E poi ch’è cosí, bisogna assegnare qualche materia comune a tutti gli elementi, ne la qual si possin fare queste lor transmutazioni. La qual essendo una volta informata in forma d’aere per suffiziente alterazione; lassando quella forma d’aere, piglia la forma de l’acqua; e cosí degli altri. Questa chiamano li filosofi materia prima; e li piú antichi la chiamano caos, che in greco vuol dir confusione: perché tutte le cose, potenzialmente e generativamente, son in quella insieme e in confusione; e di quella si fanno tutte, ciascuna da per sé, diffusamente e successivamente. [p. 76 modifica]

Sofia. E che amor può cadere in cotesta?

Filone. Questa, come dice Platone, appetisce e ama tutte le forme de le cose generate, come la donna l’uomo. E, non saziando il suo amor, l’appetito e ’l desiderio la presenzia attuai de l’una de le forme, s’innamora de l’altra che li manca, e, lassando quella, piglia questa: di maniera che, non potendo sostenere insieme tutte le forme in atto, le riceve tutte successivamente, l’una doppo l’altra. Ancor possiede, in molte parti sue, tutte le forme insieme; ma ognuna di quelle parti, volendo goder de l’amore di tutte le forme, bisogna loro successivamente di continuo trasmutarsi de l’una ne l’altra; ché l’una forma non basta a saziar il suo appetito e amore, il qual escede molto la satisfazione, che una sola forma di queste non può saziare questo suo insaziabile appetito. E, sí come essa è cagion della continua generazion di quelle forme che gli mancano, cosí essa stessa è cagion de la continua corruzion de le forme che possiede. Per la qual cosa alcuni la chiamano meretrice, per non aver unico né fermo amore ad uno; ma quando l’ha ad uno, desidera lassarlo per l’altro. Pur con quest’adultero amore s’adorna il mondo inferiore di tanta e cosí mirabil diversitá di cose cosí bellamente formate. Sí che l’amor generativo di questa materia prima, e il desiderio suo sempre del nuovo marito che li manca, e la dilettazione che riceve del nuovo coito, è cagion de la generazion di tutte le cose generabili.

Sofia. Intendo ben l’amor e l’appetito e ’l desiderio insaziabile che sempre si truova in questa materia prima. Vorrei saper che amor generativo si può truovar ne li quattro elementi, poi che son tra loro contrari.

Filone. L’amore che si suol trovare ne li quattro elementi, se ben son contrari l’un de l’altro, è cagion generativa di tutte le cose miste e composte da loro.

Sofia. Dichiarami in qual maniera.

Filone. Gli elementi per la sua contrarietá sono divisi e separati. Perché, essendo il fuoco e l’aere caldi e leggieri, cercano l’alto e fuggono il basso. Ed essendo la terra e l’acqua [p. 77 modifica]freddi e gravi, cercano il basso e fuggono l’alto. Pur molte volte, per intercession del benigno cielo, mediante il suo moto e li suoi razi, si congiungono in amicizia. E in tal forma si mescolano insieme e con tale amicizia, che pervengono quasi in unitá d’uniforme corpo e d’uniforme qualitá. La qual amicizia è capace a ricevere, per la virtú del cielo nel tutto, altre forme piú eccellenti che nissuna degli elementi, in diversi gradi; restandovi pur gli elementi misti materialmente.

Sofia. Qual sono queste forme che gli elementi, mediante la loro amicizia, ricevono? e quanti son li gradi loro?

Filone. Nel primo grado e piú tenue de l’amicizia ricevono le forme de li misti non animate. Come son le forme de le pietre: alcune oscure e alcune piú chiare; e alcune lustre e preclare, ne le quali la terra pone la durezza, l’acqua la chiarezza, l’aere la diafanitá o vero trasparenzia, ed il fuoco la lustrezza o vero luciditá con li razi che si truovono ne le preziose pietre. Ancor resulta, di questa prima mistione amichevole de gli elementi, le forme de’ metalli: alcuni grossi, come ferro e piombo; altri piú netti, come rame e stagno e argento vivo; altri chiari e belli, com’è l’argento e l’oro: negli qual tutti domina tanto l’acqua, che ’l fuoco li suol liquefare. In tutti questi, tant’è piú perfetta la forma del misto, pietra o ver metallo, quanto l’amicizia degli elementi è in essa maggiore e piú eguale. E quando l’amicizia di questi quattro contrari elementi è di maggior grado, e il suo amor è piú unito con maggior egualitá e con manco eccesso d’ognuno di loro; non solamente hanno le forme de la mistione, ma ancor ricevono forme piú eccellenti, come sono l’animate. E prima quelle de l’anima vegetativa; che causano ne le piante la germinazione, il nutrimento e il crescimento per ogni lato, e la generazione de le simili con la semenza e ramo del generante. E cosí si generano tutte le spezie de le piante: de le quali le manco perfette son l’erbe, l’arbori son piú perfetti. E tra loro, tant’è de l’anima vegetativa ogni spezie piú perfetta de l’altra e di piú eccellente operazione, quanto questi quattro contrari elementi si truovano in lei con maggior amore e con piú unitá ed equal amicizia. [p. 78 modifica]E questo è il secondo grado de la lor amicizia. E quando l’amor degli elementi è maggiore, piú unito e piú eguale, non solamente ricevono le forme de la mistione e le forme de l’anima vegetativa di nutrizione, augumento e generazione, ma ancor ricevono di piú le forme de l’anima sensitiva col senso e moto locale e con la fantasia e appetito. E di questo grado d’amicizia si generano tutte le spezie degli animali terrestri, acquatici e volatili. E alcuni ne sono imperfetti, che non hanno moto niuno, né de li sensi, se non quel del tatto; ma gli animali perfetti hanno tutti li sensi e movimento. E tanto è l’una spezie piú eccellente de l’altra ne la sua operazione, quanto l’amicizia de li suoi elementi è maggior e di maggior unione ed egualitá. E questo è il terzo grado d’amor negli elementi. Il quarto e ultimo grado d’amor e amicizia che si truova negli elementi, è che, quando vengono nel piú eguale amor e ne la piú unita amicizia ch’è possibile, non solamente ricevono in sé le forme mistive, vegetative e sensitive con le motive, ma ancor si fanno capaci a participare forma molto piú lontana e aliena da la viltá di questi corpi generabili e corruttibili; anzi participano la forma propria de li corpi celesti et eterni: la qual è l’anima; che solamente, fra tutti l’inferiori, si truova ne la spezie umana.

Sofia. E come fu possibile che l’uomo, essendo fatto di questi medesimi elementi contrari e corruttibili, abbi potuto sortir forma eterna e intellettuale, annessa a li corpi celesti?

Filone. Perché l’amor de li suoi elementi è tanto eguale uniforme e perfetto, che unisce tutta la contrarietá degli elementi, e resta fatto un corpo remoto d’ogni contradizione e opposizione; sí come il corpo celeste, ch’è denudato d’ogni contrario: e per quello viene a partecipare quella forma intellettuale ed eterna, la qual solamente i corpi celesti suole informare.

Sofia. Non ho mai inteso di tal amicizia negli elementi. So ben che, secondo la perfezione de la complession di quelli, la forma del composto viene ad essere piú o men perfetta.

Filone. La complession degli elementi e la lor amicizia (come può stare li contrari uniti insieme senza litigio né con[p. 79 modifica]tradizione) non ti par vero amore e amicizia? Alcuni chiamano questa amicizia: armonia, musica e concordanzia. E tu sai che l’amicizia fa la concordanzia, sí come l’inimicizia causa discordia. E per questo il filosofo Empedocles dice che le cagioni de la generazione e corruzione in tutte le cose inferiori son sei: li quattro elementi, l’amicizia e l’inimicizia. Perché l’amicizia de li quattro elementi contrari causa tutte le generazioni de li corpi composti di quelli; e l’inimicizia loro causa la sua corruzione. Perché, secondo questi quattro gradi de la generazione d’amore che t’ho detto, ne li quattro elementi, che son causa de la generazione di tutt’i corpi composti ne li quattro gradi di composizione, hai da intendere altrettanti gradi d’odio, che son cagioni de la lor dissoluzione e corruzione. Sicché, come ogni male e rovina deriva da l’inimicizia di questi quattro elementi, cosí ogni bene e generazione viene da l’amore e amicizia loro.

Sofia. Mi piace il discorso che hai fatto ne le maniere e ragion de l’amore che si truova in questo mondo inferiore, cioè in tutte le cose generabili e corruttibili, cosí negli uomini come negli animali bruti, come ne le piante e ne li misti che non hanno anima alcuna, e cosí ne li quattro elementi e ne la materia prima, comune a tutti. E ben vegg’io che, sí come una spezie d’animali ama un’altra e s’accompagna con quella e un’altra odia e fugge, cosí ancor ne le piante si truovano alcune spezie amiche de l’altre: e nascono insieme; e quando son in compagnia germinano meglio; e d’altre son inimiche, ché, essendo appresso, si guastano. E vediamo li metalli, uno accompagnare l’altro nel suo minerale, e altro no; e cosí ne le pietre preziose. E vediamo la calamita tanto essere amata dal ferro, che, non ostante la grossezza e la gravezza del ferro, egli si muove e va a trovarla. E, in conclusione, io veggio che non è corpo alcun sotto il cielo, che non abbi amore, desiderio e appetito naturale, o sia sensuale o veramente volontario, secondo che tu hai detto. Ma ne li corpi celesti e ne l’intelletti spirituali mi parrebbe strano che si trovassi amore, non essendo in lor de le passioni di questi corpi generabili. [p. 80 modifica]

Filone. Ne li corpi celesti e ne le cose intellettuali non si truova manco amore che negl’inferiori, anzi piú eminente e di maggior eccellenzia.

Sofia. Vorrei saper a che modo. Perché la principal cagione e piú comune ch’io veggia de l’amore, è la generazione. E non essendo generazione ne le cose eterne, come può in loro essere amore?

Filone. Non è generazion in loro, perché sono ingenerabili e incorruttibili. Ma la generazione degl’inferiori viene dal cielo come da vero padre; sí come la materia è la prima madre ne la generazione; e di poi li quattro elementi, massimamente la terra, ch’è la piú manifesta madre. E tu sai che non manco pien d’amore son li padri de la generazione che le madri; anzi hanno forse amor piú eccellente e perfetto.

Sofia. Dimmi piú largamente di quest’amor paternal del cielo.

Filone. In comune ti dico che, movendosi il cielo, padre de li generabili, nel suo moto continuo e circular sopra tutto il globo de la materia prima, e movendosi e mescolando tutte le sue parti, ella germina tutti li generi e spezie e individui del mondo inferiore de la generazione: sí come movendosi il maschio sopra la femina e movendo quella, ella fa figliuoli.

Sofia. Dimmi questa propagazione piú particularmente e chiaramente.

Filone. La materia prima, com’una femina, ha corpo, recipiente umiditá che la nutrisce, spirito che la penetra, calor naturale che la tempera e vivifica.

Sofia. Dichiarami ciascuna.

Filone. La terra è il corpo de la materia prima, ricettaculo di tutte l’influenzie del suo maschio, ch’è il cielo. L’acqua è l’umiditá che la nutrisce. L’aere è il spirito che la penetra. Il fuoco è il calor naturai che la tempera e vivifica.

Sofia. A che modo influisce il ciel la sua generazione ne la terra?

Sofia. Tutt’il corpo del cielo è il maschio che la copre e circonda con moto continuo. Ella, se ben è quieta, si muove [p. 81 modifica]pur un poco per il movimento del suo maschio. Ma l’umiditá sua ch’è l’acqua, e il spirito suo ch’è l’aere, e il suo calor natural ch’è il fuoco, si muoveno attualmente per il moto celeste virile, secondo si muoveno tutte queste cose ne la femina al tempo del coito per il moto del maschio, se ben essa non si muove corporalmente, anzi sta quieta per ricevere il seme de la generazione del suo maschio.

Sofia. Che seme porge il cielo ne la terra, e come lo può porgere?

Filone. Il seme che la terra riceve dal cielo è la rugiada e acqua pluviale, che, con li razi solari e lunari e degli altri pianeti e stelle fisse, si genera ne la terra e nel mare tutte le spezie e individui de li corpi composti ne li quattro gradi di composizione, come t’ho detto.

Sofia. Qual’ son propriamente nel cielo li produttori di questo seme?

Filone. Tutt’il cielo il produce col suo continuo moto, sí come tutto il corpo de l’uomo in comune produce il sperma. E del modo che ’l corpo umano è composto di membri omogenei, cioè non organizzati, ossa, nervi, vene, panniculi e cartilagini, oltra la carne ch’è un empimento come tra l’uno e l’altro; cosí il gran corpo del cielo ottavo è composto di stelle fisse di diverse nature; le quali si dividono in cinque grandezze e in un’altra sesta spezie di stelle nuvolose, oltre la sustanzia del corpo diafano del cielo, che continua ed empie fra l’una e l’altra.

Sofia. E li sette pianeti, di che serveno ne la generazione di questo seme del mondo?

Filone. Li sette pianeti son sette membri eterogenei, cioè organici, principali ne la generazione di questo seme, come ne l’uomo son quelli che generano il sperma.

Sofia. Dimmeli distesamente.

Filone. La generazione del sperma ne l’uomo depende, prima dal cuore, che dá li spiriti col calor naturale, il qual è formale nel sperma. Secondo, il cerebro dá l’umido, ch’è materia del sperma. Terzo il fegato, che tempera con suave [p. 82 modifica]decozione il sperma e il rifá e augumenta del piú purificato del sangue. Quarto la milza, la qual, dopo che l’ha purificato con attraizione de le feccie melanconiche, l’ingrossa e lo rifá viscoso e ventoso. Quinto le reni, che con la propria decozione lo fanno pungitivo, caldo e incitativo, massimamente per la porzion de la collera che hanno sempre dal fiele. Sesto li testiculi, ne li quali il sperma riceve perfezione di complessione e natura seminale generativa. Il settimo e ultimo è la verga, che porge il seme ne la femina recipiente.

Sofia. Intendo come questi sette membri organici concorrono ne la generazione del sperma virile. Ma che ha da far questo con li sette pianeti?

Filone. Cosí concorrono li sette pianeti nel cielo, per la generazione del seme mondano.

Sofia. In che maniera?

Filone. Il sole è il cuor del cielo, dal qual deriva il calor naturale spirituale, che fa esalar li vapori de la terra e del mare e generare l’acqua e la rugiada, ch’è il seme: e li raggi e aspetti suoi la conducono; massimamente con la mutazione de li quattro tempi de l’anno che egli fa col suo moto annale. La luna è il cerebro del cielo, che causa l’umiditá che son il seme comune; e per le sue mutazioni si mutano i venti e descendano l’acque; fa l’umiditá de la notte e la rugiada, che è nutrimento seminale. Giove è il fegato del cielo, che col suo caldo e umido suave giova ne la generazione de l'acque e ne la temperie de l’aere e suavitá de’ tempi. Saturno è la melza del cielo, che con la sua frigiditá e siccitá fa ingrossar li vapori, e congelare l’acque, e muover li venti che le portano, e temperare la resoluzione del caldo. Marte è il fiele e le reni del cielo, che col suo caldo eccessivo giova ne la ascensione de li vapori, e liquefá l’acqua e la fa fluire, e l’assottiglia e fa penetrativa, e li dá caldo seminale incitativo acciò che la frigiditá di Saturno e de la Luna non faccia il seme indisposto a la generazione per mancamento di caldo attuale. Venere è li testiculi del cielo. Questa ha gran forza ne la produzion de l’acqua buona e perfetta per la seminazione: ché la frigiditá e [p. 83 modifica]umiditá sua è benigna, molto digesta e atta a causare la generazion terrestre. E, per la proporzione e approssimazione che hanno le reni con li testicoli ne la generazion del sperma, hanno li poeti finto Marte innamorato di Venere, perché l’uno dá l’incitazione e l’altro l’umido disposto al seme. Mercurio è la verga del cielo: qualche volta diretto e qualche volta retrogrado; alcuna volta causa attualmente le pioggie, alcun’altra l’impedisce. Si muove principalmente de la prossimazione del sole e de l’aspetti de la luna; come si muove la verga del desiderio e incitazion del cuore e de la immaginazione e memoria del cerebro. Sicché tu, o Sofia, vedi com’il cielo è perfettissimo marito de la terra: ché, con tutti li suoi membri organici ed omogenei, si muove e sforza di porgere in quella il seme e generar in essa tante belle generazioni e di tanta diversitá. Non vedi tu che non si continuaria una cosí somma diligenzia, cosí sottil provedimento, se non per un ferventissimo e finissimo amore che ’l cielo, come proprio uomo generante, ha a la terra e agli altri elementi e ad essa prima materia in comune, come a propria donna de la qual sia innamorato o ver maritato con lei? Ed ha amore a le cose generate, e cura mirabile del suo nutrimento e conservazione, come a propri figliuoli. E la terra e materia ha amore al cielo come a dilettissimo marito, o amante, e benefattore; e le cose generate amano il cielo come patre pio ed ottimo curatore. Con questo reciproco amore s’unisce l’universo corporeo, e s’adorna e sostiene il mondo. Che altra maggior demostrazione vuoi tu intendere de la comunitá de l’amore?

Sofia. Mirabile è l’amor matrimoniale e reciproco de la terra e del cielo, e cosí quanto ha la terra de la proprietá de la moglie, e il cielo del marito, con li suoi sette pianeti, corrispondenti a li membri concorrenti ne la generazione del sperma de l’uomo. E giá ho inteso che ognuno di questi sette pianeti ha significazione, secondo gli astrologi, sopra uno de li membri de l’uomo, ma non de li appropriati a la generazione; anzi piú tosto hanno significazione sopra li membri esteriori de la testa fatti per servire a la cognizione sensibile e interiore. [p. 84 modifica]

Filone. È ben vero che li sette pianeti hanno significazione sopra li sette busi che son ne la testa, servienti al sentimento e cognizione, cioè: il sole sopra l’occhio destro, la luna sopra il sinistro, (perché ambidui son gli occhi del cielo); Saturno sopra l’orecchia destra e Giove sopra la sinistra (secondo altri al contrario); Marte sopra il destro buso del naso e Venere sopra il sinistro (e secondo altri il contrario); Mercurio sopra la lingua e bocca, perché egli è sopra la loquella e dottrina. Ma questo non toglie che, come dicono gli astrologi, non abbino ancora significazione sopra questi altri sette membri del corpo, concorrenti ne la generazione secondo t’ho detto.

Sofia. Per che cagione s’appropriano questi due modi di significazione parziali ne li membri umani?

Filone. Perché questi sette membri de la cognizione correspondono ne l’uomo a quelli sette de la generazione.

Sofia. A che modo?

Filone. Il cuore e il cerebro son nel corpo come gli occhi ne la testa; il fegato e la milza come le due orecchie; le reni e li testiculi come li due busi del naso. La verga è proporzionata a la lingua, in modo di posizione e in figura e in stendimento e recoglimento; ed è posta in mezzo di tutti, e in opera che, sí come movendosi la verga genera generazione corporale, la lingua la genera spirituale con la locuzione disciplinale, e fa figliuoli spirituali come la verga corporali. E il bacio è comune ad ambidui, l’uno incitativo de l’altro. E cosí come tutti gli altri serveno a la lingua ne la cognizione, ed ella è il fine de l’apprensione de l’esito di essa cognizione; cosí tutti gli altri deserveno a la verga ne la generazione, e in lei consiste il fine e l’esito loro. E sí come la lingua è posta fra le due mani, che sono strumenti d’esecuzione di quel che si conosce e che si parla; cosí la verga è posta fra li piedi, istrumenti del moto per approssimarsi a la femina recipiente.

Sofia. Ho inteso questa corrispondente proporzione de li membri conoscitivi de la testa a li membri generativi del corpo. Ma dimmi perché in cielo non si truovano similmente due maniere di pianeti correspondenti in cognizione e generazione, per fare la similitudine piú perfetta. [p. 85 modifica]

Filone. Il cielo, per la sua simplicitá e spiritualitá, con li membri e istrumenti medesimi de la cognizione genera le cose inferiori. In modo che ’l cuore e il cerebro, produttori del seme generativo del cielo, sono occhi con che vede, cioè il sole e la luna; il fegato e la melza, temperatori del seme, son le orecchie con che ode, cioè Saturno e Giove; le reni e li testiculi, perficienti del seme, son li busi del naso con che odora, cioè Marte e Venere; la verga, porgitrice del seme, è la lingua mercuriale guidatrice de la cognizione. Ma ne l’uomo e negli altri animali perfetti, se ben sono immagine e simulacro del cielo, non di meno fu di bisogno divider loro i membri conoscitivi da li generativi, e quelli mettere ne la parte superiore de la testa, e questi ne l’inferiore del corpo, corrispondenti però l’uno a l’altro.

Sofia. Di questo son satisfatta. Ma resto in dubio che tu hai comparato il cielo a l’uomo, e la materia e terra e altri elementi a la femina. E io ho sempre inteso che l’uomo è simulacro non solamente del cielo, ma di tutto l’universo corporeo e incorporeo insieme.

Filone. Cosí è la veritá: che l’uomo è immagine di tutto l’universo: e per questo li greci il chiamano microcosmos, che vuol dire piccol mondo. Niente di manco l’uomo, e cosí ogni altro animale perfetto, contiene in sé maschio e femina, perchè la sua spezie si salva in amendue e non in un sol di loro. E perciò non solamente ne la lingua latina uomo significa il maschio e la femina; ma ancor ne la lingua ebrea, antichissima madre e origine di tutte le lingue, Adam, che vuol dire uomo, significa maschio e femina, e nel suo proprio significato contiene ambidui insieme. E li filosofi affermano che ’l cielo sia solamente uno animale perfetto. E Pitagora poneva che in lui fusse destra e sinistra, come in ogni altro perfetto animale; dicendo che la metá del cielo da la linea equinoziale fino al polo artico, che noi chiamiamo tramontana, era la destra del cielo: perché da ditta linea equinoziale verso la tramontana vedeva maggior stelle fisse e piú chiare e piú numerose di quel che vedeva da l’equinoziale verso l’altro polo; e li pareva ancor che [p. 86 modifica]causasse, negl’inferiori, maggiore e piú eccellente generazione in quella parte de la terra che ne l’altra. E chiama l’altra metá del cielo, quella che è da la linea equinoziale fino all’altro polo antartico, che da noi non è veduto, sinistra del cielo. Ma il filosofo Aristotile, confermando il cielo essere un animale perfetto, dice che egli non solamente ha queste due parti de l’animale, cioè destra e sinistra, ma che ancora, oltr’a queste, ha l’altre parti de l’animal perfetto, cioè: innanzi e dietro, che è faccia e spalle; alto e basso, che è testa e piedi. Perché nell’animale si truovano divise e differenti tutte queste sei parti; e la destra e la sinistra presupponeno l’altre quattro, senza le quali non potrebbero stare: perché la destra e la sinistra son parti de la larghezza del corpo de l’animale; e l’alto e il basso, cioè capo e piedi, son parti de la lunghezza, la qual naturalmente precede a la larghezza. Il dinanzi e quel dietro, cioè faccia e spalle, son parti de la profonditá del corpo de l’animale; la qual è fondamento de la longhezza e de la larghezza. Sicché, essendo destra e sinistra nel cielo, secondo che dice Pittagora, bisogna che si truovin in lui l’altre quattro parti de l’altre due dimensioni: capo e piedi, da la longhezza; e faccia e spalle, da la profonditá. Dice esso Aristotile non esser la destra del cielo il nostro polo, né la sinistra l’altro, come dice Pittagora: però che la differenzia e il miglioramento de l’una sopra de l’altra non sarebbe nel cielo medesimo, ma in apparenza a noi o in rispetto; o forse che ne l’altra parte, non conosciuta da noi, si truovan piú stelle fisse nel cielo e piú abitazioni ne la terra. (E a’ tempi nostri l’esperienza de la navigazione de’ portughesi e dei spagnuoli n’ha dimostrato parte di questo). Onde egli dice che l’oriente è la destra del cielo, e l’occidente la sinistra; e pone essere tutto il corpo del cielo un animale, il capo del quale è il polo antartico a noi occulto, e li piedi il polo artico de la tramontana. E a questo modo resta la destra ne l’oriente, e la sinistra ne l’occidente; e la faccia è quella parte ch’è da oriente in occidente; e le spalle, o ver il dietro, è quella parte ch’è da l’occidente a l’oriente di sotto. Sicché, — essendo tutto l’universo un uomo, o ver un animale che contiene maschio e [p. 87 modifica]femina, ed essendo il cielo un de li dui perfettamente con tutte le sue parti, — certamente puoi credere ch’è il maschio, o l’uomo; e che la terra e la materia prima, con gli elementi, è la femina; e che questi son sempre ambidui congiunti in amore matrimoniale, o ver in reciproca affezione de dui veri amanti, secondo t’ho detto.

Sofia. Mi piace quel che m’hai detto d’Aristotile, de l’animalitá del cielo e de le sue sei parti, naturalmente differenti ne l’animale che ne le piante. Se ben si truova [ne le piante] differenzia di capo e piedi: ché ’l capo è la radice, e li piedi le frondi: che in questo è animal a riverso, in quel de l’alto al basso. Non si truovano però in loro le differenzie de l’altre parti; però che non hanno faccia né spalle, né destra né sinistra. Ma in questo che dice Aristotile, che l’oriente è la destra del cielo e l’occidente la sinistra, m’occorre un dubio: che l’oriente né l’occidente non è uno a tutti l’abitatori de la terra; anzi l’oriente nostro è occidente agli altri che abitano di sotto di noi, che si chiamano antipodi; e il nostro occidente è oriente a loro; e tutte le parti de la rotonditá del cielo, dal levante al ponente, son a certi abitatori de la terra oriente e a cert’altri occidente. Qual adunque di questi orienti sará la destra? e perché un piú che l’altro? e se ogni oriente è destra, uno medesimo sarebbe destra e sinistra? Solvimi questo che mi par dubbioso.

