Nuovo vocabolario siciliano-italiano/CU

CU

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CR D

[p. 244 modifica]Cu. prep. Strumentale: con. || Di compagnia: con. || Col pron. mia, tia, talora si pone avanti; mecu, tecu: meco, teco. || Per contra; avirila cu unu: averla con uno. || dari cu la testa a lu muru: dare del capo al muro. || Anche in italiano vi è co per con, come si trova nelle Favole d’Esopo. || Unita agl’infiniti fa render significato di gerundio, p. e. cu lu cantari si fici canusciri: col cantare si fece conoscere. || In paragone: con.

Cu'. V. cui.

Cubba. s. f. Spezie di volta a guisa di cupoletta che si fa per coperchio alle sorgenti d’acqua: arco, volta, cupoletta.

Cubbàita. s. f. Confettura o torrone di noci o mandorle e mele cotto: copeta. Si fa anche di giuggiolena. || prov. scrusciu di carta senza cubbàita, molta apparenza e nulla sostanza: molto fumo e poco arrosto.

Cubbaitàru. s.m. Venditor di copeta. || unni è è, dici lu cubbaitaru, modo prov. che importa: la cosa sta così, non v’ha da sofisticare. || fari la nota di lu cubbaitaru, dire una spesa eccessiva.

Cubbaltu. V. cobbaltu.

Cubbebbi. s. m. T. bot. Frutto aromatico di un albero indiano della grossezza del pepe: cubebe.

Cubbeta. (Vinci) V. cubbàita.

Cubbiceddu. dim. di cubbu: cubetto.

Cùbbicu. add. Che ha forma del cubo: cubico.

Cubbìculu. s. m. Camera piccola: cubicolo (Mort.).

Cubbitali. add. Di cubito, e parlandosi di caratteri vale grandissimi: cubitale. || a littri cubbitali, in grandi lettere: a lettere cubitali.

Cubbu. s. m. Figura di sei facce quadrate, uguali e gli angoli retti: cubo.

Cubbu. add. Dcesi del cielo quando è coperto: rabbriuscato, oscuro. || Di rumore grave, lontano: cupo. || cubbu cubbu: cupamente, cupo cupo.

Cùbbula. s. f. Volta che rigirandosi intorno a un centro si regge in sè medesima: cupola. || Per sim. la sommità convessa di varie cose: cupola.

Cubbulazza. s. f. pegg. di cùbbula.

Cubbulicchia, Cubbulidda. s. f. dim. di cùbbula: cupoletta, cupolino.

Cubbulinu. s. m. La lanterna delle cupole: capannuccio, cupolino V. lanterninu.

Cubbuluni. s. m. accr. di cùbbula: cupolone. || La parte superiore della carrozza che serve di coperta: mantice.

Cucca. s. f. T. zool. Uccello noto: civetta. Strix passerina L. || jiri cu la cucca, andar a uccellar colla civetta: andar a civetta. Tal uccellagione si dice pure: chiurlo, fistierella. || jucarisi a la cucca, burlar grandemente altrui: dar la quadra a uno. || aviri vizii quantu o cchiù di la cucca, modo prov.: esser astutissimo o civettare. || Prov. cu’ si vanta cu la so vucca o è asinu o è cucca, il vantar se stesso è male: chi si loda s’imbroda. || – di passa, uccello rapace notturno col becco verdastro, l’iride scura e l’ugna nere: gufo selvatico. Strix alugo L. || – furastera, uccello egizio che si vede talvolta in Sicilia. Strix o Bubo ascalaphus Savigny. || met. Femminetta sfacciata e ardita: civetta. || facci di cucca, per baia chi abbia il naso troppo adunco, e faccia sgradevole: ceffo da cuccoveggia. || ti salutu cucca, per dire addio, tutto è finito: addio fare. || cucca di maju: cuccolo. Cuculus canorus L. || tèniri la cucca, tener la posta ad alcuno per parlargli. || pari la cucca, lodare smoderatamente una persona per beffe o adulazione: piaggiare, dar l’allodola; fingere di non sapere una cosa che si sa: far le lustre. || essiri la cucca di tutti, essere acconcio a rapportare ogni cosa: servire di zimbello.

Cuccagna. s. f. Paese favoloso che si prende per felicità e abbondanza di tutte le cose: cuccagna. || Per sim. quel luogo dove per qualche festa si espone al pubblico ogni commestibile e con giuochi o prove si pigliano: cuccagna. || fig. fari cuccagna, tor di mano altrui con violenza: arraffare. || Per poltroneria.

Cuccagnisi. add. Dicesi di chi voglia vivere allegramente, ma senza travaglio: mangiapane. || pari lu cuccagnisi, fingere di non saper una cosa: far lo gnorri.

Cuccanata. s. f. (Mal.). Rabbuffo: canata.

Cuccaneddu. s. m. dim. di còccanu.

Cuccaniari. v. a. Riprendere: rinfacciare.

Cuccarda. s. f. Divisa o contrassegno solito portarsi dai militari o altri: rosa, e francescamente: coccarda.

Cuccareddu. s. f. T. zool. Sorta di uccello: alloccarello (Rocca). || Giovine stolido o di basso ingegno: castroncello.

Cuccetta. s. f. T. mar. Letticciuolo messo vicino ai bordi della nave per uso degli ufficiali o passeggieri: cuccetta. || E quello pe’ marinai: branda. || – di pani, camera ove si colloca lo scrivano colle gallette: pagliotto.

Cucchia. s. f. Due cose insieme: coppia. || nn’hai a manciari cucchi di pani, modo prov. che indica un tempo molto lungo per poter ottenere alcuna cosa. || – di pani, forma di pane che è a coppie: picce.

Cucchïamentu. s. m. Il coccoveggiare. || Beffamento. || L’andar in traccia d’alcuno, o lo sbirciare. || Atti smancerosi e leziosi: civettaggine.

Cucchiara. s. f. Strumento concavo col quale si piglia il cibo: cucchiajo. || Quello più grande bucherato o no con cui si mestano le minestre: mèstola. || essiri cucchiara di tutti pignati, dicesi di chi ha cognizione di molte cose: saccente. E per lo ingerirsi volentieri in ogni cosa: ciaccione. || li toi cucchiari, voce di spregio per contraddire o negare. || È sinonimo di [p. 245 modifica]nulla. || – pirciata, strumento in forma di cucchiajo bucato per uso di cucina: schiumatojo, colino. || T. mar. Grande recipiente di ferro in forma simile a una cassetta da spazzature, fatto di stanghe schiacciate: cucchiara, cucchiaia. || – d’acciurari, una specie di schiumatojo che serve per levar via la panna dal latte: spannatoja. || Prov. cu’ havi la cucchiara ’mmanu, fa a modu sò: chi ha il mestolo in mano, fa la minestra a modo suo. || li guai di la pignata li sapi la cucchiara chi l’arrimina: chi ha preparato la minestra sa cosa bolle in pentola, o dove stringe la scarpa non lo sa altro che chi l’ha in piede. || aviri la cucchiara ’mmanu, disporre a suo piacimento e capriccio degli altri: avere o tenere il mestolo in mano. || Si dice ad uomo magro: stecchito, smingherlino.

Cucchiararu. s. m. Arnese da cucina appeso al muro ove si appiccano i cucchiai o altri strumenti: cucchiajera. || Venditore di cucchiai: mestolajo (Biundi).

Cucchiarata. s. f. Quantità che cape un cucchiajo: cucchiajata. || vuliri mettiri la so cucchiarata, modo prov. dicesi di chi vuol intromettersi senza esser chiamato: voler metterci il suo cece.

Cucchiaratedda. s. f. dim. di cucchiarata: cucchiajatina.

Cucchiaredda. s. f. dim. di cucchiajo: cucchiarino. || Per cucchiara V. || Quello per mestare: mestolino. || ammuccari o ministrari li così cu la cucchiaredda, modo prov. far capire altrui le cose insegnandole: imboccare col cucchiajo.

Cucchïari. v. intr. Far quegli atti che fa la civetta nell’uccellare: coccoveggiare, civettare. || a. Uccellar qualcuno: scoccoveggiare, burlare, beffeggiare. || Cercare, fiutare per tutto: braccare. P. pass. cucchïatu: coccoveggiato. || Burlato.

Cucchiariari. v. intr. Rimenare con cucchiajo o mestolo: rimestare. || Versare nelle scodelle: scodellare. || fig. Intromettersi in brighe, faccende: ciacciare. || iddu minestra e iddu cucchiarìa, dicesi di chi signoreggia in cose non sue: menar la danza, far le minestre.

Cucchiariddina, Cucchiaridduzza. s. f. dim. di cucchiaredda: cucchiaino.

Cucchiarina. s. f. dim. di cucchiara: cucchiarino. || Quell’arnese con cui i fonditori di caratteri piglian il piombo liquefatto e lo versano nella forma: romajuolino.

Cucchiarinedda, Cucchiarineddu. dim. di cucchiarina.

Cucchiarinu. V. cucchiarina.

Cucchiaru. s. m. Lo stesso che cucchiara. || Per cucchiarata V. || Quel raggrinzare la bocca che fanno i bambini quando cominciano a piangere: far greppo, far il greppino, imbambolarsi.

Cucchiarunata. s. f. Quanto cape un cucchiajone, una mestola: mestolata.

Cucchiaruneddu. dim. di cucchiaruni.

Cucchiaruni. s. m. Cucchiajo grande: cucchiajone. || T. zool. Specie di anitra selvatica, che ha il corpo bianco, la gola nera, e con piccolo ciuffo: mestolone. Anas glaucion, Anas clypeata L.

Cucchïata. s. f. V. trizziata. || Per braccheggio.

Cucchïaturi. verb. m. Chi burla, beffa: beffatore.

Cucchicedda. dim. di cucca: civettina.

Cucchieri. s. m. Chi guida cocchio o carrozza: cocchiere; fem.: cocchieressa.

Cucchiettu. s. m. di cucchiu: avaretto.

Cucchignu. V. cuccareddu.

Cucchiricchiu. s. m. dim. di cucchieri.

Cucchiriscu. add. Che ha del cocchiere. || a la cucchirisca, al modo, all’uso de’ cocchieri.

Cucchirottu. s. m. dim. di cucchieri.

Cucchiruni. s. m. accr. di cucchieri, abilissimo nel mestiere.

Cucchitedda. s. f. dim. di cùcchia.

Cucchiu. s. m. Bassamente avaro: sordido, spiùzzeca.

Cuccìa. s. f. Minestra di frumento bollito con altri savori: grano lesso. || Prov. è megghiu nenti chi cuccìa a li nozzi, per mostrare che non è cosa degna di quella circostanza.

Cuccïari. v. a. Spiccare i granelli d’uva a chicco a chicco: spippolare, sgranellare, piluccare, schiccolare. || Per raciuppari V. || intr. Tortnare spesso alla medesima operazione, cosa: spesseggiare. || Non esservi dovizia di alcuna cosa, o fig. cominciare ad avere, a vedere ecc. a miccino. || Detto degli alberi quando non sono interamente scussi di frutta. || a cuccïari, posto avv. giuoco di carte nel quale per ogni punto di oro si ritira un tanto dalla messa comune: a puntacci. E dicesi di checchessia fatta, veduta, venuta a poco a poco: a spizzico. P. pass. cuccïatu: sgranellato. || Spesseggiato.

Cuccïata. s. f. Lo spippolare: spippolata.

Cucciddatu. V. gucciddatu.

Cucciddu. s. m. dim. di cocciu: granellino, chicchino, chiccolino. || Piccolo tumore alla pelle, ripieno di pus: pustoletta. || Bollicine fitte fitte che vengono alla pelle che cagionano un gran prurito: sudàmini.

Cuccineddu. s. m. T. mar. Spezie di caviglia: coccinello.

Cuccinigghia. V. coccinigghia.

Cucciteddu. V. cucciddu.

Cucciu. V. curciu. || Cane piccolo: cuccio, cucciolo.

Cucciusu. V. cucciutu.

Cucciutteddu. add. dim. di cucciutu.

Cucciutu. add. Pieno di chicchi, granelli: granelloso. || Che ha granelli grossi: granato, granito. || met. Grosso, forte: granito. || Per testardo: capitoso, cocciuto. Sup. cucciusissimu e cucciutissimu: granellosissimo, granitissimo.

Cucciùvia. V. lònara.

Cuccu. s. m. T. zool. Genere di uccelli di molte specie che si differiscono nella coda, e pel modo di cantare son detti: cucù, cucco, cuculo. Cuculus canorus L. || – di passa, altra specie, di becco cenerino con l’apertura gialla: cuculo. Cuculus canorus L. || – balistreri, per ischerno ad uomo baggeo: baciocco, capocchio, soro. || Per uovo V. coccu. || stari com’un cuccu, star senza far motto, non badar a cosa che sia: star sopra di sè.

Cuccufìu (A. V. cuccuvìu.

Cuccumeddu. V. cuncumeddu. (a

Cùccumu. (Vinci) s. m. Vaso in cui si fa bollire acqua ec.: cùccuma.

Cuccuni. s. m. T. zool. Uccello rapace notturno con due ciuffi lunghi sulla testa ed unghia forti e adunche: gufo reale. Strix bubs L.

Cuccuniari. V. cucchïari. [p. 246 modifica]

Cuccupìu. V. cuccuvìu.

Cuccuvaja. V. cucca (D. B.)

Cuccuvìu. s. m. Il canto della civetta, del gufo.

Cucenti. add. Che cuoce: cocente. || met. Violento, acuto: cocente.

Cuci-cuci. Voce con cui si scaccian i cani: passi-là. || posto avv. sempre vicino: alle costole.

Cucina. s. f. Luogo dove si cuoce: cucina. || battaria di cucina, tutti gli strumenti, vasellame ecc. di cucina: arnesi di cucina. || fari la cucina, pulire la cucina e gli arnesi di essa. || fari di cucina, sapere cucinare: far da cucina || f. di cucinu: cugina. || Prov. cucina grassa, tistamentu magru: a grassa cucina, povertà è vicina.

Cucinanza. s. f. L’esser cugini.

Cucinari. v. intr. Far la cucina, apparecchiare le vivande: cucinare. P. pass. cucinatu: cucinato.

Cucinatura. s. f. Il cucinare: cucinatura.

Cucinaturi. V. cucineri: cucinatore –trice.

Cucinazza. s. f. accr. e pegg. di cucina.

Cucinedda. s. f. dim. di cucina: cucinetta, cucinuzza. || Per cuginetto. || fari la pappa cucinedda V. pappa.

Cucineri. s. m. Chi cucina: cuciniere, cucinajo, cuoco.

Cucinu. s. f. Figliuolo di zio o zia: cugino. || cucini carnali, figli di fratelli e sorelle.

Cucinuzzu. s. m. dim. e vezz. di cucinu: cuginetto.

Cucitina. s. f. Ciò che pagasi al bettoliere per la cocitura delle vivande. || L’atto del cuocere: cocitura.

Cucitura. s. f. Il cuocere: cocitura, cottura.

Cuciuniari. v. a. Adulare: piaggiare. || Accarezzare. || v. intr. pass. Stringersi in amicizia: legarsi in amicizia. || Fare smorfie sciocche, smiaci: far daddoli, strusciarsi (a Livorno).

Cuciuri. s. m. Arsura: cociore. || Quel frizzo nelle membra nel provar eccessivo calore: cociore.

Cuciutu. add. Da còciri: cotto.

Cucìvuli. add. Di legumi di facile cocitura: cocitojo, cottojo. || nun cucìvuli, fig. detto ad uomo inflessibile, duro: di mala cucina, met.

