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amore non corrisposto 167


Sofia. Adunque vuoi che Cupidine abbi ferito te col stral d’oro e me con quel di piombo.

Filone. Io non vorrei giá, ma il veggo: perché ’l tuo amore da me è piú desiderato che l’oro, e il mio a te è piú grave che il piombo.

Sofia. Se io verso di te fusse Dafne, dal timor de le tue parole piú tosto sarei conversa in lauro, che lei per paura de le saette d’Apollo.

Filone. Poca forza hanno le parole, che non possono fare quello che solamente i raggi degli occhi con uno sol sguardo sogliono fare, cioè il mutuo amore e la reciproca affezione. Pur a resistermi ti veggo trasformata in lauro, cosí immobil di luogo e immutabile di proposito e cosí difficile a poterti traere al mio desiderio, quantunque io piú ognora al tuo m’appropinqui: e cosí sei sempre come il lauro verde e odorifera, nel cui frutto niuno altro sapore che amaro e aspro si truova, misto con pungitiva sugositá a chi lo gusta. Sí che a me in tutto sei fatta lauro; e se vuoi vedere il segno de la tua conversione laureata, mira la mia sorda cetara, la quale non sonerebbe se la non fusse ornata de le tue bellissime frondi.

Sofia. Ch’io t’ami, o Filone, non sarebbe onesto confessarlo, né pio ancora il negarlo: credi quello che la ragione fa essere piú conveniente, se ben del contrario hai paura. E poi ch’il tempo ormai ne invita al riposo, sará ben che ognuno di noi vada a pigliarselo; tosto poi ci rivedremo. Attende intanto a la recreazione, e ricordati de la promessa. Addio.