Filone. Il tuo dubio, o Sofia, non è molto facile d’assolvere. Alcuni dicono che quell’oriente ch’è destra del cielo, è l’oriente di quelli che abitano in mezzo de la lunghezza de l’abitazion del mondo, dal levante al ponente; perché credano che la metá de la longhezza sia abitata, o ver terra scoperta, e che l’altra sia coperta da l’acqua.


Sofia. Quest’è vero.

Filone. Non giá, che non è vero! Perché noi sappiamo che la maggior parte de la rotonditá de la terra, dal levante al ponente, è scoperta; e che ognuna ha il suo oriente, e l’uno non debb’essere piú la destra che l’altro; massimamente che, quel che a uno è oriente, è occidente a l’altro. E a questo [p. 88 modifica]modo un medesimo oriente sarebbe destra e sinistra, come hai detto. Per il che alcuni altri dicano che ’l segno Ariete è la destra del cielo, e il segno Libra la sinistra.

Sofia. Per che ragione?

Filone. Perché quand’il sole sta in Ariete ha gran possanza: e si generano allor tutte le piante, e ringiovanisce il mondo; e quando è in Libra, tutte si vanno seccando e invecchiando.

Sofia. Se ben fusse cosí, non per questo Ariete sarebbe la destra, poi che non è sempre in oriente, ma qualche volta in occidente; e quando è oriente ad uno, è occidente a l’altro. E Aristotile dichiara che Ponente è la destra.

Filone. Ben li reprovi: massimamente per ciò che non a tutti l’abitatori de la terra il sole è cosí benivolo e benefattore, quando si truova in Ariete. Perché quelli de l’altra metá de la terra, che abitano di lá da l’equinoziale e veggono l’altro polo antartico, i quali si chiamano antictoni, riceveno il benefizio de la primavera quando il sole è in Libra, perché allora se li principia ad approssimare; e provano il mancamento de l’autunno quando è in Ariete, ché allora s’allontana da loro, al contrario di noi. Adunque la destra nostra sarebbe a loro sinistra. E pur la destra de l’animale con tutti è destra, e cosí la sinistra.

Sofia. Senza dubbio è cosí: ché giá ho inteso che quelli che abitano di lá da la zona torrida hanno la primavera quando noi l’autunno; e hanno l’autunno quando noi la primavera. Pur ti prego, o Filone, non lasciare il mio dubio senza vera soluzione, se la sai.

Filone. Quelli ch’hanno comentato Aristotile non hanno trovato alcun altro modo di solverlo che questi due; e, perché conoscevano la debilitá d’essa soluzione, s’afferrorno al manco inconveniente che poteron trovare. Tu, o Sofia, contentati di quel che essi, che piú di te sapevano, si contentorono.

Sofia. Io mi diletto per il mio gusto e non per l’altrui; e veggio che tu sei men satisfatto di queste soluzion di me. E acciò ch’io m’acqueti, bisogna tu mi concedi che ’l tuo Aristotile ha errato; o veramente che truovi per darmi piú suffiziente risposta di questa. [p. 89 modifica]

Filone. Poi che la mente mia è convertita in te, niun de li concetti miei ti può essere negato. Io altrimenti intendo Aristotile: il qual dichiara sottilmente l’opere di queste sei parti, cosí nel cielo come in ogni animale perfetto. Dice che l’alto, o ver capo, ch’è principio de la longhezza de l’animale, è quella parte onde prima depende la virtú del moto (ché certamente da la testa o cerebro vengano i nervi e spiriti motivi); e la destra è la parte onde il medesimo moto principia, secondo è manifesto ne l’uomo; e la faccia, o ver il dinanzi, è quella onde s’avvia il moto de la destra; l’altre tre parti son l’opposite di queste ne le tali operazioni.

Sofia. Intendo questo. Veniamo al dubio.

Filone. Dice Aristotile che la destra è quella parte onde si leva il sole e l’altre stelle e pianeti, cioè l’oriente. E questo dice non essere appropriato ad una parte segnata materialmente, ma in tutte virtualmente, in quanto son oriente e s’avviano verso occidente; e non al contrario, secondo il moto erratico degli pianeti, che è da occidente in oriente. Ché quel è moto sinistro e da la parte sinistra, ed è come il movimento imperfetto e debile de la mano sinistra ne l’uomo; sí come quel d’oriente in occidente, in qual si voglia parte del cielo, è moto destro e de la parte destra. Perché, essendo il capo del cielo il polo antartico e li piedi l’artico, come egli dice, bisogna che, — inviandosi tutt’il cielo sempre, e in ogni parte, d’oriente in occidente, — quel moto sia de la parte destra, e l’opposizione sia de la sinistra. E resta la faccia in quella parte che è fra oriente e occidente, di sopra, verso donde camina il cielo nel moto destro. E le spalle son quella parte che resta dietro de l’oriente; sotto del qual l’oriente si divide, come la mano destra da le spalle.

Sofia. Mi piace intenderti. E secondo questo, nel cielo, solamente l’alto e il basso, o ver il capo e li piedi, son materialmente divisi: che uno è l’un de’ poli, e l’altro è l’altro. L’altre quattro parti si divideno in modo formale de l’inviamento del moto. È cosí. Filone?

Filone. Cosí è: e ben l’hai inteso. [p. 90 modifica]

Sofia. Con tutto ciò, negli animali son pur tutte le sei parti materialmente divise e differenti. Dimmi perché fra lor è tal diversitá.

Filone. Però che l’animale si muove drittamente da un luogo ad un altro, e le parti sue de la longhezza e larghezza son divise e differenti. Ma nel cielo, che si muove di moto circulare di se medesimo in se medesimo, e sempre volge sopra di sé, è necessario che queste parti in lui sien, materialmente, una medesima in l’altra medesima, e tutto nel tutto; e ne la forma e via del moto solamente si dividono. Per il che il capo e li piedi del cielo, che son li due poli, perché mai non si mutano l’uno ne l’altro son materialmente divisi, come negli animali.

Sofia. Se un medesimo è oriente e occidente, segue che un medesimo è destra e sinistra.

Filone. Non è cosí. Perché, ancor che materialmente un pezzo del cielo segnato sia ad alcuni oriente e ad altri occidente, niente di manco, secondo il moto che fa tutto il cielo e ogni parte, è oriente a tutti quando si truova nel suo oriente; e per la via del moto è sempre la destra e mai non è la sinistra. Però che mai si muove il cielo, né alcune delle sue parti, in contrario di quel moto destro, o vero a la riversa, come fanno li pianeti erratici sempre; — per la qual cosa il moto lor è sinistro; e si muoveno cosí a la riversa per contr’operare al moto destro celeste, per favorir i contrari inferiori, e per causare di lor la continua generazione.

Sofia. T’ho inteso, e satisfatta resto del mio dubio. Pur vorrei ancor che mi dichiarassi a che modo dicon li filosofi che uno uomo solo è simulacro di tutto l’universo, cosí del mondo inferior de la generazione e corruzione, come del mondo celeste e del spirituale e angelico, o ver divino.

Filone. Qualche cosa par che tu mi divertisca dal proposito, in che siamo, de l’universalitá de l’amore. Ma perché, in ogni modo, questo ha qualche dependenzia da questa materia, tel dirò sotto brevitá. Tutti questi tre mondi e’ quali hai esplicati, generabile, celeste e intellettuale, si contengono ne l’uomo [p. 91 modifica]come in microcosmos; e si truovono in lui non solamente diversi in virtú e operazione, ma ancor divisi per membri, parte e luoghi del corpo umano.

Sofia. Insegnameli tutti tre particularmente.

Filone. Il corpo umano si divide in tre parti (secondo il mondo), una sopra de l’altra. E de l’infima parte, la prima piú alta è da una tela o panniculo, che parte il corpo per mezzo ne la centura, che si chiama diafragma, fin basso a le gambe. La seconda piú alta è di sopra a quella tela fino alla testa. La terza piú alta è la testa. Quella prima contiene li membri de la nutrizione e de la generazione: stomaco, fegato, fiele, melza, miseraici, stantini, reni, testiculi e verga. E questa parte nel corpo umano è proporzionata al mondo inferiore de la generazione ne l’universo: e sí come in quello si generano de la materia prima i quattro elementi, fuoco, aere, acqua e terra; cosí in questa parte si generano, del cibo che è materia prima di tutti quattro gli umori: collera calda, secca e sottile, de la qualitá del fuoco; sangue caldo e umido, suavemente temperato, de la qualitá de l’aere; il flegma freddo e umido, de la qualitá de l’acqua; e l’umore malenconico, freddo e secco, de la qualitá de la terra. E sí come de li quattro elementi si generano animali che, oltre la nutrizione e augumento, hanno il senso e il moto, e le piante che non hanno senso né moto ma solamente nutrizione e augumento, e altri misti privati d’anima, senza senso né moto né nutrizione né augumento, ma sono come feccie degli elementi, cioè pietre, funghi, sali e metalli; cosí da questi quattro umori, generati in questa parte prima e inferiore degli umori, si generano membri che hanno nutrimento, augumento, senso e moto, come li nervi e panniculi, lacerti e muscoli, e altri che non hanno da sé senso né moto, come son l’ossa, le cartilagini e le vene. Ancora del cibo e degli umori si generano altre cose, che non hanno senso né moto né nutrizione né augumento, ma son feccie e superfluitá del cibo e degli umori, come son le feccie dure, l’orine, e li sudori e le superfluitá del naso e de l’orecchie. E sí come nel mondo inferiore si generano alcuni animali di [p. 92 modifica]putrefazione, molti de’ quali son velenosi, cosí de la putrefazione degli umori si generano di molte maniere, de’ quali alcuni son velenosi. E sí come nel mondo inferiore, ultimatamente, con participazione celeste si genera l’uomo, che è animale spirituale; cosí, del miglior degli umori del vaporale e piú sottile, si generano spiriti sottili e purificati, li quali si fanno per participazione e ristorazione de li spiriti vitali, che son manenti sempre nel cuore; li quali son de la seconda parte del corpo umano correspondente al mondo celeste, secondo diremo.

Sofia. Ho ben inteso la correspondenzia de la parte inferiore de l’uomo al mondo inferiore de la generazione e corruzione. Dimmi ora de la celeste.

Filone. La seconda parte del corpo umano contiene quelli membri spirituali che son sopra la tela diafragma, fin alle canne de la gola; cioè il cuore e li dui polmoni, il destro e il sinistro; nel destro son tre particelle di polmone divise, e nel sinistro due. Questa parte corrisponde al mondo celeste. Il cuor è l’ottava spera stellata con tutto il celeste sopra d’essa, che è il primo mobile, che ogni cosa muove: egualmente, uniformemente, circularmente si muove, e ogni cosa corporea de l’universo col suo continuo moto sostiene; e ogni altro moto continuo, che si truova negli pianeti ed elementi, procede da lui. Cosí è il cuore ne l’uomo; che sempre si muove in moto circulare e uniforme, né mai si riposa, e col suo moto sostiene in vita tutt’il corpo umano, ed è cagion del moto continuo de li polmoni e di tutte l’arterie pulsanti nel corpo. Nel cuore si truovano tutti li spiriti e virtú umane, sí come in quel cielo si truovano tante stelle chiare e grandi, mezzane e piccole. E tante figure celesti son collegate a questo cielo primo mobile, [come] li sette pianeti erratici; i quali si chiamano cosí perché errano nel moto; ché qualche volta vanno ritti, qualche volta tornano indrieto, qualche volta in fretta e qualche volta adagio; e tutti seguitano il primo mobile. Cosí son li polmoni, che seguitano il cuore e lo serveno nel moto suo continuo; li quali polmoni, essendo spugnosi, si distendono e si ristringono, qualche volta in fretta e qualche volta adagio, come li pianeti [p. 93 modifica]erratici. E sí come i principali loro al governo de l’universo son li dui luminari sole e luna, e di sopra col sole accompagnano tre pianeti superiori, Marte Giove e Saturno, e di sopra con la luna dui altri, Venere e Mercurio; cosí il destro polmone, piú principale, è simulacro del sole, e però tien seco tre particelle divise che procedono dal medesimo polmone. E il polmone sinistro, che significa la luna, ne tien due: e tutti fanno numero di sette. E sí come il mondo celeste sostiene con i suoi raggi e moto continuo questo mondo inferiore, partecipandoli con quegli il calor vitale, la spiritualitá e ’l moto; cosí questo cuor, con li polmoni, sostiene tutto il corpo con l’arterie, per le quali participa in tutto il suo calore e li suoi spiriti vitali e il suo continuo moto. Sí che in tutto la similitudine è perfetta.

Sofia. Mi gusta questa correspondenzia del cuore e de li membri spiritali col mondo celeste, e le sue influenzie nel mondo inferiore. Se mi vuoi ora compiacere, dimmi la correspondenzia del mondo spirituale nel corpo umano.

Filone. La testa de l’uomo, che è la superior parte del corpo suo, è simulacro del mondo spirituale. Il quale, secondo il divin Platone (non longe d’Aristotile), ha tre gradi: anima, intelletto e divinitá. L’anima è quella da la qual proviene il moto celeste e che provede e governa la natura del mondo inferiore, come la natura governa la materia prima in esso. Questa ne l’uomo è il cerebro, con le sue due potenzie del senso e del moto volontario; le quali si contengano ne l’anima sensitiva, proporzionale a l’anima del mondo, providente e movente li corpi. Di poi è ne l’uomo l’intelletto possibile, ch’è l’ultima forma umana, correspondente a l’intelletto de l’universo, nel qual son tutte le creature angeliche. Ultimamente è ne l’uomo l’intelletto agente; e quando con quello si congiunge il possibile, si fa attuale e pieno di perfezione e di grazia di Dio, copulato con la sua sacra divinitá. Questo è quel che ne l’uomo corresponde al divin principio, dal qual tutte le cose hanno principio e in lui tutte si dirizzano e riposono come in ultimo fine. Questo ti debbe bastar, o Sofia, in questo [p. 94 modifica]nostro famigliar parlamento, del simulacro de l’uomo con tutto l’universo, e come con ragione dagli antichi fu chiamato microcosmos. Molt’altre particulari similitudini ci sono, che sarebbeno prolisse e fuor del nostro proposito. Di questo che abbiamo detto, ce ne serviremo quando parlaremo del nascimento e origine de l’amore; e tu allora intenderai che non in vano le cose del mondo s’amano l’una l’altra, l’alte le basse e le basse l’alte, poi che son tutte parti d’un corpo correspondenti a una integritá e perfezione.

Sofia. Trasportato n’ha il parlare, e discostato alquanto dal nostro proposito. Torniamo or al nostro intento, o Filone. Tu hai dimostrato, se bene t’ho inteso, quanto è l’amore che ha il cielo, a modo d’uomo generante, a la terra e a la prima materia degli elementi, come a propria donna recipiente la sua generazione. E non è dubio, secondo questo, che ancor il cielo non abbia amore a tutte le cose generate da la terra o ver da la materia degli elementi, come padre a propri figliuoli. Il qual amor si manifesta largamente ne la cura che egli ha in conservarle, premiarle, e ne’ suoi nutrimenti; producendo l’acqua pluviale per nutrimento de le piante, le piante per nutrimento degli animali, l’uno e l’altro per nutrimento e servizio de l’uomo come primogenito, o principal suo genito. Esso muta li quattro tempi de l’anno, primavera, estate, autunno, inverno, per il nascimento e nutrimento de le cose e per temperare l’aere, per il bisogno de la vita loro e per egualare le complession loro. Ancor si vede che le cose generate aman il cielo, pietoso e vero padre, per la letizia ch’hanno gli animali de la luce del sole e de la venuta del giorno, e per la tristezza e raccoglimento ch’hanno per la tenebrositá del cielo con l’advenimento de la notte. Di questo son certa che mi sapresti dir molto piú. Ma a me basta quel che hai detto del reciproco amore del cielo e de la terra, come uomo e donna; e de l’amor d’ognun di loro verso le cose generate, come amor di padre e madre verso li figliuoli; e cosí [de] l’amore d’essi generati verso la terra verso il cielo, come di figliuoli a la madre e al padre. Ma quel che vorrei saper da te, è se [p. 95 modifica]gli corpi celesti, oltr’a l’amore che hanno a le cose del mondo inferiore, s’amano reciprocamente l’uno l’altro. Però che, attento, ché fra loro non è generazione; la qual mi par potissima cagione de l’amore fra le cose de l’universo. Parrebbe per questo non dovesse essere fra loro il reciproco amore e la convertibile dilezione.

Filone. Se ben fra li celesti manca la recidiva e mutua generazione, non però manca fra lor il perfetto e reciproco amore. La causa principal che ne mostra in lor amore è la lor amicizia e armoniaca concordanzia, che perpetuamente si truova in loro; ché tu sai che ogni concordanzia procede da vera amicizia o da ver amore. Se tu contemplassi, o Sofia, la correspondenzia e la concordanzia de li moti de’ corpi celesti (di quelli primi che si muoveno dal levante al ponente, e di quegli altri che si muoveno al contrario da ponente in levante; l’uno con moto velocissimo, l’altro con men velocitá; alcuni tardi e alcun’altri tardissimi; qualche volta si muoveno diretti e qualche volta retrogradi; e qualche volta stanno quieti in la stazione appresso la direzione, e ne l’altra appresso la retrogradazione; qualche volta si diverteno verso il settentrione, qualche volta verso mezzogiorno, qualche volta vanno per mezzo il zodiaco; e un di loro, qual è il sole, non si parte mai da quella via diritta del zodiaco, né mai va verso settentrione, né verso mezzogiorno, come fanno tutti gli altri pianeti); e se tu conoscessi il numero degli orbi celesti, per li quali son necessari li diversi moti: (le sue misure, le sue forme e posizioni, e’ suoi poli, e’ suoi epicicli, e’ suoi centri ed eccentrici: un ascendente, l’altro discendente, uno oriental del sole, l’altro occidentale; con molt’altre cose, che sarebbe cosa longa da dire in questo nostro parlamento); — vedresti una sí mirabil corrispondenzia e concordia di diversi corpi e di difformi moti in una armonial unione, che tu restaresti stupefatta de l’advedimento de l’ordenatore. Qual dimostrazione di ver amore e di perfetta dilezione de l’uno a l’altro è maggiore, che vedere una sí suave conformitá posta e continuata in tanta diversitá? Pittagora diceva che movendosi li corpi [p. 96 modifica]celesti generavano eccellenti voci, correspondenti l’una a l’altra in armoniaca concordanzia; la qual musica celeste diceva essere cagione de la sustentazione di tutto l’universo nel suo peso, nel suo numero e ne la sua misura. Assegnava ad ogni orbe e ad ogni pianeta qual sia il suono e la sua voce propria: e dichiara l’armonia resultante da tutti. E dice essere cagione, che da noi non è udita né sentita questa musica celeste, la lontananza del cielo a noi; o vero la consuetudine di quella, la quale fa che da noi non è sentita, come interviene a coloro che abitano vicino al mare, i quali non sentono il suo strepito, per la consuetudine, come quelli che di nuovo s’approssimano a esso mare. Essendo adunque l’amore e l’amicizia cagione d’ogni concordanzia, ed essendo ne li corpi celesti maggior concordanzia, piú ferma e piú perfetta, che in tutti li corpi inferiori, séguita che fra loro è maggiore e piú perfetto amore e piú perfetta amicizia che in questi corpi bassi.

Sofia. La concordia e correspondenzia mutua e reciproca, che si truova ne li corpi celesti, me pare piú presto effetto e segno del loro amore, che cagion di quello; e io vorrei sapere la cagione di tale amore reciproco ne’ cieli. Perché, mancando in loro la propagazione e successione generativa, che è la potissima causa de l’amore degli animali e uomini, de l’altre cause non veggo alcuna competerne a’ celesti: non benefizio volontario de l’uno verso l’altro, ché le cose loro son ordinarie: manco l’essere d’una medesima spezie, ché, secondo ho inteso, ne’ celesti non si truova spezie sí come non si truova genere né propria individuazione, o vero, se vi si truova, ognuno de li corpi celesti è d’una propria spezie: né ancora per la societá, perché vediamo che, per l’ordine de’ loro movimenti, qualche volta s’accompagnano, qualche volta si scompagnano, né l’uno debbe generare nuovo amore né l’altro nuova amicizia, perché son cose ordinarie senza inclinazione volontaria.

Filone. Se ben non si truova ne’ celesti alcuna delle cinque cause d’amore, comuni agli uomini e agli animali, vi si truovaranno forse quelle due proprie degli uomini.

Sofia. A che modo? [p. 97 modifica]

Filone. La cagion principale de l’amore che si truova ne’corpi celesti è la conformitá de la natura, come negli uomini de le complessioni. Fra i cieli, pianeti e stelle è tal conformitá di natura ed essenzia, che ne’ suoi moti ed atti si correspondeno con tanta proporzione, che, di diversi, si fa una unitá armoniale: il perché paiano piú tosto diversi membri d’un corpo organizzato che diversi corpi separati. E sí come di diverse voci, l’una acuta e l’altra grave, si genera un canto integro, suave a l’udito, del quale mancando una di quelle, tutto il canto o ver armonia si corrompe; cosí di questi corpi diversi in grandezza e in moto, gravi e lievi, per la proporzione e conformitá loro si compone d’essi una proporzione armoniaca, tale e tanto unita che, mancando la piú piccola particella, il tutto saria dessoluto. Sí che questa conformitá di natura è causa de l’amor de li corpi celesti, non solamente come diverse persone, ma come membri d’una persona sola, che, sí come il cuore ama il cerebro e gli altri membri e li provede di vita e calor naturale e spiriti, e il cerebro gli altri di nervi, sensi e moto, e il fegato di sangue e vene per l’amor che s’hanno l’uno a l’altro e che ognuno ha al tutto come parte sua: il quale amore escede ogn’amore di qual si voglia altra persona. Cosí le parti del cielo s’amano reciprocamente con conformitá naturale e, concorrendo tutti in una unione di fine e d’opera, si serveno l’un l’altro e accomodano nei bisogni in modo che fanno un corpo celeste perfettamente organizzato. Ancora in loro è l’altra cagione propria de l’amore degli uomini, che è per la virtú: ché, essendo ognuno de’ corpi celesti di eccellente virtú, la qual è necessaria per l’essere degli altri e di tutto il cielo e [de] l’universo, conosciuta tal virtú dagli altri, essi amano per quella quegli altri. E anco dirò che l’amano per il beneficio che fanno, non proprio e particulare verso d’uno, ma universale in tutto l’universo, che, senza quello, tutto saria destrutto. E di questo modo s’amano gl’uomini virtuosi, cioè per ben che fanno ne l’universo, non per beneficio particulare, come è quel de le cose utili. Sí che, essendo li corpi celesti li piú perfetti degli animali, si truovano in loro le due cause [p. 98 modifica]d’amore che si truovano negli uomini, i quali son la piú perfetta spezie degli animali.

Sofia. Essendo, come tu dici, tanta efficacia d’amore fra li corpi celesti, non debbe essere vano quel che li poeti fingano de l’amore degli dèi celesti, come l’innamoramenti di Giove e d’Apolline, escetto che li poeti hanno posto questo amore lascivo, come di maschio a femmina, qualcuno matrimoniale e altri adulterini; e il mettono ancora generativo d’altri dèi: le qual cose son certamente molto aliene da la natura de li celesti, ma, come il vulgo dice, molte son le bugie de’ poeti.

Filone. Né i poeti hanno detto in questo cose vane né bugiarde, come tu credi.

Sofia. Come no! Tu crederesti mai simili cose de li dèi celesti?

Filone. Io le credo, perché l’intendo: e tu ancora, se l’intenderai, le crederai.

Sofia. Fammele adunque intendere, perché io le creda.

Filone. Li poeti antichi, non una sola, ma molte intenzioni implicorno ne’ suoi poemi, le quali chiamano «sensi». Pongono prima di tutti per il senso litterale, come scorza esteriore, l’istoria d’alcune persone e de’ suoi atti notabili degni di memoria. Di poi in quella medesima finzione pongono, come piú intrinseca scorza piú appresso a la medolla, il senso morale, utile alla vita attiva degli uomini, approvando gli atti virtuosi e vituperando i vizi. Oltre a questo, sotto quelle proprie parole significano qualche vera intelligenzia de le cose naturali o celesti, astrologali o ver teologali, e qualche volta li dui ovvero tutti li tre sensi scientifichi s’includeno dentro de la favola, come le medolle del frutto dentro le sue scorze. Questi sensi medullati si chiamano «allegorici».

Sofia. Non piccolo artificio né da tenue ingegno mi pare complicare in una narrazione istoriale, vera o finta, tante e cosí diverse e alte sentenzie. Vorrei da te qualche breve esemplo, perché mi possa essere piú credibile.

