Manuale di economia politica con una introduzione alla scienza sociale/Capitolo III

Capitolo III - Concetto generale dell'equilibrio economico

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CAPITOLO III.

Concetto generale dell’equilibrio economico


1. Quanto precede aveva per scopo non già di dare la teoria, ma solo qualche esempio di una classe estesissima di fenonemi, di cui ben di rado [p. 142 modifica]si può fare astrazione nei quesiti pratici; ora ci volgiamo a studiare una classe interamente diversa di fenomeni, e ci proponiamo di ottenerne la teoria.

Studieremo le azioni logiche, ripetute, in gran numero, che fanno gli uomini per procacciarsi le cose che soddisfano ai gusti loro.

Ragioniamo di una relazione del genere di quella indicata con AB al § 89 del cap. II, e non avremo da occuparci, almeno nell’economia pura, delle relazioni del genere di BC, nè delle reazioni che da queste vengono a B. Ossia ci occupiamo solo di certe relazioni tra fatti oggettivi e fatti soggettivi, che sono principalmente i gusti degli uomini. Inoltre semplifichiamo ancora il problema, supponendo che il fatto soggettivo si adatti perfettamente al fatto oggettivo; e ciò possiamo fare perchè consideriamo solo azioni ripetute; il che pure ci concede di ritenere che il nesso tra le azioni sia quello logico. Un uomo che, per la prima volta, compra un certo alimento ne potrà comperare più di quanto occorre per soddisfare i suoi gusti, tenuto conto del prezzo; ma una seconda volta rettificherà, almeno in parte, l’errore; e così via via finirà col provvedere precisamente ciò che a lui conviene. Noi lo consideriamo quando è giunto a quello stato. Similmente, se erra una volta nei suoi ragionamenti per conseguire ciò che desidera, li rettificherà ripetendoli, e finirà col renderli interamente logici.

2. Per tale modo abbiamo enormemente semplificato il problema, considerando solo parte delle azioni umane, ed assegnando, per giunta, certi caratteri ad esse; e tale studio sarà oggetto dell’economia politica.

3. Ma d’altra parte il problema è molto complesso, [p. 143 modifica]perchè i fatti oggettivi sono moltissimi e tra loro in parte dipendenti. Tale dipendenza fa sì che la logica ordinaria diventa presto impotente, appena si trascorre oltre ai primi elementi della materia, e quindi conviene ricorrere ad un genere speciale di logica, appropriata a simili studii, cioè alla logica matematica. Non c’è dunque da discorrere di un «metodo matematico» opposto ad altri; c’è da discorrere di un mezzo di ricerca e di dimostrazione, aggiunto ad altri.

4. Inoltre, sempre per le difficoltà del problema, giova scindere la materia: principiare coll’eliminare tutto ciò che non è proprio essenziale, e considerare un problema ridotto agli elementi principali ed essenziali. Ciò porta a partire la materia in economia pura ed in economia applicata. La prima è una figura ove non ci sono che le linee principali, alle quali la seconda aggiunge particolari. Queste due parti dell’economia sono analoghe alle due parti della meccanica: cioè alla meccanica razionale e alla meccanica applicata.

5. In sostanza si tiene una via simile in quasi tutti i rami dello scibile umano. Persino nella grammatica si principia col dare le principali regole fonetiche, e poi si aggiungono i particolari. Quando, nella grammatica greca, si dice che l’aumento è il segno del passato nell’indicativo dei tempi storici, si dà una regola che potrebbesi dire di «grammatica pura». Ma essa, da sola, non vale per sapere come sono effettivamente quei passati, ed occorre aggiungervi non pochi particolari.

6. Il problema che ora imprendiamo a trattare è dunque un problema particolarissimo, e ne cerchiamo la soluzione per muovere poi, da essa, ad ulteriori ricerche. [p. 144 modifica]

7. Lo studio dell’economia pura ha tre parti: Una parte statica — Una parte dinamica che considera equilibri successivi — Una parte dinamica che studia il movimento del fenomeno economico.

Tale divisione corrisponde al concreto. Quale sarà, alla borsa di Parigi, il prezzo medio del 3% francese, oggi? Ecco un problema statico. Altri dello stesso genere sono: Quali saranno quei prezzi medii domani, domani l’altro, ecc.? Con quale legge variano quei prezzi medii; vanno crescendo, scemando? Ecco un problema di equilibri successivi. Quali leggi regolano i movimenti dei prezzi del 3% francese, cioè come il movimento nel senso del rialzo trascorre oltre al punto di equilibrio, onde è per sè stesso cagione di un movimento in senso contrario, come variano rapidamente o lentamente quei prezzi, con moto ora accelerato, ora ritardato? Ecco un problema di dinamica economica.

8. La teoria della statica è maggiormente progredita; pochissimi e scarsi cenni si hanno dalla teoria degli equilibri successivi; eccetto una teoria speciale, cioè quella delle crisi economiche, niente si sa della teoria dinamica.

9. Ora discorreremo esclusivamente della teoria statica. In essa si può considerare un fenomeno economico isolato, cioè, per esempio, la produzione e il consumo di una certa quantità di merce, oppure si può considerare un fenomeno economico continuo, cioè la produzione e il consumo di una certa quantità di merce, nell’unità di tempo. Come già abbiamo veduto, l’economia politica studia fenomeni che si ripetono (§, 1), che non sono accidentali, eccezionali, fenomeni medii; e quindi più ci avvicineremo [p. 145 modifica] al concreto, studiando il fenomeno economico continuo. La signora tale, oggi, comprerà, o non comprerà, un certo brillante? Può essere un fenomeno psicologico, ma non è certo un fenomeno economico. Quanti brillanti, in media, si vendono al mese, all'anno, in Inghilterra? Ecco un problema economico.

10. Quando sia bene inteso che il fenomeno studiato è un fenomeno continuo, non c'è alcun inconveniente a non allungare il discorso col ripetere ognora: «nell'unità di tempo»; perciò discorreremo, per esempio, del baratto di 10 kg. di ferro contro 1 kg. d’argento, e si dovrà intendere che avviene nell'unità di tempo; che non è di un baratto isolato, bensì di un baratto ripetuto, che ragioniamo.

11. Vi sono due grandi classi di teorie. La prima mira a paragonare sensazioni di un uomo posto in diverse condizioni, ed a determinare quale di queste condizioni sarà scelta da quell’uomo. Di questa classe di teorie si occupa principalmente l’economia politica; e, poichè si suole supporre che nella scelta l’uomo sarà guidato esclusivamente dalla considerazione del proprio vantaggio, si dice che quella classe è costituita da teorie dell'egoismo. Ma potrebbesi altresì costituire con teorie dell’altruismo (quando si potesse rigorosamente definire ciò che significa quel termine), ed in generale con teorie che muovano da una norma qualsiasi che l’uomo segue per paragonare le sue sensazioni. Non è carattere essenziale di questa classe di teorie, che l’uomo tra due sensazioni scelga la più piacevole; può sceglierne un'altra, secondo una norma che si può fissare ad arbitrio. Rimane solo come carattere essenziale di questa classe di [p. 146 modifica]teorie, che si paragonino le diverse sensazioni di un uomo, e non quelle di uomini diversi.

12. La seconda classe di teorie mira a paragonare le sensazioni di un uomo con quelle di un altro, e a determinare in quali condizioni si debbono porre gli uomini l'uno rispetto all'altro, collo scopo di raggiungere certi fini. Tale studio è ancora tra i più imperfetti della scienza sociale1.

13. Due vie si parano a noi dinanzi per lo studio che vogliamo fare, ed hanno ognuna i propri pregi e i propri difetti. Possiamo, cioè, studiare a fondo ogni argomento successivamente, oppure principiare coll'avere un concetto generale, e necessariamente superficiale, del fenonemo; e poi ritornare sulle cose già vedute in generale, per studiarle in particolare, e compiere il nostro studio approssimandoci ognor più al fenomeno considerato. Seguendo la prima via, la materia riesce meglio ordinata, non vi sono ripetizioni; ma è difficile avere subito una chiara veduta del complesso del fenomeno; seguendo la seconda via, quella veduta si ha; ma occorre rassegnarsi ad accennare appena certi particolari e a rimandarne lo studio a più tardi. Non ostante quei difetti, ci pare utile di non trascurare quella via, principalmente perchè è opportuno di seguirla quando, appunto, come accade per la scienza economica, sono stati, sino ad oggi, studiati meglio i particolari che il fenomeno generale; il quale anzi è stato interamente, o quasi interamente trascurato. Potrebbe, fra pochi o molti anni, venire giorno in cui tale motivo non sussistesse più; ed allora gioverebbe preferire la prima delle vie accennate. [p. 147 modifica]

14. Oggetto principale del nostro studio è l’equilibrio economico. Vedremo tra breve che tale equilibrio risulta dal contrasto tra i gusti degli uomini e gli ostacoli per soddisfarli. Il nostro studio comprende dunque tre parti ben distinte: 1.° lo studio dei gusti; 2.° lo studio degli ostacoli; 3.° lo studio del modo col quale si combinano quei due elementi, per ottenere l’equilibrio.

15. Per ordinare bene la materia, occorrerebbe principiare dallo studio dei gusti, ed esaurire l’argomento; passare poi allo studio degli ostacoli ed esaurirlo del pari; infine studiare l’equilibrio, senza più tornare sullo studio dei gusti, nè su quello degli ostacoli.

Ma il fare ciò riescirebbe difficile per chi scrive e per chi legge. È impossibile esaurire uno di quegli argomenti senza fare largo uso di concetti che propriamente appartengono agli altri due. Se quei concetti non si dichiarano ampiamente, chi legge non può seguire il filo del discorso; se si dichiarano, si tornano a confondere gli argomenti che si volevano tenere disgiunti. Inoltre, il lettore si stanca di un lungo studio del quale non vede lo scopo. Chi scrive lo vede e studia gusti ed ostacoli, non già a caso, ma solo in quanto può essere utile per determinare l’equilibrio; chi legge ha il legittimo desiderio di essere messo a parte di tale divisamento e di sapere dove mette capo la lunga via che a lui si vuole fare seguire.

Appunto per mostrare dove vogliamo andare e per acquistare certi concetti che ci serviranno nei nostri studii, daremo nel presente capitolo un’idea generale delle tre parti del fenomeno. Studieremo gusti ed ostacoli per quel tanto che ci è strettamente indispensabile, ed accenneremo brevemente all’equilibrio [p. 148 modifica]economico. Ciò fatto, torneremo a studiare le parti di quel tutto, di cui abbiamo acquistato una lontana conoscenza. Nel capitolo IV studieremo i gusti; nel capitolo V gli ostacoli; finalmente nel capitolo VI vedremo come quegli elementi si combinano nel caso dell'equilibrio.

16. Supponiamo che gli uomini si trovino in relazione con certe cose atte a soddisfare i loro gusti e che diremo beni economici. Se si pone il problema: come ripartire uno di quei beni tra vari uomini? abbiamo un quesito che appartiene alla seconda categoria (§ 12). Infatti ogni uomo non prova che una sensazione, cioè quella corrispondente alla quantità del bene economico a lui assegnata; mancano dunque diverse sensazioni di un medesimo uomo, le quali sarebbero da paragonarsi insieme, e rimane solo da paragonare la sensazione provata da un uomo con quella provata da un altro.

17. Se le cose sono due o più, ogni uomo prova due o più sensazioni diverse, secondo le quantità di quelle cose che egli ha, e nasce quindi il quesito di paragonare quelle sensazioni, e di determinare, tra le varie combinazioni possibili, quale sarà dall'uomo scelta. Il quesito appartiene alla prima classe di teorie (§ 11).

18. Se tutte le quantità di beni a disposizione dell'individuo crescono (o scemano), vedremo tosto che, eccetto un fatto di cui si discorrerà più tardi (IV, 34), la nuova posizione sarà più vantaggiosa (o meno vantaggiosa) che l'antica per l'individuo considerato; sicchè, in tal caso, non c'è alcun problema da risolvere. Ma, se invece parte delle quantità scemano e parte crescono, conviene ricercare se la nuova combinazione è, o non è, vantaggiosa [p. 149 modifica]per l’individuo. Di tal genere sono i problemi economici. Li vediamo sorgere, nel concreto, pel baratto, in cui si dà, una cosa per riceverne un’altra, e per la produzione, in cui certe cose si trasformano in certe altre. Appunto di quei problemi principieremo coll’occuparci.

19. Intanto si vede che gli elementi da combinare sono i gusti degli uomini, da una parte; gli ostacoli per soddisfarli, dall’altra. Se invece di avere che fare con uomini, noi avessimo da studiare esseri eterei senza gusti nè bisogni, nemmeno quelli materiali del mangiare e del bere, non ci sarebbe alcun problema economico da risolvere. Mancherebbe del pari quando, andando all’altro estremo, supponessimo che nessun ostacolo impedisse agli uomini di soddisfare ogni e qualsiasi gusto o desiderio. Per chi ha di ogni cosa a sazietà non c’è problema economico.

Il problema è posto perchè i gusti sono contrastati da certi ostacoli, ed è tanto più difficile quanto più vari e complessi sono quei gusti e quegli ostacoli. Aggiunge difficoltà al quesito il fatto che molte sono le vie per soddisfare quei gusti, per superare quegli ostacoli, onde è necessario ricercare come e perchè una via può essere dagli uomini preferita ad altre.

Procediamo dunque oltre, ed esaminiamo più da vicino il fenomeno.

20. Se tra due sole cose, o un piccolo numero di cose, si dovesse scegliere, il problema da risolvere sarebbe qualitativo e si risolverebbe facilmente. Vi piace più un barile di vino o un orologio? Si fa presto a rispondere. Ma, nel concreto, vi sono moltissime cose tra le quali si può scegliere, ed anche per due sole cose, sono innumerevoli le [p. 150 modifica]combinazioni di quantità che si possono scegliere. In un anno, un uomo può bere 100, 101, 102.... litri di vino; può, se ha un orologio che non va tanto bene, provvedersene, subito uno nuovo, oppure aspettare per un mese, due mesi,... un anno, due anni... a fare quella compra, e intanto tenersi l’orologio che ha già. In altri termini sono infiniti i casi in cui le cose tra le quali conviene scegliere variano in quantità, e per gradi piccolissimi, quasi insensibili. Dobbiamo quindi preparare una teoria che valga a risolvere simili problemi.

21. Consideriamo una serie di quelle combinazioni di varie quantità di beni. L’uomo può passare dall’una di quelle combinazioni all’altra, e poi, giunto ad una di esse, fermarsi. Preme assai di conoscerla, e ciò si ottiene colla teoria dell’equilibrio economico.

22. L’equilibrio economico. — Si può definire in vari modi, che in sostanza tornano allo stesso. Si può dire che l’equilibrio economico è quello stato il quale si manterrebbe indefinitamente, ove non fosse alterato da qualche mutamento delle condizioni in cui si osserva. Se, per ora, consideriamo solo l’equilibrio stabile, potremo dire che è determinato in modo che, ove venga lievemente alterato, tende subito a ricostituirsi, a tornare allo stato di prima. Le due definizioni sono equivalenti.

Per esempio: un uomo, date certe circostanze o condizioni, compera ogni giorno 1 kg. di pane; se un giorno lo si costringe a comprarne solo 900 grammi, e se all’indomani è lasciato libero, tornerà a comprarne 1 kg; se nulla muta nelle condizioni in cui si trova, seguiterà indefinitamente a comperare 1 kg. di pane; ed è tale stato che dicesi di equilibrio. [p. 151 modifica]

Matematicamente dovremo esprimere che, raggiunto lo stato di equilibrio, quelle variazioni, o movimenti che dir si vogliano, non avranno luogo; il che torna a dire che il sistema si mantiene indefinitamente nello stato considerato.

I movimenti per giungere effettivamente all’equilibrio si possono dire reali. Quelli che si suppongono che potrebbero aver luogo, per allontanarci dall’equilibrio, ma che realmente non hanno luogo, perchè l’equilibrio sussiste, si possono dire virtuali.

L’economia politica studia i movimenti reali, per sapere come i fatti seguono; e studia i movimenti virtuali, per conoscere le proprietà di certi stati economici.

23. Se, dato uno stato economico, da esso ci potessimo allontanare con movimenti qualsiasi, si potrebbero seguire indefinitivamente i movimenti che accrescono le quantità di tutti i beni che un uomo può desiderare, e si giungerebbe così ad uno stato in cui l’uomo avrebbe di tutto a sazietà. Sarebbe evidentemente una posizione di equilibrio; ma è pure manifesto che ciò non segue nel concreto e che conviene occuparci di determinare altre posizioni di equilibrio, alle quali ci dobbiamo fermare perchè non tutti i movimenti, ma solo certi movimenti, sono possibili. In altri termini, vi sono ostacoli o legami che limitano i movimenti, che tolgono all’uomo di seguire certe vie, che impediscono a certe variazioni di avere luogo. L’equilibrio nasce appunto dal contrasto tra i gusti e gli ostacoli. I due casi estremi, già considerati e che non si trovano nel concreto, sarebbero quello in cui non vi sono gusti, e quello in cui non vi sono ostacoli. [p. 152 modifica]

24. Se gli ostacoli o legami fossero tali da determinare precisamente ogni movimento, non ci sarebbe più da darsi pensiero dei gusti, e basterebbe la considerazione degli ostacoli per determinare l’equilibrio. Nel concreto ciò non segue, almeno in generale. Gli ostacoli non determinano assolutamente tutti i movimenti; pongono solo certi limiti, impongono certe restrizioni, ma del resto concedono che, in un campo più o meno ristretto, l’individuo possa muoversi secondo i propri gusti; e tra tutti i movimenti così fatti leciti dobbiamo ricercare quali avranno effettivamente luogo.

25. Gusti ed ostacoli si riferiscono a ciascuno individuo che si considera. Per un individuo, i gusti degli altri uomini coi quali ha che fare figurano tra gli ostacoli.

26. Per avere tutti i dati del problema dell’equilibrio occorre, ai gusti ed agli ostacoli, aggiungere le condizioni di fatto che determinano lo stato degli individui e delle trasformazioni dei beni; per esempio: le quantità di merci possedute dagli individui, i mezzi per trasformare i beni, ecc.; e ciò meglio si vedrà man mano che procederemo nello studio.

27. Per determinare l’equilibrio porremo la condizione che, nel punto ove ha luogo, i movimenti permessi dagli ostacoli sono vietati dai gusti; o viceversa, il che torna allo stesso, che in quel punto i movimenti permessi dai gusti sono vietati dagli ostacoli. Infatti è manifesto che, o in un modo o nell’altro, si viene ad esprimere che nessun movimento ha luogo, il che, per definizione, è la caratteristica dell’equilibrio.

Dobbiamo dunque ora ricercare quali siano, nel punto di equilibrio, i movimenti vietati, e quali i [p. 153 modifica]fatti leciti, dai gusti; e similmente quali sieno i movimenti vietati, e quali i fatti leciti, dagli ostacoli.

28. I gusti degli uomini. — Bisogna trovare modo di sottoporli al calcolo. Perciò si ebbe l’idea di dedurli dal piacere che certe cose fanno provare all’uomo. Se una cosa soddisfa bisogni o desiderii dell’uomo si disse che aveva un valore d’uso, una utilità.