Cucliària. V. cocleària.

Cucù. s. m. Detto a’ bambini per vezz. di culu: culino. || Giuoco di carte fatto in più persone. || Grido che fanno i ragazzi ruzzando: cu cu. || – tupputu T. zool. Uccello che la testa con ciuffo bigio; coda nerastra con l’estremità bianca; becco nero con la base della mascella inferiore rossastra, e l’iride gialla: cuculo col ciuffo. Cuculus glandarius L.

Cucucciu. s. m. Quella parte di ciò ch’empie il vaso e rimane sopra la bocca di esso: colmatura, colmo. || Enfiato che viene sulle posteme quando comincian a suppurare: apice. || Cima: sommità. || pri cucucciu, posto avv., per soprappiù: per soprassello.

Cucucciuta. s. f. T. zool. Uccello noto che ha come un cappello di piume in capo: cappellaccia, allodola cappelluta, mattolina. Alauda cristata L. (Sp. cugujada).

Cucucciutedda. dim. di cucucciuta: allodoletta.

Cucudda. s. f. T. bot. Bacicci. Calicornia macrostachya (Ann. d’Agric. Sicil.).

Cucuddi. T. bot. Pianta comune ne’ terreni ad grano e ne’ prati, i fiori son gialli: margherita minore, margheritina. Chrysanthemum coronarium L.

Cucuddu. s. m. Quel gomitolo ovato, dove si rinchiude il baco filugello facendo la seta: bozzolo. || Cosa di dolce sapore (Caruso) || V. cucudda.

Cucudduni. T. bot. Enula bacicci. Inula crithmoides L. (Ann. d’Agric. Sicil.).

Cucugghiata. V. cucucciuta. Più vicino allo Sp. cugujada.

Cùcula. s. f. Materia legnosa che casca dal lino: lisca.

Cuculicchi di fasola. s.m. pl. T. bot. Legume selvatico, il quale si usa seminar pelle colombe: orobo, ervo. Ervum ervilia L.

Cuculidda. s. f. dim. di còcula: coccolina.

Cuculiddi di furmentu. s. m. pl. Legume di varie sorte: veccia. La migliore dicesi brava. Vicia sativa.

Cuculla. s. m. Veste di sopra con cappuccio che portavano i monaci: cocolla, cuculla.

Cucullatu. add. Vestito di cocolla: cocollato.

Cuculuni. s. m. Pietra viva e bianca di fiume che si adopera per la composizione del vetro: cogolo.

Cucumeddu (A. V. cuncumeddu (a.

Cucummareddu. s. m. dim. di cucùmmaru. || – asininu, specie di pianta: cetriuolo selvatico, cocomerello. Momordica elaterium.

Cucùmmaru. s. m. V. citrolu. || – sarvaggiu, pianta che fa il frutto simile a un piccolo cocomero: cocomerello, cocomero asinino, cocomero selvatico. Momordica elaterium L.

Cùcumu. V. cùncumu. || Per grasta V. || E per testo da fuoco.

Cucunceddu. s. m. T. bot. Pianta che nasce ne’ campi sterili ed umidi, la cui radice ha un umore gialliccio ed acre che guarisce l’impetigine: asfodelo ramoso da’ fiori bianchi. Asphodelus ramosus L.

Cucùrbita. s. f. Zucca; vaso da stillare: cucurbita.

Cucurbitàciu. add. Simile a zucca: cucurbitaceo.

Curucù. Canto del gallo: cuccurucù.

Cucurugnatu. add. Detto ad uomo piccolo, grossacciuolo: bozzacchiuto, chionzo. || Dicesi di cosa sproporzionata e stranamente bassa o schiacciata: chionza.

Cucurummàru. s. m. Manicaretto di pomidoro, cacio, uova e olio.

Cucutrigghiu. V. cuncutrigghiu.

Cucuzza. s. f. T. bot. Pianta nota: zucca, cucuzza. || – longa o napulitana, la lunga e cilindrica: zucca lunga o a tromba. Cucurbita lagenaria. || cucuzzi baffi o cucuzzuni, la più grossa. Cucurbita latior o major. met. A donna paffuta, sguajata: ciccantona. || – pri vinu, – pri pruvuli, quella vuota a forma di fiasco: zucca da bere, zucca de’ pellegrini, zucca. || – a cannistreddu, varietà di cui i frutti sono rotondi e alle volte strozzati nel mezzo: zucca a berlingozzo, o a pasticcino. Cucurbita melopepo clypeiformis L. || – di Spagna, grande, vòta da una punta ove sta il seme, è gialla rossigna: zucca gialla, zucca indiana. || – milisca, color di miele: zucca indiana. || – di stidda, varietà col frutto verdastro sferico solcato a costole: zucca popona. Cucurbita melopepo L. || – gruppusa, di mezzana grandezza, di corteccia dura, bernoccoluta o verrucosa, gialla [p. 247 modifica]o variamente listata: zucca a cedrato. Cucurbita verrucosa L. || – virmiciddara, molto simile a’ poponi, un po’ allungata, con corteccia marmorizzata. || – di ciàuru, il frutto è quanto una arancia: falsa coloquintida. Pepo rotundus aurantii forma L. || cucuzzi pri natari: notajuole. || sarvarisi senza cucuzzi, scampar da un pericolo senza bisogno di aiuto: uscir d’un fondo senza zucca. || – a pirettu, ha il suo frutto più piccolo delle false coloquintide, di guscio grosso e solido, la pelle di un verde bruno qualche volta segnata di liste e di macchiette bianche: zucca a peretta. Cucurbita ovifera L. || ortu di cucuzzi, campo seminato di zucche: zuccajo. || cònzala comu voi sempri è cucuzza, prov. ch’esprime la scipitezza di alcuna vivanda comunque la si condisca: gira e rigira gli è sempre il medesimo; o rigirala come vuoi, che tanto la messa torna a mattutino (Guerrazzi). Usasi anco nel morale. || Per sim. il popone insipido. || cucuzzi marini! modo di negare o dubitare alquanto scortesemente: zucche fritte! zucche marine! || testa di cucuzza, uomo vano che non sa il fatto suo: zucca vota. || scippari la cucuzza, tagliare il capo ad uno: far saltare la coccola o la cipolla. || Prov. testa chi nun parra si chiama cucuzza, non si deve dissimulare o fingere ignoranza, in cose dove si deve interloquire: un capo senza lingua a zucca s’assomiglia. || – sarvaggia V. brionia. || Colui che prezzolato fa la spia: delatore. || cucuzza e cucuzzuni per cuzzuluni V. e per cozzu V. || – ciascalora. Cucurbita lagenaria major. || – ’mbutaria. Cucurbita lagenaria minor. || manciarisi la cucuzza fig. riferire i fatti altrui: far la marachella, mangiare spinacci freschi.

Cucuzzaru. s. m. Chi vende zucche. || Chi ridice volentieri i fatti altrui: rinvesciardo, sfringuellante.

Cucuzzata. s. f. Zucca affettata messa in giulebbe, e poscia ridotta a figura d’un tegolo: zucca candita.

Cucuzzazza. s. f. pegg. di cucuzza: zuccaccia (parmi d’uso). || – sarvaggia. Bryonia dioica.

Cucuzzedda. s. f. dim. di cucuzza: zucchetta. || Per cucuddu V. || Invoglio del seme di moltissime piante: pericarpio. || Gomitolo dove si chiude il baco filugello facendo la seta: bozzolo.

Cucuzzuna, Cucuzzuni. s. accr. di cucuzza: zuccone. || Testa senza peli: zuccamonda, zuccone. || Per o cuzzuluni o cuzzuluni V. || Per sergozzone.

Cuda. s. f. Parte deretana dell’animale in prolungamento della colonna vertebrale: coda. || Lo strascico degli abiti lunghi: coda. || T. mil. L’ultima parte dietro dello esercito: coda. || Per fine: coda. || – di sunettu, que’ versi dopo i 14 del sonetto: coda del sonetto. || Quella parte di capelli avvolti e cascanti dietro, che portavasi dagli antichi: coda. || – di l’occhiu, l’estrema parte dell’occhio alla tempia: coda dell’occhio. || taliari cu la cuda di l’occhiu, guardar sott’occhio furtivamente: far l’occhio del porco. || La parte ultima e dietro di checchessia: coda, codazzo. || Quello irraggiamento nelle comete: coda delle comete. || – di la stidda, quella strisciolina lunga appiccata all’aquilone: strascico o coda dell’aquilone. || T. art. Qualunque parte di lavoro o materiale come appendice di esso, o parte del tutto: coda, codetta. || aviri la cuda arsa, modo prov., fig. essere scottato d’una cosa o essere costata molto: lasciar il o del pelo in una cosa. || Prov. mittirisi la cuda ’mmenzu li gammi, o jirisinni cu la cuda ’tra li gammi, esprime l’abbassamento di morale per gran paura o per convinzione del proprio torto: cacciarsi la coda fra le gambe. || – di dragu o draguni, specie di procella che formasi da un turbine a foggia di colonna dal mare fino alle nuvole: dragone. || – di rinnina. T. art. Per sim. certi lavori di ferro o legno tagliati più larghi in cima simile alla coda di esso uccello: coda di rondine. || fari tuccari la cuda ad unu, convincerlo del malfatto o torto suo. || Prov. lu sceccu canusci la cuda quannu la perdi o nun l’avi cchiù, molti beni si apprezzano quando perduti: l’asino non conosce la coda se non quando e’ non l’ha. || megghiu testa di sarda ca cuda di piscispatu, o megghiu testa di lucerta ca cuda di sirpenti, meglio esser primo fra’ piccoli che ultimo tra’ grandi: è meglio esser capo di luccio che coda di storione, o meglio esser capo di lucertola che coda di dragone. || jucari di cuda, nuocere o frodar altrui infingendosi dalla sua parte: dar il gambetto, met. E jucata di cuda, frode, danno per via di calunnia o che: gambetto. || – o picciulu cudardu. T. pesc. È una lunga striscia di rete che si cala tra la spiaggia e la tonnara che s’unisce colla 4a stanza: pedale. || aviri l’anni sutta la cuda, per dire che altri nasconde gli anni. || – di surci. T. magn. lima tonda. || finiri ’na cosa a cuda di surci, non corrisponder il successo alle apparenze. || sapiri unni lu virseriu teni la cuda, esser astuto: saper dove il diavolo tien la coda. || li cudi di la mitra, strisce di drappo che pendono dalla parte di dietro delle mitre: bendoni. || a cuda di pispisa, dicesi d’una opera ben cominciata e lasciata lì: in asso. || – cavaddina. T. bot. Pianta con lo scapo fruttifero, nudo con anelli dentati, caule sterile: coda di cavallo. Equisetum arvense. Di questa pianta si distinguono diverse varietà, – di cavaddu o d’acqua, – di margi siccagna: equiseto, setolone, asperella, rasperella, coda cavallina. Equisetum palustre, Fluviatile hyemale || – di schirpiuni. Scorpiurus vermiculata || – di vulpi. Melampyrum arvense. Sorta d’uva. || – di liuni. Phomis fruticosa. || – rrussa. T. zool. Uccello che ha il dorso ed il capo grigio, la gola nera, il ventre e la coda di color rosso: codirosso. Motacilla phoenicurus. Un’altra varietà dicesi cuda rrussa a pettu niuru: codirosso, spazzacamino. Sylvia tithus. || – bianca, uccello col becco nero, iride scura, le ali nere e le penne della coda bianche: cul bianco. Sylvia oenanthe. || – longa, uccello di passo: codone. Anas acuta L. || cuda e cudidda, met. chi vuol seguirci nostro malgrado; nun vogghiu cudi pri d’appressu: non vo’ coda. || malatia cu la cuda, quella la quale appena guarita vi si ricade. || piccati cu la cuda, quelli che si traggono dietro tristi conseguenze. || sciarra cu la cuda, zuffa per cagione della quale successivamente ne avvengono delle altre. || bestia cu la cuda, per ispregio: asino [p. 248 modifica]calzato. || cavaddu cu la cuda e l’oricchi tagghiati: caval codimozzo, cortaldo. || – di marteddu, penna del martello, bipartita che serve anche a strappare i chiodi: granchio. || lu vilenu è ’ntra la cuda, met. nell’ultimo consiste la difficoltà o il pericolo: nella coda sta il veleno. || la cuda è la cchiù forti di scurciari, la fine è la parte più difficoltosa: la coda è la più cattiva a scorticare. || avirili tutti sutta la cuda, esser ipocrita, dissimulatore: essere gran mammamia. || – a muscaloru: coda a ventaglio, a scopa. || tuccarisi la cuda, fig. dichiararsi colpevole in qualche cosa: rendersi in colpa. || isari la cuda, pigliar baldanza: levar la coda o la cresta. || junciri la cuda, aggiunger del suo favellando: metter di bocca o la coda.

Cudardia. s. f. Viltà, vigliaccheria: codardia.

Cudardu. add. Vile, poltrone: codardo. || s. Nelle tonnare è una striscia di rete, che dal primo spartimento sporge per lungo tratto in mare, rastremandosi in una curva.

Cudarrussa. V. cuda rrussa in cuda.

Cudata. s. f. Colpo di coda. || Carne bovina dalla parte della groppa, vicina alla coda dell’animale: groppa ai culaccio. || mettiri la cudata, fig. V. junciri la cuda in cuda.

Cudatàriu. s. m. Colui che sostiene la estremità delle vesti prelatizie, detta coda: caudatario.

Cudatu. add. Che ha coda: codato.

Cudazza. s. f. pegg. di cuda: codaccia, codazza. || Per sim. la parte di dietro o ultima di checchessia: codazza. || – di canna, la cima della canna staccata dal fusto: pannocchia.

Cuddana. s. f. Specie di museruola di fune o cuojo con cui si tiene legato l’animale alla mangiatoia: cavezza. || Fune che usano i marinai attraversata ad armacollo, l’un capo della quale è attaccato all’ordegno da pescare, e serve anco per aiutare a montare le barche nelle foci dei fiumi: alzaja. || V. cullana.

Cuddanedda. s. f. dim. di cuddana: cavezzina. || V. cullanedda.

Cuddanti. s. f. T. mur. Pietra di mezzana grandezza quasi trasportabile in collo.

Cuddarazzu. s. m. pegg. di cuddaru: collaraccio.

Cuddareddu. s. m. V. vaviola. || Piccolo goletto, collino. || Quell’anello che tiene la coda della lama ferma entro il manico: ghiera.

Cuddarettu. s. m. La parte della vesta che cinge il collo: collaretto. || Arnese che attaccato al collo sporge alquanto sotto al mento, usato dai magistrati: collaretto. fig. I Giurisperiti: giureconsulto. ||– fintu: goletto, solino.

Cuddari. v. intr. Travalicare sparir come dietro un colle: scollinare. || Calare: declinare. || – lu suli, – la luna, ecc.: tramontare, scollinare (Da colle, come tramontare da monte). || cuddarisilla, fuggire: battersela. || Si dice pure dell’acqua quando nel bagno arriva al collo. P. pass. cuddatu: scollinato. || Tramontato.

Cuddaricchiu. V. cuddareddu.

Cuddarineddu. s. m. dim. di cuddarinu: gorgieretta, gorgierina.

Cuddarinu. s. m. Collaretto antico che per essere increspato anco si chiama lattuga: gorgiera. || Altro collare antico di pannolino piegato a cannolini: goniglia. || pigghiari ad unu pri lu cuddarinu, afferrar alcuno pel collare e tirarlo.