Filone. Credi certamente, o Sofia, che quelli antichi non meno hanno voluto esercitare la mente ne l’artificio de la [p. 99 modifica]significazione de le cose de le scienzie che ne la vera cognizione di quella. E darottenne uno esemplo. Perseo, figliuol di Giove (per finzione poetica), amazzò Gorgone e, vincitore, volò nell’etere, che è il piú alto del cielo. Il senso istoriale è che quel Perseo figliuol di Giove, per la participazione de le virtú ioviali che erano in lui, over per geneologia d’uno di quelli re di Creta o d’Atene ovvero d’Arcadia, che furono chiamati Giove, amazzò Gorgone, tiranno in la terra, perché Gorgone in greco vuol dire «terra»; e, per essere virtuoso, fu esaltato dagli uomini fino al cielo. Significa ancor Perseo, moralmente, l’uomo prudente, figliuol di Giove, dotato de le sue virtú, il qual, amazzando il vizio basso e terreno, significato per Gorgone, salí nel cielo de la virtú. Significa ancor, allegoricamente, prima che la mente umana, figliuola di Giove, amazzando e vincendo la terrestreitá de la natura gorgonica, ascese a intendere le cose celesti alte ed eterne, ne la qual speculazione consiste la perfezione umana. Questa allegoria è naturale, perché l’uomo è delle cose naturali. Vuole ancor significare un’altra allegoria celeste: che, avendo la natura celeste, figliuola di Giove, causato col suo continuo moto la mortalitá e corruzione ne’ corpi inferiori terrestri, essa natura celeste, vincitrice de le cose corruttibili, spiccandosi da la mortalitá di quelle, volò in alto e restò immortale. Significa ancora l’altra terza allegoria teologale, che la natura angelica, che è figliuola di Giove, sommo iddio, creatore di ogni cosa, amazzando e levando da sé la corporalitá e materia terrea, significata per Gorgone, ascese in cielo, però che l’intelligenzie separate da corpo e da materia son quelle che perpetuamente muoveno gli orbi celesti.

Sofia. Mirabil cosa è poter mettere in cosí poche parole d’uno atto istoriale tanti sensi pieni di vera scienzia, e l’uno piú eccellente de l’altro. Ma dimmi, ti prego: perché essi non dichiarorono piú liberamente le loro dottrine?

Filone. Hanno voluto dire queste cose con tanto artifizio e strettezza per molte cagioni. Prima, perché stimavano essere odioso a la natura e a la divinitá manifestare li suoi eccellenti [p. 100 modifica]segreti ad ogni uomo; e in questo hanno certamente avuto ragione, perché dichiarare troppo la vera e profonda scienzia è commutare gli inabili di quella, nella cui mente ella si guasta e adultera, come fa il buon vino in tristo vaso. Del quale adulterio séguita universal corruzione de le dottrine appresso tutti gli uomini, e ognora si corrompe piú, andando d’ingegno inabile in ingegno inabile. La qual infermitá deriva da troppo manifestare le cose scientifiche; e al tempo nostro è fatta, per il largo parlare de’ moderni, tanto contagiosa, che appena si truova vino intellettuale che si possa bevere e che non sia guasto. Ma nel tempo antico includevano i secreti de la cognizione intellettuale dentro le scorze fabulose con grandissimo artificio, acciò che non potesse intrarvi dentro se non ingegno atto a le cose divine e intellettuali, e mente conservativa de le vere scienzie e non corruttiva di quelle.

Sofia. Mi piace questa ragione che le cose alte ed eccellenti agli alti e chiari ingegni s’abbino a raccommandare e negli non tali s’avvilischino. Ma dimmi l’altre cagioni de’ figmenti poetici.

Filone. L’hanno fatto ancora per quattro altre cagioni. L’una e seconda, per voler la brevitá, che in poche parole complicassero molte sentenzie; la qual brevitá è molto utile a la conservazione de le cose ne la memoria, massimamente fatta con tal artifizio che, ricordando un caso istoriografo, si ricordassero di tutti i sensi dottrinali inclusi in quello sotto quelle parole. La terza, per mescolare il dilettabile istoriografo e fabuloso con il vero intellettuale, e il facile con il difficile talmente che, essendo prima allettata la fragilitá umana da la dilettazione e facilitá de la fabula, gl’intrasse in mente con sagacitá la veritá de la scienzia; come si sogliono amaestrar i fanciulli ne le cose disciplinali e virtuose, principiando per le piú facili, massimamente possendo star tutto insieme, l’uno ne la scorza, l’altro ne la medolla, come si truovano ne le finzioni poetiche. La quarta è per la conservazione de le cose intellettuali, che non si venghino a variare in processo di tempo ne le diverse menti degli uomini, perché, ponendo le tali [p. 101 modifica]sentenzie sotto queste istorie, non si posson variare da li termini di quelle. Ancora, per piú conservazione, hanno espressa l’istoria in versi ponderosi e osservantissimi, acciò che facilmente non si possino corrompere, perché non può patire la misura ponderosa il vizio, in modo che né la indisposizione degl’ingegni né la incorrezione degli scrittori facilmente può adulterare le scienzie. L’ultima, e prima, è perché con un medesimo cibo potessero dar mangiare a diversi convitati cose di diversi sapori: perché le menti basse possono solamente pigliare degli poemi l’istoria con l’ornamento del verso e la sua melodia; l’altre piú elevate mangiano, oltr’a questo, del senso morale; e altre poi piú elevate posson mangiare, oltr’a questo, del cibo allegorico, non sol di filosofia naturale, come ancora d’astrologia e di teologia. Giuntasi con questo un altro fine, cioè che, essendo questi poemi cosí cibo comune ad ogni sorte d’uomini, è cagione d’essere perpetuato ne la mente de la multitudine che le cose molto difficili pochi son quegli che le gustino, e de li pochi presto si può perdere la memoria, occorrendo una etá che facesse deviare gli uomini da la dottrina: secondo abbiamo veduto in alcune nazioni e religioni, come negli greci e negli arabi, i quali, essendo stati dottissimi, hanno quasi del tutto perso la scienzia. E giá fu cosí in Italia al tempo de’ goti: di poi si rinnovò quel poco che ci è al presente. Il rimedio di questo pericolo è l’artifizio di mettere le scienzie sotto li cantici fabulosi e istoriografi, che per la sua dilettazione e suavitá del verso vanno e si conservano sempre in bocca del vulgo, d’uomini, di donne e di fanciulli.

Sofia. Mi piaceno tutte queste cause de’ figmenti poetici. Ma dimmi: Platone e Aristotile, principi de’ filosofi, perché uno di loro non volse (e se ben usò la fabula) usar il verso, ma solamente la prosa, e l’altro né verso né fabula usò, ma orazione disciplinale?

Filone. Non rompeno mai le leggi i piccoli, ma solamente i grandi. Platone divino, volendo ampliare la scienzia, levò da quella una serratura, quella del verso; ma non levò l’altra de la fabula: sí ch’egli fu il primo che ruppe parte de la legge de [p. 102 modifica]la conservazione de la scienzia; ma in tal modo la lassò chiusa col stile fabuloso, che bastò per la conservazione di quella. Aristotile, piú audace e cupido d’ampliazione, con nuovo e proprio modo e stile nel dire, vòlse ancor levar la serratura de la fabula e rompere del tutto la legge conservativa, e parlò in stile scientifico in prosa le cose de la filosofia. È ben vero che usò sí mirabil artificio nel dir tanto breve, tanto comprensivo e tanto di profonda significazione, che quel bastò per la conservazione de le scienzie in luogo di verso e di fabula. Tanto che, rispondendo egli ad Alessandro macedone, suo discepolo, il quale, gli aveva scritto, si maravigliava che avesse manifestato i libri sí secreti de la sacra filosofia, gli rispose che i libri suoi erano editi e non editi: editi solamente a quegli che gli hanno intesi da esso. Da queste parole notarai, o Sofia, la difficultá e artificio che è nel parlare d’Aristotile.

Sofia. Io la noto; ma mi pare strano ch’egli dica che non l’intendeva se non chi l’ha intesi da lui, perché molti filosofi son stati dipoi, che l’hanno intesi tutti o la maggior parte. Per la qual cosa questo suo parlare non solamente mi par mendace, ma ancora arrogante: perché, se li detti suoi son netti, debbeno esser intesi da’ buoni intelletti, se ben fussero assenti; ché la scrittura non è per servir a’ presenti, ma a quelli che son lontani in tempo e assenti da loro, e perché non potrá far la natura che tali ingegni possino intendere Aristotile per le sue scritture, senza averle intese da lui.

Filone. Ben sarebbe strano questo detto d’Aristotile, se non avesse altra intenzione.

Sofia. Che altra?

Filone. Egli chiama audiente suo colui, l’intelletto del quale intende e filosofa al modo de l’intelletto d’esso Aristotile, in qualsivoglia tempo e terra che si truovi; e vuol dire che le sue parole scritte non fanno ogni uomo filosofo, ma solamente quello la cui mente è disposta a la cognizione filosofica, come fu la sua; e questo tale l’intendará, gli altri no, come interviene in quella filosofia il cui senso sta chiuso sotto finzione poetica. [p. 103 modifica]

Sofia. Secondo questo, Aristotile non fece male a levare la difficultá del verso e de la fabula, poiché lasciò la dottrina con tanta altra serratura, che bastava per la conservazione de la scienzia ne le chiare menti.

Filone. Egli non fece male, perché vi remediò con la grandezza del suo ingegno, ma diede bene audacia ad altri non tali di scrivere in prosa sciolta la filosofia, e d’una manifestazione in l’altra venendo in mente inatte è stato cagione di falsificarla, corromperla e ruinarla.

Sofia. Assai mi hai detto di questo. Torniamo agli amori poetici de li dèi celesti: che ne dici tu di quegli?

Filone. Tel dirò: ma prima hai da sapere che, quali, e di quante maniere son questi dèi poetici, e di poi saprai degli amori loro.

Sofia. Tu hai ragione e però dimmi prima che dèi sono questi.

Filone. Il primo dio appresso li poeti è quella prima causa produttiva, conservatrice di tutte le cose de l’universo, il quale comunemente chiamano Iuppiter, che vuol dire padre iuvatore, per essere padre iuvatore di tutte le cose, poi che di nulla le fece e li diede l’essere: e gli romani lo nominorono ottimo grande, perché ogni bene e ogni essere procede da lui, e gli greci lo chiamorno Zeys, che vuol dire vita, perché da esso hanno tutte le cose vita, anzi egli è vita d’ogni cosa. È ben vero che questo nome Iuppiter fu participato da l’onnipotente Dio ad alcune de le sue creature le piú eccellenti; e nel mondo celestiale sortí questo nome il secondo de li sette pianeti, chiamato Iuppiter per essere fortuna maggiore e di chiarissimo splendore e di ottimi effetti nel mondo inferiore e quello che migliori, piú eccellenti e meglio fortunati uomini faccia con la sua constellazione e influenzia; e nel mondo inferiore il fuoco elementale si chiama ancora Iuppiter, per essere il piú chiaro e il piú attivo di tutti gli elementi e come vita di tutte le cose inferiori: ché (secondo dice Aristotile) col calor si vive. Questo nome fu ancora participato agli uomini: ad alcuni eccellentissimi, grandemente iuvativi a la generazione umana, come fu quel [p. 104 modifica]Lisania d’Arcadia che, andato in Atene e trovato quelli popoli rozzi e di bestiali costumi, non solamente gli donò la legge umana ma ancora mostrò loro il culto divino, onde essi lo pigliorono per re e l’adoravano per dio, chiamandolo Iuppiter per la participazione de le sue virtú; similmente Iuppiter cretense, figliuolo di Saturno, che per l’amministrazione che fece in quelle genti, vietandoli il mangiare carne umana e altri riti bestiali e mostrandoli i costumi umani e le cognizioni divine, fu chiamato Iuppiter e adorato per dio, per essere al parer loro messo di Dio e formato da esso, il quale loro chiamavano Iuppiter.

Sofia. Chiamavano forse li poeti questo sommo Dio per altro nome proprio.

Filone. Propriamente il chiamavano Demogorgone, che vuol dire dio della terra, cioè de l’universo, o vero iddio terribile, per essere maggiore di tutti. Questo dicono essere il produttore di tutte le cose.

Sofia. Doppo il sommo Dio, che altri dèi pongono i poeti?

Filone. Pongono prima i dèi celesti, come sono Polo, Cielo, Etere e i sette pianeti, cioè Saturno Iuppiter Marte Apollo (o sia il sole) Venere Mercurio Diana (o sia la luna), i quali tutti chiamano dèi e dee.

Sofia. Con qual ragione applicano la deitá a le cose corporee, come son queste celesti?

Filone. Per la loro immortalitá luciditá e grandezza, e per la loro gran potenzia ne l’universo, e massimamente per la divinitá de l’anime di quelli, i quali sono intelletti separati da materia e corporeitá, puri e sempre in atto.

Sofia. Stendesi piú il nome di Dio appresso gli antichi?

Filone. Sí, che discende nel mondo inferiore; perché li poeti chiamano dèi gli elementi, mari, fiumi e le montagne grandi del mondo inferiore; chiamano a l’elemento del fuoco Iuppiter, a quel de l’aere Iunone, e all’acqua e al mare Nettunno, a la terra Ceres, e al profondo di quella Plutone, ed al fuoco misto combuante dentro la terra Vulcano, e cosí molti altri dèi de le parti de la terra e de l’acqua. [p. 105 modifica]

Sofia. Questo è molto strano, che chiamino dèi li corpi non vivi né sensibili, privi de l’anima.

Filone. Li chiamano dèi per la loro grandezza, notizia, opera e principalitá che hanno in questo mondo inferiore; ancor perché credevano essere ognuno di questi governato per virtú spirituale participativa de l’intellettual divinitá: ovvero (come sente Platone) che ognuno degli elementi abbi un principio formale incorporeo, per participazione del quale essi hanno le sue proprie nature, le quali chiama idee, e tiene che la idea del fuoco sia vero fuoco per essenzia formale e l’elementale sia fuoco per participazione di quella sua idea, e cosí gli altri. Non è adunque strano appropriare la divinitá alle idee delle cose: onde ancora ponevano divinitá su le piante, massimamente in quelle che son cibi piú comuni e piú utili agli umani, come Cerere a le biade e Bacco al vino, per l’universal utilitá e necessitá che hanno gl’uomini di quelle; però che ancor le piante hanno le sue proprie idee come gli elementi. E per questa medesima ragione chiamorono ancora dèi e dee le virtú, li vizi e passioni umane, perché (oltre che quelle per la loro eccellenzia e queste per la lor forza participino alquanto di divinitá) pure la principal causa che ognuna de le virtú, ognuno de’ vizi e ognuna de le passioni umane in universale ha la sua propria idea, per participazione de la quale piú e meno si truovano negl’uomini intensamente o ver remissamente; e per questo fra li dèi sono nominati fama, amore, grazia, cupiditá, voluttá, litigio, fatica, invidia, fraude, pertinacia, miserie e molte altre di quella sorte, per ciò che ognuna ha la sua propria idea e principio incorporeo (come t’ho detto), per il quale è nominata dio o dea.

Sofia. Quando ben le virtú per la lor eccellenzia avessero idee, li vizi e cattive passioni a che modo le possono avere?

Filone. Sí come fra li dèi celesti vi son alcune buone e ottime fortune, come Iuppiter e Venere, da’ quali sempre dependono molti beni, e ancor vi sono alcuni cattivi che sono infortuni, come Saturno e Marte, da’ quali ogni male deriva: cosí ancor fra le idee platoniche ci sono alcuni principi di bene e di virtú, ed altre che son principi di male e di vizi, perché [p. 106 modifica]l’universo ha bisogno de l’uno e de l’altro per la sua conservazione; secondo il quale bisogno ogni male è bene, che tutto quel che bisogna a l’essere de l’universo è certamente buono, poi che l’essenzia di quello è buona. Sí che il male e la corruzione son cosí necessari a l’essere del mondo come il bene e la generazione, che l’uno dispone l’altro, ed è via di quello. Non ti maravigliare adunque se cosí l’uno come l’altro ha principio divino d’immateriale idea.

Sofia. Io pur ho inteso che li vizi e li mali consisteno in privazione, e dependono dal difetto de la materia prima e da la sua imperfetta essenzia potenziale; come adunque hanno princípi divini?

Filone. Quando ben fusse cosí, secondo la via de’ peripatetici, non si può negare che la medesima materia non sia produtta e ordinata da la mente divina, e che tutti li suoi effetti non siano dirizzati da la somma sapienzia, poi che son necessari a l’essenzia totale del mondo inferiore ed a l’essere umano. Onde le son appropriate da Dio proprie idee per loro princípi, non materiali ma agenti e formali, che causano l’essere di queste cose imperfette e fondate in privazione ed entificate per il necessario essere de l’universo.

Sofia. Mi chiamo satisfatta da questo. Torniamo al proposito, e dimmi: il nome di Dio appresso li poeti è piú comunicabile?

Filone. Ultimamente l’hanno voluto comunicare particularmente agli uomini, ma solamente a quelli, i quali hanno avuto qualche virtú eroica e hanno fatto atti simili a li divini e cose grandi e degne di eterna memoria come le divine.

Sofia. E per questa similitudine sola danno il nome di dio agli uomini mortali?

Filone. Da la parte che son mortali non li chiamano dèi, ma quella per la quale sono immortali, che è l’anima intellettiva.

Sofia. Questa è in tutti gli uomini, e giá tutti non sono dèi.

Filone. Non è in tutti eccellente e divina egualmente; ma per gli atti conosciamo il grado de l’anima de l’uomo, e l’anime di quelli, che ne le virtú e atti somigliano a divini, participano attualmente la divinitá e son come razi di quella. Onde con [p. 107 modifica]qualche ragione gli hanno chiamati dèi, e alcuni d’essi per la sua eccellenzia furono intitulati in nome di dèi celesti; come di Iuppiter Saturno Apollo Marte Venere Mercurio e Diana, cielo polo etere, e altri nomi di stelle fisse de le figure stellate dell’ottava sfera. Altri furono chiamati figliuoli di questi: come Ercole figliuolo di Giove, Nettunno figliuolo di Saturno; altri non tanto eccellenti son nominati di nome de li dèi inferiori, come Oceano e Terra, Cerere e Bacco e simili, o vero figliuoli di quelli de’ quali d’alcuni il patre fu dio e la matre dea inferiore. E in questo modo son multiplicati li figmenti poetici degli uomini eroici chiamati dèi: perché, narrando la lor vita, atti e istoria, significano cose de la filosofia morale; quando poi li nominano de le virtú, de li vizi, de le passioni, significano cose de la filosofia naturale; e nominandoli de’ nomi degli dèi inferiori del mondo de la generazione e corruzione dimostrano l’astrologia e scienza de’ cieli, e nominandoli de’ nomi degli dèi celesti significano la teologia di Dio e degli angeli. Sí che queste finzioni furono ingegnose e d’alta sapienzia ne la multiplicata nominazione degli dèi.

Sofia. Ho assai de la natura degli dèi gentili e de la sua multifaria appellazione. Dimmi ora dei loro amori, che è il nostro intento, e come si può pensare in loro propagazione generativa e successiva geneologia, secondo pongono i poeti, non solamente in quegli uomini eroici, li quali chiamano dèi participativi, ma ancora negli dèi celesti e inferiori, ne’ quali pare assurda cosa la lascivia, matrimoni e propagazione che narrano di loro.

Filone. Giá tempo è di dichiararti qualche parte degli amori di quelli e de la loro generazione. Sappi, o Sofia, che ogni generazione non è propagazione carnale e atto lascivo: perché questo modo di generare è solamente negli uomini e negli animali, pure la generazione è comune in tutte le cose del mondo, dal primo dio fin a l’ultima cosa del mondo; eccetto che esso è solamente generatore e non generato, l’altre cose son tutte generate e la maggior parte ancora generatrici. E le piú de le cose generate hanno due principi di sua generazione, [p. 108 modifica]l’uno formale e l’altro materiale, ovvero uno dante e l’altro recipiente (onde i poeti chiamano il principio formale padre dante e il materiale madre recipiente); e per concorrere questi dui principi ne la generazione d’ogni generato, fu di bisogno che l’un l’altro s’amassero e s’unissero mediante l’amore per produrre il generato, come fanno li padri e le madri degli uomini; e quando questa coniunzione de’ due parenti del generato è ordinaria ne la natura, si chiama (appresso i poeti) matrimoniale, e l’uno si chiama il marito e l’altro la moglie: ma quando è coniunzione estraordinaria, si dice amorosa o ver adultera, e i parenti o sia genitori si chiamano amanti. Sí che tu puoi consentire gli amori, i matrimoni, le generazioni, parentadi e geneologie negli dèi superiori e inferiori senza ammirazione.

Sofia. Io t’ho inteso, e mi piace questo fondamento universale negli amori degli dèi. Ma vorrei che piú particularmente mi dichiarasse gl’innamoramenti d’alcuno di loro, almeno i piú famosi, e le sue generazioni, e mi piaceria che tu facesse principio da la generazione di Demogorgone, che dici intendersi per il sommo e primo dio, perché ho inteso che egli ha fatto de’ figliuoli per strano modo. Dimmi, ti prego, quel che tu senti di questo.

Filone. Ti dirò quello che ho inteso de la generazione di Demogorgone. Dice Pronapide poeta nel suo Protocosmo che, essendo Demogorgone solamente accompagnato da l’eternitá e dal caos, riposandosi in quella sua eternitá sentí tumulto nel ventre del caos; onde per soccorrerlo Demogorgone distese la mano e aperse il ventre del caos, del quale uscí il litigio facendo tumulto con brutta e inonesta faccia; e voleva volare in alto, ma Demogorgone lo gittò al basso. E restando pure il caos gravato da sudori e sospiri focosi, Demogorgone non tirò a sé la sua mano fin che gli cavò ancora del ventre Pan con tre sorelle chiamate Parche; e parendo Pan a Demogorgone piú bello che nissun’altra cosa generata, lo fece suo mastro di casa e gli donò le tre sue sorelle per pedisseque, cioè servitrici e compagne. Vedendosi il caos liberato della sua gravezza, per comandamento di Demogorgone mise Pan ne la sua sedia. [p. 109 modifica]Questa è la favola di Demogorgone; ancora che Omero nella Iliada applichi la generazione del litigio, o ver de la discordia, a Giove per figlia, de la qual dice, perché fece dispiacere a Giunone ne la nativitá d’Auristeo e d’Ercole, che fu gittata di cielo in terra. Dicono ancora che Demogorgone generò Polo, Fitone, Terra ed Erebo.

Sofia. Dimmi il significato in questa fabulosa generazione di Demogorgone.

Filone. Significa la generazione, ovvero produzione, di tutte le cose dal sommo Dio creatore; al qual dicono essere stata compagna l’eternitá, perché egli solo è il vero eterno, poi che è, fu e sará sempre principio e causa di tutte le cose, senz’essere in lui alcuna successione temporale. Gli dánno ancora per compagna eterna il caos, che è (secondo dichiara Ovidio) la materia comune, mista e confusa di tutte le cose, la quale gli antichi ponevano coeterna con Dio; de la quale esso (quando li piacque) generò tutte le cose create come vero padre di tutte, e la materia è la madre comune a ogni generato: in modo che questi pongano solamente eterni e ingenerati li dui parenti di tutte le cose, l’uno padre e l’altro madre. Ma ponevano il padre causa principale e il caos causa accessoria e accompagnatrice; ché di questo medesimo modo pare sentisse Platone, nel Timeo, de la nova generazione de le cose per il sommo Dio produtte de la eterna e confusa materia. Ma in questo si potrebbero riprendere: perché, essendo Iddio produttore di tutte le cose, bisogna ancora che abbi produtto la materia de la quale sono generate; ma si debbe intendere che essi significano che per essere stato il caos in compagnia di Dio ne la eternitá, essere da lui produtto ab eterno, e che Dio producesse tutte l’altre cose di esso caos di nuovo in principio di tempo (secondo l’oppinione platonica); e chiamanla compagna, non ostante che sia produtta, per essere produtto esso caos ab eterno e trovarsi sempre mai in compagnia di Dio. Ma per essere compagna del creatore ne la creazione e produzione di tutte le cose, e sua consorte ne la loro generazione (poi che quello è stato immediate produtto da Dio, e l’altre cose tutte sono state produtte da Dio e da [p. 110 modifica]quel caos o sia materia), esso caos con ragione si può chiamare compagna di Dio; ma per questo non manca che essa non sia ab eterno produtta da Dio, sí come Eva produtta da Adam gli fu compagna e consorte, e tutti gli altri uomini nati di tutti due.

Sofia. Pare bene che in questa favola voglino significare la generazione de l’universo da Dio onnipotente, come da padre, e dal suo caos o sia materia, come da madre. Ma dimmi qualche cosa del significato ne le particularitá de la favola, cioè del tumulto nel ventre del caos, de la mano di Demogorgone, del nascimento del litigio e degli altri.

Filone. Il tumulto che sentí Demogorgone nel ventre del caos è la potenzia e appetito de la materia confusa a la germinazione de le cose divise, la qual divisione causava e suol causare tumulto. Il stendimento della mano di Demogorgone per aprire il ventre del caos è la potestá divina che volse ridurre la potenzia universal del caos in atto diviso, ché questo è aprire il ventre de la gravida per cavarne fuora quello che v’è occulto dentro; e hanno finto questo straordinario modo di generazione con mano, e non con membro ordinario generativo, per demostrare che la prima produzione o creazione de le cose non fu ordenaria come la natural generazione solita e successiva doppo la creazione, ma fu strana e miracolosa, con mano d’ogni potenzia. Dice che quel che prima uscí del caos fu il litigio, però che quello che prima uscí de la prima materia fu la divisione de le cose, le quali in essa erano indivise, e nel suo parto con la mano e poter del padre Demogorgone furono divise. Chiama questa divisione «litigio» perché consiste in contrarietá, cioè fra li quattro elementi, che l’uno è contrario de l’altro; e gli figura brutta faccia perché in effetto la divisione e contrarietá è difetto, come la corcordia e unione è perfezione. Dice che il litigio volse salire in cielo e che fu gittato di cielo in terra da Demogorgone, perché nel cielo non è discordia né contrarietá alcuna (secondo li peripatetici), e per ciò li corpi celesti non son corruttibili, ma solamente gl’inferiori, per essere tra loro contrarietá: ché la contrarietá è causa de la corruzione; e per l’essere gittato di [p. 111 modifica]cielo in terra si intende che ’l cielo è causa di tutte le contrarietá inferiori, e che esso è senza contrarietá.