29. Tale concetto era imperfetto ed equivoco in più modi. 1.° Non si poneva sufficientemente in luce che quel valore d’uso, quella utilità, era esclusivamente una relazione tra un uomo ed una cosa. Perciò molti, sia pure senza averne conoscenza, ne ragionavano come di una proprietà oggettiva delle cose. Altri, avvicinandosi un poco più, ma non ancora sufficientemente al vero, ne ragionavano come di una relazione tra gli uomini in generale, ed una cosa. 2.° Non si teneva conto che quel valore d’uso dipendeva (era funzione, come dicono i matematici) della quantità consumata. Per esempio, discorrere senz’altro del valore d’uso dell’acqua non ha senso, e non basta aggiungere, come testè vedemmo, che quel valore d’uso è relativo ad un certo uomo; esso è ben diverso se quell’uomo muore di sete o se ha già bevuto quanto desiderava. Per essere precisi bisogna discorrere del valore d’uso di una certa quantità d’acqua aggiunta ad una quantità nota, già consumata.

30. Fu principalmente col rettificare quell’errore dell’antica economia che ebbe origine l’economia pura. Essa, nel Jevons, apparve come una rettifica delle teorie allora in corso del «valore»: nel Walras divenne, e fu grandissimo progresso, teoria di un caso speciale dell’equilibrio economico, cioè [p. 154 modifica] di quello della libera concorrenza; mentre un altro caso, riguardante il monopolio, era già stato studiato, ma in modo essenzialmente diverso, dal Cournot; nel Marshall, nell’Edgeworth, nell’Irving Fischer investì il fenomeno economico in modo ognor più esteso e generale, onde poi nel nostro Cours divenne la teoria generale dell’equilibrio economico, e qui maggiormente ancora ci spingiamo in quella via2. 3.° Il termine di utilità è volto a significare in economia politica cosa ben diversa di quella che può significare nel linguaggio volgare. Così la morfina non è utile, nel senso volgare, anzi è nociva al morfinomane; e invece è ad esso utile economicamente, poichè ne soddisfa un bisogno, sia pure malsano. Benchè già gli antichi economisti avessero notato l’equivoco, pure c’era sempre ogni tanto chi lo dimenticava; onde è bene di smettere l’uso di un solo nome per cose cotanto diverse; e per l’utilità economica proponemmo nel Cours il termine, che fu poi da altri adottato, di ofelimità.

31. Giova qui fare un’osservazione generale, che vale, non solo pel caso presente, ma per altri molti che vedremo in seguito. La critica da noi fatta investe oggi le teorie passate, ma non le investe pel tempo in cui furono fatte. Sarebbe interamente nell’errore chi credesse che sarebbe stato bene se quelle teorie errate non avessero avuto luogo. Esse, od altre simili, erano indispensabili per giungere a migliori teorie. I concetti scientifici si modificano [p. 155 modifica]poco a poco per avvicinarsi ognora più al vero; alle teorie si fanno continui ritocchi, si ammettono certe proposizioni imperfette e si va avanti nello studio della scienza, poi si torna indietro e si rettificano quelle proposizioni. Non è che ai nostri tempi che si è tornato ad esaminare il postulato di Euclide. Che sarebbe stato della geometria, se gli antichi si fossero fermati, cocciuti ed ostinati, a quel postulato ed avessero assolutamente trascurato di andare avanti nello studio della scienza? C’è una bella differenza tra le teorie astronomiche del Newton, quelle del Laplace, e altre più moderne; ma le prime erano gradino necessario per salire alle seconde, le seconde per salire alle terze. Le teorie dell’antica economia erano necessarie per accedere alle nuove; e queste, sempre molto imperfette, serviranno a giungere ad altre, che lo saranno meno; e così via di seguito. Ma perfezionare una teoria è cosa ben diversa che il volerla distruggere con insulse o pedanti sottigliezze; la prima è opera assennata e utile, la seconda è sciocca e vana; e chi non ha tempo da sprecare fa meglio a non curarsene.

32. L’ofelimità, per un uomo, di una certa quantità di una cosa, aggiunta ad altra quantità determinata (che può anche essere zero) di quella cosa da lui già posseduta, è il piacere che a lui procura quella certa quantità.

33. Se quella quantità è piccolissima (infinitamente piccola) e si divide il piacere che procura per la quantità stessa, si ha l’ofelimità elementare.

34. Infine, se l’ofelimità elementare si divide pel prezzo, si ha l’ofelimità elementare ponderata.

[p. 156 modifica]35. La teoria esposta circa all’ofelimità ha avuto un nuovo perfezionamento. In tutto il ragionamento fatto per giungere ad essa, vi è un punto debole, che fu messo in luce principalmente dal prof. Irving Fisher. Abbiamo ammesso che quella cosa chiamata piacere, valore d’uso, utilità economica, ofelimità, era una quantità; ma manca la dimostrazione. E quando questa si avesse, come si fa poi a misurare tale quantità? Fu comune errore del prof. Irving Fisher e nostro, il credere che, nel caso generale, si potesse dedurre dai fenonemi dell’equilibrio economico, il valore dell’ofelimità. Ciò si può fare solo in un caso particolare, rimanendo soltanto arbitraria l’unità di misura dell’ofelimità, ed è il caso di merci tali che l’ofelimità di ciascuna di esse dipenda solo dalla quantità di detta merce, e sia indipendente dalle quantità consumate dalle altre (App., 8). Ma nel caso generale, cioè quando l’ofelimità di una merce A, consumata insieme alle merci B, C...., dipende non solo dal consumo di A, ma ben anche dai consumi di B, C...., l’ofelimità rimane indeterminata, anche dopo che si sia fissata l’unità per misurarla (App., 5).

36. In quanto segue, dove discorreremo dell’ofelimità, si dovrà sempre intendere che vogliamo semplicemente accennare a uno dei sistemi d’indici di ofelimità (§ 55).

37. Come già notammo, ci possono essere legami che impediscono qualsiasi modificazione dei fenomeni, secondo i gusti. Per esempio, nel passato, vi erano governi i quali obbligavano i loro sudditi a comperare ogni anno una quantità determinata di sale. È manifesto che, in tale caso, per quella materia, non c’era da considerare i gusti. Non ci sarebbe [p. 157 modifica]da considerarli per nessuna materia, ove di ognuna fosse fissata la quantità che ciascun uomo deve consumare all’anno. Se così fosse in pratica, sarebbe stato superfluo sprecare tempo per ricercare la teoria dei gusti. Ma basta l’osservazione più volgare per vedere che, invece, nel concreto, ciò non accade. Anche quando sono imposti certi legami, come, ad esempio, quando lo Stato, avendo il monopolio d’una merce, ne fissa il prezzo, oppure pone certi ostacoli alla produzione, alla vendita, al libero transito, ecc., non perciò è assolutamente vietato all’individuo di muoversi secondo i propri gusti, entro certi confini. Quindi ognuno ha sempre da risolvere problemi per fissare i consumi secondo i propri gusti; il povero si porrà il quesito se gli conviene meglio di comperare un poco di salame o un poco di vino; il ricco ricercherà se gli piace più di comperare un automobile o un gioiello; ma tutti, dal più al meno, risolvono problemi di quel genere. Da ciò nasce la necessità di considerare la teoria astratta corrispondente a quei fatti concreti.

38. Vogliamo provare di spiegare, senza fare uso dei simboli algebrici, i risultamenti ai quali giunge l’economia matematica. Perciò porremo quei simboli esclusivamente nell’appendice, ed il lettore potrà leggere il solo testo e lasciare da parte l’appendice. Basta solo che tenga presente alcuni principii, dei quali il principale, per ora, è il seguente. Le condizioni di un problema vengono algebricamente tradotte da equazioni. Queste contengono quantità cognite e quantità incognite. Per determinare un certo numero di incognite occorre un numero eguale di condizioni (equazioni) distinte, cioè tali che una di esse non sia conseguenza delle [p. 158 modifica]altre. Inoltre occorre che non sieno contradditorie. Per esempio, se si cercano due numeri incogniti e si danno per condizioni (equazioni) che la somma di quei due numeri deve essere eguale a un numero dato, e la differenza ad un altro numero dato, il problema è bene determinato, poichè due sono le incognite e due le condizioni (equazioni). Ma, se si fosse data invece, oltre la somma dei due numeri, la somma del doppio di ciascuno di quei numeri, la seconda condizione sarebbe conseguenza della prima; poichè se, per esempio, 4 è la somma di due numeri incogniti, 8 sarà le somma del doppio di ciascuno di quei numeri. In tal caso dunque non si hanno due condizioni (equazioni) distinte, ed il problema rimane indeterminato. Nei problemi economici è appunto di gran momento il sapere se certe condizioni determinano completamente, o lasciano indeterminato il problema.

39. Effetti diretti ed effetti indiretti dei gusti. — Sul modo col quale l’uomo si lascia guidare dai gusti, si potrebbero fare molte ipotesi, e ciascuna darebbe luogo ad una teoria astratta. Per non esporci a perdere tempo, studiando teorie inutili, giova esaminare i fatti concreti e ricercare quali tipi di teorie astratte ad essi convengono.

Ecco un individuo che compera del 3% francese a 99,35; chiediamogli perchè fa ciò. Egli risponde, perchè a quel prezzo ritiene convieniente per sè di acquistare quel titolo. Posto da una parte, nella bilancia, la spesa di 99,35 e dall’altra la rendita di 3 fr. all’anno, egli stima che, per conto suo, l’acquisto di quella rendita vale quella spesa. Se si potesse comperarla a 98, egli acquisterebbe 6 fr. di rendita, invece di soli 3 fr. Egli non si pone il problema se preferirebbe comperare 3 fr. a 99,35 [p. 159 modifica]oppure 6 fr. a 98; sarebbe una ricerca inutile, poichè tanto non dipende da lui di fissare quel prezzo: egli ricerca, perchè ciò solo da lui dipende, quale quantità di rendita gli giova comperare ad un prezzo dato. Volgiamoci al suo venditore. Può darsi che sia mosso da cagioni perfettamente identiche. In tal caso abbiamo sempre lo stesso tipo di contratto. Ma in sul finire dell’anno 1902, potevamo capitare su uno che ci avrebbe risposto: «vendo per fare ribassare il corso della rendita, e quindi dare noia al governo francese». In ogni tempo, possiamo capitare su chi ci dice: «vendo (o compro) per fare ribassare (o rialzare) il corso della rendita, per poi trarne partito per procurarmi certi utili». Chi opera in quel modo è mosso da cagioni ben diverse da quelle precedentemente considerate: egli mira a modificare i prezzi e paragona principalmente le posizioni alle quali giunge con prezzi diversi. Qui appare dunque un altro tipo di contratti.

40. Tipi di fenomeni riguardo agli effetti dei gusti. — I due tipi di fenomeni che abbiamo accennato sono di gran momento nello studio dell’economia politica; cerchiamo quali ne sono i caratteri, ed intanto indichiamo con (I) il primo tipo e con (II) il secondo. Principiamo dal considerarli nel caso in cui chi trasforma beni economici bada solo a procacciare il proprio utile; più lungi (§49) vedremo casi in cui diverso è l’ordinamento.

Diremo che chi acquista, o cede, una merce può essere mosso da due generi ben distinti di considerazioni.

41. Egli può cercare esclusivamente di soddisfare i propri gusti, data che sia una condizione qualsiasi del mercato. Egli contribuisce bensì, ma [p. 160 modifica]senza ricercarlo direttamente, a modificare quella condizione, poichè, secondo le varie condizioni del mercato, è disposto a trasformare una quantità maggiore o minore di una merce in un’altra. Paragona le successive trasformazioni, in una stessa condizione del mercato, ed ha in mira di trovare una condizione tale, che quelle successive trasformazioni lo conducano ad un punto ove i suoi gusti sieno soddisfatti, Abbiamo così il tipo (I).

42. L’individuo considerato può, invece, occuparsi di modificare le condizioni del mercato, per farne suo pro o per altro fine qualsiasi. Il baratto, sotto una certa condizione, fa sì che l’equilibrio ha luogo in un punto; sotto un’altra condizione, l’equilibrio ha luogo in un altro punto. Si paragonano quelle due posizioni e si cerca quale raggiunge meglio il fine che si ha in vista. Fatta la scelta, si procura di modificare le condizioni del mercato, in modo che sieno quelle che corrispondono a tale scelta. Abbiamo così il tipo (II).

43. Evidentemente, se il tipo (I) può essere seguito da chiunque capiti su un mercato, il tipo (II) invece non può essere seguito che da chi sa e può modificare le condizioni di un mercato; il che certo non è da tutti.

44. Seguitiamo le nostre indagini, e vedremo che il tipo (I) comprende infinite transazioni, tra le quali la maggior parte, anzi tutte le transazioni che hanno per fine consumi casalinghi. Quando mai si è veduto una madre di famiglia che sta per comperare cicoria ovvero caffè, considerare altro che il prezzo di quelle sostanze, e dire: «se compro oggi cicoria, ciò può fare crescere, in avvenire, il prezzo di quella sostanza, e quindi mi conviene considerare il danno che avrò in avvenire dalla [p. 161 modifica]compra che oggi faccio della cicoria?». Chi mai si è astenuto dal farsi fare un abito, non già per scansare la spesa, ma solo in vista di fare scemare, in quel modo, il prezzo degli abiti in generale? Se uno andasse sul mercato e dicesse: «A me farebbe comodo che le fragole costassero solo 30 cent. il kg.; dunque sto fermo a quel prezzo», farebbe ridere. Egli dice invece: «A 30 cent. il kg. ne comprerei dieci kg.; a 60 cent. ne comprerei solo quattro kg.; a un franco non ne compro affatto»; e guarda se così gli riesce di accomodarsi con chi vende. Quel tipo (I) corrisponde dunque a moltissimi fatti concreti, e non sarà punto tempo sprecato il farne la teoria.

45. Del tipo (II) troviamo pure non pochi esempi. Alla borsa dei valori, compagnie di potenti banchieri e sindacati seguono quel tipo. Coloro che, con mezzi poderosi, mirano a fare incette di merci vogliono evidentemente modificare le condizioni del mercato per trarne vantaggio. Il governo italiano, quando fissa il prezzo del tabacco che vende al pubblico, opera secondo il tipo (II). Chiunque ha un monopolio, e sa usarne, opera secondo quel tipo.

46. Badando ai casi concreti, vediamo che il tipo (I) si osserva dove c’è concorrenza tra coloro che lo seguono. Coloro coi quali contrattano possono non essere in concorrenza e quindi non usare il tipo (I). Il tipo (I) si osserva tanto più schietto quanto più la concorrenza è estesa e perfetta. E appunto perchè ogni giorno alla borsa di Parigi c’è molta gente che compra e vende rendita francese, che sarebbe da mentecatto il discorrere di modificare le condizioni di quel mercato comprando o vendendo pochi franchi di rendita. Certo, che se [p. 162 modifica] tutti coloro che vendono (o che comprano) si mettessero d’accordo, potrebbero effettivamente modificare in loro vantaggio quelle condizioni; ma ognuno di essi non sa dell’altro e tira via per conto suo. In tanta confusione e concorrenza non rimane a ciascuno individuo altro da fare che badare solo ai fatti propri e ricercare di soddisfare i propri gusti, secondo le varie condizioni che si possono presentare sul mercato. Tutta questa gente che vende (o compra) rendita francese, modifica bensì i prezzi, ma li modifica senza disegno prestabilito; non come fine, ma come effetto dell’opera propria.

47. Il tipo (II) si osserva dove viene meno la concorrenza e dove ci sono incette, monopoli, ecc. Mentre un individuo sta operando per modificare in proprio vantaggio le condizioni del mercato, bisogna, se non vuole fare opera vana, che sia sicuro che altri non vengano a guastargli le uova nel paniere, e perciò occorre che in qualche modo si sbarazzi di quei concorrenti. Può far ciò mercè l’aiuto della legge, oppure perchè è solo a possedere certe merci, o perchè colla prepotenza, coll’arte, coll’inganno, coll’ingegno, allontana altrui. Possono anche i suoi concorrenti essere trascurabili, perchè aventi pochi mezzi, o per altra cagione.

Infine è da notarsi che spesso accade che parecchi individui si associano, appunto per avere il potere di impadronirsi del mercato, ed in tal caso abbiamo sempre il tipo (II), quell’associazione potendo, sotto certi aspetti, essere considerata come un solo individuo.

48. Un altro caso analogo, ma non identico, è quello in cui parecchie persone o associazioni s’intendono per modificare certe condizioni del mercato, lasciando, per quanto concerne le altre condizioni, [p. 163 modifica]ogni libertà di operare ai soci. Spesso viene fissato il prezzo di vendita, lasciando libero ad ognuno di vendere la quantità che può. Talvolta viene fissata la quantità che ognuno può vendere, sia in modo assoluto, sia come un limite che non si può varcare se non pagando un tributo all’associazione; e si può anche porre la condizione di pagare un premio a chi colle vendite rimane sotto quel limite. Del resto, il prezzo è liberamente fissato da ciascun venditore; eccezionalmente può essere fissata la specie della via da seguirsi nel baratto.

Per esempio, i sindacati operai impongono certe volte l’uniformità dei salari; chi ha comperato il lavoro di dieci operai ad un certo prezzo, non può comperare il lavoro dell’undecimo a prezzo minore. Per altro, i sindacati solitamente fissano anche quel prezzo, e quindi non è solo fissata la specie della via, bensì la via stessa, e il caso presente si confonde con uno dei precedenti.

La legge impone talvolta la vendita a prezzo eguale di tutto le porzioni della merce; ciò accade in quasi tutti i paesi per le ferrovie, alle quali non è lecito di far pagare al decimo viaggiatore più o meno di ciò che fanno pagare, in identiche condizioni, al primo. Un filantropo può vendere merce sotto prezzo per giovare ai consumatori, o a una certa classe di consumatori. Altri casi vedremo quando tratteremo della produzione; e s’intende che possono essere moltissimi, poichè si riferiscono alle svariatissime condizioni da potersi modificare nel fenomeno economico.

49. Dovremo quindi esaminare diversi generi del tipo (II). Giova intanto sin d’ora separare uno di quei generi, al quale porremo il nome di tipo (III), e che avrà luogo quando l’intero fenomeno [p. 164 modifica]economico si vuole ordinare in modo da procacciare il massimo benessere a tutti coloro che vi partecipano. Occorrerà, per altro, definire precisamente cosa sia quel benessere (VI, 33, VI, 52). Il tipo (III) corrisponderebbe all’ordinamento collettivista della società.

50. Si ponga mente che i tipi (I) e (II) sono relativi alle persone; onde può accadere, e di solito accade, che quando due persone contrattano insieme, una segue il tipo (I), l’altra il tipo (II); oppure che, se molte persone contrattano insieme, parte segue il tipo (I), e parte, il tipo (II). Lo stesso si può dire del tipo (III), se lo Stato collettivista lascia qualche libertà di scelta ai suoi amministrati.

51. Chi segue il tipo (II) si ferma, per la definizione stessa data di quel tipo, in un punto ove i suoi gusti non sono direttamente soddisfatti. Quindi, se si paragona la condizione a cui giungerebbe l’individuo seguendo il tipo (I) e quella a cui giunge seguendo il tipo (II), si vedrà che la seconda differisce dalla prima per certe quantità di merci in più o in meno. Si potrebbe dunque anche definire il tipo (I) come quello in cui le quantità di merci soddisfano direttamente i gusti, e il tipo (II) come quello in cui le quantità di merci sono tali che, i gusti essendo direttamente soddisfatti, rimane un residuo positivo o negativo.

52. Le linee di indifferenza dei gusti. — Supponiamo che un uomo si lasci guidare unicamente dai suoi gusti e che egli abbia 1 kg. di pane e 1 kg. di vino. Egli, sempre secondo i suoi gusti, è disposto ad avere un poco meno di pane, purchè abbia un poco più di vino, o viceversa. Egli cioè, consente, per esempio, ad avere solo 0,9 kg. di pane [p. 165 modifica] purchè abbia 1.2 di vino. In altri termini vuol dire che quelle due combinazioni, cioè 1 kg. di pane e 1 kg. di vino; 0,9 kg. di pane 1.20 kg. di vino per lui tornano lo stesso; egli non preferisce la seconda alla prima, nè la prima alla seconda; non saprebbe quale delle due scegliere, gli è indifferente godere dell’una o dell’altra.