Cuddaru. s. m. Quella striscia di cuoio o altro che si mette intorno al collo delle bestie: collare. E se è pieno di sonagli dicesi: sonagliera. || Quello che le donne e i preti portano intorno al collo: collare, collaretto. || Quella parte della camicia o altro che cinge la gola: goletta, solino. || E quello staccato dalla camicia: collino, colletto, solino. || Quello degli abiti: collaretto. || – di lu firriolu, –di lu mantellu: bavero. || T. art. O una prominenza sporgente in giro o una fascia o rinforzo a un lavoro: collare, collarino. || Quel collare di ferro stretto alla gola de’ rei che venivan esposti alla berlina: gogna. || T. mar. Grosso cavo della medesima grossezza dello straglio: collare (Zan. Voc. Met.). || T. magn. Ingegni della toppa ripiegati a squadra che imboccano nelle tacche della chiave: fernette (Car. Voc. Met.). || – di lu spiruni: collare.

Cuddaruni. s. m. accr. di cuddaru: collaraccio || Bavero grande.

Cuddata. s. f. L’azione di scollinare: scollinata. (V. participiu). || Scesa, china: calata. || Il nascondersi del sole ecc.: tramontamento, tramonto. || a la cuddata, poi che il sole è scomparso: al tramonto.

Cuddazza. s. f. pegg. di codda. || T. del gioco. fari cuddazza, passar oltre il convenuto: travalicare.

Cuddettu. s. m. Collarino un po’ maggiore dell’usato, che usano le donne secondo le mode: colletto. E la forma sulla quale si dà ad essi la salda.

Cuddiari. v. intr. Volgere e rivolgere il collo, proprio degli animali specialmente volatili. || Per sim. lo stendere ed allungare spesso il collo per osservare o spiare senza essere veduto: sguaraguardare.

Cuddiata, Cuddiatina. s. f. L’osservare, il lustrare allungando il collo e spesso ritirandolo.

Cuddura. s. f. Nome generale di cose disposte in circolo: cerchia. || – di serpi, una o più serpi raggomitolati: ruota. || la cuddura di li vudedda, le interiora; e met. l’interno dell’animo: onde fari smoviri la cuddura di li vudedda o di li vermi, essere spiacevole: stomacare. || Quel ravvolto di cenci che usa tener in capo chi porta pesi: cercine. || La rivoluzione in giro delle viti, la quale non ritorna al suo centro come il cerchio: spira, anelli o pani della vite. || La fune attorcigliata ad alcuni cilindri in meccanica. || – di pani, pane in forma circolare: a ciambella. || Prov. nè a santi la curuna, nè a picciriddi la cuddura, non bisogna prometter nè a’ santi nè a’ bambini perchè non dimentican poi giammai le promesse. || In botanica è l’organo del fiore disposto in circolo attorno agli stami: corolla. || Viti di legno che fanno parte dello strettoio del legatore di libri: vite. || T. agr. La parte della tralciaia che si fa accavalciare e si lega sul ramo o sulla canna di sostegno alla vite: collo della tralciaja. O la parte del tralcio ove si fa la piegatura sul tralcio (Car. Voc. Met.). || mittirisi o fari la cuddura, rannicchiarsi: far un chiocciolino. Ed [p. 249 modifica]anche fare una schiacciatina a foggia di baco avvolto (Gr. κολλυρα: ciambella).

Cudduredda. s. f. dim. di cuddura. Focacciuola o stiacciatina fatta a foggia di ciambella: chiocciolino. || Piccole rotelline di pasta e zucchero confezionate: ciambellette. || cuddureddi di vinu cottu, paste ad anelletti condite e bollite nel mosto cotto: pastelletti in sapa. || Qualunque cosa a guisa di rotellina: chiocciolino. || Cerchio d’avorio che si dà ai bambini nella dentizione V. aneddu. || cudduredda nun fu io, giuoco fanciullesco che fanno i monelli per le strade girando le mani davanti il petto.

Cudduridduzza. s. f. dim. di cudduredda: ciambellettina.

Cudduruneddu. s. m. dim. di cudduruni: focacciuola.

Cudduruni. s. m. accr. di cuddura. Schiacciata di pasta messa a cuocere in forno: focaccia. || Per sim. la polpa di chi è bene in carne, che si piega a guisa di fette. || Prov. ognunu tira la bracia a lu so cudduruni, ognuno tira ai propri interessi: ognuno tira l’acqua al suo mulino, tutti vogano alla galeotta, cioè tirando a sè.

Cudduzzu. s. m. dim. di coddu: collicino, collino. || Chi per malore o vizio corporale porta il collo piegato o chino; che si dice pure purtari o aviri lu cudduzzu a la banna. || fari lu cudduzzu, portar il collo chino in atto d’ipocrita umiltà: far il collo torto.

Cudera. s. f. T. valig. Quel cuoio attaccato alla sella che va per la groppa sino alla coda: groppiera, posolino, posolatura. || La parte di essa groppiera, che è tonda, e passa sotto la coda del cavallo, e serve a sostener la sella alla china: codone. || – di li vardi, – di li vardeddi ecc., arnese per lo più di cuoio, che attaccano al busto e fascia i fianchi della bestia: straccale, soccodàgnolo. || accurzari la cudera, fig. ridurre al dovere: fare stare a segno. || calari la cudera, fig. dir male di alcuno, sbottoneggiar uno: leggere sul libro di alcuno, appiccar sonagli a uno.

Cudespina. s. f. Donna di provetta età (Vinci).

Cudetta. V. cudidda: codetta.

Cudiamentu. s. m. Lo scodinzolare. || Piaggiamento.

Cudiari. v. intr. Muovere la coda, e dicesi dei cani: scodinzolare. || fig. Stare alle costole d’alcuno, adulandolo e servendolo per trarlo dalla sua: piaggiare. || Andar dietro a uno spiandolo: codiare. || Dicesi del batter la coda come fanno i pesci nell’acqua quando s’avvicinano a scogli. P. pass. cudiatu: scodinzolato. || Piaggiato. || Codiato.

Cudiata. s. f. L’azione dello scodinzolare: scodinzolata. || Del piaggiare: piaggiata, corteggio. || Del codiare: codiata (V. participiu).

Cudiatedda. s. f. dim. di cudiata: scodinzolatina. || Piaggiatina. || Codiatina.

Cudiatina. V. cudiata.

Cudiaturi. s. m. Chi piaggia: piaggiatore. || Codiatore.

Cudicedda. V. cudidda.

Cudiciari. V. disiari (Pasq.).

Cudicillu. V. codicillu. || zoccu nun va ’nta lu tistamentu va ’nta lu cudicillu, ciò che si omette in una circostanza può ben farsi in altra prossima e certa.

Cudicina. s. f. V. cudigghiuni. || – di canna, la spiga della canna: pannocchia.

Cudidda. s. f. dim. di cuda: codetta. || fig. Chi va dietro a un altro: seguace. || – bianca. T. zool. Uccello del genere della rondine col becco nero, l’iride scura, fa il nido vicino le rive de’ laghi: balestruccio, dardonello, culbianco. Hirundo urbica o Riparia L. || cudiddi le arance maturate anzi tempo. – russa V. cudarrussa.

Cudigghiu. s. m. T. giuoc. Perdita di colui che fa il giuoco dell’ombra con vincita de’ due avversari: codiglio. || Anco fuori giuoco; darisi o nun darisi pri cudigghiu, darsi o non darsi per vinto. || arristaricci di cudigghiu, restare con discapito: andarne col peggio.

Cudigghiuneddu. s. m. dim. di cudigghiuni, piccola coda: codinzolo. || Moccolino.

Cudigghiuni. s. m. La parte dietro od ultima di checchessia: codazza. || Avanzo di candela tuttavia buona a far lume: moccolo, mozzicone. || Prolungamento della colonna vertebrale negli animali: codione, codrione. || Nei pesci la parte ultima del loro corpo: coda. || Coda mozza. E chi l’ha mozzo: codimozzo. || – di la gruppera: codone. V. cudera. || V. cruduzzu al 1º §.

Cudinu. s. m. Quella parte di capelli o parrucca che gli antichi intrecciata lasciavano pendere sulle spalle: codino. || Ora si dice a’ retrivi: codino.

Cudiruni. s. m. accr. di cudera.

Cudruzzu. V. cruduzzu.

Cuduna. s. f. accr. di cuda: codone. || a ’na cuduna, posto avv.: su via. E vale anche: a un tratto. || Per curuna V.

Cudurrussuni o Merru di passa. s. m. T. zool. Uccello di passo in primavera, becco nero, testa e collo turchino-cenerino, coda rossa e piedi scuri: codirossone. Turdus saxatilis Lath.

Cueddocu. Composto da cu’ è ddocu (chi è costì); si dice fari lu cueddocu in Catania, che significa far da prepotente; far il protoquanquam, far l’uomo addosso.

Cuetamenti. avv. In moto cheto, quieto: chetamente, quietamente.

Cueti. s. f. Contrario di moto: quiete. || Per cuitùtini V.

Cuetu. add. Che ha quiete: quieto; che non fa rumore: cheto. || Placido, tranquillo: cheto, buono. || Chi tiene in calma gli spiriti sommettendo l’appetito alla ragione: sobrio. || Savio. || Detto di ragazzo che non sia un frùgolo: cheto, buono. || Onde statti cuetu: sta cheto, sta buono. teniri cuetu: tener buono. || Detto di fiumi mari ecc.: cheto. || Detto di cielo: sereno, placido. || s. Quiete, calma. || cuetu comu l’ogghiu, per paragone di chicchessia o checchessia: cheto come l’olio.

Cufaneddu. s. m. dim. di còfanu: cofanetto.

Cuffaru. s. f. Facitore e venditore di sporte, bugnole: sportaio. || E di quelle gabbie (coffi) che servono a infrangere la sanza o altro.

Cuffatu. Nella frase: malu cuffatu, mal messo: sciamannato, mal in arnese (Fr. mal coiffé: mal pettinato, malmesso).

Cuffazza. s. f. accr. di coffa: sportona, bugnolone. || Per ingiuria a donna grossa, lenta: ciccantona. || dari la cuffazza, scacciar alcuno bruscamente.

Cuffetta. s. m. dim. di coffa: sportella, bugnoletta. [p. 250 modifica]

Cufficedda, Cuffitedda. s. f. dim. di coffa: sportellina, bugnolina. || Gabbiuzza (Pal. Voc. Met.). || cuffitedda ’n susu, cuffitedda ’n jusu, per esprimere un dire, un fare, un affaccendamento confuso. || cuffiteddi o ciancianeddi. T. bot. Pianta graminacea, ha fusto debole, cilindrico, lungo un piede, terminate da pannocchia, ha fin 7 calici grossi, lisci, screziati bianco e verde, pendenti, ciascuno composto da 5 a 7 fiori: briza, briza grandissima. Briza maxima L.

Cuffo. Voce straniera, arnese non dissimile della scufia V.

Cuffullaturi. V. furcuni di lu furnu (Scob.).

Cuffuluni (A. Modo avv. E vale sedendo sulle calcagna: coccoloni, a coccoloni. || stari tuttu lu jornu a cuffuluni, star ozioso: non cavar mai le mani da cintola, culattar le panche.

Cuffuni. accr. di coffa: sportona, bugnolone.

Cufi (Aviri li. Non potere andar ritto per malore de’ lombi (Vinci. Gr. κυφος: chino).

Cufinaru. s. m. Facitor di còfani: cofanajo.

Cufinazzu. s. m. pegg. di còfano.

Cufineddu. s. m. dim. di còfano: cofanetto. || Arnesino dove si fa far il nido agli uccelli domestici: cestina, cestolina.

Cufineri. s. m. Chi porta i corbelli dell’uva nella vendemmia: bajuolo (Mort.).

Cufinu. s. m. Vaso di figura conica col fondo piano e la bocca stretta, intessuto di vimini: corbello, cofano (A. V. ital. cofino). || – di pigghiari anciddi, giurani, ecc., strumento tessuto di vimini: mazzacchera. || Cestino da piccioni, polli o simili per trasportarli: corbaccio. || avirinni cu li coffi e cufini v. coffa. || Vaso di terra cotta, di grande concavità entro cui si fa il bucato: conca. E quello a doghe, cerchiato di ferro invece della conca: mastello, tinello. || – di lu pani, arnese ove si mette il pane: panattiera. || Cestino che si fa sopra l’agresto ancor in pianta, per conservarlo.

Cufularu. V. fucularu. || fari cufularu, far capannelle a sparlare di questo e di quello: far le gazzette, tener loggia.

Cufuneddu. V. cufineddu.

Cufuni. s. m. Specie di focolare portatile, fuori di legno e dentro di mattoni ad uso di braciere: caldano. || Per fucuni V.

Cufuruna e Bufuruna. V. tartuca di terra. || Una infermità del cavallo: testudine, talpa.

Cufuruni. Detto ad uomo per sim. delle testuggini: tardo, pigro, piè ciocci.

Cuggeru. V. cucchiara. Anche in qualche dialetto dell’alta Italia esiste questa voce.

Cugghiandreddu. s. m. T. bot. Pianta che ha gli steli giacenti, le foglie intere, ovali; fiori ascellari rossi, o azzurri: anagallide. Anagallis arvensis L.

Cugghiandru, Cugghiànnaru. s. m. T. bot. Pianta che ha lo stelo diritto, ramoso, liscio, le foglie bipennate, ineguali, le foglioline al basso della pianta larghe, strette a due divisioni lineari; i fiori bianchi un poco porporini. Il seme di esso conforta lo stomaco; e si fa entrare nel formaggio. Dai confettieri si confetta; e la sua essenza serve per rosolio: curiandro, curiandolo. Coriandrum sativum L. || Un’altra specie più piccola detta cugghiandru fitenti. Coriandrum testicolatum L.

Cugghìrisi. v. rifl. (di cògghiri V.): cogliersi.

Cugghitina. s. f. L’azione del raccogliere i frutti sia dall’albero che da terra: colta, coglitura, raccolta o ricolta. || Principio di tumore preternaturale ed infiammatorio contenente marcia: postemazione.

Cugghitura. V. cugghitina. coglitura. || f. di cugghituri V.

Cugghituri –tura –trici. verb. Chi, o che coglie coglie o raccoglie: coglitore –trice, raccoglitore –trice.

Cùgghiuna. s. f. Derisione, canzonatura: coglionella. || mettiri ’n cùgghiuna, beffare, canzonare: metter in coglionella.

Cugghiunarìa. s. f. Scimunitaggine: coglioneria. || Bagattella, cosa da nulla: coglioneria.

Cugghiunatòriu. add. Che mostra beffe, derisorio: beffeggiatorio.

Cugghiunazzu. s. m. Detto ad uomo imbecille e dapoco: coglionaccio (Voce d’uso).

Cugghiuneddu. add. dim. di cugghiuni: coglioncello. || Detto a garzone per ispregio: coglioncello. || aviri li cugghiunedda atturrati, esser in brio soverchiamente: esser in zurlo.

Cugghiuni. (pl. cugghiuna) s. m. Testicolo: coglione. || Uomo inetto, sciocco: coglione. || aviri li cugghiuna, fig. esser bravo, valente, astuto: aver i coglioni. || omu cu li cugghiuna o contracugghiuna o cu setti para di cugghiuna, esperto nella sua arte o valente e forte: uomo co’ coglioni. || vunciari li cugghiuna: seccare, infastidire. || siccacugghiuna, si dice ad uomo fastidioso, seccante: seccacoglioni.

