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[§ 222-224] | conc. gen. dell’equil. econ. | 233 |
cortisi poi dell’errore, lo corressero discorrendo del potere di compra della moneta, ma senza mai sapere cosa fosse precisamente quell’entità.
223. Inoltre, non avevano bene in mente che domanda ed offerta risultavano precisamente dalle condizioni (A) e (B), perciò discorrevano della domanda e dell’offerta come di quantità aventi una esistenza indipendente da quelle condizioni; onde, ad esempio, nasceva il problema se il desiderio che un individuo ha di un oggetto che non ha mezzo di comperare si può considerare come domanda, oppure se una quantità di merce esistente su un mercato e che il suo possessore non vuol vendere, devesi considerare come offerta.
Il Thornton1 suppone che si abbia da vendere un certo numero di guanti e che siano venduti a prezzi successivamente decrescenti, sinchè sono tutti smerciati; egli ammette che la quantità offerta sia il numero totale dei guanti, ed osserva che solo l’ultima porzione è venduta al prezzo che rende eguale offerta e domanda «vendendosi di gran lunga la maggior parte a prezzi a cui l’offerta e la domanda sarebbero ineguali». Egli per tal modo confonde il punto di equilibrio, in cui la domanda e l’offerta sono eguali, colla via seguita per giungere a quel punto, lungo la qual via la domanda e l’offerta non sono eguali (§ 182).
224. Il costo di produzione apparve anche agli economisti come un certo prezzo normale intorno al quale dovevano gravitare i prezzi determinati dalla domanda e dall’offerta: e per tale modo si veniva a tener conto, benchè in modo assai imperfetto, delle tre categorie di condizioni (A), (B),
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- ↑ On labour, p. 70 della trad. ital.