Sofia. Come la può adunque causare?

Filone. Per la contrarietá degli effetti de’ pianeti, stelle e segni celesti, e per la contrarietá de’ moti celesti, uno da levante a ponente, l’altro da ponente a levante, un verso settentrione, l’altro verso mezzogiorno: e ancora per la contrarietá del sito de’ corpi inferiori collocati ne la rotonditá del cielo de la luna, che li prossimi a la circumferenzia del cielo sono leggieri e i lontani, approssimati al centro, son gravi: da la qual contrarietá depende ogn’altra contrarietá degli elementi. Potrebbe ancora significare quella oppinione antica e platonica che le stelle e pianeti sien fatti di fuoco per la loro luciditá, e il resto del corpo celeste d’acqua per la sua diafinitá e trasparenzia: onde il nome ebraico de’ cieli, che è sc’amaym e s’interpreta exmaini, che vuol dire in ebraico «fuoco e acqua»; e secondo questo, il litigio e la contrarietá ne la prima creazione salirono in cielo perché son fatti di fuoco e d’acqua, ma non restorono lí successivamente, anzi furono gittati di cielo ad abitare continuamente in terra, ne la quale si fa la successiva generazione con la continua contrarietá.

Sofia. Strano mi parche in cielo sien nature contrarie elementari, come fuoco e acqua.

Filone. Se la materia prima è comune agl’inferiori e a’ celesti (come senton costoro e Platone ancora), non è strano che qualche contrarietá elementale si truovi ancor nel cielo.

Sofia. Come adunque non si corrompe, come fanno i corpi inferiori?

Filone. Platone dice [che] i cieli da sé sono ancora corruttibili, ma la potenzia divina gli fa indissolubili: intende per le forme intellettuali in atto che gl’informano; ancora perché questi elementi celesti son piú puri e quasi anime degli elementi inferiori, né son misti nel cielo come negl’inferiori misti, ché ’l fuoco è solamente nei lucidi e l’acqua ne’ trasparenti: di modo che, se ben il litigio in principio de la produzione del ventre del caos volse salire in cielo, fu niente di manco gittato nel mondo [p. 112 modifica]inferiore, ove oggidí è la sua abitazione. Onde segue la fabula che, essendo pur in questo parto del litigio il caos gravato con sudori e sospiri focosi, seguitò la mano di Demogorgone, e trasse del suo ventre Pan con le sorelle Parche: intende per quegli affanni ne la nativitá del litigio le nature de’ quattro elementi contrari, e per la gravazione intende la terra che è la piú grave, e per il sudore l’acqua, e per li sospiri focosi l’aere e il fuoco. E per la cagione e rimedio de la fatigazione di questi contrari la potenzia divina produsse del caos il secondo figliuolo, Pan, che in greco significa tutto, per il quale intende la natura universale ordinatrice di tutte le cose prodotte dal caos e quella che pacifica i contrari e gli accorda insieme: onde Pan nacque doppo il litigio, ché la concordia succede a la discordia e viene di poi di quella. Produsse ancora con lui le tre sorelle Parche, chiamate Clotos Lachesis e Atropos, le quali Seneca chiama fate: e per quelle intende tre ordini de le cose temporali, del presente, del futuro e del preterito. Le quali dice che Iddio fece seguaci de la natura universale, perché Clotos s’interpreta voluzione de le cose presenti ed è la fata che torce il filo che si fila di presente, Lachesis è interpetrata protrazione (che è la produzione del futuro) ed è quella fata che attende quel filo che resta per filare nella rocca, Atropos s’interpreta senza ritorno (che è il preterito che non si può tornare) ed è la fata che ha filato il filo giá raccolto nel fuso; e si chiamano Parche per il contrario, perché a nissun perdonano. Dice di Pan che fu posto su la sedia per comandamento di Demogorgone, perché la natura esercita l’ordine divino e la sua amministrazione ne le cose. Poi segue la generazione di Demogorgone a un sesto figliuolo chiamato Polo, che è l’ultima sfera che volge sopra i due poli artico e antartico, e un altro settimo chiamato Fitone, che è il Sole, e un altro ottavo che fu femmina, cioè la Terra, la quale è il centro del mondo. Questa terra dicono che ha parturita la notte, perché l’ombra de la terra causa la notte. Ancora intende per la notte la corruzione e privazione de le forme luminose, la quale deriva da la materia tenebrosa. Dicono che la Fama fu la seconda figliuola de la Terra, perché la terra [p. 113 modifica]conserva la fama de’ mortali dipoi che son sepolti in lei. Il terzo suo figliuolo dicono che fu Tartaro, cioè l’inferno, perché a l’inferiore ventre de la terra ritornano tutti i corpi generati. Dicono la terra aver parturito questi figliuoli e altri senza padre, però che questi son difetti e privazioni de l’essere, li quali dependono de la rozza materia e non da alcuna forma. L’ultimo figliuolo di Demogorgone fu Erebo, che vuol dire inerenzia, cioè la potenzia naturale inerente a tutte le cose inferiori, la quale è nel mondo basso la materia de’ generabili, ed è cagione de la generazione e corruzione e d’ogni variazione e mutazione de’ corpi inferiori, ed è ne l’uomo (che si chiama mondo piccolo) l’appetito e desiderio a l’acquisizione di tutte le cose nuove. Onde dicono che Erebo generò di molti figliuoli, cioè: Amore, Grazia, Fadiga, Invidia, Paura, Dolo, Fraude, Pertinacia, Egestá, Miseria, Fame, Querela, Morbo, Vecchiezza, Pallore, Oscuritá, Sonno, Morte, Caronte, Die ed Eter.

Sofia. Chi fu la madre di tanti figliuoli?

Filone. La notte, figliuola de la terra, de la quale generò Erebo tutti questi figliuoli.

Sofia. Perché attribuiscano tutti questi figliuoli a Erebo e a la notte?

Filone. Perché tutti questi derivano da la potenzia inerente e da le notturne privazioni, tanto nel gran mondo inferiore quanto nel piccolo umano.

Sofia. Dimmi come.

Filone. L’amore, cioè il desiderio, è generato da la inerente potenzia e dal mancamento, perché la materia (come dice il filosofo) appetisce tutte quelle forme de le quali è privata. La grazia è quella de la cosa desiderata o amata, la qual preesiste ne la mente desiderante, o ver ne la potenzia appetente. La fadiga è gli affanni e travagli del desiderante per arrivare a la cosa che appetisce. L’invidia è quella che ha il desiderante al possidente. La paura è quella che s’ha di perdere l’acquistato di nuovo, perché ogni acquisto si può perdere, ovvero di non poter acquistare quello che desidera; il dolo e la fraude sono mezzi d’acquistare le cose desiderate; la pertinacia è quella che usa [p. 114 modifica]in seguitarle; l’egestá e miseria e fame sono i mancamenti de’ desideranti. La querela è il loro lamento quando non possono avere quel che desiderano, ovvero quando perdano l’acquistato. Il morbo, senettú, e pallore son disposizioni de la perdita e corruzione delle cose acquistate per volontá o potenzia generativa. L’oscuritá e il sonno son le prime amissioni, ché la morte è l’ultima corruzione. Caronte è l’oblivione che séguita alla corruzione e perdita de l’acquistato. Die è la lucida forma a la quale può arrivare la inerente potenzia materiale, cioè la intellettiva umana, e ne l’uomo è la lucida virtú e sapienzia, a la quale la volontá de’ perfetti e il suo desiderio si dirizza. Eter è il spirito celeste intellettuale, che è quel piú che può participare la potenzia materiale e la volontá umana. Ancora potria significare per questi dui figliuoli di Erebo, Die ed Eter, le due nature del cielo: la lucida de le stelle e pianeti, la quale si chiama die, e la diafana de l’orbe, la quale si chiama eter.

Sofia. Che hanno a fare queste nature celesti con Erebo, che è la materia de’ generabili e corruttibili, e come gli possono essere figliuoli?

Filone. Però che molti degli antichi (e con lor Platone) affermano che queste nature celesti sien fatte di materia de’ corpi inferiori, onde lor vengono a essere li piú eccellenti figliuoli di Erebo.

Sofia. Mi basta quello che in breve hai detto de la generazione di Demogorgone; mancami solamente d’intendere de le cose pertinenti a l’amore, come l’innamoramento di Pan, secondo figliuolo di Demogorgone, con la ninfa Siringa.

Filone. Fingono i poeti il dio Pan con due corna in testa tendenti al cielo; la faccia ignea, con la barba longa che gli pende sopra il petto; ha in mano una verga e una fistula con sette calami; ha indosso una pelle di diverse macchie macchiata; gli membri bassi aspri e rozzi, e li piedi caprini. Dicono che, venendo Pan in contenzione con Cupidine, essendo superato da lui, fu constretto amare Siringa vergine ninfa d’Arcadia, la quale, sequendola Pan ed essa fuggendolo, fu impedita dal fiume Ladone; onde ella domandando soccorso a l’altre ninfe, fu [p. 115 modifica]convertita in calami, ovvero canne padulari; e odendo Pan, che la seguiva, il suono che il vento faceva percotendo in quei calami, sentí tanta suavitá d’armonia che, per la dilettazione del suono e per amore della ninfa, pigliò sette di quelli e con cera li congiunse insieme e fece la fistula, suave istrumento da sonare.

Sofia. Vorrei saper da te se li poeti in questo hanno significato qualche allegoria.

Filone. Oltre il senso istoriale d’uno silvano d’Arcadia, il quale essendo innamorato si diede alla musica e fu inventore de la fistula con li sette calami congiunti insieme con cera, non è dubbio che ha un altro senso alto e allegorico, cioè che Pan, che in greco vuol dire «tutto», è la natura universale ordinatrice di tutte le cose mondane: le due corna che ha in fronte, che si stendono fin al cielo, sono li dui poli del cielo, artico e antartico; la pelle macchiata che ha indosso è l’ottava sfera piena di stelle; la faccia ignea è il sole con gli altri pianeti, che in tutti son sette, sí come ne la faccia son sette organi, cioè dui occhi, due orecchie, dui buchi del naso e la bocca, li quali (come di sopra abbiamo detto) significano gli sette pianeti; li capegli e la barba longa pendente sopra il petto sono i raggi del sole e altri pianeti e stelle, che pendono nel mondo inferiore per far ogni generazione e mistione; li membri bassi e rozzi son gli elementi e li corpi inferiori, pieni di grossezza e di rozzezza a rispetto de li celesti; fra’ quali membri li piedi son caprini, perché li piedi de le capre non caminano mai per la via dritta, ma vanno saltando e traversando inordinatamente: tali sono i piedi del mondo inferiore e li suoi moti e trasformazioni d’una essenzia ne l’altra transversalmente senza certo ordine, de le quali rozzezze e inordinazioni son privi li corpi celesti. Questo è il significato della figura di Pan.

Sofia. Piacemi: ma dimmi ancora il significato del suo amore con Siringa, che è piú del nostro proposito.

Filone. Dicono ancora che questa natura universale, cosí grande potente eccellente e mirabile, non può essere priva di amore; e però amò la pura vergine e incorrotta, cioè l’ordine stabile e incorruttibile de le cose mondane, perché la natura ama [p. 116 modifica]il meglio e il piú perfetto; il quale, seguitandolo egli, il fuggiva, per essere il mondo inferiore tutto instabile e sempre inordinatamente mutabile, con piedi caprini. La fuga de la qual vergine fece cessare il fiume Ladone, cioè il cielo che corre continuatamente come fiume; nel quale è ritenuta l’incorrotta stabilitá fuggitiva de li corpi generabili del mondo inferiore: ben che il cielo non sia senza continua instabilitá per il suo continuo moto locale; ma questa instabilitá è ordinata e sempiterna, vergine senza corruzione, e le sue deformitá sono con ordinata e armoniaca correspondenzia (secondo che di sopra abbiamo detta la musica e melodia celeste). Queste sono i calami de le canne del fiume, ne’ quali fu convertita Siringa; ne’ qual calami lo spirito genera suave suono e armonia, perché il spirito intellettuale che muove i cieli causa la sua consonante correspondenzia musicale. De’ qual calami Pan fece la fistula con sette di loro, che vuol significare la congregazione degli orbi de’ sette pianeti e le sue mirabili concordanzie armoniali: e per questo dicono che Pan porta la verga e la fistula con la quale sempre suona, perché la natura di continuo si serve de l’ordinata mutazione de’ sette pianeti per le mutazioni continue del mondo inferiore. Vedi, o Sofia, come brevemente io t’ho detto il continente de l’amore di Pan con Siringa.

Sofia. Mi gusta l’innamoramento di Pan con Siringa. Vorrei ora sapere la generazione, matrimoni, adultèri e innamoramenti degli altri dèi celesti e quali sono le loro allegorie.

Filone. Ti dirò di quelli qualche parte sotto brevitá, perché il tutto sarebbe cosa lunga e fastidiosa. L’origine degli dèi celesti viene da Demogorgone e da li suoi dui nepoti, figliuoli di Erebo, ovvero, secondo che altri vogliono, suoi figliuoli propri: cioè di Eter e di Die sua sorella e moglie. Di questi dui dicono che nacque Celio, o ver Cielo; del quale nome appresso i gentili fu nominato Uranio, padre di Saturno, per esser tanto eccellente in virtú e di sí profondo ingegno, che pareva celeste e degno d’essere figliuolo di Eter e di Die, perché participava la spiritualitá eterea nel suo ingegno e la luce divina ne la sua virtú. L’allegorico di questo è assai manifesto, perché il cielo, [p. 117 modifica]che circonda, cela e copre tutte le cose, è figliuolo di Eter e di Die, però che è composto di natura eterea ne la sua diafinitá sottile e spirituale e di natura lucida divina per le stelle luminose che ha; e l’eter si chiama padre per essere parte principal nel cielo, sí per la sua grandezza che comprende tutti gli orbi. Come ancora (secondo Plotino, di mente di Platone) perché penetra tutto l’universo, il quale pone essere pieno di spirito etereo; ma che li corpi lucidi sono membri particulari del cielo, a modo de la femmina che è parte de l’uomo, che è il tutto; come ancora per essere l’eter corpo piú sottile e spirituale che i corpi lucidi de le stelle e pianeti. Onde Aristotile dice che per essere le stelle di piú grossa e densa corporenzia che ’l resto del cielo, son capaci di ricevere e ritenere in sé la luce, la qual cosa non può far l’orbe per la sua trasparente sottilitá; e Plotino tiene essere tanta la sottilitá de l’eter che penetri tutti i corpi de l’universo, cosí superiori come inferiori, e che stia con loro ne’ suoi luoghi senza augumento di luogo. Però che esso è spirito interiore, sostentativo di tutti li corpi senza accrescere la sua propria corporenzia: onde l’Eter ha proprietá di marito spirituale e Die di moglie piú materiale; de le quali due nature il cielo è composto.

Sofia. E di Cielo chi ne nacque?

Filone. Saturno.

Sofia. E quale fu la madre?

Filone. Saturno, re di Creta, fu figliuolo d’Uranio e di Vesta, ed essendo esso Uranio per la sua eccellenzia chiamato «cielo», Vesta sua moglie fu chiamata «terra», per essere cosí generativa di tanti figliuoli, e massimamente per Saturno, il quale fu inclinato a le cose terrestri e inventore di molte cose utili ne l’agricoltura. Ancora esso Saturno fu di natura tarda e malenconica, a modo de la terra; e allegoricamente la terra (come t’ho detto) è la moglie del cielo ne la generazione di tutte le cose del mondo inferiore.

Sofia. Essendo Saturno pianeta, come può essere figliuolo de la terra?

Filone. Una volta esso è figliuolo di Cielo, perché è il [p. 118 modifica]primo pianeta e il piú approssimato al cielo stellato e [che] assolutamente si dice cielo e come padre circonda tutti i pianeti; però esso Saturno ha molte similitudini de la terra, prima nel colore piombale che tira al terriccio, di poi perché fra tutti i pianeti erratici esso è il piú tardo nel suo moto, siccome la terra fra tutti gli elementi è il piú grave. Tarda Saturno trenta anni a volgere il suo cielo, e Iupiter, poi che è il piú tardo degli altri, in anni dodici, e Marte in circa due, e il sole, Venere e Mercurio in uno anno, e la luna in un mese. Oltr’a questo, Saturno assomiglia a la terra ne la complessione che influisce, la quale è fredda e secca, come lui fa gli uomini ne’ quali domina malenconici, mesti, gravi e tardi e di colore di terra, inclinati a l’agricoltura, edifici e offici terreni; ed esso pianeta domina ancora tutte queste cose terrene. Si dipinge vecchio, mesto, brutto, d’aspetto cogitabundo, mal vestito, con una falce in mano; però che fa tali gli uomini che da lui sono dominati, e la falce è instrumento de l’agricultura, a la quale li fa inclinati. Dá, oltre a questo, grand’ingegno, profonda cogitazione, vera scienzia, retti consigli e costanzia d’animo, per la mistione de la natura del padre celeste con la terrena madre; e finalmente da la parte del padre dá la divinitá de l’anima e da la parte de la madre la bruttezza e ruina del corpo: e per questo significa povertá, morte, sepultura e cose ascose sotto terra senza apparenzia e ornamento corporeo. Onde fingono che Saturno mangiava tutti i figliuoli maschi, ma non le femmine: però che esso corrompe tutti l’individui e conserva le radici terrene lor madri; sí che con ragione fu chiamato figliuolo di Cielo e de la terra.

Sofia. E di Saturno chi fu figliuolo?

Filone. Molti figliuoli e figliuole applicano i poeti a Saturno, come Cronos, che vuol dire tempo determinato o ver circuito temporale: come è ancora l’anno, che è il tempo del circuito del sole, che dicono esser figliuolo di Saturno, però ch’il maggior circuito temporale che l’uomo possa vedere ne la sua vita, e che sia di piú tempo, è il circuito di Saturno, che (come ho detto) si fa in trent’anni, ché quelli degli altri pianeti si fanno in piú breve tempo. [p. 119 modifica]

Sofia. Qual fu la moglie di Saturno, madre di Cronos?

Filone. Sua moglie, madre di Cronos e degli altri figliuoli, fu Opis sua propria sorella, figliuola di suo padre Cielo e di Terra sua madre.

Sofia. Intendono forse altra cosa per Opis, che la vera moglie di Saturno re di Creta?

Filone. L’allegoria è che Opis vuol dire opera, e significa il lavorio de la terra cosí ne l’agricultura come ne la fabrica de le cittá e abitazioni; la quale con ragione è moglie e sorella di Saturno: è sorella per esser figlia del cielo, il qual è causa principale de l’agricultura de la terra e de la terrena abitazione, in modo che li parenti (o ver genitori) di Opis son quegli medesimi di Saturno, cioè Cielo e Terra; è sua moglie perché Saturno produce le fabriche e l’agricultura come agente, e Opis come recettaculo paziente e materiale.

Sofia. Che altri figliuoli ha avuto Saturno d’Opis?

Filone. Plutone, che significa il centro de la terra chiamata inferno, e Nettunno, che significa l’abisso del mare, perché in tutti dui Saturno ha dominio. Altri figliuoli gli danno i poeti; ma tornando a le cose celesti, che sono in nostro proposito, ti dico che Giove fu figliuolo di Saturno: il qual Giove è il pianeta piú basso che séguita Saturno, e ne l’ordine celeste succede a Saturno, del modo che successe Iuppiter re di Creta a suo padre Saturno; il qual Iuppiter ebbe il nome di questo eccellente e benigno pianeta per la sua benigna e nobil virtú, sí come suo padre per le sue similitudini giá dette. E participando questi dui re la natura di questi dui pianeti, furono nominati de li suoi nomi, come se quelli celesti fussero discesi in terra e fattosi uomini. Ancora s’assomigliorono a questi dui pianeti ne’ casi intravenuti ad ognuno di loro da per sé e l’uno con l’altro.

Sofia. Di Saturno hai giá detto; dimmi ora di Giove l’allegoria de’ casi che gli son intervenuti con suo padre Saturno, e de li suoi propri ancora.

Filone. Di qual caso d’esso vuoi tu ch’io dica?

Sofia. Di quel che dicono che, quando Iuppiter nacque, lo [p. 120 modifica]nascosero da suo padre Saturno, che amazzava tutti i suoi figliuoli.

Filone. L’allegorico è che Saturno è ruinatore di tutte le bellezze ed eccellenzie che pervengono nel mondo inferiore dagli altri pianeti, e massimamente di quelle che vengono da Giove che sono le prime e le piú illustre, come è la giustizia, la liberalitá, la magnificenzia, la religione, l’ornamento, il splendore, la bellezza, l’amore, la grazia, la benignitá, la libertá, la prosperitá, le ricchezze, le delizie, e cose simili; de le quali tutte Saturno è ruinatore e distruggitore. E quegli che hanno ne’ suoi nascimenti Saturno potente sopra di Giove, è dannificatore di quegli e fa ruinare in loro tutte queste nobiltá, ovvero le offusca, si come Iuppiter cretense, essendo fanciullo e debile di forze, fu nascoso da la malivolenzia di Saturno suo padre, che lo voleva uccidere per essere potente sopra di lui.

Sofia. E qual’è l’allegoria di quello che dicono che, essendo Saturno in prigione de’ Titani, Iuppiter suo figliuolo con sufficienti forze il liberò?

Filone. Significano che, essendo Iuppiter forte ne la nativitá d’alcuno, ovvero in principio di qualche edifizio o abitazione ovvero opera grande, se si truova con buono aspetto superante Saturno, libera quel tale d’ogni calamitá miseria e prigionia, e reprime tutti i suoi infortuni.

Sofia. E quello che dicono, che Iuppiter, dipoi che ebbe liberato Saturno, il privò del regno e il confinò ne l’inferno, che significa?

Filone. Una volta l’istoria è che Iuppiter, dipoi che ebbe liberato il padre di prigione de’ Titani, gli levò il regno e fecelo fuggire in Italia; e quivi regnò in compagnia di Iano, e principiò una terra dove ora è Roma, e cosí confinato morí. Li poeti chiamano inferno Italia, sí per essere a quel tempo inferiore a Creta, che esso re la reputava inferno a respetto del suo regno, come perché in effetto Italia è inferiore a la Grecia per essere piú occidentale, però che l’oriente è superiore a l’occidente: ma l’allegoria è che, essendo Giove piú potente che Saturno in qual si voglia persona o atto, esso leva il dominio di quel tale [p. 121 modifica]a Saturno e lo fa restare inferiore in influenzia. Significa ancora universalmente che, regnando Saturno prima nel mondo de la generazione, conservando le semenze sotto terra e congelando il sperma in principio de la concezione degli animali, — che non di meno nel tempo de l’augumento e ornamento de le cose nate Giove è quello che regna ed è principale in questo, e levando il padre Saturno dal dominio, il confina ne l’inferno, che è i luoghi oscuri ne’ quali si nascondono le semenze de le cose in principio de la generazione, sopra le quali semenze esso Saturno ha proprio dominio.

Sofia. Mi consuonano queste allegorie de’ casi intravenuti fra Giove e Saturno; e poiché queste hanno sottile significazione, tanto piú l’averanno quelle cose che si dicono de la virtú e vittoria di Giove e de la sua giustizia, liberalitá e religione.

Filone. Egli è cosí che dicono che lui mostrò al vulgo il modo del ben vivere, vietandoli di molti vizi che avevono, però che mangiavano carne umana e sacrificavonla, ed egli gli levò da quella inumana consuetudine. Significa che Iuppiter celeste per la sua benignitá proibisce agli uomini ogni crudeltá e gli fa pietosi e gli prolonga e preserva la vita e gli difende da la morte, onde esso Giove in greco si chiama Zeys, che vuol dire vita; dicono ancora che egli ha dato legge e religione e constituiti templi, però che ’l pianeta Iuppiter porge tal cose agli uomini facendoli regolati, moderati e attenti al culto divino. Dicono che acquistò la maggior parte del mondo, la quale divise fra’ suoi fratelli figliuoli parenti e amici, e per sé volse solamente il monte Olympo, nel quale faceva la sua residenzia; e gli uomini andavano a domandare li suoi retti iudici, ed egli faceva ragione e giustizia ad ogni aggravato: significano che quel pianeta di Iuppiter dá vittorie, ricchezze e possessioni con liberal distribuzione agli uomini gioviali, e che egli ha in sé una sustanzia netta e limpida natura, aliena da ogni avarizia e bruttezza, e che fa gli uomini giusti, amatori di virtú e di retti giudizi, e perciò in lingua ebraica si chiama Sedech, che vuol dire giustizia. [p. 122 modifica]

Sofia. Tutte queste allegorie gioviali mi piaceno: ma che dirai, o Filone, de li suoi innamoramenti, non solamente matrimoniali con Iunone, ma ancora adulterini, che sono piú del nostro proposito?

Filone. L’istoriale è che Iuppiter ha per moglie Iunone sua sorella, figliuola di Saturno e di Opis, nati tutti dui d’un medesimo parto, e che ella nacque prima: nell’allegorico alcuni tengono Iunone per la terra e per l’acqua, e Giove per l’aere e per il fuoco; altri pongono Iunone per l’aere e Iove per il fuoco, fra’ quali pare che sia fratellanza e coniunzione; altri la pongano la luna; e ognuno accomoda le favole di Iunone a la sua oppinione.