Movendo da quella combinazione, 1 kg. di pane e 1 kg. di vino, troviamone tante altre, di cui la scelta è indifferente, e siano per esempio

pane 1.6 1.4 1.2 1.0 0.8 0.6
vino 0.7 0.8 0.9 1.0 1.4 1.8

Tale serie, che si può prolungare quanto si vuole, si chiamerà una serie di indifferenza.

53. L’argomento diventa molto più facile ad intendersi mediante figure grafiche.

Tiriamo due assi ortogonali, OA, OB; su OA portiamo le quantità di pane, su Fig. 5.di OB le quantità di vino. Per esempio oa figura uno di pane, ob figura uno di vino; il punto m che ha quelle due coordinate indica la combinazione 1 kg. di pane e 1 kg. di vino.

54. Così s’intende che potremo rappresentare tutta la serie precedente, ed unendo insieme i punti di quella serie con una linea continua, avremo la linea n m s che dicesi linea d’indifferenza o curva di indifferenza3.

[p. 166 modifica]55. Ad ogni combinazione assegniamo un indice, che deve soddisfare alle due condizioni seguenti, e che del resto è arbitrario: 1.° Due combinazioni tra le quali la scelta è indifferente debbono avere lo stesso indice; 2.° Di due combinazioni, quella che è preferita all’altra dove avere un indice maggiore4.

Quegli indici sono gli indici dell’ofelimità, o del piacere che prova l’individuo, godendo della combinazione che ha un dato indice.

56. Segue da ciò che ora abbiamo detto, che tutte le combinazioni di una serie di indifferenza hanno lo stesso indice, ossia che tutti i punti di una linea d’indifferenza hanno lo stesso indice.

Sia 1 l’indice della linea n m s della fig. 5; troviamo un’altra combinazione m' (per esempio 1,1 di pane e 1,1 di vino) che dall’individuo sia preferita alla combinazione m, ed assegniamo ad essa l’indice 1.1. Movendo da quella combinazione m' troviamo un’altra serie di indifferenza, ossia descriviamo un’altra curva di indifferenza n'm'n''.

Possiamo proseguire in quel modo, considerando, s’intende, non solo le combinazioni che, per l’individuo, sono migliori della combinazione m, ma anche quelle che sono peggiori. Così avremo infinite serie di indifferenza, ciascuna col suo indice; ossia copriremo la parte del piano OAB che vogliamo considerare con infinito numero di curve di indifferenza, ciascuna col suo indice.

57. Per tal modo abbiamo una rappresentazione completa dei gusti dell’individuo, riguardo al pane ed al vino, e non ci occorre altro per determinare l’equilibrio economico. L’individuo può [p. 167 modifica] sparire, purchè ci lasci quella fotografia dei suoi gusti.

S’intende che ciò che abbiamo detto del pane e del vino, si può ripetere di tutte le merci.

58. Il lettore che ha pratica delle carte topografiche sa che su di esse si usa descrivere certe curve che figurano i punti aventi, per una stessa curva, la stessa altezza sopra il livello del mare, od altro livello qualsiasi.

Le curve della fig. 5 sono curve di livello, purchè s’intenda che gli indici di ofelimità figurano l’altezza sopra il piano OAB, supposto orizzontale, dei punti di un colle. Quel colle si può dire il colle degli indici del piacere. Ve ne sono altri simili, in numero infinito, secondo il sistema arbitrario di indici che si sceglie.

Se il piacere si può misurare, se l’ofelimità esiste, uno di quei sistemi di indici sarà appunto quello dei valori dell’ofelimità (App. 4), e il colle corrispondente si dirà il colle del piacere o dell’ofelimità.

59. Un individuo che gode di una certa combinazione di pane e di vino, si può figurare con un punto di quel colle. Il piacere di cui godrà quell’individuo sarà figurato dall’altezza di quel punto sovra il piano OAB. L’individuo godrà di tanto maggiore piacere, quanto più salirà il «dilettoso monte»; di due combinazioni preferirà sempre quella figurata da un punto più alto del monte.

60. I sentieri. — Supponiamo un individuo che abbia la quantità di pane figurata da o a e la quantità di vino figurata da a b; diremo che l’individuo sta nel punto del monte che si proietta in b sul piano orizzontale x y, oppure ellitticamente, per amore di brevità, che egli sta in b. Supponiamo che poscia [p. 168 modifica]Fig. 6 l’individuo abbia oa' di pane e a'b' di vino; egli, lasciando b, si sarà recato in b'. Se poscia ha oa'' di pane e a''b'' di vino, da b' si sarà recato in b'', e via di seguito, sino in c. Supponiamo che i punti b, b', b'',..... sieno vicinissimi, ed uniamoli con una linea; diremo che l’individuo il quale ha avuto successivamente la quantità oa di pane e ab di vino, oa' di pane e a'b' di vino, ecc. ha percorso, sul monte, un sentiero, o strada, o via, che si projetta, sul piano orizzontale oxy, secondo la linea bb'b''.... c; oppure, ellitticamente, che ha percorso il sentiero bc.

61. Si noti che se un individuo percorresse infiniti sentieri hb, h'b', h''b'',...., e si fermasse nei punti b, b', b'',...., egli sarebbe da considerarsi come percorrente in realtà il sentiero b, b', b''.... c.

62. Consideriamo un sentiero mn tangente in c ad una curva di indifferenza t''; e supponiamoFig. 7 che gli indici dell’ofelimità vadano crescendo da t verso t'', e che il sentiero salga da m sino a c, per poi scendere da c in n. Un punto a che, movendo da m, precede il punto c, ed oltre al quale gli ostacoli non concedono all’individuo di recarsi, sarà detto un punto termine. Esso si trova solo salendo da m verso c, non già scendendo da c verso n. Quindi b non sarebbe un punto termine per chi percorre il sentiero mn; lo sarebbe bensì per chi percorresse il sentiero nm, cioè per chi, movendo da n, procedesse verso m.

[p. 169 modifica]63. Il punto termine e il punto di tangenza hanno una proprietà comune; cioè quella di essere il punto più alto a cui possa giungere l’individuo percorrendo il sentiero mn. Il punto c è il punto più alto di tutto il sentiero; il punto b è il punto più alto del tratto di sentiero mb che all’individuo è lecito di percorrere.

64. Si vedrà, in seguito, quanto quel modo di figurare i fenomeni, colle curve di indifferenza ed i sentieri, sia comodo per esporre le dottrine dell’economia.

65. Variazioni continue e variazioni discontinue. — Le curve di indifferenza ed i sentieri potrebbero essere discontinui; anzi nel concreto sono realmente tali, cioè le variazioni delle quantità avvengono in modo discontinuo. Un individuo, dallo stato n cui ha 10 fazzoletti passa ad uno stato in cui ne ha 11, e non già agli stati intermedii, in cui avrebbe per esempio 10 fazzoletti e un centesimo di fazzoletto; 10 fazzoletti e due centesimi, ecc.

Per avvicinarsi al concreto, occorrerebbe dunque considerare variazioni finite, ma c’è una difficoltà tecnica.

I problemi aventi per oggetto quantità che variano per gradi infinitesimi sono molto più facili a trattarsi che i problemi in cui le quantità hanno variazioni finite. Giova dunque, ogni qualvolta ciò si possa fare, sostituire quelli a questi; e così effettivamente si opera in tutte le scienze fisico-naturali. Si sa che per tal modo si fa un errore; ma si può trascurare, sia quando è piccolo in modo assoluto, sia quando è minore di altri inevitabili, il che rende inutile di ricercare da una parte una precisione che sfugge dall’altra. Tale è appunto il caso per l’economia politica, che considera solo [p. 170 modifica]fenomeni medii e che si riferiscono a grandi numeri. Discorriamo dell’individuo, non già per ricercare effettivamente cosa un individuo consuma o produce, ma solo per considerare un elemento di una collettività, e per sommare poi consumo e produzione per molti e molti individui.

66. Quando diciamo che un individuo consuma un orologio e un decimo, sarebbe ridicolo il prendere quei termini alla lettera, il decimo dell’orologio è un oggetto sconosciuto e che non ha uso. Ma quei termini esprimono semplicemente che, per esempio, cento individui consumano 110 orologi.

Quando diciamo che l’equilibrio ha luogo quando un individuo consuma un orologio e un decimo, ciò vuol semplicemente esprimere che l’equilibrio ha luogo quando 100 individui consumano chi uno, chi due o più orologi, e anche punti, in modo che tutti insieme ne consumano 110 circa, e che la media per ciascuno è 1,1.

Questo modo non è proprio dell’economia politica, ma appartiene a moltissime scienze. Nelle assicurazioni si discorre di frazioni di viventi; per esempio 27 viventi e 37 centesimi. È pure chiaro che non possono esistere 37 centesimi di un vivente!

Se non si concede di sostituire le variazioni continue alle discontinue, conviene rinunciare a dare la teoria della leva. Voi mi dite che una leva a braccia eguali, per esempio una bilancia, è in equilibrio quando porta pesi uguali; io prendo una bilancia che è sensibile solo al centigramma, metto in uno dei piattini un milligramma di più che nell’altro, e vi faccio vedere che, contraddicendo la teoria, sta in equilibrio.

La bilancia nella quale si pesano i gusti dell’uomo è tale che per alcune merci è sensibile al gramma; [p. 171 modifica]per altre solo all’ettogramma; per altre solo al chilogramma, ecc.

L’unica conclusione da trarne è che da tali bilancie non bisogna richiedere maggiore precisione di quella che possono dare.

67. Del rimanente, poichè c’è solo una difficoltà tecnica, chi ha tempo da perdere può divertirsi a considerare variazioni finite; e, dopo improbo ed oltremodo lungo lavoro, giungerà a risultamenti che, nei limiti degli errori possibili, non differiscono da quelli che più facilmente e speditamente si ottengono considerando variazioni infinitesime, almeno nei casi usuali. Noi qui scriviamo solo per ricercare oggettivamente le relazioni dei fenomeni e non per compiacere ai pedanti.

68. Gli ostacoli. — Sono di due generi: uno si vede subito, l’altro è meno palese.

69. Nel primo genere abbiamo i gusti delle persone colle quali contratta l’individuo. Se una data quantità di merce si deve partire tra vari individui, il fatto che quella quantità è fissa costituisce un ostacolo; se si produce la merce da partire, il fatto che non si può ottenere se non usando altre merci, costituisce pure un ostacolo; similmente costituiscono ostacoli i fatti che la merce non è disponibile nel luogo e nel tempo in cui se ne ha bisogno. Infine ci sono gli ostacoli che dipendono dall’ordinamento sociale.

70. In generale, quando un individuo rinunzia ad una certa quantità di merce per procurarsene un’altra, diremo che trasforma la prima merce nella seconda. Egli può fare ciò col baratto, cedendo ad altri la prima merce e ricevendo la seconda; può fare ciò colla produzione, trasformando da sè effettivamente la prima merce nella seconda. Egli può [p. 172 modifica]ancora rivolgersi per tale operazione ad una persona che trasforma le merci, ad un produttore.

71. Serberemo a quest’ultima operazione il nome di produzione o di trasformazione, e diremo produzione oggettiva o trasformazione oggettiva la produzione, astrazione fatta da chi la compie, quale la compirebbe, per esempio, per proprio conto, l’individuo che gode della merce trasformata.

72. Riguardo alla trasformazione oggettiva, dobbiamo distinguere tre categorie di trasformazioni, cioè:

1.° Trasformazione materiale; per esempio, la trasformazione di grano in pane; quella dell’erba del prato (e occorre anche aggiungere l’uso delle superfici del suolo e di fabbricati) in lana delle pecore, ecc.
2.° Trasformazione nello spazio; per esempio, il caffè del Brasile trasformato in caffè in Europa.
3.° Trasformazione nel tempo; per esempio la raccolta di grano presente conservato e trasformato in grano disponibile tra qualche mese; e viceversa, il grano consumato ora, reintegrando poi la quantità di grano col prodotto della futura raccolta, col che si è trasformata economicamente quella futura raccolta in un bene presente (V, 48).

73. Ma non basta; l’argomento non è esaurito e ci sono altri legami ed ostacoli, che costituiscono il secondo genere di ostacoli. Un individuo, per esempio, ha 20 kg. di grano; ne baratta 10 per 15 kg. di vino, e poi altri 10 ancora per 15 kg. di vino. Così in totale ha barattato i suoi 20 kg. di grano per 30 di vino. Oppure principia col barattare 10 kg. di grano per 10 di vino; e poscia 10 kg. grano per 20 di vino. In tutto ha ancora barattato 20 kg. di grano per 30 di vino. [p. 173 modifica]

Il risultato finale è lo stesso; ma l’individuo ci giunge in due modi diversi. Può darsi che possa liberamente scegliere quel modo che a lui più piace e può darsi di no. Generalmente accade il secondo caso. Ciò che si oppone a che l’individuo abbia libera scelta di quei modi, è un ostacolo di secondo genere.

74. Partendo dal punto m per recarsi in n, vi sono infiniti sentieri, cioè msn, ms'n,ms''n, ecc.

Uno di quei sentieri può avere la forma di una retta, oppure di qualche specie Fig. 8di curva. Il secondo genere di ostacoli ha per effetto di determinare talvolta il sentiero che solo si può seguire movendo da m, e talvolta solo la specie dei sentieri che si possono seguire. Per esempio, vedremo un caso (§ 172), in cui l’individuo può muoversi da m seguendo una rotta unica. Vedremo un altro caso (§ 172) in cui quella retta può essere qualsiasi: cioè l’individuo ha la scelta fra infiniti sentieri che passano per m, purchè tutti rettilinei. E vedremo altri casi in cui l’individuo segue una linea spezzata (VI, 7).

75. Le linee di indifferenza degli ostacoli, nelle trasformazioni oggettive. — Per gli ostacoli di primo genere esistono certe linee che sono analoghe alle linee d’indifferenza pei gusti.

Supponiamo che una merce A sia trasformata in altra B, e siano note le quantità di B che si otterranno per 1, 2, 3,... di A.

Tiriamo due assi coordinati, e per ciascuna quantità o a di A seguiamo la quantità a b di B prodotta. Avremo così una curva b b' b''.., che diremo [p. 174 modifica]

Fig. 9

linea di indifferenza degli ostacoli. Ad essa daremo l’indice zero perchè le trasformazioni, su quella linea, si compiono senza lasciare alcun residuo.

Facciamo eguale ad uno i tratti b c, b' c',..., di rette parallele all’asse o A; avremo un’altra linea d’indifferenza c c'... alla quale daremo l’indice 1. Se si ha la quantità o a'' di A e se si eseguisce una trasformazione tale da avere a'' c' di B, rimane ancora a' a'' di A, cioè un residuo di A eguale ad 1; ed è perciò che l’indice 1 viene assegnato alla linea cc'.

Facciamo similmente b d, b'd'... uguali a 1, e uniamo i punti d, d'... avremo un’altra linea di indifferenza a cui daremo l’indice negativo 1, perchè su di essa, invece di avanzare, manca precisamente un’unità, se, trasformando o a di A in a b di B, si riceve solo o a''' di A.

Seguitando in quel modo, copriremo tutto il piano di curve di indifferenza, parte con indici positivi, parte con indici negativi, separate dalla linea di indice zero. Questa linea merita speciale considerazione, e sarà anche detta linea delle trasformazioni complete, perchè su di essa le trasformazioni si compiono senza lasciare alcun residuo, nè positivo nè negativo.

76. Le linee di indifferenza del produttore. — Se consideriamo un solo produttore, le linee ora indicate sono anche linee di indifferenza pel produttore, poichè su ciascuna di esse egli fa lo stesso utile, se l’indice è positivo; oppure la stessa perdita, se l’indice è negativo; e non fa nè utile nè perdita, se l’indice è zero, cioè sulla linea delle [p. 175 modifica]trasformazioni complete. Ma quando vi sono più produttori, il numero stesso dei produttori può far parte degli ostacoli, ed in tal caso variano le linee di indifferenza (§ 147).

77. Analogie delle linee di indifferenza dei gusti e delle linee di indifferenza degli ostacoli. — In parte quelle linee si corrispondono, in parte no. Vi è analogia in ciò che l’individuo procura di passare, per quanto a lui è lecito, da una linea ad un’altra di indice maggiore; e che il produttore fa lo stesso.

78. Notisi per altro che l’individuo il quale soddisfa i propri gusti si lascia guidare da considerazioni di ofelimità; e il produttore da considerazioni di quantità di merci (§ 76).

79. Inoltre pel produttore intervengono spesso certe circostanze che a lui tolgono di salire oltre alla linea delle trasformazioni complete; e al disotto non può rimanere a lungo perchè ci rimette, onde in conclusione è costretto a rimanersene su quella linea. Vi è in ciò una differenza essenziale coi fenomeni che si riferiscono ai gusti.

80. Infine le forme delle linee di indifferenza dei gusti sono per solito diverse da quelle delle linee di indifferenza degli ostacoli: e di tale differenza si può avere un qualche concetto paragonando la fig. 5 e la fig. 9.

81. Se le linee di indifferenza del produttore si considerano come le proiezioni delle linee di livello di una superficie di cui ogni punto ha sul piano un’altezza indicata dall’indice di detto punto, si ha un colle dell’utile, analogo in parte al colle del piacere (§ 58), ma che ne differisce in ciò che è parte sopra o parte sotto al piano in cui si riferisce. È simile ad un colle bagnato dal mare; la [p. 176 modifica]superficie del colle in parte si erge sul livello del mare, ed in parte si prolunga sotto quel livello.

82. La concorrenza. — Già ne fu fatto cenno al § 46; occorre ora averne un concetto preciso.

Devesi distinguere la concorrenza di coloro che barattano, dalla concorrenza di coloro che producono e quest’ultima ha anche più specie.

83. Chi baratta cerca di salire quanto è possibile il colle del piacere. Se ha dell’A in eccesso cerca di avere maggiore quantità di B, e per ciò concede maggiore quantità di A per la stessa quantità di B, cioè se trovasi in l, scema l’inclinazione di ml sull’asse oA. Se ha del B in eccesso, cioè se trovasi in r, concede meno A per la stessa quantità di B, cioè cresce l’inclinazione di mr sull’asse oA. In conclusione l’individuo si muove pel verso delle freccie. Ciò accade tanto se è solo come se è in concorrenza con altri.

La concorrenza ha per effetto di impedirgli di paragonare posizioni su due diversi sentieri, e di limitare la sua scelta a posizioni dello stesso sentiero o vicinissime. Inoltre gli individui in concorrenza si muovono sinchè siano tutti soddisfatti: uno solo che non è soddisfatto costringe gli altri a muoversi.

84. Chi produce procura di salire quando può il colle dell’utile (§ 81); procura cioè di avere il maggiore residuo possibile di A; non ha mai un eccesso di A. Quindi si muove sempre per lo stesso verso, e non ora in un verso, ora in un altro, come sulla fig. 10. Perchè muti il verso del suo [p. 177 modifica]movimento, occorre che muti il verso pel quale si ha una maggiore quantità di A.

