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166 ii - de la comunitá d’amore

e manifestamente veggo che nel mondo non ha essere chi non ha amore. Mancami solamente a sapere l’origine sua e qualche cosa de’ suoi effetti buoni e cattivi.

Filone. Del nascimento de l’amore io te ne sono in debito, ma de’ suoi effetti sarebbe nuova richiesta; né per l’uno né per l’altro ci sarebbe tempo, perché giá è tardi per dar principio a nuova materia: richiedemene uno altro dí, quando ti parerá. Ma dimmi, o Sofia, come l’amore, essendo cosí comune, in te non si truova.

Sofia. E tu, Filone, in effetto mi ami assai?

Filone. Tu il vedi, o il sai.

Sofia. Poi che l’amore suole essere reciproco e di geminal persona (secondo tante volte ho da te inteso), bisogna che o tu simuli meco l’amore ovvero ch’io lo simuli teco.

Filone. Sarei contento che tanto di fallacia avessero le tue parole, quanto hanno le mie di veritá: ma io temo che tu, come io, non dica il vero, cioè che l’amor longamente non si può fingere né si può negare.

Sofia. Se tu hai verace amore, io non posso esserne senza.

Filone. Quel che non vuoi dire, per non dire il falso, vuoi ch’io il creda per coniettura d’argumenti. Io ti dico che ’l mio amore è verace, ma che è sterile: poi che in te non può produrre il suo simile, e che basta per legar me, ma non per legar te.

Sofia. Come no? non ha l’amore natura di calamita, che unisce i diversi, approssima i distanti e attrae il grave?

Filone. Se ben l’amore è piú attrattivo che la calamita, pur a chi non vuol amare è molto piú grave e resistente che il ferro.

Sofia. Tu non puoi negare che l’amor non unisca gli amanti.

Filone. Sí, quando ambidue sono amanti: ma io son solamente amante e non amato, e tu sei solamente amata e non amante; come vuoi tu che l’amore ci unisca?

Sofia. Chi vidde mai uno amante non essere amato?

Filone. Io, e credo esser teco uno altro Apollo con Dafne.