Cugghiuniàbbili. add. Che si lascia coglionare.

Cugghiuniamentu. s. m. Il coglionare: canzonatura, coglionatura.

Cugghiuniari. v. a. Schernire, canzonare, burlare: coglionare. || Ingannare, accalappiare: giuntare, busbaccare. P. pass. cugghiuniatu: coglionato. || Giuntato.

Cugghiuniata. s. f. Burla, scherzo: coglionatura. || f. di cugghiuniaturi.

Cugghiunatedda. s.f. dim. di cugghiuniata: coglionatina.

Cugghiunatuna. s.f. accr. di cugghiuniata: gran coglionata.

Cugghiunatura. s.f. Burla, scherzo: coglionatura. || f. di cugghiunaturi.

Cugghiuniaturi –tura –trici. verb. Chi o che cogliona: coglionatore –trice. || Truffatore: busbacco, busbo.

Cugghiunìsimu. V. cùgghiuna.

Cugghiunìssimu. s. m. accr. di cugghiuni: gran coglione, scioccone.

Cugghiuniuni. s. m. V. cugghiunatuna. || Gravoso inganno che si cerca di far altrui: busbaccheria.

Cugghiunutu. add. Eccellente: soprabbuono, pottajone.

Cugghiuta. s. f. Il cogliere e le cose colte: colta, raccolta, presa. || fari ’na cugghiuta, molti arresti: far una retata.

Cugghiutedda. dim. di cugghiutu.

Cugghiutizzu. add. Ragunaticcio: raccogliticcio.

Cugghiutu. P. pass. di cogliere: colto. || Rattrappito, raggrinzato. E met. umile, deferente: dimesso.

Cugliànnaru. V. cugghiandru. [p. 251 modifica]

Cugliunarìa. V. cugghiunarìa.

Cugliuni. V. cugghiuni.

Cugliuniari. V. cugghiuniari.

Cugna. V. cugnu di munita.

Cugnari. v. a. Improntare le monete o medaglie di metallo: coniare. P. pass. cugnatu: coniato.

Cugnata. s. f. Moglie del fratello o del fratello del marito o della moglie, sorella della moglie o del marito: cognata. || Strumento da tagliar legno: scure, scura (Fr. cognée: scure).

Cugnatedda. s. f. dim. di cugnata: cognatina. || Scuricella.

Cugnateddu. s. m. dim. di cugnatu: cognatino.

Cugnatu. s. m. Marito della sorella o della sorella della moglie o del marito, fratello della moglie o del marito: cognato.

Cugnaturi. verb. m. Chi conia: coniatore. || Per sim. chi fabbrica o falsa qualche cosa, o inventa ciance: coniatore.

Cugnatuzzu –zza. s. dim. Cognatino –a.

Cugnettu, Cugniceddu. s. m. dim. di cugnu: conietto. || Aggiunto ad uomo basso, grosso, sproporzionato: caramogio, chionzo. || Piccolo barile dove si metton i pesci salati: bariletto.

Cugnilari. V. congelari.

Cugni-moddi. V. lattuchedda modda.

Cugnintura. s. f. Occasione, tempo e luogo comodo a operare: congiuntura. || aviri o truvari la cugnintura, trovar l’agio, l’occasione favorevole: trovar le congiunture. || aspittari la cugnintura, attendere l’occasione: aspettar la palla al balzo. || Prov. cu’ havi la cugnintura e nun si nni servi nun cc’è cunfissuri chi l’assolvi, conviene sempre tirar profitto delle favorevoli occasioni. || Lo imprendere a servire a prezzo in casa d’alcuno: impiego, allogazione. || aviri o accattari o vinniri pri (o di) cugnintura, comperare o vendere fuori del traffico, per avventura: comperare o vendere di scarriera o di bazza. || perdiri la cugnintura, perder la buona occasione: perdersi l’acconciatura o la lisciatura.

Cugninturedda. s. f. dim. di cugnintura.

Cugninturuna. s. f. accr. di cugnintura, favorevolissima.

Cugniteddu. V. cugnettu.

Cugnitteddu. s. m. dim. di cugnettu. || cugnitteddi, quaderlettino ripiegato diagonalmente in forma di triangolo che si cuce internamente nell’angolo dello sparato del petto della camicia: gheroncino, cuoricino (Car. Voc. Met.).

Cugnitturari. v. a. e intr. ass. Far opinione su cosa incerta od oscura: conghietturare.

Cugnizioni e derivati. V. cognizioni.

Cugnomu. s. m. Quel nome dopo il proprio, che è comune a tutta la discendenza: cognome.

Cugnottu. V. cugnettu. || nasu a cugnottu, in dentro, schiacciato: rincagnato.

Cugnu. (pl. cugni e cugna) s. m. Strumento tagliente da un capo e grosso dall’altro a piramide che percosso ha forza di penetrare e fendere: conio, cuneo, bietta. || Qualunque pezzo di ferro o legno sottile da una parte che serve a varî usi: bietta. || T. tip. Pezzo di legno tagliato a sbieco ad uso di conio che serve per aprire, serrare o stringere le forme: cacciatoja. || Prov. essiri cugnu di la stissa lignami, della medesima natura, carattere d’un altro e pigliasi in mala parte: essere della stessa cornatura, della medesima pannina, o d’un pelo e d’una buccia. || – di munita, quel ferro nel quale è intagliata la figura che si deve imprimere nella moneta: conio. || E dicesi anco: torsello e punzone. || La impronta stessa coniata nelle medaglie, monete: conio. || Per punzuni V. || mettiri cugna: incuneare, coniare. || T. sart. Ritaglio che si aggiunge per rinforzo in certi punti a loro lavoro, o per rattoppamento. || cugni di lu cerru, o di la cuttigghia, gheroni o pezzi triangolari coi quali s’allarga il busto in alto e in basso perchè si adatti con garbo alla vita: chiave. (Car. Voc. Met.) || Pezzetti di legno in forma di prisma che pongonsi sui sedili contro ciascun lato della botte per impedire ad essa il rotolare: zeppe. || (Gior. la Sicilia, n. 14) Mento in fuori: bazza. || a cugnu, a foggia di conio: a conio. || nun essiri drittu di cugnu, met. non essere, non parer semplice: non esser un’oca. || trasiricci pri cugnu, entrar in checchessia senza ragione o titol alcuno: entrarci come Pilato nel credo o come S. Buco in cielo (Sp. cugno).

Cugnugari. V. cognugari.

Cugnùnciri. V. cognùnciri.

Cugnuntura. V. cugnintura.

Cui. pron. relativo di persona, equivale a colui o colei che, il quale o la quale; coloro che, i quali o le quali: chi, cui (cui non mai al nominativo). || Per chiunque, chicchessia: chi. || Preceduto da’ segnacasi, vale: di chi, a chi, da chi, con chi, per chi, verso chi. E di cui, a cui, da cui, con cui, ecc. p. e. non seppe a cui l’avea dato (Fanf.). Da cui nascesse (Guerrazzi). || Talvolta ha forza di: se alcuno. || Interrog. cu’ si? chi sei? || Usasi in senso dubitativo: chi mai? || In senso distributivo; cu’ va, cu’ veni: chi va, chi viene. || cu’ cridi e cu’ nun cridi, espressione che mostra i dispareri nella società: chi crede e chi non crede.

Cuincidenza. V. coincidenza.

Cuirami. V. curiami.

Cuiraru. s. m. Colui che concia e vende il cuojo: cojajo, cojaro, cuojajo.

Cuirazzu. s. m. pegg. di cuojo: cojaccio.

Cuirazzuneddu. s. m. dim. di cuirazzuni: pellicina.

Cuirazzuni. V. peddi.

Cuirettu. s. m. Spezie di casacca o giubbone di cuojo che veste il petto e la schiena: cojetto. || T. art. Pezzetto di cuojo per qualsivoglia uso: cojetto. || Piccola pelle d’animale concia: pellicina.

Cuitàbbili. add. Che agevolmente si queta, si calma.

Cuitari. v. a. Fermar il moto: quietare. || Calmare: acchetare. || rifl. Quetarsi. || Cessare dal ruzzo, o dal rumore, o rappacificarsi: chetarsi. P. pres. cuitanti: quietante, chetante. P. pass. cuitatu: quetato, chetato.

Cuitativu. add. Atto a quietare: quietativo.

Cuitatu. add. Da cuitari, quietato, rappacificato: quietato.

Cuiteddu. add. Alquanto cheto, fermo, che non fa rumore, che tace: chetino, chetuccio.

Cuitìsimu. V. quietismu.

Cuitissimamenti. avv. sup. Molto quietamente, quietissimamente. [p. 252 modifica]

Cuitìssimu. add. sup. di cuetu: quetissimo, quietissimo, tranquillissimo.

Cuitista. V. quietista.

Cuititùtini. s. f. Riposo, quiete: chetezza, quietitudine, quietudine.

Cuitizza. s. f. Quiete: quietezza, chetezza.

Cuituliddu. V. cuiteddu.

Cuituni. add. accr. di cuetu: quietissimo, chetissimo, chetone, mansuetissimo.

Cuitùtini. V. cuititùtini.

Cujetu. V. cuetu.

Cujitari. V. cuitari.

Culabbrodu. s. m. Arnese da colare: colabrodo.

Culamentu. s. m. Il colare: colamento.

Culari. v. a. Il far passare la cosa liquida in panno, o in altro, onde n’esca sì sottilmente, che venga netta, e purificata delle fecce che avea in sè: colare, sgocciolare. || In sign. intr. vale gocciolare: colare. || Detto dei ceri accesi vale: struggersi. || cularisi è lo stesso che: bagnarsi, immollarsi, infradiciare, il che accade più spesso per pioggia, che per altro accidente. || Per còliri V. P. pres. culanti: colante. P. pass. culatu: colato. || Immollato, fradicio.

Cularìa. s. f. Azione da bravaccio: bravata, ironicamente.

Cularinu. s. m. La estremità dell’intestino retto, ed è quella parte per dove si manda fuori lo sterco: ano. E se per debilezza, o altra infermità vien fuori dal suo sito, come suole avvenire ai fanciulli non sani, chiamasi: ano rilassato. || met. nesciri lu cularinu, vale affaticarsi eccessivamente: durar molta fatica: ed usasi anche riuscendo bene la impresa. || fari nesciri lu cularinu a qualcunu, vale costringerlo a far qualche pesante servigio contro sua voglia, o pure ridurlo al dovere se deviato, o ritrarne suo malgrado ciò che ci deve, e con pretesti crede di non satisfare. || E per la pancia degli uccelli stantii ingrossata pel cadere degli intestini: culaja.

Cularrussa. s. f. Fico d’India.

Culasarsa. s. m. Spezie di colabrodo con fori più piccoli: passatojo.

Culata. s. f. Acqua, o altra materia liquida come lisciva, o cenerata colata a traverso d’altra cosa: colato, colatura. || Ranno. || Per colpo di culo: culata. || fari culata, lavar la tolda del bastimento.

Culatina. s. f. Il colare: colamento.

Culatizzu. s. m. Mezzo immollato. || L’umor colato: colaticcio.

Culatu. add. Da culari: colato. || Per distillato: colato, scolato. || Per bagnato, asperso di acqua, o di altro liquore: molle, umidiccio, fradicio.

Culatura. s. f. L’atto del colare, e la materia colata: colatura. || Nel pl. culaturi ass. vale vino distillato per sacco V. manica.

Culaturi. s. m. Strumento per il quale si cola: colatojo. || Per il vaso comunemente di terra cotta forato da basso pieno di cenere, per cui si passa l’acqua diventando ranno: colatojo. || culaturi di pasta, di virdura, ecc., vaso bucherato, nel quale si mette la pasta bollita, la insalata, o altro per iscuotersi dall’acqua: relicino, scotitojo, colino. || Panno che copre i panni sudici che sono nella conca del bucato sopra cui si versa la cenerata: ceneracciolo.

Culavrodu. V. culabbrodu.

Culazioni. s. f. Il parcamente cibarsi fuori del desinare, e della cena: colezione, colazione. || fari culazioni di matina, mangiar la mattina innanzi desinare: asciolvere. E il primo pasto che fanno i contadini allora che lavorano al campo, si appella: beruzzo. || Per cena. || Appellasi presso noi anche culazioni il parcamente cibarsi la sera chi osserva il digiuno di precetto, avendo pranzato al mezzodì com’è l’uso: e questo, che in tutto non può eccedere i due terzi di una libbra, e dee consistere in cibi di magro, esclusi i latticinii, chiamasi: refezione. || culazioni altresì intendesi un donativo di un buon cartoccio, o cestella di dolci, che si largisce a ciascun dei membri di una congrega, o confraternità, dopo le pubbliche raunanze per andar attorno processionalmente in certe solennità dell’anno: mancia, ricreazione. || E per quei dolciumi che dispensansi ai fanciulli nella solennità del santo Natale; ed anche ai servi, domestici, e familiari del maggior numero delle case nobili e civili: ceppo. || Per metafora culazioni può significare più cose disparate: come una quantità determinata di lavoro da compirsi in un dato tempo: ironic. un dispiacere, una disgrazia, una perdita, un disconforto improvviso: e da ultimo una sconoscenza, ingratitudine, o altro torto inaspettato: ed anche una minaccia di busse, o effettivo carpiccio al manco da parte di chi ne abbia dritto per correzione.

Culaziunata. s. f. Lo stesso che culazioni nel primo e secondo senso: cibamento, cibazione, colezione. Ma comunemente così suol dirsi quando una brigata va a diporto a sollazzarsi in allegrezza: manicamento, gozzoviglia, stravizzo.

Culaziunedda. dim. di colazione in tutti i significati: colazioncella.

Culaziununa. accr. Parola con cui si aggrandisce, magnifica, ed esalta una colezione, una gozzoviglia di una raunata stravizzante.

Culazzata. s. f. Percossa nel culo in cadendo, o colpo di culo dato a posta a qualche porta, o altrove per far forza: culata, culattata, sculacciata. || – di scupetta, percossa data col calcio dell’archibuso: calcio.

Culazzu. accr. e pegg. di culu: culaccio. || Per la parte infima, o deretana di molte cose: culatta, codazza. || Per il piede dell’archibuso, o altra arme simile: calcio. || Por il fondo della canna di ogni bocca da fuoco: culatta. || E per li maestri fontanieri la parte del doccione di creta, ch’è più larga, onde congiungersi alla parte più sottile dell’altro, che appellano bucchinu. || – di cannila: mòccolo (Sp. culazzo).

Culazzunazzu. pegg. di culazzuni in tutti i significati.

Culazzuneddu. s. m. dim. di culazzuni in tutti i significati. || fig. Giovanetto soro, e di poca esperienza: fraschetta, garzonastro, fraschettino.

Culazzuni. s. m. La parte ultima bassa della camicia, che ai fanciulli pende fuor de’ calzoni, o brache, il di cui fondo non è del tutto cucito: lembo, falda. || E da qui per ischerno si dice ad uomo, o giovine leggiero e di poco giudizio: fraschetta, pippionaccio, lavaceci.

Culè. s. m. Certo arnese usato a guisa di [p. 253 modifica]cuscinetto imbottito di bambagia, o altro, che alcune donne scarne usano sotto le vesti nella parte del posteriore tanto per occultare la loro magrezza, quanto per serrar bene gli abiti alla vita: guardanfante, guardinfante.

Culera. V. colera.

Culettu. V. culè.

Culèricu. V. colèricu.

Culerina. V. colerina.

