Il milione (Pagani, 1827)/Storia del Milione
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SOMMARIO DELLA i.'« * il1 - ^ « • STORIA DEL MILIONE. i. grifo insigne della relaziona del viaggio di Marco Polo, appellato il Milione '2. Valore del Testo del Milione citato dalla Crusca , che vede oggi la luce. 3 Come l'editore scoprisse il testo del Milione , citato dagli Accademici. l\. Di qual valore sia il codice SoraaZiano del Milione. 5. Quali siano i pregi del Testo di lingua che si pubblica. 6. Del Testo Pucciano, con cuif ucoliazionato il Testo della Crusca . 7 Superiorità di pregio dell'edizione Ratnusiana del Milione. 8. Dubbi destati nell'editore dall'edizione del Ramusio, dileguati da un codice Rie- cardiano . 9. Pregi del codice Riccai diano, che contiene la traslazione del Milione fatta in latino da fra Pipino, io A tre principali lezioni possono ridui si tutti 1 manoscritti o stampe del Milione ir- Il Milione, non lo scrisse il Polo , malo df-ttò nelle prigioni di Genova. 12. Perché lo dettasse . Opinione del Ramusio che lo dettasse in latino . l5. Opinione d'Apostolo Zeno, che dettasse il Milione in volgare, conjutata . 14. Che il Polo non lo dettò nè in Toscano, nè in Viniziano . i j. Ei scrisse la relazione del suo viaggio anche in Viniziano, ma non allorché era pi igioniero de' Genovesi. 16. In Genovalo dettò in Francese. 17. Si allegano molte prove, che dichiarano che il Milione J udettato in Francese. 18. Fatti che lo confermano. 19. Volgarizzamento del Milione in Fiorentino, e in altre favelle. Liei Tento che pubblichiamo . 20. Il Polo ritoccò più fiate il Milione. Divisione dell'opera . 21. Altre prove che il Milione fu • ¿toccato dal Polo. 22. Altri testi del Mi li ore. Testo Parigino . 0.7). Testo Ruinusiano del Milione . Suoi pregi-, principali lezioni cui possono assegnarsi tutti i testi a penna conosciuti . 24. Lezioni del Milione del Miiller , e del Lessing. 25. Di alcune altre stampe, e testi a penna del Milione di poco pregio. 26. Varietà di giudicj intorno ai pregi della relazione del Polo . Perché esso, e la relazione dei suoi viaggi avessero il soprannome di Milione. 27. Perchè nel suo secoloJosse reputato esageratore e mendace. 23. L Aqui , e Fra Pipino lo lavano da tali accuse ‘29. Cagioni delle censure date al Milione . do. Apologià che fa di se stesso il Polo. 3l. Piano del Milione . 5:J. Come faccia duopo discernere i paesi che vide , da quelli di cui udì ragionare per lintelligenza del Milione. 55. La carta geografica dichiara quanto ampliasse il Polo gli scuoprimenti . 5^. Le conquiste dei 'lattari volgono ull O- ‘ente l'attenzione degli Europei. 55. I Pontefici inviano missionari ai Taitqri: Fra Ascelmo 56 Piaggio di Plano Carpino. 57. Vi>jggiodel liubi iqws e del Lun- giumel 58. Pregi della relazione del vhiggio dA Rubriqms. ¿9. Queste relazioni ci mprcndono gli scuoprimeni 1 falli nella parte settentrionale dell Asia3 in- òlor. del Milio. V. I. a n nanzi l'età del Polo . 4'>* Mariti Sanitelo e suo Planisferio, che dichiara le scopone fatte dal Polo. 4l* Insigne indicazione del Planisferio del Sanudo, che i Affrica è di forma triangolare, e tutta circondata dal mare. 42. Gli scopi irnenti relativi all'Asia superiore, e alla Cina non tutti dovuti al Polo. (\ò. Del Planisferio della Biblioteca Regia Palatina di Firenze . 44. Mappamondo di F\ a Mauro . 45. Quanto influì ssero le scoperte del Polo ad illustrare il Mappamondo di Fra Mauro . 46 Influenza del Milione sulle Missioni Cambalicensi » 47* Relazione delle cose dei Tartan d’Aitone Armeno. 48. Viaggi del B. Odo- ricoda Pordenone . 49- Le relazioni delle ricchezze dell’ Asia, data dal Polo avviva il gusto dei viaggi, e dei traffici. 5o. Itinerario riferito dal Bai- ducei dalla Tana alla Cina . 5i. Alcuni Europei, dietro l’esempio dei Poli , fanno viaggi lontani. Il Mandevilla. 52. Avvenimenti che interrompono le relazioni dell Europa , e deli1 Asia. 53. Vie diverse che seguono le merci dell'Indie per giungere in Europa . Decadenza della potenza marittima, e dei truffici degl' Italiani. 5/\. Decadenza dei Gengìscanidi. Anarchia dell'Asia. 55. I Mo- galli perdono la Cina. Intolleranza dei Ming. 56. Tamerlano. L/istruzione della Tana. 57. Caduta deli Imperio di Tamerlano. Scarse relazioai dell' Asia nel secolo XV. Il Clavijo-, lo Schildeberg. 58. Dei Turchi Ottomanni : loro vicende . 59. L’intolleranza , e l'odio dei 'Turchi contro i Cristiani , ristringe i traffici degli ultimi al solo Egitto. 60. L'Angioletto. Caterino Zeno. Giosafa Barbaro. Ambrogio Contarmi. Si. Squallore deli Asia Occidentale secondo questi viaggiatori 62. Viaggi di Niccolò Conti. 65. Vicende dt traffici de’Vi- niziani: lega Anseatica. 64. Utili cambiamenti avvenuti in Europa nel secolo XV. 65. 1 Portughesi volgono la mente agli scuoprimenti. Si giovano delle cognizioni contenute nel Milione. 66. Scoperta del passaggio ali Indie pel Ca - pò di Buona Speranza . 67. Servigi renduti dai Fiorentini alle scienze . Paolo Tose anelli ; concetto in cui tiene il Milione . 68. Il Colombo è confortato a navigare ali Indie per ponente dal Toscanelli. 69. Dietro l'impulso degli scuopri- rnenti del Polo, e delle esortazioni del Toscanelli , il Colombo si accinge alla sua prima navigazione , per ree irsi alle Indie per la via d'occidente . 70.11 Colombo ed Amerigo nello scuopr ire le isole , e il continente d'America credono esser giunti alle Indie. 71. Non è da accusare , come alcuno il fece, di temerità il Colombo per lo scuopnmento d’America , che tanto meditò. 7 2. Queste scoperte perfezionano gli studi geografici , nautici , ed astronomici . 73. Gare negli scuoprimenti dei Castigliani , e dei Portughesi. 74* Giro del mondo fatto da Ma- gaillanes . <]5. Le scoperte dei Portughesi confermano quelle fatte dal Polo . Lode che ali ultimo ne dà il Ramusio . Prime relazioni dei Portughesi con la Cina ; scuoprono il Giappone . 76. I nuovi scuoprimenti riconducono l'attenzione degli studiosi sul Milione . Lo pubblica il Ramusio : pregi della sua edizione . 77. Scarsità di viaggi terrestri atti a dilucidare il Polo. Mendez Pinto. 78. Storia delle scoperte nell’interno dell3 Asia . Gl’Inglesi volgon la mente a tali scoprimenti . Relazioni dell' ienkinson edelilonson. 79. Missioni Asiatiche, arricchirono di lumi iEuropa. Relazione della Cina del P. Mendozza. 80. Missioni dei Gesuiti. Il P. lucci penetra nella Cina. 81. Le nuove scoperte susciIli tarono nuove accuse contro il Polo» Enumerazione delle medesime. Si giustifica intorno al suo silenzio relativo alla muraglia cinese . 82. I misuonari giustificano in virtù delle loro scoperte, e delle loro indagini la veracità del Milione . Benedetto Goez va in traccia del Catojo. 83. Per opera del Gran Duca Ferdinando f. si coltivano le lingue orientali. Tipografia Medicea. Congregazione ai rropa- gandaFide. 84. Difendono la veracità delle relazioai del Polo i PP. Martini , Kirckero , e Magaillanes . 85 I lavori dei Missionari ravvivano l'ammirazione pi l Polo. Traslazioni del Milione in varie favelle europee nel Secolo XV 11. 86. Edizione del Milione del Màller. 87. La Cina viene in potere dei Manciusi. 88. Gl’ Imperadori di quel sangue proteggono le scienze, e i Missionari Europei. 89. Fervore che si ridesta in Europa per le lingue orientali. 90. Protezione data da Lodovico XIV. a quelli studi . 91. Lavori di Gaubil, di Petit de la Croix , e del Renaudot. 92. Cina illustrata del Dualdo. Atlante Cinese dei Gesuiti. Lettere Edificanti. cfb. Traduzione della storia generale della Cina. 94* Stona de' Turchi , e de Tartari di Abulganzi. Storia degli Unni del DeGuignes. 96- Me* riti è scritti del P. Amjot , relativi alle lettere Cinesi . 96. Crebbero nel secolo passato smisuratamente , le relazioni delle contrade straniere . 97- Lavori più recenti fatti fuori d'Italia per illustrare il Milione. 98. Dopo l’età del Ramusio quasi nulla fece pel Polo VItalia , fino a questi ultimi tempi . 99. Italiani che indirettamente scrisseio del Polo . 100. Esagerazione del Prof. Toaldo intorno all' estensione dei viaggi dei Poli . 101. Rettificazione della medesima , e vera estensione di delti viaggi. 102. Esagerazioni del Liarow intorno oli’ estensione dei medesimi. lo3. Voto della società di Gottinga , relativamente ali illustrazione del Polo. 104. Lavoro insigne del P. Ab. Zurla, intorno a Marco Polo. iu5. Versione , e illustrazione del Milione del sig Marsden . 106. Il Testo del Milione, citato dalla Crusca era stampato, innanzi la pubblicazione di dette opere. Alcuni lumi che trassi dal Marsden, per l'illustrazione del testo Ramu- siuno del Milione.. 107. Ordine, e distribuzione del mio lavoro . I08. Della Carta Geografica che vede la luce. 109. Carte generali e particolari della Cina. , e della Tartaria , che han servito a tal uopo . ilo. Lavori geografici del Kinner , del Rennell, dell' Elphinston , d*l Pottinger. ni. Ambasciata del Sj nies al regno d'Ava: carta del Dalrymple . 112. Rettificazione relativa alla posizione di Casghar , « Yerkend , dietro le osservazioni dei P tJ. Rocha, e Espinha. 113. Recenti carte del Ceylan e della Giava , che sono state consultate. L > Carta comprende i nomi del Milione, e i recenti che corrispondono ai medesimi, e non pochi dei nomi antichi delle città. 114- Della Storia delle Relazioni vicendevoli dell' Europa e dell’ Asia, che vede ora la luce. Il5. Metodo da noi seguito nella compilazione deli opera. . 4 . .1 s • - , < -rj ' O l< o "ti v’í.S V.v * V(, 'i: > . STORIA DEL MILIONE I. X anta è la celebrità di Marco Polo da parecchi secoli inpoi, che in me si destò maraviglia non poca, nel riflettere che avevano veduta la luce alcuni Testi di Lingua di poco o niun conto, e che tuttora restasse inedito il Milione ( che cosi s'appella la relazione dei suoi viaggi ) quel Testo appunto che fu dagli Accademici della Crusca citato. Nè minor sorpresa recavami, che mentre tanti s’invaghirono di emendare quello scritto, dietro la scorta delle più autorevoli copie dell’ opera, si fosse lasciata nell’ oblìo quell’una, eh’è più delle altre autorevole, e ciò maisrado il voto dei letterati che desiderio vivissimo nu- 7 O trivano di vederla pubblicata . Dovendo pertanto quanto comportalo la mia tenuità, come accademico della Crusca, giovare alla favella, parvenu di recarne un servigio alle lettere e alla lingua, coll’addossarmi il grave carico di pubblicare o d’illustrare il Milione. Dicea meco stesso in quale età più vivo, più fondato interesse può destare la relazione dello scuopritore del Catajo o della Cina che nella nostra? Nell’età in cui il potente Britanno, paga a quella contrada l’annuale volontario tributo di sei milioni di steriini, per procaccarsi la foglia d’aromatico arbusto, il di cui pregio è di dare odorosa scottatura, che per divenire grata al palato, abbisogna del congelato succo d’americana canna , la cui cultura costa la libertà a milioni d’Affricani ? E quando ciò si reca alla mente, come non rammentarsi la delicata Roma , ove al dire di Petronio Arbitro . Non vulgo nota placebant Caudia, non usa plebejo tua voluptas ? Ma lasciati tali riflessi, si para alla inente dell’amatore dell Italiana letteratura che frai pregi del Milione, evvi quello, che ne trasse il Boccaccio la novella del Veglio della Montagna («) : che nel Beato Catajo, finse il cantore dell’Orlando Innamorato, che avesse cuna quella vaghissima Angelica che die al Ferrarese Omero argomento dei più belli e magnifici episodj dell’epica italiana . II. Mi fu ancora di nonpoco eccitamento allfimpresa, la considerazione che il testo a penna, che divisava di pubblicare, è il più antico di questa opera sino a noi pervenuto, che ha l’alto pregio di essere (a) Mina. Must, del Decam. p. 2Z0. Novella di Ferondo . VI STORIA una delle pure sorgenti alla quale attinsero i compilatori del Vocabolario della Crusca non poche voci , che si cercherebbero vanamente in altro scrittore del secolo d’ oro della favella. Il legislatore della me- desima il Salviati , pose come trigesima prima in grado di tempo questa prosa : credeva cioè non esservi che trenta scritture del nostro volgare che d antichità la precedessero (a). Ma non solo per antichità alTavviso del Salviati merita lode grandissima il Milione del Polo, ma per li pregi della favella . « Accanto alle Pistole di messer Pietro delle « Vigne ( ei dice) per antichità di favella , e per purità , e bellezza di e parole e di modi, ìlMilione di messer Marco Polo dettato ranno 1298 « per nostro avviso si couviene allogare . E avvene una copia che fu « già dello Stradino antica, e corretta oltremodo, ma che le manca il « principio parimente e la fine « ( b) III. Per condurre a termine il mio disegno faceva d’ uopo imbattersi nel Testo che rammenta il Salviati, ossivvero ili copia di pregio a quella non inferiore . E i benemeriti compilatori dell’ ultima ristampa del Vocabolario furonmi in tale inchiesta utilissimi . Notarono quei dotti uomini (c)di essersi valsuti d’un testo a penna, che fu già di Piero del Nero, passato poscia frai manoscritti Guadagni, indi delTAccademia, scritto da Michele Ormanni, morto nel 1309, come velo aveva notato Piero del Riccio . Dietro cotale indicazione feci ricerca di questo prezioso codice,che avventurosamente trovai frai manoscritti della doviziosa Biblioteca Magliabechiana , ove passarono quelli dell’accademia (1). Non credo io già che siavi alcun testo del Milione per alcuni particolari più di questo autorevole, nè di data maggiormente remota. Esso è in principio mancante , ma offre la biblioteca tre altri testi con cui ho supplito alle lacune di questo. IV. Un altro manoscritto del Milione possedeva Venezia, che dal nome del proprietario fu appellato Soranziano, cui diede non poca nominanza Apostolo Zeno , comecché scritto sia nella lingua vernacola del viaggiatore, perciò fu creduto dalla prima originale dettatura . Era importantissimo il chiarirne l’autorità, e se era da anteporre al testo che la Crusca citò . Mi vuoisi a tal’ uopo al eh. ab. Zurla, cui inviai la (a) Snlv. avycrt delle Lin. N.ipol 17*2. v. 11, p. 94- (¿0 ibid. p. 94* (c) Tav. dell’Abbr. Milion. di Marc. Poi. (1) Vedasi ( Voi. 1. p. 1.) che contiene l’annotazione, eh’è in fronte al Codice, dalla q uale si rileva, che Michele Ormanni, che lo trascrisse,morì negli anni di grafia iooy , e che confronta con la notizia datane nella tavola delle abbreviazioni degl’ Accademici . DEL MILIONE stampa del testo predetto, per eseguirne il confronto, e assegnare a ciascuno dei due il competente valore. Ma a giudizio di quell’ illuminato letterato non è il Ms. Soranziano l’autografo del Polo, e quantunque si ravvisi non poca conformità nel contenuto di ambedue, si riconobbe che il veneto lungi dall’essere la primitiva dettatura, è una posteriore abbreviazione della relazione, ad uso dei concittadini di Marco, e di tal tempera si crede essser la copia,che si conserva nel Museo Britannico , citata dal sig. Marsden (a). V. Per quanto per tale autorevole confronto, intatto rimanga il primato del testo che pubblichiamo, non vorrei a detrimento del vero esagerarne la lode. Il pubblicarlo reca un servigio importante alla favella, ed anche alla Geografia per molte preziose varianti ; non debbo dissimulare però, che sovente ne è la nomenclatnra geogralica manchevole e difettosa , e per essere versione d’ altra favella , e per V imperizia del traduttore, ne è stata in alcun luogo la lezione stravolta. Intatti, quanto incerto fosse il volgarizzatore intorno ai nomi di città e di provincie , si scorge, dal leggiersi in un medesimo capitolo un nome scritto in diversa guisa. Tali varianti le ho lasciate,per lo più come si leggono nel codice, essendo dubbio se siano in una o in altra guisa più esatte. Ciò parmi valevolmente confermare, che piuttosto che scritto fu originalmente dettato il Milione, perchè ripetuta una medesima voce, il trascrittore compresela diversamente, come accade di quelle disusate e difficili . VI. Invaghito del mio lavoro per renderlo meno imperfetto, non ri- .sparmiai nè cure, nè pensieri, nè spesa, ed aveva ardentissimo desiderio di far conoscere quanto veridico sia il Veneto, onde avvenisse che ottenuta la fede dovutagli, a lui fosse rivendicata l’autorità, co me al principe dei viaggiatori . Collazionai perciò il testo, che vede la luce non solo con gli altri Codici Magliabechiani, ina puranco con un prezioso Codice Pucciano, di cui die contezza un mio dotto collega nel pubblicare con la consueta esattezza , e profondo sapere infatto di lingua , un testo a penna citato (i) . VII. Nel collazionare penosamente tanti manoscritti, con quello che pubblichiamo , che chiamo l’ottimo pel pregio solo d’ antichità, e di favella, mi accorsi,che arricchivalo sovente non già di varianti utili, (a) Dissertai, sui Viag. Ven. t. i. p. òj. e p 3o. e seg. (i Questo ms. appartiene al sig. ¡Marchese Giuseppe Pucci , ricco collettore di libri,e manoso itti preziosi, che gentilmente melo concesse per farne la collazione . Nc parlò nella prefazione al volgarizzamento del Trattato dell’ Amicizia d* Tullio, pubblicato in Firenze nel 18cg.il eh. Ab. Fiacchi, Accademico della Crusca . vili STORIA ed atte a dilucidarne la parte geografica , che è la più importante, ma il più sovente di errati nomi. Ed internandomi in tali studj, mi accorsi che tanto per la parte geografica,quanto per la scientifica, meritava il primato la lezione del Milione,che il Ramusio diede nella sua celebre Raccolta di Navigazioni e di Viaggi, perchè in quella stampa più copioso è il testo, meglio divisa , e più ordinata la materia , e più corretta è per lo più la nomenclatura geografica . E nel ravvisarvi tanta superiorità di pregio mi nacque dubbio, che il Ramusio vi avesse aggiunto del suo, o che almeno le voci geografiche ri tocche avesse . Vili. Fatta più matura disamina, compresi, che il più che leggesi nel Ramusio è opera del Polo, perchè vi sono, e nomi, e fatti, che non poterono giungere a notizia dell’editore che per opera di Marco : poiché molte delle cose che vi si leggono sono state confermate soltanto da viaggiatori di due secoli posteriori al Ramusio . E di ciò ebbi pienissimo convincimento per essermi imbattuto in un Manoscritto Riccardia- 110, mancante in fine del terzo libro, ma che ne contiene l’intera tavola dei capitoli (a) . IX. Quest’ ottimo testo a penna , contiene )a versione latina del Milione fatta da fr. Pipino Bolognese dell'Ordine dei Predicatori, chesi accinse al lavoro per comandamento dei suoi Religiosi , chela crederono utile per le missioni d Oriente, perchè più del latino, che del volgare si dilettavano (6)-E per avere fra Pipino in Oriente viaggiato (c), con più intelligenza degli altri traslatò il Milione , lavoro che condusse a ter- O o ' mine verso il i320. (i). Sebbene sianvi non poche varietà fra questa lezione , e la Rarnusiana, e che sia la latina in molti luoghi più breve, quanto ai nomi geografici sono assai conformi fra loro, e per questo lato è il Codice Riccardiano di sommo pregio, ed è anche autorevole per 1 antichità , per esser copia del secolo decimo quarto . X. Malgrado l’ajulo di tanti manoscritti non trascurai di confrontare la lezione Rarnusiana, colle più celebri stampe del Milione, e mi accorsi, che vi si ravvisano per lo più alcune varietà relative o alla di- [a) Cod. Riccard JV. y85. (6) God. Ricc. Prolog. (c) Tirab. Stor. della Leti. Ital. t. v. pag. liy. (i) Secon lo il R-imusio tradusse fra Pipino la Relazione dei viaggi del Polo ed abbrevicela nel i52o ( Rain- Nav. voi. mi. p. 5u ter. ). Secondo Apostolo Z»no la commissione fu -lata a fra Pipino nel Capitolo del suo ordine nel i5o2. piuttosto che in quello del l3i5. ( Fontan Bibl. Ital t. n. p 271 ). Ma sembra più esatta la data del 1315. perchè è più vicina all’ epoca in cui la versione secondo il Hamusio vide la luce . DEL MILIONE ìX ■visione dell’opera, o alla materia , ma non talmente sostanziali, che la relazione qual si legge, o nei libri a stampa, o nei manoscritti, non possa essere assegnala ad una di tre principali lezioni, come partita- mente dichiareremo . XI. 11 Salviati asserendo che il Milione fu dettato (i) nel 1298. si fondò sull' autorità stessa del Polo che lo dice (a) nel testo che pubblichiamo, e ciò afferma anche fra Pipino (2). Non avvi fatto più avverato di questo, e che la sua relazione dettò in Genova mentre era in prigione. E dal prologo predetto , e dal Ramusio sappiamo, che esso questa relazione dettò ad un certo Pisano compagno del suo infortunio (3). XII. Narrammo altrove, come accadesse la prigionìa del Polo, qui basti il sapere, che giunto in Genova, ove avealo preceduto la fama delle mirabili cose da lui vedute, tutti accorsero per vederlo , non come prigioniero serbandolo , ma come un raro uomo, cui non cessavano di fare onore e carezze , tutti essendo curiosi d’ intendere le cose che accadevano al Catajo. E perciò a consiglio dei suoi amici, per risparmiarsi il tedio di tante volle ripetere il suo racconto, essendosi fatti spedire da Venezia i memoriali del suo viaggio, con la scorta di quelli dettò la relazione all amico (4). Cosi narra il Ramusio, il quale soggiunge che il libro fu scritto in latino, e che di quello furono poi fatte molte copie, che tradotte in volgare tutta Italia in pochi mesi ne fu ripiena. (a) Cap. Lxiil (1) IVel nostro lesto Irggesi ( p. 1. ). » Questo libro vi conterà apertamente » come Messer Marco Polo Viniziano ha raccontato »: perciò conferma ch’ei stesso noi scrisse . (2) Piologo di fra Pipino che precede l’edizione del Milione data dal Ramusio. (3) Qui è da notare una contradizione apparente del nostro testo, ove si legge che in detto anno ( 1298): « Cublai puote bene avere ottanta cinque anni ». Ma Cublai, di cui si parla come vivente, mori nel 1294. Ed ei stesso dice d’averne appresa la novella mentre era in Persia ( t 11 p. 20 ) . Sparisce però la contradizione rettificando la lezione, e leggendo. » Cublai poiria bene avere ottanta cinque anni» (4) Secondo il manoscritto Soranzo, questo Pisano cui il Polo dettò il Milione appellavasi Rustigielo , o Rustichello . Nelle Delizie degli Eruditi Toscani ( Fir. 1771. t. 11. p. 183) si riferisce il solito Prologo, tratto da una copia a penna del Milione , il quale termina : » e stando nelle prigioni di Genova ( il Polo ) allora fece „ scrivere questo libro a Messer Stazio da Pisa, il quale era in quella prigione col- ,, lui, e questo fu anni Domini 1298. ,,:in un frammento del Milione che possiede la pubblica Biblioteca di Siena , di cui coll'accostumata propensione mi die contezza il colio Bibliotecario aig. Ab. de Angelis, dicesi che il Polo dettò il Milione a Stor. del Milion. V. I. b x STORIA. XIII. Contro l’opinione del Ramusio, che il Milione fosse dettato in latino dichiarassi a ragione Apostolo Zeno («). Ma non a mio avviso alla sana opinione appigliossi, affermando che in Genova lo dettasse in volgare. Faceva d’uopo dichiarare di qual volgare intendesse, se il Veneto, il Genovese, o il Toscano. Cli'ei noi dettasse in latino chiaro documento ne e la versione eseguitane pochi anni dopo da fr. Pipino. D’altronde uscito giovinetto di patria, è assai probabile che il latino non apparasse, o che se apparollo io avesse nei suoi viaggi dimenticato : che anzi non poco alterata, o del tutto la lingua vernacola dimenticata avrebbe , se non avesse avuto agio di esercitatisi col padre, e collo zio, che ebbe compagni in gran parte dei suoi viaggi . XIV. Che il viaggiatore non dettasse il Milione in toscano , il dimostra il volgarizzamento antichissimo che pubblichiamo . L) altronde come, uscito Marco giovinetto di patria, avrebbe potuto il toscano apparare ? Che se nel veneziano dettato lo avesse, come avrebberlo i Genovesi compreso? Dante dicea di loro, che se per dimenticanza avessero perduto il z lettera, bisognava ovvero esser loro totalmente muti, ovver trovare una nuova locuzione , perciocché il z ei soggiunge è la maggior parte del loro parlare (6). Non avvi infatti figli meno simigliatiti di una medesima madre, nè più degeneri, de’dialetti genovese, e viniziano , e di meno agevole intelligenza fra loro . XV. Ma alcuno obietterà che se Apostolo Zeno afferma che il Polo scrisse il Milione involgare, e perciò in viniziano, si fonda sopra ima valevolissima autorità , quale è quella di fra Pipino contemporaneo e traduttore del Polo (i). Ed io concedo di buon grado che Marco scri- (<z) 1. c. (A) Da Vulg. Eloquen. cap. xm. Stazio da Pisa,mentre era prigione in Genova nel 1298. Nel Codice Bernense di cui parleremo ulteriormente, si legge che lo fece scrivere par Messere Rusca Pysain „ . E potrebbe darsi che fosse un ind viduo della casa Kusca di Pisa , e che per vezzo patrio fosse appellato Rustichello . Ma le p ù autorevoli Lezioni , dicono che il Polo dettò il IVI ¡ione a Rustichello Pisano: e nei pubblici libri dell’Archivio Pisano trovasi fatta m nzione di Rustichello di Leopardo Balzani, Anziano della citlà 1’ anno 1280, che può essere lo stesso Rustichello di cui qui si ragiona. ( Discors. Accad* sull’ Jstor. Lett. Pisan. Pis. 1787. p. 74. ) (l) Comincia il Prologo di fra P pino ( Cod. l\iccard.) ,, Librurn prudentis et }, honorabilis viri,atque tìdelis, Domini Marchi Pauli de Venetiis; De Condicionibus et consuetudinibus Orientalium regionum, ab eo in vuigavi ii del iter editum , et ,, coiis riptum Compellor ego frater Frunciscus Pipinus de Bononia. ordinis Fra- ,, trum Predicatorum,a pierisque paf ibus etdominis ineis veridica et fideli trasla- ,, (ione de vulgari ad lutinurn reducere questo passo citò lo Zeno tratto da un Codice Estense . DEL MILIONE XI vesse la relazione ile’suoi viaggi in viniziano, ma non già allorché era in Genova prigioniero, mentre se ciò ei avesse voluto fare, perchè avreb- bela dettata , come lo affermano tutti i testi, piut tosto che scritta nell’ estrarla dai suoi memoriali ? Un tal riflesso manifesta che per 1’ intelligenza dei Genovesi, ei la dettasse in linguaggio , che eragli più familiare al parlare die allo scrivere? E ciò essendo non lo dettò in viniziano, poiché , niuno oserà sospettare che ei non lo scrivesse , quando esso afferma che scriveva quattro asiatiche lingue (a), nè in altra l'avelia è da supporre che fossero distesi i suoi memoriali . XVI. È da avvertire, che i Genovesi in quelle età non scrivevano probabilmente il loro dialetto. I poeti della parte settentrionale dell Italia, e 1 Liguri principalmente usarono il Provenzale nei loro componimenti , perchè come osservalo il chiarissimo Storico della nostra letteratura, nel secolo xm. non era ancora la lingua Italiana ( se se ne eccettui il volgar Fiorentino) troppo elegante e vezzosa, perchè non ancor ben formata, come eralo da lungo tempo la Provenzale, ed è perciò che anche in Italia 1 anteponevano alla natia loro lingua (li) . JNè solo il Provenzale, ma anche il Francese anteponevano ai dialetti volgari. Anzi era l'ultimo tanto in usanza in quel secolo, che in esso Brunetto il suo Tesoro dettò (ì), Aitone Armeno, recitò in Francese il suo libro dei fatti dei Tartari , lingua che apparò in Cipri alla Corte dei Lusignani (c). Bernardo Tesoriere scrisse la Storia di Terra Santa in quel linguaggio, che voltò in latino il traduttore del Polo fra Pipino (r/). Ai tempi delle Crociate introdussero l’uso della loro favellai Francesi in Palestina, ove tanto luminosamente primeggiarono: e la medesima fu usata dai Cro- cesignati in Oriente,a preferenza delle altre favelle Europee, come è dal Fauchet affermato (e). Franca chiamasi anche oggidi quella corrotta loquela che usano i mercatanti Cristiani coi natii negli scali di Levante. Opino pertanto, che in questa favella appunto, che il Polo apparò nella lunga dimora che ei fece nella Palestina, e nell’Armenia Minore dettasse la relazione del suo viaggio . XVII. Che 1 antichissimo testo a penna che pubblichiamo, e di (a) t. li. n. 25. (b) Tirah. t. iv. lib. iitV c. 2. (c) Ram. Nav. t. il. p. 6l* (d) Tirab. t. v. c. ti. $. 7. (e) Oeuy. Par. 1610. p.554. (lì ,,E se alcuno domandasse, ei dice , perché questo libro è scritto in lingua ,, francese poiché noi siamo d’Italia? Io gli risponderei che ciò è per due cose. L’una ,, perché noi siamo in Francia, e l'altra, percioc ché la parlatura Franc ese è più dilcl— ,, tevolee più comune di tutti gli altri linguaggi Non sarà agevolmente concedu- „ to che jl francese fosse più dilettevole del Toscano, ma più usato è certissimo. XII STORIA soli dieci anni al più posteriore alla prima dettatura del Milione, sia ■versione dal Francese, e che la lezione del testo Pucciano fosse sull’originale di quella lingua ritocco , piacerai con alcuni pochi esempj provarlo . Ciò lo dimostra, non meno che l’imperizia del traduttore quello che leggesi al capo 123. Ivi è detto: « e conterovvi delle tre nobili « città di Sajafu « sebbene di una sola città di tal nome si favelli, e di una sola facciano menzione gli altri testi . Ciò accadde verisimil- mente per essere stata mala intesa la frase francese : « je vous dirai de « la trés noble ville de Sajanfu «. Cadde in altro luogo in più sconcio errore ( c. 141 )• Nel descrivere l'isola di Già va la Minore, narra il Polo che l’unicorno, ossia il riconceronte, porta inchinata la testa verso la terra, e istà molto volentieri nel fango. Tale è infatti la consuetudine della belva, lo che fa per avere refrigerio, e s’imbola di loto, anche per ischermirsi dalle bucature pungentissime degl’ insetti di quel caldo clima . Ma l' imperito traduttore , avendo letto nello scritto franzese che 1’ unicorno : « aime a se tenir dans la boue « non già secondo il retto significato di fango (i) , ma che ama a stare frai buoi sconciamente traslatò (2). Che la lezione del testo Pucciano sia ritocca sull" originale francese si deduce dal capo novantesimo. Ivi leggesi: « la quale fece « Jaddis uno re » , talché fu riferita nel testo Pucciano la voce pretta (t) Quando scrissi questa parte della prefazione,ciò non era che una mia congettura . Di ciò posteriormente ho avuta certezza . Leggesi in una abbreviazione francese del Milione, che è nella Vatic ana: ,,et portent leur teste moulte bas vers ,, terre,et demeurent volentiers par rivieres, car ils sont moult friandes de boues,, Nel manoscritto Parigino del Milione ugualmente francese leggesi : „ et toute ,, foies porte ea lète encline ver terre , e demore mout volonti eres entre le bue et ,, entre le fang . E’il volgarizzatore potè essere più agevolmente travialo dalla difettosa ortografia dell’ originale, ove manca all’articolo l’esse , segno del numero del più in francese, e dall’ essere scritto bue senza il dittongo ous e l’s finale . (?.) Per ¡stabilire sempre più, che il testo della Crusca è volgarizzamento dal francese, e che originalmente fu dettato in francese ecco altri esempj . Alcap.i35. dice che le navi delle Indie sono d’un legno chiamato Abete , e di Zepino, quantunque sia una pretta ripetizione , imperocché l’Abete chiamisi Sapin in francese. Nello spiegare il significato della voce Quinsai dice „ che vale a dire in francesco „ citta del cielo „ . Ciò non leggesi nel testo Ramusiano. Viè più lo comprova il ripetervisi ai cap. 18. 27. vale a dire in francesco . Al cap. 79. si parla di lire tor- nesi: al cap.29. di leghe, misura itineraria francese. Al cap. 99. leggesi la Sei, invece di sale, quattroventiy invece di ottanta . Le isole Mascola e 1’ emmina della lez one ramusiana , vengono dette malie e femelle , perchè il volgarizzatore tolse quelle voci, volgarizzate in francese, come nomi propri geografici , e perciò non gli traslatò, ma gli copiò. DEL MILIONE XIII francese jaddis che significa tempofa,perche fu tolta per nome proprio, ed il più antico traduttore non comprendendola la lasciò fuori. XVIII. Che Marco Polo dettasse in Genova la relazione dei suoi ■viaggi in Francese, ne abbiamo altra solenne riprova. Esistono in quella favella antichissimi manoscritti del Milione. Due copie ne possiede la Parigina (i), una la Vaticana abbreviata , altra la Bernense, che fu già del Bongarsio, e che descrisse il Sinner nel catalogo a stampa dei codici di quella biblioteca (a). Contiene quel volume le relazioni dei viaggi del Polo, delMandevilla, di Guglielmo di Boldeselle, di Riccoldo,la Storia dei Tartari d’Aitone Armeno, opere secondo il Sinner, tradotte in Francese da fra Giovanni le Long da Ypres verso la metà del secolo xiv. (2). Ma che erronea sia l’asserzione del dotto bibliotecario, che quegli itine- rarj o storie fossero traslatate tutte in francese dall’ Ypres, da varj argomenti rendesi manifesto . Dal saggio della versione del viaggio di fra Riccoldodato dai Padri Quetif ed Echard , si ravvisa che il detto Long scriveva un francese più pulito e meno barbaro di quello del manoscritto Parigino del Milione (6) . Esso tradusse in vero altre relazioni oltre quella di Riccoldo; un trattato cioè dello stato e governo del Gra Can del Catai, compilato in latino da un arcivescovo di Sultania, e il trattato di Terra Santa del Boldefelle, ma tali versioni erano terminate nel ì3ji. secondo i codici dal Quietif veduti (c). Ma fra Giovanni da Ypres non potè traslatare la relazione del Mandevilla, che intraprendè i suoi viaggi nel i332.e dopo una peregrinazione di 34 anni tornò in patria nel i3GG. (rf). Era inoltre inutile il traslatarla, asserendo 1 Inglese viaggiatore nel suo proemio, che affinchè non cadesse in oblìo la memoria delle cose da lui vedute, scrisse la sua relazione in inglese , in (a) t. n. p. 4*9- e sog- (6) Script Ordin. Praedic. t. 1. p. 5o5. (c) ibid p.558. (d) Collect. de Berg. t. 11 p. a. (1) Nella breve notizia che di questo minoscritto, mi diedero i Bibliotecari della Parigina, unitamente alla tavola dei capitoli, e ad alcun squarcio dell' opera, che loro richiesi, e che ottenni per la gentile mediazione del sig. Fontenay incaricato degli aliari di Francia in Toscana, di-'ono; ,, le manuscrit vient de la Bibliothequo ,1 de nos ftois qui etoit a Blois „ . Di questo manoscritto diede contezza il sig. Re- musat nel render conto del Marco Polo pubblicato dalMarsden (lourn. dea Savants Sept. 1818 p. 647). L’ altro manoscritto francese sembra ritocco, ed è di più facile intelligenza. Daremo notizia di questi Codici nel parlare di varj manoscritti del Milione . (a) Fra Riccoldo da Monte Croce Fiorentino^crisse il suo Itinerario in latino e in volgar Fiorentino . In quest’ ultima favella fu pubblicato in Firenze per opera di ira Vincenzio Fiueschi ( Mouckc 1793. in 8. ) . X IV STORIA francese e in latino. Nemmeno è da suppporre volgarizzamento dell’ Ypres la versione d’ Aitone Armeno, eli'ei stesso in franzese dettò. E che la relazione del Polo sia scritta originalmente in quel dialetto si deduce dall’annotazione eli'è in fine, riferita dal Sinner . Nella medesima si dichiara esser quello il libro di cui ebbe copia Tebaldo signore di Cepoy dallo stesso Marco Polo, che come uomo molto onorevole, e manieroso pel desiderio non solo, che ciò che aveva visto fosse saputo, ma anche per reverenza di Carlo Conte di Yalois tìglio del Re di Francia(i),donò al detto signore di Cepoy, mentre era in Venezia nell’Agosto del I301-. la prima copia di detto libro, per recarla in Francia , allorché esso era Vicario Generale del Conte predetto, e dell" Imperadrice sua moglie, in tutte le parli dell’ Imperio di Costantinopoli . Si soggiunge che dopo la morte del Cepoy Giovanni suo figlio primogenito pel delio Conte di Valois, ne estrasse la prima copia, che ne fu fatta, dopo essere stato portalo quel libro in Francia , e che per gli amici che nel richiesero altre copie ne fece. In tal racconto non si fa menzione di traduzione francese del Milione, ma che era la relazione data al Cepoy dal Polo. E dagli squarci che ne riporta il Sinner, si ravvisa che fu dettato originalmente in francese , e in quel francese barbaro del testo Parigino,che è una convincente riprova che fu dettato da persona poco versata in quella favella . E manifesto poi , che siccome il lesto che pubblichiamo, è traslazione dal francese; e siccome questa copia è anteriore all1 anno 1309. chiaramente si arguisce che il volgarizzamento del Milione in quella favella, esisteva innanzi l’età di Giovanni da \pres . XIX. 11 terrore che agli Europei incutevano i Tartari, faceva avidamente cercare le relazioni dei loro fatti , nè minore curiosità destava il sapere le cose mirabili e stupende dal Polo vedute , e il più antico Villani suggerisce di leggere il libro detto Milione, che fece messer Marco di Vinegia il quale ( ei dice) conta molto di lor podere e signoria, perchè lungo tempo fu tra loro (a) . Per appagare adunque la curiosità dei Toscani , tosto fu volto il Milione in volgar Fiorentino come si legge nel testo a penna che pubblichiamo. Indi a poco per sodisfa- zione degli stranieri fu traslatato in latino, e siccome dal francese, (a) Giov. Villani Ist. lib. v. c. 2(j. (i) Questo Carlo di Valois era il figlio del Re Filippo III. detto I’ Ardito, che sposò Caterina di Couitenay,erede delle pretensioni al trono di Costantinopoli qcIIj sua famiglia . DEL MILIONE XV dal latino, dal viniziano fu tradotto più fiate , e ritorco, e abbreviato tal volta , e per essere ancora andato soggetto agli arbitrj , capricci, e imperizia dei traduttori, e dei copisti, perciò tante differenze si riscontrano nei manoscritti, o stampe del Milione. La dicitura volgare del nostro, fu ritocca nel Codice Pucciano, d un secolo circa al nostro posteriore . Vi furono tolte molte ripetizioni che si leggono in questo , ma che comprovano che fu dettato , e non scritto dal Polo. Vi furono schiarile alcune lezioni, ma a questa prosa che si volle mondare da rugginosa scoria, fu tolta quella veneranda autorità di favella, e quell’ ingenua , candida, e pura dicitura del bel secolo della lingua, che nel testo a penna che pubblichiamo risplende, e per cui il Salviati lo commendò . La lezione Pucciana fu seguitata nella copia Magliabechiana , che abbiamo col numero tre contraddistinta . XX. Ma le sostanziali differenze che si ravvisano nelle stampe, o manoscritti del Milione, non furono opera nè dei traduttori, nè dei copisti . Il Polo stesso tornato in patria dopo la sua prigionìa, ritoccollo, alcune cose vi aggiunse , vi tolse alcuni puerili racconti , quale a cagion d esempio è la novella dei Magi che leggesi nel nostro testo (a) . Riordinò e suddivise l’opera in modo più conveniente in tre libri. Nel primo trattò della sua andata al Gran Can , e delle contrade asiatiche che visitò, o di cui udì favellare in quel viaggio, escluso ciò che concerne la Cina , e l’India , alla descrizione dell ultima avendo assegnato il terzo libro (i). Pose termine al primo libro col discorrere dei costumi dei Tartari, e delle cause della loro inopinata grandezza. Nei secondo trattò dei fatti di Cublai Can suo magnifico protettore, descrisse Cam- balù residenza del Can, narrò il viaggio eh ei fece da quella città a C.arazan, e poscia fino a Mien, o al Pegu, ove per lesue faccende inviol- lo Cublai (Jb) . Trattò per ultimo degli altri viaggi fatti ai servigi del suo signore sino all' ultimo che ei fece a Zaitun (c) nel Fokien, ove s’imbarcò per restituirsi in patria . Nel terzo libro parlò dell’isola di (a) Cap. 21. (¿») Voi. il. not. 593. (c) Ihid. not. 665. (1) Ifiuno può dubitare che la divisione dell’opera in tre libri non sia fatta dal Polo posteriormente alla prima dettatura del Milione . Esso nel nostro testo (cap. 35. ) Dopo aver p irlato di Chtsimur o di Caschmir soggiunge: or ci piirtia rio di