85. Generalmente si principia collo studiare una collettività isolata, che non ha comunicazioni con altre. Per una tale collettività, il numero di coloro che barattano non varia; invece il numero dei produttori è essenzialmente variabile, poichè chi perde finisce col cessare di produrre, e se c’è uno che guadagna, subito nascono altri produttori per partire quell’utile. Alcunchè di simile segue per i consumatori, e ne dovremo tenere conto quando ragioneremo della popolazione; ma la produzione degli uomini non segue le stesse leggi che quella delle fabbriche, e specialmente ha luogo in tempo molto più lungo; da ciò l’opportunità di ragionarne separatamente.

86. Con o senza concorrenza, il produttore non può rimanere dalla parte degli indici negativi, dove è in perdita. Senza concorrenza, può invece rimanere dalla parte degli indici positivi, dove ha utile, per altro sempre colla tendenza a muoversi pel verso ove ottiene un maggiore utile. La concorrenza tende invece a ridurre quell’utile, cacciandolo verso gli indici negativi.

Quella concorrenza può avere luogo supponendo costanti le condizioni tecniche della fabbricazione, oppure supponendole variabili. Nel presente capitolo considereremo solo la prima specie di concorrenza.

87. Supponiamo che vi sieno due consumatori. Il primo ha o a di A, il secondo ne ha o a', tra tutti e due ne hanno quindi OA, che è uguale alla somma di quelle due quantità. Si suppone che quei due consumatori possono solo percorrere rette parallele a d, a' d'. Essi si fermeranno in certi punti d, d'; [p. 178 modifica]Fig. 11.cioè il primo trasformerà a b di A in b d di B: ed il secondo trasformerà a' b' di A in b' d' di B. Facciamo le somme delle quantità così trasformate, ed avremo che, tra tutti due, i consumatori trasformeranno AB di A in BD di B; percorrendo un sentiero parallelo a a d, a' d'. Si può quindi, invece di quei due consumatori, considerarne uno solo che percorre quel sentiero AD. Lo stesso ragionamento vale per un numero qualsiasi di consumatori, i quali si possono sostituire da uno solo fittizio, e che li figura nel loro insieme.

88. Pei produttori si può fare lo stesso, ma solo ove si trascurino le modificazioni che il loro numero può portare agli ostacoli.

89. Tipi dei fenomeni riguardo ai produttori. — Come pei consumatori, si debbono considerare i tipi (I) e (II), a cui si può aggiungere il tipo (III). Le caratteristiche sono le stesse. Il tipo (I) è sempre quello della concorrenza; ma vi è differenza tra la concorrenza dei consumatori e quella dei produttori.

90. L’equilibrio. — Come abbiamo veduto (§ 27); l’equilibrio ha luogo quando i movimenti fatti leciti dai gusti sono vietati dagli ostacoli, e viceversa. Il problema generale dell’equilibrio si scinde quindi in tre altri, cioè: 1.° Determinare l’equilibrio riguardo ai gusti, 2.° Determinare l’equilibrio riguardo agli ostacoli, oppure riguardo ai produttori. 3.° Trovare un punto comune dei due equilibri parziali, il quale sarà un punto dell’equilibrio generale.

[p. 179 modifica]91. Riguardo ai sentieri, dobbiamo: 1.° considerare l’equilibrio sovra un sentiero determinato; 2.° considerarlo su di una classe di sentieri, e vedere come avviene la scelta di quello che sarà seguìto.

92. Riguardo ai tipi di fenomeni, dobbiamo dapprima studiare il tipo (I) per chi baratta e per chi produce. Poscia studieremo il tipo (II), che generalmente può solo sussistere per individui che trattano con altri operanti secondo il tipo (I).

93. L’equilibrio riguardo ai gusti. — Principiamo col considerare un individuo il quale segue una via determinata e procura di giungere dove, su quella via, meglio sono soddisfatti i suoi gusti.

94. Se gli ostacoli di primo genere dànno un punto su quella via oltre al quale non si può procedere, e se le posizioni che precedono quella segnata da tale punto sono meno vantaggiose per l’individuo, egli procederà evidentemente sino a quel punto, e lì si fermerà.

In quel punto vi è equilibrio riguardo ai gusti. Quel punto può essere un punto di tangenza del sentiero e di una curva di indifferenza, oppure un punto termine (§ 62); in ogni modo è il punto più alto del tratto di sentiero che è lecito all’individuo di percorrere.

95. Il punto di tangenza potrebbe anche essere il più basso del sentiero, ed in quel punto l’equilibrio sarebbe instabile. Per ora lasciamo da parte simili casi.

96. Da ora innanzi considereremo sentieri rettilinei, perchè sono più frequenti nel concreto; ma i ragionamenti sono generali e si possono, con poche modificazioni o restrizioni, volgere ad altre specie di sentieri.

97. Consideriamo un individuo pel quale le curve [p. 180 modifica]di indifferenza dei gusti sono t, t', t'',..., gli indici dell’ofelimità crescono da t a t''. Quell’individuo ha ogni settimana una quantità om di A. Supponiamo che, per trasformare dell’A in B, egli segua il sentiero rettilineo m n. Nel punto a ove il sentiero taglia la curva di indifferenza t, non vi è equilibrio perchè all’individuo giova recarsi da a in b, sulla curva t', in cui avrà un indice maggiore di ofelimità.

Ciò si può ripetere per tutti i punti ove il sentiero taglia curve di indifferenza, ma non più pel punto c'' in cui detto sentiero è tangente ad una curva di indifferenza. Infatti l’individuo non può muoversi da c'' se non verso b o verso b', ed in entrambi i casi scema l’indice di ofelimità. I gusti vietano dunque ogni movimento all’individuo pervenuto in c'', e che percorre il sentiero m n, perciò c'' è un punto di equilibrio. Sono pure tali i punti analoghi c, c', c'', c''' posti su altri sentieri i quali si suppone che l’individuo possa percorrere. Se si uniscono quei punti con una linea, si ha la linea di equilibrio riguardo ai gusti, e dicesi anche linea dei baratti5.

I punti termini che, venendo da m, precedono i punti della linea dei baratti possono anche essere punti di equilibrio.

[p. 181 modifica]98. Potrebbe darsi che un certo sentiero portasse sino ad avere zero di A, senza essere tangente ad alcuna linea d’indifferenza. In tal caso si avrebbe un punto termine dove il sentiero interseca l’asse OB, e vorrebbe dire che su quel sentiero l’individuo è disposto a dare non solo tutta la quantità di A che possiede, per avere del B, ma che, se avesse anche maggiore quantità di A, la darebbe per avere del B.

99. Sommando le quantità di merci trasformate da ogni individuo, si ha la linea dei baratti per la collettività di quegli individui. E se si vuole, si possono anche segnare le curve di indifferenze per quella collettività, le quali risulteranno dalle curve di indifferenze degli individui che la compongono.

100. L’equilibrio riguardo al produttore. — Il produttore cerca di conseguire il massimo utile, e, se nulla vi si oppone, egli salirà quindi quanto è possibile il colle dell’utile. Seguendo un sentiero ol, il produttore può giungere ad un punto c ove quel sentiero è tangente ad una curva di indifferenza degli ostacoli, e quel punto può avere un indice dell’utile maggiore dei punti vicini sul sentiero. In tal caso l’equilibrio del produttore ha luogo nel punto c, sul sentiero ol, analogamente a ciò che avviene pel consumatore. Diremo che la concorrenza è incompleta.

101. Può invece accadere, o che il sentiero ol' non sia tangente a nessuna curva di indifferenza degli ostacoli, oppure che ol essendo tangente in c ad [p. 182 modifica]una di quelle curve, l’indice di c sia minore degli indici dei punti vicini sul sentiero. In tali casi la concorrenza è completa.

Il produttore tenderà a proseguire la sua via pel sentiero o l sino a qualche punto termine imposto dalle altre condizioni del problema.

102. Consideriamo due categorie di merci: 1.° Vi sono merci tali che la quantità di B ottenuta da un’unità di A cresce quando cresce la quantità totale di A trasformata; 2.° Vi sono altre merci per le quali invece quella quantità di B scema6.

103. Nel primo caso si hanno linee all’incirca come quelle t, t', .... della fig. 14, su ciascuna delle quali è stato segnato il proprio indice. È manifesto che nessun sentiero del genere di o l può riescire tangente ad una curva d indifferenza di indice positivo.

La linea t di indice zero, ossia la linea delle trasformazioni complete, divide in due parti o regioni il piano; da una parte stanno le linee di indice negativo, dall’altra le linee di indice positivo. Nella prima regione il produttore non può fermarsi, o almeno non può fermarsi a lungo, perchè perde; ed è manifesto che non vuole, e neppure, in generale, può perdere indefinitamente. L’equilibrio [p. 183 modifica]non è dunque possibile in quella regione. Lo è bensì nella seconda, che perciò sarà detta regione di possibile equilibrio. Infatti, il produttore può fermarsi in un punto qualsiasi ove ha un utile. Per altro procura di crescere sempre quanto è possibile quell’utile, cioè tende a percorrere quanto è possibile il sentiero ol; ed abbiamo qui per l’equilibrio punti termini (§ 62), invece di punti di tangenza. Per tali merci la concorrenza è completa.

104. Accade, per altro, raramente che le linee di indifferenza proseguano indefinitamente colla forma indicata. Per solito oltre un certo punto T, più o meno lontano, muta il fenomeno e la prima categoria si muta nella seconda. Il punto T1 ed altri analoghi, possono essere oltre ai limiti che si considerano, ed in tal caso sono come non esistenti.

105. La seconda categoria di merci indicate a § 102 ha linee di indifferenza con forma analoga a quella segnata sulla fig. 13. Vi sono sentieri come o c che riescono tangenti ad una curva di indifferenza; ve ne sono altri come o l' che non possono essere tangenti ad una di quelle curve. Unendo i punti di tangenza c c'..., si ha una linea che si dirà linea di massimo utile. Essa corrisponde alla linea dei baratti, che si ottiene colle curve di indifferenza dei gusti. La regione delle curve di indifferenza con indice positivo è, al solito, regione di possibile equilibrio, ma è manifesto che il produttore, se può, si ferma sulla linea di massimo utile. La concorrenza per tali merci è incompleta. (V, 96).

I sentieri che non incontrano la linea di massimo utile, e che fanno capo a qualche punto con indice negativi, non possono essere seguìti quando esiste la concorrenza (§ 137).

[p. 184 modifica]106. L’equilibrio dei gusti e degli ostacoli. — Consideriamo parecchi consumatori e un solo produttore; oppure parecchi produttori, ma colla condizione che il loro numero non operi sugli ostacoli. Segniamo pei consumatori la linea dei baratti m c c', per le quantità totali di merci; cioè consideriamo la collettività come un solo individuo (§ 87).

Pei produttori segniamo la linea h k, che sarà quella delle trasformazioni complete per le merci della prima categoria (§ 102), cioè con concorrenza completa; e che sarà la linea di massimo utile per le merci di seconda categoria (§ 102), con concorrenza incompleta. Consideriamo i fenomeni di tipo (1).

107. Se vi è una linea di massimo utile, e se essa interseca la linea dei baratti dei consumatori, i produttori si fermano su quella linea di massimo utile, perchè ci trovano il loro tornaconto. Altrimenti vedremo (§ 141) che sono cacciati sulla linea delle trasformazioni complete. Perciò la linea hk è quella ove si fermano i produttori; e i punti d’equilibrio saranno i punti c, c', ove detta linea interseca la linea dei baratti dei produttori.

108. Tutto ciò naturalmente vale nel caso che i sentieri percorsi sieno rette muoventi da m, poichè appunto a quei sentieri si riferiscono la linea dei baratti e quella del massimo utile. Mutando i sentieri, mutano anche le linee. Per esempio, se i produttori fossero costretti a seguire la linea delle trasformazioni complete, l’equilibrio avrebbe luogo nel punto ove quella linea riesce tangente ad una curva di indifferenza dei gusti.

[p. 185 modifica]109. Se due individui barattano merci tra di loro, i punti di equilibrio si trovano alle intersezioni delle linee dei baratti dei due individui; gli assi coordinati essendo disposti in modo che il sentiero percorso da uno coincida con quello percorso dall’altro (§ 116).

Lo stesso si dirà se, invece di due individui, si considera una collettività.

110. Il caso astratto che spesso abbiamo considerato di due individui operanti secondo il tipo (I) di fenomeni, non corrisponde al concreto. Due soli individui che avessero da contrattare insieme si lascerebbero probabilmente guidare da motivi ben diversi da quelli supposti. Per avere corrispondenza nel concreto, dobbiamo supporre che la coppia considerata non è isolata, ma che è l’elemento di un tutto, ove ci sono molte coppie. Principiamo collo studiarne una, appunto per giungere poi a vedere cosa segue quando sono molte. La coppia considerata devesi dunque intendere che operi, non come se fosse isolata, ma come se facesse parte di una collettività.

Simile restrizione devesi fare quando si considera un solo produttore e un solo consumatore.

111. Quando un individuo opera secondo il tipo dei fenomeni (II), egli impone ad altri il sentiero che a lui riesce più vantaggioso, ed il punto di equilibrio si trova sull’intersezione di quel sentiero e della linea di equilibrio degli altri individui.

112. Dalle cose sin qui dette si deduce il seguente teorema generale:

Pei fenomeni (I), se vi è un punto ove un sentiero percorso dalle persone che contrattano riesce tangente alle curve di indifferenze di quelle persone; quello è un punto d’equilibrio.

[p. 186 modifica]Infatti, se due individui contrattano insieme, sono punti di equilibrio i punti ove si intersecano le linee dei baratti di quegli individui; ma in quei punti i sentieri sono tangenti alle linee di indifferenza dei gusti; poichè è appunto con detta condizione che si determinano quelle linee (§ 97). Naturalmente, gli assi debbono essere disposti in modo che unico sia il sentiero percorso dalle due persone (§ 116). Lo stesso ragionamento vale per due collettività.

113. Se consumatori contrattano con produttori aventi una linea di massimo utile (§ 105), le intersezioni di questa linea con la linea dei baratti dei consumatori daranno i punti di equilibrio; ma in quei punti i sentieri sono tangenti alle curve di indifferenza dei gusti ed alle curve di indifferenza degli ostacoli, poichè è appunto con quest’ultima condizione che viene determinata la linea di massimo utile. Il teorema è dunque dimostrato.

114. Se i punti di tangenza non esistono, il teorema non può più applicarsi, e viene sostituito dal seguente, che è più generale e che lo comprende:

L’equilibrio ha luogo nei punti di intersezione della linea di equilibrio dei gusti e della linea di equilibrio degli ostacoli. Quelle linee sono il luogo dei punti di tangenza dei sentieri alle linee di indifferenza, oppure il luogo dei punti termini di detti sentieri.

115. Pei fenomeni del tipo (II) vale il seguente teorema:

Se un individuo opera secondo i fenomeni del tipo (II) con altri i quali operano secondo i fenomeni del tipo (I), l’equilibrio ha luogo nel punto più vantaggioso pel primo individuo; detto punto essendo scelto fra quelli ove i sentieri [p. 187 modifica]intersecano la curva che segna il luogo dei punti di equilibrio possibili.

116. Modi e forme dell’equilibrio nel baratto. — Studiamo i particolari dei fenomeni che abbiamo ora descritto in generale.

Supponiamo che gli ostacoli stieno unicamente nel fatto che la quantità totale di ciascuna merce è costante e che varia solo la ripartizione tra due individui. Tale caso è quello del baratto.

Supponiamo che il primo individuo, di cui le condizioni sono figurate nella fig. 16. abbia o m della merce A; mentre l’altro individuo ha una certa qualità di B e punto di A. Gli assi coordinati pel primo individuo sono o A, o B; pel secondo sono ωα, ωβ; la distanza ωm essendo eguale alla quantità di B che possiede il secondo individuo. Le curve di indifferenza sono t, t' t'',..., pel primo individuo, e s, s' s'',..., pel secondo individuo. Col modo col quale sono disposte le figure, una sola linea indica il sentiero percorso dai due individui. Gli indici di ofelimità vanno crescendo da t verso t'', e da s verso s''.

117. Ragioniamo del fenomeno del tipo (I). Se un sentiero m c è tangente in c ad una curva t e ad una curva s, c è un punto d’equilibrio. Se dunque gli ostacoli di secondo genere impongono non già un sentiero, ma solo la specie di sentieri, i due individui proveranno vari sentieri di quella specie, sinchè ne trovino uno come m c.

[p. 188 modifica]

Per determinare il punto c, si può operare nel modo seguente. Si segna, per ogni individuo, la curva dei baratti (§ 97); e si ha così, per ogni individuo, il luogo dei punti ove può esistere l’equilibrio. Il punto ove la curva dei baratti pel primo individuo taglia la curva dei baratti pel secondo, è evidentemente il punto di equilibrio cercato, poichè è punto comune di equilibrio pei due individui.

118. Se gli ostacoli imponessero un sentiero determinato m h k, tangente in h ad una delle curve s, s'... ed in k ad una delle curve t, t',..., i punti di equilibrio sarebbero diversi pei due individui; onde, se nessuno di essi può imporre il suo volere all’altro, cioè se siamo nel tipo (I) di fenomeni, il problema che ci siamo posti è insolubile. Se il primo individuo può imporre le sue condizioni al secondo, lo costringerà a seguirlo sino al punto k dove avrà luogo l’equilibrio.

119. Occorre notare che questo caso è diverso da quello in cui un individuo può imporre all’altro il sentiero da seguire (§ 128). Nel primo la via è determinata, ed un individuo può costringere l’altro o percorrerne un tratto più o meno lungo. Nel secondo, la via è indeterminata, ed un individuo può determinarla come vuole; ma, dopo avere fatto ciò, non può imporre all’altro di percorrerne un tratto più o meno lungo.

120. Abbiamo detto che sono provati varii sentieri sinchè si trovi quello dell’equilibrio; conviene vedere come ciò accada.

Se segniamo le curve dei baratti pei due individui, troveremo, in casi assai estesi, esse hanno forme analoghe a quelle della fig. 17, onde si intersecano all’incirca come è indicato da quelle figure; una [p. 189 modifica]delle quali dà tre punti di intersezione; l’altra, uno. Essi sono di tre specie diverse, che diremo α, β, γ, e li indichiamo, con maggiori particolari, nella fig. 18. Fig. 17. La linea dei baratti per il primo individuo, pel quale gli assi coordinati, sulla fig. 17, sono o A, o B, sarà sempre indicata con c d, sulla fig. 18; quella linea, pel secondo individuo, pel quale gli assi coordinati, sulla fig. 17, sono indicati da ωα, Fig. 18. ωβ, sarà sempre segnata h k, sulla fig. 18. Il punto d’incontro delle due linee di contratti, cioè il punto di equilibrio, sarà segnato l.

121. Consideriamo l’equilibrio per il primo [p. 190 modifica]individuo. Nel caso dei punti (α) e (γ), i punti della linea lh precedono quelli della linea cd e perciò sono punti termini (§ 62) per il primo individuo; la linea sulla quale può trovarsi in equilibrio è quindi clh. Per un motivo analogo, la linea ove il secondo individuo può stare in equilibrio, sempre nel caso dei punti (α) e (γ), è pure clh. Nel caso del punto (β), quella linea d’equilibrio pel primo e pel secondo individuo è hld. Non abbiamo quindi da occuparci che di ciò che segue su quelle linee.

122. Discorriamo dei punti (α) e (γ). Il primo individuo trovasi in h in una posizione d’equilibrio; egli, poichè siamo nel tipo (I), paragona solo le condizioni in cui si troverebbe nei vari punti del sentiero mhd, e vede che starebbe meglio in d che in h; non può recarsi in d, perchè a lui è vietato dai gusti del secondo individuo. Se molti individui sono in concorrenza con molti altri, se la nostra coppia non è isolata, il primo individuo ha un mezzo per recarsi, se non in d, almeno in un punto molto prossimo. Egli segue un sentiero md' un pochino meno inclinato di md sull’asse ox, cioè egli dà maggiore quantità di A per la stessa quantità di B. Per tal modo toglie avventori al secondo individuo, riceve del B da altri, e può recarsi in d', che è il più alto punto del sentiero, e dove sta in equilibrio.