Sofia. E tu, o Filone, che intendi per Iunone?

Filone. Intendo la virtú governatrice del mondo inferiore e di tutti gli elementi, e massimamente de l’aere, che è quello che circonda e ambisce l’acqua e che penetra la terra per tutto; ché l’elemento del fuoco non era conosciuto né concesso dagli antichi, anzi tenevono che l’aere fussi contiguo al cielo de la luna, se ben quella prima parte, per l’approssimazione de’ cieli, per il loro continuo moto sia la piú calda. Onde (per l’universalitá de l’aere in tutto il globo, che è piú appropriato a Iunone) essa è la virtú governatrice di tutto il mondo de la generazione e degli elementi, sí come Giove è la virtú governatrice de li corpi celesti: ma s’appropria al pianeta Iuppiter perché è il piú benigno ed eccellente e il piú alto da poi di Saturno, che è il padre suo cioè l’intelletto che è produttore de l’anima celeste, e Opis sua madre, che è il centro de la terra e la materia prima. Iuppiter resta mezzo nel celeste, che è principio e padre degli altri pianeti e di Cielo e di sua sorella Iunone, [e] che contiene tutto quello che è dal centro de la terra fino al cielo; ed essendo contigui l’uno con l’altro si chiamano fratelli e si dice che sono nati d’uno medesimo parto per denotare che ’l mondo celeste e l’elementale furono insieme produtti da l’intelletto padre e da la materia madre (secondo dice Anassagora): conforme con la sacra Scrittura ne la produzione ovvero creazione del mondo, quando dice che d’un principio e semenza [p. 123 modifica]de le cose creò Iddio il cielo e la terra. E dicono che Iunone uscí prima dal ventre de la madre, perché intendevono che la formazione di tutto l’universo principiasse dal centro e che fusse cosí successivamente, salendo fino a la circunferenzia ultima del cielo, come arbore che vada crescendo fino a la cima: conforme al detto del salmista, che dice, nel dí che creò Dio terra e cielo, che antepose ne l’ordine de la creazione l’inferiore al superiore corporeo. E si chiamano congiunti in matrimoni perché (come di sopra t’ho detto) il mondo celeste è vero marito del mondo elementale, che è la sua vera moglie, l’uno agente e l’altro recipiente; e si chiama Iunone perché giova, quasi come la derivazione di Giove, perché ambidui giovano a la generazione de le cose, l’uno come padre e l’altro come madre; tutta volta Iunone si dice dea de’ matrimoni e lucina de le parturite, perché ella è virtú governatrice del mondo, de la coniunzione degli elementi e de la generazione de le cose.

Sofia. Mi basta questo de la loro coniunzione. Dimmi ora de la loro generazione, di Ebe femmina e di Marte maschio.

Filone. Fingono che stando Apollo in casa di Giove suo padre, diede mangiare a Iunone sua matrigna lattughe agreste fra l’altre cose: onde essa, essendo prima sterile, di subito s’ingravidò e parturí una figliuola chiamata Ebe, la quale per la sua bellezza fu detta dea de la gioventú e maritossi con Ercole.

Sofia. Qual’è l’allegoria?

Filone. Essendo il sole, che è chiamato Apolline, in casa di Giove suo padre, cioè in Sagittario che è il primo domicilio di Giove, e di lí fin a Pesce, che è il secondo segno di Iove nel zodiaco (e questo è da mezzo novembre fin a mezzo marzo), per il gran freddo e molta umiditá di essi mesi s’ingravidò Iunone, che è il mondo elementale: e questo s’intende quando si dice Apollo avergli dato mangiare lattughe agreste, le quali son molto fredde e umide, le quali due qualitá fanno ingravidare la terra, essendo sterile de l’autunno passato, e le radici de le semente de le cose principiano allora a pigliare virtú germinativa, che è vera concezione; ed ella viene a parturire [p. 124 modifica]ne la primavera, che è passando il sole di Pesce in Ariete. E poiché allora ogni pianta è fiorita e ogni cosa ringiovenisce, perciò ella si chiama dea de la gioventú; ché in effetto Ebe è la virtú germinativa de la primavera, la quale è nata di Giove celeste e di Iunone terrestre ed elementale per intercessione del sole. E dicono maritarsi ad Ercole, perché gli uomini eccellenti e famosi in virtú si chiamano «Ercoli», perché la fama de tali uomini sempre mai è giovene, e mai non muore né s’invecchia.

Sofia. Ho inteso di Ebe: dimmi di Marte loro figliuolo.

Filone. Marte, come tu sai, è pianeta caldo e produce caliditá nel mondo inferiore; la qual caliditá, mescolata con l’umiditá, significata per Ebe, fa la generazione di questo mondo inferiore, che è significata per Iunone. Sí che questa figliuola e questo figliuolo parturí Iunone di Giove celeste, con i quali si fanno poi tutte le generazioni inferiori. Ancora dicono che sí come Ebe significa generazione universale del mondo, cosí Marte, che è comburente e destruente, significa la corruzione, la quale si causa massimamente dal gran caldo della state, che dissecca ogni umiditá; sí che questi dui figliuoli di Iove e di Iunone sono la generazione e corruzione de le cose con le quali il mondo inferiore si continua. E perché la corruzione non deriva dal principio celeste se non per accidente, perché la propria opera e intenzione è la generazione, perciò dicono che Iunone parturí Marte per la percussione de la vulva, perché la corruzione viene dal difetto e percussione de la materia, ma non da l’intenzione de l’agente.

Sofia. Mi piace l’allegorico del matrimonio e de la legittima generazione di Giove e Iunone. Vorrei sapere qualche cosa de’ loro innamoramenti e straordinarie generazioni, come quegli di Latona, d’Alcumena e d’altri.

Filone. Dicono che Iove s’innamorò di Latona vergine e che l’ingravidò. La qual cosa sufferendolo aspramente Iunone, non solamente commosse contra di lei tutte le parti de la terra, in modo che nissuna la riceveva, ma ancora la fece perseguitare da Pitone, serpente grandissimo, che d’ogni luogo la [p. 125 modifica]scacciava. Onde ella, fuggendo, venne ne l’isola di Delos, che la ricettò, e quivi parturí Diana e Apolline: ma Diana uscí prima, e aiutò la madre, facendo l’offizio di lucina nel nascimento d’Apolline; il quale, nato che fu, col suo arco e saette amazzò il detto Pitone serpente.

Sofia. Dimmi l’allegorico.

Filone. Significa che nel diluvio, e anche poco di poi, era l’aere tanto ingrossato per li vapori de l’acqua che copriva la terra, per le grandi e continue piogge che furono nel diluvio, che nel mondo non appariva luce lunare né solare, perché i lor raggi non potevono penetrare la densitá de l’aere. Onde dice che Latona (che è la circunferenzia del cielo, dove va la via lattea) era gravida di Giove, suo amante; e, volendo parturire ne l’universo il lume lunare e solare poi del diluvio, Iunone (che è l’aere, l’acqua e la terra), sdegnata per gelosia di quella gravidanzia, impediva con la sua grossezza e con li suoi vapori il parto di Latona e l’apparizione del sole e de la luna nel mondo, in modo che faceva che in niun luogo de la terra era ricevuta né potuta vedere. E oltra di questo, che Pitone serpente (che era la grande umiditá che restò del diluvio) la perseguitava con l’ascensione continua de’ vapori che, ingrossando l’aere, non lasciava parturire i raggi lunari né solari; e chiama serpente quella superflua umiditá, perché era cagione de la corruzione de le piante e di tutti gli animali terrestri. Finalmente ne l’isola di Delos (dove prima si purificò l’aere per la siccitá de la salsedine del mare) Latona parturí Diana e Apolline, perché i greci tengono che primamente, poi del diluvio, in Delos apparisse la luna e ’l sole. E dicesi essere nata prima Diana, perché prima fu l’apparizione de la luna di notte, e di poi nacque Apolline, e apparse nel giorno seguente; in modo che l’apparizione de la luna dispose quella del sole, come se fusse stata lucina de la madre nel parto del fratello. E nato che fu Apolline, dicono che amazzò col suo arco e saette Pitone serpente; cioè il sole, come apparse, disseccò con i suoi raggi l’umiditá, che proibiva la generazione degli animali e de le piante. [p. 126 modifica]

Sofia. Qual è l’arco di Apolline?

Filone. Ti potrei dire che è la circunferenzia del corpo solare, de la quale escono raggi a modo di saette, ché le saette presuppongono l’arco. Ma in effetto l’arco d’Apolline è uno altro piú proprio, il quale ti dichiarerò quando parleremo de’ suoi amori. E io potrei dirti una altra allegoria piú antica, dotta e sapiente, del nascimento di Diana e Apolline.

Sofia. Dimmela, ti prego.

Filone. Denota la loro produzione ne la creazione del mondo, conforme la maggior parte alla sacra Scrittura mosaica.

Sofia. A che modo?

Filone. Scrive Moises che, creando Dio il mondo superiore celeste e l’inferiore terrestre (che ’l terrestre con tutti gli elementi era confuso e fatto uno abisso tenebroso e oscuro), e che spirando il spirito divino sopra l’acqua de l’abisso, produsse la luce; e fu prima notte e poi giorno, il dí primo. Questo significa la favola del parto di Latona, la quale è la sustanzia celeste, de la quale essendo innamorato Giove (che è il sommo Iddio creatore di tutte le cose), l’ingravidò dei corpi lucidi, in atto massimamente del sole e de la luna; e, non consentendo Iunone (che è il globo degli elementi, che era confuso), i corpi lucidi con li suoi raggi non la potevono penetrare, anzi erano rebuttati da ogni parte del globo. Oltra di questo, l’abisso de l’acqua (che è il serpente Pitone) impedí al cielo il parturire la sua luce del sole e de la luna sopra la terra. Finalmente in Delos isola (che è il discoperto della terra, che nel principio non era grande, posta a modo d’una isola dentro de l’acque) apparirono prima, però che, [per] la scopertura de l’acqua, l’aere non era quivi sí grosso. Onde ne la sacra creazione si narra che, doppo de’ creati nel primo dí, la notte e il giorno furon creati nel secondo dí, e steso il firmamento etereo, che fu la divisione de l’aere, de l’acqua e de la terra; e di poi nel terzo dí fu scoperta essa terra, dando principio a la produzione de le piante; e nel quarto dí fu l’apparizione del sole e della luna sopra la terra giá scoverta, che è la figura del parto di Latona ne l’isola di Delos; nel quarto posto si denota essere [p. 127 modifica]la loro gravidanzia del primo dí, e il parto e apparizione nel quarto dí, de’ sei dí de la creazione. E dicono che Diana uscí prima e che fu lucina adiutrice ne la nativitá d’Apolline, perché la notte ne la creazione precedette al giorno e li raggi lunari principiorono a disporre l’aere a ricevere i solari. Apolline amazzò Pitone, che è l’abisso, perché il sole con li suoi raggi andò disseccando e scoprendo ognora piú la terra, purificando l’aere e digerendo l’acqua, e consumando quella umanitá indigesta che restava de l’abisso in tutto il globo, che impediva la creazione di tutti gli animali, se ben non proibiva quella de le piante, per essere piú umide. Onde nel quinto dí de la creazione, che fu il seguente alla apparizione de’ luminari, furono creati gli animali volatili e aquatici, che erano li manco perfetti; e nel sesto e ultimo dí de la creazione fu formato l’uomo, come piú perfetto di tutti gl’inferiori, allora che ’l sole e il cielo giá avevano disposti talmente gli elementi e temperata la loro mistione, che si potè fare di quella [un] animale, nel quale si mescolasse il spirituale col corporale e il divino col terrestre e l’eterno col corruttibile in una mirabil composizione.

Sofia. Molto mi piace questa allegoria e la conformitá che ha con la creazione narrata ne la sacra scrittura mosaica, e quella continuazione de l’opera de li sei dí l’uno doppo l’altro; e veramente è da admirare poter nascondere cose sí grandi e alte sotto velame degli amori carnali di Iove. Dimmi ancor se in quelli di Alcumena è significazione alcuna.

Filone. La finzione è che Giove s’innamorò di Alcumena e usò con lei in forma d’Amfitrione suo marito, e di lei nacque Ercole; e tu sai che Ercole appresso li greci vuol dire uomo dignissimo ed eccellente in virtú, e questi tali nascono di donne ben complessionate, belle e buone, come fu Alcumena che fu onesta e formosa amatrice del suo marito; delle quali donne si suole innamorare Giove e influisce in quelle le sue ioviali virtú, in modo che concepiscano principalmente di esso Giove. E suo marito è quasi strumento de la concezione, e questo vuol dire che Iove usò in lei in forma d’Amfitrione suo marito: però che il seme d’Amfitrione, se non fussi la virtú e influenzia [p. 128 modifica]di Giove, non era degno a poter generare di quella Ercule, il quale per le sue divine virtú, participate da Iove, fu vero figliuolo di Giove e figuralmente, o strumentalmente, di Amfitrione: e cosí s’intende di tutti gli uomini eccellenti, che si possono ancor chiamare Erculi, come quello chiarissimo figliuolo di Alcumena.

Sofia. Iove s’innamorò pur d’altri, ed ébbene di molti figliuoli: dimmi qualche cosa di quelli.

Filone. Molti altri innamoramenti applicano a Iove: e la causa è perché il pianeta Iove è amichevole da sé e inclina li suoi ad amicizia e amore, e ben che il suo amore sia l’onesto, non di meno avendo ne la divinitá de’ nati sotto la sua influenzia (i quali i poeti chiamano suoi figliuoli) commerzio con alcuno degli altri pianeti, gli fa essere amatori de le cose oneste, miste con quelle de la natura di quel pianeta. Onde egli qualche volta dá un amore netto, puro, chiaro, manifesto e soave secondo la sua propria natura ioviale. E di questa maniera fingono che amasse Leda e che usasse seco in forma di cigno, perché il cigno è bianco, netto e chiaro e di soave cantare; e per questo essa Leda il prese e poi si truovò presa da lui e parturí d’esso Castore e Polluce in un parto, i quali si chiamorono figliuoli di Giove perché furono eccellenti in virtú, e cosí ancora Elena per la sua chiara bellezza a modo di cigno; e li dui fratelli furono convertiti da Iove nel segno di Gemini, per essere casa di Mercurio che dá la soave eloquenzia, significata per il soave canto del cigno, denotando che la puritá de l’animo con la dolcezza del parlare è gran causa d’amore e amicizia. Alcuna altra volta Iove dá il suo amore onesto, non cosí apparente e manifesto, ma nebuloso intrinseco e coperto, e perciò dicono che amò la figliuola di Inaco, la quale ebbe in forma di nuvola. E se Iuppiter ha commerzio con Venere, fa l’amore tendente al delettabile: onde pongono che egli amasse e ottenesse Europa in forma d’un bel toro. E se egli ha commerzio con Mercurio, dá amore tendente a l’utile, perché Mercurio è procuratore de le sustanzie: perciò dicono che egli amò e fruì Danae in forma di pioggia d’oro, perché la liberale [p. 129 modifica]distribuzione de le ricchezze fa essere l’uomo amato da quegli bisognosi che la ricevono come pioggia. E avendo commistione col sole dá amore di stato, dominio e di grandi altezze; la qual cosa significano ponendo che amasse e usasse con Asterie in forma d’aquila. E mescolandosi con la luna fa uno amore tenero e pio, come quello de la madre ovvero de la nutrice al fanciullino: onde dicono che egli amasse e ottenesse Semele figliuola di Cadmo in figura di Beroe sua nutrice. Ed essendo complessionato con Marte fa uno amore caldo, focoso e comburente; e di tal modo dicono che amò e ottenne Egina in forma di fulgure. E avendo mescolamento con Saturno fa un amor misto d’onesto e brutto, in parte umano intellettuale e in parte rozzo e immondo: onde fingono che egli amasse e avesse Antiopa in forma di satiro, che ha le parti superiori d’uomo e l’inferiori di capra, perché il segno Capricorno è casa di Saturno. Ancora se Iove si truova in segno femminino dá amor femminile, e però dicono che amasse e avesse Calistone in forma di femmina. E se si truova in segno masculino, massime in casa di Saturno, cioè Aquario, dá amor masculino: onde fingono che esso amasse Ganimede fanciullo e che egli il convertisse in Aquario segno di Saturno. In tutti questi innamoramenti e altri di Giove ancora potrei dirti piú piene allegorie, ma le lascio, non essendo troppo importanti, per schifare prolissitá. Basta che tu sappi che tutti i suoi innamoramenti denotano maniere d’amori e d’amicizie che dependono da l’influsso di Iove in quegli che son dominati da lui ne le loro nativitá; il quale influsso quando il dá solo e quando accompagnato in diversi segni del cielo, denotando il numero grande de’ suoi diversi figliuoli e l’istoria di quegli che participorono diversamente le virtú di Iove e le maniere di tale participazione.

Sofia. Assai abbiamo parlato degli amori di Giove: dimmi di quel famoso innamoramento di Marte suo figliuolo con Venere.

Filone. Giá di sopra hai saputo il nascimento di Marte de la percussione de la vulva di Iunone: che significa che ’l pianeta Marte è calidissimo, pungitivo e incitativo a la generazione [p. 130 modifica]del mondo inferiore chiamato Iunone, ed è figliuolo di Giove perché è il pianeta che gli è prossimo inferiore di lui. E il pianeta Venere, secondo gli antichi, séguita in mezzo, di poi Marte, poscia séguita Mercurio, di poi il sole e di poi la luna: ma li piú moderni astrologi pongono il sole fra Marte e Venere. De la qual Venere diverse cose fingono i poeti. Qualche volta la chiamano magna, applicando le cose piú eccellenti de la natura a lei, e che ella è figliuola di Cielo padre e di Die madre: gli danno per padre il cielo per essere Venere uno de li sette pianeti celesti, e per madre il dí per essere molto chiara, e quando è mattutina anticipa il dí e quando è vespertina il prolonga. Dicono che parturí il gemino amore di Iove e le tre sorelle chiamate Grazie: intendendo che l’amor negl’inferiori procede dagli dui parenti benigni chiamati fortune, da Iove fortuna maggiore e da Venere fortuna minore, ma Giove in luogo di padre per la superioritá ed eccellenzia masculina e Venere in luogo di madre per essere minore, piú bassa e femminile. Ancora l’amore di Iove è onesto, perfetto e masculino, e quello di Venere è delettabile, carnale, imperfetto e femminile: onde fingono questo amore nato d’ambidui essere gemino, per essere composto d’onesto e delettabile, e anco perché il vero amore debbe essere gemino e reciproco ne’ due amanti: onde generorono insieme le Grazie, perché l’amor non è mai senza grazia d’ambedue le parti. Dicono che questa Venere, venendo in casa di Marte, causò furie in quella; significando che quando ne la nativitá d’alcuno Venere si truova in uno de li suoi segni, che son case di Marte in cielo, cioè in Ariete o vero in Scorpione, senza furiosi amanti e d’ardente amore per la caldezza di Marte. E cosí è quando Venere ha aspetto con Marte, e la dipingono cinta del cesto, quando fa coniúgi e nozze, per significare il gran ligame e vinculo inseparabile che pone Venere fra i congiunti in amore; applicano a lei degli animali le colombe, per essere molto dedicate al coniugio amoroso, e de l’erbe il mirto sí per il soave odore sí perché sempre è verde come l’amore. Ancora perché, successivamente, il mirto ha le foglie a due a due, perché l’amore è sempre gemino e reciproco; ancora [p. 131 modifica]il frutto del mirto è negro, a denotare che l’amore dá frutto maninconico e angustioso; de li fiori gli dánno la rosa per la sua bellezza e soave odore e anco per essere circundata di spine acute, perché l’amore è circundato di passioni, dolori e tormenti pungitivi.

Sofia. Quella Venere che si dipinge nuda in mare, dentro una conca natante, è questa medesima?

Filone. In effetto Venere umana fu una sola, figliuola di Iove e di Dione e fingono essersi maritata con Vulcano, ma in effetto fu maritata con Adone; e altri credono che prima si maritassi effettualmente con Vulcano e di poi con Adone. Questa fu regina in Cipri e tanto dedita a l’amore concupiscibile, che mostrò e fece lecito a le donne l’essere pubbliche; per la sua gran bellezza e relucente aspetto fu chiamata Venere, a similitudine de la chiarezza di quel pianeta, stimando che quella celeste influisca in questa, non solamente gran bellezza, ma ancora ardente lascivia, secondo è sua natura di causare nel mondo inferiore vita delettabile e generazione concupiscibile. Onde Venere in Cipri fu prima adorata per dea e templificata; ma li poeti sotto velame di questa molte cose finte hanno dette, che sono simulacro de la natura, complessione ed effetti di Venere celeste. E le sue eccellenti virtú sono significate sotto nome di Venere magna, figliuola di Cielo e di Die, come giá t’ho detto; ma la sua incitazione a la lascivia carnale i poeti la demostrano narrando un altro suo modo di nascimento. Dicono che Saturno tagliò con la falce i testicoli a suo padre Celio; e altri dicono che Iove fu quello che gli tagliò a suo padre Saturno con la sua propria falce e gittògli in mare: del sangue de’ quali, insieme con la schiuma del mare, nacque Venere, e perciò la dipingono nuda dentro una conca in mare.

Sofia. Quale è l’allegoria di questa sua strana origine?

Filone. I testicoli di Celio sono la virtú generativa, che deriva dal cielo nel mondo inferiore, de la quale è proprio strumento Venere, essendo quella che propriamente dá l’appetito e virtú generativa agli animali. Dicono che Saturno gli tagliò con la falce, però che Saturno in greco vuol dire «cronos», [p. 132 modifica]che significa «tempo», il quale è cagione de la generazione in questo mondo inferiore, perché le cose temporali di esso, non essendo eterne, bisogna che abbino principio e che siano generate: ancora, perché il tempo corrompe le cose che sono sotto di lui, e ogni corruttibile bisogna che sia generato. Sí che il tempo, significato per Saturno, portò per mezzo di Venere la generazione dal cielo nel mondo inferiore, che si chiama «mare» per la sua continua mutazione di una forma ne l’altra con la continua generazione e corruzione; e questo si fece per tagliare i testicoli con la falce, però che mediante la corruzione si fa la generazione in questo mondo. Ancora, la propria natura di Saturno è di corrompere, sí come quella di Venere è di generare, ché questa è causa del nascere e quello del morire: perché, se non si corrompessero le cose, non si generarebbe; e però dicono che Saturno con la sua falce, con la quale ogni cosa distrugge e corrompe, tagliò i virili di Celio suo padre e gittògli in questo mare mondano, de’ quali si generò Venere, che dá agl’inferiori virtú generativa, mista con la potenzia corruttiva per il tagliamento dei testicoli di Celio. Quelli che dicono che i testicoli, che furono tagliati, furono quelli di Saturno, de’ quali ne nacque Venere, significano che Saturno proibisce la generazione, però che Iove gli tagliò i testicoli: il perché egli restò inabile al generare, ma li generativi strumenti che mancorono a Saturno formarono Venere, che è tutta la causa de la generazione. Significano ancora che Saturno è il pianeta che primo, poi del coito, causa la concezione, però che esso fa la congelazione del sperma e per questo domina nel primo mese de la gravidezza: ma Iove incontinente piglia egli il dominio de la concezione, formando la creatura nel mese secondo, nel quale esso Iove domina; e questo vuol significare il tagliamento de’ testicoli del padre Saturno, primo ne la concezione. De’ quali testicoli si dice che Venere ne nasce, però che ella è principale ne la generazione; ancora perché essa domina nel quinto mese e fa perfetta tutta la formazione e bellezza de la creatura: onde dicono che si generò del sangue de’ testicoli e de la schiuma del mare, che vuol dire che l’animale si genera [p. 133 modifica]del sperma del maschio, che è il sangue de’ testicoli, e del sperma sottile de la donna, che è a modo di schiuma; ovvero intende per la schiuma il sperma de l’uomo, che è cosí bianco, e per il sangue quel de la donna, del qual si nutrisce la creatura. La dipingono nuda perché l’amore non si può coprire, e ancora perché ella è carnale e perché gli amanti si debbono trovare nudi; nuota in mare, perché l’amor generativo si stende per tutto questo mondo, che continuatamente è mutabile come mare: ancora perché l’amore fa gli amanti inquieti, dubiosi, vagolanti, tempestosi come il mare.

Sofia. Assai ho inteso de l’origine e nascimento di Venere: giá è tempo ch’io sappi del suo innamoramento con Marte.

Filone. Dicono che Venere fu maritata a Vulcano, il quale per essere zoppo, ella s’innamorò di Marte animoso e strenuo in arme, col qual segretamente usando fu vista dal sole e accusata a Vulcano; il quale segretamente misse invisibili reti di ferro intorno al letto ove tutti dui giacevano, e quindi nudi si trovorono presi. Onde Vulcano, chiamati gli dèi, principalmente Nettunno Mercurio e Apolline, mostrò loro Marte e Venere nudi presi ne le reti ferree: al cui spettacolo si coprirono i dui per vergogna il viso, ma Nettunno solo pregò tanto Vulcano, che a’ suoi preghi Marte e Venere furono liberati; per la qual cosa sempre di poi Venere odiò il sole e tutta la sua progenie, per il che fece adulterare tutte le sue figliuole.

Sofia. Che dici adunque, Filone, di tanta lascivia e adulterio fra gli dèi celesti?