- 7ni , e andiamo innanzi , perciocché ci converrebbe entrare in India,e noi non vogliamo e itrtirr, pe>chè a rito<nare dalla nostra via conteremo tutte le cose d' India
per or,Ime . Socondo la traslazione di fra Pipino ( Cod Kic. ) ,, Si vil/em ultra re- ,, ciò tramite progredì, oporterct ine iu Indiam ingredi, sed in libro tertio de India „ prosequar „ XVI STORIA Gipangu (r/) : clolla sfortunata guerra che vi fece Cublai Can : delle Indie di qua e di là dal Gange: di alcune isole celebri dei mari Indico ed Etiopico , delle regioni dell’ Affrica note agli Arabi dei suoi tempi , di alcune parti d’Arabia, e ciò nel descrivere il suo ritorno da Zaitun a Ormus, ove sbarcò alla tornata . XXI. Che fosse dall’autore ritocca ed emendata l’opera nella copia che servì alla traslazione di fra Pipino, si ravvisa anche da altri particolari . In essa più ordinatamente la materia è divisa, vi si leggono non poche giunte, alcune delle quali relative a cose che rimasero ignote ai Geografi Europei, anche alcuni secoli dopo il ritorno dei Poli. Valga a dimostrarlo un solo esempio. Nel partirsi da Balaxian (b) per andare a Cashgar , narra che incontrò una catena di altissimi monti, e che nel valicarla s’imbattè in una pianura di dodici dì di cammino, detta di Pamer (e). Tale pianura posta sulle alte giogane dell’Asia centrale rimase ignota ai geografi fino al secolo caduto . Sembra che questa seconda copia originale del Milione, che servì a fra Pipino, fosse scritta nel viuiziano dialetto; e che ei la ritoccasse dopo il i3oy. poiché la copia che il Polo donò al Cepoy , non è in libri, ma in capi soltanto divisa come lo è quella che pubblichiamo . E su questa seconda copia furono fatte le stampe del Milione di poco pregio nel dialetto predetto. Il ma- noscrittoSoranziano, detto dallo Zeno antichissimo, é una veneta traslazione della prima copia francese. XXII. Ne fu solo fra Pipino a traslatare il Milione in latino . I Padri Quetif ed Echard (d) danno contezza d’altra versione d’anonimo esistente nella Parigina , che dicono essere di stile più semplice e rozzo, ma più accurata pei nomi di luoghi e di città , ed anche più copiosa per la materia . E dall’elenco dei capitoli, che riferiscono, si ravvisa essere la traslazione della prima dettatura di Genova, e che questa deve essere perciò conforme al testo che pubblichiamo (i). Diviso in capi e in libri fu pubblicato il Milione in latino nel Mondo Nuovo del Grineo . Ma quella versione come lo avvertì il Mullero è di mano ignota ed inferiore in pregio a quella di fra Pipino (e). (<z) Not. 148. (b) Not. 171. (c) Cod. Riccar. lib. 1. c. xxxvi (d) 1. c. pag. 540. (e) Apud Bergen Recue : de Voy. t. u. p. 10. (1) Secondo i predetti Storici dell’ordine Domenicano, dopo il capo ove tratta il Polo della Russia, seguono i seguenti. ,, De rege Caidu qui est rex in magna ,, Turchia: ,, De quodam ejus praeUo et quomodo Tartari incedimi armati ad praelium . Poi otto altri capitoli l’ultimo dei quali ha la seguente rubrica „ De re- prensione facta per Arckomac dictis Ambaxiatoribus e termina: ,, desccnderant DEL MILIONE XTIT XXIII. Ciò basti intorno alle due prime lezioni originali del Milione , ed alle antiche traslazioni di esse. Ma è da avvertire, che avventurosamente , il celebre viaggiatore, mosso probabilmente dalla grata accoglienza , fatta dai più, alla sua opera, non si ristette dal ritoccarla ed ampliarla anche posteriormente ; lo che potè fare , spogliando i suoi diffusi memoriali raccolti in viaggiando, e di cui fa ei stesso menzione (a) . E una , o più di quelle impinguate copie, ebbe a mano il dotto e avventuroso Ramusio(i). Secondo questa terza lezione originale, chea giusto titolo, fu appellata Ramusiana dal nome dell'editore, il Milione è più copioso di fatti e di cose, per quanto alcune se ne leggano nell’italiana, o nella latina copia, che mancano nella Ramusiana, manifesto indizio delle originalità delle tre lezioni, come nelle (a) T. II. p. 322. a* tentorium suum. Comparate dette rubriche con quelle del testo francese della Parigina , corrispondono ai capitoli compresi dal N. 197. al 202. inclusive , e alla materia contenuta nel nostro testo dalla p- 209- alla 2l5.. Talché la copia latina è chiaramente la versione della prima dettatura francese del Milione e ciò confermano le varianti che si riscontrano nel nostro volgarizzamento Toscano. Avverte saviamente il P.Zui la. che il testo Parigino è copia d’un’altro, come dimostralo l’essere stata 1 onlusa la data della dettatuia del viaggio, che fu nel 1298, con quella del ritorno dei Poli accaduto nel 1295 ( Dissert. t. 1. p. 21. ) . Particolarità osservabile è che in questa copia , non è detto che il Polo scrivesse in volgare, come 10 iiflerma fra Pipino , nuova 1 iprova ch’è copia della prima dettatura . Sembra poi che il quesito che potrebbe farsi, perchè quel religioso traslatasse in latino il Milione, essendovi questa probabilmente più antica versione, si risolva, se si rifletta rhe questa fu fatta probabilmente in Francia , e che perciò rimase ignota a fra Pipino , ossivvero che per essere copia della prima dettatura , non era inutile lavoro quello di fra Pipino, avendo traslatato la copia ritocca ed ampliata dal Polo . (1) Ciò asserisce positivamente quell’illustre Geografo, nel secondo volume delle navigazioni dell edizione del i574-, veduta dal Padre Zurla (Dissert. t. i.p. 19 ). Ivi dice : ,, una copia del qual libro ( del Milione ) scritta la pi ima volta lati- ,, namente , di maravigliosa antichità , e forse copiata dall’originale di esso Mar- ,, co, m die volte ho veduta, e incontrata con questa, che al presente mandiamo in „ luce, accomodatami da un gentiluomo di questa città da Cu f.hisi , molto mio „ amico, che l'avea appresso di se, e la tenea molto cara „. Per quanto questi» ultima copia sembrasse che dovesse essere scritta in Veneziano, non oserei asserire, che il Polo ad imitazione del Mandevilla, per estenderne maggiormente 1« notizia, non la facesse a b* Ila posta traslatore in latino , e in tale ipotesi si conc- linrebbe I’ asserzioni del fìamnsio , ne impli' herebbe < onti adizione 1’ asserto di Fr. P pino eh’ei scrivesse in volgare . Vedasi intorno all’avere litocco il Milione, 11 Polo stfMn ( ». n. n e W»o ) Si or. del AI ilio. V. I. t XVIII STORIA repliche delle dipinture, i pentimenti danno di quella chiaro argomento. Questa ultima lezione io chiamo la terza , cui concedo il primato d'autorità, per chiarezza, per correzione, per copia di notizie, che vanamente speratisi negli altri testi. Sembra che la correzione debbasi alle cure, che si diede il Ramusio di consultare vari manoscritti, alcuni dei quali di centocinquanta anni ad esso anteriori (a) (1). Credo io pertanto, che tutte le lezioni di varj manoscritti o delle stampe del Milione, possano a tre classi corrispondenti a queste tre originali lezioni assegnarsi . XXIV. Infatti il Miillero trasse da un manoscritto Brandembur- gense la lezione del Milione, che diede alle stampe, ma ciascuno può collazionandola accertarsi, che è la lezione Pipiniana . La Mulleriana tradusse e pubblicò in francese il Bèrgeron nella sua raceolta dei viaggiatori in Asia del secolo X1IL, e dei seguenti . Altri dotti esaminarono altri codici con larghe speranze, fra questi il Professor Lessing, che trovò un manoscritto del Milione nella Biblioteca di Wolfenbultel (b) . Ma coliazionata da me col testo Riccardiano gli squarci che ne riferisce, riconobbi l’uno essere esatta trascrizione dell’altro. S’accorse il Lessing dell’inutilità del lavoro che avea intrapreso, e perciò lo abbandonò, avendo riconosciuta la superiorità della lezione Ramusiana . XXV. E per quanto chiari letterati, siansi applicati da indi inpoi con ogni studio ad'illustrare la relazione del Polo, non ravviso che scoperti abbiano manoscritti, che alle tre divisate classi non pertengano. 11 Cliiar. Marsden dà contezza di un MS. latino del Museo Brittannico, del secolo XIV., ma dalla numerazione dei capitoli dei tre libri, e dal saggio che ei ne dà, si riconosce essere la versione Pipiniana (c). Parla d’un italiana abbreviazione del Milione , scritta in dialetto barbaro da un certo Paxuci, copia che fece per suo diporto nella sua navigazione da Venezia a Baruti nel i/\Sr]. (d), ma dal saggio datone si ravvisa, essere di poco o niun momento, come la prima stampa del Polo fatta dal Sessa nel 149^*, quantunque dagli editori si spacciasse, che davano la dettatura originale del Polo, e colle sue stesse parole (e) . Questa stampa ha servito alle dispregievolissime di Venezia , e di Treviso, di cui esiste una copia nel Museo Brittanico, dal Marsden coll in- (a) Pref. al Polo fc. lì. p. 4. (6) Zur Geschichte und Litteratur Brunschweig 1773. in 8. (c) Introd. p. lv. (c/) ibid. p. lxi. (e) Zurl. Di&sert. t. 1. p. i5. (1) Anche il Padre Zurla è d’opinione, che il Polo ritoccasse il Milione più fiate, dietro l’esame da lui fatto di più manoscritti di quella prosa ( Dissert. t. ». P. 38.) DEL MILIONE XIX titolazione d’epitome citata (rt). Ma di tali compendj di poca fede, e capricciosamente interpolati, rilevò con esattezza, e fino giudicio lo Zurla il niun valore (i). XXVI. La relazione dei viaggi del Polo , andò soggetta a varietà di giudicj . Se allorché comparve, fu cercata e letta da molti, non mancò di detrattori, che tacciarono il Polo di mendace, come affermalo Giacomo di Aqui. E chiara testimonianza del concetto di esagerato, in cui era tenuto il viaggiatore, è il soprannome di Milione , datoli dai suoi contemperanei . Narra il Ramusio , che tornato in patria, tutti a lui concorrevano per interrogarlo delle cose del Calajo e del Gran Cali, e siccome umanissimo , e graziosissimo era, a tutti rispondeva con sommo garbo, ma nel raccontar le cose di quel potente imperante, e della sua grandezza , diceva essere le entrale, dai dieci ai quindici milioni d’oro: computava a milioni altre ricchezze di quei paesi, talché il denominarono Messer Marco Milioni, come esso trovò notato in alcuni (a) Ibid. p lxv. (l) Merita d’esser qui riferito ciò che dice sul tal proposito. „ Servadisaggio di ,, cotesti storpiamenti della di lui relazione quell’epilogo, o anzi informe abbozzo* che si cominciò a stampare in lingua mista di Veneziano e di Toscano da Gdor. ,, Batista Sessa Milanese nel 1/196. in Venezia in oitavo , col titolo : Marco Polo Veneziano delle Maraviglie del Mondo da lui vedute, in carte 83. ; ivi, ripro- „ dotto nel , ed altre fiate eziandio, come pure in Trevigi in vari anni. É desso ,, un libriccino , e tra le altre particolarità d’omissioni e d’aggiunte , abbonda di dialoghi, fuori dello stile storico e semplice usato da Marco, e manca del ,, piincipio , cioè della partenza dei Poli da Venezia , fino al loro primo arrivo „ alla corte di Cublai-Can , colla strana sostituzione di un pezzo della relazione „ dei viaggi del B. Odorico da Udine, spettante a Trebisonda , posta a foggia di ,, Prologo Osserva, poi chè chiaro indizio di essere dettatura di gran lunga posteriore all’età del Polo è , che il saccomanno dato dai Tartari alla isola di Gt- pangu , si paragona a quello che soffri Verona, il quale ebbe luogo ai 26 Criugno 1590. Malgrado ciò , alcuno fu ingonnto , e fra questi il Bergeron, credendo quella lezione l’autografa. Coufuta poi il dotto scrittore lo Zeno, che credè che il Vossio facesse vedere al Colomesio un testo del Milione più copioso di mate* ria , e dalie parole del Colomesio che riferisce , ne deduce , che gli fu mostrata soltanto questa dispregievole stampa. Io ne ho veduta una copia che ha per titolo „ Marco Polo Venetiano delle maraviglie del mondo da lui vedute . . . „ Di nuovo ristampato et ossorvato l’ordine suo vero nel dire . In Venetia ap- „ presso Marco Cle&seri 1697. in 8.° ,, Ivi pure si legge la protesta : ,, che si fa udi- ,, re al leggitore le sue parole istesse ( del Polo ) procedute dalla natia favella „ tia è un interpolata, arbitraria, e ditpregievole ristampa delledizione del Sessa. IX STORIA. libri della repubblica (a) . A ciò contradd ice lo Zeno (6), dietro 1’ asserzione del Saiisovino (<j) , e di Marco Barbaro, i quali vogliono, che il soprannome di Milione avesse il Polo, per la fama delle ricchezze recale seco, ascendenti ad un milione di ducati. A queste autorità, avrebbe potuto aggiungere lo Zeno la più valutabile dell’Aqui (i). Ma quan- (<a) Nav. t. il. Pref. al Poi. (b) Annot. al Font. t. n. p. 180. (c) Ven. Illusi. p. 256. (1) Colla gentile mediazione del Sig. Conte Opizzoni, ottenni copia di ciò che relativamente al Polo, e al Milione scrisse nella sua Cronaca Giacomo d’Aqui, che si conserva nell’Ambrosiana, e che ha per titolo „ Irmgo Mundi, seu Chronica ,, Jacobi de Aqius ,, ( M. 5z6. Òcaf. D. ). L’Aqui è sci itUue del^ecolo XIV. e notarono i Signori Bibliotecari, che sebbene il MS. non sia autografo, sembia essere di quel secolo. Ecco fiòche intorno al Polo vi si legge,, Anno Jesu Crhisti mcclxxxxvi. tempore Bonifacii Papae VI. {deve dire ottavo) de quo est dictum supra, factum ,, est praelium de Arminia apud qui (sic) dicitur Layaz, de XV. galcis mercatorum ,, lanuensium,XXV. Venetorum, et post praelium magnum, rlebellatae galiae Vene- ,, torum, et occiduntur et espiuntur otnr.es , inter quos capitur Dominus Marchu* „ Venetus, qui erat cum mercatori bus illis qui dict us est Milonus, quod est idem, ,, quod diviciae mille millia librarum , et sic vocatur in Veneciis. Iste dominus Mar- „ chus Milonus Venetus , cum aliis de Veneciis captis, ducuntur in carcere Ja- „ nuae , et ibi sunt per tempora multa . Iste Dominus Marchus multo tempore fuit „ cum patre suo, et avunculo in, Tartaria , et multa ibi vidit et luci atus est, et eliam ,, maltas didicit quia fuit homo valoris . Et ideo Januae existens in carcere facit „ librutn : ,, De magnis mirabilibus mundi . ( sembra che que<bo fosse il titolo che il Polo diede alla sua relazione ) ,, de hiis sciluet quae vidit. Et minus di ci t „ quam viderit propter linguas detrahencium , qui de facili imponunt aliis menda- „ eia, et judicant temere mendacium, quod ipsi mali credere, vel intelligere no- „ lunt, et vocatur liber iIle libar Milionis de mirabilibus mundi. Etquiaibi magna ,s et maxima, et quia incredibiliarepeiiuntur , regatus fuit ab amicis in morte, quod ,, librum suum corrigeret, et quod superflue scripserat revocaret : qui respondit, ,, non scripsi mediantem de hiis quae vidi . Et quia talia in morte dixit, magis ere- „ ditur hiis quae scripsit : de quibus superflua , et nimis prolixa praecindendo, ,, hic inferius compendiose tractabirnus „. Dà l’Aqui l’estratto di alcuni capitoli del Milione . ,, Della ricchezza del Gran Can. Del corteggio del Gran Can. Delle ,, cacce di lui . Delle bambuse che scoppiettano e spaventano le fiere . Di al- „ cune strane costumanze riferite dal viaggiatore . „ Abbrevia alcuni articoli geografici „ Della Armenia Minore. Della Turcomania . Della Armenia Mag- ,, giore . Della provincia di Mosul, che è scritta scorrettamente Gongolici , ove dice le cose dette dal Polo (l.i.c. vi.) Dall’Aqui si rileva, che rettamente raddirizzammo l’errata voce Arachi del testo hamusiano in Arabi ( t. 11. p. 3l.): leggesi nell' Aqui „ et quidam de ilio regno vocalur Arrabi „. Termina l’estratto dell’Aqui col capitolo relativo a Balducca . DEL MILIONE XXI lo più verisimile sia l’asserzione del Ramusio, vien dimostrato dal soprannome di Milione dato non solo al Polo , ma alla relazione dei suoi viaggi, che per attestazione dell'Acqui, testé allegato, il viaggiatore intitolò: « Il libro delle cose mirabili da lui vedute « (i). Nè applicabile al libro era il titolo di Milione, se a Marco dato lo avessero per la ricchezza. E che l’opera intitolata fosse Milione, sino dal suo apparire, si deduce dagli allegati passi del Villani e dell Aqui. E giovi il riflettere , che un tal soprannome derivandolo dai computi delle ricchezze del Catajo e del Gran Can, si adattava inolio bene al relatore ed alla relazione, ove erano riputate le cose dette verbalmente da lui, credute esagerate di troppo . XXVII. E trasportandosi ai tempi in cui visse, non dee recar meraviglia, che ne sembrassero esagerati i racconti, e che si sentisse trascinato ad esaltare ciò che vidde, se ei comparava la povertà degl’ Im- peradori di Alemagna, e dei Regi di Francia, monarchi in allora i più polenti d Europa, coll opulenza e potere del magnifico Gublai Can, signore della Tartarìa, della Cina , e di parte dell’India . Se comparava la ristrettezza europea alla ricchezza asiatica, dovea sentirsi proclive ad esaltare con enfasi le cose da lui vedute, enfasi atta a procacciargli la taccia d esageratore, e di mendace. XXVIII. Non bastò a lavare da tali accuse il Polo, nè la solenne testimonianza dell’ Aqui (a), nè quella di Fra Pipino, il quale dichiara, che sebbene ei racconti molte cose inaudite ed insolite, e da parere incredibili, fu tuttavia un uomo savio, prudente, devoto, ed ornato di onesti costumi, come affermavanlo tutti coloro che lo conobbero familiarmente. Che Niccolò suo padre, uomo di tanta sapienza, raccontava tutte queste medesime cose: e che il suo zio Matteo, uomo provetto, devoto, e savio, in fine di morte nel tenerne familiare colloquio col suo confessore , asserì che il libro di Marco era in tutto veridico ([b). XXIX. Trae origine l’ingiusta critica da più impure sorgenti: dall’ignoranza del censore, e per lo più dal poco o niuno studio ch ei fece dell’opera del censurato. Infatti molti che godono fama di letterati, non hanno fatta un intera lettura della Divina Commedia, nè perciò s’astengono dal darne giudicio. Moltissimi discorsero del Milione, ma pochi il lessero per intero, molti meno furono coloro che il me* {a) Not. Supr. (A) Cod. Ricc. Proem. (i) Nel testo che pubblichiamo è intitolata l’Opera: „ Libro delle condizio- n ni e provincie del Mondo. „ Nel Riccardiano : ,, Incipit hber Domini Marchi ,, PauIì de Veuetiis de mirabilibus ori«ntalium reyionum XXII STORIA di La tono , ailìdati forse nella presunta noncuranza del volgo dei leggitori. Eccitamento è pure alla critica la lusinghevole opinione di apparir grandi, scuoprendo le mende d uomini sommi, quasiché ne addivenga che all’ altezza del censurato si sollevi il censore, quantunque l’ultimo sia da assomigliare ad insetto molesto, che sulla fronte del leone posa superbo . Travia ancora il ragionamento del critico il trasportare i giudizj municipali a paesi lontani, a cose remote . XXX. A costoro rispose il Polo nel proemio , die dettò nelle prigioni di Genova , dicendo , che nel suo libro il leggitore troverebbe : a le grandissime e diverse cose della Grande Erminia , e di Persia , a e d’india, e di molte altre province .... come Messer Marco Polo « Viniziano ha raccontato, secondo che egli vide cogli occhi suoi: moler te altre che non vide ma intese da savi uomini, e degni di fede . E <( però estendo le vedute per vedute, e le udite per udite , acciò il u nostro libro sia diritto e leale e senza riprensione « («) . Ei dunque ad imitazione d’Erodoto raccolse le altrui relazioni, e per non rendersene responsale, nel proemio, solennemente lo dichiarò . Perciò nel commentario crediamo averlo pienamente lavato, o col dichiarare quali siano le cose per le quali fu ingiustamente censurato, o coll allegare altre autorità coeve, che confermano le narrazioni favolose di lui ( che sono però in poco numero) ; e da ciò ne addiviene , che può essere tacciato , come il suo secolo , di credulità, ma non mai di mendacia . XXXI. Il raccogliere il narrato da altri fu al Polo necessario per condurre a termine l’alto e nobile divisamento, per l’utilità della patria, deil’ Italia, dell’Europa di descrivere dell Antico Mondo, di cui tanta parte era incognita agli Europei dei suoi di, quanto ei nè vide, o quanto nè apprese dagli Arabi e dai Mogolli, che erano allora i popoli i più poderosi e trafficanti dell’ universo . Tale disegno rendè manifesto nella conclusione al Milione (¿). « Avete inteso (ei dice) « tutti i fatti di Tartari, e di Saracini quanto sene può dire, e di « loro costumi, e degli altri paesi, che sono per lo mondo , quanto se a ne puote cercare , e sapere , salvo che pel Mar Maggiore non vi ho « detto nulla, nè delle provincie che vi sono d’intorno, avvengachè « noi il cercamo ben tutto, perciò il lascio a dire, che mi par fatica « a dire quello che non sia di bisogno, nè utile, nè quello che altri sa « tutto di .< E con questo ammaestramento utile anche ai dottissimi secoli posteriori chiude il discorso . XXXII. Da ciò ne avviene, che vanamente è da sperare, ordine e chiarezza nella relazione del suo viaggio , ma con flottile disamina fa (a) T. i. p. i. T. i. p.227. DEL MILIONE XXIII d'uopo scevrare il narratogli dal veduto . Accade infatti soventemente che dal suo diritto cammino si dilunghi, per descrivere contrade lontane le dieci, le venti, le trenta giornate dalla via da «sso battuta . Ma nelle nostre dichiarazioni al Testo Ramusiano del Milione dilucidammo, come abbiamo proceduto per istabi 1 ire con precisione glili- nerar dei Poli. XXXIII. In altro luo?o trattammo sin dove si estendessero a nostro giudicio le cognizioni geografiche degli antichi lungo la costa Affricana, bagnata dall Eritreo, e nella parte centrale e meridionale dell’Asia, li nella tavola geografica aggiunta all opera è indicato quale fosse a nostro avviso l’ultimo termine delle loro cognizioni. Ivi pure sono segnate le vie fatte dai Poli, non meno che le molte contrade da loro rammentate o descritte, talché un solo sguardo su quella tavola, rende manifesto quanto il Milione ampliasse gli scuoprimenti dei due potenti popoli dell antichità , i Greci , e i Romani . Ma la storia completa del Milione, richiede che investighiamo quanto questo celebre libro estendesse le cognizioni del secolo in cui comparve. Quanto influisse ai sempre mai memorabili scuoprimenti orientali, ed occidentali degl’Italiani , dei Portughesi, dei Casigliani. Come questi scuoprimenti pro- movesscro la volubilità, che si ravvisò nel modo di giudicare dei pregi e deir importanza di questo scritto in vari secoli. Quali dei viaggiatori, e dei letterati cooperassero principalmente all’illustrazione dell’opera , finalmente ciò che da noi fu fatto a tal’ uopo . XXXIV. L’inopinata irruzione dei Tartari che in meno di mezzo secolo estesero le loro conquiste dall Oceano Orientale fino ai confini di Lamagna, l’avvicinamento di essi per la parte centrale dell Asia alia Palestina , e alla Soria, volsero verso di loro 1’ attenzione di tutte le genti. L Europa sbigottita e tremante, temeva di cadere sotto il giogo di si feroci conquistatori . Speravano i Grocesignati per opera di essi vedere spenta la potenza dei Turcomani, e dei Saracini , e in cotal guisa ristabilire la loro vacillante fortuna in Oriente. Misero era lo stato dell Europa a quei dì : non città fortificale , non milizie assoldate , depauperati i pubblici erarj ; i potentati non italiani erano senza modi per fare le guerre, perchè snervava il loro potere l’anarchia feudale. Generoso ed utile disegno dei Pontefici fu adunque il propagare il Vangelo frai Tartari, per istabilire seco loro la fralellevole pace, che ordina fra tutte le genti quella santissima legge . XXXV. A ciò volse l’animo Innocenzio IV. Nel concilio di Lione nel 11\~). fece presenti i pericoli che correva l’Europa per l’invasione di quei barbari, e pensò ad inviare religiosi degli ordini di S. Domenico, XXTY S T 0 n ! A e di S. Francesco ai Tartari come suoi legati, e predicatori del Vangelo, con commissione d’offrir pace, di sforzarsi di covertirli alla fede, ed impegnar fjuei barbari a rivolgere Tarmi loro vittoriose contro i Turchi, e i Saracini. Fra Ascelino, o Anselino Lombardo dell'ordine Domenica- ,24?- no, fu il capo della prima legazione inviata ai Tartari a tal' ujpo . Ei sbarcò a S. Giovanni d Acri, e per 1 Armenia, e per la Georgia recessi in Persia presso un Tartaro condottiero d’eserciti, ch’ei chiama Baion- thnoi, ma di cui il vero nome secondo il Forster era Bayu Nojon, e dopo tre anni di peregrinazione tornò in Lione, (a): la relazione di ciò che gli avvenne fu scritta daSimoneda San Quintino suo compagno di viaggio (i). XXXVI. Questa legazione recò pochi lumi geografici all’Europa. Sommamente più utile fu quella dei Frati Minori, di cui fu capo l’Italiano fra Giovanni di Plano Carpino(2), che delle cose vedute scrisse la relazione. Esso unitamente a Benedetto Poi lacco, per la via di Pollo- nia e di Russia, si rivolse alla corte di Batu che risiedeva a Bùlgari sulle rive del Volga, ove posteriormente andarono i Poli seniori . Per ordine di quel monarca dovè recarsi in Tartaria alla residenza del Gran Cari. Quei pazienti ed intrepidi legati traversarono la Cumania, il paese dei Baschiri, possessori in allora della Grande Ungheria o della patria primitiva degli Ungheri (3) , e per le deserte regioni che sono fral Jaik (a) Quetif et Echar. Script. Ord. Praed. p. 122 fi) Il Ramusio pubblicò questa relazione ( v. il. p. 225 ) . Ed il Forster 1* illustrò, come pure quella del Rubruquis nell'opera che intitolò, „ Histoire des de- „ couvertes et des voyages fait dans le Nord ( Par. 1788 v. 1 ) Di Bayu Noion generale e non Can dei Tartari, parla Vincenzio Belloyacense ( Apud Bcrger. I. c. p. i57 ). Il Ramusio diede questa e la seguente relazione del Plano Carpino . Quella di Ascelino comincia al Cap. xxxvm. (2 ; Fra Giovanni era Perugino ( Sbaralea Supplement Castigat. ad Wadding. Rom. 180G. p. 452.,) , ed era di Plano Carpino, o Pian del Carpine, che come ho saputo dal sig.Ab.B Ughi è quello che appellasi anche Piano della Magione, e che s’incontra nel recai si per la via maestra da Cortona a Perugia . Ed esso mi ha assicurato che sino verso il cadere del secolo passato vi era uua famiglia benestante detta Carpini. La relazione del Carpino fu pubblicata, come dicemmo nelle Navigazioni, e Viaggi del Ramusio Tradotta in frano se la pubblicò il B rgeron ed ordinata diversamente . Nel Kamusio precede la relazione delle cose dei Tartari quella del viaggio, nel Bei geron è viceversa . Questo viaggio intraprese il Plano Carpino nel 1247. secondo il Ramusio , nel 1240. secondo il Bergeron. Del viaggio predetto parla il Vaddin^o ( t. ni. p. 1 18 ) (3) I viaggiatori e gli storici di quei tempi fanno menzione della GranBulgadel MILIONE XXV e il Sir Daria , per la Gran Turchia , e pel paese dei Naimanni giunsero alla sede dellTmperadore dei Tartari. Regnava alloraGaiuk-Can appellato da’viaggiatori Guy ne. Contiene quella relazione preziose notizie: il Plano Carpino fra molti popoli della Tartaria rammenta 1 Samojedi (i) che abitano oggidì la parte più boreale dell’Asia, e fu il primo a iar menzione del Catajo . XXXYII. Erasi frattanto mosso S. Luigi a far guerra ai Saracini in Palestina . Mentre era a JNicosìa in Cipri, vi giunse come legato dei a.u. \ 1%. Tartari un tal Davidde , apportatore di lettere di un signore di quelle genti detto Ercaltay( Elhetay), nelle quali fra le altre cose si diceva che il Gran Can erasi fatto cristiano, e che in breve verrebbero 1 Tartari ad assediare Baldacca . Tali novelle riempierono di gioja S. Luigi , che per confermare nel preteso Cristianesimo il Gran Can , e stringere vincoli d’ amistà con quel potente imperante , a lui spedì in legazione con ricchi doni fra Andrea di Longiumel (2) che avea accompagnato Ascelino in Persia (a). 11 Longiumel trovò morto Cuyne, e reggente dell’im- perio Aijiilgaramesch (b'j detta dal legato Cluirmes. Poco o niun effetto avendo avuta questa prima ambascierìa il pio S. Luigi spedì nuovamente in Tartaria fra Guglielmo di Rubruquis (3) che trasse molti {a) Vinccat. Bellov. apud. B> rg. t. 1. p. i5a. (¿) Deguign. t. iv. p. 121. ria della Grande Ungheria , della Gran Turchia per distinguere la patria primitiva, dai paesi posteriormente occupati da quelle genti . (1) I Samoiedi sono popoli d’origine Scitica o Tartara . Le loro antiche sedi erano fra i 5a , e i 57 gradi di latitudine , e fra li 67 e li 100. di long, dal meridiano di Parigi . Precisamente le loro sedi erano verso le sorgenti dell’ Irtisch, dell’Oby, e del Genissey, dalia parte settentrionale del Monte Altuy minore,ed i monti Sedani . Questi Samoyedi furono conquistati dai Mogolli nel 1246. come narra il viaggiatore . I Samoiedi che rimangono a Levante, e Ponente delle foci della Peczora, lungo le live del Mar Ghiacciato,sono tribù cacciate dalle loro antiche dimore, se- conJo il viaggiatore Klinstet, e da prima s’accostarono all’ occidente della Peczora i5o anni fa , venivano dal paese che è fra la Peczora e il Yenissei . L’essersi quello genti scelte per nuova dimora le terre polari, può far sospettare eh’ essi non si assoggettassero ai Mogolli , ma che sbaragliati si disperdessero, e che scesi lungo il Yenissei si dilatassero verso il confine d’Europa,poiché ve ne sono dei stabiliti fino a Mezen nel governo d’Arcangelo ( Ab. Borghi . ) (2) Secondo il Bergeron ciò accadde nel i253. Secondo i Padri Quetif ed Echard nel 1248. Ma siccome S. Luigi passò in Nigosia l’inverno del 1249. ( Art. de Verif. Ics Date* j conviene a quest'anno riferire detta legazione. S. Luigi partì per Damia- ta nel Giugno seguente . (3) Secondo il Fabricio fu appellato in varie guise . Esso era Bi abanzone , e òtor. del Milion. V. /. j XXVI STORIA lumi il Longiumel . Diverso vie seguirono i due legati : costeggiò l’ultimo ia sponda meridionale ed .orientale del Caspio (a), ma se pure ei scrisse la relazione del suo viaggio, come l'opinano il Quetif, e l’Echard, non è sino a noi pervenuta . XXXVIII. Avventurosamente abbiamo quella del Rubruquis che per essere dettatura del secolo xm. è sommamente pregevole, perchè esso era un osservatore accurato e intelligente . Ei da Soldadia irt Crimea , si recò da Batu Can sulle rive del Volga, che alla volta del Gran Can l'inviò . E per recarvisi dal Volga passò il Iaick, lungo la riva settentrionale del Caspio, e valicati i deserti della Gran Bulgaria , e della Grande Ungheria,non meno che gli altri a tramontana del lago d’Aral, entrò nel Turkestan 0 Gran Turchia , e drizzando il cammino verso il Kara Kitai giunse alle rive del lago Palkasi (/>), ed indi a Kailak,città detta Golka oggidì sulle rive dell'Ili, e pel paese degl’Iguri si recò a Kara Korum, residenza del Gran Can: e assistè all’incoronamento di esso . Seguì al ritorno pressoché lo stesso cammino , sino alla residenza di Batu-Can, di lì passò a Sarai, e proseguendo il viaggio lungo la riva occidentale del Caspio giunse ad Erzerum, e per l’Armenia, e l’Asia Minore, in Cipri si restituì nuovamente. Non ci è dato diffonderci sulla copia dei lumi geografici recati dal Rubruquis,e rilevati accuratamente dal Forster. Egli è certo però che la parte dell’ Asia ch’è a tramontana del quarantacinquesimo parallelo, era in quel secolo assai bene conosciuta : e che più frequentata era la via , che dal confine d’ Europa conduceva a Caracorum, di quello che sia oggidì il cammino della Persia, perchè i principi tributari dei Tartari fossero essi Asiatici, o Europei, vi concorrevano per corteggiare il signore di quelle barbare genti, come nei più fiorenti giorni di Roma , concorrevano nella dominatrice dell’ universo i potenti dell’Asia. Incontrò Rubruquis Europei in gran numero prigionieri dei Tartari. Un orefice Parigino avea fatto a Caracorum un lavoro dell’arte sua, ch’era la meraviglia della tenda di Mangu Can : cavatori tedeschi di metalli adoprava il Can per le miniere dell’ oro , che possedeva nell’ estremo oriente , altri ne adoprava alla fabbricazione delle armi (c) . La relazione del Rubruquis pubblicò (a) Rubr. apud Berg . p. 59. Quetif Script. Ord. Praedic. p. ì/^o. (¿) Forster 1. c. t. 1. p. 170. (c) Rubruq. ibid. p. 5i, sembra ehe il vero suo nome fosse Ruisbruke , 0 Ruisbrock, e che i Francesi lo appellassero Rubruck o Rubruquis ( Fabric. Biblioth. Mcd. et In.Lat. Art. Guliel- mus de Rubruc . ) DEL MILIONE xxm Vincenzio Bellovacense (i) in opera , che ebbe in quel secolo sommo grido. Ma tali furono i patimenti, tali gli strapazzi, cui soggiacerono i rammentati legati ( i Tartari erano in allora poco ospitali ), tale era la miseri* delle contrade che scorsero,che dalle relazioni di essi niuno eccitamento ebbero gli Europei per dirigersi a quella volta : le loro relazioni sono utilissime tuttavia per illustrare o confermare molte cose nel Milione narrate . XXXIX. Gli scuoprimenti degli Europei in Asia, non erano di ciò più inoltrati all’epoca dei viaggi dei Poli . E presumibile però,che essi non ne avessero cognizione, mentre lenta era la diffusione delle opere manoscritte, e principalmente di quelle fatte per dar discarico a principi di commissioni, e non compilate nell'intendimento di farne copia o ai viaggiatori, o agli studiosi, o ai trafficanti . XL. Se dalle relazioni del Carpino e del Rubruiquis si argomenta sin dove eransi estese le cognizioni nelle parti settentrionali ed orientali dell’Asia, da Marin Sanuto si raccoglie sin dove si estendessero nella parte centrale e meridionale di quella vasta parte del mondo, non meno che al mezzodì dell’ Affrica. Questo celebre scrittore fu contemporaneo del Polo ed ebbe seco lui comune la cuna . La pietà condus- selo in Palestina, e pieno di zelo e d’ istruzione, cinque viaggi fece in Oriente. Ei visitò l’Armenia , l’Egitto, le isole di Cipri e di Rudi, non meno che altre circostanti provincie , ed oltre le cognizioni acquistate in viaggiando, molte pure ne attinse dagli Arabi . Il Sanuto era di grand’ animo, vedeva con isdegno grinfortnnj accaduti nella Palestina ai Latini, operati principalmente dai Soldani d’Egitto: reputavagli a ragione i più poderosi nemici del nome cristiano; e qual fondamento del loro potere considerava l’opulentissimo traffico delle Indiche merci, di cui in gran parte erano posseditori. Divisò adunque di apparare ai Cristiani, come spogliar quelli, e farsene essi posseditori, nell’opera che intitolò , Liber secretorum Jidelium Crucis , che presentò al Pontefice , ed inviò ad altri potentati d’ Europa . Sollecitigli per lettera , e di viva voce a condurre a termine il suo disegno, che sebbene magnanimo ed utile all’ Europa, non ebbe effetto che dopo il ravvolgimento di due interi secoli. Il Sanuto aggiunse all’ opera alcune tavole geografiche, e un planisfero, ch’¿ il più antico lavoro di tal genere, che dei se- (0 Speculimi Hìsturiale , opera stampata più volte nel secolo xv. ( Fabr. Bi- bliot. Med. et Iof. Lat. v. vi. p. 85i.) Il Bellovacense rendè più interessante quelle relazioni,coll’aggiungervi alcune notizie, che apparò dalla viva voce dei Missionari ivi tuli . Ei mori v«no il 1264 ( Quetif. 1. c. p. 21/j. ) xxvni storia coli di mezzo possegga oggidì I ltalia, quanlimque il P. Zuila avverta con fondamento essere tale da ravvisare, che anche innanzi al Sanuto si costruivano tavole geografiche dai Viniziani (a). Quel planisfero è atto a dichiarare l’estensione dei mirabili scuoprimenti dei Poli, i quali rimasero ignoti al Sa nudò, malgrado la comune patria, forse perchè come congetturalo il Foscarini (6) l'ultimo lece assenze lunghissime da Venezia. Pubblico il Bongarzio il planisfero Sanutiano (c) . Lo Zurla che rilevò l’esattezza dei Peripli del mediterraneo dati dal Veneto, osserva quanto imperfetto sia il planisfero predetto, perciò che riguarda 1’oriente e il mezzodì dell Asia , e quanto scarse siano le notizie della parte interiore di essa . Centro di quella tavola è Gerusalem, e perciò a uguale distanza sono segnati i due oceani,che chiudono ad oriente, e ad occidente 1’ antico mondo . Assai esattamente v' e segnata 1 Arabia: nel modo meno riconoscibile la penisola Indiana, e i littorali asiatici dall'India alla Tartaria. Avvi l’indicazione del Catajo, d’un Prete Gianni dellTndie, delle circonvallazioni di Og , e Magog, favola che ebbe origine probabilmente delle rovine che tuttora esistevano della muraglia Cinese . Ma questo per altri titoli prezioso planisfero , dimostra che la contrada ad oriente del seno Persico e della Persia, le isole dei mari Indico ed Etiopico, furono scoperte dai Poli, e che loro si debbono le più certe notizie relative alla costa orientale e meridionale dell’Affrica . XLI. Quel planisfero è tuttavia singolare per alcune preziosissime indicazioni, che tanto contribuirono agli scuoprimenti dei Portughesi e che attinsero il Sanuto ed il Polo dagli Arabi; che di forma triangolare mistilinea è l'Affrica col vertice del triangolo volto verso l'Antartico, per quanto vi sia segnato il lato orientale troppo piegato a scirocco, e che la latitudine di quella vasta parte del mondo, sia di troppo accorciata . Quel planisfero è degno ancora di riflesso, per vedervisi l’Affrica da ogni lato accerchiata dal mare e che perciò aperta comunicazione esisteva fra l’Atlantico e l’Eritreo, notizia prima che da ogni altro recata in Europa dal Polo ^ per quanto mal raffigurata sia (a) Dissert. t. n. p. 5o2. (b) Scrit. Venez. p. 417» (c) Gcst. Dei per Frane t. li. p. 2b5. (d) t. il. n. 942. (l) Ebn Alvardi compose in Aleppo nel 1252 un’opera intitolata la Perla Ma- ravigliosa . Va aggiunta all’ opera una carta della terra , assai simile a quella del Saiiudo data dal Bongarzio . Ciò che dimostra che i Geografi Cristiani del medio evo copiarono gli Arabi ( Deguign. Notices des Mss. duUoi.). Di questo GeoDEL MILIONE XXIX ilei mappamondo del Sanuto la costa orientale dell’ Asia , non meno pregievole è l’indicazione , che bagnata dal mare è dall’ismo di Suez lino all’estremo suo contine settentrionale, lo che avea anche chiaramente asserito il Polo (<z) . Notò il Foscanni a lode grandissima dell’opera del Sanuto (¿>), che il primo libro della medesima può appellarsi un pieno trattato intorno al commercio, e alle navigazioni di quell età, e dei tempi anche ad esso anteriori (i) . XLII. È da avvertire, che da indi poi sino all’ epoca degli scuopri- menti dei Portughesi, nelle tavole geografiche fu rappresentata l’Affrica di figura triangolare ed accerchiata dal mare (a), e che nel secolo xiv. ne fu in modo mirabile rettificato il contorno, come il dimostra un Por- (a) t u. n. 25o. (b) Lettcr. Yen. 1. 5. grafo parla I Casi ri ( t. 11. pi), ma col titolo Rerum Mirabilium et Peregri- narum liber . (1) Il P Zurla ha con molta dottrina illustrate le mappe del Sanuto, dietro la scorta di un preziosiss nio manoscritto del tanto benemerito collettore di preziosi codici, il defunto mio amico Ab. Canonici. Quel codice contiene più carte di quelle pubblicate dal Bungarzio , e contengono più copiose ed esatte notizie. Sembra che il Sanuto traesse lumi da Aitone Armeno , non meno che dalle tavole geografiche degli Arabi . L’Audres cita un bellissimo codice dell’opera, che è nella Vaticana , e che crede essere la copia che dal Sanuto fu presentata al Papa , che contiene le dette tavole . Ne ho veduto un manoscritto del secolo xv. nella Medicea , senza carte , meno che un abbozzato planisfero , ma con miniature nei margini, rappresentanti le genti , i combattimenti , e le fabbriche , rammentate nell’opera. Incomincia: ,, anno Domini i5ai, die i\. Mensis Septembris . Ego