Vediamo intanto cosa segue del secondo individuo. Egli se ne stava in h, che era per lui il punto più alto del sentiero. La perdita degli avventori lo ricaccia indietro; a lui portano meno A, poichè il primo individuo ne riceve di più; così quel secondo individuo si trova cacciato indietro, per esempio in h'. Egli, paragonando sempre unicamente lo stato in cui starebbe nei vari punti del sentiero mhd, [p. 191 modifica]riconosce che la sua condizione è peggiorata, che gli conviene di trovar modo di provvedere ai fatti suoi e di tornare in h, o almeno in un punto molto vicino. Perciò egli imiterà l’esempio dato dal primo individuo o gli farà tornare in mente che chi la fa l’aspetta. Seguirà un sentiero molto più prossimo, ma poco meno inclinato di md', e così giungerà ad un punto h'' della linea kh.

Ora è il primo individuo a cui occorre di provvedere ai fatti suoi, e da capo egli percorrerà un sentiero meno inclinato. Così via via i due individui si avvicineranno al punto l, movendosi nel senso della freccia.

Fenomeni analoghi seguono movendo dal punto c. Il secondo individuo che si trova in c, che per lui è punto termine, vuole avvicinarsi a k, che è il punto più alto del sentiero mck, perciò egli consente a ricevere meno A per la stessa quantità di B; segue cioè un sentiero come mk', più inclinato di mk sull’asse ox. Il primo individuo è costretto ad imitare quell’operare; e così, via via, i due individui si avvicinano a l, nel senso della freccia.

123. Il punto di equilibrio è dunque l, e lo diremo punto di equilibrio stabile; perchè, se i due individui si allontanano da l, tendono poi a tornarvi.

124. Ragioniamo del punto (β). Come abbiamo veduto, la linea di equilibrio è hld. Supponiamo che i due individui sieno in d; il secondo individuo da quel punto, che per lui è punto termine, vorrebbe avvicinarsi a k; egli per ciò fare non ha altro modo che consentire a ricevere meno A per la stessa quantità di B, cioè egli prova un sentiero md'k', più inclinato di mk sull’asse ox, e si allontana da l. Il primo individuo è costretto a seguirne [p. 192 modifica]l’esempio; così essi si muovono nel senso della freccia. Egualmente dall’altra parte di l. Se i due individui si trovano in h, il primo vuole avvicinarsi a c; per ciò fare egli dà maggiore quantità di A, per la stessa quantità di B; segue cioè un sentiero meno inclinato di mc e si allontana da l. Il secondo individuo deve seguire quell’esempio; e così via di seguito. I due individui si muovono dunque allontanandosi da l. Il punto l è un punto di equilibrio instabile.

125. Torniamo era alla fig. 17. Per (2), vi è un solo punto di equilibrio, ed è punto di equilibrio stabile. Per (1) vi sono due punti di equilibrio stabile, cioè (α) e (γ), e uno di equilibrio instabile, cioè (β). In generale tra due posizioni di equilibrio stabile c’è un punto di equilibrio instabile, il quale segna il confine tra le posizioni dalle quali ci si avvicina all’uno, o all’altro, dei due punti di equilibrio stabile.

La linea d’equilibrio è la linea muαdβfγam.

126. Chiamiamo senso positivo delle rotazioni quello indicato dalla freccia sulla figura qui contro e che fa crescere l’ angolo a. Se nel senso della rotazione negativa, prima dell’incontro delle due linee di equilibrio, la linea dell’individuo che baratta dell’A per del B precede la linea dell’individuo che baratta del B per dell’A, l’equilibrio è stabile. Nel caso contrario, è instabile.

127. Dalla fig. 18 si vede che ogni individuo procura sempre di salire il colle del piacere, di accrescere la sua ofelimità, proseguendo direttamente il sentiero percorso; ma la concorrenza lo fa deviare, [p. 193 modifica]lo fa sdrucciolare, avvicinandolo a l, nei casi di equilibrio stabile; allontanandolo, nei casi di equilibrio instabile.

Tra quei due equilibri decide il sapere se, movendo dal punto di equilibrio, con rotazione positiva, il primo individuo può mantenersi sovra la propria linea dei contratti, oppure deve passare su quella del secondo individuo, i punti della quale linea divengono per lui punti termini. Nel primo caso abbiamo i punti (α) e (γ) della fig. 18, nel secondo il punto (β). Si può anche dire, ciò che torna allo stesso, che se, nel caso di una rotazione negativa, il primo individuo non può mantenersi sulla sua linea dei baratti, ma devo passare su quella del secondo individuo (punti (α) e (γ)), l’equilibrio è stabile; se invece può mantenersi sulla propria linea dei contratti (punto (β)), l’equilibrio è instabile.

128. Passiamo ora a considerare i fenomeni del tipo (II). Supponiamo che il secondo individuo operi secondo quel tipo, mentre il primo individuo seguita ad operare secondo il tipo (I).

Per quel primo individuo, la curva d’equilibrio è ancora quella matsb che unisce i punti di tangenza dei diversi sentieri moventi da m colle curve di indifferenza. Il secondo individuo può bene scegliere il sentiero mde, ma su quello non può costringere il primo a proseguire oltre d, per recarsi in e. Per altro potrebbe fermarsi prima di giungere in d e così [p. 194 modifica]costringere pure il primo individuo a fermarsi. In conclusione, l’equilibrio è possibile in tutto lo spazio compreso tra mω e maγtsβdb. Diverso è il modo col quale si trova il punto di equilibrio. Pei fenomeni del tipo (I) gli individui erano portati dalla concorrenza a quel punto; per fenomeni del tipo (II) uno degli individui sceglie il punto che a lui più piace tra quelli in cui l’equilibrio è possibile.

129. Il secondo individuo, che si trova in d, non procura più qui, come precedentemente, di andare in c, o almeno in un punto vicinissimo; egli paragona lo stato in cui è d con quello in cui sarebbe in un altro punto qualsiasi dove è possibile l’ equilibrio e sceglie il punto che a lui più piace, imponendo all’altro individuo il sentiero che necessariamente adduce a quel punto.

130. Il punto in cui sta meglio il secondo individuo è evidentemente il punto che ha il massimo indice di ofelimità, che è il più alto, tra tutti quelli che può scegliere, cioè il punto più alto, sul colle del piacere del secondo individuo. Ora è manifesto che i punti compresi tra ωm e maγts sono meno alti di quelli che trovansi oltre maγts. Quella linea si può considerare come un sentiero, il suo punto più alto sul colle del piacere del secondo individuo sarà il punto t in cui essa è tangente ad una curva di indifferenza. Quello è dunque il punto a cui conviene al secondo individuo di fermarsi.

131. La difficoltà pratica di determinare quel punto è grande. Perciò chi opera secondo il tipo (II) si propone spesso un altro fine, cioè quello di ottenere la massima quantità possibile di A. Il punto che soddisfa a quella condizione è il punto di tangenza s della linea comune di equilibrio e di una [p. 195 modifica]parallela all’asse oy. Quel punto si determina molto facilmente, provando e riprovando, poichè il bilancio stesso dell’individuo indica quanto A riceve.

132. Quando la merce A è molto più ofelima che la merce B, pel secondo individuo, il punto s si confonde quasi col punto t; si confonde interamente, se A sola è ofelima pel secondo individuo poichè in tal caso lo linee di indifferenza sono parallele all’asse oy (IV, 54).

Altre condizioni si potrebbero porre, e si troverebbero altri punti per equilibrio.

133. Se invece di percorrere i sentieri rettilinei che indicano i prezzi, l’individuo percorre la linea di trasformazione imposta dagli ostacoli, o in generale un sentiero determinato, l’equilibrio potrà ancora essere stabile od instabile. Sia acb una linea di trasformazione, c il punto in cui essa è tangente ad una linea d’indifferenza dei gusti t', nel qual punto ha luogo l’equilibrio. Se, come solitamente accade, quella linea ab di trasformazione è tale che l’indice di ofelimità in c è più grande che gli indici dei punti vicini a, b, l’equilibrio è stabile. In fatti, l’individuo che si allontana casualmente da c tende a ritornarvi, poichè egli tende sempre a passare, per quanto è possibile, da un punto ad un altro avente un indice di ofelimità maggiore. Per lo stesso motivo, se la linea delle trasformazioni avesse la forma a'b', tale che gli indici di ofelimità dei punti a' b', prossimi al punto di equilibrio c', fossero maggiori dell’indice di ofelimità di c', l’equilibrio sarebbe instabile.

[p. 196 modifica]

134. Massimi dell’ofelimità. — Giova passare in rassegna i diversi massimi pei punti di equilibrio. Da prima abbiamo un massimo assoluto, nel punto più alto del colle del piacere, sulla sua vetta. In quel punto, l’individuo ha di tutto a sazietà; c’è poco da dire di quello stato felice.

Poi, vengono molti massimi relativi. Il punto c'', fig. 12, è il più alto del sentiero mn; è un massimo subordinato alla condizione che l’individuo si muova solo sul sentiero mn. Massimi di simile genere sono gli altri punti di tangenza c', c'''..... Tra essi ce ne può essere uno più alto di tutti gli altri, un maximum maximorum. Anche un punto termine segna un massimo; è il punto più alto di un tratto di sentiero, ma è meno alto del punto di tangenza che segue.

Il punto t, fig. 20, è, pel secondo individuo, il punto più alto della linea comune di equilibrio.

In quanto al punto s, esso segna un massimo di genere diverso dai precedenti, poichè non è più un massimo di ofelimità, bensì un massimo di quantità della merce A.

135. Modi e forme dell’equilibrio, nella produzione. — Se si suppone che nella fig. 18 la linea hk segni la linea di massimo utile del produttore o dei produttori, non c’è che da ripetere i ragionamenti ora fatti nel caso del baratto. Il produttore tende a stare in quella linea, come il consumatore sulla linea dei baratti.

136. C’è per altro, una differenza che si riferisce ai sentieri che non incontrano quella linea hk del massimo utile (fig. 22). Se il produttore segue il sentiero mk, si capisce che si fermi in k, perchè starebbe peggio più in qua o più in là; ma, se egli segue il sentiero mc che non è tangente a nessuna curva [p. 197 modifica]di indifferenza degli ostacoli, perchè non si spingerebbe egli in quel sentiero, sin dove è a lui concesso dai gusti dei suoi avventori?

137. Qui interviene la concorrenza. La linea hk divide il piano in due regioni: in quella che sta al di qua di hk, rispetto a m, il produttore ha vantaggio nel crescere, lungo un sentiero rettilineo mc, la quantità ma di merce A, trasformata; in quella che sta al di là di hk, rispetto a m, il produttore ha vantaggio nel restringere, lungo un sentiero rettilineo mc', la quantità ma' di merce A trasformata. Perciò, pei produttori che stanno in c e c', seguono fenomeni diversi.

138. Chi sta in c può essere tentato, anche da solo, di accrescere la trasformazione, e ciò farà ove si supponga che segua rigorosamente i principii dei fenomeni del tipo (I). Egli paragonerà lo stato in essi si troverebbe nei diversi punti del sentiero mcd, e vedrà che starebbe meglio oltre c; onde, se il consumatore non vuole, su quel sentiero, andare oltre c, il produttore concederà maggior quantità di B per uno di A, cioè farà lievemente crescere l’inclinazione del sentiero mc su mo. Per altro, se è solo, finirà coll’accorgersi che, se in quel modo spera di conseguire vantaggio, effettivamente ha danno; onde smetterà di operare secondo il tipo (I), e opererà invece secondo il tipo (II).

Se vi sono più concorrenti, colui che accresce l’inclinazione del sentiero mc ha [p. 198 modifica]effettivamente un utile, per poco tempo. Del resto, se egli ciò non facesse, altri lo farebbe; così cresce man mano l’inclinazione di mc su mo, e ci avviciniamo alla linea hk. Giunti su di essa, cessa il vantaggio di accrescere la quantità trasformata di A; e, venendo meno la causa, viene per conseguenza anche meno l’effetto.

139. Se il produttore sta in c', egli si accorge presto che ha vantaggio nello scemare la quantità ma' di A trasformata. Per accrescere quella quantità egli doveva contendere coi concorrenti; ma, per ridurla, opera da solo e non si cura d’altri. Egli dunque scema l’inclinazione di mc' su mo e si avvicina alla linea di massimo utile hk, senza darsi il minimo pensiero se altri concorrenti lo han seguito o no. Notisi che il suo movimento può avere luogo interamente sul sentiero mc'; onde egli, operando strettamente secondo i principii del tipo (I), si reca in v perchè ivi sta meglio che in c'. Oltre v non procede verso m, perchè starebbe peggio.

140. In conclusione dunque, il produttore che trovasi oltre hk, rispetto ad m, è ricondotto su hk dal proprio tornaconto. Il produttore che trovasi al di qua di hk, rispetto ad m, è ricondotto, forse da solo, e certamente dalla concorrenza, su hk. Anche da solo ci andrebbe sicuramente, ove si potesse ammettere che opera strettamente secondo il tipo (I).

141. Rimane da esaminare il caso in cui non esiste quella linea di massimo utile.

Sia cd la linea dei baratti, hk la linea delle trasformazioni complete del produttore. La regione degli indici positivi è al di là di hk, rispetto a m. Abbiamo due casi segnati in (μ) e in (π). [p. 199 modifica]

142. Principiamo ad esaminare il caso (μ). In c il consumatore è in equilibrio, poichè trovasi sulla sua linea dei baratti: il produttore sta bene, poichè trovasi nella regione degli indici positivi; onde quello stato di cose potrebbe durare a lungo.

Ma il produttore desidera stare anche meglio; e quindi, se egli opera rigorosamente secondo i principii dei fenomeni (I), vuole proseguire a muoversi secondo il sentiero mc; ne è impedito dai gusti dei consumatori, e perciò prova a dare a quel consumatore maggiore quantità di B per la stessa quantità di A, cioè fa crescere l’inclinazione del sentiero sull’asse degli A, e così si avvicina alla linea hk.

Per altro, se il produttore fosse solo, si accorgerebbe presto che opera da stolto in quel modo, perchè ottiene proprio l’opposto di ciò che desidera. Egli quindi tralascerebbe di operare secondo i principii dei fenomeni (I), e userebbe quelli dei fenomeni (II).

143. Quando ci sono parecchi produttori in concorrenza, colui che cresce un pochino l’inclinazione del sentiero mc, consegue, almeno per un poco di tempo, l’intento; egli toglie avventori ai [p. 200 modifica]concorrenti, e si spinge più o meno avanti nella regione degli indici positivi. Potrebbe anche rimanerci, se i suoi concorrenti non imitassero il suo esempio. Se essi lo imitano, se la concorrenza è effettiva, faranno a loro volta crescere l’inclinazione del sentiero su mx; e così poco alla volta, muovendosi pel verso della freccia, produttori e consumatori andranno avvicinandosi al punto l ove la linea hk delle trasformazioni complete interseca la linea cd dei baratti. Oltre quella linea non possono andare i produttori, perchè entrerebbero nella regione degli indici negativi, seguitando la linea cd dei baratti; e lungo lh non possono andare, perchè i consumatori vi si rifiutano. Conviene quindi che si fermino in l, che è punto di equilibrio, e di equilibrio stabile.

144. In altro modo si può osservare che solo lc è linea di possibile equilibrio; non già ld, perchè trovasi nella regione degli indici negativi. Sulla linea cl, la concorrenza dei produttori opera in modo che il punto di equilibrio si avvicina ad l.

145. Diciamo ora del caso (π). Si vedrà, come precedentemente, che la sola linea di equilibrio possibile è ld, poichè lc trovasi nella regione degli indici negativi. Se i produttori sono in d, essi ci stanno bene, poichè sono nella regione degli indici positivi; ma la concorrenza tra essi fa crescere l’inclinazione di md su mn, onde ci allontaniamo da l. In l precisamente potrebbe avere luogo l’equilibrio, poichè sono soddisfatti consumatori e produttori; ma, appena ci allontaniamo da l, dalla parte di h, invece di esservi poi ricondotti, ce ne allontaniamo sempre più. Dalla parte di k siamo ricondotti in l. Abbiamo quindi un genere di equilibrio speciale, stabile da una parte, instabile dall’altra. [p. 201 modifica]

Di tale equilibrio non c’era esempio nei casi della fig. 18. Paragonando poi il caso (β) della fig. 18 al caso (μ) della fig. 23, si vede che le condizioni di stabilità dell’equilibrio sono precisamente inverse per (β), cioè pel baratto e la produzione con concorrenza incompleta, e per (μ), cioè per la produzione con concorrenza completa. Segue ciò perchè nel caso (β), la linea h k essendo linea di baratto (o di massimo utile) gli individui ai quali essa si riferisce ci stanno per loro deliberato volere, mentre nei casi (μ) e (π) la linea h k essendo linea delle trasformazioni complete, gli individui ai quali si riferisce ci sono cacciati solo dalla concorrenza.

146. Nel caso (β), chi stava in h rimaneva fermo, perchè chi sta bene non si muove; onde il movimento seguiva solo per opera del consumatore, avente per linea dei baratti c d, e che voleva andare in c. Nel caso (μ) invece quel movimento segue per opera di chi stando in k vorrebbe stare meglio, e quindi tenta di spingersi sul sentiero k c. Nel caso (β), l’equilibrio in d è possibile, e ci allontaniamo per opera di chi vorrebbe andare in k; nel caso (μ), non è possibile fermarsi in d, perchè i produttori perdono, si rovinano, spariscono, onde siamo ricondotti in l.

Abbiamo descritto il fenomeno come segue a lungo andare. Temporaneamente è possibile che i produttori stiano per un poco di tempo in perdita.

147. Vediamo cosa segue quando il numero dei produttori opera sugli ostacoli.

Supponiamo che gli assi pei produttori essendo mo, mn, le linee di indifferenza siano s, s',...; e che la linea dei baratti dei consumatori sia cd. Se vi è un solo produttore, egli si fermerà all’intersezione l della linea dei baratti e della linea h k [p. 202 modifica]di massimo utile. Così pure se vi sono più produttori, ma colla condizione che il loro numero non operi sugli ostacoli, onde, siano pochi o molti i produttori, conseguono tutti il massimo utile quando la quantità totale am di A è trasformata in al di B.

148. Supponiamo invece che la linea hk si riferisca al caso di un solo produttore, e che altri possano sorgere, nelle stesse condizioni. Se ve ne sono due, occorre, perchè ognuno abbia il massimo utile, di raddoppiare tutte le quantità: se ve ne sono tre, occorre triplicarle, ecc. Così viene spostata la linea hk, quando si riferisce al totale della produzione, secondo il numero dei produttori. E verrebbe pure spostata, quando, più generalmente, invece di raddoppiare, triplicare, ecc. la produzione, occorresse solo di accrescerla in certe proporzioni. Anche la linea s delle trasformazioni complete è spostata.

Se, per un caso singolare, le linee per tal modo spostate, quando vi sono, ad esempio, due produttori, si intersecano precisamente in un punto g della linea cd dei baratti, l’equilibrio avrà luogo in g. Infatti uno dei produttori non può stare in l, perchè l’altro, per farsi largo, muta l’inclinazione del sentiero ml, sinchè coincida col sentiero mg. Oltre non vi può andare, perchè si entrerebbe nella regione degli indici negativi, e non c’è posto per un terzo produttore.