Culiàrisi. v. a. rifl. Dimenar il culo camminando: culeggiare, sculettare.

Culiddu. dim. di culu: culetto, culino.

Culignu. add. Voce scherzevole, aggiunto a naso, che da lungi apprende gli odori e i fetori.

Culiri. V. còliri.

Culiseu. s. m. Propr. nome dell’anfiteatro di Roma: culiseo, colosseo. || ant. Qualunque anfiteatro: coliseo. || E detto assolutamente in ischerzo, o per modestia: culo.

Cullana. s. f. Catena d’oro, di gioie, o altra materia nobile, che si porta al collo per ornamento: collana, monile, vezzo.

Cullanedda. dim. di cullana: collanetta, collanuccia, collanuzza.

Cullanuna. accr. di cullana: collanone.

Cullega. s. m. Compagno nel magistrato, e nell’uffizio: collega. || Comunemente si prende ancora per chi abbia le stesse circostanze, o qualità, o avventure di un altro.

Culleggiu. s. m. Congregazione, e adunanza di uomini di autorità, e di governo: collegio. || culleggiu di studii, luogo dove sono le scuole: ginnasio. Ed anche luogo dove si tengono in educazione i giovanetti: seminario, convitto. || colleggiu di medici, riunione di medici in un determinato luogo per discorrer insieme, e risolvere: assemblea di medici. E volgarmente intendesi di quei che formano il magistrato dei professori dell’arte salutare, e presedono nei licei, ancorchè non uniti: membri del Collegio medico. || culleggiu, generalmente intendesi casa dei gesuiti, o di altra famiglia religiosa: collegio. || culleggiu di Maria, casa di donne conviventi sotto una regola, e con abito monastico, circoscritte da clausura; l’istituto delle quali consiste in ammaestrare donzelle, che i genitori vogliono loro affidare con pagarne gli alimenti, e di più instruire, senza mercede, le figliolette, che cotidianamente nelle ore di scuole vi concorrono, così ne’ riti cristiani, come nei femminili lavori: collegio di Maria. || picciottu di culleggiu, dicesi a ragazzotto scempiato che pretende passare per saputello; ed è voce di spregio: farfanicchio.

Cullericamenti. avv. Con collera, adiratamente: collericamente.

Cullèricu. add. Adiroso, stizzoso: collerico. || Presso i medici è aggiunto di colui ch’è di una costituzione biliosa.

Culletta. s. f. Accoglimento, raccolta: colletta. || Per raccolta di limosine: colletta. || Per aggravio, imposizione: colletta. || E per una orazione, che il sacerdote per alcuni bisogni aggiugne alle altre orazioni della messa, o per ordine del prelato, o per sua volontà: colletta.

Cullettu. s. m. Striscia di tela che fa da collo alla camicia, ma staccata: collino, colletto, solino.

Culligàrisi. V. colleàrisi.

Culliggiali. s. m. Allievo, o convittore di un collegio: collegiale. || In forza di add. appartenente a collegio.

Culliggialmenti. avv. In collegio, unitamente, e talvolta col consenso di tutto il collegio: collegialmente.

Culliggiata. s. f. Chiesa, che ha collegio, o capitolo di canonici: collegiata. || add. Aggiunto di chiesa: colleggiata.

Culligginu. Aggiunto che anticamente davasi dal volgo ai gesuiti perchè dimoranti nei collegi. E da lì di molte cose, che si osservavano a coppia, potendo star separate, dicevasi: a dui a dui comu li patri culliggini: a pajo, a coppia. Oggi si dice a persona o cosa da collegio.

Culliggista. V. culliggiali.

Cullina. V. collina.

Cullinetta. V. collinetta.

Cullittina. s. f. Supplizio per decapitare: ghighiottina, guillottina, guigliottina (Fr. guillottine).

Cullittinari. v. a. Decapitare colla ghigliottina: ghigliottinare.

Cullitturi. V. colletturi.

Culloquiu. V. colloquiu.

Cullucari. V. collocari.

Culmali. V. cucucciu.

Culmareddu. s. m. La più alta parte dei tetti, che piovono da più di una banda: comignolo, cima, vetta, sommità. E può dirsi di ogni altra estremità di altezza, che non è di tetto: apice, punta.

Culmari. V. ’ncucucciari e suprajinchiri.

Culmatura, Culmu. s. f. e m. Grado massimo di checchessia, così in bene, che in male: colmo, apice. || Il pieno che ribocca: colmo.

Culmu. add. Vale soprappieno, straboccante, pieno a soprabbondanza: colmo. || misura culma, vale riboccante, ed è in uso presso noi per alcuni cereali ignobili, per i legumi, ed altre solide derrate, che misuransi col moggio, o con lo stajo, a differenza della misura rasa, che vale spianata, pareggiata, levato via il colmo con la rasiera, come pel grano, ed altre biade di valore: misura colma, contrario di misura rasa.

Culoccia. s. f. T. zool. Uccello di rapina, di natura media tra le aquile, e gli avvoltoi, è indigeno del Brasile, e colà ha il nome di urataurana; i nostri ornitologi lo dicono: arpia. Aquila coronata Buff.

Culònicu. add. Attenente a lavoro di campi: colonario. || Di colonia: colonico.

Culonna. s. f. Sostegno ed ornamento di pietra o d’altro: colonna. || met. Appoggio, aiuto: colonna. || Una quantità di soldati in certa ordinanza: colonna mobile o sedentaria, secondo che va o sta. || Per capitale. || Per abbastu V. || Qualunque lavoro o parte di esso di figura cilindrica: colonna, colonnello. || T. agr. Provvigione di sementi, vittuaglie, foraggi ecc. || Le coscie umane: colonne. || T. tip. Pezzo di ferro con ispacco per aprire e serrare i galletti: chiavarda. || Una delle parti per lungo in cui suol essere divisa una scrittura: colonna. || T. mar. Alcuni canapi legati alla cima dell’albero: colonne. || T. fis. Macchina a modo di [p. 254 modifica]colonna composta per solito di molte piastre una sull’altra: colonna voltiana o pila del Volta. || Tutta la serie delle vertebre che compongono la spina del tronco: colonna. || Quantità di materia fluida: colonna. || culonni di lu tilaru, i quattro legni verticali che formano le quattro cantonate del telaio: brancali, panconi. || Grande cilindro di marmo su cui i legatori battono col martello le mani de’ fogli: pietra. || Specie di colonna o altro simile sostegno, che sorge verticale nella direzione dell’asse della scala a chiocciola: anima (Car. Voc. Met.). || essiri fraccu di culonni, aver poco vigore: star male in gambe. || stari fermu comu ’na culonna, star fermo senza mettersi per cosa che possa sentirsi od aversi: star sodo o forte, o saldo al macchione; star in petto e in persona.

Culossu. s. m. Statua grandissima: colosso. || fig. Di uomo straordinariamente grande: colosso.

Culostra. s. f. T. med. Il primo latte dopo il parto, anche il latte d’una femmina incinta: colostro, colostra.

Culòvria. s. f. T. zool. Anfibio che ha scudi al ventre e squama alla coda; ve ne sono 97 specie: colubro. || passari la culòvria, met.: gastigare, bastonare, nel senso di correggere.

Culpiri e derivati. V. curpiri.

Cultivàbbili. T. agr. Che può essere coltivato: coltivabile.

Cultivamentu. s. m. L’atto del coltivare: coltivamento.

Cultivari. v. a. Fare o far fare que’ lavori che rendano la terra fruttifera: coltivare. || fig. Aver in pregio, far gran conto: coltivare. || Detto di chiese, esercitarvi il culto: coltivare. || – ’na pirsuna o ’n’amicizia, conservarla con buoni ufficii e gentile scambievolezza. || – un’arti, ’na scienza, studiarvi: coltivare un’arte, una scienza.

Cultivateddu. dim. di cultivatu.

Cultivatu. add. Da cultivari, in tutti i sensi: coltivato. || s. Luogo coltivato: coltivato, colto.

Cultivaturi –trici. verb. Che coltiva: coltivatore –trice.

Cultivazioni. s. f. Il coltivare: coltivazione. || Per venerazione: coltivazione.

Cultu. s. m. Tributo di onore e di venerazione: culto.

Cultu. add. Coltivato: colto. || Addottrinato, erudito, gentile: colto.

Cultura. s. f. Coltivazione: cultura, coltivatura. || Erudizione, gentilezza, civiltà: cultura.

Culu. s. m. Quella parte posteriore del corpo sul quale si siede: culo. || Per sim. fondo di checchessia, come sacco, fiasco, ecc.: culo. || trimari lu culu o jiri lu culu trìnguli mìnguli, aver eccessiva paura: far il cul lappe lappe. || aviri o tèniri ’ntra lu culu, avere noia, non istimare: aver in culo. || aviri lu frugareddu ’n culu, premere altrui moltissimo un affare: aver il fuoco al cuore. Può significare ancora non potere star fermo: aver l’argento vivo addosso. || dari cu la facci ’n culu, o vasaricci lu culu, met. rimanere scaduto o defraudato delle sue speranze: trovarsi o rimanere col culo in mano. Più non poter nuocere a taluno perchè potente. O doversi suo malgrado ritrarre da un impegno. O uniformarsi alle avversità. Rinunziare malvolentieri a una pretesa. || – di limosina, chi dà troppo, e anche del non suo. || cosi di culu V. in cosa. || a ssu culu scippi anciddi! li voi grossi o minutiddi? modo basso e che giustamente schernisce gli avari. || sustu o rumpimentu o rusicu di culu, fastidio grave. || manciamentu di culu, fig. capriccio indiscreto: ruzzo. || pesta di culu, affanno: pesantezza. || nun essiri culu pri un pannizzu, fig. smodata incontentabilità in ogni cosa. || jinchiri a unu pri vucca e pri ’n culu. V. ’nfurgiri. || stari ’n culu di ’n autru, dipendere da lui: esser soggetto. || liccari lu culu ad unu, volerglisi far ligio, e suddito, piaggiare: ugnere gli stivali. || pilu di culu, voce di spregio: zoccolo, bietolone. || cosi fatti cu lu culu, strapazzatamente: abborracciate. || a facci ’n culu, posto avv. V. suttasupra. || la cammisa nun ci tocca lu culu, di chi per soverchia allegrezza quasi non cape in sè: la camicia non gli tocca il culo. || lu culu cci arrobba la cammisa, si dice ad un avarone, che ad ogni movimento altrui credesi rubato. || tuccari lu culu a la cicala, dar occasione a quanche cicalone o a chi ha qualche interesse, che più non la rifinisca: grattar il corpo alla cicala. || cu lu culu a ponti, chinato a guisa di quadrupede: carpone. || tutti così nesciri pri lu so culu, modo basso per rimproverar uno smoderato ghiottone. || jiri la vucca com’un culu di gadduzzu, chi mormora e pispiglia sovente e con certa affettazione. || jirisinni cu la manu a lu culu, partirsene vinto, avvilito. || cugghirisi lu culu cu ’na cinga, fuggirsi precipitevolmente: non istare a dire al cul: vienne. || chi cci trasi lu culu cu lu ciascu d’acitu? per rimbeccare a chi dice cose disparatissime. || sbattitilla o ficcatilla ’n culu, voce sporca di rimbrotto a chi ci dà o parla di qualcosa che ci dispiaccia. || si mustrati lu culu a li foddi tuttu l’annu ci l’aviti a mustrari, a certa gente non bisogna condiscendere facilmente. || – di truscia, a chi l’abbia pingue: culo che par una badìa. E di tutta una persona grossa: parer un carnevale. || menzu culu, voce d’ingiuria a giovane sconsigliato, ineducato, mafioso: bardassone, giovinastro, lavaceci, scarzagatti. || vecchiu ’n culu, parola avvilitiva di vecchio: malardito. || nasciri cu lu culu a la dritta, si dice a quelli che sono sempre fortunati: esser della costola d’Adamo. || stujarisinni lu culu d’una cosa, non farne conto alcuno: farne l’uso dovuto. || va stùjati lu culu cu l’ardicula, così si rimprovera un presuntuoso. || manciaricci o vugghiricci lu culu ad unu, essere stranamente e sovente capriccioso, bizzarro: ruzzare in briglia. || – di biccheri, il grasso del fondo: culo di bicchiero. || – di citrolu, la parte estrema dov’è il picciuolo del citriuolo; e met. il testicolo. || – biancu V. cuda bianca, || – d’asinu o di cavaddu, specie di zoofita: culo d’asino o di cavallo. || – giallu, specie d’uccello forestiero: cul giallo. || – russu, altro uccello forestiero: cul rosso. || pigghiari a batti culu, disprezzare: incacare, rincacare. || – di causi V. funnu. || – di ficudinnia, fari lu culu russu ad unu, batterlo, punirlo: far altrui il culo rosso. || dari [p. 255 modifica]lu culu, met. Far per forza una cosa. || pigghialla ’n culu, andar male, morire, riuscirgli male un’impresa: dar del culo in un cavicchio. || – apertu, troppo avventuroso particolarmente in giuoco: bucone, strabucone. || cularrussi. Fichi d’India la cui estremità è rossa e sono acidi nel mangiarsi. || dari lu culu a la balata. V. in balata. || pigghiari a batti-culu, pigliare alcuno pe’ piedi e per le braccia, e percuoterlo: culattare. || vutari lu culu ad unu, dicesi di quell’atto che si fa altrui per dispregio: mostrare il culo. || aviri pri culu un tirritoriu, avere un sedere estremamente grande: avere il culo che pare un vicinato o una badia. || cci fa lu culu jabucu jabucu, dicesi nella provincia di Catania di chi ha molta paura: far ad uno le gambe giacomo giacomo o far il cul lappe lappe. || cci feti lu culu di dêtti, dicesi di chi è indebitato fino ai capelli: aver la camicia sucida. || tinirisi lu culu cu tutti dui manu, fig., aver grandissima paura: aver una vecchia paura. || cu’ avi lu culu cacatu sempri si scanta, fig. chi è in colpa sempre teme un castigo: chi è in difetto è in sospetto; chi ha la coda di paglia, ha sempre paura che il fuoco non l’arda. || cu avi lu culu cacatu si la facissi di pedi, chi è in peccato scampi fuggendo: chi ha spago, aggomitoli. || nun rispunniri nè cu la vucca nè cu lu culu, non rispondere in verun modo a chicchessia: non far nè motto nè totto. || stari comu la gatta cu lu culu arsu, fig.: star con apprensione, temere: andare, stare in paura. || li carcagni cci toccanu lu culu, dicesi di chi fugge a più non posso; in modo basso: non istà a dire al cul vienne. || aviri lu sfrazzu ’n culu e la rugna ’ntra li natichi, esser superbo senza averne ragione. || nun è culu pr’un pannizzu, frase detta di chi è incontentabile in ogni cosa. || nun cc’è culu ca lu po’ cuntintari lo stesso della frase precedente: è il pozzo di S. Patrizio. || aviri lu vermi ’n culu, essere inquietissimo: avere il diavolo tra la pelle. || manciaricci lu culu dicesi de’ bambini che soffrono di vermi; e fig. avere il ruzzo d’una cosa. || avi ancora la scorcia a lu culu V. la frase cci fèti la vucca di latti. || aviri tant’anni supra lu culu V. aviri tant’anni supra li spaddi.

Cululuchira (Scob.) V. cannilicchia di picuraru.

Culumbrè. s. m. T. mar. Parte degli alberi che ne hanno un soprapporto compresa fra le crocette di gabbia e la testa di moro: colombiera (Zan. Voc. Met.).