- Marinus Sanuto dictus Torxellus de Veneciis, gratia Dei praevi , introitum
» habui ad sanctissimum patrem nostrum Dominum Papam , cujus sanctitatc » duos libros super Terrae Sanctae recuperatione, et conservatione fidelium » praesentavi , quorum unus coopertus erat de rubeo , alter vero de croceo . Eidcm » etiam piesentavi quatuor mappas mundi. Una de mari Mediterraneo: 2. de mari » et terra: 3. de Terra Sancta : 4. vero de terra Aegipti ,, (Ved. Band. Cat. Bibl. Med. Cod. Lat. t. 1. p. 699 ) (2) Ciò lo dimostra il planisfero della Palatina di Firenze , di cui parleremo posteriormente , il Mappamondo di fra Mauro, e il legno premesso alla celebre e rara raccolta di viaggi intolata: ,, Itinerarium Portugallensium * stampata in Mi- ano nel i5o8. Ma in ¡special modo il pnrtulano Mediceo di cui superficialissima noti/.,a dà il Bundini ( Catal. Biblioth Leopol. Gad. t. 11. p. il ) . Esso è in pergamena, mimato, e dell’anno i35i Che sia del secolo xiv. dimostralo la formazione del carattere , che fosse terminato nell’anno enunciato si rileva dalla prima delle tavole lunari, fatta per conoscer*, quando faccia la luna in ciascun mese dell'aano. XXX STORIA tolano Mediceo, che merita maggior fama per la sua antichità delle tavole geografiche , tanto encomiate, dei Pizzigani, e del Bianco. Ma quanto all’Asia superiore, orientale e meridionale, solo dopo il ritorno dei Poli, fu con mirabile esattezza raffigurata nell’archetipo, di cui è copia la tela del così detto Salone dello Scudo, eh’era nel palazzo della signoria di Venezia , sul quale furono segnati gl’ itinerari dei Poli dietro i lumi, e le carte recate in patria da essi (i) . Che la copia moderna Ivi si legge „ Nota quod in i35i. venit linea rubea B. „. La prima caria che è la più importante è un planisfero che comprende l’Europa, fino alla parte meridionale della Norvegia e della Svezia , parte dell’Asia sino al Golfo del Bengala, e nella costa dell’ India bagnata da esso è scritto Imperium Mabar . Vi sono stati aggiunti posteriormente con caratteri di formazio»e diversa varj nomi di luoghi .Nellacosta della Penisola Orientale è notato il golfo di Camboja, e la città da cui trae il nome Cambaeto , il Seno Persico , 1’ Arabia , il Mar Rosso, colorito di rosso . Ma la carta è interessantissima perla configurazione dell’Affrica, rappresentata bagnata dal mare a mezzodi, e con aperta comunicazione fra l’Atlantico e l’Eritreo. É anche in questa carta l’Affrica accorciata in latitudine , e colla punta alquanto più tonneggiata del vero e più estesa , ma è sempre riconoscibile a prima vista , e più esattamente raffigurata che nel mappamondo di fra Mauro; ma con mia somma meraviglia , vi ammirai 1’ esattazza con cui vi è raffigurata l’Affrica occidentale ed il Golfo di Guinea; prova convincente, che innanzi gli scuoprimenti dei Portughesi era stata visitata probabilmente dagl’italiani quella costiera, e che avevanla delineata. Esatte oltremodo sono nel portolano le carte dei mari interni, e di queste non falò motto, parlerò solo di quelle che contengono la parte occidentale del Mediterraneo e una parte d’Europa e d’ Affrica . Sull’Oceano Atlantico è segnato il Capo Non , a mezzodì di quello sono notati i seguenti luoghi Mejust , Imi fin, Ansali/n, indi un fiume col nome Alvet Nul : nell’interno è scritto: „ hic colligitur aurum ,, nella carta dei Pizzigani questi nomi sono scritti Moriste, Ansatevi, Alvet Nul ( Zurl. Dissert. t. n. p. 320.) : sonovi segnate parecchie isole infaccia alla costa di Spagna e d’Affrica. La più settentrionale è detta ,, Insula de Canis Marinis „ notata anche nella carta del Bianco. Poi „ Insula de Ventura, si ve de Colombis ,,, Insula de Brasil „ notate pure nella carta del Bianco . Sotto il paralello che passa per Cadice in alto mare sonovi le seguenti isole „ Caprera ( detta dal Bianco Capresa f »Porto Sancto „ De lo Legname „ ossia la Madrera o Madera dei Portughesi, di cui fecero motto i Pizzigani (Zurl. 1. c. p. 323 ): „ Isola deserta ( tutte tre rammentate dal Bianco , ,, Isola di Liparme, ,s Isola senza ventura „ I. Cervi „ In.Inferno » Canaria, e altro gruppo d’isole coi nomi „ Forte ventura, „ Lanzaroto „ Allegran- xa „ . Bastino questi pochi cenni per invaghire qualche dotto letterato a dare un esatta relazione di questo preziosissimo portolano , eh» rettifica tanti fatti relative agli scuoprimenti dei Portughesi . (i) Vedesi intorno a detta tela Appendice N. 2. DEL MILIONE TXX1 non sia capricciosamente rifatta , si deduce dall’ esattezza con la quale w è segnata la via tenuta dai Poli da Kan-tcheu per recarsi a Xaii-du, o Chun-tu, residenza estiva del Gran Can, lo che fu da tutti i commentatori dei Polo che mi procederono ignorato (a) . JNè di tale più esatto delineamento delle estreme terre orientali , e della copia di nomi di città , e di paesi nelle posteriori carte notati , non possono gli Arabi al Polo la gloria involare di averne data notizia , perche essi quasi cdie nulla sapevano relativamente all’ Asia Superiore, e alla Cina, e solo poche città marittime conoscevano, come lo dichiara Abulfèda scrittore di alcuni anni al Polo posteriore (6) . XLIII. Dell’ antichità di tali cognizioni geografiche in Europa,relativamente all'Asia, ne e una conferma solenne un planisfero del 1417. a mio inpulso del P. Zurla illustrato . Ivi in modo riconoscibile è segnata la Corea , e il golfo che la separa dalla Cma, quantunque erroneamente vi si vegga allogato. La costa Cinese , la penisola di Mala- ca sonovi esattamente railigurate, ed anche alcune isole dei mari dell’ India e della Cina . Anzi assai meglio delle terre, che sono alla diritta del Gange, sebben pili prossime all’Europa, e più visitate a quei tempi. Ciò può recar meraviglia , nè saprei in altra guisa esplicarlo, che pel divisamente dei geografi di quei tempi di conciliare le tavole Tolomaiche colle recenti scoperte . Parmi dimostrar ciò il rammentato planisfero, ove come isole distinte sono segnate il Ceylan , e la Taprobane , 1’ una prossimamente all’altra , che niuno ignora oggidì essere l’antico e moderno nome d una medesima isola (1). XL1V. Ma siccome il consenso dei dotti concede il primato di tL Iti i lavori geografici, anteriori agli scuoprimenti dei Portughesi al Mappamondo di fra Mauro, che conservavasi in San Michel di Murano, passsato oggidì nella Veneta Biblioteca, è da esaminare dietro 1’ autorità del Ramusio, qual’ iuUuenza a renderlo tanto pregievole avesse Mar- (a) V- 1.11. n- ai. (b) Apud Renaud. Anc. Relat. dei Ind. p. 282. (1) Questo Plcnisfero che esiste nella preziosissima Biblioteca Palatina di Firenze fu illustrato dallo Zurla ( Dissert. t. li. p. 397 ) . Ivi leggesi ,, Haec est vera ,, Cosmographorum cum Marino accordata ( sembra che dica ) descriptio , quottidie ,, frivolis narrationibus iniectis 14*7 )»• Il Marino di cuj qui si ragiona opinava che fosse Mirino Sanuto , e non gii Marin di Tiro , noto solo per essere stato citato da Tolomeo. Mi viene asserito che siavi stato un geografo Genovese di tal nome, ma mi è ignoto in quai tempi vivesse . XXXII STORIA. co Polo (i). Narra il celebre Geografo che a Paolo Orlandino Fiorentino, priore del Convento di S. Michele, ove fu converso quel celebre cosmografo , era stato detto dai frati vecchi, che il mappamondo fu tratto, e copiato da una bellissima e molto antica carta marina , e da un map- (i) Una scoperta da me fatta, reca alcuni lumi, e necessita dèlie rettificazioni importanti, relativamente all’illustrazione di questo celebre mappamondo. Esiste nella Biblioteca Magliabechiana ( Class, acni. var. Palch. 8. Cod. n. 21. e 84-) la ce- lebreRaccolta Vicentina delle navigazione dei Portughesi,della quale sarà in acconcio in altro luogo il ragionare , divisa espressamente in due volumi, uno contenente gli scuoprimenti orientali , 1’ altro gli occidentali . É il primo volume intitolato Niccolò Conti: e ciò perchè il viaggio del medesimo della dettatura originale del Poggio è in fronte del volume. Il secondo è intitolato Alberico, perchè contiene le navigazioni di Americo Vespucci . Ciò che rende pregievolissima detta raccolta è che vi sono state aggiunte le relazioni interessantissime ed inedite di parecchi viaggiatori classate per ordine cronologico . Ho con diligenza studiata questa raccolta, ed ho scoperto chi ne fosse il raccoglitore. Nel volume secondo, dopo la copia d’ una lettera di Simone del Verde Fiorentino, scritta di Spagna a Matteo Cini mercante Fiorentino in Venezia a dia.G-ennajo 1498.(Stil.Fiorentino)nella quale lo ragguaglia della prima navigazione del Colombo,segue: „ Informazione di Bartolommeo » Colombo della navigazion di Ponente, e Garbin nel Mondo Nuovo ,, e si racconta che nell’ essere Bartolommeo in Roma nel i5o5,dopo la morte di suo frate lo Cristoforo la diede ad un frate Jeronimo Canonico regolare in S. Giovan Laterano , e questi essendo in Venezia diede una carta dei detti scuoprimenti , e la relazione di Bartolommeo ad Alessandro Zorzi,suo amico, e compilatore della raccolta predetta ( v. li. Intit. Alber. p. 52.) Questo Zorzi, si ravvisa essere stato un uomo sommamente istruito in cosmografia, abile a delineare carte geografiche . Nel volume primo è un suo trattato col titolo: „ Regula Ptolomei in TAmegesto ,, ( sic ) e vi segna un planisfero colla dichiarazione, ,, Figura composta per io Alessandro di- » risa in xi. zone, con suoi gradi di latitudine, et città poste a li suoi lochi in eia- » scheduna di dette zone con suoi gradi di latitudine ,,. Avverte che gli antichi dividevano la terra in cinque zone , e prosegue : „ tamen io per l’opinion mia, le fo » undici zone come per qui di sopra ho figurato, con questa rason e prova da me » trovata, per le cognizioni di quel poco ho avuto si in le matematiche, come in geo- » grafia, si delli antiguj, si di moderni itinerari, si per i Mori, che con lor sti umenti » figurano carte, come ancora per terra itinerarj . „ Questo Alessandro Zorzi vien rammentato come un viaggiatore erudito dal Foscarini (Delle Letter. Venez.p.3i5.) Nel primo volume dopo il viaggio del Conti segue : „ Aviso di fr. Niccolò in scriptu- » ra fra S. Michel di Muran ,, segue: „ Son molti cosmografi li quali scrivono in quest’ Affrica haver diversità d’ oincui monstruosi, e per quanto ho potuto inve- » stigar per tutti delti lochi , cominzando da MUgragnan, Marocho, Fesa, SigilDEL MILIONE XXXIII pamondo recalo «lai Catujoda Marco Polo, il quale nel visitare le pro- vineie per ordine del Gran Can, vi aggiungeva e notava sopra le citlà , e luoghi che incontrava . Soggiunge il Ramusio , che studiando le relazioni del Polo con maggior diligenza , e confrontando, ciò ch’ei scriveva,con ciò che è notato nel mappamondo, conoscesi che quello di Murano fu senza alcun dubbio cavato , e incominciato secondo quello con molte giuste misure, e con bellissimo ordine. E fra le cose maggiormente rimarchevoli, eravi quella che il mare circonda 1’ Affrica , e che vi si può navigare da ponente , lo che ai tempi di mescer Marco Polo
- merga, e quella verso Garbino G araniantia, Almaona, Benichilan, Custusque-
» man , Edolchamari , il Dafur , ( da ciò si rileva il Dafur , non essere scoperta » del moderno viaggiatore Brown ) e più sotto l’ostro per il regno de Zozanit, ver" » so I’ Etiopia Austsale , e l’Abassia , et in li suoi regni, che sono Marora, » Saba , Amara, e più di sotto verso Nuba per il regno d’Organa , e per l’isola di » Meroe , et per lutti quelli regni di Negri, non puotei mai intendere , nè investili» gare alcuna cosa di simil mostruosità Da questa nota è evidentemente tratta quella di fr. Mauro, riferita dal P. ZurU( p. 56). Nella tavola dei capitoli, la rubrica che si riferisce a questo capo dice . ,, Avviso di fra Niccolò Monaco di Oliveto » dato in scriptura delle coste deH’AfFrica,,. A pag 29. si legge. „ Del 1470- per uno » frate Talian che veniva di Etiopia, mi riferi che il Nilo nasceva fra due provincie » Marora e Salga, eh’ è in Abissini« , e che corre giù per una costiera di monte v altissimo, chiamato Marora ovver Canùr, per gran quantità di rivoli che discor- t re per quella costa fino al pian,fa tre laghi : e chi guarda dalla sommità di quel-
- la montagna non vede fiumana alcuna , nè altra acqua accostarsi , che dichiara
p che quell' ai:qua esce da questo monte , e li delti tre laghi fanno un fìnme che » tira verso il nostro polo , e’I monte Tabit, intrando sotto a detto monte . L poi » s'entra in un altro monte , eh’ è in la parte di Nuba , dove cade con gran rimore , » in delto monte fiange, et poi per il Dasliit,t per la provincia di Sion}ch’è inEgit- » to, lasciando Tebais da Oriente scorre al Cairo ,, . Evidentemente questa nota ha servito perquella riferita dal P. Zurla alla pag. 57. nella descrizione del Mappamondo di fra Mauro. Molte altre nule conformi alle stampate ivi si leggono, • ca- gion d’ esempio quelle che incomincia ,, Questa Abassia „ ( Zurl. map. p. 59.)* Dunque conviene inferirne,che o ira Mauro visse sin dopo il 1470,0 che alcuni di quei religiosi, che continuarono a dilettarsi di studi geografici,di mano a mano, che acquistavano nuove notizie ivi le aggiungessero . Infatti è da avvertire che nel ra. gionare il Ramusio di questo singoiar mappamondo, prossimo come egli era ai tempi di Mauro , dice di esso : ,, la prima volta fu per uno loro converso del Monisterio» » qual si dilettava della cognizione della cosmografia, diligentemente tratto, e copia- » to ,, (Viag. voi. 11. dichiar. p. 17. ) Chi fosse questo fra Niccolò, che tante peregrine notizie diede dell' Affrica mi è ignoto . Non ci e thè il degn.ssimo illustratore di fra Mauro, che possa conciliare quesU nuove scopi ite, 1011 ciò che si sapeva di lui. Stor. del Milio. V. I. e
XXXIVxxxiv | S T O R I A |
era noto, ancorchè il promotorio che forma la punta estrema dell’Affrica non avesse nome di Capo di Buona Speranza, quale ebbe posteriormente per opera dei Portughesi (a) (1). XLV. Il celebre illustratore del mappamondo di fra Mauro, confuta con calore l’asserzione del Ramusio (b), che io pure reputo esagerata; convengo che il bel lavoro, non è copia servile di cataine carte, che queste non poterono essere utili al Cosmografo, che per delineare la Tartaria, la Cina, e la penisola Indiana di là dal Gange. Che oltre i lumi recati da Marco, o dati dal mappamondo, e dalla carta marina, che portò seco il Polo, si sarà giovato di posteriori cognizioni, che anzi per le cose affricane, si valse dei lumi recati dai religiosi Abissini, venuti in Venezia ai sui tempi (2). Ma siccome il Cosmografo dichiara, che di
(a} Ramusio Dichiar. al i.II.p.17. (b) Zurl. Map. di Fr. Maur. p.153. e seg.
(1) Si ravvisa dal mappamondo del Mauro, e dalle note mss. citale nella nota precedente della raecolia dello Zorzi, che appellavano quell’estremo promotorio Capo di Dìab. Nel ragionare del planisferio del Sanuto , e ( t. 11. n. 942. ) abbiamo dimostrato essere vera l’asserzione Ramusiana . (2) In una raccolta di varie relazioni di viaggi, fatla da Pietro Yoglienti, di cui caderà in acconcio in altro luogo di ragionare , che conservasi nella Riccar- diana ( Cod. 1910. a p. 23i. ), si contiene l’ambasciata degli Etiopi a Papa Eugenio IV. a dì 2. di Settembre i442> Firenze , ossia il discorso che gli ambasciatori pronunziarono in detta occasione . Dal medesimo si rileva , che quella fu la prima che venisse in Italia, poiché è detto, ch’erano più d’anni ottocento che non » fu Papa, che ci mandassi mai uno vi dia il buon dì, e questa è la somma .... » tutta nostra allegrezza è , che tu sia scilo quello, che vogli ora cercare di fare •d la santa unione ». Si rileva , che l’abate Nicodemo Abissino, che risiedeva a Ge- rusalem , fu quello che spedì quest’ ambasceria a Eugenio IV. da indi in poi crebbero le relazioni fra l’Italia e l’Abissinia. Forse i Pontefici vi spedirono alcuni Missionari . Infatti nella nota precedente abbiam veduta fatta menzione d’un Frate Italiano, che tornava d’Abissinia nel 1470* R Zorzi più itinerari Abissinici ha riferiti nella sua raccolta, di cui daremo sommaria contezza : ,, Itinerario da Axon , città
- principale di Aetiopia Trogloditica in fino al Cairo di 2i5. giornate. „ Itinerario
s> secondo, di Fra Zorzi Prior fu in Jerusalem 1514* da Barara prima città d’Etio- » pia sotto l’equinoziale, prima città di Presta Davit. „ Si narra, che quando il Turco prese la Soria, c il Cairo nel 1515. per essere stato rovinato il monastero di Fra Zorzi , partì da G’erusalem , e venne in Venezia nel ! 519., e condottolo il col- lettore in sua casa ,siccome parlava buon linguaggio, gli dettò l’Itinerario da lui fatto d’F.tiopia a Gerusalem. „ Segue l’Itinerario di Fr.Raffaele Abissino, che par- » lava Italiano, che a di i. Marzo IÍ22. dettò al raccoglitore l’itinerario del suo t viaggio da Burara a Axnrn, e di li a Suachem „. Contiene pure anche l’Itinerario di Frate Tommaso dettato a di 7. Aprile i5^2. da Barara , a Axuin , a SuaJi m, per DEL MILIONE XXXV tutti i viaggiatori, attinse cognizioni per correggere la geografia , clip inseguavasi ai suoi tempi, a tal uopo per l’Asia di grandissimo momento gli fu il Milione. D’altronde, ove se non da carte originali cataine., avrebbe ei potuto attingere le notizie positive relative alla Cina, e alla Tartaria , segnate in quel mappamondo ? D'onde quelle relative all Indie, all isoledi quei mari, e come osservalo il Ramusio intorno al Madagascar (</), al Zenzibar (b), che inoltrò gli scuoprimenti del secolo deci- moterzo sino alla punta estrema dell’Affrica, se non se dalla carta marina rammentata dal Ramusio, e che recò il Polo, che però è da credere c he fosse Araba e non già Cataina ? Da chi se non dal Polo, ebbe la positiva notizia delle rapide correnti, che sono verso il Tropico del Capricorno, fra il Madagascar, e la costiera Affricana (c), in virtù delle quali la terra, che 111 quel mare più sporge, e perciò ove con più furore frangono le onde, fu detta dai Portughesi Capo delle Correnti ? Fra Mauro, dal Polo apparò, che l'Asia è dall' Oceano da tre lati accerchiata: da esso la notizia dei regni di Ziampa, del Tebet, del Bengala (d), e di tante altre regioni , e provincie dell’ Asia superiore e della Cina, che sono nel mappamondo segnate, mentre se altri posteriormente ne fecero menzione, è d uopo al primo, che ne diede contezza assegnarne la gloria: sappialo dal Polo stesso,che ei fece studiodi quelle carte (1). laiche Tas- serzione del Ramusio, è avvalorata da quella del Veneto viaggiatore. Nè si creda già, che la geografia ai tempi del Polo fosse nell’infanzia alla Cina . Dietro la scorta di alcune rarissime carte Cinesi, che possiede la Biblioteca Magliabechiana, dimostreremo che assai più adulta che presso di noi era quella scienza a quei tempi, almeno comparando il modo di delineare le loro contrade, e le adiacenti , con quello (a) T- li. p.453. (¿) lbid. p. 4^7- (0 T.l.p.197. (d) T. u.p.250.273. 573.
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mare ul Sinai, indi a Gerusalem. Vi è pure altro itinerario del detto religioso, di Barata verso il Polo Antartico. Un Itinerario di Fiate Antonio ( compagno da Fra Tommaso), ch’era stato nell’ India . Evvi pure una relazione dettata li 4. Maggio 1524. da un altro Fiate Tommaso Abissino. (1) li» un lu"yo ci dice , che oltre le cose da lui vedute descrisse quelle, che furimeli mostrate sopra le carte dei marinari dell’ Indie . Altrove , che le isole del Mar dell India sono 12700: * come ho inteso da marinac i , e gran piloti di » quelle regioni, e come ho veduto per scrittuia di quelli, che hanno coupas- ? salo quel mare 1» ( t. 11. p. . Da ciò si deduce, che non solo le carte cataine studiò, ma l'arabe , mentre più corrette dovevano essere, per i mari dell' Indie queste , che le cinesi , essendo gli Arabi signori di quei mari : e dimostra eh’ei studio i loro tiattati di Geografia , l’averli seguiti le più volte nei nomi delle città , e delle provincie . XXXVI 9 T O R I A. che si usava in Europa (i) . Ed egli è certo, che il mappamondo recato dalla Cina dal Polo, di niuna utilità avrebbe potuto essere a Fi. Mauro, come lo afferma il Ramusio , se il viaggiatore , non vi avesse notati i nomi dei luoghi che visitò , mentre i cinesi caratteri non sarebbero stati pel cosmografo intelligibili. D altronde dalla tela del Salone dello Scudo, nella parte dell’archetipo non guasta dal tempo, e copiata nella nuova tela , sonovi con tanta esattezza segnati gl itinerari del Polo, che senza un esemplare che gli mostrasse, non era dato ad alcuno ^indovinarne il vero andamento, come lo dimostrano i tanti dubbi promossi sino a questi ultimi tempi, per ¿stabilirne la vera direzione e lunghezza (2). XLVI. Il Milione, che al più tardi nove anni dopo il suo apparire era stato volgarizzato in Toscano (a), mantenne viva la speranza di convertire i Tartari al cristianesimo . La benevolenza di Cubiai Can pei Poli vecchi, rendè accetta ad esso la religione Cristiana, della quale commendavangli quei V'inizia ni la celeste dottrina . Ciò lo dimostra l’avergli inviati suoi ambasciatori al Papa per trattare della conversione dei suoi popoli (b). Questa ambasceria di Cubiai Can, rin- (a) T. 1. p. 1 not. (b) T. n. p. lo. (1) Vedasi Appendice Numero 2. (2) Gli Arabi avevano molto perfezionata la Geografia . Nei bassi tempi i Greci conservarono l’ arte di fare tavole geografiche. Narra Eghinardo (Vit. Garol. Magn. c. 33. ), che fu inviata a Carlo Magno da Costantinopoli una tavola d’ar- genty , ove erano raffigurate le tre parti del Mondo , che per bellezza di lavoro superava altre due tavole parimente donategli, contenenti la pianta di Costantinopoli e di Roma . Dai Greci l’arte di far le tavole Geografiche , come le cognizioni di tutti gli altri studi, passò agli Arabi , che perfezionaronla. Ebn Auckal padre della geografia di quelle genti , che fiori nel secolo decimo , diede in luce una descrizione del mondo , e la illustrò con un planisfero delle terre orientali , e di alire tavole ( Ebn Auck. traslated by William Ouseley Lond. 1800. 4- p. ^9 ) Di celebri tavole ornò la sua geografia l’Edrisi scrittore del secolo xii. ( 1.11. n. 1099.) Accolto da Ruggiero re di Sicilia , fece per esso un globo terraqueo d’argento di 400. libbre di peso, ove segnò la configurazione dell’ orbe cognito (De Rossi Dizion. degli Scritt. Arab. ) . 11 compendio dell’ opera dell’ Edrisi fu impresso in Arabo nella stamperia medicea , e poi tradotto da Gabriel Sionita , e Giovanni Essonita, assai scorrettamente in latino , col titolo di Geographia Nubierisis . É stata utile all’illustrazione del Polo . Il celebre Andres dietro l’autorità del Beuf, cita una carta fatta in Europa ai tempi di S. Luigi. Altra ne cita 1’ Ortelio del 1265. ossia dei tempi di S. Luigi . L’Andres dice averne vedute nella Palatina di Vienna alcune , del Genovese Pietro Visconti, assai piene ed esatte ( Orig. et Progress, d’ogni lettor. t. xu. p. 11. p. 17/,. DEL MILIOKE XXXVII nuovo nel Capo della Chiesa , la speranza di volgere i Tartari al Cristianesimo. Infatti il Papa nel rimandare i Poli al signore di quelle genti, feceli accompagnare da alcuni religiosi, che per le guerre che ardevano nell’Armenia Minore, einSoria, non osarono inoltrarsi (a). Non ne fu perciò abbandonato il disegno, e posteriormente altri operai evangelici, furono nella Cina spediti. Quello di essi che per zelo maggiormente si distinse, fu il celebre Giovanni di Monte Corvino. Ei per la conversione degli infedeli, si recò in oriente nel 1272, e rendè conto a Niccolò IV. del resultato, delle sue apostoliche cure. Ciò determinò il Pontefice, ad inviarvelo nuovamente. Si trasferì perciò a Taurisio nel 1291 , di lì passò nell India , ove stette alcun tempo in.S. Tommaso, o Meliapuri (b)y e per quella via penetrò nel Catajo. E dal silenzio del Polo intorno al missionario, e del secondo a riguardo del viaggiatore, dee congetturarsi che il Monte Corvino giungesse a Cambalu dopo la partenza di Marco . In una lettera interessantissima pubblicata dal Waddingo, dà conto quel religioso dei progressi del Cristianesimo in quelle parti ; delle persecuzioni suscitategli dai Ne- storini ; e del favoreggiamento ottenuto dall’Imperatore , presso di cui risiedeva come pontificio legato. In quella lettera ragguaglia di aver ricondotto nel seno della Chiesa, quel Giorgio discendente del Prete Janni, che il Polo rammenta (c). Ricompensò Clemente V, l’ammirabile zelo del Monte Corvino, col sollevarlo alla dignità di primo Arcivescovo Cambalicense, con sette suffraganei vescovadi. Sappiamo dal Polo, che esso , e i suoi maggiori , allorché dal Catajo tornarono in patria, furono dichiarati da Cublai Can suoi legati al Papa, ai regi di Francia, di Spagna, e ad altri principi della Cristianità (d) . Ne può revocarsi in dubbio, che per lettera, o di persona, conpissero cosi onorifica commissione, e che le informazioni date da loro, determinassero la Curia Romana alla creazione dell Arcivescovato Cambalicense , differita per mezzo secolo, dall’ epoca in cui furono fatti i primi tentativi per la conversione dei Tartari (1) . Uno dei suffraganei del Monte Corvino era il Vescovo di Zaitun, celebre porto della Cina, ove approdavano le navi d’india, ed ove imbarcossi più volte il Polo (e) . E la {a) T. 11. p. i3. (A) T. t. il. 001.842. (c) Lib. 1. c. 55. Wadd. Ann. Fr. Min. t. vi p. 60. {d) T. 11. p. 18. (e) T. 11. not. 663. (l) Nel Catalogo a slampa dei Codici Riceardiani si cila un MS. che contiene vari capitoli distesi nel 1307. da . , e diretti al Pontefice Bonifazio Vili., compilati ncU’intenzioiie di convertire i Tartatii . Non mi è avvenuto di potere rinvenire detto Codice . XXXVIII STORIA Chiesa Cambalicense ebbe pastori fino sul declinare del secolo decimo quinto (i). XLVI1. Il Potefice Clemente V. desideroso di recuperare la Terra Santa, per conoscere come avere in ajuto per tanta impresa un qualche Tartaro Principe, di quei eli’erano a confine di Soria , chiamò in Francia Aitone Armeno, figlio di Leone II., e nipote di un re Aitone . Ei stanco del mondo, e delie crudeli vicende, che affliggevano la sua patria, e l'Oriente, cercò nel claustro tranquillo asilo. I racconti del padre, e dell’avo, e l’essere stato ei stesso testimone oculare delle rivoluzioni accadute in Asia ai suoi tempi , avevanlo pienamente istruito delle cose dei Tartari. Di Cipri venuto a Poitieri nel 1307. dettò la sua storia dei Tartari a Niccolò Salcone, che traslatolla in latino. È quell’opera sommamente pregievole, e sarebbelo maggiormente, se meno trasfigurata veduta avesse la luce ; è commendevole inoltre per una compendiata geografia dell’ Asia , ricca di non comuni notizie, ed utili a dichiarare alcune cose nel Milione narrate (2) . (1) Gli Annali interessanti e poco letti del Waddingo, contengono la serie degli Arcivescovi Cambalicensi , come segue , Giovanni di Monte Corvino morto nel i532 Fra Niccola ( t. vii. p. i58. ). Fr. Gulielmo da Prato 1.570. ( t. vili, p 231. ). Fra Domenico , Fra Leonardo, Bartolommeo de’ Capani 1448- ( t. xii. p. y. ). Giovanni Pelletz 1456. ( ibid.p.48 ) Alessandro da Caffa, eletto nel 1462. ( t. xm. p.25o.). Ei fu l’ultimo nominato , ma sembra che non risiedesse a Cambalu . Fu fatto schiavo dai Turchi nella presa di Caffa ( t. xiv. p.39. ) e morì in Italia nel i4H3. Sembra che decadessero le missioni nella Cina, allorché alla dinastia degli Yven , successe la nazionale dei Ming, che a norma della politica cinese, studiossi di troncare ogni comunicazione di quelle genti colle slraniere . Esiste nella Biblioteca Medicea un singolarissimo monumento , che dimostra, che fioriva la religione cattolica nella Cina nell’età di cui qui si ragiona. É una Bibbia latina in finissima pergamena, del secolo XI. in sesto di sedicesimo , scritta in minutissimo carattere, colla seguente dichiarazione del celebre missionario < - esulta il P. Couplet . S Bibita inventa in Sinai apud etknicum querndam commorantem Camxo dieta, provinciae Nankim. Affirmabat hic esse a majoribus suis relieta, iam inde a tem- poribis familiae regiae Yven tlictam, quae fuit Tartarorum Occidentalium , qui a 400 et amplius annis Sinam occuparunt ,cum quibus venit Marchus Polus Vene.- tus, qui probabilità ex Europa, ea secum attulerit, aut quivis alias Europaeus . Fides sit pene auctorem Ethnicum . Ita ccnseo Philippus Couplet S. I. e Sina in Urbem Procurator. (2) L’ Andres dice essere antiche carte geografiche del principio del secolo xm. in una copia mss. di queste storie, che esiste nella Laurenziana detta Flos Istoria- rum 'l'errae Oricntis , compilata da fr. Aitone Turchi( Orig. e Prog d’ogni Lctter. t. in. P. II. p. 175 ). Questo codice da me diligentemente esaminato contiene le storie Orientali d’Ailone Armeno ,e l’opera di Giacomo da Vitriacos che ha per titolo: DEL MILIONE XXXIX 9 . * f XLVIII. Fra gli operai evangelici dell’ordine Francescano , che furono al Gatajo, primo a pubblicare la relazione dei suoi viaggi fu il B. Odorico da Pordenone, che lunghe peregrinazioni fece in Asia . Ei per la via di Persia recossi nell’India, navigando nell’opposta direzione dei Poli, si recò a Zaitun , e di li a Quinsai, indi a Gambalu . Tornando in patria fermossi in Padova, ove per obbedienza dettò a fra Gu- lielmo da Solagna la relazione del suo viaggio, che non potè per vacillante salute scrivere ei stesso (a) (i). E questo viaggio per quanto trasfigurato vedesse la luce , ci è occorso soventemente citare . XLIX. In altra guisa aperse il Milione larga via agli scuoprimen- (a) Elog. del fi. Odor. p. 22 De Rebus et Statu Terrae Sanctae II Codice non contiene tavole geografiche. E ivi non è detto che questo Aitoue si chiami Turchi, ma signore di Curchi , e in altro luogo di Cuychi. Il Codice è del secolo xiv.,ha appartenuto a Giorgio Antonio Ve- spucci , e può essere utilissimo per raddirizzare gli errori gravissimi, quanto ai nomi e alle date , occorsi nell’edizione che ne fece il Bergeron in Francese. Il Ilamu. sio pubblicò quella sola parte dell’ opera nella quale si tralta dei fatti dei Tartari # Nel Testo Laurenziano leggesi ,, Ego vero fratrer Aitonus Dominus Chufchi, Or- 9 dinis Praemostratensis interfui omnibus praelibatis . Quae dudum propesueram v sumere habitum regularem , sed prepter incumbentia discrimina , et ardua ne-
- gotia regni Armeniae , cum honore meo non poteram in tantis necessitatibus