Filone. Non solamente è scientifica, ma ancora utile l’allegoria di questa fabula, perché dimostra che l’eccesso de la lascivia carnale non solamente danna tutte le potenzie e virtú del corpo de l’uomo, ma ancora causa difetto nel medesimo atto con diminuzione de l’ordinario.

Sofia. Dichiaramela distesamente.

Filone. Venere è l’appetito concupiscibile de l’uomo, il quale deriva da Venere che, secondo l’efficacia de la sua influenzia, ne le nativitá è grande e intenso. Questa Venere è maritata con Vulcano, che è il dio del fuoco inferiore, il quale [p. 134 modifica]ne l’uomo è il suo calor naturale, che limita e attua la concupiscenza: e come suo marito gli è sempre congionto attualmente; il qual Vulcano dicono essere figliuolo di Iove e di Iunone, e che per essere zoppo il gittorono del cielo, e da Tetide fu nutrito ed è fabro di Giove, che fa li suoi artifici. Vogliono dire che ’l calor naturale de l’uomo e degli animali è figlio di Iove e di Iunone, perché ha del celeste misto con la materialitá, e per la participazione di Giove e del cielo è subietto de le virtú naturali, animali e vitali; e per cagione de la mistione che ha con la materia, non è eterno come il calor effettivo del sole e degli altri corpi celesti, né manco sempre potente, né anco si truova sempre a un modo nel corpo umano, anzi, come fa il zoppo, cresce e poi scema, monta e poscia cala secondo la diversitá de l’etá e de le disposizioni de l’uomo. E questo vuol dire che per essere zoppo fu gettato del cielo, perché il calor e l’altre cose celesti sono uniformi e non zoppeggiano come l’inferiori; e che fu nutrito da Tetide, che è il mare, perché cosí negli animali come ne la terra questo calor è nutrito da l’umiditá e quella il sostiene, e tanto è intenso ovvero remisso quanto l’umido naturale proporzionato gli è suffiziente o men suffiziente. Dicono essere fabro e artefice di Giove, perché è ministro di tante operazioni mirabili e ioviali quante sono nel corpo umano. Essendo adunque la concupiscenzia venerea maritata e congiunta col calor naturale di Marte, che è il fervente desiderio de la lascivia, — perché egli dá ardente libidine eccessiva e immoderata, e perciò dicono che non nacque del seme di Giove né partecipò cosa buona de le sue, ma nacque de la percussione de la vulva di Iunone, che vuol dire la venenositá del mestruo de la madre (perché Marte con le sue ardenti incitazioni fa soperchiare la potenzia de la materia di Iunone sopra la ragione di Giove); — sí che la concupiscente Venere si vuole innamorare de l’ardente Marte: onde gli astrologi pongono grandissima amicizia fra questi due pianeti, e dicono che Venere corregge tutta la milizia di Marte col suo benigno aspetto, e che, eccedendo la lussuria per la mistione di ambidui, il sole (che è la chiara ragione umana) gli accusa a Vulcano, dando [p. 135 modifica]a conoscere che per quello eccesso il calor naturale viene a mancare; onde pone invisibili catene, ne le quali vergognosamente si truovano presi ambidui gli adúlteri, perché, come manca il calor naturale, manca la potenzia de la libidine e gli desidéri eccessivi si truovano legati senza libertá né potenzia, nudi d’effetto e svergognati con penitenzia. E cosí svergognati Vulcano gli mostra agli dèi: vuol dire che fa sentire il difetto del calor naturale a tutte le potenzie umane che per le sue virtuose operazioni si chiamano divine, le quali tutte rimangono difettuose col mancamento del calor naturale; e specificano tre dèi, Nettunno Mercurio e Apolline, che sono tre capi de le potenzie del corpo de l’uomo. Nettunno è l’anima nutritiva con le virtú e potenzie naturali che vengono dal fegato, le quali si fanno con abbondanzia d’umiditá, sopra la qual è Nettunno. Mercurio è l’anima sensitiva, che contiene il senso il moto e la cogitazione, che procedeno dal cerebro, che sono propri di Mercurio. Apollo è l’anima vitale pulsativa, che porge gli spiriti e il calor naturale per le arterie; la quale ha origine dal cuore, perché (come di sopra t’ho detto) il cuore nel corpo umano è come Apollo nel mondo: sí che de l’eccessiva libidine segue danno e vergogna al cuore e a le sue virtú, e al cerebro e a le sue virtú, e al fegato e a le sue virtú. Nissuno non basta a placar Vulcano, né a rimediare al suo difetto, se non Nettunno, che è la virtú notritiva, che con la sua cibale umiditá può recuperare il consunto calor naturale e restituire la potenzia de la libidine in libertá. Dicono che Venere abbia grandissimo odio a la progenie del Sole e che fece adulterare le sue figliuole, convertendole a la natura di lei, perché l’amore è inimico de la ragione, e la lussuria contraria de la prudenzia, e non solamente non gli obbedisce, ma ancora prevarica e adultera tutti i suoi consigli e giudizi, convertendola a la sua inclinazione, giudicando quella e li suoi effetti buoni e fattibili, onde gli esequisce con somma diligenzia.

Sofia. Di Marte e di Venere ho inteso a sufficienzia; e per questo i poeti debbono dire che di questi dui innamoranseti ne nacque Cupidine. [p. 136 modifica]

Filone. Cosí è: perché il vero Cupidine, che è passione amorosa e integra concupiscenzia, si fa de la lascivia di Venere e del fervore di Marte, e perciò il dipingono fanciullino, nudo, cieco, con l’ale e saettante. Lo dipingono fanciullino, perché l’amore sempre cresce ed è sfrenato, come sono i fanciulli; il dipingono nudo, perché non si può coprire né dissimulare; cieco, perché non può vedere ragione nissuna in contrario, ché la passione l’accieca; lo dipingono alato, perché egli è velocissimo, ché l’amante vola col pensiero e sta sempre con la persona amata e vive in quella; le saette son quelle con le quali egli trapassa il cuore degli amanti, le quali saette fanno piaghe strette, profonde e incurabili, le quali il piú de le volte vengono da li corrispondenti raggi degli occhi degli amanti, che sono a modo de saette.

Sofia. Dimmi ancora come Venere parturì di Mercurio l’ermafrodito.

Filone. Tu déi sapere che li poeti dicono che Mercurio nacque di Cielo e di Die e che è fratello di Venere, e secondo altri, il fanno figliuolo di Iove e nutrito da Iunone; il qual Mercurio dicono essere dio de l’eloquenzia, dio de le scienzie massime (matematica, aritmetica, geometria, musica e astrologia), dio de la medicina, dio de li mercanti, dio de ladri, nunzio di Iove e interpetre degli dèi, e le sue insegne sono una verga circondata da uno serpente; e da queste intenzioni molte favole si narrano di lui. Ma in effetto il pianeta Mercurio influisce queste nature di cose, secondo la sua disposizione ne la nativitá de l’uomo: onde se egli vi si truova forte e con buono aspetto, dá eloquenzia, eleganzia e dolce parlare, dottrina e ingegno ne le scienzie matematiche, e con l’aspetto di Giove fa filosofi e teologhi, e con buono aspetto di Marte fa veri medici e con mal aspetto fa ladri o tristi medici, massimamente quando è combusto dal sole (onde viene la favola che rubbò le vache d’Apolline, e dicono che generò di Lichione Antolomo ladro); e con Venere fa poeti, musichi e versificatori, e con la Luna fa mercanti e negociatori, e con Saturno dá profondissima scienzia e vaticinio de le cose future: perché egli di sua natura è [p. 137 modifica]mutabile ne la natura del pianeta con che si mescola, e mescolandosi con pianeta masculino è maschio, e con femminino femmina. Tra gli uomini molti furono chiamati Mercuri, massimamente alcuni sapienti d’Egitto e medici, che participarono le virtú mercuriali. E per essere Mercurio pianeta lucido il fanno figliuolo di Cielo e di Die, perché participa la sustanzia celeste con la luce diurna, perché la luce di tutti i pianeti viene dal sole, che fa il dí; e fratello di Venere, perché li parenti son comuni ed essi due pianeti son congiunti e ognuno di loro volge il suo orbe quasi in uno medesimo tempo, cioè in un anno, e vanno sempre appresso il sole senza allontanarsi troppo da lui, e perciò dicono che sono fratelli. Altri pongono Mercurio figliuolo di Giove per la sua divina sapienzia e virtú, e dicono essere nutrito da Iunone, perché la sapienzia umana procede da la divinitá e si sostiene ne li scritti materiali significati per Iunone; il chiamano nunzio di Giove, perché annunzia e predice le cose future che l’onnipotente Dio vuol fare, e per questo e per la sua eloquenzia lo chiamano interprete de gli dèi. La verga sua è la rettitudine de l’ingegno che dá ne le scienzie, e il serpente che la circonda è il sottil discorso che va intorno del retto ingegno: ovvero la verga è l’intelletto speculativo de la prudenzia circa le virtú morali, ché il serpente per la sua sagacitá è segno di prudenzia e la verga per la sua rettitudine e fermezza è segno di scienzia.

Sofia. Ho inteso che la verga gli fu data da Apolline.

Filone. La favola è che Mercurio rubbò le vache d’Apolline, ed essendo visto da uno chiamato Batto, perché tacessi gli donò una vacca; ma dubitando, volse far esperienzia de la fede di colui e si transmutò in forma d’un altro, e venne a Batto e promissegli un bue s’egli rivelava chi avesse rubbate le vache; il qual Batto gli disse ogni cosa. Allora Mercurio, temendo d’Apolline, il convertí in un sasso. Finalmente, essendo la veritá per la sua divinitá manifesta ad Apolline, egli pigliò l’arco per saettare Mercurio, ma facendosi invisibile, non lo poté giungere; di poi accordandosi fra loro, Mercurio presentò a Apolline la cetera e Apollo donò a lui la verga. Altri dicono che, [p. 138 modifica]prevista da Mercurio la furia d’Apolline, egli nascosamente gli tolse le sue saette de la faretra; la qual cosa vedendo esso Apollo, (ancora che fusse irato) rise de l’astuzia di Mercurio e perdonògli e gli dié la verga e ricevè da lui la cetera.

Sofia. Che vuol significare tal favola?

Filone. Significa che li mercuriali sono poveri, ma sono astuti per acquistare con inganno copertamente de l’abbondanzia e ricchezza de’ re e de’ gran maestri, perché essi sogliono essere administratori e segretari regi per l’attitudine mercuriale che hanno: e questo vuol dire che Mercurio rubbò le vacche a Apolline, perché Apollo significa e fa i potenti signori, e le vacche son le loro ricchezze e abbondanzie; e quando i principi sono irati contro di loro per li loro latrocini, essi si liberano da l’ira di quegli con l’astuzia mercuriale, levandoli le cause da le quali gli può venire la punizione, e mitigando la furia de’ signori restano in grazia. Ancora il suo stato basso fa che non sono offesi da le furie de’ gran maestri, perché essi non gli fanno resistenzia; che cosí Mercurio è il piú piccolo di tutti i pianeti, onde i raggi solari e la combustione di quegli manco gli nuoceno che a niuno altro pianeta. Accordati che sono insieme, Mercurio dá a Apolline la cetara e Apollo dá a lui la verga: vuol dire che il sapiente mercuriale serve il principe con prudenzia armoniale e con eloquenzia soave, significata per la cetera, e il principe presta al sapiente mercuriale potenzia e autoritá e dá credito e riputazione a la sua sapienzia; onde dice Platone che la potenzia e la sapienzia si debbono abbracciare, perché la sapienzia tempera la potenzia e la potenzia favorisce la sapienzia. Significa ancora che, essendo accordati in coniunzione perfetta il sole e Mercurio in buono luogo de la nativitá e in buono segno, fanno l’uomo mercuriale litterato essere potente e l’uomo solare e gran maestro esser sapiente, prudente ed eloquente.

Sofia. Assai m’hai detto de la nativitá di Mercurio. Giá è tempo che tu mi dichiari quello t’ho domandato, cioè come di lui e di Venere nacque l’ermafrodito.

Filone. Questo è quello che dice Ptolomeo nel suo Centiloquio, che quello uomo ne la nativitá del quale Venere si [p. 139 modifica]truova in casa di Mercurio e Mercurio in casa di Venere, e molto piú se sono ambidui congiunti corporalmente, il fanno inclinato a brutta e non natural libidine; e ci sono di quegli che amano i maschi e che non si vergognono ancora d’essere agenti e pazienti insieme, facendo officio non solamente di maschio ma ancora di femmina. E questo simile chiamano ermafrodito, che vuol dire persona de l’uno e de l’altro sesso; e dicono il vero, che nasce de la coniunzione di Mercurio e di Venere: e la causa è perché questi due pianeti non si complessionano bene e naturalmente insieme, per essere Mercurio tutto intellettuale e Venere tutta corporea, onde quando si mescolano ambedue nature fanno una libidine contrafatta e non naturale.

Sofia. Degl’innamoramenti, matrimoni e generazione degli dèi celesti e delle loro nature m’hai assai detto, tanto del padre universale Demogorgone quanto de li padri celesti Eter e Celio e de’ pianeti che successivamente procedérno da quegli, cioè Saturno, Iuppiter, Marte, Venere e Mercurio. Non mi resta altro a sapere se non de’ figliuoli di Latona e di Iove, cioè d’Apolline e Diana, benché Diana non abbi che cercarne, essendo stata (come dicono) sempre vergine; vorrei saper solamente de l’innamoramento di esso Apolline con Dafne, la quale dicono che, fuggendo da lui, fu convertita in lauro.

Filone. De la generazione d’Apolline e di Diana di sopra hai giá inteso il tutto. Fanno Diana vergine, perché l’eccessiva frigiditá de la luna toglie l’incitazione e ardore de la libidine a quelle ne la nativitá delle quali ella ha dominio; la chiamano dea de’ monti e de’ campi, perché la luna ha gran forza ne la germinazione de l’erbe e degli arbori, con le quali pasce gli animali salvatici; la chiamano cacciatrice, perché col suo lume giova a’ cacciatori di notte, e la chiamano ancora guardiana de le vie perché con la sua luce notturna fa le vie a’ caminanti piú sicure. Dicono che porta arco e saette, perché i viaggi suoi molte volte sono nocivi agli animali, massimamente intrando per buchi stretti a modo di saette; le assegnano un carro condotto da cervi bianchi per la loro velocitá a significare che ’l suo moto è piú veloce che di niuno altro orbe, perché fornisce [p. 140 modifica]al suo circuito in un mese, e la bianchezza è il suo proprio colore. Si chiama Luna perché essendo nuova illumina al principio de la notte, e chiamasi Diana perché essendo vecchia anticipa il dí illuminando la mattina nanzi il levare del Sole, e ancora perché molte volte di giorno appare.

Sofia. Di Diana mi basta; dimmi d’Apolline e del suo innamoramento, ché solamente questo degl’innamoramenti degli dèi celesti mi manca.

Filone. Apollo appresso i poeti è Dio de la sapienzia e de la medicina, ha la cetara che gli donò Mercurio ed è presidente a le Muse; gli appropriano il lauro e il corvo, e dicono che porta arco e saette.

Sofia. La significazione voglio.

Filone. È dio de la sapienzia, perché domina spezialmente il cuore e illumina i spiriti che sono origine de la cognizione e sapienzia umana; ancora perché con la sua luce si veggono e si discernono le cose sensibili, da le quali deriva la cognizione e sapienzia. È dio de la medicina, perché la virtú del cuore e il calor naturale, che depende da esso in tutto il corpo, conserva la sanitá e sana le malattie; ancora perché il calor temperato del sole ne la primavera sana l’infirmitá lunghe che restano de l’inverno e de l’autunno, ne’ quali tempi per essere freddi il calor del sole in quelli è debile e diminuto, e perciò allora si causano molte infirmitá che con la rinnovazione del colore de la primavera si sanano. Se gli dá la cetera e dicono che è dio de la musica, perché fa l’armonia de la pulsazione che deriva da li spiriti del cuore in tutto il corpo umano, la quale armonia conoscano i sensati medici al tatto. Ancora perché, l’armonia celeste [essendo] fatta de la diversitá de’movimenti de tutti gli orbi, la quale (secondo t’ho detto) Pittagora tiene consistere ancora in concordanzia di voce; il sole, per esser il più grande il piú lucido e il principale fra tutti i pianeti, come capitano di tutti è quello che governa tutta l’armonia; e per quello gli applicano la cetera, e dicono che l’ebbe da Mercurio, perché Mercurio dá la concordanzia e ponderazione armoniale, ma il sole come principale è il maestro de la musica [p. 141 modifica]celeste. E non senza ragione, poi che ’l suo moto è piú ordinato che di nessuno degli altri, va sempre per mezzo il zodiaco senza discostarsi, sempre dritto nel suo moto; onde egli è misura de’ moti degli altri, sí come esso è quello che dá tutti gli altri luce: e questo significa quello che dicono de l’essere presidente a le Muse, le quali sono nove, intendendo i nove orbi celesti che fanno l’armonia, de’ quali esso è quello che forma l’universal loro concordanzia. Le sue saette sono i raggi che molte volte nuoceno per troppo calore, ovvero per venenositá de l’aere, il perché lo fanno attore de la peste. Degli arbori gli appropriano il lauro, per esser caldo aromatico e sempre verde, e perché di quello s’incoronano i sapienti poeti e li trionfanti imperadori, li quali tutti son sottoposti al sole, che è dio de la sapienzia e causa de l’esaltazioni degl’imperi e de le vittorie. Ancora per uno altro respetto gli danno il lauro, perché Apollo per essere dio de la sapienzia influisce la divinazione: onde dicono che, come ebbe ucciso Pitone, principiò a dare responsi in Delos, e del lauro si scrive che, dormendo l’uomo circondata la testa de le sue frondi, sogna cose vere e li suoi sogni participano divinazione; e per questa causa gli appropriano il corbo, perché dicono che il corbo ha sessantaquattro voci diverse, da le quali si pigliava augúri e auspíci divinatori, piú che da nissuno altro animale.

Sofia. Mi basta questo de la natura e condizione d’Apolline; dimmi quel che appartiene al suo innamoramento con Dafne.

Filone. Il poema è che, vantandosi Apollo in presenzia di Cupido de la virtú del suo arco e de le sue saette, con le quali avea ucciso Pitone venenosissimo serpente, pareva quasi che non stimasse la forza de l’arco e de le saette di Cupido, come armi fanciullesche inatte a cosí terribili colpi; di che sdegnato Cupido ferí Apollo d’una saetta d’oro e Dafne, figliola del fiume Peneo, d’una di piombo: onde fece che Apollo amò la vergine Dafne e la seguitò come si séguita l’oro, e a Dafne fece aggravare l’amore d’Apollo come aggrava il piombo, e che fuggiva continuatamente. Ma vedendosi Dafne seguitare e quasi giunta da [p. 142 modifica]Apollo, domandò soccorso a suo padre Peneo e agli altri fiumi, i quali per camparla da lui la convertirono in lauro: e trovandola Apollo cosí fatta lauro, pur l’abbracciava ed ella tremava di paura; finalmente Apollo pigliò de le sue frondi e ornò di quella la sua cetara e la sua faretra e il lauro appropriò a sé per suo arbore, di che Dafne rimase contenta di lui.

Sofia. La favola è bella; ma che significa?

Filone. Vogliono mostrare quanto è grande e universale la forza de l’amore fino nel piú altiero e potente dio di tutti i celesti, che è il sole; onde galantemente fingono che egli si vantasse che col suo arco e le sue saette, che sono i suoi caldissimi raggi, uccidessi l’orribil serpente Pitone, che ogni cosa struggeva; la qual cosa, come t’ho detto, significa l’acquositá del diluvio, che restò sparsa su tutta la terra e proibiva la generazione e nutrizione degli uomini e di tutti gli altri animali terrestri, la qual acquositá il Sole con li suoi ardenti e saettanti raggi disseccò, e donò l’essere a quegli che viveno sopra la terra. E, perché tu sappi, o Sofia, quale è l’arco d’Apolline precisamente, oltra il corso suo e la circunferenzia solare, con la quale egli levò il danno del diluvio e ne assicurò del crudel Pitone, ti dirò che è quel vero arco di molti colori, che si rappresenta ne l’aere a rincontro del sole quando il tempo è umido e piovizio, il quale arco li greci chiamano «iris». E significa quello che narra la sacra Scrittura nel Genesi, che, passato il diluvio, restando degli uomini solamente Noè, uomo giusto, con tre suoi figliuoli, il quale si salvò in un’arca natante, con un maschio ed una femmina di ciascuna spezie d’animali terrestri, Dio l’assicurò che non procederebbe piú innanzi il diluvio, e gli donò per segno quello arco iris, che si genera nelle nuvole quando è piovuto, il qual dá fermezza che non si può fare piú diluvio. E, conciosiaché questo arco si generi della raziazione de la circunferenzia del sole ne le nuvole umide e grosse, e che la differenzia de la loro grossezza faccia la diversitá de’ suoi colori, secondo la deformitá de l’apprensione de le nuvole, séguita che l’arco del sole è quello che fu per ordine di Dio la fermezza e la sicurtá di non aver a essere piú diluvio. [p. 143 modifica]

Sofia. A che modo il sole col suo arco ne dá tal sicurtá?

Filone. Il sole non s’imprime, quando fa l’arco, ne l’aere sottile e sereno, ma nel grosso umido, il quale, se fusse di spessa grossezza, sufficiente a poter fare diluvio per moltitudine di piogge, non sarebbe capace di ricevere l’impressione del sole e fare l’arco; e perciò l’apparizione di questa impressione e arco ne assicura che le nuvole non hanno grossezza di poter fare diluvio. Questa è la fermezza e la sicurtá che l’arco ne dá del diluvio, de la qual cosa n’è causa la forza del sole, che purifica talmente le nuvole e l’assottiglia in modo che, imprimendo in quelle la sua circunferenzia, le fa insuffizienti a poter far diluvio. Onde con ragione e prudenzia hanno detto che Apollo amazzò Pitone col suo arco e con le sue saette, per la qual opera essendone Apollo superbo e altiero, secondo che è la natura solare, non però si potè liberare dal colpo de l’arco e saetta di Cupido, perché l’amore non solamente constringe gl’inferiori ad amare i superiori, ma ancora trae i superiori ad amare gl’inferiori; il perché Apollo amò Dafne, figliuola di Peneo fiume, che è l’umiditá naturale de la terra, la quale viene da’ fiumi che passano per quella. Questa umiditá ama il sole; e mandando in essa i suoi ardenti raggi, procura di attraerla a sé, esalandola in vapori. E potrebbesi dire che ’l fine di tale esalazione fusse il nutrimento de’ celesti, perché i poeti tengono che essi si nutrichino de’ vapori, che ascendono da l’umiditá del globo de la terra; ma, conciosiaché questo sia ancora metaforico, s’intende che si mantenga massimamente il sole e i pianeti nel suo proprio uffizio, che è di governare e sostenere il mondo inferiore, e conseguentemente il tutto de l’universo, mediante l’esalazione degli umidi vapori. E perciò ama l’umiditá per convertirla a sé nel suo, ma ella fugge dal sole perché ogni cosa fugge da chi lo consuma; ancora perché i raggi solari fanno penetrare l’umiditá per li pori de la terra e la fanno fuggire da la superficie, e perciò il sole la risolve: e quando è giá dentro de la terra e che non può piú fuggire dal sole, si converte in arbori e in piante, con aiuto e influenzia degli dèi celesti generatori de le cose e con aiuto de li fiumi, che la [p. 144 modifica]ristorano e soccorrono da la persecuzione e comprensione del sole. Dicono, secondo la fabula, che si convertí in lauro, perché il lauro, per essere arbore eccellente, diuturno, sempre verde, odorifero e caldo ne la sua generazione, si manifesta piú in lui che in niun altro arbore il mescolamento dei raggi solari con l’umido terreno. Dicono che fu figliuola di Peneo fiume, perché il terreno dove passa genera di molti lauri. Dicono che Apollo ornò de le sue frondi la sua cetera e la sua faretra, significando che i chiari poeti, che sono la cetera d’Apollo, e li vittoriosi capitani e i regnanti imperatori, che sono la faretra del sole (il quale propriamente dá le chiare fame, le potenti vittorie e gli eccelsi trionfi), solamente sono quegli che si sogliono incoronare di lauro in segno di eterno onore e di gloriosa fama; che, sí come il lauro dura assai, cosí il nome de’ sapienti e de’ vittoriosi è immortale; e sí come il lauro sempre è verde, cosí la fama di questi è sempre giovane né mai s’invecchia né secca; e sí come il lauro è caldo e odorifero, cosí gli animi caldi di questi danno suavissimo odore ne’ luoghi distanti, da una parte del mondo a l’altra. Onde questo arbore si chiama lauro per essere fra gli altri arbori come l’oro fra i metalli; ancora perché si scrive che gli antichi il nominavano laudo per le sue lode, e perché de le sue foglie s’incoronavano quegli che erano degni di eterne lode: per il che questo è quello arbore che s’appropria al sole, e dicono che nol può ferire saetta del cielo, però che la fama delle virtú il tempo non la può disfare, né ancora i movimenti e le mutazioni celesti, le quali ogni altra cosa di questo mondo inferiore saettono con inveterazione, corruzione e oblivione.

Sofia. Son satisfatta da te quanto agli amori degli dèi celesti, cosí degli orbi come degli sette pianeti. Degl’innamoramenti degli altri dèi terreni e umani non voglio che tu ne pigli altra fatica, perché alla sapienzia molto non importa: ma vorrei ben che tu mi dichiarassi, senza favole o finzioni, quello che gli sapienti astrologi tengono degli amori e degli odi che si hanno i corpi celesti e li pianeti l’uno con l’altro particolarmente.