Culumbrina. s. f. Artiglieria più lunga e sottile de’ cannoni ordinari: colubrina. || Personaggio di teatro, corrispondente all’amorosa o servetta ma ridevole. || pàriri una culumbrina: parere una sor rosetta.

Culumbrinazza. accr. di culumbrina: colubrinetta.

Culumbrinuna. V. culumbrinazza.

Culumma. V. palumma e derivati.

Culummaru. V. palummaru.

Culumminu. add. Di colombo: colombino.

Culuniali. V. coloniali.

Culunnatu. s. m. Quantità ed ordine di colonne: colonnato. || Certi scudi su cui v’eran delle colonne: colonnato.

Culunnedda. s. m. dim. di culonna: colonnella, colonnetta. || culunneddi di la cassita, due assi ficcate nelle due estremità del coperchio della cassa del telaio: staggi della cassa.

Culunnellu. s. m. Titolo di grado militare che comanda un reggimento di soldati: colonnello. || fem. culunnella, la moglie.

Culunnetta. s. f. dim. di colonna: colonnetta. || T. agr. Parte che serve di centro comune ai diafragmi de’ pericarpi: colonnella. || culunnetti di la vutti: contromezzane (An. Cat.). || Grossi legni rotondi piantati verticalmente di distanza in distanza nelle stalle, a cui sono affidate le une estremità de’ battifianchi: colonnini. || Per commudinu V. || V. rinaliera.

Culurari. v. a. Dar colore: colorare.

Culuraru. (pl. culurari e culurara). s. m. Venditor di colori.

Culuratu. add. Tinto di colore: colorato. || Di panno, drappo, carta nè bianca nè nera: colorato.

Culurazzu. s. m. Cattivo colore: coloraccio.

Culuredda. V. culuricchia.

Culureddu. s. m. dim. di culuri: coloretto, colorino.

Culurera. s. f. Scatola che contiene varî pezzi di colori.

Culuri. (pl. culuri e culura) s. m. Impressione che la luce riflessa dalla superficie de’ corpi fa sopra l’occhio: colore. || Ingrediente che s’adopera per tingere o dipingere: colore. || – naturali, quelli di terre o pietre che s’adoperano tali quali senz’altra preparazione. || – annavaratu, – ’ntussicatu: abbacinato, appannato. || a culuri, o di culuri, detto assolutamente vale nè bianco nè nero ma di qualunque colore: di colore, fazzoletto, veste di colore. || d’unu, dui, tri culuri: d’uno, due colori o bicolore, tre colori o tricolore. || di tanti o diversi culuri: di tanti o diversi colori o versicolorato. || essiri tutti d’un culuri, essere della stessa pasta, cogli stessi vizî o altro: d’un pelo e di una buccia. Trovarsi nel medesimo impaccio: esser nella stessa gogna. || a vintitrì uri semu tutti d’un culuri, prov. che allude allo stato in cui trovasi chi ha mangiato a sufficienza, poco montando la squisitezza, purchè sia l’abbondanza. || – finu, quello particolarmente dei tessuti che non si altera sì facilmente: colore fino. || – fausu, è il contrario. || – a sucu d’ervi, quello estratto da’ vegetabili verdi, senza cottura o altro processo. || veniri o turnari in culuri, dicesi di ciò che riprende l’apparenza perduta. || perdiri o canciari lu culuri, detto di persona, divenir pallido per infermità: smortire. || a culuri di lu scrupulu, per celia, cosa abbuiata per imbratto o per vetustà. || a culuri di lu diavulu quannu curri, per celia, brutto colore ma indeterminato. || veniri o turnari ad unu lu culuri, riprender il perduto colore di pelle, la vivezza, ecc.: rinvermigliare, rinverzire met. || pigghiari culuri, delle cose che mano mano acquistano forma e perfezione. || farisi o addivintari la facci di milli culuri, esprime l’agitazione, il timore di chi si trova sorpreso o al cospetto di chi può gastigarlo dei [p. 256 modifica]falli: diventar di mille colori. ||Per apparenza, aspetto: colore. || Per finzione, scusa, pretesto: colore. Onde, sutta culuri di...: sotto colore di... || Ornamento di discorso: colore. || Il partito politico di chicchessia: colore. || – sfattu, del color degli itterici: color impolmonito. || – di l’arca di Nuè, come l’iride: color iridato.

Culuricchia. dim. di còlura: colleruzza.

Culuricchiu. V. culureddu.

Culuriri. v. a. Dar colore: colorire, colorare. || Usar artifizi per coonestare: colorire. || Pigliar pretesti e scuse: aonestare. || Ornare, rassettare con diligenza: raffazzonare.

Culurista. s. m. T. pitt. Che conosce ed usa bene il colore: colorista (Ad alcuni non piace questa voce).

Culuritu. s. m. Colore della carnagione: colorito. || T. pitt. Maniera di colorire: quella perfezione di ottima pittura, da cui nasce il rilievo, la vaghezza e la somiglianza al vero: colorito.

Culuritu. add. Da culuriri: colorito. || Dicesi di uomo rosso in viso: colorito. Sup. culuritissimu: coloritissimo.

Culurituri. verb. Che colorisce: coloritore –trice.

Culuruna. s. f. accr. di còlura: gran collera.

Culussali. add. Di colosso, simile a colosso, grande, gigantesco, o s’usa anco di cose morali: colossale.

Cumandari. V. cumannari.

Cumandu. V. cumannu.

Cumanna-Cumanna. s. m. Bacchetta magica con cui fingevasi poter aver ogni cosa; anco in Lombardia dicono: comanda-comanda. || lu zù cumanna-cumanna, si dice a chi sente sproporzionatamente di sè, e crede potere imporre. || fari lu cumanna-cumanna, comandar con alterigia: spadroneggiare.

Cumannamentu. s. m. Il comandare: comandamento. || pl. – di Diu, i dieci precetti che Mose comandò: comandamenti di Dio. || bannu e cumannamentu, editto della pubblica autorità o di chi ha dritto d’imporre. || fari cumannamentu di l’arma, termine del volgo attribuito a Dio e pronunziasi allorquando uno è per morire. || E per dare la sentenza di morte ai rei: far comandamento dell’anima. || officiali di cumannamentu, che agisce per ordine altrui. || ordini e cumannamentu, espressione solenne nel riferir un comando altrui; s’usa anco ironic.

Cumannanti. add. e s. Che comanda: comandante. || Dignità militare: comandante.

Cumannari. v. a. Imporre altrui che si faccia un proprio volere: comandare. || Avere o arrogarsi signoria: comandare, signoreggiare. || – li festi, far da padrone per tutto: donneggiare. || – a bacchetta, con autorità e indiscretezza: comandar a bacchetta. || – un vascellu, – un riggimentu ecc., averne il comando, esserne capo: comandare un vascello, un reggimento. || Prov. sapi sulu cumannari cu’ sapi fari chiddu chi cumanna, o nun sapi beni cumannari cu’ nun sapi beni fari, per apprezzare, compatire e conoscere il servizio bisogna che sappia ciò che costa o come si faccia: chi non sa fare non sa comandare. || cumannati cosa? modo ironico per dire: ci avete che dire? || cu’ cumanna havi a dari cchiù cuntu, ha più risponsabilità. || – li festi, far da padrone: spadroneggiare. || cumanna e vacci tu, chi vuol faccia da sè. P. pass. cumannatu: comandato.

Cumannativu. add. Che induce obbligo: comandativo.

Cumànnitu. V. cumannu.

Cumannu. s. m. Comandamento e la cosa comandata: comando (A. V. ital. comanno, Dante da Majano). || Voce con cui si ordinan i movimenti al soldato: comando, voce di comando. || bonu o malu cumannu, amorevolezza o bestialezza dei padroni in ordinare buon o cattivo garbo. || T. mar. Una sottile cordicella, che serve a fasciare le manovre e ad altri usi: comando (Zan. Voc. Met.). || aviri a cumannu o a lu cumannu mio, tuo una cosa, averla pronta da poterla usare a volontà: aver a comando o al comando mio, tuo ecc. una cosa. || stari a cumannu d’unu, pronto ai suoi comandi, a sua posta: stare a comando di uno. || dari cumannu, comandare. Onde la frase mafiosa, cci haviti a dari o cacciari cumanni: ci avete che dire? || fari li cumanni di unu. obbedirgli, e si dice anche per complimento: far il comandamento di checchessia. || pigghiarisi li cumanni d’unu, farsi dar l’ordine o altro da eseguire: pigliar detta da alcuno.

Cumarca. s. f. Contrada, luogo o paese abitato: contorno, vicinanza. || fig. Compagnia o di ragazzi o giovinastri o anco uomini per far chiasso: brigata, combriccola (Sp. comarca: distretto d’una città).

Cumbaciamentu. s. m. Il combaciare: combaciamento.

Cumbaciari. v. intr. Essere congiunta per bene e in tutto cosa con cosa: combaciare. P. pres. cumbacianti: combaciante. P. pass. cumbaciatu: combaciato.

Cumbàita. V. cubbàita.

Cumblottu. V. cumplottu.

Cumbrìccula, Cumbricula. s. f. Compagnia o conversazione di gente poco buona, che consulti cose non buone: combriccola, confrediglia.

Cumbustibbili. add. Atto a potersi bruciare: combustibile.

Cumbustibbilità. s. f. T. chim. Proprietà d’un corpo di potersi combinare co’ sostegni della combustione e segnatamente con l’ossigeno, sviluppando per lo più luce e calorico: combustibilità.

Cumeddia, Cumedia. s. f. Composizione divisa in atti e in iscene in cui si rappresentano le umane azioni buone o cattive per correggerle o commendarle: commedia. || essiri ’na cumedia, si dice d’un fatto ridicolo e stravagante: esser una commedia. || Per stidda: aquilone V.

Cumeta. V. cometa.

Cumidianti. s. m. Colui che recita in commedia: commediante.

Cumidiazza. s. f. pegg. di cumedia: commediaccia.

Cumidiedda, Cumidietta, Cumidicchia. s. f. dim. di cumedia: commedina, commedietta.

Cumidiola. s. f. dim. e vilif. di cumedia: commediola.

Cumidiuna. s. f. accr. di cumedia, molto piacevole e con grande apparato: commedione.

Cumidiuzza. s. f. vezz. di cumedia: commediuccia. [p. 257 modifica]

Cuminciari. V. accuminzari.

Cuminicari. V. cumunicari.

Cuminzari. V. accuminzari.

Cumitanza. V. cumitiva. || Per comodità.

Cumitatu o Cummitatu. s. m. Comitiva: comitato. || Certo numero di scelte persone alle quali s’affida più o meno autorità secondo lo scopo: comitato.

Cumitazza. pegg. di cometa: cometaccia.

Cumitedda. dim. di cometa.

Cumitinu. cu lu to cumitinu ironic. Con tutto tuo agio.

Cumitiva. s. f. Compagnia, gente che accompagna per far corte: comitiva. || Numero di persone unite o con mire buone o cattive, o per semplice sollazzo: brigata, crocchio.

Cummaranza, Cummarànzia. s. f. L’esser comare.

Cummaredda. dim. di cummari: comarina.

Cummari. s. f. Donna che tiene a battesimo o a cresima; e dicesi altresì rispetto a chi tiene a battesimo o a cresima, la madre del battezzato o cresimato: comare. || Si dice volendo chiamare una donnuccia di cui non sappiamo il nome: oh quella donna! || Vale anche: levatrice. || cummari cu lu dò senza nninni, su’ cauli cappucci senza carni; prima i denari e poi la superbia: prima ricco e poi borioso. || essiri cumpari e cummari, e mi capiti, essere in dimestichezza più che ordinaria colla donna di cui si è tenuto al fonte il figliuolo: essere compare alla romanesca. || la cunfidenza di li cummari, dicesi di que’ segreti che tutti si dicono all’orecchio, e che tutto il mondo sa: il segreto delle sette comari.

Cummaricchia. V. cummaredda.

Cummariggiu. s. m. Lo stato di chi è comare V. cognazioni al § 2º.

Cummaruzza. s. f. vezz. di cummari: comaruccia, comarozza. || E per vezzo si dice alle fanciulline del popolo di cui non sappiamo il nome: buona donna, quella donna.

Cummattenti. add. Che combatte: combattente.

Cummattìbbili. add. Facile a combattersi: combattibile.

Cummattimentu. s. m. Il combattere: combattimento. || met. Travaglio, ambascia, cura assidua. || Una maniera di fuochi artificiali che raffigurino un combattimento.

Cummàttiri. v. a. Assaltare, oppugnare il nemico o respingere l’assalto: combattere. || Agitare, travagliare, tempestare: combattere. || Contrastare, contendere, gareggiare: combattere. || Detto di cose esser in opposizione per circostanze fisiche: contrastare. || Dimenare, batter una cosa con l’altra: combattere. || Persuadere, indurre, costringer alcuno a fare o non fare: tirar dalla sua. || Attendere, badare a... || Sforzarsi, impegnarsi a tutta possa, non lasciar nulla d’intentato: penare, affacchinarsi, combattere, esser dietro a... || – di pettu a pettu: combatter corpo a corpo. || cummattiri, in senso mistico, aver la mente perturbata da dubbî, esser travagliato da scrupoli: armeggiare, travagliarsi. || Prov. amici siamu e li vurzi si cummattanu, dove c’entra interesse di denaro, malgrado l’amicizia, bisogna pareggiarlo. ||Aver che fare con uno; onde scrisse Dante nell’Inferno canto V: che con amore alfine (Achille) combatteo. Onde; nun putiri cummattiri cchiù cu unu, aver perduto ogni forza onde metterlo a segno. || Adoperarsi a lavorare, a curare una cosa. || Per lavorare. || fari cummattiri la fidi cristiana, dare o far durare grandissima fatica. P. pass. cummattutu: combattuto. || Affacchinato. || Lavorato ecc.

Cummàttitu. s. m. Lo aver a che fare con persone, sgraziate, tediose o che bisognan di cure; ovvero esser vessato d’altre noie, taccoli: fastidio, vessazione, molestia.

Cummeddia, Cummedia. V. cumedia.

Cummegna. s. f. Convenzione per una data determinazione: accordo, convenio. || essiri di cummegna, concorrere coll’altrui opinione: convenire. || nèsciri di cummegna o scummegna, ritrarsi da un accordo: disconsentire. || di cummegna, d’accordo: di convenio.

Cummemuràbbili e derivati. V. commemoràbbili.

Cummèniri. V. cunvinìri.

Cummèniu. V. cummegna.

Cummenna e derivati. V. cummenda.

Cummensali. V. commensali.

Cummentaturi. V. commentaturi.

Cummentu. V. cunventu. V. commentu.

Cummerciu. s. m. Il trafficare e trattare insieme fra uomini e popoli; il traffico stesso, e il trattare nella società civile: commercio. || Compagnia, congiunzione: commercio.

Cummèttiri. v. a. Dar il carico di fare: commettere. || Raccomandare, dar in custodia: commettere. || Dar altrui una cosa, o chiedergli un favore con fidanza che l’altro ’l faccia: commettersi, fidarsi. || Fare, operare, ma sempre in mala parte: commettere.

Cummìa. s. f. Lenza del salasso: fascia.

Cummigghiamentu. s. m. Il coprire: coprimento.

Cummigghiari. v. a. Porre una cosa sopra l’altra che la occulti o difenda: coprire. || Il congiungersi de’ bruti: coprire, copularsi. || lu chiffari cci cummogghia l’occhi, di chi è grandemente affaccendato: immerso negli affari. E di chi anche non sa cavarsi di mano una faccenda (Credo corrotto dall’italiano: convogliare).