v derelinquere consanguineos et amicos, unde postquam Deus pietate sua mihi » concessit gratiam dimittendi regnum Armeniae.... post multos labores meos.... » confestim votum , quod diu voveram volui adimplere „ (l) L)a Codici assai scorretti trasse il Ramusio le due relazioni del viaggio del fi. Odorico. Questo viaggiatore fu tacciato di aver intrecciate favole e finzioni nei suoi racconti. Ma saggiamente avverte il chiaris. Tirabochi, che non è da tacciare un si candido personaggio delle imposture che vi si leggono, inseritevi 0 dai trascrittori, o da chi si compiacque d’interpolarveli . Le due relazioni che diconsi diverse nella C ollezione Ramusiana, non sono che una sola , e relativa ad un medesimo viaggio, ma è la seconda più ristretta. Lo storico della letteratura italiana confrontò queste due con la lezione pubblicata dal Bollando, e coll’ originale latino cu1 assai conforme è la prima Ramusiana . Nel confronto, ravvisò fra quelle non solo diversità, ma cotraddizioni tanto grandi, che è evidente che altri vi pose la mano per altcìarne e guastarne la genuina lezione ( Stor. Lett. Ital. t. v. lib. 1. cap. v. par. vi.) Il P. Venni pubblicò la relazione del li. Odorico , la '■ommentò eruditamente . Trasse la lezione da un Codice del Liruti,e dall’Udinese posseduto dai Frati Minori.Precede questa un bell elogio del viaggiatore ed una erudita prefazione (Ven Zat- ta 1761.4 ) . La Riccardiana possiede il principio di questo viaggio, manoscritto di cui parlò il Lami nelle Novelle Letterarie ( Aprii. i75‘2.n. 17. ) XL STORIA. ti posteriori . I viaggiatori che precederono il Polo , come si disse visitarono barbare e povere regioni. Non per anche glTmperadori Mogolli eransi stabiliti nel Catajo, o Gina settentrionale;nè dirozzati erano quei feroci conquistatori, come furonlo posteriormente per opera dei vinti Cinesi. Divenuti i Mogolli signori dell'imperio dei Song, o della Cina meridionale, dilatarono le loro conquiste nel Tibet, nel Pegu , e si a- persero ricchissimi traffici coll’ isole del mare Indiano, e coll’ India . Il Polo esattamente descrisse 1’ opulenza di quelle regioni . Che se ad alcuno parvero favolosi i suoi racconti, molti che frequentavano l’Oriente, vi dierono fede, avendo udite confermare le cose stesse da altri : ed anche fugli prestata fede in Italia, per le tante ricchezze, che in patria tornati recarono i Poli .L’oro, i preziosi metallidi Gipangu, l’immensa opulenza , la dovizia del Catajo e del paese dei Mangi ; le spezie- rie dell’ isole orientali ; le perle , i diamanti, le gemme , le seterie , le cotonine , il pepe , lo zucchero , la cannella del Ceylan, e delle Indie, erano un potente eccitamento per gl’ Italiani d’aprire diretti traffici con quelle regioni, e per tal via d’ arricchirsi . Non eravi gente più intraprendente della nostra a quei dì. I Genovesi, i Pisani, i Fiorentini , i Yiniziani, per istimolo di rivalità non lasciavano cosa intentata per accrescere di ricchezze , di potere le loro città . Sappiam dal Polo, che i Genovesi navigavano il Caspio ai suoi dì («). Ma ciò che dimostra l’arditezza dei Genovesi d’allora, è il tentativo di Teodisio Doria e d’Ugolino Vivaldi, i quali con due trireme passalo lo stretto Gaditano osarono d’avventurarsi all’immenso Oceano, per giungere all’Indie per la via d’occidente , che è il più antico tentativo di tal natura, di cui si abbia contezza(i). Nè questa fu la sola inoltrata navigazione nell’Atlan- tico fatta da essi. Narra il Petrarca che nell’età anteriore alla sua i (a) t. li. p. 3o. (l) Il Tiraboschi ha dimostrata l’autenticità del fatto, non era noto che per lo storico Genovese Foglietta, il quale dicelo accaduto nel 1292. ma lo storico della Letteratura Italiana, trovo che Pietro d’Abano scrittore contemporaneo, ne avea fatta menzione ( Stor. delle Lett. [tal. voi. v. lib. 1. c. v. §. i5.). Una memoria tratta dagli archivi genovesi, e pubblicata dal sig. Graberg ( Zurl. Dissert. t. 11. p. i58. ) dà contezza d’unaltro più antico tentativo di tal natura. ,, Anno (281. recesserunt de » civitate lanua duae Galeae per D. Vadinum et Guidum de Vivaldis fratres.volen- » tes ire in levante ad partes Indiarum, quae multum navigaverunt, sed quando 9 fuerunt in hoc mari de Guineae. „ Da ciò si ravvisa che era un concetto meditato dai Genovesi di quella famiglia, di giungere alle Indie per quella parte , ciò spiega come potr**e accadere, che fossero cosi ben delineate le carte di Guinea nel portolano Mediceo . BEL MIL.IONE XLI Genovesi scuoprirono le Canarie (li cui nel 134^>- Clemente VI. diede rinvestitura a Luigi di Spagna , signoria che non potè mai ottenere («) non recherà perciò meraviglia, se quegli arditi ed intrepidi trafficanti furono tanto solleciti di richiedere al Polo loro prigioniero la relazione dei suoi viaggi . L. L’accoglienza fatta al Veneto dal Gran Can dei Tartari, la tolleranza religiosa e civile di quel potente dominatore dell’ Asia , mossero molti per tentare fortuna a recarsi nei suoi stati (i). Alcuni Genovesi furono sino a Zaitun (&), altri a Cambalu(c); e molti Viniziani erano stati a Quinsai a tempi del B. Odorico (3). Nobile documento dei nuovi traffici degl'italiani colla Cina, dopo il ritorno dei Poli, e dell’alacrità dei Fiorentini intorno ai medesimi , è il trattato della mercatura di Francesco Balducci Pegolotti, di cui trasse copia da un Codice Riccardia- no (3) il Pagnini, che pubblicò .Fra le altre cose il Balducci discorre dell’itinerario dalla Tana al Catajo, delle monete, delle vetture, e (a) De Yit. Solit. lib. 11. Sect. vi. c. 5. (¿>) V. t. 11. not. 665 (c) Ibid.not.3i2. (t) » Ab hac, parte scilicet dominii Tartarorum usque in Indiam, ipsi merca- » tores Christiani poterunt dirigere gressus suos , cum multi sunt qui jam ivcrunt, » et redimerunt „ ( Marin Sanut. p. 23. ) (2) L’edificante tolleranza dei Tartari, si deduce dall’avere assegnata un’annua responsione ai Vescovi spediti nella Cina dal Papa (v. t. 11. not. 665. ). Il Vescovo di Zaitun,aveva una pensione dalla corte, che secondo il computo dei Genovesi, equivaleva a loo. fiorini annui. E chiaro da ciò,che i Genovesi frequentavano quel porto , e che vi giungevano per la via dell’ Indie. Un trafficante Italiano, detto Pietro di Lucolungo comprò al monte Corvino il terreno per fabbricare una Chiesa in Catnbalu ( Waldding. Ann. t. ti. p. 71. ). Un Lombardo probabilmente Paterino ( v. t. 1. p.63. not.) rammenta il ¡Monte Corvino, che calunniava la Corte Romana in Cambalu. Dice il B. Odorico: ,, arrivammo in una città maravigliosa detta Quinsai. p Questa citta è la maggiore che sia in tutto il mondo ,e si grande che appena ar- » disco dirlo . Ma ho ben trovato a Venezia assai persone , che vi sono state » ( Ram. Nav. t. 11. p. 255. A. ). Sappiamo dalla lettera citata di sopra del Monte Corvino, la via che facevano gl’italiani per giungere al Catajo; „ De via notifico quod 9 per terram Gothorum, Imperatoris Aquilonarium Tartarorum, est brevior et se- » curior, ita quod cum nunciis quinque vel sex menses poterunt pervenire Parla di altra via, che poteva farsi passando per T Indie; ma dice che pei giungere a Cambalu per quella bastavano appena due anni . (3) Questo trattato è stampato nel Volume III. dell’ opera del Pagnini, che ha per titolo Della Decima e delle altre gravezze, pubblicata in Firenze colla falsa data di Lucca e di Lisbona, opera che s’incominciò a tenersi nel conto che merita solo molti anni dopo che vide la luce . lo feci ricerca di questo Codic» nella Riccardiana , ma è andato perduto . Stor. del Milion. r. J. f XLII STORIA provvisioni occorrenti per tale viaggio, aperto e sicuro come esso dice per tutti i Franchi e che compievasi in meno d’ un anno (i). Quel trattato fu scritto nella prima metà del secolo XIV. e da ciò si comprende quanto prontamente si fossero industriati gl Italiani d’ampliare i loro traffici. Che colla Cina fossero stabiliti regolarmente, è chiaro, perchè il Balducci non dice esservi stato, ma che udì quelle cose dai mercatanti, mentre era a servizio dei Bardi alla Tana e in Armenia (2) . LI. La fama ottenuta dai Poli pei loro viaggi, le cose maravi- gliose da loro raccontate, non solo destarono la cupidità dei mercatanti, ma la brama in alcuni arditi Europei di ottenere pari celebrità, e di ve- (1) Ciò conferma l’asserzione del Monte Corvino. (2) ( Della Decima t. in. p. 4. e seg. ) Secondo il Balducci dalla Tana o Azoff fino a Gitracan , eh’ è l’antica città d’ Astracan , che fu distrutta da Tamerlano nel 1595. vi erano 25. giornate di carro tratto da’ buoi ; 10. o 12. di carro tratto da’ cavalli di lì a Sara, o Sarai capitale dei Tartari del Capcthac, città parimente distrutta da Tamerlano. Da Sara o Saracanco, città secondo il Forster situata sulle rive del laik o Ural, otto giornate per acqua . Di lì a Urgenzi, o Urguenz venti giornate di carro tratto da cammeli. Questa città della Cauresmia è sul Ghion,o fiume Osso degli antichi . Di lì ad Oltrar 58. in 40. giornate. Questa città detta Otrar ed anche Tareb sul Sirr, città segnata nel mappamondo di fra Mauro. Da Oltrare ad Ar- malecco 45. giornate di somaro. Questa citta c^edela 11 Forster Almalig nel Turche- stan , ch’è rammentata nelle Tavole di Nessir Ettuseo ,e d’Ulug-beg( Geogr. Min t. in p. i45). Congetturasi che fosse fra Tasch kend e l’Irtisch, e sulle rive del fiume Ab-Eile confluente del Sirr Daria . Numera il Balducci 70. giornate d’ asino da Armalecco à Camexu, che secondo il Forster é Kami ( che dà nome al deserto ) coll’ addizione della Sillaba xu, o ziu secondo la pronunzia Italiana, che significa città in Cinese ( ved. t. 11. p. 255. ). Di lì al Cara-Muren cinquanta giornate di cavallo . Il nome di Cara Muren, che è il tartaro del fiume detto dai Cinesi Hoamg ho (t. 11 not 4o6.)mancava nelle stampe del Pagnini,ma vi supplì ilForster con un codice,che apparteneva allo Sprengel. Dal Cara-Muren poteva il trafficante andare a Cassai per vendervi le monete d’ Argento e cambiarle in moneta di carta detta Balisci ( v. t. u* cap.xvm.)che ilB.Odorico dice Bai is., che valevano cinque carte bambagine,e ognuna di queste un fiorino e mezzo d’ Italia (Rum. Nav. t. 11. p. 240. E ) . Dice il Bal- ducciessere il Balisci la moneta del signore del Gattajo, bollata ai suo marchio. Cassai secondo il Forster che abbiam seguito sin qui, nel dichiarare l’itinerario, è Kisser suli’Hoang ho nella riya posta sull’ estrema parte settentrionale del suo corso . Ma non saprei a tale opinione appigliarmi, me*tre il Fiorentino intese parlat e della città detta dal Polo Quinsai, e Cassai da fr. Mauro , e dal B. Odorico ( 1. c. p.245- O. ) che dimostrammo essere Ilang-tcheu ( t. 1. p. 129. n. 6.) . Secondo il Balducci, da Cassai a Gamalecco, eh’ è la maestra città d«l paese di Gattajo, si va in 5o. giornate. Gamalecco è la citta detta dai Tartari Cambalu , dagli Arabi Cham Bulech ( Abulf. Geog. Min. t. in. p. 80. ),o il moderno Pekino (V* 1.11. n. 5ia. ) del milione XLiri ri ficare cogli occhi propri quei racconti maravigliosi . Il più celebre fra questi fu Giovanni di Mandevilla cavaliere Inglese . Esso essendo stato educato siguorilmente, ed avido d’istruirsi, e di cercare secondo la consuetudine di quel secolo avventure straordinarie , intraprende lunghissimi viaggi. Partì per la Terra Santa nel 1^22, e trentatre anni impiegò a viaggiare in Affrica e in Asia . Per meglio inoltrarsi, eco- An. «522. noscere quelle contrade, si pose ai servigi del Soldano d Egitto, e del Gran Can dei Tartari. Tornato in patria non seppe sopportare i vizj che vi regnavano . Preso volontario bando, si ritirò in Liegi, ove pria di morire scrisse la relazione dei suoi viaggi in inglese , in Ialino, in francese, per diffonderne maggiormente ed agevolarne la lettura,col divisamente di muovere i Latini a riconquistare Terra Santa (1) . Lil. Se le cognizioni recate dai Poli crebbero l’industria Italiana, . ed ampliarono le relazioni dell’Europa e dell’Asia , le vicende le rivoluzioni, le guerre accadute in quest’ultima regione, non solo per alcun tempo fecero cessare ogni traffico coll’ estremo Oriente , ma quasi interruppero ogni diretta comunicazione fra quelle due parti del mondo. S. Giovanni d’Acri o Tolemaide, cadde in potere dei Soldani d Egitto, più per 1’ anarchia, e i vizj che vi regnavano, che per lo sforzo degl’Infedeli . Fu tolto cosi ai Latini l’ultimo baloardo che possedevano in Terra Santa. Deposero i Cristiani per sempre il disegno di recuperarla, e cessò per essi ogni sicuro ricovero ne’mari di Soria: subordinati ai capricci dei Soldani d’Egitto furono i traffici degl’italiani , e cessò ogni eccitamento per gli avventurieri d’Europa di trasferirsi oltre mare per cercare ventura . Le guerre fra i Saracini e i Cristiani irritarongli scambievolmente, e renderon più acerba l'intolleranza maomettana . Se i Soldani d’Egitto , agevolarono coi trattati 1 traffici degli Europei, e aprirongli i loro porti, gelosamente vollero mantenersi la privativa del diretto traffico coll’ Indie , e perciò era ai Cristiani vietato l’inoltrarsi nell’Asia (a). LI1I. Perduto dai Latini l’Imperio Greco, perduta la Palestina, si volse il traffico delle spezierie verso Alessandria, e il Mar Maggiore. (a) Marin Sanut. p. 23. (l) La Riccardiana possiede un volgarizzamento Toscano del Mandevilla fatto sulla copia Francese nel 1492.Questo fu stampat-j in Firenze ad istanza Ji Sìt Pietro Pacini da Poscia , edizione esistente in quelli Biblioteca : altra edi¿ione Fiorentina stampata da Giovanni da Magonza nel i4<p- in 4* R¡ cita in una nota eh’è in fine del Codice . Fu fatto altro vdjjarìzzamento stampato In Venezia nel 1567. in 8. Il Purchas lo pubblicò nella sua raccolta in latino ( t. ili. p. 128. ) XLIV ST ORIA. Sembra che l'intolleranza dei primi Califfi aprisse quest’ultima via a quella mercatura . Risalivano le merci indiane l’Indo contr’ acqua, e giungevano nella Battriana ; di là erano trasportate al Ghion detto dagli antichi Osso: per l'Osso al Caspio, a Gitracan sul Volga; per mezzo di cani meli dal Volga al Tanai, e a grado della corrente alla sua foce sul Mar Maggiore (i). Quella via mantenne una certa concorrenza in quei traffici, e frenò la cupidità dei Soldani d’Egitto per alcun tempo. Perciò le repubbliche Italiane potenti in mare, per mantenersi in possesso di quella mercatnra, si procacciarono stabilimenti nel Mar Maggiore . Nella Gazaria (a) i Genovesi fabbricarono Calia (3). I Viniziani si stanziarono alla Tana e a Soldadia, e ivi concorsero pure i Pisani (3). Ma la rivalità di Venezia e di Genova fu la cagione della decadenza della potenza marittima e dei traffici dell'Italia. Accesasi crudelissima (a) t. r. p. 223. not. 6. ( 1 ) Tale è la relazione che dà il Ramusio delle vie che seguivano le merei Indiane per giungere in Europa . Ma la prima parte del viaggio è errata ,e in altro luogo la rettificammo . ( Ram. Discor. sopra i Viaggi delle Spezierie 1.1. p 4ia- C. ) (2) Racconta il Gregora come operavano i Genovesi per ampliare i loro traffici. Essi avevano ordine dal loro governo, che allorché imbattevansi in paesi forniti di porti comodi e difesi dai venti, opportuni pei traffici, dovevano primi di tutto cercare di stringere amicizia coi signori di quei luoghi^e renderseli benevoli. Trovati in fatti di tali luogi intavolavano trattati , convenivano le gabelle da pagare , e promettevano libertà a ciascuno di comprare le loro merci . Stabilite le leggi e gli scambievoli patti, ed ottenuto il luogo da loro prescelto, vi fabbricavano abitazioni , botteghe , magazzini e ciò che necessario era per abitarvi, e porvi a sicuro le loro merci . Cosi fondarono la città di CafFa . Contendandosi da primo di poco terreno, che cinsero di fosse e di trincee , e quivi abitarono senza difesa alcuna di mura . Indi a poco a poco trasportando per terra , e per mare pietre , e materiali, si estessro in lungo e io largo , alzarono le case , usurparono furtivamente altro terreno: E sotto colore dell’affluenza delle merci, che richiedevano più ampj a sicuri magazzini, dierono al fosso , e alle trincee più largo giro ; e gettarono tali fondamenti, ehe promettevano qualche cosa di grande . Cosi con piccioli, ma frequenti accrescimenti, la città in tal maniera fortificarono , che gli abitanti vi erano sicuri e non temevano di aasedj . Preso quindi maggior coraggio trattarono con gli Sciti che andavano a CafFa, con minore riserva e coll’alterigia eh’ era lor propria e naturale ( Mario Stor. del Comm. dei Viniz. t. ri. p, 66. ). La Politica Genovese fu seguita dalle altre nazioni, che posteriormente s’ingrandirono coi marittimi traffici . (3) Nel Portolano prezioso della Medicea da noi descritto , eh' e comt dis^i del i35i. , vicino alla Tana e segnato un luogo col nome Portiti / isanori+m . DEL MILIONE XLT guerra fra quelle repubbliche, fu di esito funestissimo pei Viniziani da primo , ma per la consueta mutabilità di vicende , che dovrebbe abbattere ogni presunzione dei mortali, divenne tanto perniciosa a Genova dopo la disfatta eh ebbero dai loro implacabili nemici collegati coi Catalani, che per impedire il totale loro esterminiodoverono i Genovesi sacrificare la loro independenza , e darsi in balìa dei Visconti, e perciò il traffico delle spezierie passò quasi tutto nelle mani dei Viniziani . LIV. Più terribili sconvolgimenti cagionò in Asia la caduta dei Gengiscanidi. Dopo aver conquistato un terzo deir orbe cognito, ed esser calati nelle più fertili ed opulenti regioni dell’Asia , cessò la reverenza dei principi della famiglia pel supremo loro imperante, il Gran Can signore della Tartaria e della Cina. Mirarono questi all’indepen- denza , e riuscirono ad ottenerla . Perciò gli affari dei Mogolli non ebbero più unità di reggimento. Divisi di religione, e d’interessi, non si soccorsero scambievolmente, anzi per cupidità di ampliarsi in signoria, si accesero fra loro crudelissime guerre; tutti poi s’ammollirono. Ad esempio dei Gengischanidi , s’invaghirono d’indipendenza i loro gran vassalli. Riusciti i più n consegirla , si governavano colla tirannide d usurpatori. I p#poli erano oppressi, i viaggiatori malmenati, malsicure divennero le vie, e l’Asia era afflitta da intollerabile anarchia (i) . Funesto effetto della debolezza degl imperanti è il perdere l’amor dei sudditi, e tutti i popoli assoggettati ai descendeti di Gengiscan, si accesero del desiderio di scuoterne il "iogo. O O LV. Il secondogenito d’un misero lavoratore , detto Tchu-jven- tckang , che aveva abbracciato il mestiere delle armi, cacciò i Mogolli dalla Cina, egli obbligò a rifugiarsi nella primitiva loro cuna. In quella guerra furono distrutte, e rovinate molte città del paese compreso fra la Mongolia e la Cina , perlochè, molti dei luoghi rammentati dal Polo in quelle contrade furono distrutti , e malagevole si è reso il rintracciarne la posizione . Tchu-jrven-tchang diede principio ad una potente dinastia , che ebbe il nome di ÌUing (a). I nuovi principi di sangue Cinese ripristinarono le antiche leggi, e pei forestieri fecero rivivere quelle cautele, che tanto dillìcile rendevan l’accesso in quell Imperio. Ciò si ravvisa dalla relazione degli ambasciatori speditivi da Scfiah Roc. Avendo i A/mg riunito sotto il loro dominio, tutto l'Imperio della (a) Hist. General de la Chin. t. x. an. i3tig. ( i) Vedasi Lapgles YiladiTimur traila dagli sciittoii orientali (Instit. de Ti- mur p. 36. ) An. XLVi STO Cina, cessarono quelle denominazioni distinte di Catajo, e di paese dei Mangi, e per le rivoluzioni accadute nelle altre parti dall’Asia, mutarono i regni rammentati dal Polo, quasi tutti nome e confine.
LVI. Mentre la potenza dei Gengiscanidi, era da ogni parte assa- An. 1556. lita, nacque nella Transossiana Timur Beg, più noto sotto nome di Tamerlano. Quantunque padrone di picciola signorìa, smisurata ambizione aveva di dilatarsi in fama, e in potere. Disceso per femina da Gengiscan, quel conquistatore volle imitare. Dotato d’animo audace ed intrepido, fecondo d’espedienti nelle trattazioni politiche, non meno che nelle spedizioni guerriere, persuase a non pochi signori Tartari suoi vicini di riconscerlo per loro capo. Alcuni pacificamente il consentirono, domò colla forza i recalcitranti, e s’impadronì in tal guisa di tutta la Transossiana. Il suo crescente potere aprì larghe speranze ne cuori de’ venturieri Tartari e Turchi, che inondavano l’Asia. Affe- zionogli al suo nome colla preda e cogli onori, e con severità, non di rado tirannica, incutè ai suoi, ed ai nemici terrore. Facendo scorrere il sangue a rivi, s’impadronì del Gorassan , della Cauresmia , di parte dell’India, della Persia, dell’Asia Minore , della Giorgiania, della Ca- ramania, e di tutto il paese vastissimo fra il Caspio, l'Eussino , e il Mar Ghiacciato compreso . Nel recare la guerra verso le parti di tramontana , i suoi luogotenenti distrussero 1’ emporio celebre della Tana, con danno gravissimo dei Genovesi e dei Viniziani. Gli ultimi vi fecero una perdita valutata 120000. ducati d'oro (a). Da indi in poi quell’ opulentissima città , centro dei truffici asiatici nel medio evo , cadde nello squallore in cui trovolla Giosafa Barbaro . Mentre Timur meditava di conquistar la Cina, la morte che doma ogni umana superbia, troncò il corso dei suoi trionfi . LVII. Il potentissimo imperio da lui fondato, si suddivise rapidamente, e rigettò l’Asia nei consueti sconvolgimenti, tornò ad essere mal sicura ai trafficanti, e ai viaggiatori, e specialmente ai Cristiani, perchè i Tartari di Zagatai, di Persia, e del Kaptchack avevano abbracciata la legge di Maometto, e insiememente l’intolleranza di quella setta . Perciò poche sono le relazioni, che si hanno dell’ Asia del secolo XV. Lu Spaguuolo Clavijo, spedito Ambasciatore a Tamerlano da Enrico HI. re di Gastiglia nel i4o3. di quel celebre conquistatore, scrisse le storia (1). (a) Marin. Stor. del Comm. dei Viniz. t. vii, p. 1 lo. (1) Il De Bure (Bbliog. Inslructif. Hist. t. I. p. 198 ) cita un edizione rara di questa opera stampata in Siviglia nel i582. in fol. Il Meusel Bibl. t 11.p. 11.p.2l5. «e dà il titolo. » Gongaio Argute de Molina de la Monteria , Historia del Gran TaDEL MILIONE XLV1I Visitò parte dell Asia il Bavaro Schildeberg , che fatto schiavo da Ba- jazet nella guerra d Ungheria, cadde col Turco Imperadore in potere di Tamerlano. Il prigioniero lo segui nelle sue asiatiche spedizioni, e dopo un’assenza di trentadue anni tornato in patria, pubblicò la relazione delle cose da lui vedute (i). LVTII. Sperò 1 Europa di veder distrutta da Tamerlano la potenza Ottomana, ch’erasi renduta formidabile agli Ungheri, ai Greci, ai Val- lachi, e dannosissima agl Italiani , pe’ loro traitici nel Mar Maggiore . Siccome tanto influì questa fiera nazione, nelle ulteriori vicende d’Asia, e d Europa, non sarà riputato inopportuno, se di sua origine, e del suo ingrandimento verrà data sommaria contezza . E opinione probabile, che derivassero dagli Oguz o Uzj , gente di origine Turca, che ai tempi di Gengiscan, era ai servigj di Gelalledin. Dopo la morte di lui, e la rovina dell'imperio di Cauresmia, si elesserro un capo detto Or- thogiil per guidarli a nuova ventura. Ei condussegli nell’Asia Minore, ove si posero ai servigi del Sultano d’Iconio. Quegli avventurieri, tolte ai Greci alcune terre, si formarono un picciolo stato, di cui Ot- tomanno figlio d Orthogul ottenne la signorìa dal Sultano. Allorché i Mogolli ebber distrutto lo stato d’Iconio, cogliendo i Turchi (che cosi da indi in poi furono gli Uzi unicamente appellati ), l’opportunità delle divisioni intestine, e delle guerre che suscitaronsi irai Tartari, s’impadronirono di quel principato . Orkan che successe a Ottomano, s’ingrandì, spogliando i Greci dei paesi che rimanevano loro nell’Asia Minore, e crebbe in potere avendo domate non poche delle .tribù Turcomane, che occupavano parte di quella regione. Potenti in Asia, mirarono i Turchi a farsi stato in Europa. Amurat valicò lo stretto di Gallipoli, occupò la Tracia, e fissò la sua residenza in Adrianopoli. 11 figlio di lui Bajazet, fu detto il folgore, per la fierezza sua nel combattere, e per le vittorie, che riportò sui Cristiani. I Greci, gli Un-
- > merlan, e Itinerario de Gongalez de Glavijo con discorso de Gonzalo Argote de
» Molina. Sevilla l58a. fol, (i) ( Forster ftetouv. du Nord. t. l. p. 245. ) La prima edizione del viaggio di Schildeberg è riferita dal Meusel con questo titolo. * Fin Wunderburlich Histo- r> , wie Schildeberg aus Muachen von den Turken in die Heydenschait gefuhrtt, undwieder heinkommen ist. Nurnberg sine anno 4. Meusel Bibl. Ilist. toni. 11. p. 233. » . Il Langlcs secondo gli storici orientali aiTcrina , che Timur mori a Otrar mentre »’incamminava coll' armata verso la Cina , e taccia di malafede il Cla- viijo , che dice , che ei morì in Samarcanda sua capitale ( ibid. p. 106. ). Ma anche lo Schildeberg pone la morte di Timur, come accaduta a Samarcanda ( Forst. ibid. p. 246- ) XL Vili STORIA giieri, iServiani, i Yallaclii spaventati, riuscirono a muovere contro esso Tamerlano, il quale vintolo nell’Asia Minore lo ebbe suo prigioniero. Fu creduto per quelle catastrofi, distrutta la formidabile potenza degli Ottomanni. Ma i Greci inviliti, non seppero cogliere l’opportunità di spengergli in Europa. Da ciò ne avvenne, che Maometto figlio di Bajazet, indi Amurat, renderono più formidabile quella Au. i455. nazione, che sotto Maometto II. riuscì ad espugnare Costantinopoli, e a distruggere l’Imperio Greco. LIX. Avevano i Turchi abbracciato il maomettismo, e alla natia ferocia aggiunsero l’intolleranza. Sprezzatori d’ogni gentile istruzione sotto la loro signorìa, caddero la Grecia , e 1 Asia nella crassa ignoranza, e nello squallore in cui sono tuttora. Avidi di conquiste, nemici del nome Cristiano, non curavano da primo nè traffici, nè relazioni coll’Europa , che travagliarono con crudelissime guerre. Renderono in tal guisa difficili le comunicazioni coll’Asia , e più rari i viaggi. Gli ostacoli, e 1’ avarizia dei Turchi, volsero tutti i traffici Indiani ^ verso i porti del Soldano d’Egitto . LX. Le poche relazioni delle cose Asiatiche del secolo XV. le dobbiamo ad un nuovo potentato, che divenne l'antemurale dell’Asia contro gli Ottomanni. I medesimi, non tutti i Turcomanni, gente vagabonda , e dedita al ladroneccio (a) avevano soggioghati. La prava natura di quelle genti, eccitò lo sdegno di Tamerlano, che gli assaltò con impeto tale, che non ebbero altro scampo, che di refugiarsi sugl’ inaccessibili monti dell’ Armenia , e dell’ Asia Minore . Decaduta la potenza dei Timuridi, o discendenti di Tamerlano, una tribù Turcomana detta dall’insegna del Monton Nero, s’impadronì dell’Armenia e del Diarbeckr: di breve vita fu la sua signorìa, imperocché altri Tur- eomani dall insegna detti del Monton Bianco, capitanati da Hazun- Hassan, o Usum Cassan , come lo appellarono gl’italiani, la soggiogò. Quel condottiero proseguendo il corso di sue vittorie, conquistò la Persia, l'Armenia, lTrak-Arabico, la Caramania (b) , e fondò un imperio, che comprendeva quasi tutta l’antica Persia . Molto si ragionava d’Ussum Cassan in Italia, e l’Angiolello, che militò contro di esso neH’armata di Muslafà, figlio di Maometto lì., scrisse le gesta di quel celebre capitano. I Viniziani crederono utilissima un’alleanza con quel formidabile Turcomano, che poteva fare una salutare diversione contro il Turco loro comune nemico, che rapidamente inoltra vasi colle conquiste in Asia , e in Eurepa. Aveva Ussum Cassan sposata una figlia dell’ [mperadore di Trebisonda. Di quella donna, nipote era Caterina («ì T. ix n. 4*. Degiiign. t. j.v. p 5oi. c seg. DEL MILIONE XLiX Zeno, uno (lei più cospicui ottimati della repubblica di Venezia. I Vini- ziaui spedironlo a quel signore,che lo accolse con grande onoranza. Scrisse lo Zeno la relazione del suo viaggio, che irreperibile era sino dall’età del Ramusio. La repubblica gli spedi poscia Giosafa Barbaro, che per traffico era stato altra volta alla Tana, indi Ambrosio Contarmi. E le interessanti relazioni de viaggi di quei due, non meno che dell An- g iolello , pubblicò il Ramusio (n). LXI. Dal Contarmi s’appara quanto i Turchi rendevano malagevole 1 inoltrarsi nell’Asia. Ei dovè prendere la via della Polonia, e della Russia per recarsi a Caffa , ove s’imbarco perioFasso,e di lì per la Mmgrelia, e la Giorgiania giunse a Taurisio, india Ispaan. Compiuta la legazione, torno per Taurisio al Fasso, e voleva recarsi a Gaffa nuovamente: ma apprese in via , che quel celebre emporio, era caduto iu potere degli Ottomanni. Perciò love volgere il suo cammino verso il Caspio ; e per Gitracau , e per la Russia si restituì in patria . Appariamo dal Barbaro, come tutto era mutato in quelle un dì trafficanti Contrade. Intolleranti erano i Tartari Maomettani, stanziati fra il Don e d Vulga : i signori che abitavano fra la Mingrelia e la Tana, facevano mestiere di spogliare le caravane, e operavano la rovina di quei paesi. Ei trovò Gnracan emporio un dì de’traffici delle spezierie decaduto, e nello squallore a cui fu ridotto dalle armi di Tamerlano. LXII. Niuna relazione Italiana del secolo xv. di viaggi fatti nell5 estremo Oriente abbiamo , se se ne eccettui quella di Niccolò Conti (i). Esso.per ragione di traffico giovinetto recossi in Sorìa, ove apprese l'Arabo . Da Damasco pel deserto passò a Baldacca, e pel Tigri a Bassora , indi nel Guzerat , e costeggiata la penisola Indiana fu a Bisnagor , alle isole di Ceylan e di Sumatra, ed ei è il primo che appelli T ultima, con questo nome. Proseguendo il corso di sue lunghe peregrinazioni visitò il regno di Ava , l’isola di Giava (2), le Molucche,di cui (a) Navig. t. II. p . 63. e seg. (1) Altri Italiani furono nell’Indie in quel secolo , ma che non scrissero relazione alcuna del viaggio , fra questi fu Burtolommeo Fiorentino, di cui ci occorrerà fare ulteriore menzione . (2) Seguendo U lezione ftamusiana, pare che il Conti faccia menzione di Mangi, di Q lineai , di Zmun come di lunghi da lui visitati , ma dietro I’ anturita d’altri testi li quii viaggio, inveì e di Mangi, di Quinsai, <ii Zaitun , leggesi Macino , Neptai , Xeitona, porto situato alla bocca del fiume d Ava. 11 P. Zurla, che il primo .1 vver i qu> st • varianti, ha giustificato il Conti che poteva esser per quella i ne- Stor. del Milion. V. /. cr An. 14? 5. L ' 3 T O R I 4. fu il vero scuopritore. Passò indi nel paese di Ziampa, e tornando indietro, avendo solcato l'Oceano Indiano ed il mar Rosso, giunse in Egitto,e dopo venticinque anni di assenza tornò in patria . La colpevole debolezza per scampare la vita, d’aver rinegata la fede di Cristo, condusse il Conti pentito ai piedi d’Eugenio IV. in Firenze, che assoltolo , volle che narrasse tutte le cose da lui vedute al Poggio suo segretario, che diligentemente le scrisse in latino (a). Tali furono gli scuoprimenti fatti dagli Italiani e dagli Europei fino alla metà del secolo XV. E a niuno può sfuggire l’importante considerazione, quanto per questo lato superassero i Poli tutti i posteriori scuopritori, e quanto il Milione primeggi per importanza di fatti, e di cose , per esattezza e acutezza d’ osservazioni , su tutte le altre relazioni dei viaggiatori, di cui abbiamo data contezza . Restaci ora da cosiderare qual fosse Tinfluenza di questo libro sugli ulteriori mirabili scuoprimenti orientali, ed occidentali del secolo decimoquinto. LXIII. Per quanto la decadenza di Genova facessè passare la mag gior parte dei traffici dell’ Asia, e specialmente quello delle spezierie nelle mani dei Viniziani come si disse, non era malagevole il prevedere che prossima era la rovina della mercatura della repubblica. Erano quei traffici di specolazione e del tutto subordinati o ai capricci del Sol- dano d’ Egitto , o a quelle varietà di vicende, che non è in potere dell’ uomo nè d’impedire, nè di sospendere. La repubblica divenuta padrona di vasto dominio in Terra Ferma, trovossi implicata in continue guerre che vincolavano i traffici , gli sottoponevano a duri gravarci , a danni frequenti . Era minacciata dal Turco in Dalmazia, in Morea ; la invidiavano, e l’odiavano pel suo potere i Duchi di Milano, i Fiorentini, a quei dì potentissimi, per le arti della lana, della seta, e del cambio. L’esempio delle industriose Italiane repubbliche, aveva invaghiti (¿z) Ram. t. i. p. 575. satta nomenclatura reputato menzognero . L’interpretazione del viaggio data dallo Zurla, vi reca chiarezza, e gli restituisce l’ autorità ( Dissert. t. 11. p. 195. ) Il Cod. Magliab. Gart. del Sec. xv. Glas* xxi. palch. 10. n. i5l. contiene il lib. iv. De varietale rerum fortunae del Poggio,che comprende la relazione latina del viaggio di Niccolò Conti. Molte varianti sono in questo Testo, collazionandolo coll’edizione, che ne ha data il Ramusio. Ivi pure si legge non Mangi, ma Macinum , e in vece di Zeitun , Xaiion . Manca in questo testo quella parte della dettatura del Conti , ove tratta della vita e costumi degli uomini dell’ India, che pubblicò il Ramusio. Ma l’intero viaggio con questo capitolo leggesi nel Codice Magliabe- chiano . Clas, xm. palch vm. Cod. 84. DEL MILIONE Li molti altri popoli Europei di libertà, di franchigie, e di traffici per arricchirsi. Gli abitanti del Baltico dall’esercizio della vita piratica erano passati a costumanze più miti. Nuove importanza diede alla Bassa Germania lo scuopri mento delle miniere dell’Artz , e posteriormente quello delle altre di Freyberg, che al Duca Ottone possessore delle medesime procacciarono il soprannome di ricco (a) ; la nuova opulenza crebbe il lusso in quelle contrade , o col lusso i fattizj bisogni . Le città marittime del Baltico ed altre della Germania Inferiore ottennero molle franchigie. Per mantenersele, e per rendere prosperosi i loro traffici, fecero una lega conosciuta col nome di Anseatica , di cui Brugia era il centro. Ciò stabili attive relazioni commerciali da delta città sino a JNovogorod. Brugia era lo scalo dei traffici del settentrione e del mezzodi. Ivi recavano gl’italiani, e principalmente i Viniziani le spezierie, e le altre merci orientali, che permutavano in lana, in panni greggi , in metalli, in generi utili per la marineria , e il soprappiù veniva loro pagalo coll oro, e coll’ argento delle miniere Alemanne . LX.1V. Intanto lutti i gran potentati d’ Europa avevano afforzata l’autorità nei loro stati. Cessata era l'anarchia feudale, eransi accostumati i vassalli potenti ad obbedire . Permutarono i principi le leve tumultuarie, in assoldate milizie, pronte a frenare gl'interni pertuba- tori, e a difendere lo stato dalle esterne aggresioni . Cessate erano le guerre intestine, tanto funeste all’Inghilterra. La Francia avea scacciati gl Inglesi dal suo territorio. L Alemagna, ove tuttora dominava il feudal reggimento era rispettata e temuta per la potenza di casa d’Austria che nuscì a rendersi ereditaria l’imperiale dignità . I Portoghesi, gli Spaguoli avevano scacciati gli Arabi dalla loro penisola , e in quelle crudeli e lunghe guerre eransi fatti intraprendenti e bellicosi. LXV. L impulso ai mirabili scuoprimenti posteriori, venne dal popolo, da cui meno gli avrebbe attesi l’Europa. Ma basta un sol grand’ uomo a dare indole nuova e generosa ad una nazione morigerata e guerriera . Ed uno di tali uo nini fu l’Infante D. Enrico , cui diede i natali il Portogallo. Signore di grand’animj, era stato un valoroso combattitore sotto il padre, contro i Mori Aifricani,e dopo la morie di esso man- tenevasi bramoso di operare cose magnanime. Perciò volse la mente a cercare nuove terre per mari sconosciuti, ove diffonder potesse il Vangelo , ed anco estendere i traffici della sua patria , e le cognizioni geografiche dei suoi tempi. D. Enrico sommamente commendare si debbe per la prudenza, con cui condusse a termine i suoi disegni; ebbe 11011 (a) LeonLurd. ilandb uch tur Rcisend in Sachsiche Land. Leipz. 