Filone. Sotto brevitá ti dirò parte di quello che dimandi, ché ’l tutto sarebbe cosa troppo prolissa. Gli orbi celesti che gli [p. 145 modifica]astrologi hanno potuto conoscere sono nove: i sette appresso di noi sono gli orbi de’ sette pianeti erratici; degli altri dui superiori v’è l’ottavo, che è quello nel qual stanno fisse la grande moltitudine de le stelle che si vedeno, e l’ultimo e nono è il diurno, che in uno dí e in una notte, cioè in ore vintiquattro, volge tutto il suo circuito e in questo spazio di tempo volge seco tutti gli altri corpi celesti. Il circuito di questi orbi superiori si divide in misura di trecentosessanta gradi, divisi in dodici segni di trenta gradi l’uno: il qual circuito si chiama zodiaco, che vuol dire il circulo degli animali, perché quelli dodici segni sono figurati d’animali, i quali sono: aries, tauro gemini, cancro, leo, virgo, libra, scorpio, sagittario, capricorno aquario e pesce; de’ quali tre ne sono di natura di fuoco, caldi e secchi (cioè aries, leo e sagittario) e tre di natura di terra, cioè freddi e secchi (cioè tauro, virgo e capricorno), tre di natura de l’aere, caldi e umidi (cioè gemini, libra e aquario) e tre di natura de l’acqua, freddi e umidi (cioè cancro, scorpio e pesce). Questi segni hanno fra loro amicizia e odio, perché ogni tre di una medesima complessione partono il cielo per tergo e son lontani cento vinti gradi solamente, perciò sono interi amici (come Aries con Leo e Sagittario, Tauro con Virgo e Capricorno, Gemini con Libra e con Aquario, Cancer con Scorpio e con Pesce), ché la convenienzia de l’aspetto trino con la medesima natura gli concorda in perfetta amicizia. E quelli segni che partono il zodiaco per sesto, che son lontani sessanta gradi, hanno mezza amicizia, cioè imperfetta (come Aries con Gemini, e Gemini con Leone e Leone con Libra, e Libra con Sagittario, e Sagittario con Aquario, e Aquario con Ariete); li quali, oltre la convenienzia de l’aspetto sestile, son conformi che tutti son masculini e tutti d’una medesima qualitá attiva, cioè che sono caldi o con siccitá de la natura ignea ovvero con umiditá de la natura aerea: perché in effetto il fuoco e l’aere hanno fra loro mediocre conformitá e amicizia, se ben sono elementi. Questa medesima conformitá hanno fra loro gli altri segni di natura terrea e acquea, perché ancora essi son mezzanamente conformi (cioè Tauro con Cancro, e Cancro con Virgo, e Virgo con Scorpio, e Scorpio con [p. 146 modifica]Capricorno, e Capricorno con Pesce, e Pesce con Tauro), che tutti hanno aspetto sestile di sessanta gradi di distanzia e sono femminini di una medesima qualitá attiva, cioè freddi, se ben si divertiscono ne la qualitá passiva da secco a umido, come è la diversificazione de la terra verso l’acqua, onde l’amicizia loro è mezza e imperfetta. Nondimeno, se li segni sono oppositi nel zodiaco ne la maggiore distanzia che possa essere, cioè di cento ottanta gradi, hanno fra sé intera amicizia, perché il sito de l’uno è opposito e contrario totalmente a l’altro; e quando l’uno ascende, l’altro discende; quando l’uno è sopra de la terra, l’altro è disotto; e ancora che sieno sempre d’una medesima qualitá attiva, cioè ambidui caldi o ambidui freddi, pure ne la passiva son sempre contrari: perché, se uno è umido, l’altro è secco, e questo, giunto con l’opposita distanza e aspetto, gli fa capitali inimici (come Aries con Libra, e Tauro con Scorpio, e Gemini con Sagittario, e Cancro con Capricorno, e Leo con Aquario, e Virgo con Pesce). E quando son distanti per il quarto del zodiaco, che è per novanta gradi, son mezzo inimici, sí per essere la distanzia la metá de l’opposizione, come per esser sempre le loro nature contrarie in ambedue qualitá, attiva e passiva: che se uno è igneo caldo e secco, l’altro è acqueo freddo e umido, e, se è segno aereo caldo e umido, l’altro è terreo e freddo e secco (come è Aries con Cancro, Leo con Scorpio, Sagittario con Pesce, che l’uno è igneo, l’altro è acqueo; e sono come Gemini con Virgo, Libra con Capricorno, Aquario con Tauro, che l’uno è aereo e l’altro terreo); o veramente sono contrari almeno ne la qualitá attiva, che se l’uno è caldo, l’altro è freddo (come Tauro con Leo, Virgo con Sagittario, Capricorno con Ariete, e cosí Cancro con Libra, Scorpio con Aquario, Pesce con Gemini), ché tutti questi hanno fra loro contrarietá di qualitá attiva con aspetto quadrato di mezza inimicizia.

Sofia. Ho ben inteso come fra i dodici segni del cielo si truova amore e odio, perfetto e imperfetto. Vorrei ora che mi dicessi se fra li sette pianeti ancora si truova.

Filone. Li pianeti si amano l’uno l’altro quando si mirano [p. 147 modifica]di aspetto benigno, cioè trino, di distanzia di cento vinti gradi, il quale è aspetto di perfetto amore; ovvero d’aspetto sestile, de la metá di quella distanzia, cioè di sessanta gradi da l’uno a l’altro, il quale è aspetto di lento amore e di mezza amicizia: ma si fanno inimici, e s’odiano l’uno l’altro, quando si mirano d’aspetto opposito, de la maggiore distanzia che possa essere nel cielo, cioè di cento ottanta gradi, il quale è aspetto d’intero odio e inimicizia e di totale opposizione; e ancora quando si mirano d’aspetto quadrato, de la metá di quella distanzia, cioè di novanta gradi da l’uno a l’altro, è aspetto di mezza inimicizia e d’odio lento.

Sofia. Tu hai detto degli aspetti, che ’l trino e il sestile dánno amore e che l’opposito e il quadrato dánno odio. Dimmi, quando sono congiunti, se sono in amore o in disamore.

Filone. La coniunzione de dui pianeti è amorosa ovvero odiosa secondo la natura de’ due congiunti: ché, se son congiunti i due pianeti benigni, chiamati fortune, cioè Iuppiter e Venere, si porgono amore e benivolenzia l’un l’altro; e se la luna si coniunge con ognuno di loro, fa coniunzione felice e amorosa; e se il sole si coniunge con loro, fa nociva coniunzione e inimicabile, perché le fa combuste e di poco valore, ben che ad esso sole sia in qualche cosa buona, ma non però troppo per la loro combustione. Mercurio con Iove fa coniunzione felice e amicabile, e con Venere la fa amorosa, ben che non molto retta; con la luna è di mediocre amicizia, ma col sole è combusto e la sua coniunzione è poco amicabile, escetto se fussero uniti perfettissimamente e corporalmente, ché allora sarebbe ottima e amorosissima coniunzione, e per quella cresce il vigore del sole come se fussero due soli nel cielo. La coniunzione del sole con la luna è molto odiosa, ben che, essendo uniti interamente e corporalmente, alcuni astrologi la faccino amichevole, massimamente per le cose secrete: ma la coniunzione d’ognuno de li due pianeti infortuni, Saturno e Marte, con tutti è odiosa, escetto quella di Marte con Venere, che fa lascivia amorosa ed eccessiva. Quella di Saturno con Iove è amorosa a Saturno e a Iove odiosa: ma la loro coniunzione col [p. 148 modifica]sole, si come è inimichevole a esso sole, cosí ancora è nociva a loro, perché il sole gli abbrucia e debilita la sua potenzia. Ancora nel far male, con Mercurio e con la luna hanno pessima coniunzione e a lor stessi non utile.

Sofia. Sí come le coniunzioni sono disformi nel bene e nel male secondo la natura de’ pianeti congiunti, gli aspetti benivoli fra loro sono ancora cosí disformi, ovvero i malivoli, secondo le nature de’ due aspicienti.

Filone. Gli aspetti benivoli si divertiscano, e cosí i malivoli, piú o meno secondo son gli aspicienti: che quando le due fortune, Iuppiter e Venere, si mirano di trino aspetto o di sestile, è ottimo aspetto; e se è opposito o quadrato, si mirano mimicamente, ma non però influiscono male alcuno, ma poco bene e con difficultá. E cosí, quando ognuno di loro mira la luna e Mercurio e il sole d’aspetto amoroso, significa felicitá de la sorte de la sua natura: e se d’aspetto inimicabile si mirano, significa poco bene e avuto con difficultá; ma se esse due fortune mirano i due infortuni di buono aspetto, cioè Saturno e Marte, dánno mediocre bene, però con qualche timore e dispiacere; e se li mirano di male aspetto, dánno male sotto spezie di bene, escetto Marte con Venere, i quali hanno cosí buona complessione che, quando fra loro hanno buono aspetto, son molto favorevoli, massimamente in cose amorose; e ancora Iuppiter con Saturno guardandosi con buono aspetto, fa cose divine, alte e buone, lontane da la sensualitá. Ancora Iuppiter fortunato corregge la durezza di Saturno, e Venere ben collocata corregge la crudeltá e sceleraggine di Marte; e Mercurio di buono aspetto con Marte a Saturno fa poco bene, e di cattivo aspetto fa gran male, però che è convertibile ne la natura di quel pianeta col quale si mescola. Mercurio con la luna è buono con buono aspetto, ed è malo con malo; li due infortuni con la luna di malo aspetto sono pessimi, e di buono non buoni ma moderano l’inconvenienti, e cosí sono col sole. Il sole con la luna d’amoroso aspetto sono ottimi e correggono tutti gli eccessi e danni di Marte e di Saturno, ma di malo aspetto sono difficili e non buoni. E questo è il sommario de le differenzie de’ loro aspetti. [p. 149 modifica]

Sofia. Mi basta, Filone, quello che m’hai detto de l’amore e de l’odio che s’hanno i dodici segni fra loro e i pianeti: dimmi, ti prego, se i pianeti hanno ancora essi amore e odio a un segno piú che a un’altro.

Filone. Hanno certamente, perché i dodici segni divisamente sono case o domicili de li sette pianeti; e ognuno ha amore a la sua casa, perché trovandosi in quel segno la sua virtú è piú potente, e odia il segno opposito de la sua casa, però che trovandosi in quello la sua virtú si debilita.

Sofia. Con qual ordine si parteno questi dodici segni per le case de’ sette pianeti.

Filone. Il sole e la luna hanno ognuno di loro una casa in cielo: quella del sole è il Leone, quella della luna è Cancro; gli altri cinque pianeti hanno due case per uno: Saturno ha per case Capricorno e Aquario, Iuppiter Sagittario e Pesce, Marte Ariete e Scorpio, Venere Tauro e Libra, Mercurio Gemini e Vergine.

Sofia. Dimmi se assegnano alcuna causa all’ordine di coteste partizioni.

Filone. La causa e l’ordine de la posizione de’ pianeti secondo gli antichi [è che] il piú alto, che è Saturno, per la sua eccessiva frigiditá pigliò per sue case Capricorno e Aquario, che sono quelli due che quando il sole si truova in essi, che è da mezzo dicembre fino a mezzo febraro, il tempo è piú freddo e tempestoso di tutto l’anno; le qual cose son proprie de la natura di Saturno. Iuppiter per essere secondo presso a Saturno, le due case nel zodiaco sono appresso le due di Saturno, Sagittario nanzi Capricorno e Pesce di poi [di] Aquario. Marte, che è il terzo pianeta appresso Giove, ha le sue due case appresso di lui, Scorpio nanzi a Sagittario e Aries di poi di Pesce. Venere, che secondo gli antichi è il quarto pianeta appresso di Marte, ha le sue due presso a quelle, cioè Libra innanzi Scorpio e Tauro di poi [di] Ariete. Mercurio, che è il quinto pianeta appresso Venere (secondo gli antichi), ha le sue case presso di quelle, cioè Virgo nanzi Libra e Gemini di poi di Tauro. Il sole, che gli antichi pongono sesto pianeta appresso Mercurio, ha una sola casa nanzi di Virgo, [p. 150 modifica]casa principal di Mercurio; e la luna, che è il settimo ed ultimo pianeta, ha la sua casa poi di Gemini, che è l’altra casa di Mercurio. Sí che non a caso, ma per ordine certo li pianeti hanno sortito le loro case nel zodiaco.

Sofia. Questo ordine mi piace ed è conforme a la posizione de’ pianeti secondo gli antichi, che ponevano il sole sotto Venere e Mercurio. Ma secondo i moderni astrologi, che lo pongono appresso Marte sopra di Venere, quest’ordine non sarebbe giusto né ragionevole.

Filone. Ancora secondo questi moderni l’ordine sarebbe giusto, facendosi però principio non da Saturno ma dal sole e da la luna e da le sue case, per essere questi li due luminari principi del cielo, e gli altri suoi seguaci. I quali sole e luna hanno principal cura de la vita di questo mondo.

Sofia. Dichiaramelo un poco.

Filone. Sí come prima facevamo principio da Capricorno, che è il solstizio iemale, quando i giorni principiano a crescere, cosí ora faremo principio da Cancro, che è il solstizio vernale, quando i giorni son maggiori de l’anno nel fine del crescimento; il qual Cancro, per essere freddo e umido de la natura de la luna, è casa de la luna, e Leo, che è appresso, per essere caldo e secco de la natura del sole, e perché il sole quando è in quello è potentissimo, è fatta casa del sole.

Sofia. Tu fai adunque la luna prima del sole.

Filone. Non te ne maravigliare, ché ne la sacra creazione la notte s’antepone al dí, e, come t’ho detto, Diana fu lucina, secondo i poeti, nel nascimento del dí. Sí che rettamente Cancer, casa de la luna, è prima di Leo, casa del sole. Appresso di questi due stanno le due case di Mercurio, il quale è il piú vicino alla luna, la quale è il primo pianeta e piú inferiore, ed esso Mercurio il secondo, le case del quale son Gemini innanzi Cancro e Virgo di poi [di] Leo. Venere, che è il terzo, è sopra Mercurio, e ha le sue case presso quelle di Mercurio. Tauro nanzi di Gemini e Libra poi di Virgo. Marte, che è il quinto, è sopra di Venere e del sole; ha le sue case presso quelle di Venere: Aries innanzi Tauro, e Scorpio doppo Libra. [p. 151 modifica]Iuppiter, che è il sesto, è sopra di Marte: ha le sue case presso quelle, Pesce innanzi Ariete e Sagittario doppo Scorpio. Saturno, che è il settimo, piú alto, è sopra di Giove: ha le sue case presso quelle di esso Iove: Aquario innanzi di Pesce e Capricorno di poi [di] Sagittario; e vengono a essere l’una appresso l’altra, perché sono gli ultimi segni oppositi e piú lontani da quelli del sole e da quelli della luna, cioè Cancro e Leo.

Sofia. Son satisfatta de l’ordine che hanno i pianeti ne la partizione de’ dodici segni per le case loro, e ognuno con ragione ha amore a la sua casa e odio a la contraria, secondo hai detto. Ma vorrei sapere da te se questa opposizione de’ segni corrisponde a la diversitá o contrarietá di quei pianeti, de’ quali quelli segni oppositi son case.

Filone. Corrispondono certamente, perché la contrarietá de’ pianeti corrisponde a l’opposizione de’ segni, loro case; ché le due case di Saturno, Capricorno e Aquario, sono opposite a quelle de’ dui luminari sole e luna, cioè a Cancro e a Leone, per la contrarietá de l’influenzia e natura di Saturno a quella de’ due luminari.

Sofia. A che modo?

Filone. Perché, sí come i luminari sono cause de la vita di questo mondo inferiore, de le piante, degli animali e degli uomini, porgendo il sole caldo naturale e la luna l’umido radicale, però che col caldo si vive e con l’umido si nutrisce: cosí Saturno è causa de la morte e de la corruzione degl’inferiori, con le sue qualitá contrarie di freddo e di secco. E le due case di Mercurio, Gemini e Virgo, son contrarie a quelle di Giove, Sagittario e Pesce, per la contrarietá de la loro influenzia.

Sofia. Qual sono?

Filone. Iuppiter dá inclinazione d’acquistare abbundanti ricchezze, e perciò gli uomini iovali comunemente sono ricchi, magnifici e opulenti. Ma Mercurio, perché dá inclinazione per investigare sottili scienzie e ingegnose dottrine, leva l’animo da l’acquisto de la robba. E perciò il piú de le volte i sapienti son poco ricchi e i ricchi poco sapienti, perché le scienzie [p. 152 modifica]s’acquistano con l’intelletto speculativo e le ricchezze con l’attivo; ed essendo l’anima umana una, quando si dá a la vita attiva, s’aliena da la contemplativa, e quando si dá a la contemplazione, non stima le mondane faccende. E questi tali son poveri per elezione, perché quella povertá val piú che l’acquisizione de le ricchezze. Sí che con ragione le case di Mercurio sono opposite a quelle di Giove, e quelli che ne le loro nativitá hanno le case de l’uno che ascendono sopra terra, hanno le case de l’altro che descendono sotto terra, talmente che di raro il buono ioviale è buon mercuriale e il buon mercuriale buono ioviale. Restano le due case di Venere, Tauro e Libra, le quali sono opposite a le due di Marte, Scorpio e Ariete, per la contrarietá complessionale che è da l’uno a l’altro.

Sofia. Come contrarietá? anzi amicizia e buona conformitá, perché (come tu stesso hai detto) Marte è innamorato di Venere e ambi due si confanno ben insieme.

Filone. Non è la contrarietá de la loro influenzia, come quella di Iove a Mercurio, ma è ne la complessione, come quella di Saturno ai luminari, ben che essi sieno ancora (come t’ho detto) contrari in influenzia. Ma Marte e Venere son solamente contrari in complessione qualitativa, ché Marte è secco caldo e ardente, e Venere è fredda e umida temperata; non come la luna, la quale in frigiditá e umiditá è eccessiva. Onde essi (Marte e Venere) si confanno bene come due contrari de la mistione, de’ quali proviene temperato effetto: massimamente negli atti nutritivi e generativi, che uno dá il calore, che è la causa attiva in ambidue, e l’altro dá l’umido temperato, che in quelli è la causa loro passiva; e se ben il calor di Marte è eccessivo in ardore, la fragilitá temperata di Venere il tempera e lo fa proporzionato a le tali operazioni: in modo che ne la tal contrarietá consiste la convenienza amorosa di Marte e di Venere, e solamente per quella hanno le case loro opposite nel zodiaco.

Sofia. Mi piace questa causa de l’opposizione de’ segni per l’odio, ovvero contrarietá, de’ pianeti de’ quali son case. Dimmi, ti prego, se ancora ne l’ordine e opposizione appare alcuna cosa del loro amore e benivola amicizia, sí come appare l’odio e la contrarietá. [p. 153 modifica]

Filone. Sí, che appare, massimamente nei luminari. Vedrai che Iuppiter, per essere fortuna maggiore, niuna de le sue case mira d’aspetto inimichevole le case de’ dui luminari sole e luna come Saturno, per essere infortunio maggiore, che niuna de le sue case mira d’aspetto benivolo quelle dei luminari, anzi d’opposito, che è totalmente inimicabile. Ma la prima casa di Giove, cioè Sagittario, mira d’aspetto trino d’intero amore Leone, casa del sole (luminario maggiore); e la seconda, cioè Pesce, mira Cancro, casa de [la] luna (luminare minore), d’aspetto medesimamente trino d’amore perfetto. Ancora, niuna de le case di Mercurio ha inimichevole aspetto con la casa del sole e con quella della luna, per essere suo familiarissimo: anzi la prima casa sua, che è Gemini, mira d’aspetto sestile di mezzo amore Leone, casa del sole; e la sua seconda, che è Virgo, mira Cancro, casa de la luna, similmente d’aspetto sestile amicabile. Restativi le case di Venere, fortuna minore, e di Marte, infortunio minore: li quali pianeti sí come son conformi in una influenzia, cosí egualmente le loro case hanno mediocre amicizia a quelle del sole e de la luna; ché Ariete, prima casa di Marte, ha aspetto trino con Leone, casa del sole, per essere ambi li pianeti e ambi li segni d’una medesima complessione calda e secca: e hanno aspetto quadrato di mezza inimicizia con Cancro, casa de la Luna, per essere di qualitá contraria, Marte e la sua casa Ariete, che sono caldi e secchi, con la luna e con la sua casa Cancro, che sono freddi e umidi. E Scorpio, seconda casa di Marte, ha aspetto trino di perfetto amore con Cancro, casa de la luna, per essere ambidue segni d’una complessione, freddi e umidi; ma con Leone, casa del sole, ha aspetto quadrato, per la loro contrarietá di caldo e secco, quale è Leone, al freddo e umido, qual’è Scorpio. E quasi in questo modo si portano le case di Venere con quelle de’ luminari: ché Tauro, prima casa di Venere, mira Cancro, casa de la luna, d’aspetto sestile amicabile (e sono ambidui freddi), e mira Leone, casa del sole, d’aspetto quadrato mezzo inimichevole, il quale gli è contrario per esser caldo; e cosí Libra, seconda casa di Venere, mira Leone d’aspetto sestile amicabile, perché ambidue son caldi, e Cancro (per essere freddo) d’aspetto quadrato [p. 154 modifica]di mezza inimicizia. Sí che questi due pianeti Marte e Venere sono mezzi di Saturno e di Iove, onde le loro case sono miste d’amicizia con quelle del sole e de la luna. Molte altre proporzioni, o Sofia, ti potrei dire de l’amicizie e inimicizie celesti; ma le voglio lassare, perché farebbono troppo longa e difficile la nostra confabulazione.

Sofia. Solamente circa questa materia voglio che tu mi dica, se li pianeti hanno altra sorte di amicizia e odio a li segni, oltra d’essere loro case contrarie di quelli, ovvero ben aspicienti.

Filone. L’hanno ben certamente. Prima per l’esaltazione de’ pianeti, che ognuno ha un segno, nel quale ha potenzia d’esaltazione: il sole in Ariete, la luna in Tauro, Saturno in Libra, Iuppiter in Cancro, Marte in Capricorno, Venere in Pesce, Mercurio in Virgo, ben che sia una de le sue case. Hanno ancora autoritá di triplicitá, la quale hanno tre pianeti in ciascuno segno, cioè sole, Iuppiter e Saturno ne li tre segni di fuoco, che sono de li sei masculini, cioè Ariete, Leo e Sagittario; Venere, la luna e Marte hanno autoritá ne’ segni feminini, cioè ne li tre segni terreni, Tauro, Virgo e Capricorno, e ne li tre acquosi, Cancro, Scorpio e Pesce; Saturno, Mercurio e Iuppiter hanno triplicitá ne li tre segni che sono gli altri tre masculini, Gemini, Libra e Aquario. Io non ti dirò diffusamente le cause di questa sortizione, per evitare longhezza. Solamente ti dico che ne’ segni masculini hanno triplicitá li tre pianeti masculini, e ne’ segni femminini tre pianeti femminini. Hanno ancora i pianeti amore alle lor facce: e ogni dieci gradi del zodiaco è faccia d’un pianeta; e li primi dieci gradi d’Ariete son di Marte, i secondi del sole, li terzi di Venere, e cosí successivamente per ordine de pianeti e de segni, fino agli ultimi di essi gradi di Pesce, che vengono ancora ad essere faccia di Marte. Hanno ancora i pianeti, escetto il sole e la luna, amore a’suoi termini, perché ognuno de li cinque pianeti restanti ha certi gradi di termini in ognuno de’ segni. Hanno ancora tutti i pianeti amore a li gradi luminosi e favorevoli, e odio agli oscuri e abietti; e hanno amore alle [p. 155 modifica]stelle fisse, quando si congiungono con quelle, massimamente se son de le grandi e lucide, cioè de la prima grandezza o de la seconda, e hanno odio a quelle stelle fisse che sono di natura contraria a loro. Ora mi pare che io t’abbia degli amori e degli odi celesti detto tanto che basti per questo nostro parlamento.

Sofia. Ho inteso assai copiosamente degli amori celestiali. Ora vorrei sapere, o Filone, se quelli spiriti, ovvero intelletti spirituali celesti, sono ancora essi, come tutte l’altre creature corporali, legati da l’amore; o veramente se, per essere separati da materia, sono sciolti dagli amorosi legami.

Filone. Ancora che l’amore si trovi ne le cose corporali e materiali, non però è proprio di quelle; anzi, sí come l’essere, la vita e l’intelletto e ogni altra perfezione, bontá e bellezza depende dagli spirituali e deriva dagl’immateriali ne’ materiali, in modo che tutte queste eccellenzie prima si truovano negli spirituali che ne’ corporali. Cosí l’amore prima e piú essenzialmente si truova nel mondo intellettuale, e da quello nel corporeo depende.

Sofia. Dimmi la ragione.

Filone. Ne hai tu forse qualcuna in contrario?

Sofia. Questa v’è pronta: che tu m’hai mostrato che l’amore è desiderio d’unione, e chi desidera gli manca quello che desidera, e il mancamento negli spirituali non è, anzi è proprio de la materia; e perciò in loro non si debbe trovare amore. Ancora, perché i materiali, come imperfetti, sogliono desiderare di unirsi con li spirituali, che sono perfetti; ma li perfetti come possono desiderare d’unirsi con gl’imperfetti?