Cummigghiata, Cummigghiatina. s. f. Il coprire: coperta, coprimento (V. participiu). || dari ’na cummigghiata: dar una coperta.

Cummigghiatu. add. Da cummigghiari: coperto. || met. Oscuro, simulato: coperto. || parrari cummigghiatu, in modo che non tutti debbano intendere: velato, circospetto. || Può similmente dirsi del parlare oscuro, sotto metafora, e con termini di convenzione: gergo, furbesco, furfantino.

Cummigghiatura. s. f. L’azione del coprire: copertura. || met. Pretesto, scusa: copertura. || Congiungimento de’ bruti: copertura.

Cummigghiaturi. verb. m. Che copre: copritore.

Cummigghieddu. V. cummugghieddu.

Cummigliari. V. cummigghiari.

Cumminàbbili. add. Che si può combinare: combinabile.

Cumminari. v. a. Metter insieme e confrontare, coordinare più cose insieme con l’immaginazione o in effetto: combinare. || Inventare astuzie e ritrovati per giunture o difendersi ecc.: [p. 258 modifica]trappolare. || rifl. pass. Concorrere più circostanze accidentali a partorir un effetto per lo più inaspettato: combinarsi, avvenire. || Per aggiustarsi, accordarsi. || Acconciarsi, porsi a stare con alcuno: conciarsi. P. pass. cumminatu: combinato. || Artificiato.

Cumminaturi –trici. verb. Chi combina: combinatore –trice.

Cumminazioni. s. f. Il combinare o combinarsi in tutti i significati: combinazione. || T. chim. Unione di più corpi per formarne altro omogeneo: combinazione.

Cumminienza. V. cunvinienza.

Cumminsali. V. commensali.

Cummintari. V. commentari.

Cummirciàbbili. add. Che può essere commerciato: commerciabile.

Cummirciali. add. Appartenente a commercio: commerciale.

Cummircianti. add. Chi esercita commercio: commerciante.

Cummirciari. v. intr. Esercitar commercio: commerciare. || Tener reciproche relazioni e trattare in società: commerciare.

Cummirsari e derivati. V. conversari.

Cummissàriu e derivati. V. commissariu.

Cummissioni e derivati. V. commissioni.

Cummissu. V. commissu.

Cummissura. s. f. La maniera con che una cosa è commessa, incastratura: commessura. || Maestrevole unione de’ pezzi di un lavoro in legno o altro, che non lascino voto: commettitura.

Cummitari e derivati. V. cunvitari.

Cummitiva. V. cumitiva.

Cummogghiu. s. m. Quello con che alcuna cosa si copre: coperchio. Se è di tessuto o simile: coperta, velame. || – di lu nicissariu o di la cascetta, lapidina o altro con cui si tura il buco del cesso o del pitale: carello, cariello. || fari lu cummogghiu, aiutar a fare, esser complice: tener di mano, tener il sacco a uno.

Cummossu. add. Da cummòviri: commosso. || Agitato, mosso: commosso.

Cummovimentu. s. m. L’atto del commovere: commovimento.

Cummòviri. v. a. Muovere ma più interamente l’altrui affetto o volontà: commuovere. || Levar a tumulto: commuovere, scommuovere. P. pres. cummuventi: commovente. P. pass. cummossu e cummuvutu: commosso.

Cummudinu. V. commudinu.

Cummudista. V. commudista.

Cummuditati. V. commudità.

Cummugghiari. V. A. V. cummigghiari.

Cummugghieddu. s. m. dim. di cummogghiu: coperchino.

Cummuta. s. f. Scambiamento: commuta.

Cummutamentu. s. m. L’atto del commutare: commutamento.

Cummutari. v. a. Mutare cosa con altra: commutare. P. pres. cummutanti: commutante. P. pass. cummutatu: commutato.

Cummutativu. add. Atto a commutare: aggiunto a spezie di giustizia: commutativo.

Cummutazioni. s. f. L’azione del commutare: commutazione.

Cummuventi. V. in cummòviri.

Cummuvimentu. V. cummovimentu.

Cummuvituri – trici. verb. Chi o che commove: commovitore trice.

Cummuzioni. s. f. L’azione del commovere: commozione.

Cummuziunedda. s. f. dim. di cummuzioni: commozioncella.

Cumò. V. cantaranu (Fr. commode).

Cumpagginari. v. a. Concatenare, tener in compagine: compaginare. || V. impaginari. P. pass. cumpagginatu: compaginato.

Cumpaggini. s. f. Concatenamento, congiunzione delle parti d’un corpo: compagine.

Cumpagneddu. s. m. dim. di cumpagnu: compagnetto.

Cumpagnia. s. f. Adunanza di persone per conversare insieme o per altro passatempo: compagnia. || Lo accompagnare: compagnia. || Unione, lega: compagnia. || Congregazione di fedeli e il luogo ove si riuniscono per cose spirituali: compagnia. || Comunanza d’interessati in alcun negozio: compagnia. || Certo determinato numero di soldati sotto un capitano: compagnia. || – di latri, moltitudine di essi: ladronaja. || – d’armi, determinato numero di gente d’armi per la pubblica sicurezza. || – di teatru, il corpo degli attori che per contratto stanno insieme a lavorare: compagnia, così pure di musica, di prosa, e così – di cavalli: compagnia equestre ecc. ecc. || cammara di cumpagnia, quella destinata a tenervi conversazioni: camera di conversazione. || carrozza di cumpagnia, carrozza capace di più persone: omnibus. || in cumpagnia, posto avv., insieme: in compagnia. || Conversazione: compagnia. || fari cumpagnia ad unu, accompagnarlo, stare con esso lui in conversazione: fare o tener compagnia ad alcuno. || Prov. la cumpagnia porta l’omu a la furca: le cattive compagnie conducono l’uomo alla forca.

Cumpagnu. s. m. Quegli che accompagna, o fa compagnia: compagno. || Marito: compagno e f. compagna, moglie. || Chi prezzolato viaggia con alcuno, ed assiste alla di lui difesa: cagnotto, bravo. || – di lu fusu: fusajuolo. || – d’armi, soldato della compagnia d’arme: compagno d’arme. || mali cumpagni, i pervertitori del buon costume: gente di scarriera. || Onde si dice li mali cumpagni portanu a la ruina: le cattive compagnie conducon l’uomo alla forca. || cumpagnu, per denominazione amorevole, che è in grazia di alcuno: favorito. || Detto di animali o di cose vale il simile o l’uguale a modo di aggettivo: compagno. || cumpagnu nun leva parti, il pigliar un compagno nel traffico non iscema l’utile: compagno non toglie parte. || cu’ havi cumpagnu, havi patruni, in compagnia non si è più liberi di sè: chi ha compagno ha padrone. || nun vuliri ad unu mancu pri cumpagnu di prucissioni, non volergli stare insieme, non volergli aver che fare: non voler alcuno al giuoco de’ nòccioli, o non far con alcuno al giuoco dei nòccioli. || pri cumpagnu unni vuliti, fora di la tavula, si dice ad un gran manciatore: compagno in tutto, fuorchè al tagliere. || fari ad ajuta cumpagnu: far a giova giova. || fari ad arrobba cumpagnu, rubarsi vicendevolmente: accoccarsela.

Cumpagnuni. s. m. accr. di cumpagnu: [p. 259 modifica]compagnone. ||Uomo grande e quasi fuor di misura: compagnone. || Uomo gioviale o buontempone: compagnone. V. in bagascia il prov.

Cumpagnuzzu. s. m. dim. di cumpagnu: compagnuzzo.

Cumpanaggeddu. s. m. dim. di cumpanaggiu: camangiaretto.

Cumpanaggiàrisi. V. cumpaniggiàrisi.

Cumpanaggiu. s. m. Si dice di tutte le cose che si mangiano col pane: companaggio, camangiare, companàtico. || fig. Giunta, ma di cose spiacevoli.

Cumpanaggiuni. s. m. accr. di cumpanaggiu.

Cumpanàticu. V. cumpanaggiu.

Cumpaniggiàrisi. intr. pass. Usare moderazione, risparmio in checchessia: risparmiarsi, sparagnarsi una cosa, limarla. || Non isprecare nello spendere: spender a rilento.

Cumparàbbili. add. Da comparare: comparabile.

Cumparaggiu, Cumparanza. V. cumparatu.

Cumparari. v. a. Paragonare, confrontare: comparare. || rifl. Appareggiarsi, mettersi a confronto: compararsi. P. pass. cumparatu: comparato.

Cumparativamenti. avv. Rispettivamente: comparativamente.

Cumparativu. add. Che si compara: comparativo. || È anche aggiunto di nome, che indica alcun eccesso di diminuzione o di accrescimento al positivo: comparativo.

Cumparatu. s. m. L’esser compare: comparàtico. || add. Da cumparari: comparato.

Cumparazioni. s. f. Il comparare: comparazione. || Per sim. V. paritati. || T. gramm. Qualità di comparativo: comparazione. || a cumparazioni, posto avv., vale a fronte, a paragone: a comparazione. || senza cumparazioni, oltremodo, a dismisura: senza comparazione, oltre ogni credere. || mettiri in o fari cumparazioni: comparar una cosa con un’altra.

Cumparaziunedda. s. f. dim. di cumparazioni: comparazioncina, comparazioncella (Tomm. D.).

Cumpareddu. s. m. dim. di cumpari: comparino. || E nell’uso è un vezz. per chiamar un ragazzo di cui non si sappia il nome.

Cumparenza. s. f. Il comparire: comparenza. || Per semplice veduta esteriore: apparenza. || Mostramento di una cosa per un’altra: finzione.

Cumpari. s. m. Quegli che tiene altrui a battesimo o a cresima, il padre del battezzato o cresimato rispetto a chi tien a battesimo o cresima: compare. || Usasi come per denominazione affettuosa e familiare: compare. || Così diciamo per chiamare persona di bassa condizione di cui non sappiamo il nome: compare, o quello uomo. || Prov. murìu lu figghiozzu, nun semu cchiù cumpari, che s’usa anco al fig.; mancato l’oggetto per cui si era insieme si rompono gli obblighi: morta la vacca, disfatta la soccita. || farisi cumpari o cumpari e cummari, acquistar intima dimestichezza. || truvari lu cumpari, fig. trovar un complice: trovar chi tenga mano o di mano. || fari lu cumpari di la mula, lagnarsi di non ottener checchessia, senza però averla domandata: far come la botta che non chiese e non ebbe coda.

Cumpariggiu. V. cumparatu.

Cumpàriri, Cumparìri. v. intr. Farsi vedere, far mostra si sè: comparire. || T. leg. Appresentarsi avanti il magistrato: comparire. || stu travagghiu mi cumparisci, mi riesce fatto presto, mi cresce come fra mano: questo lavoro mi comparisce. || aspettu unu, o una cosa e nun la viju cumpariri, cioè non vedo venire nessuno, non ricevo per anco la cosa: aspetto uno o una cosa e non la veggo ancora. || ’nta dda casa cci accumpari, quando per superstizione si crede che in quella casa vi siano spiriti o che: in quella casa ci si sente. P. pass. cumparutu e cumparsu: comparito e comparso.

Cumpariscenza. V. cumparenza.

Cumparsa. s. f. Il comparire: comparsa. || Arrivo, venuta: comparsa. || Mostra, appariscenza: comparsa. || cosi di cumparsa, vesti, abbigliamenti ecc. da non usarsi tutti i giorni, ma le feste o giorni di solennità. || fari bona o mala cumparsa, far buona o trista figura; se per cose da mangiare o bere: fare o non far comparita. || T. leg. Il comparire in giudizio: comparsa. || Nelle comedie diconsi quelle persone mute che servono alla scena: comparsa. || mettiri in cumparsa, metter in mostra, far opinare: mettere in comparsa. || ognunu voli fari la so’ cumparsa: ogni gatto vuol il suo sonaglio.

Cumparsedda. s. f. dim. di cumparsa.

Cumparsuna. accr. di cumparsa.

Cumparticipari. v. intr. Partecipar insieme: compartecipare. P. pres. cumparticipanti: compartecipante. P. pass. cumparticipatu: compartecipato.

Cumpartìcipi. add. Insiem partecipe: compartecipe.

Cumpartimentu. s. m. Il compartire: compartimento.

Cumpàrtiri. v. a. Dividere fra le parti: compartire. || Dare, concedere, comunicare: compartire. P. pass. cumpartutu: compartito.

Cumpartitura. s. f. Il compartire: compartitura.

Cumpartituri. verb. m. Chi comparte: compartitore.

Cumparuzzu. V. cumpareddu.

Cumpascuu. Aggiunto di campo per pastura, a cui han dritto molti: compascuo.

Cumpassari. V. cumpassiari. || Misurar a passi di corda.

Cumpasseddu. s. m. dim. di cumpassu: compassetto (parmi d’uso), sestine.

Cumpassiari. v. a. Misurar con compasso: compassare. || met. Valutar quasi per misura di compasso: compassare. || Diligentemente esaminare, considerare: ponderare. || T. mar. – la carta: puntare la carta. P. pass. cumpassiatu: compassato.

Cumpassiata. s. f. L’azione del compassare: compassata (V. participiu).

Cumpassioni. s. f. Dolore dell’altrui dolore, quasi patire con chi patisce: compassione.

Cumpassiunamentu. s. m. Il compassionare: compassionamento.

Cumpassiunari. v. a. Aver compassione: compassionare. P. pres. cumpassiunanti: compassionante. P. pass. cumpassiunatu: compassionato.

Cumpassiunatu. add. Da cumpassiunari: compassionato. || Prov. megghiu essiri invidiati ca [p. 260 modifica]cumpassiunati: meglio essere invidiati che compatiti, meglio godere tuttochè invidiati, anzichè patire benchè compatiti.

Cumpassiunèvuli. add. Degno di compassione; e che sente compassione: compassionevole. Sup. cumpassiunevulissimu: compassionevolissimo.

Cumpassiunevulmenti. avv. In modo compassionevole: compassionevolmente.

Cumpassivu. add. Che sente in atto, o facilmente prova compassione: compassivo.

Cumpassottu. s. m. Mezzano compasso.

Cumpassu. s. m. Strumento geometrico noto, che serve a misurare e a descrivere circoli: compasso, sesta. || misurari tutti cu lu so’ cumpassu o cu la so’ menza canna v. canna. || mittirisi cu lu chiummu e lu cumpassu, fig. usar cautela, accorgimento in qualsiasi operazione, andar consideratamente: andar col calzar del piombo. || In mala parte si dice per accusar alcuno di troppa lentezza. || T. pett. Specie di sega simile al gattuccio, con cui si segan i denti falsi del pettine: guidetto. || cumpassu o cumpassi, fig., gambe, e spesso s’intende delle lunghe. Onde; allargari lu cumpassu, andar presto e a lunghi passi: menar le seste, andar a tutte gambe. || parrari cu lu cumpassu, con cautela, avvedutamente: parlar con le seste.

Cumpatenza. V. cumpatimentu.

Cumpatibbili. add. Degno di compatimento: compatibile. || Accoppiabile, unibile, che può stare insieme con altra cosa: compatibile.

Cumpatibbilità. s. f. Qualità di cose, che non si escludono scambievolmente, che possono star insieme: compatibilità.

Cumpatibbilmenti. avv. In modo compatibile: compatibilmente.

Cumpatimentu. s. m. Indulgenza a’ difetti o errori: compatimento. || Compassione.