1796* p. 568‘ L1I STORIA dubbia speranza di riuscirvi, coll’attingere avidamente tutti i lumi che forniva l’età sua . Perciò consigliavasi coi matematici per ricercare del sito, e della configurazione della terra, e siccome era d’acuto e svegliato ingegno molto leggeva , e di molto s informava per avanzare gli scuoprimenti Affrica ni. E intorno a quel continente chiedea lumi ai prigionieri Tingitani, ed agli abitatori della Libia Interiore («) . E in più particolar modo si volse a Venezia, eh’era il centro, e la sede degli studj geografici ili quel secolo . All’ adempimento del suo disegno utilissimo fu il viaggio che vi fece D. Pietro suo fratello nel 1428 (1). Ivi ebbe fra gli altri libri: « quello del magnifico Messer Marco Polo « Viniziano, che da lui fu portato in Lisbona, che gli fu donato come a un singolare presente, e il detto di poi tradotto nella loro lingua , « fu gran causa che tutti quelli serenissimi s’infiammassero a voler far a scoprire l’India, e soprattutto il re D. Giovanni « (b) . D. Enrico dava stipendio a Patrizio de’ Conti, Console di Venezia in Portogallo uomo celebre per lo suo valore in geografia (c) . E questo Conti rendè un segnalato servigio a D. Enrico, fattosi mediatore di porre ai suoi stipendi il celebre Alvise da Ca da Mosto , che tanto inoltrò congiuntamente ad Antonietto Uso di Mare Genovese gli scuoprimenti Affricani dei Portughesi (d) Morto l’Infante D. Enrico, nel re Alfonso si trasfuse il genio delle scoperte, ed esso per mezzo di Stefano Trevisan man- tenevasi in relazione con Venezia . Giunta alle orecchie del re la voce (a) Maf. Stor. dell’ Ind. p. 6. [b) Ram. Nav. y. 1. p. 194. A. (c) Zurl. Dissert. t. 11. p. 188. (d) idem ibid. p. ioit (1) Qui è da notare un’ impurtmte scoperta relativa alla Storia della Geografia fatta dal P. Zurla , che l’incominciamento degli scuoprimenti di D. Enrico non dee riferirsi come si fa nella Storia Generale dei Viaggi all’ annu 14*3, ma bensì all’anno 14.29. ( Dissert. t. 11. p. ii5. n ) . Perciò più mirabile è la saviezza dell’Infante d’avere attinte tutte quelle notizie in Venezia , prima di avventurare le sue navi in quelle perigliose navigazioni , e più autentica diviene 1’ influenza ch’ebbe il Milione in quei mirabili scuoprimenti. É ancora da notare che la possibilità del giro dell’ Affrica, venne accertata in quel secolo da una nave Indiana, che per impeto di fortuna, fu spinta 2000 miglia lungo la costa AfFricana ad occidente del Capo di Diab che cosi secondo fr. Mauro era appellato l’estremo promontorio dell’ Affrica che fu detto posteriormente Capo di Buona Speranza ( Zurl, Mappum. di fr. Maur. p.62. ) . Narra il Purchas (Pilgrimes thè Second Part. Lond. 1625 p. 1613 ) che gli fu detto da Francesco de Sosa Tavares, che nell’anno i5ì>8. D. Ferdinando, figlio ed erede della corona, gli mostrò un mappamondo trovato nello studio d’ Alcobaza, che era stato fatto 120. anni prima, che dimostrava tutta lu navigazione per l’Indie col Capo di Buona Speranza, eh’ era come lo segnavano le ultime carte. DEL MILIONE LIIC della celebrità del cosmografo fr. Mauro, commessegli un mappamondo che egli esegui , ove notò tutti gli scuoprimenti fatti sino a quei tempi, ed anco vi espresse la possibilità di fare per mare il giro dell’Affrica, e di giungere all’ India per quella via (a) . Di quel celebre ed insigne lavoro ebbero copia il Covigliaii , e il Pavia che furono inviati nel 1487. ad esplorare le cose ludiche ed Abissiniche (¿>). LXVI. Finalmente Vasco di Gama condusse a termine il sospirato passaggio all’ Indie (1) . E con 1’ armamento di quattro navilj per la via dell’ Affrica approdò a Calicut, e pose con quell’ardita navigazione in mano del suo signore il prezioso traffico delle spezierie e la sovranità della più ricca parte dell' India . Vasco recò all’ Europa la certezza delle cose narrate più di due secoli prima dal Polo; e condusse a termine l’alto divisamento del Sanuto, di torre quei traflici ai Soldani d’Egitto e farli passare nelle mani dei Cristiani (2) . Per quanto come (a) Zurl. Relaz. del Ca da Mosto p. 10. (b) Idem. Mapp. p. 87. (1) Girolamo Sernigi, scrisse da Lisbonauna lettera ai io. di Luglio del l499* ove di’ conto dell* andate della squadra di Vasco di Gama , e del suo ritorno . Questa lettera esiste manoscritta nella Riccardiana Cod. n. 1910. pag. òi. e seg. Incomincia: » lo Illustrissimo Signor Manovello re di Portogallo, mandò ad scopri- » re nuove terre tre navigli nuovi, cioè due ballonieri di novanta tonnelli ciascuno,e » uno di cinquanta tonnelli, e più una navetta di tonnelli cento dieci,carica di vet- » tovaglie, le quali in fratutte levarono cento diciotto uomini , e partirono dalia » città di Lisbona a di 9. Luglio anno 1497• Della quale armata andò per Capitano » Vusco da Gama . A. di 10 di Luglio, anno i499* tornarono a questa città di Li- » sbona , e il balloniere di cinquanta tonnelli, e il Capitano Vasco di Gama restò » fra l’isola del Capo Verde ec. ». Questa lettera è quella stessa, che leggesi nel Ramusio ( 1.1. p. i5o. ) senza indicazione di nome , ma conte scritta da un Gentiluomo Fiorentino, che era in Lisbona al tornare dell' annata di Vasco da Gama; ma è molto più estesa nella stampa, che nel manoscritto. (2) Crediamo far cosa grata ai leggitori, il pubblicare la seguente lettera inedita , da Amerigo Vespucci scritta a Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici , tratta da un celebre manoscritto di Pier Voglienti, che consevasi neila Biblioteca Ric- cardiana n. 1910 pag. 48. Copia d'una lettera scritta da Amerigo Vespucci dall' h ola del Capo Verde, e nel mare Oceano a Lorenzo di Piero Francesco de’ Medici sotto di 4- ài Giugno i5oi. relativa a queste prime scoperte orientali . Magnifico padron mio , agli otto di Maggio fu 1’ ultima vi scrissi stando a Lisbona presto per partirmi. In questo presente viaggio, che ora coll’aiuto dello Spirito Santo ho cominciato, e pensato fino al mio ritorno non vi avere e scrivere più ; e pare che la sorte in’abbia dato tempo sopra uno di potervi scrivere non solamente di lunga terra , ina dell’ alto mare . LIV STORIA ciascun ravvisa dall’ esposto, somma fosse 1* influenza del Milione pel passaggio all’Ìndia per la via di levante, più diretta fu 1’ influenza di esso allo scuoprimento del Nuovo Mondo . » Voi arete inteso, Lorenzo, si per la mia, come per lettera de’nostri Fiorentini Hi Lisbona ,come fui chiamato,stando io a Si bilia, d^l Re di Portogallo ;e mi pregò ohe mi disponessi a servillo per questo viaggio, nel quale m’imbarcai a Lisbona a’tredici del passato , e pigliammo nostro cammino per mezzodì ; e tanto navigammo , che passammo a vista dell’Isole Fortunate , che oggi si chiamano di Canaria , e pas- sammole di largo, tenendo nostra navigazione lungo la costa d Affrica , e tanto navigammo , che giugnemmo qui a uno cavo , che si chiama el C tuo Verd.3 , eh’è principio della provincia d’Etiopia, e sta al meridiano dell’Isole Fortunate, e tiene di larghezza quattordici gradi della linea equinoziale , dove a caso trovammo surto due navi del Re di Portogallo, eh’erano di ritorno da le parte d’india orientale , che sono di quelli medesimi che andarono a Cabchut, ora quattordici mesi fa, che furono tredici navigli , co quali 1’ ho auto grandissimi ragionamenti non tanto del loro viaggio, come della costa della terra che coi sono , e delle ricchezze che trovorono, e dì quello che tengono, tutto sotto brevità si fara in questa minzione a Vostra Magnificenza, non per via di cosmografia, perchè non fu in essa frotta Cosmogi afo, nè Maltematico nessuno, che fu grande errore. Ma vi si diranno così disconiortamente , come me la contarono , salvo quello io ho alcun tanto corretto i olla cosmografia di Tolomeo. » Questa frotta del Re di Portogallo partì di Lisbona l’anno i499- del mese d’ Aprile , e navicorono al mezzodì fino all’ Isole del Cavo Verde , che distanno dalla linea equinoziale quattordici gradi circa , e fuora d’ ogni meridiano verso l'occidente , che potete dire che le stanno più all’occidente che Ms.de di Canaria se; giadi poco p ii o meno, che ben sapete come Tjlotneo, e la maggior parte delle s uole de’ cosmogràfi^pongono el fine dell’ Occidente abitato risole Fortunate, le qu li tengono di latitudine coll’ Astrolabio , e on el quadrante , e I' ho travato esser cosi. La longitudine è cosa più difficile, che per pochi si può conoscere, salvo per chi molto vegghia, e guarda la cogiunzione della Luna co’ Pianeti . Per causa della detta longitudine io ho perduti molti sonni , e ho abbreviato la vita mia di' ci anni, e tutto Ungo per bene speso , perchè, spero venire in fama luogo secolo, se io to no con Salute di questo viaggio . Iddio non me lo reputi a superbia, che ogni mio travaglio ra.lduiziarò al suo santo servizio . » Oia tornu al m o pioposito: come lico questi tredici navigli sopraddetti navi- gorono verso *d mezzodì dell’lsole d< ICavo Verde, per il vento che i dice fra mezzodì , e libeccio . E li poi d' >ver navigato vini gi rnate , circa a settec ento leghe (che .gni lega è quattro miglia e mezzo) posono in una terra, dove tr-vorono gente bianca e ignuda della me ¡esima terra, che io discopersi pei Redi Castella» Solv > che è più a levante, la quale p r altra mia vi sefisst , dove dicono che pi- gliorono ogni rinfrescamento , e di quivi partirono, c presono loro navigazione DEL MILIONE LV LX.VII. Renderono i Toscani servigj segnalatissimi alle scienze , alle quali attesero di buon’ora. Sino dal 1202. il Fibonacci pare che rendesse comune all'Italia, l’uso già noto delle cifre Arabe, dette da esso figure Indiane, che tanto agevolarono le calcolazioni scientifiche e verso levante , e navigorono pel vento dello scilocco , pigliando la quarta di levante . E quando furono larghi dalla detta lerra., ebbono tanto tormento di mare col vento a libeccio, e tanto fortunoso , che mandò sotto Sopra cinque delle loro navi , e le sommerse nel mare con tutta la gente . Iddio abbia auto misericordia dell’anime loro . E le otto altre nave , dicono che corsono ad albero secco , cioè sanza vela quarantotto ai , e quarantotto notte con grandissimo tormento . E tanto corsono, rhe si trovorono colla loro navigazione sopra a vento dal Cavo di Buona Speranza, che sta figuiato nella costa d’Etiopia, e sta fuora del Tropico di Capricorno dieci gradi alla parte del meridiano, dico che ista dall’ altezza della linea equinoziale verso el mezzodi trentatre gradi. Diche fatta la proporzione del parallelo truovono che’1 detto Cavo, tiene di longitudine dall’ Ckcide nte abitato sessantadue gradi, poco più , o meno, che possiamo dire che stia nel mer idiano d’Alessandria . E di qui navigorono di poi verso el settentrione, alla quarta del greco, navigando di continuo a lungo della costa , la quale secondo me è ’1 prencipio d’ Asia, e provincia d’Arabia Felice , e di terre del Presto Giovanni, perche quivi ebbono nuove del ftilo, che restava loro verso l’Occidente, che sapete eh’elli parte P Affrica, dall’ Asia . E in qutsfa costa vi sono infinita popolazione , e città , e in alcune ferono scala,e la prima fu Zafale, la quale dicono essere città di tanta grandezza come è’I Cairo , e tiene mina d’oro ; e dicono che pagano di tributo allo re loro dugento migliaia di miccicalli d’oro l’anno , che ogni miccicalle vale una castel lana d’ oro , o circa . E di qui partirono e venono a Mezibinco , dove uice, è molto alue , e infinita lacca, e molta drapperia di seta. Ed è di tanta popolazione come el Cairo, e di Mezibinco furono a Chiloa, e a Mabaza,( Monbaza ) e da Maba- za a Dimodaza, e a Melinde . Dipoi a Mogodasco ( Magadasso ), e a Camperuia, e a Zondach ; dipoi a Ainaab » dipoi Adabul ( forse Rasbel ) e Albarcon . Tutte queste ciltà sono nella costa del mare Oceano . e vanno Sno allo stretto del Mare Rosso . El quale maro ave.e da sapere che non é rosso , ed è come questo nostro , ma tiene solo il nome di rosso . E tutte queste città sono ricchissime d’oro, e di gioie, e drapperie, e spezzerie, fi drogherie, e di.suo proprio nascimento,ch’elle sono tratte colle carrette dalla parte d India , come intenderete , che sarebbe cosa lunga a ripricalla . » Da Albarcone, traverso lo Stretto del Mare Rosso e’vanno alla Moca, la dove fu una nave della detta frotta , che in questo punto è arrivata qui a questo cavo , c infino a qui è scritto la costa d’Arabia Felice • Ora vi dirò la costa del Mare Rosso verso 1 India,, cioè dentro allo Stretto d’esso mare . » Alla bocca dello stretto sta un porto nel Mare Rosso,che si chiama IIadcn,con una gran città . Più innanzi verso el settentrione sta uno altro porto, che si chiama commerciali1. L’Astrologìa impostura antichissima, brancollando fra le tenebre mantenne in grido l’Astronomia. Meritò somma fama in Firenze per gli studj Astronomici Guido Bonatti, e più famoso ancora fu Paolo de'Dagomari detto il Geometra, che con somma lode rammemorò il Boccaccio. Asserisce il Certaldese che era celebre in Parigi , in Ispagna , in Brettagna e perfino in Affrica (/i) . Ad esso si debbe una più esatta calcolazione del moto delle fisse . E tanta cura posero i Fiorentini per mantenere in fiore quelli studi, che chiamarono a professare (o) Gcneal. Deor. Lib. xv. c. vi. » Dalla bocca del mire Persico si navica a una città , che si dice Za. buie ( forse Dubule ) ; di Zabule a Goosa ( Goa ) , e da Goosa a Zedeu- ba , e di poi a Nui , dipoi a Bacanut, ( forse Bareelor), dipoi a Salut ; dipoi a Mangalut, ( Mangilur ), dipoi aBatecala , dipoi a Calnut , poi a Dremepetam , dj poi a Fandorana , dipoi a Catat, dipoi a Caligut. Questa Città è nulto grande , e fu l’armata de’ Portogallesi a riposare in essa. Dipoi di Caligut a Belfur, dipoi a Stailat , dipoi a Remond , dipoi a Paravrangari , dipoi a Tanui ( Tanor ), dipoi a Propornat , dipoi a Ouninam , di poi a Lonam , dipoi a Belingut, dipoi a Palur , dipoi a Gloncoloi , dipoi a Cochin , dipoi a Caincolon ( forse Culan ) dipoi a Cuin^ dipoi a Coroncaram , dipoi a Stomondel, dipoi a N agaitan , dipoi a Delmatan , di poi a Carcpatan , dipoi a Conimat . Iniino a qui hanno navigato le frotte di Portogallo, che benché non si conti della longitudine, e latitudine della detta navigazione, eh’è fare cosa impossibile, a chi non tiene molta prati a delle marinerie che la possa dare ad intendere. E io tengo speranza in questa mia navigazione rivedere, e correre gran parte del sopraddetto, e discoprire molto più, e alla mia tornata darò di tutto buona e vera relazione. Lo Spirito Santo vada con meco. Questo Guasparre, che mi contò le soprndette cose,e molti Cristiani le consentirono ,perchè furono in alcuna d’esse, mi disse di poi el seguente: disse ch’era stato dentro in terra dell’India in uno regno che si chiama e’ regno, de’ Perlicat, el quale è uno grandissimo regno, e ricco d'oro ,e di perlè , e di gioie, e di pietre preziose, e coniò essere stato dentro in terra a Mailepur , e a Gapatan , e a Melata , e a Tanaser, (Taiescrim), e a Pego, e a Starnai, e a Bencola ,e a Olezen , e a Marchin. E questo Marchin dice sta presso di rio gran le , detto Enparlicat . E questo Gnparlicat è città dove è il corpo di Santo Marco Apostolo , e vi sono molti Cristiani . E mi disse essere stato io m )lte Isole , e massime in una che si dice Ziban ( forse Seilan ) , che dice che volge 5oo leghe , e che ’l mare aveva consumato d’essa , el rio , altre 400 leghe . Diss^mi , eh’era ricchissima isola di pietre preziose, e di perle, e di spezieric d’ogni genere, e di drogherie , e altre ricchezze, come sono alifanti , e gran cavalleria; di modo che istimo che questa sia l’Isola Taprobana , secondo che lui me la affigura . E più mi disse , che mai senti mentovare Taprobana in tale parte, che come sapete e’ sta tutta in fronte di rio suddetto . » Item mi disse, ch’era stato in una altra Isola che si dice Stamatara( forse Sumatra), la quale è di tanta grandezza» come Ziban, e Bencomarcano, insieme è tanto ricca come lei j sicché non essendo Ziban l* Isola Taprobana sarà Scamatarra . Di queste due isole vengono in Persia e in Arabia infinitissime navi cariche d’ogni genere spezierie, e drogherie, e gioie preziose. E dicono, che hanno visto gran Si or. ilei Mi li on. V. /. li L V111 STORIA. astronomia nella loro città Andatone del Nero Genovese, che commandarono il Boccaccio e il Landino («). Perciò si mantenne in fama per quegli studi Firenze, e nel secolo XV. vi fiorì un uomo insigne detto Paolo Toscanelli , che non solo si applicò all’ astronmia, ma alla me- (a) Ximenes Gnomon. Fior. p. lviii. e seg. copia di navilj di quelle parte, che sono grandissimi, e di 40 mila à e 5o mila cantari di porto , e quali chiamano giunchi, e hanno li alberi delle navi grandissimi, e in ogni albero tre , o quattro cabin . Le vele sono di giunchi, non sono fabbricate con ferro , salvo che sono intrecciate con corde . Pare che quello mare non sia tempestoso . Tengono bombarde , ma non sono e’navilj velieri, ne si mettono molto in mare , perché di continoyo navicano a vista di terra . Accadde che questa frotta di Portogallo, per fare piacere a petizione del Ile di Caligut, prese una nave eh’ era carica d’ alifanti , e di riso , e di più di 3oo uomini ; ella prese una caro- velia di 70 tonelli. E un altra volta misono in fondo dodici navi . Di poi vennono a una Isola detta Arenbuche , e Maluche , e molte altre Isole del mare Indico, di che sono di quelle che conta Tolomeo , che stanno intorno all’Isola Taprobana , e tutte sono ricche . » La detta armata se ne tornò in Portogallo, e alla volta ch’erano restate otto navi se ne perdè una carica di molte ricchezze , che dicono che valeva centomila ducati, e le cinque per temporali si perdenno . Della capitana , del quale oggi n’è capitata una qui {sic ),come di sopra dico; credo che l’altre verranno a salvamento . Cosi a Dio piaccia . » Quello che le dette nave portano è’I seguente . » Vengono carice d’infinita cannella, gengiavo verde e secco, e molto pepe, e garofani , noci moscadi , mace , muschio, aigalia , istorac, bongiui , porcellane, càsia , mastica , incenso , mirra , sandali rossi e bianchi , legno aloe , canfora , ambra, canne, molta lacca, mumia , onti e tuzia , oppio, aioepatico, folio indico , e molte altre drogherie, che sarebbe cosa lunga al contalle . Di gioie non so el resto , salvo che vidi dimoiti diamanti , e rubini, e perle, fra’ quali viddi uno rubino d’un pezzo , rotolo di bellissimo colore , che pesava sette carati e mezzo . Non mi vo più rallargare perchè el navilio . .. non mi lascia scrivere . Di Portogallo intenderete le nuove . In concrusione el Re di Portogallo, tiene nelle mani uno grandissimo traffico, e gran ricchezza. Iddio la prosperi. Credo che le spezierie verranno di queste parti in Alessandria , e in Italia , secondo la qualità e pregj . Cosi va el mondo . » Credete , Lorenzo, che quello che io ho scritto infino a qui è la verità. E se non si risconteranno le provincie , e regni , e nomi di città , e d’isole colli scrittori antichi, è segno ben che sono rimutati, come veggiamo nella nostra Europa , che per maraviglia si sente uno nome antico. E per maggiore chiarezza della verità si trovò presente Gherardo Verdi , fratello di Simon Verdi di Cadisi , el qual* viene in mia compagnia , e a voi si raccomanda . del milione lix dicina , e sommamente si dilettò degli studj geografici, per amore dei quali conversava coi mercatanti Asiatici, che in gran numero nella patria sua concorrevano . Ei diligentemente interrogavagli, e raccoglieva informazioni di quelle remote contrade, e ciò lo muoveva a credere possibile una delle più ardite imprese, che sino ai suoi dì fossesi immaginata* Ebbe quel celebre cosmografo larga nominanza fuor di Firenze, ed era reputato il più dotto scienziato di quella età. Nel concetto del Toscanelli non solo non era favoloso il Milione, ma pensò, che a resultati utilissimi erano da rivolgere gli scuoprimenti del Polo, e seppe trarne ipotesi luminosissime. Ei congetturò, stante la forma sferica della terra, che non solo per oriente, e perla via di mezzodì, che penosamente e lentamente tentavano i Portughesi lungo la costa Affricanasi potesse giungere alle opulenti contrade descritte dal Polo, e alle felici regioni ove nascono le spezierie, ma per cammino più breve per la via d’occidente, solcando i mari che senza l’interruzione d un intermedio continente supponeva estendersi dalle costiere orientali dell’ Asia, fino alle occidentali d’Europa e d Affrica . Il Polo diè contezza, che l’Asia era molto più estesa in longitudine, di quello che lo crederono gli antichi, e che perciò molto più s’ inoltrava verso oriente. Che tene anche più inoltrale in quei mari erano Gipangu («), e le altre isole da lui rammentate , e descritte in modo dal viaggiatore da accender la cupidità dei trafficanti. Credè perciò il fisico Fiorentino, che più diritta via , e più breve fosse il giungere alla terra delle spezierie navigando per ponente, che per la via di Guinea (b). Nè l’alta estimazione che aveva il Toscanelli nel Polo era inconsiderata , ma come uomo prudente ch’egli era, lo stimò per la cura datasi di verificarne i racconti, non solo come si disse dai mercatanti Asiatici venuti in Firenze, ma per le informazioni d'uomini illustri e di gran sapere , e d’ autorità venuti in Roma al Pontefice da delti luogi (c) (i). Tale era la fama del Toscanelli che la Corte di Lisbona lo consultò relativamente al piano dei suoi scuoprimenti orientali . (a) t. li. n. G8o. (b) Fernan. Colomb. vit. del Padre p. 3o. (c) Ibid. p.55. « Questo viaggio, che ora fo, veggo eh’è pericoloso quanto alla franchezza di questo vivere nostro umano. Nondimeno lo fo con franco animo per servire a Dio, e al mondo . E se Dio s'è servito di me, mi darà virtù , quanto che io sia apperec- chiaCo a ogni sua volontà, purché mi dia eterno riposo all’anima mia . » (i) Il Toscanelli potè aver tenuto proposito di queste cose con Niccolò Conti, e con quel Bartolommeo Fiorentino già rammentato , il quale tornò dall’ Indie nel i |24» ove era stato 24. anni , che accompagnò dipoi Eugenio IV. in Venezia (Hist- D.plomit. de Mart.Bchaim par Murr. Strasb. 1S02. p . 54 ) LX S T R O I A LXVIII. Contemporaneamente al Toscanelli Gristofano Colombo ravvolgeva nell animo di tentare quella via per giungere alla terra delle spezierie, e come accadesse eli ei concepì questo disegno è da udirlo dal celebre storico D. Giovanili di JBarros. « Vedendo (il Colombo) « che il re D. Giovanni ordinaria mente mandava a scuoprire la costa (< d’Affrica, coll'intenzione d'andare per questa via all’India , percioc- « che era letterato e sapeva nelle cose della geografia , e leggeva Mar- « co Polo, che modernamente favellava delle cose orientali, del re- « gno del Catajo, e parimente della grande isola di Cipango, venne a « fantasticare, che per questo mare Oceano Occidentale, si poteva navi- « gare tanto, infinchè si andasse a questa isola di Cipango, e ad altre « terre incognite « (a). Essendo in Lisbona il Colombo, udì celebrare la dottrina del Toscanelli, e pensò di rivolgersi a lui per interrogarlo intorno alla possibilità del viaggio dell’ India per la via d’ occidente . Ci assicura Fernando figlio dell’Ammiraglio, che il Fiorentino fu cagione, che il padre suo con più animo, intraprendesse la primiera navigazione a quella volta. Infatti a lui rispose il Toscanelli, che detto viaggio non solo era possibile, ma vero, e certo, e che sarebbe d’onore e guadagno inestimabile, e di grandissima fama appresso tutti i Cristiani (/>). E per dimostrarne la possibilità, delineò una carta nautica, ove segnò tutto il confine di ponente da Irlanda a Guinea. E di contro a quelle terre, disegnò il principio dell’Indie, il Catajo, e Gipangu come non disgiunte che da vasto mare, perchè ignorava 1 esistenza del Nuovo Mondo. Ipoteticamente ridusse a calcolo le longitudini di quelle terre, ed affermò non esservi da Lisbona a Quinsai (c) , capitale del paese dei Mangi (c/), città rammentata dal Polo, che ventisei spazj di miglia dugento cinquanta per cadauno, ossiano miglia 65oo, ed opinò , che la distanza longitudinale di quei due luoghi, fosse di cento venti gradi circa, o d'un terzo della sfera. Scemò la difficoltà di quell’ipotetico viaggio, affermando al Colombo, che esso dovea incontrare nel trafitto l’isola Antilia , detta ancora dai Portusrhesi delle O 7 o Sette Citta, dalla quale sino a Cipango non vi erano che dieci spazj, o miglia duemila cinquecento (ì) . (a) Asia Dee. I. p. 55. (¿>) Fern. Colomb. 1. c. p. 35. (c) T. n. p. 3o4. (d) T. I. p. 129. (1) La notata distanza dichiara , che il Toscanelli credeva più inoltrata di quello che lo si<1 realmente l’Asia verso oriente, e conseguentemente l’isola di Gì- pangu. Molto poi si è disputato intorno all’isola Antilia , rammentata dal Tose incili . Il Forinaleoni pubblicò una carta d’Andrea Bianco fatìa nel i43G. ove è segnata DEL MILIONE LX1 LXIX. Fu dalle ragioni del cosmografo Fiorentino talmente acceso il Colombo, che non rav volgeva in mente , che di condurre a termine l'ardita impresa . Per quanto fosse il più alto e periglioso divisa- mentó, da mente umana concepito . È da udire il Barros, in qual conquesta isola , come lo è pure nella carta dello stesso anno del Genovese Bedrazio Fu Si ritto sotto questa isola : Insulle Je novo repte , che parrebbe voler significare Insulae de novo repertae. Auche Andrea Benincasa in una sua carta del 1476., segnò detta isola ( Pezzan. Mappam. de’ Fratel. Pizzigani E'iit. Frane, p. 8.}. Segna pui e l’Antilia ni 1 suo Mappamondo Martin Bchaim , non meno che Calti a di 3. Bran- dano. l\ porta questo Geografo Norimberghese, l'istoria favolosa dello scuoprimen- to dell’Isola Antilia. Secondo cièche narra, un Arcivescovo di Porto nell’anno 704. di nastra salute , allorché gli Arabi conquistarono le Spagne, ivi si refugió con altri sei vescovi, ed alcuni Cristiani . Soggiunge, che un navilio spagnuolo vi si accostò più d’ogni altro nel 1414. ( Murr Hist. Dipi, di Mart. Behaim p. *58 ) Se vero, o falso sia il racconto , sai a difficile l’appurarlo . Forse questo Arcivescovo approdò ad una delle isole Azoridi , di ciò rimase la tradizione , ma si perdè la cognizione della vera posizione dell’isola . Correva voce però, che in mezzo all'Orea- 110 verso ponente eravi un isola, che servi d’asilo ad alcuni profughi Portughesi, e su questa asserzione fondò il suo sistema ilToscanelli. Il Behaim segnò quell'isola un poco a tiamontana del Tropico del Cancro, e sotto i paralleli , che passano fra le Canarie , e le isole di Capo Verde , alquanti gradi a ponente di queste. Ciò che dice il Behaim del vascello Spagnuolo , che più d’ogni altro si avvicinò a detta isola, significa , che il medesimo s’ingolfò nell’Oceano per ponente più d’egni altro , di cui si avesse memoria . Dietro queste tradizioni 0 vere: o favolose , ma credute autentiche dal Toscanelli e dal Colombo, è naturale, che il secondo nel corso della sua prima navigazione per discuoprire, desse nome à'Antilie, che tanto significa quanto isole opposte , 0 a confine di altre *( Murr 1. c. p. 22. ) a quelle s in cui primieramente s’imbattè nel mar d'America . E qui siami pei messo l’osservare , che non potè essere che l’amore del maraviglioso, a cui tanto è proclive l’uomo , che potesse far credere, che le Antille attuali, fossero conosciute innauzi il primo viaggio del Colombo. A dimostrare erronea tal congettura, basti il riflettere, che la voce Antilia è Spagnuola o Portughese, e non già Americana. Sarebbe da torre la gloria al Colombo dello scuoprimento , se innanzi la prima sua navigazione , fossero stali noti i veri nomi Americani di quelle isole . È inoltre da av-
- ertire, che le scoperte del Colombo non giustificarono la tradizione. Non faceva que»
sta menzione che di una sola isola, ed esso ne scoperse un gran numero, e alcune di amplissimo giro . Il oig. Buarhe ha dichiarato con gran sagacità e dottrina, ( Mem. de 1 Inst t.vi. ) che l’Antilia, di cui si fa menzione dai Geografi dei secoli di mezzo , non appartiene al gruppo delle Antille Americane , ma eh* era l’isola di S. Michele delle Azoridi (Zuil. IJisser. t. 11. p. 334 )- Su più favolosi racconti era fondata l'esistenza deil’l&ola di S Bianduno. Secondo Mai tin Behaim, le diede nome il LXII STO RIA cetto tenessero in Portogallo il Colombo, che voleva profittare delle luminose scoperte del nostro viaggiatore: « tutti stimavano sciocchez- « za la parola del Colombo ( di giungere allTndie per ponente ) per « essere tutta fondata sulle imaginazioni, e cose dell’isola di Cipan- « go di Marco Polo « (a). E che Marco desse il primario impulso agli scuoprimenti del navigator Genovese (i), oltre alle riferite autorità, confermalo pur anco la direzione del primo viaggio di lui, come lo avverte l’encomiator del Yespucci (2). Ei dalle Canarie volse il corso (a) Asia 1. c. Vescovo S. Brandano, che vi approdo con un vas cello l’anno di nostro Signore 565-, il quale vedute ivi cose maravigliose , tornò in patria dopo sette anni. Può leggersi nel Murr s il novero degli altri scrittori, che rammentarono questa isola , e fra questi Onorio Filopono nel secolo XIII. ( p. 3i.). Ei cita una carta esistente nella Biblioteca di Ginevra , ove si legge , Insulae Fortunatae S. Brandani. Questa isola decantata come un paradiso terrestre, si cercava capricciosamente nelle varie isole, che furono in varj tempi scoperte . Il Behaim nel suo mappamondo la disegnò molto più inoltrata nei mari delle Canarie , e verso la linea equinoziale . Nell’essere io a Norimberga nel novembre del 1817. fui cortesissimamente accolto dal Senatore Baron Behaim, che mi fece vedere questo singoiar Mappamondo, lavoro del suo celebre antenato . La parte la più importante del medesimo, che è quella che contiene l’emisfero , ove sono segnate le costiere occidentali d’Europa e d’Af- frica, e le orientali dell’ Asia,senza intermedio continente, è poco leggibile per essere annerata.dal tempo. Tuttavia ravvisai non essere esatta la copia data dal Murr. Avrei potuto notare, se ne avessi avuto il tempo , molte singolarità non avvertite , e fra queste un isola Brazil all'occidente d’Irlanda, che vedesi anche nelle altre carte rammentate di sopra del Bianco, e dei Pizzigani, non meno che nel singoiar por* tolano della Medicea , da me sommariamente descritto . (1) E certo , che il Colombo aveva in animo quel disegno, innanzi che ve Io confortasse il Toscanelli. Dice il Barros ( Asi. dee. 1. p. 56. ) » Che per la forza » delle importunazioni di esso, comandò il re ( di Portogallo ), che sopracciò par- » lasse con Monsignor Diego Ortiz , e con Maestro Rodrigo , e Maestro Giuseppe , » e che tutti stimavano sciocchezza il suo divisamento , per la ragione allegata nel » testo . Si ravvisa adunque, che veggendosi il Colombo deriso , volle dar peso al suo disegno coll’autorità d’un cosmografo reputatissimo anche in Portogallo, qual era il Toscanelli, e che si messe in relazione seco lui, per mezzo del Canonico Martinez . Ciò resulta anche dalla prima lettera di Maestro Paolo al Colombo. » Io » veggo il nobile e gran desiderio tuo, di voler passare la dove nascono le spezie- » rie ( Vit. del Colomb. 1. c. ) . (2) Il Padre Canovai che tratta dottissimamente dell’ argomento nell’Elogio del Vespucci ( Fir. Pagiini 1817 p. 55o. ), DEL MILIONE L XI li a mezzodì verso il Tropico del Cancro, ed improvisamente piegò ad occidente , seguendo la direzione del parallelo indicatogli dal Toscanelli, finché gl’indizj di prossima terra non lo indussero a deviarne. E ch’ei sperasse incontrarla a breve termine, si deduce, delle scarse provvisioni . delle sue navi, bastevoli solo al mantenimento per due mesi delle sue genti. Secondo Gonzalo d’Oviedo, tre giorni prima di scuoprir terra, s ammutinarono i marinari, nel timore, di non aver vettovaglie bastanti per tornare in Ispagna , senza loro grave pericolo (a). LX\. Se il Colombo, e i posteriori navigatori , a seconda delle notizie, o vere, o favolose dei tempi, si volsero a discuoprire, non sono in vero da biasimare. La direzione del loro cammino, dimostra, che cercavano per via più breve la Terra delle Spezierie, e crederono esservi giunti, allorché approdarono al Nuovo Mondo. Perciò alle prime isole nelle quali s'imbatterono, dieron nome d Antilie, d India al continente , e il Colombo credè terra dell’Asia, lisola cui diè il nome di Giovanna, e affermò al Sausi ch’era provincia del Catajo (¿>)(i). E tanto l'Ammiraglio avea fitta nell'animo questa opinione, che non si corresse nel modo suo di vedere nemmeno nei posteriori suoi viaggi. Scrivea nel i5o3. dalla Giamaica a Fernando e ad Isbaella, che sperava trovare il Gange in terra ferma , e che avea visitata la terra di Magò confin del Catajo (c). Anche il celebre navigatore Fiorentino, che malgrado gli emuli suoi, dà tuttora nome all’America, sperava giungere al Capo di Cattigara, che nel Seno Magno segnò Tolomeo (d), allorché scuoprì la costiera del Nuovo Mondo. % LXXI. Il narrato, purga pienamente il Colombo dell’imputazione popolare, riferita dall Oviedo (e)i, che scuoprisse l'America per la relazione, e le carte di un piloto, che vi avea fatto naufragio, e che morì in sua casa (2). Anzi ciò conferma quello che abbiam detto, che tutti gli aria) Ram. Nav. t. in p. 81. E. (b) Epist. Columb. ad Sanx. Hisp. Illust. t. 11. p. 1282. (c) Morell. lett. rariss. del Colombo. Bass. 1810. p.21. 27. (d) Ca- nov. Elogio del Vespuc. p. 567. (e) Ram. Nav. t. ili. p. 28. c. ) (1) Racconta il Barroa , che allorché il Colombo tornò indietro dal primo suo viaggio, e giunse in Lisbona nel s4y3. dopo aver scoperta la Spagnuola , fu detto che veniva dall’ Isola di Cipango , e che portava molto oro e ricchezze di quel paese , che il re lo credè, perchè i suoi prigionieri erano di carnagione non nera, come gli AfFricani, e ne ebbe mollo dolore . ( Dee. 1. p. 55 ) (2) Anche Lopez da Gomera narra questa favola , ma con buona lede soggiunge, che non solo non si sapeva di qual paese fosse il preteso scuopritore , ma che nemmeno se ne sapeva il nome, nè riferisce l'anno del preteso ritorno di lui. Soggiunge : LX1V STORI A. riiti navigatori erano rivolti a carcare la più corta via, per giungere all'India. Nè per tale divisamento, oserei l’immortale scuopritore, come alcuno il fece, di temerità accusare («). Mentre se errarono nel computare la grandezza della terra Ipparco, Marin di Tiro, e Tolomeo, senza che ciò tolga loro il vanto di essere ì più gran geografi deli7 antichità, non è da far rimprovero al Colombo , d’aver imaginata un impresa ardita e nobile, coronata da esito luminosissimo, che recò opulenza e potere all’Europa, come un dì forse le recherà rovina, che osò avventurarsi a un viaggio perigliosissimo, e sino allora intentato, che per tanti anni lo meditò, e per ravvisarne la possibilità consultò i più celebri cosmografi dell’età sua, studiò i viaggiatori che il pre- cederono , e fra questi il Polo, che più larga messe di scuoprimenti d’ogni altro, recò all’Europa . LXX.II. Questa insigne scoperta , e le altre fatte posteriormente verso l’oriente, che così rapidamente si succedevano, volsero l’attenzione di tutta l’Europa agli studi geografici ed astronomici. Il Colombo rendè 1 importante servigio alla Nautica , accostumando i naviganti per l’osservazione dell’ altezza meridiana del sole, a stabilire quella del polo. Tali osservazioni erano divenute necessarie, allorché abbandonata la navigazione di costiera , doverono i navilj ingolfarsi nel vasto Oceano, e darsi in balìa dei venti, e dell’onde per sapere almeno qual parallelo la fragil nave solcasse. Allora fu fatto un uso più aggiustato della bussola , che fu adoprata per ben dirigere il bastimento, per ben conoscere la piegatura e direzione delle coste, e s’incominciò allora ad osservare l’inesplicabil fenomeno della derivazione della calamita (i). L’emulo del Colombo, Amerigo, si studiò di sciogliere il diilicil problema delle longitudini, al qual uopo trovò essere opportuno il guardare e veder di notte le opposizioni dell’un pianeta coll altro, e massime della luna con gli altri pianeti (6) (2). Il perfezionamento della nautica contribuì grandemente a quello della geografia, e trenta anni dopo lo (a) Elog. del Vespur. p. 575 e lettera inedita del Vespucci, da noi pubblicata di sopra . (ò) Elogio del Yesp. p. 5Gj . » vogliono ancora altri , perchè diciamo ogni cosa, che Cristoforo Colombo avesse » buona lingua latina e cosmografia, e che si mosse a cercare le terre degli Antipo- » di, e la ricca Cipango di Marco Polo ( Stor. delle JVuov, Ind. Occid. p. 18.). (1) Il celebre viaggiatore Sassetti parla più volte di questo fenomeno Let. vi. xx. xxiv. ( Pros Fior. 1. 1. part. iv ) (?) Intorno alla sublimità delle teorie inventata dal Vespucci , e all’imperfezione delle osservazioni di lui vedasi Canovai (Elog. p. D70.) DEL MILIONE LXV scoprimento delTAmerica si videi* carte del Nuovo Mondo, nelle quali ralligurato era molto più esattamente dell'antico, per quanto da lpparco in poi si sforzassero i geografi di migliorare le tavole geografiche nelle quali rappresentavanlo (i). LXXI1I. Sembrava che a niun mortale oggi mai fosse dato di superare le glorie degli scuopritori del passaggio all Indie per la punta estrema dell’Affrica, e del Nuovo Mondo, che tanto inoltrarono le navigazioni orientali dei Portughesi, e occidentali dei Casigliani. Malgrado ciò, quegli intrepidi navigatori, non erano per anche giunti al Catajo, nè alla sospirata isola di Gipangu. La conquista in Asia la più inoltrata dei Portughesi, era il celebre emporio di Malaca , ed erano per traffici penetrati fino alle isole Molucche, ove nascono le spezierie . Meditavano gli Spagniuoli eli proseguire il corso delle scoperte dalla parted’America, e oltre la cupidità di arricchirsi, spingeva con ardore le due nazioni l’odio e 1’ invidia, che nutrivansi scambievolmente. Per non turbarsi nelle loro imprese , convennero saggiamente coll’ intervento del Pontefice, le due corti di Portogallo e diCastiglia, che dal meridiano, che passa sessanta leghe a occidente delle isole di Capo Verde (2) (1) 11 Codice 245. della Medicea Palatina, contiene un’accurata descrizione del Vecchio, e Nuovo Mondo, esposta in diverse tavole nautiche, per opera di Batista Agnese Genovese nel i543. Nelle tavole IV., e V. è delineata l’America Settentrionale, e la parte scoperta allora dell’America Meridionale, con molta maggiore esattezza di quello, che lo fosse l’antico continente nelle carte fino al secolo decimoquinto. Ivi non è fatta menzione d’America,ma nella parte meridionale, è scritto Mu:idus Novus ; ivi non è stata segnata la costiera che dal Chili si estende verso lo stretto Magellanico , perchè sembra che non l’avessero a quei tempi i naviganti percorsa , e saviamente il geografo non supplì con congetture a dati positivi. Su quella costiera gli scuoprimenti s’inoltrano a tramontana fino a settentrione della California : sulla costa orientale fino alla Terra de los Baccalaros, o al Canada , che dicesi scoperta di Stegen Comes. Noi detto atlante evvi un planisfero, ove è segnato tutto il viaggio di Magellano, e ciò che merita o«servazione , è che il Geografo ha con più esattezza delineato il Golfo del Messico , del Seno Persico, e del Mar Rosso. Tanto egli è vero, che con tanta maggiore esattezza di osservazioni si facevano allora gli scuoprimenti, (2) La otampa dell’Epistola di Massimiliano Transilvano a parte, e nell’edi- zione flamusiana porta 56o. leghe . Ma nella raccolta Magliabechiana del Zorzi, ove è riferita detta lettera, così si legeje. » Partiti sunt ii duo reges, ínter se ter- » rarum orbem, Summi Pontificis , puto Alexandri sexti annuentia, ut ab insulis » llesperiduin, quas nunc Promontorii, seu Capitis Viridi« appellant, recte in Oc- » cidentem traitum sexaginta milliaria, quas le utas vocant linea versus australem » polum protenderunl etc. Stor. del Milion. V. I. i LX VI STORIA s'imaginasse partito il mondo da un polo all'altro. E che tutto quello che si discoprisse , partendosi da detta linea a levante fosse dei Portughesi, a ponente dei Casigliani. Ma giunta in Castiglia la notizia di occupazioni di terre tanto lontane fatte dai Portughesi, come Malaca , e le Molucche, crederono violate le convenzioni, e che quelle terre rientrassero nell e- misfero assegnato agli Spagnuoli, lo che non era agevole allora a chiarire^ stante l’inesattezza delle osservazioni relative alle longitudini. LXXIV. Mentre di ciò si disputava, accadde che Ferdinando Magaglianes, di nazion Portughese, malcontento del suo re, dal quale non credeasi ricpmpensato dei servigi segnalati, che aveagli renduti nellTndie Orientali, venne in Castiglia, ed offrì a Carlo Y. di chiarire se le Molucche , ove nascevano le spezierìe , erano nei confini di Castiglia , e ciò navigandovi per ponente, lo che era condurre a compimento il divisamente del Toscanelli, e del Colombo , e compiere l'intero giro del globo, e sperava con ciò aprire una via più breve per recare in Europa le spezierìe (i). Accettò Carlo Y. 1’ offerta del Magaglianes, il quale con cinque navi si accinse alla non mai tentata impresa . Ei non con- dussela a termine, perchè fu morto, combattendo nell’isola di Matan. Due delle navi ammutinate, dal capitano si sottrassero , altre due furono rendute inservibili dalla lunghissima navigazione, talché la sola nave la Vittoria , con diciotto uomini, ricondusse il Dulcano in S. Lu- car, dopo aver compiuto T intero giro del mondo. Nave nei fasti nautici meritevole di più splendido onore della fatidica degli Argonauti (2). (1) Abbiamo seguita nel racconto l’autorità di Massimiliano Transilvano, segretario di Carlo V. contemporaneo, e genero del fratello di Gristofano Hara, che venne in compagnia del Magaglianes alla Corte di Castiglia( ApudRam. t. t. p. 384- ) (2) Sarà grata al lettore la pubblicazione dalla lettera del Doicano scrìtta a Carlo V. per darli conto di quella spedizione , allorché giunse a S. Lucar colla Vittoria di cui aveva il comando . Questa lettera è tratta dalla Raccolta di viaggi del Zorzi,e la crediamo inedita. ( Zorzi ftac. di viag. Bib. Magliab. Clas. i3. Pale.8. Cod. 21. Tom. 2. p. 43. ) Copia di lettere del Comandante della Vittoria contenuta in quella scritta dal Magnifico Oratore Messer Gaspero Contarini presso S. M. Cattolica, diretta alla Signora