149. Difficilmente accadrà che le linee spostate [p. 203 modifica] del massimo utile e delle trasformazioni complete s’intersechino proprio nella linea dei baratti. Sinchè questa interseca la linea del massimo utile in un punto diverso da quello in cui è intersecata dalla linea delle trasformazioni complete, l’equilibrio potrà aver luogo nel punto d’intersezione della linea dei baratti e della linea di massimo utile. Ma, poichè in quel punto i produttori hanno un utile, ne sorgeranno altri, s’intende se ciò è possibile, sinchè la linea del massimo utile non intersechi più la linea dei baratti. Quando ciò avrà luogo ci troveremo nel caso già trattato (§ 141) e l’equilibrio avrà luogo nel punto di intersezione della linea dei baratti e della linea delle trasformazioni complete.

Identico ragionamento si può fare per le merci della seconda categoria (§ 102).

150. In conclusione dunque, l’equilibrio ha luogo al punto ove si intersecano la linea di massimo utile e la linea dei baratti; ma, quando sia possibile che sorgano nuovi produttori e che per tal modo sia spostata la linea del massimo utile, in modo da non più intersecare la linea dei baratti, l’equilibrio ha luogo nel punto ove la linea dei baratti interseca la linea delle trasformazioni complete. Il primo caso è quello della concorrenza incompleta (§ 105); il secondo, quello della concorrenza completa.

151. Pei fenomeni del tipo (II), se è il produttore che opera secondo quel tipo, egli si addentrerà quanto è possibile nella regione degli indici positivi, e quindi il punto di equilibrio si troverà nel punto di tangenza della linea dei baratti e di una linea di indifferenza, nel caso della concorrenza completa, fig. 14: si troverà nel punto di tangenza [p. 204 modifica]della linea dei baratti e della linea di massimo utile, nel caso della concorrenza incompleta, fig. 13. Tutto ciò, s’intende, quando quei punti sieno nei limiti del fenomeno considerato.

Se è il consumatore che opera secondo il tipo (II), egli costringerà i produttori a fermarsi sulla linea delle trasformazioni complete. Se i sentieri debbono essere rette moventi da m, l’equilibrio, nel caso della concorrenza completa, non differirà da quello che si ha pei fenomeni di tipo (I): ma potrebbe differirne, quando fosse in podestà del consumatore di mutare forma ai sentieri (VI, 17, 18).

152. I prezzi — Sinora abbiamo ragionato in generale e procurando di non fare uso dei prezzi; ma pure, qua e là, quando abbiamo voluto citare esempi concreti, i prezzi sono comparsi; e anche nelle teorie generali si vedono più o meno implicitamente; onde, in sostanza, li abbiamo adoperati senza nominarli. Ora è bene accettarli e discorrerne senz’altro: ma era pure opportuno il mostrare come le teorie dell’economia non movono direttamente dalla considerazione di un mercato ove esistono certi prezzi, bensì movono dalla considerazione dell’equilibrio, che nasce dal contrasto dei gusti e degli ostacoli. I prezzi appaiono come incognite ausiliarie, utilissime per risolvere i problemi economici, ma che infine debbono essere eliminate, lasciando solo in presenza gusti ed ostacoli.

153. Dicesi prezzo di Y in X, la quantità di X che si dà per ricevere un’unità di Y.

Quando il prezzo è costante, si possono paragonare quantità qualsiasi di X e di Y, trovare il rapporto tra la quantità di X che si dà e la quantità di Y che si riceve, ed avere così il prezzo. Quando [p. 205 modifica]i prezzi sono variabili, occorre paragonare quantità infinitesime.

154. Segue dalla definizione del prezzo, che se si passa dal punto c al punto d barattando ac di A per ad di B, il prezzo di B in A è uguale all’inclinazione della retta dcm sull’asse oB: e il prezzo di A in B, è espresso dall’inclinazione della stessa retta sull’asse oA.

155. Nei paragrafi precedenti abbiamo spesso discorso di far crescere, o scemare, l’inclinazione di mn su uno degli assi, per esempio oB; ciò è sinonimo del far crescere, o scemare, il prezzo di B in A.

156. Il valore di cambio degli economisti corrisponde al prezzo ora definito. Occorre per altro notare che il concetto del prezzo è più preciso (§ 226). Inoltre, gli economisti distinguevano tra il valore che era una frazione qualsiasi ad esempio , ed il prezzo, che era una frazione in cui il denominatore era l’unità, ad esempio

Se si baratta 6 di vino per 3 di pane, il valore di cambio del pane in vino sarebbe ; e poichè, in tal caso, per avere 1 di pane occorre dare 2 di vino, il prezzo del pane in vino sarebbe 2. È inutile avere così due nomi per cose tanto poco diverse come sono e , specialmente dopo che [p. 206 modifica]l’economia politica ha cessato di essere un genere di letteratura, per diventare una scienza positiva.

157. Gli economisti usavano quel concetto di valore di cambio, per stabilire il teorema che un aumento generale dei valori era impossibile, mentre era possibile un aumento generale dei prezzi. Nell’esempio precedente il valore del pane in vino era , e quello del vino in pane era . Bastano le primissime nozioni di aritmetica per intendere che quaudo una di quelle frazioni cresce, l’altra scema, il loro prodotto essendo sempre uno. Così, se si baratta 12 di vino per 3 di pane, il valore del pane in vino cresce e diventa ; ma il valore di vino in pane scema e diventa . In quanto al prezzo del pane in vino, esso aumenta e diventa 4 invece di 2.

158. Il concetto generale del prezzo di una merce in un altra è utile nella scienza economica perchè fa astrazione dalla moneta. Nella pratica, presso i popoli civili, il prezzo di tutte le merci si riferisce ad una sola di esse, detta moneta; onde, discorrendo dei fenomeni concreti, è ben difficile di scansare l’uso del prezzo in quel senso. Anche nella teoria, è utilissimo introdurre sino da principio quel concetto. Si ha così, è vero, l’inconveniente di anticipare sulla teoria della moneta, che deve venire dopo la teoria generale dell’equilibrio economico; ma ciò è poco male, specialmente se si fa il paragone col vantaggio della chiarezza e facilità di esposizione che procura l’uso di quel concetto.

159. Torniamo ad esprimere, facendo uso del [p. 207 modifica]concetto generale di prezzo, i risultamenti ai quai già siamo pervenuti.

160. Il tipo (I) di fenomeni è costituito da quell in cui l’individuo accetta i prezzi che trova su mercato e procura di soddisfare i suoi gusti con quei prezzi. Nel fare ciò egli contribuisce, senza volerlo, a modificare quei prezzi; ma egli non opera direttamente per modificarli. A un certo prezzo egli compra (o vende) una certa quantità di merce; se la persona colla quale contratta accettasse un altro prezzo, egli comprerebbe (o venderebbe) altra quantità di merce. Ossia, ciò che torna lo stesso, per fargli comperare (o vendere) una certa quantità di merce, occorre praticare un certo prezzo.

161. Invece il tipo (II) è costituito da fenomeni in cui l’individuo ha per scopo principale di modificare i prezzi, per ricavare in tal modo un qualche vantaggio. Alla persona colla quale contratta non lascia la scelta di varî prezzi; ne impone uno, e ad essa lascia solo la scelta della quantità da comperare (o da vendere) a quel prezzo. La scelta del prezzo non è più bilaterale, come nel tipo (I); diventa unilaterale.

162. Abbiamo già veduto che, nel concreto, il tipo (I) corrisponde alla libera concorrenza (§ 46), e il tipo (II) corrisponde al monopolio.

163. Dove c’è libera concorrenza, nessuno essendo privilegiato, la scelta del prezzo è bilaterale. L’individuo 1 non può imporre il suo prezzo a 2, nè l’individuo 2 può imporre il suo prezzo a 1. In tal caso chi contratta si pone il problema: «Dato il prezzo tale, quanto comprerei (o venderei)?» Oppure, ciò che torna lo stesso; «Perchè io compri (o venda) tale quantità di merce, che prezzo ci vorrebbe?». [p. 208 modifica]

164. Dove c’è monopolio, sotto una forma qualsiasi, qualcuno è privilegiato. Costui si vale del suo privilegio per fissare il prezzo la cui scelta diventa unilaterale. Egli quindi si pone il problema: «Quale prezzo debbo imporre al mercato per raggiungere lo scopo che ho in mira?».

165. Il tipo (III) corrisponde pure al monopolio; ma è distinto dal tipo (II), pel fine a cui si mira. Il problema che si dovrà porre lo stato socialista, è il seguente: «Quale prezzo debbo fissare perchè i miei amministrati godano del massimo benessere compatibile colle condizioni in cui si trovano o che a loro stimo bene di imporre?»

166. Notisi che, anche se lo Stato socialista togliesse ogni facoltà di barattare, vietasse ogni compra-vendita, non per ciò sparirebbero i prezzi, i quali rimarrebbero non fosse altro come artificio contabile per la distribuzione delle merci e le loro trasformazioni. Lo usare i prezzi è il modo più semplice e facile per risolvere le equazioni dell’equilibrio; onde chi si ostinasse a volerli lasciare da parte, finirebbe probabilmente coll’usarli sotto altro nome, e vi sarebbe quindi una semplice modificazione di linguaggio, non di cose.

167. I prezzi ed il secondo genere di ostacoli. — Abbiamo veduto che, tra i dati del problema, dovevamo darci i rapporti secondo i quali si trasformano le successive porzioni di merci. Colla considerazione del prezzo, ciò si esprime dicendo che ci dobbiamo dare il modo secondo il quale variano i prezzi delle porzioni successive: fissare, per es., che quelle porzioni hanno tutte un medesimo prezzo, che del rimanente può essere incognito, oppure che i prezzi di esse vanno crescendo (o scemando) secondo una certa legge. [p. 209 modifica]

168. C’è qui un punto sul quale parecchi sono caduti in errore e che merita quindi speciale attenzione. Riguardo alle variazioni dei prezzi, occorre fare una distinzione fondamentale. Possono cioè variare i prezzi delle successive porzioni che si comprano per giungere alla posizione di equilibrio, e possono variare i prezzi di due operazioni complessive che adducono alla posizione di equilibrio (α). Per esempio, un individuo compera oggi 100 gr. di pane a 60 cent. il kg., poi 100 gr. a 50 cent. il kg., poi ancora 100 gr. a 40 cent. il kg., e così giunge ad una posizione di equilibrio, avendo comprato a vari prezzi 300 gr. di pane. Domani ripete l’identica operazione. In tal caso, i prezzi sono variabili per le successive porzioni che si comprano per giungere alla posizione di equilibrio: ma non variano quando si ripete l’operazione.

(β) Invece lo stesso individuo, domani, compra 100 gr. di pane a 70 cent. il kg., poi 100 gr. a 65 cent., poi 100 gr. a 58 cent. I prezzi variano non solo per le successive porzioni, ma anche da una operazione adducente all’equilibrio, ad un’altra.

(γ) L’individuo considerato compra 300 gr. di pane, tutti al medesimo prezzo di 60 cent. al kg., e così giunge alla posizione di equilibrio. Domani ripete la stessa operazione. In tal caso sono costanti i prezzi delle successive porzioni, non variano; e neppure varia il prezzo da un’operazione adducente all’equilibrio, ad un’altra.

(δ) Infine quell’individuo compra oggi 300 gr. di pane, tutti al medesimo prezzo di 60 cent. il kg., e così giunge alla posizione di equilibrio. Domani per giungere a quella posizione, compra 400 gr. di pane, pagando tutte le porzioni successive il prezzo costante di 50 cent. I prezzi delle porzioni [p. 210 modifica]successive sono, anche in questo caso, costanti; ma variano i prezzi da una posizione adducente all’equilibrio, ad un’altra.

169. Si vedrà anche meglio come stanno le cose, mediante figure.

In tutte le figure, ab, ac indicano le vie seguite nelle diverse compre, cioè i prezzi pagati per le diverse porzioni. In (α) e in (β), ab, ac sono curve, cioè i prezzi variano de una porzione ad un’altra; in (γ) e in (δ), ab, ac sono rette, cioè i prezzi sono costanti por le diverse porzioni. In (α) e in (γ), l’individuo percorre ogni giorno la strada ab; in (β) e in (δ), percorre oggi ab e domani ac. Quindi le figure danno i casi seguenti:

(α) Prezzi variabili per porzioni successive, ma che ritornano identici per successive operazioni adducenti all’equilibrio.

(β) Prezzi variabili per porzioni successive, e per operazioni successive adducenti all’equilibrio.

(γ) Prezzi costanti per porzioni successive, e per operazioni successive adducenti all’equilibrio.

(δ) Prezzi costanti per porzioni successive, ma variabili per operazioni successive adducenti all’equilibrio.

Nello stato presente della scienza, il caso generale da considerare è quello di (γ) e di (δ); ma [p. 211 modifica]nulla toglie che venga giorno in cui sia utile di considerare anche (α) e (β).

170. Quando molte persone convengono sovra un mercato ed operano indipendentemente l’una dall’altra, facendosi concorrenza, è manifesto che in uno stesso momento ve ne saranno di quelle che comperano le prime porzioni, ve ne saranno altre che comperano le seconde, ecc., per giungere allo stato di equilibrio: e, poichè sovra un dato mercato, in un dato momento, si ammette che non c’è che un prezzo, si vede che il prezzo di quelle varie porzioni deve essere lo stesso. Ciò rigorosamente non toglierebbe che, per uno stesso individuo, quel prezzo non potesse variare da una porzione all’altra: ma tale ipotesi porta a conseguenze strane ed interamente diverse dal concreto, onde l’ipotesi che meglio si confà alla realtà è quella di prezzi eguali per porzioni successive. Il che, s’intende, non toglie che non vi sieno successivamente prezzi diversi come in (δ), fig. 26.

Ciò è principalmente vero pel consumo. Se un individuo compra 10 kg. di zucchero, di caffè, di pane, di carne, di cotone, di lana, di chiodi, di piombo, di vernice, ecc., non compra il primo kg. ad un prezzo, il secondo ad un altro prezzo, e via di seguito. Non è che ciò sia impossibile, per solito non accade. Badisi bene che ciò non toglie che quell’individuo possa comperare oggi 10 kg. di cipolle ad un prezzo, e domani 10 kg. ad un altro prezzo, col che ci troviamo nel caso (δ), fig. 26. Nelle grandi città capita spesso che, sul mercato, il pesce costa più caro la mattina presto che verso mezzo giorno, quando il mercato sta per finire. Il cuoco di un ristorante di primo ordine può venire la mattina presto, per avere maggior scelta, e comperare [p. 212 modifica] 20 kg. di pesce ad un certo prezzo. Il cuoco di un ristorante di secondo ordine verrà sul tardi e comprerà ciò che resta ad un prezzo minore. Siamo sempre nel caso (δ), fig. 26. Del resto, nel caso ora considerato, si potrebbe, senza grave errore, ammettere un prezzo medio. Non dimentichiamo mai che il nostro scopo è di avere semplicemente un concetto generale del fenomeno.

171. Per la speculazione è quasi sempre necessario di considerare che le varie porzioni sono comprate a prezzi diversi. Se certi banchieri, per esempio, vogliono fare incetta del rame, debbono tenere conto che converrà loro acquistare quel metallo a prezzi crescenti, e qui il considerare un prezzo medio potrebbe fare incappare in gravissimi errori. Similmente chi volesse fare uno studio speciale dei diversi modi di vendere all’asta certe merci, per esempio il pesce, dovrebbe tenere conto delle variazioni di prezzo. Ma tutto ciò costituisce uno studio a parte di fenomeni secondari, che vengono a modificare il fenomeno principale, il quale, in ultima analisi, adatta consumi e produzioni.

Inoltre il caso di cui si è ora discorso, della speculazione, appartiene più alla dinamica che alla statica. Ci sono più posizioni successive di equilibrio da considerare. Eccetto casi eccezionali, i prezzi, sui grandi mercati, variano solo da un giorno all’altro, almeno in modo notevole, e, al solito, si può, con lieve errore, sostituire un prezzo medio ai diversi prezzi reali.

172. Quando il prezzo delle successive porzioni che sono barattate è costante, è pure costante il rapporto di quelle quantità; cioè, se la prima unità di pane si baratta per due di vino, la seconda unità di pane si baratterà ancora per due di vino, e via di [p. 213 modifica]seguito. Graficamente ciò si figura con una retta di cui l’inclinazione sovra uno degli assi coordinati è il prezzo (§ 153). Perciò, quando si pone la condizione che il prezzo è costante, si determina solo che il sentiero seguito dall’individuo deve essere una retta, ma non si dice quale retta debba essere. Un individuo ha 20 kg. di pane e vuole barattarlo con vino; viene fissato che il prezzo è costante per le successive porzioni che sono barattate; con ciò viene solo fissato che la via da seguirsi è una retta. Se si prende nell’asse ove si portano le quantità di pane la lunghezza om eguale a 20, l’individuo può seguire una via qualsiasi scelta tra le rette ma, ma', ma'', ecc. Se poi si fissasse che il prezzo di pane in vino deve essere 2, cioè che si deve dare due di vino per uno di pane, sarebbe determinata la retta che si deve seguire. Se prendiamo oc eguale a 40, tale retta sarà la mc; ed è solo percorrendo quella retta, quando, s’intende si parte da m, che per uno di pane si riceve due di vino.

173. Gli angoli oma, oma', oma''...., debbono tutti essere acuti; perchè il prezzo è essenzialmente positivo, cioè, nel baratto, un individuo, per ricevere qualche cosa, deve dare qualche cosa altro, onde perchè cresca la quantità di una merce da lui posseduta occorre che scemi la quantità di un’altra pure da lui posseduta. Se uno degli angoli oma, oma'...., fosse ottuso, crescerebbero entrambe le quantità. Se l’angolo oma fosse zero, il prezzo sarebbe zero; qualsiasi quantità di pane si desse, [p. 214 modifica]non si avrebbe punto vino. Se l’angolo oma fosse retto, il prezzo sarebbe infinito. Per un angolo di pochissimo minore si avrebbe un prezzo tale, che la menoma quantità di pane si baratterebbe con una quantità grandissima di vino. Gli angoli oma, oma'...., della figura indicano prezzi tra quei due estremi.

174. Quando la via seguìta non è data direttamente, ma solo coll’indicare i prezzi delle successive porzioni, occorre fare un computo per conoscere le quantità totali di merci trasformate.

Supponiamo che ci sieno due sole merci A e B; che il prezzo di B si esprima in A, e che, per esempio, si baratti 1 kg. di A per una certa quantità di B, ad un prezzo , poi 2 kg. di A per altra quantità di B, al prezzo , poi 1 kg. di A per altra quantità di B, al prezzo . Le quantità di B così successivamente ottenute saranno 2, 6, 4; dunque, in totale 12 kg. e si saranno ottenute a prezzi vari dando un totale di 4 kg. di A.

Se le merci sono più di due, e se si esprimono i prezzi di B, C, D.... in A, è evidente che la quantità totale di A trasformata deve essere eguale a ciò che si ottiene moltiplicando ciascuna porzione di B, C, D.... pel suo prezzo, e sommando. Tali eguaglianze indicano il punto al quale si giunge seguendo una certa via.

175. Il bilancio dell’individuo. — Colla vendita di cose da lui possedute, l’individuo si procura una certa somma di moneta; la diremo la sua entrata. Colla compera di cose di cui usa, egli spende una certa somma di moneta; la diremo la sua uscita. [p. 215 modifica]

Se si considera la trasformazione di 8 di A in 4 di B, ad esempio, e se A è la moneta, il prezzo di B in A è 2. L’entrata è 8 di A, l’uscita è, in moneta, 4 di B, moltiplicato pel prezzo 2 di B, cioè 8. L’entrata è eguale all’uscita; e sta, in tale caso, a significare che 8 di A si è trasformato in 4 di B.

