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microcosmo e macrocosmo 85


Filone. Il cielo, per la sua simplicitá e spiritualitá, con li membri e istrumenti medesimi de la cognizione genera le cose inferiori. In modo che ’l cuore e il cerebro, produttori del seme generativo del cielo, sono occhi con che vede, cioè il sole e la luna; il fegato e la melza, temperatori del seme, son le orecchie con che ode, cioè Saturno e Giove; le reni e li testiculi, perficienti del seme, son li busi del naso con che odora, cioè Marte e Venere; la verga, porgitrice del seme, è la lingua mercuriale guidatrice de la cognizione. Ma ne l’uomo e negli altri animali perfetti, se ben sono immagine e simulacro del cielo, non di meno fu di bisogno divider loro i membri conoscitivi da li generativi, e quelli mettere ne la parte superiore de la testa, e questi ne l’inferiore del corpo, corrispondenti però l’uno a l’altro.

Sofia. Di questo son satisfatta. Ma resto in dubio che tu hai comparato il cielo a l’uomo, e la materia e terra e altri elementi a la femina. E io ho sempre inteso che l’uomo è simulacro non solamente del cielo, ma di tutto l’universo corporeo e incorporeo insieme.

Filone. Cosí è la veritá: che l’uomo è immagine di tutto l’universo: e per questo li greci il chiamano microcosmos, che vuol dire piccol mondo. Niente di manco l’uomo, e cosí ogni altro animale perfetto, contiene in sé maschio e femina, perchè la sua spezie si salva in amendue e non in un sol di loro. E perciò non solamente ne la lingua latina uomo significa il maschio e la femina; ma ancor ne la lingua ebrea, antichissima madre e origine di tutte le lingue, Adam, che vuol dire uomo, significa maschio e femina, e nel suo proprio significato contiene ambidui insieme. E li filosofi affermano che ’l cielo sia solamente uno animale perfetto. E Pitagora poneva che in lui fusse destra e sinistra, come in ogni altro perfetto animale; dicendo che la metá del cielo da la linea equinoziale fino al polo artico, che noi chiamiamo tramontana, era la destra del cielo: perché da ditta linea equinoziale verso la tramontana vedeva maggior stelle fisse e piú chiare e piú numerose di quel che vedeva da l’equinoziale verso l’altro polo; e li pareva ancor che