di Venezia da V^ulliadolid li 24 Settembre i522. Saprà tua alta Maestà , come siamo arrivati 18 uomini a salvamento con una delle tre nave, che tua Altezza mandò a discuoprire le spezie con il Capitano Ferdinando de Magalanes , che sia in Paradiso . Et perchè tua Altezza sapi tutte le cose essenziale, che abbiamo trovato, brevemente scrivo a quella et dico . Prima andammo a 54 gradi alla parte ponente sopra la linea equinoxiale, dove ritrovasi- mo un streto, che passa nel mare delle Indie , et alla terra ferma di tua Maestà: il quale streto è de leghe cento, per il quale discorremmo , e assai stemmo: et in tempo di tre mesi et otto dì avemo il vento molto prospero ; non trovasemo terra DEL MILIONE LXVll La navigazione dell intrepido Ammiraglio verificò resistenza di quei gruppi numerosi di isole , che all’oriente, e a mezzodì della Cina rammentò il Polo . Si rileva dal compagno di Magagli» nes , e relatore del viaggio, l’Italiano Pigaietta, che crederono di esser passati vicino all’iso- alcuna, salvo due insule inabitate e piccole : et dipoi andasimo in uno arcipelego di molte insule, molto riche di oro .Movendone el dito Capitano Ferdinando di Ma- galanes con molti altri,et non potendo navicar cum le tre nave, per la poca gente, ne rimase, desfasesimo una nave, e con le due navigassimo de insula in insula, descoprendo fino al rivar con lo ajuto di Dio alle Ìnsule di Malucho . Et questo fù da poi la morte di Ferdinando di Magalanes un otto mesi , dove cargassimo le due nave di garonhali . Supera tua Altezza , che andando alle ditte Insule de Malucho, ritrovasimo la canphora et cannella, et perle ( in margine vel pepe ); Volendo noi partire delle Insule di Malucho per venir verso Spagna, si discoperse un’acqua molto grande in una delle due nave, di sorte c'ie non si poteva rimediarli senza discargarla , et passando il tempo che le nave uavigavono verso le lave e Melacha determinasemo aut morire , aut con grande onore a servitio di tua Altezza per farli sapere el ditto discoprir , partir con una nave sola , essendo quelle totalmente condizionate , come Dio voleva . Nel quale camino discoprissimo molte insule riche, fra le quale ritrovasimo Hanchela, Band ari, dove nasce macis,et nose musca- do; itemSava et Mdachidove nasce il pevere; item Tinur, dove nasce il Sandalo, et tute le ditte insule vien infinito zengero. La mostra di tutte queste specierie tolte in le proprie insule , le porto per mostrarle a Vostra Maestà . Et similiter la pace et ainicitia deli Re,et avuto di tutti li dit.i Re insulari sottoscripte de lor propria mano, li quali voleno obedir come Re et signor suo. Fartendome de la ultima insula non mangiando in cinque mesi nisi risi, et bevendo acqua, non toccasemo terra alcuna per paura de Re di Portogaio, che aveva fatto far prevision in tutte le sue terre de prenderci, acciocché tua Maestà non sappi nova de quella. Et cosine morirono ventise oineni da fame , et per mancamento di vittuarie toccasemo le Insule del Capoverde, dove il Governatore de quelle ne prese el batello con tredici uomini,et voleva condur me, e tutti gli altri in Portogallo pregioni, con una nave veniva di Caligut carga di spezie: dicendo che niuno non poteva discuoprir le speciariesalvo li Portogalesi, e però ne armò contra qutlro nave per prenderme . Ma diterminai più presto morir con tutta la compagnia, eh’andar in man di Portogalesi. Et cosi con grandissima fatica della tromba, che giorno e notte non cessai di far seccar con due trombe, essendo strachi tutti comò mai furono omeni, con lo ajuto di Dio, e di Santa Maria passati li tre anni arrivasimo per tuto . Saprà tua Altezza che proveda con il Re di Portogallo per quelli tredici omc- ni,che tanto tempo te hano servito. Et più sappi tua Maesti , che quello eh» più dovemmo esistimare et reputar, che abbiamo discoperto et ricercando tutta la riton- dità della terra andando per occidente , et ritornando per lo oriente. Saprd et dimando di grazia a lua Altezza, per le molte fatiche , sudori , fame , et sede, et caldo , et fredo, che di questa gente ha patito per servigio tuo, che voglia cooceLX Vili STORIA la di Gipangu, ma che non ne conobbero la vera posizione (a) (i). I tre magnanimi, da noi rammentali, il Colombo, il Gama, il Magaglia~ nes, pel desiderio d’immortale nominanza , si accinsero a quelle perigliosissime navigazioni, ed aprirono vasto campo alla cupidità di arditi venturieri di recarsi in quelle ricche contrade. LXXV. Non è del nostro assunto il trattare degli ulteriori viaggi fatti per iscoprire dalla parte d’America . Diremo solo dei viaggiatori, che ebbero una diretta , o indiretta influenza all’ illustrazione del Milione . Crebbero a quei tempi , e viaggi , e relazioni. Il Bolognese Bartema , il Portughese Barbosa, compagno delle glorie, e degl’ infor- tunj di Magaglianes , scrissero le cose da lor vedute nell Indie , e confermarono in gran parte, ciò che fu detto dal Polo; e l’autorità di essi nel dichiarare il Milione abbiam sovente allegata . Non eran compiti dieci anni dall' epoca della spedizione del Gama , che i Toscani Giovanni da Empoli, e Andrea Corsali furono nell Indie, e scrissero anche essi con acutezza delle cose da loro vedute (2) . I Viniziani sebbene con animo inquieto, e malinconico, con somma cura instruivalisi dei progressi di quelle navigazioni, che dando un nuovo giro ai preziosi traffici di quelle contrade, facevano presagire la rovina dei loro, preconizzata da Amerigo. Quanta attenzione portassero a quegli avvenimenti , si raccoglie dalla celebre collezione (3) delle navigazioni dei Por- (a) Ainoret. Prim. Viagg intorn. al Glob. Terraqu. Mil. 1800. p. 48. dergli in dono centocinquanta quintali, i dazj, e il vigesimo delle sue cose,e la quinta parte . Restandomi a basar la man et piedi de tua Altezza . Data in Nave Videria in San Lucar a sei di di Settembre i522. Capitan Zuan Sebastian Dolcano (1) Dice il Canovai del Toscanelli , e del Colombo : „e l’un l’ altro e pe r la » situazione lungamente incerta dei luoghi , e per la rara prosperità degli eventi, » sparsero con tanto effetto la seduzione trai navigatori , e trai geografi , che an- » che dopo un mezzo secolo, anche dopo-il giro mirabile della nave di Magaglia- » nes , non dubitò Pietro Apiano di dichiararsi per Polo , e per Toscanelli , e di » burlarsi in certo modo insieme coi Portughesi, e col Corsali delle antiche e trop- » po scarse longitudini di Tolomeo „ ( Elog. di Amer. p. 36. ) (2) Il Cod. Magliab n. 86.Clas. xin. var. Palch. 8. Contiene la lettera pubblicata dal Ramusio di Giovanni da Empoli (v. l.p. (58. t.); e altra lettera che credo inedita scritta da lui , che racchiude la relazione della spedizione , e presa di Malaca fatta dai Portughesi sotto 1’ Albuquerque, per la quale il relatore parti da Lisbona ai 16. Maggio i5o9. (3) Il Mondo Nuovo dell’ edizione di Vicenza, principia . » Incomenza il libro della prima navigazione per 1’ Oceano alle terre de’Negri della Bassa Etiopia , per comandamento deU’lllus. Signore Infante Don Hurich, fratello di Don Dourth, re di Portogallo».È diviso in sei libri, e incomincia colle navigazioni del CadamoDEL MILIONE LXlX tughesi, che vide la luce ili Vicenza nel 1307 , che contiene le relazioni di tulli quei scuotimenti , traslatate in Italiano , dallo Spagnolo , e dal Portughese: collezione che indi recata in Milano in latino, con giunte , e col titolo di Mondo Nuovo, rivide la luce in Basilea , e in Parigi. Mentre si facevano qui mirabili scuoprimenti, alle più colle nazioni Europee parve, dover pagare un tributo di riconoscenza al Polo, che avevavi data la primiera impulsione, traslatarono il Milione nella loro favella , e poscia lo fecero colle stampe apparire alla luce . Fra questi non furono li ultimi i due popoli , che 1 maggiori obblighi profes- savangli i Portughesi , e gli Spagnoli (i). Il re D. Ematiuello nel corso di sua prosperità, fu accurato nel ricercare tutti i lumi, che attinger potea dall’Italia, e avendo udito dire, clic la relazione del viaggio di Niccolò Coliti, avrebbe data gran luce , e cognizione ai suoi capitani, e piloti , fecela traslatare in Portughese, unitamente a quella del Polo da Valentino Fernandez , e colle stampe di Lisbona pubblicarla (2) . Ciò sto, di cui vien notata la partenza l’anno 1454 , «'he comprendono il p-imo libro. Nel libro secondo seguono quelle del Sintra, scritte da esso. E J opina lo Zurla, che scritte da lui sieno pure le relazioni del viaggio del Gainu , e di Pietro Alvares (Dissert. 1.11. p. 109). La prima che incomincia alCap. 11. sembra dettata da un compagno del Gama ,e dalla sua par tratta quella del Sernigi,accennata di sopra,e prosegue sino al cap. LXXXIII. con le navigazioni Portughesi. Il libro terzo è intitolato s> Libro terzo dela nav gizione di Lisbona,e Calicut de lingua Purtugallese in Taliana». (¿) Di una edizione tedesc a col seguente titolo » Ilie hebt sich an das buch des » edlen ritters, und landtfarers Marcho Polo. Diss hat gedruckt Friez Crucissener » Zur Nuremberg, nach Cijrist gepurdt 14”7 >» Ne da contezza il Mirsden, e la descrive minutamente ( Introd. p. lxx. ) . Non so se questa sia diversa dalla versione Tedesca , di cui fa menzione il Meusel, stampata da Antonio Porg. in Augusta nel 1481. in fol. ( BibJ. ILst. t. 1. p. II p. 10. ) (2) Della edizione Portughese da contezza il Marsden , che fu stampata con questo titolo: ,, Marco Paulo de Veneza das condicones, e costume» das gentes, e » das terras, e provincias orientales . Ho livro de Nycolao Veneto . O trattado da » carta de huu Genoves daaditas terras. Imprimido par Valentim Fern.indez Ale- » maào . Em a muy nobre cidade de Liboa. Ei u de mil e quinhentos e duos an- » nos . Aos quatro dias do mes de fevreyro . ( Marsd. Int. p. lxxiv,) Edizione che si crede aver servito alia versione latina, impressa nel libro intitolato Novus Or- bis . Della traslazione Sp.ignuola da contezza Marsdeu ( 1. c.) che la dice rarissima. » Mtrco Polo livro de las cosas maravillosas que vi-Jo en las partes orientales : con- » viene saber en las Indias, Armenia, Arabia ^Persia e Tartaria,e del poder del Gran » Can , y otros Reys . Con otro tradato de Micer Poggio Fiorentino , e trata de las » inernias tierras, y islas. Sevilla i52o, fol. Congettura il Marsden, che sia la mede* aima, di cui si fa menzione nell’Epitome della Biblioteca orientale e occidentale del Pinello , ove è detto che maestro Uodrigo de Santaella , che fu confessore dei L'CV STORIA An. i5 narra il Ramusio , e saviamente considera, che cosa maravigliosa ella fu, che i paesi rammentati dal Polo, dei quali niun geografo Greco , o Latino aveva fatta menzione, fossero stati ritrovati, quali ei gli aveva descritti, da quegli arditi navigatori. Soggiunge , che recavagli ancora maggior meraviglia , che il viaggiatore avendo scritto, che il grande Imperadore del Catajo, e tutti i popoli della provincia de’Mangi facevano gran traffici, i Portoghesi nemmeno ai suoi tempi avessero fatte penetrare le loro caravelle sino a quel regno così ricco, e abbondante d’oro e d’argento, essendo aperto questo viaggio per mare, tanto più che molti degli abitanti dì quelle contrade giungevano per terra in Tau- risio, ed a Costantinopoli colle le loro mercanzie. E il Ramusio sospettò, che ciò avvenisse, da cagioni maggiori, che non potea, e non vo- lea penetrare («). Ma se ciò. non addivenne, non fu già per incuria dei Portughesi. Appena erano divenuti formidabili in Asia , Lopes Susa , viceré dell’ Indie, fece partire da Goa un armamento navale comanda- to da Ferdinando d’Andrada , che conduceva come legato del re di Portogallo all’Imperadore della Cina Tommaso Pereira . Ma pel carattere violento , e poco misurato di quegli altieri navigatori, essendosi accesa una zuffa fra essi, e i Cinesi, furono i Portughesi dalla Cina scacciati e il Pereira morì nelle prigioni di Canton.Essi posteriormente renderono alla Cina l’importante servigio di liberarla da un corsaro , che malmenava i traffici di quelle genti, ed allora ottennero di stabilirsi in Macao con le restrizioni volute da quella nazione imperiosa, e diffidente (¿^.Progredivano tuttavia negli scuoprimenti marittimi, enei 1542. alcuni naufraghi Portughesi scuoprirono a caso il Giappone , o il Gipangu del Polo , che die l’impulso primiero a quelle mirabili imprese (c) . Vedendo i Portughesi coronata la loro lunga costanza , e intrepidezza da così prosperosi eventi, e che tanto si erano ampliati in ricchezza , e in istato , che nuovo giro aveano dato ai traffici, che tanta opulenza recarono all’Europa , parvero i loro fatti di poema degnissimi, e d’istoria, {a) Nav. t. 1. p. 274. (¿) Letter. Edif. t. xvi.Prefac. (c) V-1. 11. l. iu.c.2. Re Cattolici , Arcivescovo di Saragozza, tradusse dall’Italiano quest* storia in Ca- stiglianOj e che fu stampato nel i5i8. in f. e nel 1529. Osserva il Marsden , che per quanto non combinino le date , si può credere, che s'intenda favellare di questa. Ei cita un’ altra versione Catalana fatta da un certo Mercader Barcellonese . In questo secolo il fteinecio pubblicò nuovamente la versione latina del Milione, stampata nel Novus Orbis,nell’opera,che intitolòChronicon Jerosoliinitanum t.n. Helmestad 1584- 4. ( Meusel Biblioth. voi. 1. p. II. pag. lo. ) Ho veduto nella Biblioteca Reale di Dresda una ristampa di Aitone Armeno , di Marco Polo , e del viaggio di Plano Carpini fatta in Helmestad del i585. DEL MILIONE LX XI e con l’epica dignità,gli cantò il Camoens , ne scrissero la storia con gravità liviana , D. Giovanni De Barros, e il Maffei (i) . LXXVI. Allora potea credersi , che nulla mancasse per illustrare i viaggi del Polo, ed era tempo oggi mai, che 1 Italia, madre avventurosa d'un tanto figlio, ne rivendicasse la fama, oltraggiata dagli scioli , e dall ignoranza dei trascrittori . Un celebre concittadino del viaggiatore, e forse il più gran geografo del secolo decimo sesto, assunse quel laboriosissimo carico. Ognuno che è mezzanamente versato in questi studj , comprende che io intendo di favellare di Giovan Batista Ramusio, segretario della Signorìa di Venezia. Egli pubblicò una raccolta di navigazioni, e di viaggi, nella quale comprese le relazioni originali, e più autentiche di tutte le scoperte fatte fino ai suoi giorni . Non fu la ramusiana raccolta, come le precedenti, manchevole di correzione, e di critica . Raccolse gli scritti dei viaggiatori il Ramusio in Portogallo, in Ispagna, feceli traslatare in volgare, gli arricchì di dot- ( i) Di queste due Storie da contezza il Sassetti. ,, Vo congetturando , che voi « avete fra mano il Tito Livio Portughese, chiamato Ivan de Barros , nel quale mi » pare , che abbia luogo quel detto , che hanno gl’ Inglesi in bocca, quando e s’ av- » vengono a qualche persona ben disposta, anzi ha luogo in lui il rovescio, peroo- » che gl' Inglesi dicono j ho come sarebbe questo bell’ uomo se e’ fosse Inglese ! E » di questa storia si potrebbe dire : oh .' come sarebbe bella se ella non fosse Porto tughese. E non si riferisce questo alla lingua, ma ai concetti, e a modi osservati » da lui, il quale nello investigare , e cercare le particolaritadi , mi pare che non » avessi pari , avvegnaché col brac.io regio potesse fare molte cose, che nessun » altro per ventura le potrebbe fare: e tuttavia nel discoprire molte cose, e costu- » mi di queste parti, divisioni di terre , stati, e rrgni , si vede che potette » molto la sua diligenzia, considerando il travaglio che vi passa in qualunque più t minima cosa , che si desidera , e perciocché quest’ uomo era buon geografo , in » questa parte i lettori posson di lui ben rimaner sodisfatti . Credo altresì , che » sulla verità della storia, non abbia che desiderarvisi,o almen non avrà egli questa » difficolta, di chi gli riprocci nissuna cosa. Ma il modo , i concetti, e le particola- 9 rità, sono cose che non si posson sofferire , perchè quei tanti Capitani nominati v col padre, coll’ uffizio suo , e quello dei suoi figli, è cosa che non può soffertisi •. . t Ma sia come si voglia , come io vi dico di sopr<i , qnest’ autore frai Portughesi , v è più che Livio tra Latini, donde non so come intervenisse, che in tempo del re v Arrigo , cioè del Cardinale Portughese , fu dat.i questa cura di scrivere le storie » dell’ ln'Jie dal principio, a uno de’ padri delia Compagnia di Gesù , detto il pati dre Maffeo , che fu chiamato di Roma a questo effetto in Portogallo , dove pgli 9 era quando m’imbarcai, e scriveva in molta gentil maniera , per quanto mi dis-
- se un gentiluomo Modanese , amico inio , col quale quel pijre conferì alcuni
» degli scritti suoi . Scrive latino, ed ha bellissimo stile, essendo il medesimo , » che scrisse alcune relazioni venute d<i J pao, in manier che, se voi pur non vi T.KVll STORIA te prefazioni , di bei discorsi , e fece copia di ciò che di più veridico , e di più curioso era stato scritto sino ai suoi dì, intorno alle quattro parti del Mondo . Con più diligenza ed amore di ogni altro scritto, illustrò il Milione, che ristampò, tratto come avvertimmo, da copia dall’Autore impinguata di fatti, e che per darla oltremodo corretta collazionò con i più reputati manoscritti, che del Polo possedesse Venezia . Tale fu la carità del Ramusio per un tanto concittadino, che scrisse una prefazione diretta a Girolamo Fracastoro, nella quale lo lavò pienamente da molte calunnie. Di lui , di sua famiglia non poche recondite notizie diede , scrisse un dotto commentario storico dei fatti di Costantinopoli, mentre era in mano dei Latini, come dichiarazione al Proemio di Marco Polo. Commentò alcuni nomi geografici del Milione: ei fu il primo, che si accorse , che per bene illustrarlo faceva d’uopo ricorrere agli scrittori orientali , ed ebbe la sorte d’ avere un compendio della Geografia d’Abulfeda dal Postello, che la recò in Europa , come un prezioso tesoro dall’Oriente (a) . Da quella trasse le latitudini, e le longitudini d’alcune città rammentate dal Polo. Si valse inoltre il Ramusio pel suo scopo dei lumi, che potè ritrarre dai viaggiatori , e dai mercatanti . Fra questi per dichiarare non poche cose , fu ad esso utilissimo il Persiano Chaggi Memet, che era stato a Succuir, e a Campion , il quale lo ragguagliò di 11011 poche notizie relative al rabarbaro, ed alla via che dalla Persia conduce al Catajo. Il Ramusio, con maravigliosa sodisfazione udì dal mercatante ricordare non pochi luoghi rammentati dal Polo nella sua andata alla Cina . Che se il Ramnsio avesse potuti avere i lumi che si hanno oggidì intorno all’Oriente, a mio avviso inutile sarebbe ogni commentario al Milione del Polo . In effetto, malgrado ogni ulteriore indagine, a niuno riuscì di torre il primato alla ramusiana lezione del Milione . Ed ei fu il solo fra gl’ illustratori del Polo, sino a questi ultimi giorni, che comprendesse aggiustatamente l'estensione dei suoi viaggi, senza esagerarla,o ristringerla, e quale si rileva dal fondato studio del viaggiatore. LXXVII. Malgrado però le numerose relazioni di viaggj, ch’erano di già comparse ai tempi del Ramusio, non potevano quelle essere d’ajuto per illustrare le peregrinazioni del Polo nella parte centrale dell’ Asia, nella Tartaria , nei paesi da lui appellati e Catajo, e de’Mangi, perché tutti intenti gli uomini intrapredenti alle navigazioni, non eransi studiati di penetrare nell’ interiore delle terre . Infatti, 1 avventuriero Mendez Pinto,che penetrò nella Cina, nella Tartaria, che visitò i regni (n) Andres t. in. p. il. pag. 170. •ù sali*fate con Ivan di Barros , aspettate un poco che questo padrs vi ristorerà sì, 9 che 11011 vi potrete altro desiderare(Let. del Sass.Prol'.Fior. l,ar.iY.Yol.in.pag.227.) DEL MILIONE LXM1I d i Ziampa , e di Pegu era dai Portughesi considerato come uno de più ammirabili , e singolari viaggiatori della loro nazione (a) (i). LXXV11I. Richiede T argomento, che abbiamo impreso a trattare , che investighiamo ancora, cui si debba la cognizione delle contrade centrali dell’ Asia, della Tartaria , e della Cina , e quanto i viaggi ivi fatti abbiano cooperato alla illustrazione del Milione . Vederemo che i popoli, che più lentamente si accinsero ad andar dietro le orme degl* Italiani, de’Portughesi, e degli Spagnuoli, recarono anche essi doviziosa messe di cognizione all Europa . La nazione Inglese, che a tanta altezza di fama è giunta oggidì per ]e sue navigazioni, e pel suo potere marittimo, fu delle ultime a rivolgersi agli scuoprimenti lontani. Anima delle loro prime navigazioni furono i Yiniziani Cabotti . Il seniore di quelli, essendo ai servigi del re d’ Inghilterra, fu forse il primo dopo gli Zeni che approdasse al continente d’ America (6). Sebastiano fu dichiarato Piloto Maggiore d’ Inghilterra. Ebbe vita a quei tempi una compagnia di mercatanti, che si pose sotto la sua direzione per dar inano a nuove scoperte . Esso vedendo preoccupate le vie di oriente , e d’occi- An ,553 dente per iscuoprire , diè istruzioni alle navi apparecchiate a tal’uopo sotto il comando del Willongby, e dello Chancelor di scuoprire per le vie di tramontana e di greco nuove terre, e di penetrare per quella strada al Catajo (c) . Quei navilj approdarono alla costiera settentrionale della Russia, e coi loro scuoprimenti, dierono adito di stabilire una compagnia Inglese di trafiìco in quella contrada . Appartenevano a questa gl’ Inglesi Jenkinson,e Ionson , che per iscuoprire una terrestre comunicazione col Catajo per la parte interna dell’Asia, dalla Russia si recarono a Boccara (d) , ove ebbero termine i loro viaggi nell’interno dell’Asia. Scrisse il primo la relazione delle cose vedute (e). Diede l’altro contezza d' alcuni itinerarj dalla capitale della Buccaria al Catajo, che gli furono dati dai traflìcanti orientali , che ivi conobbe. LXX1X. Avventurosamente non furono i soli guerrieri, i soli mercatanti, che si recarono nelle Indie. Le tenebre del gentilesimo, nelle quali erano immersi quei popoli, accesero lo zelo negli operai evangelici di recarvi la fede. Per essi non erano di richiamo le sole grandi città , o gli emporj dei traffici , ma meritevole delle loro cure consi- (a) Ilist. Gen. des V<>yag. t. ix. p. 555. (£) Zurl. Dissert. t 11. pag. 279: (c)Purch. Pilgrim. t. in. p. 211. (J) t. 11. n. 10. (ej Purchas t. ni p.2?.2- (1) Il He Bure riferisce tome rarissima id stampa della relazione dtl Pinlo dtl i6«4 in f. ( Diblint. Inst. Ilist. t. 1 p. 197. ) Stor. del Alilio. /. 1 LXXIV S TORIA doravano ogni borgata , ogni abituro . L indole dell5 augusto loro ministero richiede il parlare, il persuadere , perlochè fa d uopo dell uso facile , e spedito di straniere favelle . Essi perciò appararono le diverse loquele delle remote genti, appo cui si recavano; e con cura mirabile, a giovamento dei buoni studi, si prestarono à far copia delle cognizioni da loro raccolte . Allora può dirsi che in gran parte mutasse aspetto la geografia, e la storia dell Oriente, e si arrechi l’Europa di relazioni pregievoli, e peregrine. I primi missionarj, che dopo gli scuoprimenti r dei Portughesi penetrarono nella Cina, furono i Religiosi Agostiniani di Maniglia . Uno di essi, il Mendosza, fu il primo dopo il Polo, che diede un ampia descrizione della Cina , non peraltro scevra d’ errori, perchè ei prestò troppa fede alle esagerazioni dei Cinesi . Due Pontefici si dierono cura che per 1’ utilità dei buoni studi vedesse l’opera del Men- dozza la luce («) . LXXX. Mezzo secolo dopo la navigazione dei Gama ebbe vita quella società, da alcuni con animosità denigratala àltri gagliardamente difesa (i) , ma a nobilissima apologia della medesima, bastano i servigi che recò alla Cristianità, ed alle lettere. Scopo della sua fondazione fu il dilatare la Cattolica Religione, e di giovare ai buoni studj. Era inculcato per massima fondamentale ai componenti della medesima di assuefarsi con ogni studio, e con sforzo, a sbandire vani timori, e a riporre in Dio le loro speranze (¿>) . Allo zelo dei Gesuiti furono affidate le missioni dell’ Oriente, e sette anni dopo lo scuoprimento del Giappone vi erano di già penetrati (c). Al loro apostolico zelo parve di sommo momento il penetrare nella Cina , lo che riesci al P. Ricci , gran An. »582. . , * ••/•••• i* /j\ matematico, dopo aver corsi immiti pencoli (ci) . LXXXI. Coll’estendersi i confini dell’orbe cognito, parve che gli uomini crescessero di presunzione . Crederono perciò i letterati di sottoporre a squittinio le navigazioni dei viaggiatori precedenti, e fra le altre, quelle di Marco Polo . Nè veggendo essi, che le recenti relazioni dell’Oriente, facessero menzione di Catajo, di Mangi, di Cambalu, di Quinsai, rinnuovarono dei forti dubbj intorno alla sincerità del nostro viaggiatore, e si suscitarono contro di esso nuove ingiuriose accuse, (a) Mendoz. Istor. del'a Cina . Venez. i585. Ded., e p. 190. (6) MafF.Stor. dell’ Ind. p. 666. (c) Ib.d. p. 68x. (d) Lct. Edif. 1. c.p. 12. (1) Fra le apologie» merita di esser letta 1’ Opera d’un Anglicano, che ha per tilolo: ,, Nouvelie conspiralion contre Ics Jésuites devoilée,et briévemeot expliquée b Pur Robert Charlas Dallay Ecuyer traduiledc l’Anglais. Pur. Dcsvaux chez.
- > Fr. Louis 1817. 8. DEL MILIONE
LXXV oltre a quelle già notate di sopra , relative all estensione , e popolazio" ne delle citta della Cina , al numero delle milizie, alle dimensioni, e vastità dei palazzi, all ammontare dei pubblici redditi. Si censurava il viaggiatore per 1’ asserta grandezza della città di Quinsai ; per i dodici mila ponti , che ei diceva contenere : per l’eccidio fatto ai funerali <li Mangu Cali («) di dodici mila persone . Si criticarono anche più acremente i racconti favolosi, che il Milione contiene, qual’è quello della grandezza dell' uccello Ruch (b) : l’altro intorno al modo , che tenevano gl’ Indiani per raccorre i diamanti. Coloro, che si pregiavano d’ esser filosofi, e critici esimj, lo deridevano pei racconti dei Cristiani orientali dal Polo accettati , relativi ad alcuni portenti, che si dicevano accaduti in Samarcanda , e in Baldacca (c) . Nè meno lo derisero per le cose maravigliose, che narrò degl’ incantatori e degli astrologhi dell’ oriente . E ninno s’ attentava d’ ¿scusarlo , come abbiam fatto, reputandolo credulo, come era il suo secolo , più tostochè mensogne- ro. Cresceva la diffidenza per alcune sue reticenze : ei tacque della stampa ch’era in uso alla Cina (i): non rammentò nè le artiglierie, nè la bussola, di cui, malgrado i più autentici documenti storici, che il contraddicono, volevasi concedere 1’onore dell’invenzione ai Cinesi (2) . Si accusava d’aver taciuto della coltura, e uso del te, della strana costumanza di rendere quasi inservibili i piedi delle fanciulle Cinesi, fasciandoli strettamente: di non aver fatta menzione dell’uso di adattare (a) t. 11. noi -23o. (A) t. 1. p. 19S. (r) t. 11. cap. vili, e xxx (1) Nessuno aveva avvertito se se ne eccettui il P. Zurla , e me ( Dissert. t. 1. p. 338.) , che il Polo diede la prima indicazione dell’arte dell’ incisione, due secoli innanzi il Finiguena. Esso ove parla delle cedole , che avevano corso di moneta nella Cina , dice: „ sono fatte con tanta autorità , e solennità , come se elle fossero » d’oro , o d’ argento puro , perchè in ciascuna moneta, molti officiali vi scrivono » il loro nome, ponendovi ciascuno il suo segno , e quando del tutto è fatta, come » ella dee essere il capo di quelli , per il signore deputato , imbratta di cinaprio » la bolla ( il sigillo ) concessogli , e 1‘ impronta sopra la moneta , sicché la forma » della bolla tinta nel cinaprio vi rimane impressa » ( Lib. li. c. 18.) (2) Vedansi t. 11. n. 257. e 564 • Nel Giornale intitolato The Quarlevly Revie w n. xli. Maij 1819. Lond. Jhon Murrajr in 8. all’ articolo ìx. p 177. si rende conto della traslazione del Milione fatta dal Sig. Marsden .11 Giornalista con molta dottrina investiga se , come alcuni il pretendono, sia stato Marco Polo, che porto in Europa l’uso della polvere da schioppo, e quello della bussola : ed io mi dispenserò dal ripetere , all 1 giustificazione del Polo t quanto nella Storia delle Relazioni vicendevoli dell' Europa , e dell* Asia y discorsi ampiamente , intorno ad ambedue gli Argomenti ( V- p. 3co. e. p. 33i.) L X X. V 1 STORIA vele alle vetture , per farle spinger dal vento, uso tuttavia ristretto in yoca parte del Pe-tche-li. Più fondato parve il rimprovero, di non aver fatta parola del maraviglioso muro, che accerchia oggidì le provincie settentrionali della Ciua (i) . Veniva asserito che Abulfeda , scrittore di pochi anni posteriore al Polo , ne avesse fatta menzione , e maggiormente cresceva la meraviglia relativa al suo silenzio . E siccome a giudizio dei viaggiatori, è una delle più insigui opere manufatte (2), anche i più zelanti difensori del Polo immaginarono varie congetture per giustificarne il silenzio. Il Kirchero suppone, che'peregrinando nella Tartaria, giungesse all'Oceano Orientale, e che imbarcatosi pel Golfo di Corea entrasse nella Cina(rt) ; e ciò è contrario all’ asserzione del Polo, il P. Martini congetturò eh’esso penetrasse nella Gina nel 1275 per le provincie meridionali, in compagnia dei Tartari , che debellarono il Yun-nan, l’India, e il regno di Mien (b). Ciò non sussiste, perchè narra Marco, che per recarsi a Clemenfu, residenza estiva del Gran Can, ove era diretto nella sua andata alla Cina, fu mandato ad incontrare dallTmperadore 40. giornate lungi dalla sua residenza, e precisamente a Campion, che è Can-tcheu, ove fece alquanta dimora (c) (3). (a) Chin. Illust. Amster 1667. p. 90. (6) Mart. Atl. Sin. (c) t. 11. n. 21. 22. (1) Lo assalirono per tale reticenza, in ¡special modo i redattori della Storia Generale dèi viaggi , che giunsero per fino a porre in dubbio se ei fosse stato al Catajo , e in Tartaria , e siccoms 1’ autorità di quell’ opera può essere di gran peso, abbiamo perciò creduto dilungarci intorno a ciò a giustificazione del Polo(H st. Gener. des Voyag. t. vii. p. 3i2. ) (2) Il Padre Martini, descrive il muro ( Atl. Sin. p. 19.). Secondo esso accerchia quattro provincie , ed ha di lunghezza 3oo. miglia Germaniche, ossia 1200. d’Italia : ha trenta cubiti d’altezza ; e varia dai dodici ai quindici di grossezza . Il cubito che i Cinesi chiamano Che, corrisponde esattamente al mezzi) braccio fiorentino , come apparisce da detta opera , ove n’é segnata la lunghezza ( p 2i. ) Secondo alcuni fu incominciato 3o3. anni innanzi G. C. Il Barrow ( Voy. en Chin. Par. 1815. t. 11. p 88. ) computa che furono posti in opera tanti materiali , quanti ne occorrerebbero per costruire un muro di sei piedi d’ altezza, e due di grossezza che facesse due volte il giro del Globo . (3) Infelice è la congettura dello Staunton , che il Polo per recarsi a Pckino da Cashgar si dirigesse a scirocco , passasse il Gange, si recasse nel Bengala, e di poi pel Tibet , e per la provincia di Chen-si passasse a Pekino , nella quàle ipotesi non sarebbesi imbattuto nel Muro ( Ambass. de Mucartn. t. in. p. a5o ) . Ma esso fu indotto a tale falsa opinione dalla moderna carta del Salone dello Scudo , ove è segnata erroneamente questa via . ( Zurl. Dissert. t. 1. p. 82. ) DEL il I L I O ài k LXXVIi Abbiamo altrove dimostrato (a) che il Polo, per recarsi da Ken-tcheu a Clemenfu , seguì la via della Tartaria , e perciò non poteva imbattersi nella muraglia Cinese . Ma se la medesima avesse esistito come oggidì, avrebbe dovuto imbattervisi nel recarsi dalla residenza estiva del Can a Pekino . Ma è qui da avvertire, che niun Geografo orientale di quattro o cinque secoli a noi anteriore, menochò Abulfeda, fa menzione del muro; pari silenzio osservano intorno ad esso gli storici di Gengi- scan ; noi rammentano gli Ambasciatori di Sellali Rok , che nel recarsi alla Cina fecero la via del Polo fino a Kan-tcheu . Ma ciò che sopra ogni altra cosa giustifica il silenzio del Polo, è che nell’Atlante Cinese posseduto dalla Magliabechiana , che recò più di due secoli fa il viaggiatore Carletti, Atlante, che credesi del secolo di Gengiscan, non è segnato il muro nelle contrade visitate dai Polo. Ivi è segnato sui contini del Leatong , ove oggidì secondo i Gesuiti è una palizzata; e palizzate, e argini sono segnati, ove oggidì vedesi il muro (c)(i). (a) t. 11. n. 255. (b) Hist. Gen. des Voy. t. vii. p. 274* (c) Vedasi Illusi. N. 2. (l) Il Renaudot, che non potè allegare un documento incontrastabile, quale è l’Atlante Cnese della Magliabechiana , notò che il passo che dicesì d’ Abulfeda , ove si parla del muro , il Kirchero lo allega come di Nassireddin, e soggiunge che non trovasi infatti negli antichi esemplari del Geografo ( Anc. Relat. des Ind. p. 285. ). Merita poi d’essere assoggettato ad esame critico, ciò che si asserisce aver detto Abulfed i del muro ( Mullerde Catajo p. 16.), „ Existimant autem viatores, » quod murus i 1 le, qui habilationes corum ambii, viginti tribus dielis ab occidente » ad oriente protenditur . „ Avverte Abulfeda ( Geogr. p. 184- ) che una giornata di cammino è di otto parasanghe , circa cioè 24- miglia Italiane . i>Ta per ¡stabilire le distanze vere dei luoghi conviene ridur 5o. parasanghe a 40. e farvi la detrazione d’ un quinto . Il Lio e la misura itineraria dei Cinesi, e secondo il Carletti dieci L'j fmno un Pu 0 tre miglia d’ Italia ( Viagg. t. li. p. 127. ) Ma secondo il Martini più autorevole scrittore del Carletti in cose geografiche ( All. Sin. p. 21. ) ?.5o. Lìj fanno un grado , 25. L'J sei miglia Italiane , e 80. Li) o 19. miglia una giornata di Ctimmino . Talché anche concedendo che sia d’ Abulfeda il passo testé riferito , le •25. giornate che il muro ha di lunghezza , valutandole a 19. miglia I’ una , darebbero al Muro 4^7- miglia di lunghezza, o pocopiù d’un terzo della sua attuale estensione : laiche il muro qual si vede oggidì, per quel più d’ampiezza è opera posteriore all età del Polo. Il P. Zurla ha scritto dottamente intorno all argomento ( Dissert. t. 1. p. 81. ), e dimostra evidentemente che il Polo non ignorava 1’ esistenza del muro , poiché è segnato nella carta del Salone dello Scudo, ove sono delineati gl’itinerari dei Poli. E che fossevi »egnato antichissimamente in quella et la, lo dichiara il planisfero pubblicato dal Bordone nel 1526. nel suo isolario , e LXXVIII STORIA LXXXII. Non fu peraltro accusato di mendacia il Polo dagl’ illuminati mìssionarj , che penetrarono nella Gina. Essendo essi sulla faccia del luogo , lette le storie di quelle genti , recò loro meraviglia l’esattezza per lo più ammirabile dei suoi racconti, e in parte il caso, in parte le loro dotte indagini, agevolarono l’illustrazione del Milione . A caso addivenne che fu accertata l’Europa , che il Catajo era la parte settentrionale della Gina, e ciò accadde in tal guisa: i Gesuiti di Lahor nell’India ebbero agio di conversare con un ricco Maomettano, che in qualità d’ambasciatore del Principe di Cashgar (a) era stato a Cam- balu (b). Esso riferiva, che i Cataini erano belli, ben fatti, e manierosi assai più dei Turchi, e degli Europei. Asseriva, che erano seguaci della legge di Gesù Cristo , sia che lo avesse illuso la pompa delle ce- remonie dei seguaci del culto di Foe, o che a lui piacesse d’ ¿11«- (o) t. ii. not. 175. (¿>) t. 11. not. 3i8. il planisfero più antico della tela del Salone predetto , che il Gastaldo sotto la direzione del Ramusio riattò. Io posseggo copia dell’isolano del Bordone del 1533. e mi reca meraviglia l’esattezza con la quale vi è segnata la costiera della Cina, e soprattutto quella del Golfo di Leattong , e della Corea , e lo sporgimento orientale della provincia di Chantorig. Tale esattezza é tanto più sorprendente, quando essa si compari all’ inesattezza , clic nei contorni delle coste della Cina , e della Tartaria si ravvisa nel planisfero, che diede il Grineo . e che va aggiunto all’opera intitolata IVovus Orbis ( Basii. 