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156 | conc. gen. dell’equil. econ. | [§ 35-37] |
35. La teoria esposta circa all’ofelimità ha avuto un nuovo perfezionamento. In tutto il ragionamento fatto per giungere ad essa, vi è un punto debole, che fu messo in luce principalmente dal prof. Irving Fisher. Abbiamo ammesso che quella cosa chiamata piacere, valore d’uso, utilità economica, ofelimità, era una quantità; ma manca la dimostrazione. E quando questa si avesse, come si fa poi a misurare tale quantità? Fu comune errore del prof. Irving Fisher e nostro, il credere che, nel caso generale, si potesse dedurre dai fenonemi dell’equilibrio economico, il valore dell’ofelimità. Ciò si può fare solo in un caso particolare, rimanendo soltanto arbitraria l’unità di misura dell’ofelimità, ed è il caso di merci tali che l’ofelimità di ciascuna di esse dipenda solo dalla quantità di detta merce, e sia indipendente dalle quantità consumate dalle altre (App., 8). Ma nel caso generale, cioè quando l’ofelimità di una merce A, consumata insieme alle merci B, C...., dipende non solo dal consumo di A, ma ben anche dai consumi di B, C...., l’ofelimità rimane indeterminata, anche dopo che si sia fissata l’unità per misurarla (App., 5).
36. In quanto segue, dove discorreremo dell’ofelimità, si dovrà sempre intendere che vogliamo semplicemente accennare a uno dei sistemi d’indici di ofelimità (§ 55).
37. Come già notammo, ci possono essere legami che impediscono qualsiasi modificazione dei fenomeni, secondo i gusti. Per esempio, nel passato, vi erano governi i quali obbligavano i loro sudditi a comperare ogni anno una quantità determinata di sale. È manifesto che, in tale caso, per quella materia, non c’era da considerare i gusti. Non ci sa-