Filone. Li spirituali s’hanno amore non solamente l’uno l’altro, ma ancora essi amano i corporali e materiali; e quello che tu dici, che l’amore dice desiderio e che ’l desiderio dice mancamento, è vero: ma non è inconveniente che, essendo negli spiriti ordini di perfezioni, che l’uno sia piú perfetto de l’altro e di piú chiara e sublime essenzia, che l’inferiore, che è da manco, ami il superiore e desideri unirsi con lui. Onde tutti amano principalmente e sommamente il sommo e perfetto [p. 156 modifica]Dio, che è la fontana da la quale ogni essere e ben loro deriva, l’unione de la quale tutti affettuosissimamente desiderano e la procurano sempre con li suoi atti intellettuali.

Sofia. Ti concedo che li spirituali s’amino l’uno l’altro [e che amino Dio, ma non il contrario], però che l’inferiore ama il superiore, ma non il superiore l’inferiore; e manco che li spirituali amino i corporali ovvero materiali, conciosiaché essi siano piú perfetti e che non abbino mancamento degl’imperfetti, e perciò non li possono disiare né amare, come hai detto.

Filone. Giá era per risponderti a questo secondo argumento, se tu fussi stata paziente. Sappi che, sí come gl’inferiori amano i superiori, desiderando unirsi con loro per quello che ad essi manca de la loro maggiore perfezione, cosí i superiori amano gl’inferiori e desiderano unirli con loro perché sieno piú perfetti: il quale disiderio presuppone ben mancamento, non nel superiore desiderante ma ne l’inferiore bisognante, perché il superiore amando l’inferiore desidera supplire quel che manca di perfezione a l’inferiore con la sua superioritá, e in questo modo li spirituali amano i corporali e materiali per supplire con la loro perfezione al mancamento di quelli e per unirli con essi e farli eccellenti.

Sofia. E tu qual hai per piú vero e intero amore, o quello del superiore a l’inferiore, ovvero quel de l’inferiore al superiore?

Filone. Quel del superiore a l’inferiore e del spirituale al corporale.

Sofia. Dimmi la ragione.

Filone. Perché l’uno è per ricevere, l’altro per dare: il spirituale superiore ama l’inferiore come fa il padre il figliuolo, e l’inferiore ama il superiore come il figliuolo il padre; tu sai pure quanto è piú perfetto l’amore del padre che quel del figliuolo. Ancora, l’amore del mondo spirituale al mondo corporale è simile a quello che ’l maschio ha a la femmina; e quello del corporale a lo spirituale, a quel de la femmina al maschio, come giá di sopra ti ho dichiarato. Abbi pazienzia, o Sofia, ché piú perfettamente ama il maschio, che dá, che la femmina, [p. 157 modifica]che riceve; e fra gli uomini i benefattori amano piú quelli che ricevano i suoi benefizi, che li benefiziati i benefattori; perché questi amano per il guadagno e quelli per la virtú, e l’uno amore ha de l’utile e l’altro è tutto onesto. Tu sai pur quanto l’onesto è piú eccellente che l’utile; sí che non senza ragione io t’ho detto, che l’amore ne li spirituali è molto piú eccellente e perfetto verso li corporali che ne li corporali verso li spirituali.

Sofia. Mi satisfa quello che m’hai detto: ma due altri dubi ancora m’occorrono. L’uno è che ’l desiderio presuppone mancamento, debbe essere mancamento de la cosa desiata nel desiderante e amante, e non mancamento de la perfezione de l’amante ne la cosa amata, come par che tu dica, cioè che ’l mancamento sia ne l’inferiore desiderato e amato dal superiore. L’altro dubio è che io ho inteso che le persone amate, in quanto sono amate, sono piú perfette che gli amanti, perché l’amore è de le cose buone, e la cosa amata è fine e intento de l’amante, e il fine è il piú nobile: come adunque l’imperfetto può essere amato dal perfetto, come dici?

Filone. Li tuoi dubi son di qualche importanzia. La soluzione del primo è che ne l’ordine de l’universo l’inferiore depende dal superiore e il mondo corporeo dal spirituale, onde il mancamento de l’inferiore addurrebbe mancamento al superiore dal qual depende: però che l’imperfezione de l’effetto denota imperfezione de la causa. Amando adunque la causa il suo effetto e il superiore l’inferiore, desidera la perfezione de l’inferiore e d’unirselo seco per liberarlo da difetto, perché liberando lui egli salva se stesso di mancamento e imperfezione: sí che quando l’inferiore non si viene a unire col superiore, non solamente egli sta defettuoso e infelice, ma ancora il superiore resta maculato con mancamento de la sua eccelsa perfezione, ché ’l padre non può essere felice padre essendo il figliuolo imperfetto: però dicono gli antichi che il peccatore pone macula ne la divinitá e l’offende, cosí come il giusto l’esalta. Onde con ragione non solamente l’inferiore ama e desidera unirsi col superiore, ma ancora il superiore ama e desidera unir seco [p. 158 modifica]l’inferiore, acciò che ognuno di loro sia perfetto nel suo grado senza mancamento, e acciò che l’universo s’unisca e si leghi successivamente col legame de l’amore, che unisce il mondo corporale col spirituale e l’inferiori con li superiori: la quale unione è principal fine del sommo opifice e omnipotente Dio ne la produzione del mondo, con diversitá ordinata e pluralitá unificata.

Sofia. Del primo dubio veggo la soluzione: solvimi ora il secondo.

Filone. Aristotile il solve: che, avendo provato che quelli che muoveno eternalmente li corpi celesti sono anime intellettive e immateriali, dice che li muoveno per qualche fine de le loro anime e intento, e dice che tal fine è piú nobile e piú eccellente che ’l medesimo motore, perché il fine de la cosa è piú nobile di quella: e de le quattro cause de le cose naturali, che sono la materiale, la formale e la causa agente, che fa o muove la cosa, e la causa finale, che è il fine che muove l’agente a fare, di tutte la materiale è la piú bassa, la formale è meglio che la materiale, e l’agente è migliore e piú nobile di tutte due, perché è causa di quelle, e la causa finale è piú nobile ed eccellente di tutte quattro e piú che la causa agente, però che per il fine si muove l’agente; onde il fine si chiama «causa di tutte le cause». Per questo si conclude che quello che è il fine, per il quale l’anima intellettiva d’ognuno de li cieli muove il suo orbe, è di piú eccellenzia non solamente che ’l corpo del cielo, ma ancora che la medesima anima: il qual dice Aristotile che essendo amato e desiderato da l’anima del cielo, per suo amore questa anima intellettuale con desiderio fermo e affezione insaziabile muove eternalmente il corpo celeste appropriato a lei, amando quello e vivificandolo, se ben esso è il manco nobile e inferiore a lei, perché egli è corpo ed ella intelletto; il che principalmente fa che l’amore, che ha al suo amato superiore, è piú eccellente di lei, desiderando unirsi eternalmente con lui e farsi con quella unione felice, come una vera amante con il suo amoroso. Per la qual cosa potrai, o Sofia, intendere che i superiori amano l’inferiori e li spirituali i corporali, per [p. 159 modifica]l’amore che hanno ad altri loro superiori, e per finire la loro unione gli amano, e, amandoli, bonificano i loro inferiori.

Sofia. Dimmi, ti prego, quali son da piú che l’anime intellettive, che muoveno i cieli, che possono essere loro amanti e desiderare la loro unione e che con quella si faccino felici, e che per quella sieno cosí solleciti a muovere eternalmente i suoi cieli. E anco è di bisogno che tu mi dica a che modo i superiori, amando gl’inferiori, fruiscono l’unione de li loro superiori, perché di ciò la ragione a me non è manifesta.

Filone. Quanto a la tua prima interrogazione, li filosofi commentatori d’Aristotile procurano di sapere quali fussero questi cosí eccellenti, che sono fini e piú sublimi che l’anime intellettive movitrici de’ cieli; e la prima academia degli arabi, Alfarabio, Avicenna, Algazeli e il nostro rabi Moisé d’Egitto nel suo Morhe, dicono che ad ogni orbe sono appropriate due intelligenzie, l’una de le quali lo muove effettualmente ed è anima motiva intellettuale di quello orbe, e l’altra lo muove finalmente, perché è il fine per il quale il motore, cioè l’intelligenzia che anima il cielo, muove il suo orbe, il quale è amato da quella come piú eccellente intelligenzia: e desiderando unirsi con quello che ama, muove eternalmente il suo cielo.

Sofia. Come constaria adunque quella sentenzia de’ filosofi del numero degli angeli, ovvero intelligenzie separate movitrici de’ cieli, che son tante quante gli orbi che muoveno, e non piú; ché, secondo questi arabi, l’intelligenzie sarebbono doppio numero degli orbi?

Filone. Dicono che consta questo detto e questo numero in ognuna di queste due spezie d’intelligenzie, cioè movitrici e finali, perché bisogna che sieno tante l’intelligenzie movitrici quanti gli orbi, e tante l’intelligenzie finali quanto quelli.

Sofia. Alterano veramente quello antico detto in farli doppio il numero. Ma che diranno del primo motore del cielo supremo, che teniamo essere Iddio? Questo è pure impossibile ch’egli abbia per fine alcuno migliore di sé.

Filone. Questi filosofi arabi tengono che ’l primo motore non sia il sommo Dio, perché Dio sarebbe anima appropriata [p. 160 modifica]ad un orbe, come sono l’altre intelligenzie movitrici, la qual appropriazione e paritá in Dio sarebbe non poco inconveniente; ma dicono che ’l fine per il qual muove il primo motore è il sommo Dio.

Sofia. E questa oppinione è concessa da tutti gli altri filosofi?

Filone. Non, certamente; ché Averrois e degli altri, che da poi hanno commentato Aristotile, tengono che tante sien l’intelligenzie quanti gli orbi e non piú, e che ’l primo motore sia il sommo Dio. Dice Averrois non essere inconveniente in Dio l’appropriazione sua a l’orbe, come anima o forma, datrice [de] l’essere al cielo superiore, però che tali anime son separate da materia: ed essendo il suo orbe quello che tutto l’universo contiene e abbraccia, e muove col suo movimento tutti gli altri cieli, quella intelligenzia, che l’informa e muove e gli dá l’essere, debbe essere il sommo Dio e non altro; ché lui, per essere motore, non si fa eguale agli altri, anzi resta molto piú alto e sublime, sí come il suo orbe è piú sublime che quelli de l’altre intelligenzie. E sí come il suo cielo comprende e contiene tutti gli altri, cosí la sua virtú contiene la virtú di tutti gli altri motori; e sí, per essere chiamato motore come gli altri, fusse eguale a loro, ancora (secondo i primi) sarebbe eguale a l’altre intelligenzie finali, per essere, come loro, fine del primo motore. E in conchiusione, dice Averrois che poner piú intelligenzie di quelle che la forza de la filosofica ragione induce, non è da filosofo: conciosiaché altrimenti non si possa vedere se non quanto la ragione ci dimostra.

Sofia. Piú limitata oppinione mi pare questa che quella de’ primi: ma che dirá costui in quello che afferma Aristotile (e la ragione con esso), che ’l fine del motore de l’orbe è piú eccellente di esso motore.

Filone. Dice Averrois, che Aristotile intende che la medesima intelligenzia che muove sia fine di se stessa nel suo movimento continuo, però che muove l’orbe per impire la sua propria perfezione: secondo il quale è piú nobile per essere fine del moto che per essere efficiente di quello. Onde questo [p. 161 modifica]detto di Aristotile è piú tosto comparativo fra le due spezie di causalitá che si truovano in una medesima intelligenzia, cioè effettiva e finale, che comparativo d’una intelligenzia a l’altra, come dicono li primi.

Sofia. Strano mi pare che, per questi respetti, Aristotile dica che una medesima intelligenzia sia piú perfetta di se stessa.

Filone. Anco a me par senza ragione che un detto cosí comparativo assolutamente, come questo d’Aristotile, si debbi intendere respettivamente d’una medesima intelligenzia: e ben che questa sentenzia di Averroe sia vera (e massimamente nel primo motore, che, essendo Dio, bisogna che sia fine del suo moto e azione), e ancora sia vero che la causa finale sia piú eccellente che l’effettiva, non perciò pare che sia intenzione di Aristotile in quel detto inferir tal sentenzia.

Sofia. Quale adunque parrebbe a te che fussi?

Filone. Demostrare che ’l fine di tutti i motori de’ cieli è una intelligenzia piú sublime e superiore di tutte, amata da tutti con desiderio di unirsi con lei, ne la quale consiste la lor somma felicitá; e questo è il sommo Dio.

Sofia. E tu tieni che egli sia il primo motore?

Filone. Sarebbe lungo dirti quello che in ciò si può dire, e forse sarebbe audacia affermare l’una oppinione sopra l’altra; ma quando io ti conceda che la mente d’Aristotile sia che ’l primo motore sia Iddio, ti dirò che tiene che esso sia fine di tutti i motori, e piú eccellente che tutti gli altri de’ quali è superiore, ma non dice che sia piú eccellente di se stesso: ancor che in lui sia piú principale l’essere causa finale d’ogni cosa, perché l’uno è fine al quale l’altro s’indirizza.

Sofia. E tu nieghi che gli altri motori non muoveno i cieli per empire la loro perfezione, la quale desiderano fruire (come dice Averrois)?

Filone. Noi niego, anzi ti dico che desiderano l’unione loro con Dio per empire la loro perfezione, sí che l’ultimo loro fine e intento è la loro perfezione: ma conciosiaché ella consista ne la loro unione con la divinitá, segue che ne la divinitá è il suo ultimo fine e non in se stessa, onde dice [p. 162 modifica]Aristotile che questa divinitá è fine piú alto che il loro, e non la sua propria perfezzione in essi manente (come stima Averrois).

Sofia. E la beatitudine de l’anime intellettive umane, e il suo ultimo fine, sarebbe mai per questa simil ragione l’unione divina?

Filone. Certamente, perché la sua ultima perfezione, fine e vera beatitudine non consiste in esse medesime anime, ma ne la sollevazione e unione loro con la divinitá: e per essere il sommo Dio fine d’ogni cosa e beatitudine di tutti gl’intellettuali, non per questo s’esclude che la loro propria perfezione non sia l’ultimo loro fine, però che ne l’atto de la felicitá l’anima intellettiva non è piú in se stessa, ma in Dio, il quale ha felicitá per la sua unione; e quivi consiste il suo ultimo fine e felicitá, e non in se stessa in quanto non abbia questa beata unione.

Sofia. Mi gusta questa sottilitá, e resto satisfatta de la mia prima dimanda. Vegniamo alla seconda.

Filone. Tu vuoi ch’io ti dichiari [in] che modo, amando e movendo l’intelligenzia l’orbe celeste corporeo, che è da men che lei, essa intelligenzia si possa magnificare e sollevare ne l’amor del sommo Dio e arrivare alla sua felice unione.

Sofia. Questo è quello ch’io voglio saper da te.

Filone. Il dubbio viene a essere ancor maggiore, perché, de l’intelligenzia separata da materia, l’atto proprio ed essenziale suo è l’intendere se stessa e in sé ogni cosa insieme, relucendo in lei l’essenzia divina in chiara visione come il sole nel specchio, la quale contiene l’essenzie di tutte le cose ed è causa di tutte. In questo atto debbe consistere la sua felicitá e il suo ultimo fine, non in muover corpo celeste, che è cosa materiale e atto estrinseco de la sua vera essenzia.

Sofia. Mi piace di vederti insanguinarmi la piaga per curarla poi meglio. Abbiamo dunque il remedio.

Filone. Tu hai altra volta inteso da me, o Sofia, che tutto l’universo è un individuo, cioè come una persona, e ognuno di questi corporali e spirituali, eterni e corruttibili, è membro e parte di questo grande individuo, essendo tutto e ciascuna de [p. 163 modifica]le sue parti produtta da Dio per uno fine comune nel tutto, insieme con uno fine proprio in ognuna de le parti. Séguita che tanto il tutto e le parti sono perfette e felici, quanto rettamente e interamente conseguono gli offizi ai quali sono indirizzati dal sommo opifice. Il fine del tutto è l’unita perfezione di tutto l’universo, disegnata dal divino architettore, e il fine di ciascuna delle parti non è solamente la perfezione di quella parte in sé, ma che con quella deserva rettamente a la perfezione del tutto, che è il fine universale, primo intento de la divinitá. E per questo comun fine, piú che per il proprio, ogni parte fu fatta, ordinata e dedicata; talmente che, mancando parte di tal servitú negli atti pertinenti a la perfezione de l’universo, le sarebbe maggiore difetto e piú infelice verrebbe a essere, che se li mancasse il suo proprio atto; e cosí si felicita piú per il comune che per il proprio, a modo d’uno individuo umano, che la perfezione d’una de le sue parti, come l’occhio o la mano, non consiste solamente né principalmente nell’essere bello occhio o bella mano, ma nel vedere assai de l’occhio, né ancora nel fare troppe arti la mano: ma prima e principalmente consiste che l’occhio veda e la mano faccia quel che conviene al bene di tutta la persona, e si fa piú nobile ed eccellente per il retto servizio che fa a la persona tutta, perché la propria bellezza è proprio atto; onde molte volte per salvare tutta la persona la parte naturalmente si rappresenta ed espone al proprio pericolo, come vuol fare il braccio, che si rappresenta a la spada per salvazione de la testa. Essendo adunque questa legge sempre osservata ne l’universo, l’intelligenzia si felicita piú nel muovere l’orbe celeste (che è atto necessario a l’essere del tutto, se ben è atto estrinseco e corporeo) che ne la intrinseca intelligenzia sua essenziale, che è il proprio atto: e questo intende Aristotile, dicendo che l’intelligenzia muove per fine piú alto ed eccellente, che è Dio, consequendo l’ordine suo ne l’universo; sí che amando e movendo il suo orbe collega l’unione de l’universo, con la qual propriamente consegue l’amore, l’unione e la grazia divina unificatrice del mondo, la quale è il suo ultimo fine e desiderata felicitá. [p. 164 modifica]

Sofia. Mi piace; e credo che per questa medesima causa l’anime spirituali intellettive degli uomini si collegano a corpo sí fragile come l’umano, per conseguire l’ordine divino nella collegazione e unione di tutto l’universo.

Filone. Bene hai detto, e cosí è il vero: ché l’anime nostre essendo spirituali e intellettive, nissun bene da la societá corporea, fragile e corruttibile lor potrebbe occorrere, che non stessero molto meglio col suo atto intellettivo intrinseco e puro; ma s’applicano al nostro corpo solamente per amore e servizio del sommo creatore del mondo, traendo la vita e la cognizione intellettiva e la luce divina dal mondo superiore eterno a l’inferiore corruttibile, acciò che questa piú bassa parte del mondo non sia anch’ella priva de la grazia divina e vita eternale, e perché questo grande animale non abbia parte alcuna che non sia viva e intelligente come tutto lui. Ed esercitando l’anima nostra in questo l’unione di tutto l’universo mondo secondo l’ordine divino, il quale è comune e principal fine ne la produzione de le cose, ella rettamente fruisce l’amor divino e arriva ad unirsi col sommo Iddio poi de la separazione del corpo, e questa è la sua ultima felicitá. Ma se erra ne la tale administrazione, manca di questo amore e questa unione divina: e questa a lei è somma ed eterna pena, perché possendo, con rettitudine del suo governo nel corpo, salire nell’altissimo paradiso, per la sua iniquitá resta ne l’infimo inferno, sbandita in eterno dalla unione divina e dalla sua propria beatitudine; se giá non fusse tanta la divina pietá, che gli donasse modo da potersi remediare.

Sofia. Dio ne guardi da tale errore, e ne faccia dei retti amministratori de la santa sua volontá e del suo divino ordine.

Filone. Dio lo faccia; ma tu pur giá sai, o Sofia, che non si può far senza amore.

Sofia. Veramente l’amore nel mondo non solamente è in ogni cosa comune, ma ancora sommamente è necessario, poi che alcuno non può esser beato senza amore.

Filone. Non solamente mancarebbe la beatitudine se mancasse l’amore, ma né il mondo arebbe essere né cosa alcuna in lui si troverebbe, se non fusse l’amore. [p. 165 modifica]

Sofia. Perché tante cose?

Filone. Però che tanto il mondo e le sue cose hanno essere, quanto egli è tutto unito e collegato con tutte le sue cose a modo di membra d’uno individuo: altrimenti la divisione sarebbe cagione de la sua totale perdizione; e siccome niuna cosa non fa unire l’universo con tutte le sue diverse cose se non l’amore, séguita che esso amore è causa de l’essere del mondo e di tutte le sue cose.

Sofia. Dimmi come l’amore vivifica il mondo e fa di tante cose diverse una sola.

Filone. Da le cose giá dette facilmente il potrai comprendere. Il sommo Dio con amore produce e governa il mondo e collegalo in una unione: però che essendo Iddio uno in simplicissima unitá, bisogna che quel che procede da lui sia ancor uno in intera unitá; perché da uno uno proviene, e da la pura unitá perfetta unione. Ancora, il mondo spirituale si unisce col mondo corporale mediante l’amore; né mai l’intelligenzie separate, o angeli divini, s’unirebbero con li corpi celesti né l’informerebbeno né gli sarebbeno anime donanti vita, se non l’amassero; né l’anime intellettive s’uniriano con li corpi umani per farli razionali, se non ve le costringessi l’amore; né s’unirebbe quest’anima del mondo con questo globo de la generazione e corruzione, se non fusse l’amore. Ancora, gl’inferiori s’uniscono con li suoi superiori, il mondo corporale con il spirituale, e il corruttibile con l’eterno, e l’universo tutto col suo creatore mediante l’amore che gli ha e il suo desiderio che ha d’unirsi con lui e di beatificarsi ne la sua divinitá.

Sofia. È cosí, perché l’amore è un spirito vivificante, che penetra tutto il mondo, ed è uno legame che unisce tutto l’universo.

Filone. Poi che tu de l’amor cosí senti, non bisogna ormai dirti piú de la sua comunitá, di che tutto oggi abbiamo parlato.

Sofia. Mancati pure a dirmi del nascimento de l’amore, secondo che tu mi hai promesso: ché de la sua comunitá in tutto l’universo e ognuna de le cose sue assai mi hai detto, [p. 166 modifica]e manifestamente veggo che nel mondo non ha essere chi non ha amore. Mancami solamente a sapere l’origine sua e qualche cosa de’ suoi effetti buoni e cattivi.

Filone. Del nascimento de l’amore io te ne sono in debito, ma de’ suoi effetti sarebbe nuova richiesta; né per l’uno né per l’altro ci sarebbe tempo, perché giá è tardi per dar principio a nuova materia: richiedemene uno altro dí, quando ti parerá. Ma dimmi, o Sofia, come l’amore, essendo cosí comune, in te non si truova.

Sofia. E tu, Filone, in effetto mi ami assai?

Filone. Tu il vedi, o il sai.

Sofia. Poi che l’amore suole essere reciproco e di geminal persona (secondo tante volte ho da te inteso), bisogna che o tu simuli meco l’amore ovvero ch’io lo simuli teco.

Filone. Sarei contento che tanto di fallacia avessero le tue parole, quanto hanno le mie di veritá: ma io temo che tu, come io, non dica il vero, cioè che l’amor longamente non si può fingere né si può negare.

Sofia. Se tu hai verace amore, io non posso esserne senza.

Filone. Quel che non vuoi dire, per non dire il falso, vuoi ch’io il creda per coniettura d’argumenti. Io ti dico che ’l mio amore è verace, ma che è sterile: poi che in te non può produrre il suo simile, e che basta per legar me, ma non per legar te.

Sofia. Come no? non ha l’amore natura di calamita, che unisce i diversi, approssima i distanti e attrae il grave?

Filone. Se ben l’amore è piú attrattivo che la calamita, pur a chi non vuol amare è molto piú grave e resistente che il ferro.

Sofia. Tu non puoi negare che l’amor non unisca gli amanti.

Filone. Sí, quando ambidue sono amanti: ma io son solamente amante e non amato, e tu sei solamente amata e non amante; come vuoi tu che l’amore ci unisca?

Sofia. Chi vidde mai uno amante non essere amato?

Filone. Io, e credo esser teco uno altro Apollo con Dafne. [p. 167 modifica]

Sofia. Adunque vuoi che Cupidine abbi ferito te col stral d’oro e me con quel di piombo.

Filone. Io non vorrei giá, ma il veggo: perché ’l tuo amore da me è piú desiderato che l’oro, e il mio a te è piú grave che il piombo.

Sofia. Se io verso di te fusse Dafne, dal timor de le tue parole piú tosto sarei conversa in lauro, che lei per paura de le saette d’Apollo.

Filone. Poca forza hanno le parole, che non possono fare quello che solamente i raggi degli occhi con uno sol sguardo sogliono fare, cioè il mutuo amore e la reciproca affezione. Pur a resistermi ti veggo trasformata in lauro, cosí immobil di luogo e immutabile di proposito e cosí difficile a poterti traere al mio desiderio, quantunque io piú ognora al tuo m’appropinqui: e cosí sei sempre come il lauro verde e odorifera, nel cui frutto niuno altro sapore che amaro e aspro si truova, misto con pungitiva sugositá a chi lo gusta. Sí che a me in tutto sei fatta lauro; e se vuoi vedere il segno de la tua conversione laureata, mira la mia sorda cetara, la quale non sonerebbe se la non fusse ornata de le tue bellissime frondi.

Sofia. Ch’io t’ami, o Filone, non sarebbe onesto confessarlo, né pio ancora il negarlo: credi quello che la ragione fa essere piú conveniente, se ben del contrario hai paura. E poi ch’il tempo ormai ne invita al riposo, sará ben che ognuno di noi vada a pigliarselo; tosto poi ci rivedremo. Attende intanto a la recreazione, e ricordati de la promessa. Addio.