Se le merci sono in numero maggiore di due, è facile vedere che l’entrata deve sempre essere eguale all’uscita; poichè, se ciò non fosse, vorrebbe dire che l’individuo ha ricevuto, o speso, moneta per altra via che non è quella della trasformazione delle merci. Tale eguaglianza dell’entrata e dell’uscita dicesi il bilancio dell’individuo.

176. Il bilancio del produttore. — Anche il produttore ha il suo bilancio; e già ne abbiamo discorso, senza nominarlo, quando ragionavamo della trasformazione di una merce in un’altra; abbiamo veduto che quella trasformazione poteva lasciare un residuo positivo, o negativo, che è propriamente una partita attiva o passiva del bilancio, che portasi al conto «utili e danni».

Ciò vale per trasformazioni qualsiasi. Il produttore compra certe merci, fa certe spese, e così ha l’uscita del suo bilancio; vende le merci prodotte, e così ha l’entrata del bilancio. Il luogo delle trasformazioni complete è quello in cui il bilancio si salda senza utile nè perdita.

177. Il costo di produzione. — Se si tiene conto di tutte le spese necessarie per ottenere una merce, e se si divide il totale per la quantità di merce prodotta, si ha il costo di produzione di quella merce.

178. Tale costo di produzione è espresso in moneta. Parecchi autori hanno considerato un costo di produzione espresso in ofelimità. Ciò è inutile e [p. 216 modifica]non fa che generare equivoci; quindi ci asterremo di dare tale significato al termine: costo di produzione.

179. Ogni merce non ha necessariamente un costo di produzione proprio. Ci sono merci che si debbono produrre insieme, per esempio il grano e la paglia, e che quindi hanno soltanto un costo di produzione complessivo.

180. Offerta e domanda. — In economia politica si suole distinguere tra la quantità di merce che un individuo, giunto in un punto di equilibrio, dà, e quella che egli riceve: la prima dicesi la sua offerta; la seconda, la sua domanda.

181. Quei due termini furono, come tutti i termini dell’economia non-matematica, usati in modo poco rigoroso, equivoco, ambiguo, ed è propriamente incredibile di quante discussioni vane, prive di buon senso, senza capo nè coda, sono stati il soggetto. Anche oggi non è facile trovare tra gli economisti non-matematici chi sappia cosa vogliono dire quei termini, di cui pure si fa uso a tutto spiano.

182. Principiamo col considerare due merci e guardiamo la fig. 12. Un individuo ha la quantità o m di A e punto di B; egli, seguendo un certo sentiero m n, giunge al punto di equilibrio c'', barattando q m di A per q c'' di B; diremo che su quel sentiero, e quando si sia giunti al punto di equilibrio c, si ha, per l’individuo considerato, la offerta q m di A e la domanda q c'' di B.

183. Bisogna subito notare che tali quantità [p. 217 modifica]muterebbero ove mutasse la forma del sentiero, ossia che dipendono dagli ostacoli di secondo genere. Anche quando la forma del sentiero rimane la stessa, per esempio, una retta, quelle quantità mutano coll’inclinazione della retta, cioè col prezzo.

184. Guardiamo ancora la fig. 12: dato un prezzo qualsiasi di A in B, cioè data l’inclinazione su o m di m n, l’incontro di quella retta colla linea dei baratti c c''' ci fa conoscere la domanda q c'' di B, e l’offerta q m di A. La curva dei baratti può dunque anche chiamarsi la curva dell’offerta e la curva della domanda. Nella fig. 20, la curva masb è, per il primo individuo, la curva della domanda di B; e quella domanda si suol riferire al prezzo di B in A, espresso dall’inclinazione di un sentiero (per esempio m c) sull’asse o y. Essa è pure, sempre per il primo individuo, la curva dell’offerta di A; e quell’offerta si suole riferire al prezzo di A in B (non più al prezzo di B in A), cioè all’inclinazione di un sentiero (per esempio m c) sull’asse m o.

185. Nel caso di due merci, supposto che il sentiero debba essere rettilineo, la domanda di B dipende dunque unicamente del prezzo di B; l’offerta di A, unicamente dal prezzo di A.

186. Occorre badar bene di non estendere tale conclusione al caso di più merci. L’offerta di una merce dipende dai prezzi di tutte le altre merci barattate, e similmente la domanda di una merce.

187. Non basta. Abbiamo supposto che il punto di equilibrio fosse c, fig. 7; potrebbe invece essere il punto termine a; in tal caso la quantità offerta di A sarebbe r m; la quantità [p. 218 modifica]domandata di B sarebbe v a; quelle quantità dipenderebbero dalla posizione del punto a, cioè dagli ostacoli.

In generale, l’offerta e la domanda dipendono da tutte le circostanze dell’equilibrio economico.

188. Nel caso in cui si considerano solo due individui che barattano, uno offre A e domanda B; l’altro offre B e domanda A. Abbiamo veduto (§ 117) che un punto di equilibrio del baratto dei due individui, si ha dove s’incontrano le curve dei baratti dei due individui. Ricordando i nuovi nomi che abbiamo ora dato a quelle curve, si può dunque dire che è punto di equilibrio uno di quelli in cui la curva di domanda di B, del primo individuo, incontra la curva di offerta di B, del secondo individuo; oppure, ciò che torna allo stesso: è punto di equilibrio uno di quelli in cui la curva di offerta di A, del primo individuo, incontra la curva di domanda di A del secondo individuo; oppure ancora: è punto di equilibrio uno di quelli in cui la domanda di una merce è eguale all’offerta.

189. Tale proposizione era nota all’economia non-matematica, ma senza che se ne avesse un concetto preciso, e specialmente senza che si conoscessero le condizioni che solo fanno valevole il teorema, e le restrizioni che comporta. Anche oggi il maggior numero di coloro che si dicono economisti ignorano queste cose.

C’è poi anche chi dice che «il metodo matematico non ha sin’ora dato nessuna nuova verità»; e dice bene sotto un certo aspetto; poichè infatti per l’ignorante non è nè vero nè nuovo ciò di cui non ha il menomo concetto. Quando nemmeno si sa che esistono certi problemi, non si prova neppure il bisogno di averne la soluzione.

190. Per il produttore offerta e domanda non [p. 219 modifica]hanno senso se non si aggiunge una condizione che determini in quale parte della regione di possibile equilibrio ci vogliamo fermare. Per far valido il teoroma precedente, anche pel caso della produzione, s’intende per fenomeni di tipo (I), con concorrenza completa, si può porre la condizione che offerta e domanda sono quelle che hanno luogo sulla linea delle trasformazioni complete.

191. Se poi si volesse che il teorema dell’equilibrio, mercè l’eguaglianza dell’offerta e della domanda, avesse luogo anche per le merci per le quali esiste una linea di massimo utile, come al § 105, sarebbe necessario mutare senso all’offerta e alla domanda, e riferirle a quella linea.

192. Nel caso di più individui e di più merci, si intende che sommando, per ciascuna merce, le domande dei singoli individui si ottiene la domanda totale della merce, e similmente per l’offerta.

193. Il modo col quale variano offerta e domanda fu detto legge dell’offerta e della domanda. Ne discorreremo in altro capitolo; per ora ci basterà di sapere, all’ingrosso, che, nel caso di due merci, quando il prezzo di una merce cresce, la domanda scema, mentre l’offerta prima cresce, ma poi può scemare.

194. Se consideriamo un sentiero m c', fig. 15, che mette capo ad un punto c' della linea delle trasformazioni complete, l’inclinazione della retta m c' sull’asse m b, sul quale si portano le quantità della merce B, è eguale al costo di produzione della merce B, ottenuta con trasformazione completa in c'. E, se c' si trova pure sulla linea dei baratti, quell’inclinazione misura [p. 220 modifica]il prezzo di vendita. Segue da ciò che nei punti di intersezione c, c' della curva dei baratti e della curva delle trasformazioni complete, ossia nei punti di equilibrio, il costo di produzione è eguale al prezzo di vendita.

195. Abbiamo veduto che l’equilibrio poteva essere stabile od instabile; ecco come ciò si spiega, facendo uso del concetto del prezzo, e dei concetti della domanda e dell’offerta.

Due individui che barattano sono in un punto di equilibrio; supponiamo che cresca il prezzo di B, e vediamo cosa accade.

Il primo individuo, che vende A e compra B, restringe la sua domanda di B; il secondo individuo può crescere, o può scemare la sua offerta di B. Occorre distinguere due casi: 1.° L’offerta di B cresce, oppure scema, ma in modo di rimanere superiore alla domanda di B. Il fenomeno segue come nei due punti (α) e (γ) della fig. 18. 2.° L’offerta scema in modo da diventare inferiore alla domanda. È il caso del punto (β) della fig. 18. In sostanza c’è solo da vedere se, col nuovo prezzo, l’offerta è superiore od inferiore alla domanda. Nel primo caso l’equilibrio è stabile; infatti, chi offre è indotto a ridurre il suo prezzo, per avvicinare la sua offerta alla domanda; nel secondo caso l’equilibrio è instabile, perchè chi domanda non è soddisfatto dovendosi contentare dell’offerta minore che gli è fatta, e quindi cresce il suo prezzo per ottenere maggior quantità di merce, ma s’inganna, ed alla fin fine ne ottiene meno.

Analoghe considerazioni sono da farsi nel caso della produzione, ed è facilissimo tradurre nel nuovo linguaggio, quanto è esposto nei § 140, 141, 142.

196. L’equilibrio nel caso generale. — Abbiamo sin ora principalmente ragionato di due individui e di [p. 221 modifica]due merci; occorre ora discorrere dell’equilibrio di un numero qualsiasi di individui e di un numero qualsiasi di merci.

Nel presente capitolo ci limiteremo a considerare il caso generale dell’equilibrio pei fenomeni del tipo (I), con concorrenza completa.

Supponiamo di essere giunti allo stato di equilibrio, cioè di essere giunti al punto in cui si trasformano, col baratto o altrimenti, indefinitamente, certe quantità di merci, aventi certi prezzi, e cerchiamo di determinare quelle quantità e quei prezzi. Graficamente quel caso è rappresentato da (γ) nella fig. 26, con che s’intenda che l’operazione indicata da (γ) si ripeta indefinitamente. Un individuo qualsiasi, per esempio, baratta 10 kg. di pane contro 5 kg. di vino, giungendo così ad una posizione di equilibrio, e ripete indefinitamente quell’operazione.

Nel tipo (I) l’individuo si lascia guidare solo dai proprii gusti, accettando i prezzi del mercato come li trova. Perchè i gusti suoi siano soddisfatti dal baratto accennato, occorrerà che all’individuo non giovi andare al di là, nè stare al di qua. Il prezzo del vino in pane è 2. Se l’individuo seguita il baratto e da ancora 10 gr. di pane, riceverà 5 gr. di vino. Se l’ofelimità (o l’indice dell’ofelimità) di quei 10 gr. di pane fosse minore dell’ofelimità di quei 5 gr. di vino, all’individuo gioverebbe aggiungere quel baratto a quello già compiuto di 10 kg. di pane contro 5 kg. di vino. Se l’ofelimità di quei 10 gr. di pane fosse maggiore dell’ofelimità dei 5 gr. di vino, all’individuo gioverebbe di non barattare tutti i 10 kg. di pane contro i 5 kg. di vino, ma di barattarne solo 9 kg. 990 contro 4 kg. 995 di vino. Dunque, se l’ofelimità di quei 10 gr. di pane non deve essere, al punto di equilibrio, nè maggiore nè [p. 222 modifica]minore dell’ofelimità dei 5 gr. di vino, non può che essere eguale.

197. Perchè il ragionamento fosse rigoroso, occorrerebbe, per altro, che le quantità fossero infinitesime. Quando sono finite, non si può dire che l’ofelimità di 10 gr. di pane aggiunti ai 10 kg. di pane sia eguale all’ofelimità di 10 gr. di pane. Si potrebbe, del resto, ragionare solo per approssimazione e considerare una media. Ma su ciò non occorre fermarci; e, in un modo o nell’altro, un concetto del fenomeno si ha.

198. Per quantità piccolissime, si può supporre che l’ofelimità è proporzionale alle quantità. L’ofelimità dei 5 gr. di vino sarà dunque circa la metà dell’ofelimità di 10 gr. di vino (sarebbe rigorosamente metà se si considerassero quantità infinitesime); e perciò si potrà dire che per l’equilibrio occorre che l’ofelimità di una piccolissima quantità di pane sia eguale alla metà dell’ofelimità della stessa piccolissima quantità di vino. Dovrà perciò l’ofelimità elementare (§ 33) del pane essere eguale alla metà dell’ofelimità elementare del vino. Ossia, rammentando che il prezzo del vino è due, potremo ancora dire che debbono essere eguali le ofelimità elementari ponderato (§ 34) del pane e del vino.

Sotto tale forma la proposizione è generale pel tipo (I), e vale per un numero qualsiasi di individui che si lasciano guidare direttamente dai proprî gusti (§ 41) e per un numero qualsiasi di merci, purchè si supponga che il piacere che procura il consumo di ciascuna merce sia indipendente dal consumo delle altre (IV, 10, 11). In tal caso ogni individuo paragona una delle merci, A, ad esempio, alle altre B, C, D.....; e nelle sue trasformazioni si ferma quando, per lui, le ofelimità ponderate di [p. 223 modifica]tutte quelle merci sono eguali. Si ha così, per ogni individuo, tante condizioni quante sono le merci meno una. Se, per esempio, sono tre, cioè A, B, C, si deve esprimere che l’ofelimità elementare ponderata di A è eguale a quella di B, e poi anche eguale a quella di C; il che dà precisamente due condizioni.

199. Tale categoria di condizioni esprime che ciascun individuo soddisfa direttamente (§ 41) i suoi gusti, per quanto è a lui concesso dagli ostacoli. Per distinguerle dalle altre, la chiameremo la categoria (A) delle condizioni.

200. Altra categoria di condizioni, la quale indicheremo con (B), si ottiene facendo il bilancio di ciascun individuo (§ 175). Il numero delle condizioni di tale categoria è dunque eguale a quella degli individui.

Se si sommano tutti i bilanci individuali, si ha il bilancio della collettività, il quale è costituito dai residui che rimangono dopo che si sono compensate, per ciascuna merce, le vendite e le compere. Così, se parte degli individui hanno venduto un totale di 100 kg. di olio, e gli altri individui ne hanno comperato 60 kg., la collettività ha in conclusione comperato 40 kg. di olio. Tutti quei residui, moltiplicati pei prezzi rispettivi, debbono bilanciarsi. Per esempio, se la collettività ha venduto 20 kg. di vino a lire 1,20 il kg. e 60 kg. di grano a lire 0,20 il kg. avrà ricavato dalle sue vendite 36 lire; e, so ha comperato solo olio, perchè le entrate bilancino l’uscita, occorre che abbia speso precisamente 36 lire per l’olio. Quindi, conosciuti i prezzi e le quantità acquistate o vendute dalla collettività, per tutte le merci meno una, le condizioni (B) ci fanno conoscere quella quantità anche per la merce omessa.

201. Numeriamo le condizioni che abbiamo [p. 224 modifica]ottenuto. Se, per esempio, gli individui sono 100 e le merci 700: la categoria (A) ci darà, per ogni individuo, 699 condizioni: e, pei 100 individui, 69,900 condizioni. La categoria (B) ci darà altre 100 condizioni: dunque avremo un totale di 70,000 condizioni. In generale quel totale è eguale al numero degli individui, moltiplicato per il numero delle merci.

Numeriamo le incognite. Una delle merci servendo di moneta, vi sono 699 prezzi delle altre merci. Per ciascun individuo vi sono le quantità che riceve (o che dà) di ciascuna merce; dunque abbiamo un totale di 70,000 quantità. Aggiuntovi i prezzi, si hanno 70,699 incognite.

Paragonando il numero 70,000 delle condizioni al numero 70,699 delle incognite, vedremo tosto che, perchè il problema sia ben determinato (§ 38), mancano 699 condizioni; cioè in generale quante sono le merci meno una.

202. Esse ci devono essere date dalla considerazione degli ostacoli. Nel baratto, gli ostacoli, oltre al contrasto dei gusti degli individui, di cui già è stato tenuto conto nelle condizioni (A), stanno semplicemente nel fatto che le quantità totali di merci sono costanti, perchè ciò che dà uno degli individui vien ricevuto dall’altro; e, in totale, per ciascuna merce, le vendite delle collettività compensano precisamente le compre. Ma già le condizioni (B) ci danno la quantità totale di una merce venduta, o comperata, dalla collettività, quando sieno note le analoghe quantità per le altre merci (§ 200); basterà dunque porre la condizione per tutte le merci meno una, cioè per 699 merci, che il residuo delle compre o delle vendite della collettività è zero, perchè le condizioni (B) ci indichino che quel residuo è pure zero per l’ultima merce.

[p. 225 modifica]

Abbiamo così una nuova categoria, che diremo (C), di condizioni che si riferiscono agli ostacoli.

203. Ci mancavano 699 condizioni, e la categoria (C) è costituita appunto di 699 condizioni. Il numero delle condizioni è ora eguale a quello delle incognite, e il problema è ben determinato.

204. Avremmo potuto esprimere per tutte le 700 merci che, per la collettività, le quantità vendute erano eguali alle quantità comperate; onde vi era un residuo zero per tutte le 700 merci. Così si avrebbe avuto in più una condizione nella categoria (C); ma, in compenso, ce ne sarebbe stata una di meno nella categoria (B). Infatti, quando tutte le quantità di merci sono note, basta avere il bilancio di tutti gli individui meno uno, per avere anche il bilancio di quest’ultimo. Ciò che egli riceve è evidentemente eguale a ciò che gli altri, in totale, dànno; e ciò che egli dà è eguale a ciò che essi complessivamente ricevono.

205. Consideriamo la produzione. Supponiamo che, delle 700 merci, 200 sieno trasformate nelle 500 altre, delle quali calcoleremo il costo di produzione. Nel caso di concorrenza completa, l’ equilibrio non può aver luogo che dove quel costo di produzione è eguale al prezzo di vendita. Infatti, se è maggiore, il produttore perde e deve smettere, se è minore, il produttore guadagna ed altri sorgono per spartire quell’utile. Abbiamo quindi una categoria, che diremo (D), di condizioni le quali esprimono per ciascuna delle 500 merci prodotte che il costo di produzione è eguale al prezzo di vendita.

206. Nel caso del baratto occorreva esprimere che le quantità totali di tutte le 700 merci, meno una, rimanevano costanti. Nel caso della produzione, ciò non si deve più fare, ma invece si deve esprimere [p. 226 modifica]che 200 merci sono state trasformate in 500 altre, che, cioè, la quantità che non c’è più delle prime, è stata sostituita dalla quantità di quelle che sono state prodotte. Per motivi simili a quelli ora notati, basta esprimere ciò per le 200 merci meno una. Così si ha una nuova categoria (E) di condizioni; e nel caso presente essa comprende 199 condizioni.

Le condizioni di tale categoria esprimono che l’equilibrio ha luogo sulla linea delle trasformazioni complete.

207. Sommando il numero delle condizioni (D) e quello delle condizioni (E), si hanno 699 condizioni; cioè appunto quante ne mancavano, e il problema è bene determinato.