1507. ): evidente riprova dell’eccellenza degli esemplari, da cui i Veneti traevano le loro carte, che non dubito fossero le Carte Ca- taine, che secondo il Ramusio , reco seco il Polo dai suoi viaggi. L’Atlante Maglia- bechiuno dimostra, quanto eccellentemente costruissero i Cinesi la carta del loro paese , e degli adiacenti. Tali considerazioni giustificano il silenzio del Polo intorno al muro , tanto più che dalla tela del Salone dello Scudo , e dal planisfero del Bordone si ravvisa, che il muro non s’estendeva sino a Chan-tu , o Xan-du , come ivi è scritta la residenza estiva del Gran Can , ove avrebbe dovuto imbattersi il Polo nel muro per recarsi da quella città a Pekino . Talché, secondo il passo attribuito ad Abulfeda , e secondo le antiche rammentate carte geografiche, cingeva il muro soltanto le provincie orietali della Cina. Che se ebbe anticamente maggior ampiez» za , sarà slato lasciato cadere in rovina , o demolito . Infatti secondo le storie Cinesi i Kitani innanzi il 1000. fondarono il loro imperio , che comprendeva le provincie settentrionati della Cina , e parte della l'artaria . Poco innanzi fu fondato il regno di tìia o di Tangut e il muro, quale oggidì si vede avrebbe divisi in due parti quei potentissimi stati . Era adunque contrario all'interesse dei Tan- gutani il lasciarlo sussistere,o il risarcirlo . II Pinkerton, a me pare,che a giusta ragione affermi che fu in varj tempi costruitole la parte nuova del medesimo , dopo il tempo dei Gengischunidi, come lo dimostra la sua mirabile oonservazione ( Geo- graph. t. iv. p. i52. ) DEL MILIONE LXXIX dere i Gesuiti. A tale annunzio, infiammati di zelo, pensarono essi per ravvivarvi la fede, e mantenere l’istruzione ne creduti Cristiani , di stabilire una missione appo loro. Scriveva il P. Ricci da Pelano, che il cercato Catajo era la Cina, ma l’asserto cristianesimo dei Cataini fece perseverare i suoi colleghi di Lahor nella risoluzione di conoscere quella contrada, e pensarono a tal uopo spedirvi il Portughese Benedetto Goez,che parti da Lahor nel 1G02. Esso avea seco un Armeno, cui si debbe l’imperfetta relazione del suo viaggio. Il Goez da A"ra volse il cammino a Taikar , ove s’imbattè nella via fatta dai Poli più di tre secoli innanzi , visitò aneli’esso Yerkenil, (a) Cashgar , Gannii (b) , Sotcheu , ove attendendo una guida che da Pekino spedi- vangli il P. Ricci , infermatosi pei disagi, e gli affanni provati incammino , cessò di vivere. Quell’ infelice tentativo recò l’accertata notizia all’Europa , che il Catajo era la parte settentrionale della Cina (c) . LXXXIII. Lo studio dei Greci, e dei Latini scrittori fatto nel secolo decimo quinto, rende faraigliari egregi esemplari in ogni fatta di scrittura . Perciò nacque 1’ emulazione di dare in luce opere, non solo in elegante dicitura dettate, ma ben ordinate, e ricche di peregrine cognizioni. A tal uopo taluni intrapresero lunghi viaggi , e con più disanima che per lo innanzi studiarono l’indole, le costumanze, le origini delle varie genti, il loro permutamento di sede, ne investigarono le antichità , studiarono le scienze , le arti, le lettere dei popoli da loro visitati . La sola Venezia fornì un eletto drappello di cotali eruditi viaggiatori, che rendè noti il chiar. Morelli (1). ÌYJa per u- tilraente viaggiar nell’Oriente , occorreva raccorre le scritture degli orientali, ed agevolarne l’intelligenza. Ea questo, come ad ogni altro ramo dello scibile umano, giovò grandemente la magnificenza medicea. Cosimo I. raccolse codici orientali, e in maggior copia il figlio suo Ferdinando. Che anzi questi, non pago della sola gloria di raccorli, aspirò a quella di agevolarne l’intelligenza. Mentre era cardinale di Santi Chiesa , fu dichiarato protettore delle missioni d’ Etiopia . E per agevolarvi il propagamento della fede, non meno che nell’Oriente, con grandissima spesa, creò la celebre tipografia di caratteri esotici , che dal munificente istitutore ebbe il nome di Medicea . Da una lettera del Raimondi, che la diresse, sappiamo che conteneva caratteri Siriaci , Arabi, Persiani, Etiopici, Copti, e Armeni . Ferdinando accoglieva (a) t. 11. n. 184. (A) Ibid.n. 201. (c) Hist. Gcn. des Vny. t. vii. p. 4go; (1) Morelli Dissert. intorno ad alcuni eruditi viaggiatori Veneziani . Ven. i8o3. in 4. LX.XX STORIA ili sua casa uomini valorosissimi, intelligenti di quelle lingue, e spedi in Oriente i due fratelli Vecchietti per raccorre manoscritti, e in special modo grammatiche, e vocabolarj (i). Questa celebre Tipografia fra (r) Esiste manoscritta nella Magliabechiana una lettera del Vecchietti , del tenore seguente . Lettera di Giovan Batista Vecchietti scritta a Bernardo Vecchietti li 6 di Lugliio 1587, e ricevuta li 14 d’ Aprile i588 in Firenze: tratta dal Cod. Magi. N. 209. Class xxxrn. Cari ac. palch. » Li otto di Settembre tutto il popolo uscì di Tauris , sentendosi venire 1’ e-> serrilo Turchesco; e il re , e il principe col campo rimase nella città, con intenzione se’Turchi non fossero stati in molto numero, d’ uscirli incontro a combattere } ma in altro caso di ritirarsi , e cosi s’intese aver fatto, perciocché non passando più lungo spazio di giorni otto, si ritirarono nel paese di Sencian , il quale confina con Giorgiani , fermandosi nella principale città detta Glenge. I Turchi entron- no nella città vuota , e senza contrasto alcuno ne rimasero padroni, et il mese di Dicembre in detta città di Glenge fu ammazzato il Principe . Li autori della sua morte furono alcuni delli suoi principali baroni , li quali se li erano prima ribellati , et egli gli aveva rotti in battaglia presso a Casbino, e poi perdonatogli gli aveva ricevuti in grazia, e gli aveva in sua compagnia . Eglino una notte che detto prinripe era briaco, hanno indotto un barbiere ad ammazzarlo , nè sono mancati altri de* principali , con loro insieme , che hanno tenuto mano a questo trattato , et dapoi hanno messo in suo loco il principe detto Abucahet d’età d’anni >5 in circa , non avendo il Principe Abas, rhe si trovava in Corasan, maggiore d’età, voluto venire a loro chiamato: si son levati tre di questi principali Persiani, et hanno ciascun di loro occupato una principal città cioè Casciano, Jesd, Sciras, ammazzando e scacciando i primi governatori, non però sotto spezie di darla al Turco ma per propria ingordigia di comandare.Facendo professione,e dicendo tenerla,e governarla per il medesimo re: ma in effetto non obediendo a nessuno , etfaciendo quello che a loro torna comodo, non essendo nessuno in questi tempi che lo possa vietare, di modo che oggi per questo regno è un disordine grandissimo, essendo altrettanto vessato dalle discordie , che dalli forestieri : e il re vecchio et inabile per la cecità , et il nuovo principe per la puerizia . Il re per certi avvisi , dopo la morte del principe , si sa essersi trasferito in Casbino , con disegno di passare in Span, che è dieci giornate più in qua. Intendeva»! i Turchi disegnare di passare per la banda di Emedan , da Bagadet e da Tauris . Si dubita ancora che debbano passare verso Casbino , non era però seguita altra novità . S’ intende nondimeno eh’ el piincipe Abas d* età d’anni 18 in circa , et il quale ribellatosi già dal fratello maggiore haveva seco guerreggiato in Corassan , et si riteneva per suo quel reame , mette un grandissimo'£sercilo insieme , con disegno d’andare a combatter Tauris alla qual cosa non so quanto si possa prestar fede. Talché lasciatolo stato della Persia , io tr i disagi , pericoli, e spese , come potrà considerare , dopo la uscita, di Tuuris che fu alIi 8 di Settembre nti sono condotto finalmente a Ormus ammaDEL MILIONE LXXXI gli altri libri, pubblicò la Geografia Nubiense , ossia il compendio dell’ opera dell’Edrissi, ciie traslatarono in latino Gabriele Sionita, e Giovanni llersonita, e che ci è occorso soventemente citare. Ferdinando passato a reggere la Toscana, doverono cessare le sue pietose e dotte cure a prò delle missioni d Oriente . Ma il suo esempio die impulso sull incomincia mento del secolo decimo settimo a zelanti, e religiose persone di promovere una congregazione, per propagar la fede,clic fu poi istituita nel 1621. dal Pontefice Gregorio XV, dietro l’eccitamento dello zelante Giovan Batista Vives; e la munificenza Medicea concedè l’uso della sua tipografia orientale a quel celebre e pio stabilimento (1) (a). Dà (a) Bandin. Letter. sopr i princ. e progres, del Bibl. Lauren.Fir. 1775. in 12. ato, con . . . del 5 a 2") di Giugno , ma senza un soldo ; ringraziato però Dio che mi trovo in paese di Cristiani, e se bene non ci conosco persona alcuna, ho pur trovato qua un mercatante amico del sig. Filippo Sassetti , il quale mi si ò offerto non so però quanto questa proferta si ostenda per ancora , credo non mi lascerà mancare commodità fino in Goa , ove è detto Sassetti. Di qua le flotte por Goa non partono lino a Settembre, vero è che sono qua alcune fuste , che si spera che molto prima debbano partire per detta isola , cosi essendo con loro , cercherò imbarcarmi , e condurmi a detta Goa per passare a Portogallo , che a Dio piaccia di condurmi a salvamento , non sendo per mia sicurezza altra strada da passare che questa , essen lo stato osservato per il paese del Turco, e da tante persone visto, che in ogni lato dove io capitassi, son certo che sarei riconosciuto , e di quel che segue darò avviso. Di tutti questi particulari farete parte all’ Illustris. Cardinale,, ed a Fiorenza al Serenissimo Gran Duca, al quale con ogni reverenza bacio la mano. ,, D’Ormus il di 2 di Luglio 1587. » P.S. Signor mio osservandissimo, ho poi per un conto a parlarle d'iin nuvolo di poeti, e intendogli assai ragionevolmente : diane nuova V S. al Sig. Strozzi, e agli altri amici poeti,chs al mio ritorno,aDio piacendo, poeteremo tanto, che straccheremo,et quando saranno stanche le muse paesane, c’appiccheremo alle forestiere, et viceverso . Ricordo a Vs. che mi procuri, ma con una buona provisione, la lettura che già le chiesi iusino di Cairo , che me ne sento assai bene sufficiente , perchè di previdenza è bene ch’io m’armi , acciò se il loro m’è tolto più caro , ionon perdessi questo pe’/niei carmi,(sic ) . .. dice il nostro poeta. Gli amici, e parenti saluterà tutti Vs. da mia parte, pregandovi a tenermi in loro grazia sino al ritorno, che con l’aju- to del Signore dopo l’arrivo di questa non dovrà tardare molto ; e a Vs. di tutto core mi raccomamdo , che il Signore Iddio la conservi felice e sana come desia . Domani, e post domani al più lungo , m’imbarco coll’aimata per Goa , avendone caldamente raccomandato il Capitano di quà al generale d’ Ormus . (1) Richiesi al dottiss:mo sig. Ab. Cancellieri di favorirmi alcune notizie, relative allo stabilimento della Congregazione di Propaganda fide . Ed esso con l'u- Stor. del Milion. V. I. 1 LKXXI l STORIA indi ili poi si agevolarono i modi per ¡studiare le lingue orientali, si ebbero annuali relazioni dello stato delle Missioni, furono raccolte grammatiche , e dizionarj di tutte le lingue deir Oriente. LXXXIV. Non è del nostro istituto il dilungarci intorno a tale erudito, e curioso argomento. Rammenteremo perciò solamente di volo quei fra Missionarj, che direttamente, o indirettamente, contribuirono all illustrazione del Milione . Fra i Gesuiti che si recarono nella Gina ebbe il Polo i più validi difensori. Fino dal primo loro ingresso in quell’ imperio ne appararono la diffidi favella , e più difficile scrittura , e tanto valenti nell’una , e nell’altra divennero , che un Ricci , un Buglio, scrissero opere tenute in reputazione di classiche da letterati di quelle genti («). Il Padre Martini imagi nò, e condusse a termine la pubblicazione delle tavole geografiche generali, e particolari delle provincie di quell’imperio : nel commentario , che ad esse va aggiunto, si fece una gloria di difendere 1’ illustre Veneto dalle censure dei suoi inconsiderati accusatori . In quell’opera sorprendente, per essere stata condotta a termine da un solo uomo , quantunque debba considerarsi come traduzione, e copia d’un trattato Cinese di Geografia (¿), dichiarò a quali delle moderne provincie, o città, corrispondano alcune di quel- (a) T. li. p. 224. (è) Vcd. Illustr. II. sata cortesia mi replicò potersi dire , che essa ebbe principio fino dal 1609, nel quale anno il venerabil Pietro della Madre di Dio, Generale dei Carmelitani , per comando del Pontefice Clemente VIII. spedì alcuni religiosi alle missioni di Persia. Nel ibi 3. il P. Tommaso da Gesù, dello stesso ordine , stampò il libro De pro- curanda salute omnium gentium ( Antuerp. i(>i5. ), nel quale espose il gran disegno, de eligendo. Congregatione de Fide Propaganda. Nel 1622. fu realmente fondata la Congregazione da Gregorio XV.mosso dal rammentato zelantissimo prelato G. B. Yives di Valenza , dal Vener. P. Domenico di Gesù, Generale dei Carmelitani Scalzi , dal Ven. P. Gio. Leonardi Lucchese , fondatore della Congrga- zione della Madre di Dio . Bartolommeo Faratin Vescovo d’Amolin , creato Cardinale da Paolo V., fabbricò una casa cospicua nella via Faratina, detta volgarmente Fratina , che fu comprata dal Vive» , ed ivi fu stabilita detta Congregazione . Innanzi le passate vicende, che ne operarono la soppressione , vi erano mantenuti più d’un centinajo di giovani alunni Persiani , Tartari , Turchi , Armeni , Coiti, Malabarici, Affricani, Botavi , Danesi, Scozzesi , Irlandesi, Dalmatini , Greci, i quali componevano un unione di Europei, e d Indiani , di Bianchi, e di Neri , la quale formava il seminario del capo della Chiesa Universale, in cui erano fondate le più belle speranze dell’Apostolato. Il seminario dei Cinesi era in Napoli, perchè il clima di Roma è micidiale per essi. Ora il detto Collegio è stato riaperto ma con uu »¡stretto numero d’ alunni • DEL MILIONE LXXX.1I! le località, che con altri nomi rammentò il Polo; addusse l’autorità di scrittori Cinesi , che confermano fatti , e cose da lui narrate . E 1 opera geografica del Martini è di grande ajulo per seguire il Polo nei viaggi eh'ei fece nella Cina . 11 Kirckero asserì , che niuno antico diede più copiosa relazione dei regni dell estremo Oriente del nostro Veneto viaggiatore (i). E il P. Magaglianes esplicò, e commentò non poche cose , nel Milione rammentate (2) . LXXXV. Malgrado cotanti aiuti indiretti, che forniva il secolo de- cimosettimo, poco fu latto per illustrare il Milione. Egli è vero però, che per l’onorata menzione, che da sommi uomini faceasi del Polo, si mantenne in alta estimazione la sua relazione , e perciò fu tradotta nuovamente in Spagnuolo, in Olandese, in Tedesco (3). Ed una traslazione Inglese comparve nella celebre raccolta di viaggi di Purchas , che c istruisce che il precedente Inglese raccoglitore dei medesimi, Hakluyt, aveva il Milione in quella favella volgarizzato (4) • LXXXVI. Nel secolo decimo settimo Andrea Miillero volle assumere il grave carico di pubblicare il viaggio del Polo con commentano, che ne dichiarasse i luoghi oscuri , e ne rendesse piana 1’ intelligenza . Pubblicò ei infatti il Milione, seguendo la lezione d’ un manoscritto della Biblioteca Reale di Brandemburgo . Mi diedi cura di diligentemente collazionare il testo Mulleriano col Codice Riccardiano, e riconobbi essere 1 uno copia esatta dell’ altro, e perciò ravvisai, che il (1) » Cum nullus ex veteribus ultima Orientis regna Marco Puulo Veneto » uberius descripserit , mearum partium esse ratus sum , ejus hoc loco , veiuti » opportuno , iter in Catajum describere ,, . ( Kirk. Chin. Jllust. p. 87. ) (2) Nell’opera intitolata ,, JSouvelle Relation de la Chine. Par. 16S8. 4* che fu scritta, nel 1668. (5) Il chiar. Marsden riferisce una versione del Milione in Spaglinolo fatta da D. Martini ( Abaica ) de Bolea , y Castro. Saragozza per Angelo Tanano 1601. (In- tioJ. p. lxxvj. ) Secondo il detto illustratore, il Glazemaker lo tradusse in Olandese, unitamente ad Aitone sull’ edizione Latina data dal Reinecio , e la pubblico in Amsterdam 1664. 4- ( it>id. p. lxxix. ) Secondo il Mullero questa versione è in Fiammingo ( Collecl. de Berg. t. 11. Pref. a Marc. Paul. n. 10. ) Girolamo Megisero tradusse il Milione in Tedesco, seguendo la lezione Ramusiana . Li pubblicò in Lipsia per le stampe di Lorenzo Kober nel 1611. in 8. Questo libro ho io veduto nella Biblioteca Beale di Dresda . (4) Esso dice ( Pilgrimes Lond. i62f>. t. in. in f. p. 65. ), che aveva trovata una versione del Milione tratta dal latino da Hakluit, ma aveva creduto conveniente di tra>luv;re il Testo Kamusiano. Ma che avevaio abbreviato j inoltre non contento di ciò arbitraiiamentc divise l’opera in dieci sezioni . LXXXIV STORIA Codice Brandemburghese, conteneva la traslazione del Polo fatta ria fra Pipino. M’accorsi tuttavia di'è la mulleriana lezione, meno della ric- cardiana autorevole quanto ai nomi geografici (i). Arricchì il Mallevo la sua edizione con erudita, ma non molto critica prefazione; raccolse non poche testimonianze e giudicj di dotti uomini, dati intorno al nostro viaggiatore, vi aggiunse copiosi indici. Era nel proponimento di dare un esteso commentario, ma sembra che questo suo divisamente non conducesse a termine , poiché questo non a veduta mai la luce. Il più util lavoro del Miillero fu la sua dissertazione intorno al Catajo, eli’ei dimostrò evidentemente corrispondere alla parte settentrionale della Cina (2). LXXXVII. Nel secolo di cui qui si ragiona era accaduta una nuova rivoluzione in quellTmperio, che dava timore di vedervi rovinare le missioni, e le relazioni coll Europa . Gli ultimi imperadori della Dinastia dei Ming, eransi del tutto ammolliti. Rinchiusi nei loro palagi, non occupavansi che delle superstizioni dei Bonzi, ed abbandonavano le cure del governo ad eunuchi cupidi, vendicativi , e non curanti del giusto . Perciò si alienarono 1’ amore dei sudditi, e il malcontento eccitò continue ribellioni. Un certo Li capo di una banda di faziosi, divenne tanto poderoso, che intraprese l’assedio di Pekino , di cui per segreti maneggi s’impossessò. L’Imperadore Hai-tsong per non cadere in sua mano si die la morte . U-son-guei. che comandava 1’ esercito Imperiale nel Leao-tong, invocò contro il crudelissimo usurpatore, i Tartari Orientali detti Manciusi,che festeggiarono i Cinesi ed accolsero come loro liberatori. La festevole accoglienza, e l’odio dei Cinesi contro l’usurpatore, servì aiManciusi di gradino per giungere alla signoria dell' imperio . LXXXVIII. La Dinastia Tartara, che succede alla Cinese, dimostrò solennemente , che anche in barbara cuna è nutrito non di ra- (1) Il Mullero pubblicò il suo libro col seguente titolo: ,, Marci Palili Veneti » de Regionibns Orientalibus libri 111. cum Codice manuscrinto B blioth. Elector. » Brandeburgicae cullati , Haitoni Armeni Historiae Orientali« , ilemque Andreae » Mulleri Greiffenhagie de Cataja , cuius praedictorum auctorum, uter mentionem » facit disquisiti« . In ipsum Marcum Paulum Veoetum Praefatio et locupletissi- » mi Indices . Col. Brandenburgicae apud Georg. Schulzii 1671. 4° Dice il Mullero d’aver tratta la sua edizione da un Codice della Biblioteca Elettorale di Brandem- burgo , ma fui assicurato dal sig. Klaproth , che quel manoscritto ivi più non esiste . (2) Questa Dissertazione ha per titolo : D'iaquisilio Geographica de Cataja. Ticrol. Typis Kengianis 1671. 4*° DEL MILIONE lvx :cv do magnanimo principe . Chang-hi , secondo monarca di quella stiatta , Tu un sommo imperante. Ei governò con fermezza , con prudenza , con giustizia i nuovi stati , e protesse efficacemente le lettere, e malgrado le cure d'un tanto imperio, seppe appagare il desiderio d’istruirsi nelle scienze d’ Europa . S’applicò all algebra , alla geomotria, all’astronomia, fece tradurre gli scritti Europei, che contenevano scuoprimenti utili, o nuovi . Ed il suo amore per gli studi, rendè a lui cari i Gesuiti , che promosse a grandi impieghi, e collocò nel tribunale dei matematici . Ei gli adoprò a redigere le carte geografiche delle provincie da lui dependenti , e di lor per fino si valse per ornare i suoi pala- gj (a). Ebbero agio adunque i Missionarj d arricchire 1’ Europa di peregrine notizie, di cui il secolo meritamente celebre di Lodovico XIV. era avidissimo .
LXXXIX. Sino a quell epoca poco, o nulla erasi fatto fuori d Italia per giovare alla letteratura orientale. II Persiano, il Turco erano lingue talmente non curate nel secolo decimosesto, che niuno si occupava dello studio delle medesime (/>). Ma l’esempio dato dall Italia, scosse anche l’altre genti Europee. Il Leuclavio dièia traduzione d’ un ristretto della storia dei Turchi. Il Postello , già da noi rammentato, apparò l’Arabo nei suoi viaggi in Levante, ma arricchì di tenui lavori la repubblica delle lettere . Lo Scaligero, per lo maraviglioso suo ingegno, s’accorse che potea cogliersi larga messe di cognizioni negli scrittori orientali, ma distratto in altri studi, e sorpreso da morte non potè in quelli inoltrarsi. L Erpenio, suo contemporaneo, si rende utile alla letteratura , traducendo dall’Arabo la Storia Saracenica d Elmaci" 110,e con una grammatica di quel linguaggio tenuta in gran conto. Gran servigio recarono il Giggeo , ed il Golio coi celebri vocabolari Arabi , da loro pubblicati.In Inghilterra in quella medesima epoca,furono le lingue orientali con gran fervore coltivate . Ivi ottennero larga fama per quegli studj, il Seldeno , l'Hydeo, il Castello, il Grevio, che tradusse parte della Geografia d'Abul feda ,e più utile fu il Pokockio per le traduzioni del Saggio d Istoria Araba, tratta da Abulfaragio e di poi per quella dell'intera storia delle dinastie del medesimo (i). Alta reputazione go-
(a) Letter. Edif. t. xvi. p. 5a. (b) Galand. Pref. a la Diblioth. Orient*
d’ llerbelot.
(i) Specimen Historiae Ar.ibum Grcgorij Abul Faragii , latine conversa ab.
Eduardo Pocockio Oxon. iij5o.
Histuria compendiosa Dynastiarum, autore Gregorio Abul-Pharagio, Lat ine versa ab Eduardo Pocockio. Oxon i(it>3.4.
LXXXV1 STORIA de tuttora il Meninski pel suo vocabolario Persiano, e Turco , che con serva tuttora sopra d’ogni altro il primato. Anche in Francia s’incominciarono a coltivare tali studj; il Vatrin vi acquistò nome per la traduzione d’alcune scritture Arabe (a), ma crebbe in maggior fama pel suo fervore in quegli studj, e nei geografici Melchisedec Thevenot, Bibliotecario Regio, celebre collettore di manoscritti, ed editore d'una Raccolta di viaggi, che fra le altre cose contiene, il diario della via fatta da un’ambasciata, spedita da Schah Rock, figlio di Tamerlano all’Imperadore della Cina, che dopo il Polo, ed il Goes, è l’unico scritto che dia ragguaglio della parte centrale dell’Asia (I). Ma il Francese Her- belot eclissò la fama di tutti i coltivatori della letteratura orientale , che il precederono. JNon può farsi menzione di questo dotto scrittore senza rammentare , e ammirare la non interrotta protezione dei Medici per ogni fatta di studj . L’ Herbelot fu accolto dal Gran Duca Ferdinando II. con tanta munificenza, che a parere dell’encomiatore del primo, sebben Francese (b), sonovi pochi esempj d’onori tanto grandi, renduti al merito d’ un privato, da un regnante . Ferdinando l’alloggiò splendidamente nel suo palagio, gli diè agio di valersi della sua biblioteca, nè comprò una copiosa di codici Orientali per fargliene dono. E 1’ Herbelot nelle biblioteche regie di Parigi, e di Firenze raccolse i materiali della sua Biblioteca Orientale, tratta da manoscritti Arabi, Turchi, e Persiani. XC. Meritò Lodovico XIV., che un tanto uomo illustrasse il suo regno , per gl’ incoraggiamenti che diede a quegli studj . Sua creazione fu il seminario delle Missioni Straniere, che istituì ad esempio della Congregazione di Propaganda per estendere la luce Evangelica nell'Oriente . Esso inviò una solenne ambasciata nel regno di Siam, e fu accompagnato 1‘ ambasciatore dai Padri Fontenay, Tachard, Gerbillons, le Comte , Buvet, e Yisdelou nomi celebri, che non abbisognano d’encomio (c) . Dotta è la relazione di quella ambascierìa , pubblicata dai Gesuiti, e non meno dotta e reputala è la relazione della posteriore di Loubere (2) . (a) Galan. 1. c. {b) Couin. Elog. d’Herbel. (c) Lettr. Edif t. x. p. 22. (1) Il Thevenot moti nel 1692. fu pubblicata la sua raccolta di viaggi col titolo : „ Uelations des divers voyages , qui n’ont point eté publiées. Paris. Moetle » 1696. quatre partiis 2. voi.iti fol. » Questa collezione quand’è complcla è assai rara . (2) La prima ha per titolo: „ Vojageau Siam des Pere« Iesuit.es, envoyés par » le Uoi aux ludes, et a la Chine „ Aiusl. ìiiStf. in 12. Ne fu falla una piecedeute DEL MILIONE LXXXTII XCI. Ai detti Missionarj, e ad altri loro compagni si debbono i lavori importantissimi, che intorno alla Ciua , e all Oriente hanno illustrato il secolo decimo ottavo. 11 P. Gaubil cui per altro secondo il P. Amiot sarebbe occorsa maggiore intelligenza della lingua Cinese (i), per trattare con esattezza e profondità dell'argomento, trasse dagli scrittori di quelle genti la Storia dei Gengiscanidi , che tanto è utile per illustrare il Milione . A quei tempi diè il Colbert commissione a Petis de la Croix-, di scrivere la Storia di Gengiscan, eh ei trassedagli Arabi scrittori (2). 11 Renaudot non meno dotto del precedente nella cognizione delle favelle orientali, pubblicò due relazioni dell’Indie e della Cina , di due Arabi, che vivevano nel 110110 secolo (3), che furono censurate dal Gesuita Premare (a), e asserite perfino apocrife , finchè non ebbe rivendicata loro V autenticità il celebre Deguignes, che trovò il manoscritto nella Biblioteca Reale di Parigi . In queste si leggono non poche cose dal Polo raccontate posteriormente. (a) Letter. Edif. t. xxv. p. 145. erlii one in Parigi. L’altra opera è intitolata: ,, Description du Royaume de Siam » par M. de la Loubére envoyé extraordinaire du Roi . Amst- Mort. 1714* (1) Esso dice che il Gaubil ( Recher . Sur les Chin t. xiv. p. 71.) narra la spedizione fatta da Cublai contro il Giappone, <ii cui abbiamo trattato ( 1.11. n. 689. e seg.) diversamente, da ciò che portano i libri i più classici della Cina,nè sa d’onde trasse quei particolari. Osserva che ei confuse la spedizione dei 100000. uomini, che naufragarono, col secondo preparativo di spedizione che non ebbe effetto . Dice che per confessione del Gaubil medesimo, la sua storia dei Gengiscadini era un abbozzo , e che intorno alla medesima lavorava sempre . Soggiuoge che esso possedeva una copia dello .stampato, tutta postillala dall’ Autore , lochè dimostra che a’iorquando compose l’opera, non aveva intorno alla lingua che interpretrava tutti i lumi che acquistò di poi. Un compendio di queste storie fu pubblicato nell’opera in- tolaia: „ Observations Mathématiques, Astronomiques, Géographiques, Chronolo- » giques, tirées des anciens livres Chinois par le I’.Suchet Par 1729. in 4.furono poi pubblicate per intero col titolo: ,, Histoire de Gentehiscan et de toute Ja dinastie » des Mongous tirée de 1’ Hstoire Chinoise, et traduite par le Reuer. Pere Gaubil. » Par. chez Briasson 17^9. 4 ° Quest’ opera che credo assai rara , non potei vedere che nella Biblioteca Megean di Aix in Provenza . (2) ,, Histoipe du Gran Genghiscan , premier Empereur des anciens Mogols, v traduite , et compilée de plusieurs auteurs orientaux, par feu M.Petis de la Croix » le Père. Par. chez la veuve lombert 1700. in 12. (3) „ Ancienns Relations des Indes et de la Chine de deux Voyageurs Maho- v metuns , qui y allèrent dans le neuvieme siecle, traduite de 1’ Arabe » . A Par. chez Coignard 1718. 8. LXXXVIIl STORIA XCII. Il Duhaldo pubblicò la sua Cina Illustrata (i), opera insigne, che con dottrina tratta d’ogni argomento, relativo a quell’imperio . A dilucidazione della medesima fu dal celebre Anville redatto T Atlante Cinese, dietro la scorta delle carte , che per ordine dell’Imperatore Chang-hi, tanto laboriosamente fecero i missionarj, non solo delle provincie della Cina , ma delle contrade all imperio adiacenti (2) . Queste carte sono d’ un gran pregio, e singolarmente in ciò che concerne la Cina propriamente detta, e la Tartaria,che è a settentrione di essa , ma manchevoli e difettose pei paesi che dai confini dell’imperio si estendono lino alla catena del Belur, e pel Tibet . Il Golien, iinaginò la pjùma raccolta delle Lettere Edificanti, di cui debbesi la continuazione alle cure del Duhaldo (a), le quali contengono tante utili osservazioni geografiche, astronomiche, tante notizie relative agli usi., ai costumi, ai governi di popoli per lo più sconosciuti, che agevolarono in fine il perfezionamento di alcune arti europee ; in quelle sono discussi con chiarezza , leggiadria , e dottrina (b), variati argomenti, relativi all’Egitto, al Levante, allTndia, alla Penisola di là dal Gange, alla Cina (3) . XCIII. Più s7 estendevano i lumi relativi all’Oriente, maggiormente sembrava accesa T Europa del desiderio di scavare le miniere letterarie dell'Asia , che nascondevano tanti tesori. Era noto, che possedeva la Cina una storia dei suoi fatti, forse più autorevole di quelle delle varie genti Europee . In quell’ impero non è abbandonata la storia all’ eventuale piacimento degli scrittori. Il dovere di trasmettere ai posteri la cognizione delle vicende è in quell’imperio reputato un carico dello stato , ed affidato ad un tribunale composto di letterati , ciascuno dei quali compila un diario, che riposto rimane-, sino ad un (a) Hit. Ecclesiast. du Siecl. XVIII. Iutrod. p lxu. (6) Letter. Edif. j. p. VI». (1) Dèscription Geographique , HiStorique , Chronologique, Polit ique et P hi- sique de la Chine , et de la Tartarie Chinoise . Par le Pére I. B. da Halde. a Par. Mercier 1755. voi ìv. in fui. (2) Questi dotti, ed infatigabili geografi, che redigerono tutte le carte generali e particolari della China e della Tartaria , furono i PP. Regis , Buvet , Iartoux , F » ideili 9 Carduso, Bonjour, du Tertre, Mailla , Henderer ( Du Hald. Pref. ). Nell’opera del Duhaldo leggesi la memoria del Padre Regis, nella quale rende conto del metodo tenuto dai missionarj per eseguire quell’immenso lavoro . (3) Ci siamo serviti per la Raccolta delle Lettere Edificanti della recente ristampa pubblicata col seguente titolo, Lettres édifiantes et curieutes écrites dei missioni élrangiìre$}nou\>el> edit.Toulouse ìbio. DEL MILI ONE LXXXlX cambiamento di dinastia, ordinamento necessario, affinché ciascuno degli storici possa liberamente scrivere la verità . L Imperadore Ranghi , il secolo del quale è considerato nella Cina , come il Mediceo, appo noi , fece raccorre gli Annali Cinesi, e traslatarli in Manciusio per istruzione delle sue genti . Questi celebri Annali , resi pubblici colle stampe , empievano di desiderio gli studiosi di possedergli volgarizzati in una delle favelle europee . Molte erano le opere che trattavano della Cina , ma quanto alla storia , unico scritto di tal natura, era un sommario del P. Martini, che servì al compendio storico, che nella sua descrizione della Cina , pubblicò il Duhaldo . Molte biblioteche possedevano l’edizione originale dell’opera , ma iliuno era in grado di trasla- tarla , per la diilìcile intelligenza , e per la rarità di coloro che sapessero il Cinese . Il laborioso Missionario Maillac intraprese un tanto lavoro, ed i primi saggi che ne diede, furono tanto applauditi, die confortáronlo a condurre a termine il grave incarico . Lo compiè , e lo inviò in Francia nel <737, ma solo quaranta anni dopo vide la luce colle stampe, mercè le cure dell Ab. Grosier , e dell’ Hauterayes (<7) . \CIV. Questa opera insigne, e la Storia dei Turchi , e dei Tartari di Ahulganzi Bajadur, traslatata dal Bentink, sembravano avere riempite le lacune, che rimanevano per ben conoscerei fatLi dei popoli dell' Oriente. Ciò die animo al celebre Deguignes, di scrivere la storia degli Unni, dei Turchi , e dei Mogolli, non meno che degli altri popoli, che dal settentrione dell’Asia inondarono questa vasta parte del globo, e 1’ Europa . Avvedutamente ei non si limitò ad indagare soltanto ciò che dei fatti di quelle genti, dicono i Greci e i Latini, ma raccolse gran copia di materiali dai viaggiatori, dalle istorie orientali , e dalla Cinese principalmente, per lo che pregievolissima è la sua opera . Egli è certo che la traduzione degli Annali Cinesi del Maillac, risparmiò ad esso lunghe e penose indagini . È che ei se ne giovasse, chiaro apparisce nella parte delle sue storie concernente la Cina(i). In quegli Annali attinse le notizie relative alla storia degli Unni, sino a lui ri- (a) Paris 1777. xi voi. in 4- (1) Ehso non ne fa parola, negli editori della Storia Generale della Cina del M-iillec. Nai rano però thè il manoscritto del Missionario: ,, avoit un pcu » souffert dans le transpoit,et entreles mains de ceuxqui 1’ avoient parcouru » ( Discouis. Prelim. p xxvm.Raggiungono che giuuto in Francia: „ dcvìnt bientót
- 1 objet Je la curiosità, commede 1’ admiration des savants . Chi dovè essere
pi 1 avido di leggeilo del Gu.gnes, chi ne ebbe più agio di lui, impiegato nella Ui- Llioteca Reale ? Si or. del Aiilion. V. I. m xc STORIA masta tra folte tenebre ; nei medesimi seguì i principj, L'ingrandimento, le diverse guerre, il decadimento , le migrazioni, le divisioni di quelle genti, finché non giunsero a confine delle terre di Roma . Nè di ciò solo fu pago il Deguignes, trattò ancora la storia degli altri popoli Asiatici: e le tavole cronologiche delle dinastie, che precedono la Storia degli Unni , sono la più sicura face che rischiari la storia d’ O- riente (i) . XCV. Chiuderò il novero dei dotti che illustrarono la letteratura Cinese col celebre Gesuita Amyot. Essendo stato preceduto da uomini insigni, che tanto fecero a pro della medesima, con saggio accorgimento si prefisse di spigolare argomenti nuovi , interessanti , o di raddirizzare non pochi abbagli di coloro che il precederono in quelle indagini. Trattò perciò di varj argomenti relativi alla storia , alle scienze, alle arti, ai costumi, agli usi di quelle genti . E i suoi dotti scritti inviò in Francia , ove furono dai suoi amici ed ammiratori pubblicati (2). Mentre in Europa era oppressa, e sbandita la Compagnia, cui apperteneva , e i Gesuiti astretti a mendicare un asilo, esso era in singoiar modo favoreggiato , e onorato dal celebre Imperadore Chien- Long, figlio, ed emulo nel proteggere le lettere di Chang-hi. Esso promosse T Amyot al posto di Mandarino, e godè quiete e gran considerazione in Pekino , ove cessò di vivere , dopo una dimora di 24 anni, nel 179.3 , pieno di meriti per l’apostolico ministero, che vi esercitava con tanto zelo, e di tauta gloria per li suoi importanti e dotti letterarj lavori . XCVI. Per quanto abbiamo scorso rapidamente, ciò che fu fatto per promuovere la letteratura orientale in Europa, il leggitore dee ravvisare, che agevolata era la via per illustrare le cose asiatiche . Tanto più che smisuratamente era cresciuto il numero dei viaggiatori di tutte le nazioni Europee, che aveano moltiplicate le relazioni di ogni parte del mondo . I confini di questo scritto non mi permettono di euume- (1) Quantunque questa, come ogni altra opera umm» non sia del tutto scevra d’ errori , non credo che multi concorreranno nell’ opini one del sig. Pinkerton» che questo celebre letterato non fosse versato nè nella storia , nè nella geografia Greca e Romana. ( Recher. sur l’orig. des Scyth. p. 5 iti. ) (2) Furono inseriti i suoi scritti nell’opera intitolata: ,, Memoires concer- » nents 1’ histoire, les sciences , les arts , les inocurs , et les usages de* Chinois . Paris 1789. voi. xv. in 4- L opere le più importanti ivi contenute, che Amyot traslato in Francese sono , una Storia degli Uomini illustri, e una notizia dei popolj che furono, o che sono tributari della Cina . del m 1 l ione xci rurle partilameute, ina delle più accurate e dotte ci siam serviti per commentare il Milione . XCVII. Colla consueta brevità tratteremo adesso, di ciò che fù fatto nel secolo decimo ottavo, per illustrare l’opera di cui tessiamo ia storia . Nella Raccolta dei viaggi fatti principalmente in Asia dal XII. al XV. secolo, pubblicata dal Neaulme (a) con un Trattato delle navigazioni e scoperte, ed un compendio della storia saracenica di Pietro Bergeron fu data una versione francese del viaggio del Polo . L’editore si valse della lezione del Mullero di cui ristampò la prefazione . Ma non può dirsi che con ciò agevolasse in verun modo l’intelligenza del libro, niun espresso lavoro avendo fatto all’ uopo; indirettamente giovarono all’argomento i lavori del Bergeron (i). ISella Raccolta di viaggi, e navigazioni dell'Harris colle giunte del Campbell, fu pubblicato in In- gleseil Milione, ma in questa edizione fu rivestita con più moderne fug- gie , l’antiquata abbreviazione che ne fece il Purchas : ne furono rettificati i nomi propri talvolta , dietro la scorta della lezione ramusiana , e delle edizioni latine dell’ opera , si ebbe cura di aggiungervi alcune giudiziose dissertazioni. Ricomparve l’opera nella nuova raccolta inglese di viaggi dell’Asteley compilata dal Green , e le brevi note che dichiarano il testo non di rado dilucidano alcuni nomi geografici del Milione. Ma l’editore fece.rivivere molti dei dubbi ingiuriosi alla memoria del Polo, relativi alla sincerità dei suoi racconti. Osserva giudiziosamente il Marsden (6), che tali dubbj si divulgarono in Europa, allorché questa raccolta tradusse in francese T Ab. Prevost, e la pubblicò col titolo di Storia Generale dei viaggi . Nella sua Storia delle scoperte settentrionali illustrò il Forster quella parte del Milione, nella quale è discorso dell’Asia Centrale, e della Tartaria, grandissimo viaggiatore ancor esso, sebbene corresse verso l’opposto polo, dotto naturalista, e a quel che pare, anche versato nella cognizione di alcune lingue orientali, è un sagace conghietturatore , e sovente luminoso nelle sue ipotesi, ma gli accade anche di traviare, seguedo le orme Menagiane delle eti- timologie, nell’investigare la correlazione di alcuni antichi nomi geografici coi moderni (2) . Recentemente il dotto signor Malte Bruii nel- (a) Haja 1735. 2. voi. in 4- (¿) Introduc. p. lxxix. (1) * Voyages fait principalment en Asie dans le xu. xin. xiv. xv. siede. Pur
- Neaulme a la Haye 1735. v. 11. 4. 0 ,,
