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[§ 27-30] | conc. gen. dell’equil. econ. | 153 |
fatti leciti, dai gusti; e similmente quali sieno i movimenti vietati, e quali i fatti leciti, dagli ostacoli.
28. I gusti degli uomini. — Bisogna trovare modo di sottoporli al calcolo. Perciò si ebbe l’idea di dedurli dal piacere che certe cose fanno provare all’uomo. Se una cosa soddisfa bisogni o desiderii dell’uomo si disse che aveva un valore d’uso, una utilità.
29. Tale concetto era imperfetto ed equivoco in più modi. 1.° Non si poneva sufficientemente in luce che quel valore d’uso, quella utilità, era esclusivamente una relazione tra un uomo ed una cosa. Perciò molti, sia pure senza averne conoscenza, ne ragionavano come di una proprietà oggettiva delle cose. Altri, avvicinandosi un poco più, ma non ancora sufficientemente al vero, ne ragionavano come di una relazione tra gli uomini in generale, ed una cosa. 2.° Non si teneva conto che quel valore d’uso dipendeva (era funzione, come dicono i matematici) della quantità consumata. Per esempio, discorrere senz’altro del valore d’uso dell’acqua non ha senso, e non basta aggiungere, come testè vedemmo, che quel valore d’uso è relativo ad un certo uomo; esso è ben diverso se quell’uomo muore di sete o se ha già bevuto quanto desiderava. Per essere precisi bisogna discorrere del valore d’uso di una certa quantità d’acqua aggiunta ad una quantità nota, già consumata.
30. Fu principalmente col rettificare quell’errore dell’antica economia che ebbe origine l’economia pura. Essa, nel Jevons, apparve come una rettifica delle teorie allora in corso del «valore»: nel Walras divenne, e fu grandissimo progresso, teoria di un caso speciale dell’equilibrio economico, cioè