208. Nel caso dei fenomeni del tipo (I), con concorrenza completa, e con prezzi costanti per le successive porzioni di una stessa operazione, potremo dunque enunciare il seguente teorema:

È un punto di equilibrio quello in cui hanno luogo le seguenti condizioni: (A) Eguaglianza, per ciscun individuo, delle ofelimità ponderate; (B) Eguaglianza, per ciascun individuo, dell’entrata e dell’uscita. Inoltre nel caso del baratto: (C) Eguaglianza, per tutte le merci, delle quantità esistenti prima del baratto e dopo. Invece nel caso della produzione alle condizioni precedenti si sostituiscono le seguenti: (D) Eguaglianza del costo di produzione e del prezzo di vendita, per tutte le merci prodotte; (E) Eguaglianza delle quantità di merci richieste per la trasformazione, e delle quantità di quelle merci effettivamente trasformate (Append., 26, 28).

209. Per altro, tra le condizioni (B) e (C) ve n’è una che è superflua; e così pure tra le condizioni (B) e (D) e (E).

210. Scegliamo, a caso, una merce A che servirà [p. 227 modifica]di moneta; i prezzi di tutte le merci saranno quindi espressi in A. Inoltre, come già abbiamo fatto (§ 198), paragoniamo, ad una ad una, le altre merci ad A, e supponiamo di avere, per ciascun individuo, le linee di indifferenza di A e di B, le linee di indifferenza di A e di C, ecc. Sono punti possibili di equilibrio quelli in cui la curva d’indifferenza di A e di B ha una tangente di cui l’inclinazione sull’asse o B è eguale al prezzo di B in A; similmente, per le linee di indifferenza di C ed A, l’inclinazione della tangente sull’asse o C deve essere eguale al prezzo di C in A; ecc.

211. Si hanno così condizioni analoghe a quelle trovate per due merci. Ma, in tal caso, si conosce a priori la distanza om, fig. 12, la quale è la quantità di A posseduta, in origine, dall’individuo; mentre, nel caso di più merci, om è un’incognita; è quella parte di A che l’individuo trasforma in un’altra merce, per esempio in B. La categoria (A) di condizioni esprime dunque semplicemente che l’equilibrio è possibile nei punti in cui la tangente della curva di indifferenza di una merce qualsiasi e della merce A, ha, sull’asse di quella merce qualsiasi, un’inclinazione eguale al prezzo di detta merce.

212. La categoria (B), nel caso di due merci, ci indica, per ciascun individuo, il sentiero percorso. Se ci sono tre merci si può ancora avere una rappresentazione geometrica delle condizioni (B), portando la quantità di quelle merci su tre assi ortogonali. Uno dei bilanci (B) figura un piano, lungo il quale segue il baratto o la trasformazione. Analogamente, si può dire, nel caso di merci in numero maggiore di tre, che ogni bilancio (B) indica il luogo delle trasformazioni dell’individuo al quale quel bilancio si riferisce. [p. 228 modifica]

213. Le condizioni (C) nel caso di due merci e di due individui si riducono ad una; quella cioè che la quantità di A ceduta da un individuo è ricevuta dall’altro. È in virtù di tale condizione che, disponendo le curve di indifferenza dei due individui come nella fig. 16, il sentiero seguìto da ognuno di loro è rappresentato da un’unica retta m c.

214. Vediamo le corrispondenze delle condizioni riguardo agli ostacoli e riguardo ai produttori. Noi caso di due merci, le condizioni (D) si riducono ad una, la quale indica che il prezzo della merce è eguale al suo costo di produzione. Le condizioni (E) si riducono pure ad una, quella cioè che non rimanga alcun residuo di A, ossia che l’equilibrio abbia luogo sovra una linea di trasformazione completa.

215. L’equilibrio può essere stabile, od instabile. Supponiamo di togliere le equazioni della categoria (A) che si riferiscono al primo individuo; cioè non ci curiamo più di sapere se i gusti di quell’individuo sono soddisfatti; il suo bilancio seguita a chiudersi in pari, poichè rimangono tutte le condizioni (B). Le equazioni che abbiamo tolte dalla categoria (A) sono in numero eguale a quello dello merci meno una (§ 198); tale è pure il numero dei prezzi. Segue da ciò che, quando ammettiamo che i gusti di uno degli individui della collettività possono non essere soddisfatti, possiamo fissare arbitrariamente i prezzi.

216. Tale dimostrazione era necessaria per mostrare che l’operazione che ora faremo è possibile. Supponiamo di essere in una posizione di equilibrio per tutti i componenti la collettività; mutiamo leggermente i prezzi e ristabiliamo l’equilibrio per [p. 229 modifica]tutti gli individui della collettività, meno il primo; ciò è possibile in grazia della dimostrazione precedente.

Dopo l’operazione accennata, tutti gli individui sono soddisfatti meno il primo. Ora bisogna notare che questi paragona successivamente tutte le merci ad una di essa, cioè ad A nel caso nostro, e che, considerando noi i fenomeni del tipo (I), egli paragona solo l’ofelimità di cui gode sui vari punti di ciascun sentiero. Per A e B, per A e C, ecc. si avranno quindi fenomeni come quelli tante volte ricordati dei punti (α), (β), (γ) della fig. 18, ed analoghi casi di equilibrio stabile ed instabile. In altri termini, l’individuo considerato riceve e dà, ai nuovi prezzi, certe quantità di merci le quali sono superiori, od inferiori, a quelle che, per lui, corrispondono all’equilibrio. Egli si adoprerà quindi per recarsi nella posizione di equilibrio, il che non può fare se non modificando i prezzi ai quali compra, e quelli a cui vende. Nel ciò fare può darsi che torni ad avvicinarsi alla posizione di equilibrio, dalla quale lo abbiamo supposto spostato; oppure può darsi che se ne allontani. Il primo è il caso di equilibrio stabile, il secondo è il caso dell’equilibrio instabile. Perchè poi l’equilibrio sia stabile per la collettività, occorre evidentemente che sia tale per tutti gli individui che la compongono.

217. Le condizioni trovate per l’equilibrio economico ci dànno un concetto generale di quell’equilibrio. Per conoscere cosa erano certi fenomeni, abbiamo dovuto studiare come accadevano; per sapere cosa era l’equilibrio economico, abbiamo cercato come era determinato. Devesi poi notare che tale determinazione non ha menomamente per scopo di procedere ad un calcolo numerico dei prezzi. [p. 230 modifica]Facciamo l’ipotesi più favorevole ad un simile calcolo; supponiamo di avere superato tutte le difficoltà per conoscere i dati del problema, e che ci siano note le ofelimità di tutte le merci per ciascun individuo, tutte le circostanze della produzione delle merci, ecc. Tale ipotesi è già assurda; eppure non basta a rendere praticamente possibile la soluzione del problema. Abbiamo veduto che nel caso di 100 individui e di 700 merci ci sarebbero 70.699 coudizioni (in realtà molte circostanze, ora trascurate, farebbero anche crescere quel numero); avremmo dunque da risolvere un sistema di 70.699 equazioni. Ciò praticamente supera la potenza dell’analisi algebrica, e tanto più la supererebbe ove si considerasse il numero favoloso di equazioni che si avrebbe per un popolo di quaranta milioni d’individui e per qualche migliaio di merci. Onde, in tal caso, sarebbero invertite le parti: ed invece di essere la matematica che viene in aiuto all’economia politica, sarebbe l’economia politica che verrebbe in aiuto alla matematica. Se cioè fossero veramente conosciute tutte quelle equazioni, unico mezzo accessibile alle forze umane per risolverle sarebbe di osservare la soluzione pratica data dal mercato mediante certe quantità e certi prezzi.

218. Ma, se le condizioni trovate non possono servire praticamente a calcoli numerici di quantità e di prezzi, esse sono l’unico mezzo che sinora ci sia noto per avere un qualche concetto del come variano quelle quantità e quei prezzi, e meglio, in generale, del come abbia luogo l’equilibrio economico.

219. Costretti dai fatti, anche gli economisti a cui quelle condizioni erano ignote dovettero tenerne conto. L’opera loro si compendia in ciò che [p. 231 modifica]cercavano la soluzione di un sistema di equazioni senza fare uso delle matematiche; la quale cosa, essendo impossibile, non avevano altro scampo che di ricorrere a ripieghi, alcuni invero assai ingegnosi. In generale la via tentata è stata la seguente: Si sono supposte, più o meno implicitamente, soddisfatte tutte le condizioni (equazioni) meno una, e così si è avuto una sola incognita da determinare, mediante quantità note, cioè un problema che non supera la potenza della logica ordinaria7.

Invece di una sola condizione, si può anche considerare una sola delle categorie di condizioni (equazioni) che determinano l’equilibrio, perchè quelle condizioni essendo simili, la logica ordinaria può, sia pure con non grande precisione, trattarle come farebbe una sola equazione.

220. Consideriamo la sola categoria (A), del § 208 e supponiamo che tutte le altre categorie di condizioni siano da per sè soddisfatte. In tale caso potremo dire che i prezzi sono determinati dalle ofelimità, poichè appunto la categoria (A) stabilisce l’eguaglianza delle ofelimità ponderate. Ossia, usando il linguaggio degli economisti che considerarono il problema in quel modo, diremo che i valori sono determinati dalle utilità, o ancora: che il valore ha per cagione l’utilità.

221. Consideriamo invece solo la categoria (D) del § 208, e supponiamo che tutte le altre categorie di condizioni siano da per sè soddisfatte. In tal caso potremo dire che i prezzi sono [p. 232 modifica]determinati dall’eguaglianza del costo di produzione di ciascuna merce e del suo prezzo di vendita.

Se vorremo tenere conto del fatto che le merci considerate sono quelle che si possono produrre con quel costo al momento in cui si stabilisce l’equilibrio, discorreremo del costo di riproduzione, invece del costo di produzione.

Il nostro Ferrara si spinse più in là; egli considerò il costo per produrre non una merce, ma una sensazione8, e con ciò venne a tenere conto, sia pure in modo imperfetto, non solo delle condizioni (D), ma anche delle (A). Ove si pensi che egli fece ciò senza il valido aiuto delle considerazioni matematiche, che fanno tanto semplice il problema, si deve ammirare la potenza veramente straordinaria del suo ingegno. Nessuno fra gli economisti non-matematici potè spingersi più in là.

222. Consideriamo le categorie (A) e (B); da esse possiamo dedurre le quantità di merci determinate dai prezzi (le quantità in funzione dei prezzi) ossia ciò che gli economisti hanno chiamato le leggi della domanda e dell’offerta. E se, al solito, supponiamo che le altre categorie di condizioni siano soddisfatte da per sè, potremo dire che le quantità sono determinate dai prezzi, mercè le leggi della domanda e dell’offerta.

Gli economisti non-matematici non ebbero mai un’idea chiara di quelle leggi. Spesso parlavano della domanda e dell’offerta di una merce come se dipendesse solo dal prezzo di detta merce9. [p. 233 modifica]Accortisi poi dell’errore, lo corressero discorrendo del potere di compra della moneta, ma senza mai sapere cosa fosse precisamente quell’entità.

223. Inoltre, non avevano bene in mente che domanda ed offerta risultavano precisamente dalle condizioni (A) e (B), perciò discorrevano della domanda e dell’offerta come di quantità aventi una esistenza indipendente da quelle condizioni; onde, ad esempio, nasceva il problema se il desiderio che un individuo ha di un oggetto che non ha mezzo di comperare si può considerare come domanda, oppure se una quantità di merce esistente su un mercato e che il suo possessore non vuol vendere, devesi considerare come offerta.

Il Thornton10 suppone che si abbia da vendere un certo numero di guanti e che siano venduti a prezzi successivamente decrescenti, sinchè sono tutti smerciati; egli ammette che la quantità offerta sia il numero totale dei guanti, ed osserva che solo l’ultima porzione è venduta al prezzo che rende eguale offerta e domanda «vendendosi di gran lunga la maggior parte a prezzi a cui l’offerta e la domanda sarebbero ineguali». Egli per tal modo confonde il punto di equilibrio, in cui la domanda e l’offerta sono eguali, colla via seguita per giungere a quel punto, lungo la qual via la domanda e l’offerta non sono eguali (§ 182).

224. Il costo di produzione apparve anche agli economisti come un certo prezzo normale intorno al quale dovevano gravitare i prezzi determinati dalla domanda e dall’offerta: e per tale modo si veniva a tener conto, benchè in modo assai imperfetto, delle tre categorie di condizioni (A), (B), [p. 234 modifica](D). Ma si consideravano disgiunte; e pareva che il costo di produzione di una merce fosse indipendente dai prezzi di questa e di altre merci. È facile vedere quanto grossolano sia quell’errore. Per esempio, il costo di produzione del carbon fossile dipende dal prezzo delle macchine; e il costo di produzione delle macchine dipende dal prezzo del carbone; onde il costo di produzione del carbone dipende dal prezzo dello stesso carbone. E ne dipende anche più direttamente, ove si consideri il consumo di carbone delle macchine adoperate nella miniera.

225. — Il prezzo o il valore di cambio è determinato insieme all’equilibrio economico, e questo nasce dal contrasto tra i gusti e gli ostacoli. Chi si volge da una parte e guarda solo i gusti, crede che essi esclusivamente determinano il prezzo, e pone la cagione del valore nell’utilità (ofelimità). Chi si volge dall’altra parte e guarda solo gli ostacoli, crede che essi esclusivamente determinano il prezzo e pone la cagione del valore nel costo di produzione. E se tra gli ostacoli si ferma a considerare solo il lavoro, pone la cagione del valore esclusivamente nel lavoro.

Se nel sistema di condizioni (equazioni) che abbiamo veduto determinare l’equilibrio, supponiamo che tutte le condizioni siano da per sè soddisfatte, eccetto quelle che si riferiscono al lavoro, potremo dire che il valore (prezzo) dipende solo dal lavoro; e tale teoria non sarà errata, ma incompleta. Sarà vera purchè si verifichino le ipotesi fatte.

226. Le condizioni che, spesso inconsapevolmente, erano trascurate, venivano cacciate via da una parte, ma tornavano dall’altra; poichè giunti alla soluzione del problema si sentiva, sia pure [p. 235 modifica]intuitivamente, che era necessario tenerne conto. Così il Marx, nella sua teoria del valore, procura di eliminare con medie od altrimenti le condizioni che ha dovuto trascurare per fare dipendere il valore dal solo lavoro11. Così presso molti economisti il termine valore di cambio non significa solamente un rapporto, la ragione di cambio di due merci, ma vi si aggiunge, in modo non ben preciso, certe nozioni di potere di compra, di equivalenza di merci, di ostacoli da superare, e ne viene fuori una certa entità non bene definita, e che, appunto per ciò, può in sè accogliere concetti di condizioni trascurate di cui si sente che si deve tenere conto.

Il significato del termine valore è stato oramai tanto stiracchiato che è meglio lasciarlo da parte e sostituirvene altri, nello studio dell’economia politica12. Ciò già fece lo Jevons coll’usare il termine di ragione di cambio; e meglio ancora può farsi usando, come il Walras, il concetto del prezzo di una merce B in una merce A (§ 153).

227. La cosa indicata coi nomi di valore di cambio, ragione di cambio, prezzo, non ha una cagione; ed è oramai venuto tempo in cui qualsiasi economista il quale cerca la cagione del valore, manifesta con ciò solo di non avere inteso il fenomeno sintetico dell’equilibrio economico.

Pel passato era generale il concetto che dovesse esistere una cagione del valore, e si contendeva solo per sapere quale fosse tale cagione.

È notevole che la potenza dell’opinione secondo la quale doveva esistere una cagione del valore era tanto grande che non potè sottrarvisi [p. 236 modifica]interamente neppure il Walras, il quale, appunto col darci le condizioni dell’equilibrio in un caso particolare, contribuì a mostrare l’errore di quell’opinione. Egli esprime due concetti contradditori. Da una parte ci dice che «tutte le incognite del problema economico dipendono da tutte le equazioni dell’equilibrio economico», ed è buona teoria; da un’altra parte afferma «essere certo che la rareté (ofelimità) è la cagione del valore di cambio», ed è riminiscenza di passate teorie che non corrispondono alla realtà13.

Tali mende sono scusabili, anzi naturali, in quel tempo in cui si passa da teorie errate a teorie nuove e migliori; ma non si potrebbero scusare ora che queste teorie sono state instituite ed hanno progredito.

228. In sostanza le teorie che pongono soltanto in relazione il valore (prezzo) col grado finale di utilità (ofelimità) non sono di gran momento per l’economia politica. Le teorie che più giovano sono [p. 237 modifica]quelle che considerano, in generale, l’equilibrio economico, e che investigano come abbia origine dal contrasto tra i gusti e gli ostacoli.

L’utile principale che si ricava dalle teorie dell’economia pura sta nell’avere un concetto sintetico dell’equilibrio economico, e per ora non c’è altra via che ci conceda di giungere a quel fine. Ma il fenomeno studiato dall’economia pura diverge talvolta poco, talvolta anche molto, dal fenomeno concreto; e spetta all’economia applicata di studiare quelle divergenze; mentre sarebbe proponimento vano e poco ragionevole il pretendere di regolare i fenomeni concreti colle sole teorie dell’economia pura.

Note

  1. Cours, II, § 654.
  2. Per maggiori particolari sulla storia delle teoria dell’economia pura sono costretto di rimandare al mio articolo: Anwendungen der Mathematik auf Nationalökonomie, in Encyklopädie der mathematischen Wissenschaften.
  3. Questo nome è dovuto al prof. F. Y. Edgeworth. Egli supponeva che esistesse l’utilità (ofelimità), e ne deduceva le curve di indifferenza; invece io prendo come dato di fatto le curve di indifferenza, e da esse traggo quanto occorre per la teoria dell’equilibrio, senza che occorra considerare l’ofelimità.
  4. Vedasi (IV, 32) altra condizione, che è utile aggiungere, ma di cui qui non ci occorre fare uso.
  5. Si potrebbe coprire il piano con tante linee dei baratti, e si otterrebbe così una rappresentazione del colle degli indici di ofelimità, analoga a quella che si ha coprendo il piano colle linee di indifferenza (App. 17).
  6. La prima categoria è quella delle merci B di cui il costo di produzione scema col crescere della quantità prodotta di merce; la seconda categoria è quella delle merci per le quali quel costo cresce.
  7. Tutto ciò fu da me notato per la prima volta nel Giornale degli economisti, settembre 1901. Vedasi anche Systèmes, II, p. 288 e seg.
  8. Cours, I, § 80.
  9. Il Cairnes, Some leading principles of pol. econ., cap. II: p. 35 della trad. ital.: «Per offerta e domanda, quando se ne parla in rapporto a speciali mercanzie, devesi... intendere offerta e domanda ad un dato prezzo...».
  10. On labour, p. 70 della trad. ital.
  11. Systèmes, II, cap. XIII.
  12. Systèmes, I, p. 338 e seg.; II, p. 121 e seg.
  13. Elèments d’economie politique pure, Lausanne, 1900: «Théoriquement, toutes les inconnues du problème économique dépendent de toutes les équations de l’équilibre économique»; p. 289. «Il est certain que la rareté est la cause de le valeur d’échange»; p. 102.
         È probabile che il Walras si sia lasciato prendere all’esca delle notazioni accessorie del termine rareté. Nelle sue formole, come egli stesso concede, la rareté è il Grenznutzen dei tedeschi, il final degree of utility degli inglesi, ossia la nostra ofelimità elementare; ma nel testo qua e là, vi si aggiunge in modo non ben preciso il concetto dell’essere la merce scarsa pei bisogni, degli ostacoli da superare per ottenerla. Per tal modo vi è un lontano ed oscuro concetto degli ostacoli, e diventa minore l’errore della proposizione che la «rareté è la cagione del valore di cambio».