(2) Scrisse il Foraler originalmente in Tedesco. Fu tradotta l’opera in Inglese e in Francese . Ci siamo serviti di quest* ultima versione, che ha per titilo: s> Histoire des Uecouvcrtes, et Voyages faits dans le Nord. Paris Chuchel 176^. » voi. 2. in 8. » XCI! STORIA la sua Geografia Universale, con l’usata perspicacia alcuni luoghi rammentati dal Polo, e specialmente nell’ Indie dichiarò . XGVIII. Tempo è ornai di volgere nuovamente gli occhi all’ Italia , che dall’età del Rainusio fino al secolo decimo ottavo, nulla aveva scritto intorno a questo illustre suo figlio, se se ne eccettui ciò che disse il Terrarossa nelle sue riflessioni geografiche intorno alle terre incognite (<?) ; sembrava che essa perduto avesse l’amore degli studj geografici , perchè mestamente svolgendo le carie dei suoi fasti passati, vi leggeva, che alle veglie, alle meditazioni, all’intrepida audacia dei suoi magnanimi, erano dovuti quei mirabili scuoprimenti, di cni niuu guiderdone avea tratto . Anzi mentre le altre genti Europee erano divenute polenti in ricchezza, era in Italia avvenutala decadenza dei suoi traffici e della sua marineria, perciò erasi volta a coltivare le lettere, e le arii del disegno quasi per alleggerirsi il peso di così triste rimebranze. Crebbe anco in pregio la Storia Letteraria, perchè l’Italia fece appunto come quelle nobilissime casate, che negl’insulti di fortuna, si compiacciono di ridursi a memoria le geste gloriose dei trapassati . IC. Illustre nella carriera della Storia Letteraria fu Apostolo Zeno,ma nondei tutto scevro nè di prevenzioni, nè di animosità,che alquanto oscurarono la vastissima ed esatta sua erudizione. Esso per incidenza nel suo co- mentoalla Bibliotecaltaliana delFontanini discorse del Polo, e die alla reputazione ad un testo del Milione scritto in veneziano dialetto , che dal nome del possessore detto fu Soranziano, che affermò essere l’originaledet- tatura del Polo, sebbene insussistente sia tale asserzione come abbiamo altrove notato . Ma al diligente Zeno non riuscì arricchire l’Italia di peregrine uotizie intorno al viaggiatore . Voleva diffondersi intorno all’argomento nella seconda parte della Storia Letteraria Veneziana il Djge Foscarini, e lo avrebbe fatto con accuratezza, con critica , con dottrina , ma la morte che dilegua inopinatamente ogni umano proponimento, gli tolse di compiere 1’ intrapreso lavoro . Il Tiraboschi ne discorse forse più di quello che comportavaulo i limiti d’ una storia Letteraria d’Italia, e bastantemente trattò dei motivi, e dell’estensione dei viaggi dei Poli, delle accuse date a Marco , e da non poche esagerazioni il difese. Indirettamente trattarono di quei Veneti illustri , il Marini nella Storia del commercio dei Veneziani , il Filiasi nelle Memorie Storiche dei Veneti primi e secondi. C. Volle accingersi all’illustrazione del Milione il celebre Professore Toaldo, ne tenne meco stesso proposito, ma non compiè il suo la- (<z) Pad. 1687. DEL MILIONE XCII1 voro . Se giudicarsi debbe però, da ciò eh’ ei dice delle peregrinazioni del Polo nei Saggi di studj veneti, sembra che una soverchia predi- lezione pel viaggiatore, lo portasse ad esagerare l’estensione dei suoi viaggi (i) . E ad esso sarebbe avvenuto come al viandante , che sebbene nel partire di poco diverga dalla retta via , tanto più si dilunga , quando più crede allo scotto appressarsi. Il Toaldo che aveva letta nel Milione la relazione d’ un isola , che tanto era a tramontana, che la stella polare alquanto rimaneva di poi verso il mezzodi («), calcolando che ai tempi di Marco , potesse essere quest astro cinque gradi discosto dal polo artico, giudicò che il viaggiatore potesse essersi almeno inoltrato fino agli ottanta gradi di latitudine settentrionale , e ne dedusse, essereei corso più innanzi dialcun altro navigante, prima, o poi, senza eccettuarne i recenti e famosi Inglesi navigatori, Cook, e Phipps. E avendo notato il dotto professore, che dice il Polo esservi un regno della Giava Minore, tanto a mezzodì, dal quale non solo la stella tramontana non vi si può vedere , ma nemmeno le stelle del carro , ne conchiude , che questa isola doveva appartenere alla nuova Olanda, o alla nuova Zelanda , e che perciò il Polo si dilungò trenta gradi a mezzodì dell’equatore , quanto faceva d’uopo inoltrarsi perchè si ascondessero all’osservatore le stelle del carro, e conchiude che Marco avea scorso della terra cento venti gradi in latitudine, e per lo meno altrettanti in longitudine , che vuol dire settemila dugento miglia tanto in lungo , che in largo , e in superficie cinquanta milioni di miglia quadrate, uu terzo della terra tutta. CI. Sfuggì per altro al dotto scrittore 1 osservazione, che se anche il Polo fosse salito fino ad ottanta gradi di latitudine settentrionale, non poteva vedere come ei lo narra, alquanto verso il mezzodì la stella polare, e che s’ei parlò de’ litorali settentrionali dell Asia lungo il Mare Ghiacciato, lo fece per relazione dei Tartari che andavano a cercare i girfalchi pel Gran Can , e pei signori del Levante, i quali si compiacquero di asserirgli una falsità (6) , come l’altra ,che nella così detta Regione delle Tenebre, non spuntava nè sole, nè luna, estendendo a tutto il corso dell’anno il fenomeno che per alcuni mesi vi accade (a) Lib. i. cap, xlix. (¿) T i. cap. 177. (1) Quanto si dige nel presente Capo è estratto da un operetta d- I TuaUo, che ha per titolo Saggi di Studi Veneti , Venèzia per Gaspero Storti 1782. in 8. p 17. Io non potei veder l’opera , ma fui gentilmente favorito dalchiar. Ab. Zurla che mi fece trascrivere esattamente, quanto scrisse il Toaldo intorno a questo argomento . XCIV STORIA dell’occultazione del disco solare. Che perciò il veneto viaggiatore fu troppo credulo , nè aveva bastanti cognizioni astronomiche per rettificare l’asserto. Ma avendo noi dimostrato che la Giava Minore del Polo è l’isola di Sumatra , ove visibile è la Costellazione del Carro , fa d’uopo credere, che ivi si recasse il Polo nei mesi dell’anno, che nella notte è invisibile a quegli isolani (a). Rettificheremo adunque i computi del Toaldo a seconda della nostra opinione , non fondata su congetture, ma sulle ragioni che abbiamo esposte nelle nostre dichiarazioni , e annotazioni al Milione. 1/ estensione dei viaggi del Polo in longitudine sono da Venezia a Zaitum nelFokien (b), terra la più orientale che ei visi tasse, nell’Asia , o sia percorse gradi cento venti sei (i). E valutando la lunghezza media del grado fra il cinquantesimo sesto di latitudine settentrionale, e il settimo della meridionale , che a mente nostra sono i punti estremi dei paesi che percorsero i Poli ili Latitudine, come dirassi, a cinquantun miglio a grado, la lunghezza del suo viaggio da oriente a occidente nella più ristretta ipotesi sarebbe di 6426. miglia , fatte quasi tutte per terra . Quanto all’ estensione dei suoi viaggi da tramontana a mezzodì, non ne valuterò come punto estremo a tramontana Caracorum , ove é incerto eh’ ei si recasse , ma Bolgari ove furono Niccolò e Maflìo, il padre, e lo zio di lui (c), città posta a cinquanta sei gradi di latitudine settentrionale, è valutando per punto estremo al mezzodì, il settimo grado di latitudine meridionale , cui corrisponde il centro della costa , che volge a tramontana dell’ isola di Giava, ch’abbiam dimostrato ch’ei visitò (c/), i Poli avrebbero percorsi sessanta tre gradi in latitudine, ossia tremila settecento ottanta miglia. Talché essi scorsero in lungo, e in largo un paese dell’estensione di 24, 290, 280. miglia quadrate . CII. Non fu solo il Toaldo ad ampliare i Viaggi del Polo. Lo fece viaggiare sino al Madagascar il Barrow, e si compiacque di soggiungere, che ciò non potea negarsi, se non si faceva come i compatriotti di lui, (noi Italiani) che trattiamo di favoloso, ciò che avvi di più probabile nella sua relazione, e crediamo piamente a tutti i miracoli, che asserì essere stati fatti dai Nestorini Armeni (e): ed è tanto mal fondato (a) V. t. II. n. 759. (b) t. II. n. 663. (c) t. il. ri. 6. (*/) l.u. n. 717 (e) Voyag. en Chin. t, 1. p. 7'2. fi) Venezia secondo il Libro intitolato „ Connoissance des tom.% ,,èa 2o.° 44'Zaitum, o Siven-teheu secondo la carta dell’Asia dell’ Anville è a 137 .* 10.'all’ Oliente del meridiano di Parigi. DEL MILIONE XCV questo suo non meritato sarcasmo, in quantofchè il Polo stesso a (Ferma , che dietro le relazioni dei mercatanti favella di quella isola (a). CI1I. Anche in questo secolo fu dalla R. Società di Gottinga esternata la premura , che alcun letterato si assumesse il carico di dichiarare la parte geografica dei viaggi di Plano Carpini, di Rubruqu is, e principalmente di Marco Polo, e non solo gl’itinerari di essi, ma le regioni, i popoli, le città, i monti, i fiumi da essi rammentati si dichiarassero, e se ne confrontassero le narrazioni con quelle degli ottimi, e più recenti scrittori, in modo, da potere il vero dal falso, il certo dal dubbio discernere (i). CIV. Con grande amore per le glorie del Polo, e ad onor dell Italia, assunse fra noi tanto grave carico il chiarissimo ab. Zurla , noto già per la dotta illustrazione del Mappamondo di Fra Mauro, e per altri geografici scritti. Esso ha condotto a termine il lavoro imaginato, e non eseguito dal Doge Foscarini , d’illustrare i veneti viaggiatori i più celebri , che con ansietà attendeva 1 Europa da uno dei concittadini dei Poli, degli Zeni, dei Cadamosti , dei Conti, e dei Cabotii. L/Ab. Zurla trattò in due volumi dell’argomento (2), il primo dei quali diede interamente all illustrazione del Milione, ove più diffusamente d'ogni altro Italiano che il precede , trattò dell’ argomento. Divise il lavoro in sezioni, nelle quali dissertò dei varj testi a penna del Milione; ei raccolse le poche notizie, che intorno alla famiglia dei Poli, e alle loro vicende sono a noi pervenute : illustrò gl itinerarj dei Poli , argomento il più arduo e il più intrigato. I fatti storici, le cose naturali , le religioni , le costumanze dei varj popoli nel Milione toccate dichiarò, e non meno ciò che di notevole vi si legge intorno alle scienze, alle arti, ai traffici , alle navigazioni. Non posso per la natura di questo scritto, numerare che di volo alcuni dei più singolari pregi dell’ opera. fa) T. 1. p. 197. ( 1) Commentar. Societat. Regi. Gottingensis recentiores Voi. 1. Praef. pag. xm. Gotting. 1811. ,, Geographia Carpini, Kubruquis,et in prùnis Marci Poli Vene- ,, ti , qua non solum horum virorum itinera , verum etiam regiones , populi, ur- ,, bes , montes, et fluvii, ab eis memorati excutientur, utque cuín optimnrum et ,, recentissimo! urn auctorum narrationibus, ita componantur, ut vera a falsi*, cer- ,, ta ab incertis, facile distingui possint. „ Sarei troppo felice se l'illustre Società ravvisasse , che almeno in parte, con questo lungo e penoso lavoro, avessi corrisposto ai desideri della medesima . (2) » Di Marco Polo e degli altri viaggiatori Veneziani più illustri. Disserta- t> zioni del P. Ab. D. Placido Zurla,con Appendice sulle antiche Mappe Idro-Geo- » grafiche, lavorate in Vene/.ia 2. voi. Venezia Picotti 1818.» XCVI s TOR I A Ei ha posto in chiaro in qual concetto debba tenersi il testo a penna del Milione, detto Soranziano, che come dettatura originale del Polo decantò lo Zeno . Fece vedere in che poco conto siano da tenersi le prime stampe del Milione, nel vernacolo dialetto del Polo, fatte in Venezia , e in Treviso. D e nuovi lumi intorno al semifavoloso Prete Janni, di cui si è tanto parlato, e con ciò venne a rettificare alcune opinioni da me avanzate, in una dissertazione, che intorno a quell’argomento pubblicai. Servigio importantissimo, rendè alla geografia del Milione facendo incidere, e dando la storia di quella celebre tela del Salone dello Scudo, ove sono segnati gl’itinerarj del Polo, da alcuni in alto concetto tenuta, da altri come di poco o niun conto male a proposito reputata (1). La medesima conferma la direzione, che io congetturalmente assegnai al viaggio , che fece il Polo da Badagshan per recarsi a Kei-pim-fu o Ghemenfu, come esso appella l’estiva residenza del Gran Can dei Mogolli . Preziosa , e feconda di nuove erudizioni è quella parte dell’ opera , nella quale tratta di alcune antiche carte idrografiche dei Veneziani . E per quanto, ciò che vado a notare non interessi diretta- mente l’argomento primario del mio lavoro, debbo affermare, che dietro la scorta di manoscritti , rettificò talmente F itinerario di Niccolò Conti, che traviato e scorretto vide la luce, nel libro delle navigazioni del Ramusio, che lo Zurla ha rivendicata ad esso la fede, che a lui com- petesi, e che io stesso con molti altri, al celebre viaggiatore rifiutava . Nel decorso dell’opera, il leggitore ravviserà quante volte mi sia occorso giovarmi dei nuovi lumi dati dallo Zurla intorno aU’argomento, che ambedue imprendemmo a trattare. CV. Riflette a ragione il dotto scrittore, che per una combinazione singolare dei tutto, dopo cinque secoli, che si attendeva una diretta illustrazione del Milione , accadde, che mentre la sua vedeva la luce, altra ne uscisse in Londra , ed altra ancora si stampasse in Firenze. L’Inglese illustrazione è lavoro del dotto Sig. Marsden, già meritamente celebre per la sua Storia di Sumatra. Sino dal 1786. che in quell’ isola attendeva a compilare l’opera , s’accorse che la Giava Minore del Polo era Sumatra: ammirò l’esattezza dal viaggiatore, nu- dri revereuza per esso. Niuno meglio di lui poteva assumere il carico d’illustrare il Milione. Aveva ei stesso visitate varie parti dell’ India , rammentate dal Polo, s addottrinò in alcune favelle orientali. Ebbe agio di fornirsi della copia di lumi della sua nazione, che ha aperte e rispettate relazioni con tutti i popoli della terra. Chi meglio adunque di lui, poteva appagare il voto della repubblica delle lettere, di (1) Vedasi l'illustr. Pi ima . DEL MILIONE XCVU vedere compiutamente illustralo il Milione? Esso non ha de fraudata una tanta speranza . Per rendere più perfetto il suo lavoro, traslatò la relazione del Polo in Inglese, valendosi all uopo della lezione Ramusia- na , eh’ei riconobbe per l’ottima. Precede la versione un erudito, e critico proemio, che contiene la vita del Polo; alcune generali considerazioni intorno al Milione; le cause che lo determinarono a trascegliere il testo che traslatò : tratta congetturalmente della favella, nella quale fu dettato il Milione ; della veracità della relazione; della caria geografica, che a dilucidazione del viaggio pubblicò; tiene discorso dei manoscritti del Milione da lui veduti; delle varie traslazioni, e edizion del medesimo. Arricchì il testo di gran numero di varianti, tratte da varj manoscritti e da stampe: la relazione del Polo illustrò, con coni mentarj, che abbondano di erudizioni peregrine, e sono doviziosi di no tizie relative alla storia civile e naturale, alla geografia, agli usi, ai co stumi, e ciò dichiara di quanta critica e dottrina sia fornito il Signor Marsden. I redattori Francesi ed Inglesi di novelle letterarie concederono all opera i meritati encomi. CVI. Comparvero i lavori dello Zurla , e del Marsden allorché io avevo di già stampato il testo del Milione , citato dagli Accademici della Crusca. Anzi mi feci un dovere di trasmettere quella stampa, al primo dei chiari scrittori , il quale ne die conto in alcune oorrezzioni ed aggiunte, che pubblicò in calce dei due volumi testé rammentati [a). E quelle aggiunte fanno fede nel modo il più autentico, che quanto alla direzione dei viaggi dei Poli, se io combino col Marsden in vari punti, ciò è frutto dei nostri particolari sludi, che io non potevo essere soccorso da un opera, che allorquando comparve, aveva di già stampato il Testo del Milione della Crusca . A detta epoca , cioè nel 1818, io aveva anche preparati i commentarj , a dichiarazione del Testo Ramusiano , che vede adesso la luce. Ma appena ebbi sotto occhio i due insigni lavori dello Zurla , e del Marsden , mi accorsi che occorreva ritoccare, ampliare, o variare il mio in molti luoghi, e per così dire rifonder l’opera già fatta, si per chiarire il leggitore, perche in molti luoghi io mi discosti dalle loro opinioni, in che mi sia giovato dei loro lumi; in che seco loro io convenga, in che da loro mi allontani : in che raddirizzarono i miei giudic] e congetture, dichiaralo il commentario nel quale ho scrupolosamente queste cose notate. Pure tuttavia toccherò qui di volo alcune notizie importanti , attinte nello scritto del Marsden . A lui debbo la preziosa avvertenza , che il Paese («) Di Marc. Poi. c di gli altri Via^giat Viniz. t. 1. p. 587. t. II. p. 397. Stor. del Milion. V. I. n XCVIII STORIA detto Timocaim dal Polo è quello di Damagan in Persia : e quella importantissima località, può dirsi la chiave dell’itinerario del Polo nella sua andata al Catajo, e al suo ritorno. In quell’opera attinsi la cognizione della moderna denominazione di alcuni luoghi, v isilati dal Polo nel recarsi dall Yun-nan nella provincia di Mien, che cosi appellò il Pegu. CVII. Reputo conveniente, il toccar di volo alcune cose relative al mio lavoro . Dichiarai in principio, ciò che mi mosse a pubblicare il volgarizzamento del Milione, citato dagli Accademici della Crusca, ma mi accorsi, che con questa fatica avrei soltanto giovato alla favella, ma poco alla storia, ed alla geografia . Imperocché se per molti lati, il testo che vede la luce è pregievole, dee considerarsi, come l’abbozzo d una dipintura. Credei perciò che la piena trattazione dell argomento, chiedesse la ristampa del Testo Ramusiano , e che questo con i nuovi lumi tratti da altri codici convenisse correggere . La copia delle materie, mi mosse a dividere in due volumi l’illustrazione del Milione. Contiene il primo il l esto della Crusca, con le varianti di sei pregievoli manoscritti da me collazionati . Mi sono astenuto dal registrarvi le errate, o inutili varianti, ed ho solo prescelte quelle spettanti ai nomi geografici, o storici, o alle date cronologiche , o che raddirizzano, o che schiariscono l’intelligenza dei testo, e vi ho dichiarato, ciò che spetta alla favella; e quanto comportalo la mia tenuità , ho illustrate le cose relative alla storia naturale, ed alla botanica» Non intesi giovare agli scienziati, ma ai leggitori, che non si volsero allo studio di quelle discipline . Gli ultimi capi del Testo della Crusca, che non leggonsi nel Ramusio, ho per lo intero commentati . Il volume secondo comprende le illustrazioni storiche, le geografiche, o di vario argomento. Alcune note hanno sembianza piuttosto di dissertazioni; ma per istudio di brevità, non volli lasciare dubbie o intatte molte questioni relative al Milione, che dierono occasione a interminabili controversie. D’altronde chi non vuole in tali studj internarsi, scelga a sua posta ciò che gli aggrada. La carta geografica, ove sono segnati gl’itinerari dei Poli, eie dichiarazioni che corredano il testo Ramusiano , ammaestrano bastantemente perchè ivi siano delineati quali vi si vedano. Quelle dichiarazioni dilucidano anche i viaggi che fece Marco per servigio del Can , nuovo argomento fin ora intatto. CVJII. Reputo non esser discaro, se io darò conto delle diligenzeusate per la redazione della carta geografica. Nulla avvi di più mutabile della condizione politica dell universo. Picciol rivo rimane pacifico possessore del suo alveare per secoli e secoli, mentre cadono le DEL MILIONE XC1K città, cadono 1 regni, por opera d’irrequieti conquistatori, cui al termine della vita, occorre solamente tanta terra, quanta ne occupa angusto avello , nè perciò le ceneri di essi sono sicure di rimanere inviolate. La geografia varia a grado delle vicende , e mentre queste si succedono , mentre s’incalzano le generazioni, si mutano le costumanze, le favelle, e gli armoniosi nomi Greci e Romani delle città, delle provili- eie spengono appellazioni Scitiche o Tartariche, non rimangono indelebili in parte, che i lisici lineamenti che die il Creatore alla terra. Perciò lodevolissimo è il moderno studio della geografia fìsica. E per quanto comportalo la dimensione della tavola geografica , che vede la luce, l’Ab.Borghi anche 111 ciò si diè cura di appagare gli studiosi . CIX. Questo Geografo, che 11011 ha guari cessò di vivere, merita ammirazione. Nato in umil loco, senza ani maestra mento d alcuno , sospintovi da naturale inclinazione , per isforzo d’ingegno, per indefessa applicazione, giunse a meritare posto distinto fra’ geografi Italiani. L’ampiezza della carta è tale, che comprende tutti i viaggi dei Poli; cioè in longitudine s’estende da Venezia fino ai lidi occidentali del Giappone; in latitudine dal parallelo di Bolgari a quello, che è a mezzodì dell’isola di Giava. Somma diligenza fu usata nel delincare ogni parte dell’Asia. Si valse il Borghi delle celebri carte generali dell’ Anville e dell Arrowsniith ; l’atlante Cinese del primo, servi di guida per la Cina e per la Tartaria. E di gran momento per l’ultima contrada furono le carte geografiche, che l'illustre Pallas pubblicò ad illustrazione del suo viaggio nell Imperio Russo (i), e specialmente per segnare il lago di Baikal, e le contrade adiacenti, cuna primitiva dei formidabili Mogolli . CX. La parte centrale dell’Asia meno nota è quella Compresa fra la Cina e la Persia. Non si hanno altre relazioni di viaggiatori Europei , che quella del Polo, e 1 inesatta e confusa dell’infelice Benedetto (joes(/i). Fu supplito a tale scarsità di notizie, coi lumi di recente recati da alcuni illustri viaggiatori Inglesi , che si giovarono con lodevole esempio, dell’estensione dei trallici, e del potere della loro nazione, per arricchir di nuovi lumi l’Europa , relativi alle scienze naturali, alla storia, alla geografia. Consultò il Borghi la carta delle confo) V- t. n. noi. 178, (0 }• Voyages du Proftsscur Pallas dans plusieurs provir><es de l'Empire de ,, Russie . Traiuit de l’Allemand par Gaulhier de ia Fellonie. Par. an.2.de la Rc- „ puuliq. voi. 8. in 8. avec Alla». ,, c STORIA Irade comprese fra TE u fra te e l’Indo da oriente a occidente, e fra l’Osso, il Tarenck, e l'Oceano Indiano da tramontana a mezzodì, che Macdonald Kinnier pubblicò a dilucidazione della sua memoria Geografica intorno all’Imperio Persiano, ove sono segnate le vie che seguono nell’interno dell’Asia le carovane (i) . Sarebbe stata omissione non lieve, il non valersi dei dotti lavori dell’acuto Rennel. Opera insigne è la sua descrizione istorica e geografica dell’Indostan (2), con belle ed esatte tavole geografiche illustrata. Non solo si giovò il Borghi della classica autorità della sua carta generale dell’India , ma anche di quella, ch’ei pubblicò dei paesi posti fra Delhi e Gandahar, redatta sui materiali del Capitano Kirkpatrik : nè meno utile fu l’altra dei paesi poco noti fral Gange e il Caspio. Di nuovi lumi intorno all’Asia centrale ci arricchì il viaggiatore Elphinston, che la Compagnia dellTn- die spedì in legazione alla Corte di Cabul. La sua relazione è adorna d’una carta , lavoro geografico del Tenente Giovanni Macartney, la quale comprende quel reame , e i paesi adiacenti (3) . Questa il Borghi copiò nelle proporzionate dimensioni, e trasportò nella sua. Così usò per le scoperte fatte di recente dai diligenti viaggiatori Inglesi i Capitani Grant, Christie, e Enrico Pottinger notate in una tavola dei paesi fral Cabulistan, l’India, la Persia, l’Oceano Indiano, aggiunta alle loro relazioni, che tanta luce reca su due vasti paesi, il Sin- dhy, ed il Belutchistan, contrada ch’era all’Europa del tutto ignota (4) Della cura apposta dal Pottinger nel delineare la carta, ne e dato conto in un’espressa dichiarazione («) . CXI. Anche l’estesa penisola di là dal Gange destava il desiderio (a) T. 1. p. v. (1) » A Geographical Memoir ofthe Persian Empire accompanied by a Map . » B_y John Macdonald Kinnier. Lond.l8i3. in 4 » La carta geografica si estende dal grado 24 0 al 45-° di latitudine settentrionale: e in longitudine dal 28 0 al 72.0 ad o- riente diGreenwich. (2) » Description Histoi ique etGeographique de l’Indostain par Jam?sRennel, » traduite en Francai» par J. 13. Boucheseiche Par. 1800. voi. m. in 8. avec un Re- 5) cucii de Cartes Geogiaphiques pour la Description del’fnrlostan 1. voi. in 4- » (3) Il Frontespizio dell’opera è il seguente: ,, Au account cf thè Kingdom of » Cabul , and its dependences in Persia, Tartaria, and India. By Mountstuard » Elphinston. London l8i5. in 4. La carta comprende i paesi trai 28.° c il 3g.° di ,, lat. e il 6o.° e il 79.0 di longitudine dal Meridiano di Greenwuh . (4) „ Voyages dans le Béloutchistan et le Sindey par Henri Pottinger. Traduit » par Eyries. Par. 1818. v.2. in 8.,, La carta geografica comprende i paesi, che si e- •tendono dal 23.° al 35.° di Ut. seittntr. e dui 52.° aH’Oi ienle di Greenwich al 73.* DEL MILIONE CI che fosse illustrata con nuovi lumi geografici, e specialmente quella parte che è compresa fra’ confini ilei Pegu , e del Yuuuan, che non ci è noto essere stata da altro Europeo visitata che da Marco , nel recarsi per commission del Gran Can, da Cambalu al regno di Mieli . E all uopo utilissima fu una carta dovuta alle cure del Signor Dalrymple , che vide la luce colla Relazione dell’ambasciata al regno d Ava, o all Imperio dei Birmanni del Maggior Symes (i) . CXI1. Dobbiamo avvertire ciò che ci mosse a variare nella nostra Carta geografica la posizione , che assegna a Gashgar 1’ Aitante Cinese deH’Anville. Il rammentato Rennel avvertì congetturalmente , che errata era la posizione di questa città , e ne allegò molte ragioni che se non dierono positiva certezza della cosa, ne desiavano fondato dubbio . Secondo esso la città di Cashgar non a quaranta quattro gradi di latitudine doveva essere allogata , ma al più a quarantadue e due terzi (a). E per l’autorità della carta dello Strahlenberg , e per alili dati ne credè la longitudine assegnatale nella carta dell Auville di quattro,«) cinque gradi più all oriente del vero (6) . Ora m’ occorse a caso di veder giustificate le congetture del dotto Inglese con positive osservazioni. Nelle Lettere Edificanti (c) fu pubblicala la relazione inviata al suo signore da un condottiero Cinese , che fece la conquista dei paesi , che dalla Cina si estendono fino alle pendici del Belur Tag. Secondo i computi del condottiero era Cashgar, sotto lo stesso parallelo di Peki- no, ma i Missionari correggono in una nota questa congettura con le osservazioni fatte dai Padri Rocha ed Espinlia li 26. Novembre 1709, che verificarono essere quella città a 39.0 e 35. di latitudine , ed affermarono che la sua longitudine era sei gradi ed alcuni minuti più occidentale di quella, che vemvagli assegnata nella carta del Dualdo. Per altre osservazioni dei due missionarj , la latitudine di Yerkend è a 38.'* 21/ ma non ne segnarono la longitudine. Conosciutone il parallelo fu agevol cosa 1’allogar nella carta Yerkend, anche nella sua posizione longitudinale , dietro la scorta della sua distanza itineraria da Cashgar, che è segnata in un itinerario pubblicato da Macdonald Kinnier nell’ opera testé citata (ci). Avremmo desiderata una guida ugualmente sicura (a) Desciipt. des Ind. t. 11. p. 257. (A) Ibid. p. 267 (c) Voi. xxiv.p 25. 00 Pag 422- (1) Fu pubblicata col seguente titolo. A11 account of an Ernbassy tho thè
- Kmgedom of Ava , in thè year 1795. Michael Symes. London i8ow. 4-
(Questa Carta Geografica comprende le contrade racchiuse irai io.° e il 29 ° di Lati, tudine ; e il 9G.0 e 107.0 di longitudine all’ Oliente di Greenvvich . CI1 S T R O I A per allogar le altre città che (la Peim alla Cina s' incontrano. Ma senza autorità certa non abbiamo osato (li alterare la posizione assegnata loro nella carta (lei Gesuiti ; ed è perciò che da Peym a Lop la linea che segna il viaggio del Polo, si volge bruscamente a tramontana, quantunque sia da congetturare che Lop giaccia più a mezzodì della posizione che alla detta città viene nelle carte dei Gesuiti assegnala . CXII1. Pari accuratezza fu usata nel delineare le isole più celebri dell Oceano Ijidiano . Quantunque a nostro avvisodi poco siali si rettificati i contorni dell Isola di Ceylan, dopo la tavola geografica che pubblicò di quest'isola tanto famosa il de 1’ Isle, a dilucidazione della traslazione francese della Storia della medesima del Ribeyro (a) , pure fu consultata la carta recente, che è unita alla moderna Storia che del Ceylan tessè un anonimo , che prendé il nome di Filalete , il quale pubblicò nuovamente 1 antica reputatissima Relazione dell’isola di Roberto Knox (i) . Così per la Giava ci giovammo dJ una tavola, che vide la luce colla dotta ed encomiata Storia dell’isola del Signore Stamford Raffl.es (6), nella quale si nota 1’ importantissima rettificazione, che 1’ isola ha minor ampiezza in alcune parti , di quella, che suolevasi assegnarle da tramontana a mezzodì . Questa nostra carta geografica è la prima , nella quale siano segnati gl itinerarj dei Poli in tutta la loro ampiezza . I luoghi da loro visitati, o descritti, vi sono segnati coll’appellazione (lata ad essi da Marco Polo, e colla corrispondente moderna nomenclatura. Per ornarla di notizie vi furono indicati anche i nomi antichi di alcune provincie e città le più note. Il commentario al Testo Ramusiano del Milione dichiara la diligenza c l’accuratezza di questa parte forse la più importante del nostro lavoro. Potrà rilevarsi, che pochi sono i luoghi , di cui ci sia occorso di non ravvisare la corrispondenza , ne chiedendo a veruno cieca fede , scrupolosamente allegammo gli argomenti, che mossero i nostri giudicj . La linea a due colori in Affrica e in Asia , offre a prima faccia i limiti delle scoperte degli antichi in quelle regioni , secondo che per me si avvisa, e quanto gli estendessero i Poli comparativamente ai Greci, ed ai Romani . Ci dilungheremmo di troppo rendendo ragione, di ciò che ci determinò ad assegnare quel confine alle cognizioni degli Antichi, e (a) Amst. 1701. 12. (b) V t. H. noi. 118. (1) ,, The History of Ceylan from thè earliest period lo ihe year i8i5. By » Philalethy, to wich »» surjoined Robert Knoxs Historical relation of'the Island. j, London 1817. in 4. „ Questa Relazione dello K.nox abbiain rammeutaUvol.il not. 784. DEL MILIONE CUI inutilmente, imperocché il primo libro della Storia delle relazioni vicendevoli dell’Europa e dell’Asia abbastanza il dichiara. CXIV. Ed essendomi occorso di rammentare questa parte la più laboriosa dei miei lavori, e volendo a studio di brevità che la Storia del Milione, faccia anche ufficio di prefazione, credo dovere avvertire il Leggitore, che non ebbi in animo di scrivere una storia estesa qual ora si legge, nè di avventurarmi a cosi malagevole impresa , ma solamente di tessere un introduzione al Milione . Ma avido d istruirmi, d investigare le cause delle vicende le più strepitose, di prospero, o avverso influsso, da naturale proclività a tali studj inclinato iin dall infanzia mi accorsi divenire il lavoro di tanta mole , da non corrispondere al primiero divisamento . Il confesserò pur anche , addossatomi per tanto tempo il laborioso carico di chiosatore, mi ricreava nel dettare un opera che sente d’originalità, nella quale le mie intellettive facoltà ( quali si sieno ) potessero liberamente spaziare. Erami di sprone all’audace impresa un’ampia messa di spogli fatti per un più ardilo lavoro , di cui avventurosamente deposi il pensiero, come ne rendei conto nella dedicatoria d’altro scritto, testò da me pubblicato, (i) E:i ecco come ebbe vita la Storia delle relazioni vicendevoli dell Europa e dell’Asia, che può essere tuttavia utilissima all intelligenza del Milione, imperocché in se accoglie i copiosi materiali storici del commentario . Il metodo da me seguito nella trattazione dell argomento , non può dichiararlo pienamente che la lettura dell’opera , come pure gli ostacoli che incontrai per collegare vicende tanto disparate e di tempo e di luogo , e ciò pel lungo ravvolgimento di secoli, quanti ne scorsero da Erodoto, lino all epoca memoranda della distruzione dell'imperio Saracino . CX.V. Il valore della storia, la sua eccellenza ed utilità, fu librata con giusta lance dai sapienti antichi e moderni , e perciò molti volsero gl intelletti a tali studj . D.i ciò ne avvenne, che eccellenti storici vantano le più colte genti Europee. Perciò prevedo, che a me si chiederà come osi non far eco sovente ad alcune opinioni solennemente di- volgate, ili tempo, in cui la repubblica delle lettere parteggia, e non meno ardenti sono in quella le pugne, che nelle guerre guerreggiate. Ma che a mio schermo mi sia permesso il rammemorare, che amico ospizio del vero è un cuore non fervente eli passioni. Se quelle di\ol- gate opinioni io repudio, credei farlo a buon diritto. Ed allineile ciascuno possa giudicare delle mie ragioni, non schifai nelle note alla storia , prolissità di discorso , ed ho avuta cura di allegarne le autorità e (i) Saggio d‘ Antichità Primitive. C!V S T O R I 1 le prove. Ebbi in niente sempre fitta la considerazione, che gli eventi storici non piegano a grado dei speculativi divisamenti , che fa d’uopo reverire alquanto le opinioni dei secoli trapassati , se vogliam darci diritto alla considerazione dei posteri ; che meglio del bene, del male dell’età sua giudicava un illiterato, che un sapiente delle età posteriori . Mi si chiederà a giusta ragione, se nello scrivere io mi creda scevro d’ogni prevenzione, e replicherò candidamente, chi è buon giudice di se stesso ? Ma che di spogliarmene ebbi sollecita cura , nè mai a bello studio cercai di traviar gli altrui giudicj . Ma se ciò mi fosse avvenuto involontariamente: se lo scuoprimento di autorevoli documenti fosse valevole ad attenuare le mie ragioni , o dichiarasse le mie opnioni erronee , gradirò , anzi applaudirò ad una critica moderata e ragionevole (i)_, che gioverà al vero. Ma se fosse avvilitala critica da motteggi , se questi si credessero valevoli a supplire al ragionamento, e alle prove , persuaso che scendendo nell’ agone, le contese divengono animose, oscuranti il vero, e tali da non essere rettamente definite che dai posteri , seguirei la via pacifica del silenzio. Perchè ben mi rammento, che nella mia adolescenza, udiva dare l’epiteto d’umane alle lettere^ e come tali venerandole non ne farei niun conto se dalla loro primitiva indole degenerassero . Spero che il leggitore vorrà per ultimo essere indulgente,relativamente ad alcuni errori tipografici d’opera tanto voluminosa, e di laboriosissima correzione, cui non potè vegliare con tutta 1’ assiduità , un uomo sommamente distratto da pubbliche e domestiche cure. (t) Di precipitosi giudizj ne fornì un esempio il celebre Giornale , intitolato Ouarterlj Review . Vi si rende conto con alquanta ingiustizia della Dissertazione citata del Chiaris. Zirla intorno a Marco Polo ,e si soggiunge : „Giudicando degli » scarsi materiali addizionali, che si trovano sparsi qua e là nelle opera dello Zurla , » non abbiamo motivo di formarci veruna grande espettativa dell altre due opere, » che stanno per comparire ( intende fra questo comprendere questa che vede la v luce), pochi , o punti nuovi lumi, dubitiamo ,che probabilmente emergeranno » dai nascosti ripostigli d’Italia Quanto più fondatamente avrebbe potuto esercitare la sua critica il Giornalista, se riserbavusi a ragionar di quest’opera dopo la sua pubblicazione ?
- ↑ Elog. degl’Illustri Pisani t. i. p. 176.
Camarcam, e Ansuva; di poi è uno altro porto che si dice Odeinda (Odeida), e da Odeinda a Lamoia, (Lahoia), e da Lamoia a Guda (Gudda ). Questo purto di Guda è giunto con il Monto Sinai, che come saprete è in Arabia Diserta, dove dicono eh’è iscala di tutti e’ navili che vengono da India , e da Mecca. E in questo porto dicono che discaricano tutte le spezzerie, e drogherie, e gioie; e tutto quello che pongono qui, di poi vengono le carovane de’ cammelli dal Cairo, e d’ Alessandria, e le conducono lì , che dicono che vanno ottanta leghe pel deserto d’Arabia. E dicono che in questo Mare Rosso, non navigano se non dì di per causa di molti scoglj, e secche che vi sono. E molte altre cose mi furono conte di questo mare, che per non essere prolisso si lasciano.
» Ora dirò la costa del Mare Rosso dalla parte dell’ Affrica. Alla bocca dello stretto d’esso mare sta Zoiche (Zeile), ch’è signore d’essa uno Moro, che si chiama Agidarcabi, e dice che sta tre giornate appresso al porto di Guda, tiene molto oro, molti al fanti e infinito mantenimento. » Da Zoiche ad Arbazui (forse Asab). Di questi duo porti d’ Arboiam e Zala n'è signore el Presto Giovanni, e ivi dirimpetto è un porto che si nomina Tui, e quale è del gran Soldano di Babilonia. Dipoi da Tui a Ardem, e da Ardem a Zeon. Questo è quanto io ho potuto avere del Mare Rosso; riferiscomi a chi maglio lo sa. Restami ora a dire quello che io intesi della costa della Mecca, ch’e dentro del Mare Persico, che si è el seguente.
» Partonsi dalla Mecca, e vanno per costa del mare fino a una città che Si domanda Orinuz, el quale è un porto nella bocca del Mare Persico. E di poi da Ormusa a Tus (forse Kis) e di Tus a Tunas, dipoi a Capan, dipoi a Lechor, dipoi a Dua, dipoi a Torsis, dipoi a Pares, dipoi a Stucara, dipoi a Ratar. Tutti questi porti che sono molto populati stanno dentro dalla costa del Mare Persico. Credo che saranno molti più alla mente mia, che alla verità mi riferisco, che questi mi contò uno uomo degno di fede, che si chiamava Guaspare, che avea corso dal Cairo fino a una provincia che si domanda Molecca, (forse Malacca) la quale sta situata alla costa lei mare Indico. Credo che sia la provincia che Tolomeo la chiama Gedrosica. Questo Mare Persico, dicono che è molto ricco, ma tutto non s'ha a credere, per ciò lo lascio nella penna a chi meglio ne porgerà la verità.
» Ora mi resta a dire della costa, che va dallo stretto del Mare Persico verso el Mare Indico, secondo che mi raccontonno, molti che funno nella detta armata; e massime il detto Guasparre, el quale sapeva dimolte lingue, e il nome li molte provincie e città. Come dico è uomo molto altentico, perehè ha fatto due fiate el viaggio di Portogallo al Mare Indico.