Cumpatiri. v. intr. Aver dolore dell’altrui dolore, quasi patire insieme: compatire. || Aver indulgenza a’ difetti o errori: compatire. || Celare le pecche e i difetti altrui: dissimularli. P. pass. cumpatutu: compatito.

Cumpatriota, Cumpatriotu. s. m. Della stessa patria: compatriotto, compatriotta.

Cumpatronu. s. m. Difenditore prescelto tra que’ giuristi, che per lo innanzi avessero esercitata magistratura.

Cumpatruni. s. m. Padrone insieme: compadrono.

Cumpattari. v. a. Pareggiare: confrontare, riscontrare. || intr. Tornar bene al riscontro: calzare, rinvergare. P. pass. cumpattatu: confrontato. || Rinvergato.

Cumpattu. V. compattu.

Cumpatutu. V. in cumpatiri.

Cumpendiari. V. compendiari e derivati.

Cumpenetrari. v. a. e intr. Penetrare, ma ha più forza: compenetrare. P. pass. cumpenetratu: compenetrato.

Cumpenetrazioni. s. f. Il compenetrare o compenetrarsi: compenetrazione.

Cumpensa, Cumpensu. s. f. e m. Contrapponimento del debito, e del credito, fra loro; e per sim. d’altre cose: compensazione, compensagione. || Rimedio, riparo: compenso.

Cumpètiri. v. intr. Appartenere, toccare, competere. || Esser conveniente: competere. || Disputare, tenzonare: competere. || Concorrere ad una dignità: competere.

Cumpetituri –trici. verb. Chi compete, nel 3º o 4º signif.: competitore –trice.

Cumpetri. Di cui v’è esempio ne’ Canti popolari siciliani del Vigo V. cumpètiri.

Cumpiacenti. add. Che compiace, gentile, cortese: compiacente.

Cumpiacenza. s. f. Gusto e diletto che si prende d’una cosa: compiacenza. || Favore, desiderio di piacere altrui: compiacenza. || Adulazione: compiacenza.

Cumpiacimentu. s. m. Il compiacere: compiacimento.

Cumpiàciri. v. intr. ass. Far il piacere altrui: compiacère. || rifl. Prender piacere in una cosa: compiacersi. || Degnarsi, cedere alle brame altrui: compiacersi. P. pass. cumpiaciutu: compiaciuto.

Cumpiànciri. v. a. Esprimere dolore dell’altrui male: compiàgnere, compiàngere. P. pass. cumpiantu: compianto.

Cumpiegari. V. complicari.

Cumpieta. s. m. e f. L’ultima delle ore canoniche: compieta. || Tempo in cui essa si recita, e i rintocchi della campana che l’annunziano: compieta.

Cumpilamentu. V. cumpilazioni.

Cumpilari. v. a. Comporre, distendere, ma raccogliendo la materia di qua e di là; ed è termine degli scrittori: compilare. || Ordinare, unire cose trovate ne’ libri: compilare. || – lu prucessu, raccorre e metter insieme le offese e le prove di un reato o che. P. pass. cumpilatu: compilato.

Cumpilatura. s. f. Compilazione: compilatura.

Cumpilaturi. verb. Chi compila: compilatore.

Cumpilazioni. s. f. Il compilare: compilazione. || La cosa compilata: compilazione.

Cumpimentu. s. m. Il compire, finimento: compimento.

Cumpinsàbbili. add. Da potersi compensare: compensabile.

Cumpinsamentu. s. m. L’atto del compensare: compensamento.

Cumpinsari. v. a. e intr. Dar l’equivalente contracambio: compensare. || Ragguagliare, render pari l’una cosa con altra: compensare. P. pass. cumpinsatu: compensato.

Cumpinsaturi –trici. verb. Chi o che compensa: compensatore –trice.

Cumpinsazioni. V. cumpensa.

Cumpiri. v. a. Finire del tutto: compire, compiere.

Cumpitamenti. avv. In modo compiuto: compitamente, compiutamente. || Civilmente: compitamente.

Cumpitenti. add. Convenevole, conveniente: competente. || Detto di judici, che ha convenevole e necessaria giurisdizione: giudice competente. || Cosa che di diritto spetti ad alcuno: pertinente. Sup. cumpitentissmu: competentissimo.

Cumpitentimenti. avv. In modo competente: competentemente. || Con discrezione, in modo da contentarsene: competentemente.

Cumpitenza, Cumpitènzia. s. f. Il competere: competenza. || Diritto, spettanza: competenza. || La qualità di chi è competente: competenza V. [p. 261 modifica]cumpitenti. || Gara nel chiedere una dignità o altro: competenza. || Disputa, lite, controversia: competenza.

Cumpitissimamenti. avv. sup. di cumpitamenti: compitissimamente.

Cumpitituri –trici. verb. Che compete: competitore –trice. || Colui che aspira, che pretende: pretensore.

Cumpitizza. s. f. Cortesia, creanza: compitezza. || Compimento, interezza: compitezza.

Cumpitu. add. Da cumpiri: compito. || Detto ad uomo che nel suo tratto non lasci nulla a desiderare: compito. Sup. cumpitissimu: compitissimo.

Cumpituni. accr. di compito.

Cumplessu. V. complessu.

Cumplimentari. Far atti di ossequio, complimenti: complimentare, complire. || Far presenti, o regali: regalare. || Regalare a chi ha reso qualche servigio: dar mancia. P. pass. cumplimentatu: complimentato. || Regalato.

Cumplimentu. s. m. Atto di riverenza e di ossequio: complimento. || senza cumplimenti o senza tanti cumplimenti, posto avv., operare o parlare schiettamente: a non far complimenti. || pagari o riciviri a cumplimentu, non rimaner altro debito o credito: dare o esigere a complimento. || Dono, presente: regalo.

Cumplimintari. V. cumplimentari.

Cumplimintuni. accr. di complimento. || Regalone.

Cumplimintusu. add. Che fa molti complimenti: complimentoso.

Cumplimintuzzu. dim. di complimento. || Regaluzzo.

Cumpliri. v. intr. Far complimenti: complire. || Adempiere a un obbligo, ad una promessa: osservare, sdebitarsi. P. pass. cumplitu: complito.

Cumplissioni. s. f. Qualità, disposizione esterna delle cose, stato del corpo: complessione. || Costume, modo di pensare o di condursi: andamento, portamento.

Cumplissiunatu. add. Che ha complessione; aggiunto alla voce beni vale robusto, e alla voce mali, vale delicato: bene o male complessionato.

Cumplissiunazza. pegg. di cumplissioni, si suole accompagnare colla parola brutta o làira.

Cumplitari. V. completari.

Cumplottu. s. m. V. cunciura.

Cumpluttari. V. cunciurari.

Cumpòniri. V. compòniri e derivati.

Cumprari. V. comprari e derivati.

Cumprènniri. v. a. Intendere e più specialmente la natura delle idee, mentre l’altro riguarda il significato delle parole: comprendere. || Unire, metter insieme: comprendere. || Occupare, circondare: comprendere. || Contenere, computare con sè: comprendere.

Cumpressioni. s. f. Il comprimere: compressione.

Cumprìmiri. v. a. Pigiare, premere insieme o con forza, raffrenare: comprimere. || met. Obbligare, soggettare, affogare ogni risorsa: comprimere. P. pres. cumprimenti:comprimente. P. pass. cumprimutu o cumpressu: compresso.

Cumprinnìbbili. add. Che si può comprendere: comprendibile.

Cumprinnimentu. s. m. L’atto del comprendere: comprensione. || Giro, circuito: comprendimento, compreso, s.

Cumprinnituri –trici. verb. Chi o che comprende: comprenditore –trice.

Cumprinsìbbili. add. Che può comprendersi: comprensibile.

Cumprinsibbilità. s. f. Capacità e possibilità ad essere compreso: comprensibilità.

Cumprinsioni. s. f. Il comprendere: comprensione.

Cumprinsiva. s. f. La facoltà del comprendere: comprensiva.

Cumprinsivamenti. avv. In modo comprensivo: comprensivamente.

Cumprinsivu. add. Che comprende sotto di sè più cose: comprensivo.

Cumprisu. add. Da cumprènniri: compreso. || s. m. Contenuto, circuito: compreso. || Vicinanza: vicinato.

Cumprubari. v. a. Riscontrare, paragonare e più si dice di uno scritto con un altro: confrontare. P. pass. cumprubatu: confrontato.

Cumprumèttiri. v. a. Rimettere le sue differenze in altrui: compromettere. || Obbligar altrui la sua fede: promettere. || Dar sicurtà per altrui: mallevare. || Esporre ad evidente pericolo: compromettere. || cumprumittìrisi d’unu, modo avv., dar la sua fede che altri consentirà o farà: a rifare del mio; assicurarsi di poterlo onninamente dísporre a voglia: promettersi d’uno.

Cumprumisa. s. f. Il compromettere: promessa.

Cumprumissàriu. s. m. Quegli a cui si compromette un negozio: compromessario.

Cumprumissioni. s. f. Promessa: promessione. || Voto di recar qualche donuzzolo ad alcun santo: promessa.

Cumprumissòriu. add. T. leg. Di compromesso: compromissorio.

Cumprumissu, Cumprumisu. add. Da cumprumèttiri: compromesso. || Promesso. || s. m. Il compromettere: compromesso. || mettiri in cumprumisu, metter a rischio: mettere o tenere il suo in compromesso.

Cumprupriità. V. cumprupriitati.

Cumprupriitariu. s. m. Insieme in proprietà: comproprietario.

Cumprupriitati. s. f. Proprietà insieme: comproprietà.

Cumpruvamentu. s. m. L’atto del comprovare: comprovamento.

Cumpruvari. v. a. Mostrar la verità d’un fatto con prove: comprovare. P. pass. cumpruvatu: comprovato.

Cumpruvazioni. s. f. Il comprovare: comprovazione.

Cumpùciri. V. compùnciri e derivati.

Cumpunenna. s. f. L’obbligar uno a dar danaro con minacce se nol dà o che ricorra alla legge: composizione, ricatto. || Ciò che si ricava da tale truffa minatoria: malatolta (Da comporre, quasi componenda cioè da comporsi, convenirsi).

Cumpunenti. V. componenti.

Cumpunìbbili. add. Che si può comporre.

Cumpunimentu. s. m. La cosa composta: componimento. || Ogni sorta di scritto, o disposizione di pitture, ecc. d’invenzione: componimento. || Modestia e aggiustatezza di abito e di costumi: componimento. || Opera artifiziosa, macchinazione: componimento.

Cumpunìrisi. V. in compòniri.

Cumpunituri. V. composituri.

Cumpuntiva. V. compuntiva. [p. 262 modifica]

Cumpuntivu. add. Atto a compungere: compuntivo.

Cumpuntu. add. Da cumpunciri: compunto.

Cumpunutu. V. compostu. || Detto di chi si tiene troppo su di sè, con orgoglio ed alterigia: sicumera, tronfio. Quasi volesse dire composto orgogliosamente V. impunutu.

Cumpunzioni. V. compunzioni.

Cumpurtabbili. add. Che può comportarsi: comportabile. || Confacevole, conveniente: comportabile. Sup. cumpurtabbilissimu: comportabilissimo.

Cumpurtabilmenti. avv. In modo comportabile: comportabilmente.

Cumpurtamentu. s. m. Il comportare: comportamento. || Il comportarsi: comportamento.

Cumpurtari. v. a. Tollerare, o sopportare: comportare. || Permettere, concedere: comportare. || Aver forza, capacità: comportare. || rifl. Procedere, condursi: comportarsi. P. pass. cumpurtatu: comportato.

Cumpusituri. V. composituri.

Cumpusizioni. V. composizioni e derivati.

Cumpustera. s. f. Vaso ove si tengono le frutta in composta o i guazzetti. || E quell’arnese di cristallo a trionfo di varie fogge ove si pongono i dolci per la mensa o altro: porta-dolci.

Cumpustizza. V. compostizza.

Cumputari. V. computari e derivati.

Cumulari. v. a. Ammassare, raccogliere: cumulare. P. pass. cumulatu: cumulato.

Cumulatamenti. avv. Pienamente: cumulatamente.

Cumulativamenti. T. leg. In modo cumulativo: cumulativamente.

Cumulativu. add. Atto a cumulare: cumulativo.

Cumulaturi. verb. m. Chi o che cumula: cumulatore.

Cumulazioni. s. f. Il cumulare: cumulazione. || T. leg. Aumento di prove.

Cumulettu. s. m. dim. di cumulu: cumoletto (parmi d’uso).

Cùmulu. s. m. Ammassamento: cumolo.

Cumunali. V. comunali.

Cumunanza. s. f. Comunità: comunanza. (nel qual senso in ital. è voce antiquata). || Accomunamento: comunanza.

Cumuneri. s. m. Officio ch’esercitasi da’ Beneficiali della Metropolitana di Palermo, per associare i cadaveri de’ loro confini e conservar i libri mortuari dei confini suddetti.

Cumuni. V. comuni.

Cumunìa. V. comuni. || Il partecipare con altri alla stessa distribuzione, per solito de’ corpi morali.

Cumunicàbbili. add. Da comunicarsi o potersi comunicare: comunicabile. || Affabile, conversativo: comunicabile. Sup. cumunicabbilissimu: comunicabilissimo.

Cumunicabbilità. s. f. Agevolezza a comunicare: comunicabilità.

Cumunicamentu. s. m. Comunicazione: comunicamento.

Cumunicari. v. a. Far comune qualche cosa con altri, e divenir partecipe o entrare a parte di qualche cosa: comunicare. || Praticare, conversare: comunicare. || Detto di strade: mettere, rispondere, riuscire. || T. eccl. Somministrare il sacramento dell’Eucaristia: comunicare. || T. fis. Dicesi dei corpi che si toccano insieme o possono parteciparsi certe loro proprietà: comunicare. || rifl. Ricevere il sagramento eucaristico: comunicarsi. || Prov. doppu chi è mortu lu cumunicamu, del riparare quando non vi è più tempo: i consigli dopo il fatto son vento da gonfiar otri. P. pres. cumunicanti: comunicante. P. pass. cumunicatu: comunicato.

Cumunicativa. s. f. Facilità di spiegarsi, di farsi intendere: comunicativa.

Cumunicativu. add. Atto a farsi comune: comunicativo.

Cumunicaturi. verb. m. Chi o che comunica: comunicatore.

Cumunicazioni. s. f. Il comunicare: comunicazione. || Il mezzo per cui due cose possono riunirsi e compartecipare la loro qualità: comunicazione. || Azione del comunicare o dell’accomunare: comunicazione. || Atto del comunicarsi: comunicazione, comunione. || Il far noto altrui checchessia: comunicazione; e la cosa comunicata.

Cumunichinu. s. m. Il luogo nelle chiese dei monasteri, da dove si amministra l’eucaristia.

Cumunimenti. V. comunementi.

Cumunioni. s. f. Partecipazione: comunione. || Sagramento eucaristico, e l’atto del riceverlo: comunione. || Unione di molte persone in una medesima fede: comunione.

Cumunissimamenti. V. comunissimamenti.

Cumunista. V. comunista.

Cumunità, Cumunitati. V. comunità.

Cumunitativu. add. Appartenente a comunità: comunitativo.

Cun. V. cu e con.

Cunatu. s. m. Sforzo: conato.

Cuncatinàbbili. add. Che si può concatenare.

Cuncatinari. V. concatenari e derivati.

Cuncavitati. V. concavità.

Cuncavuluni. V. concavuluni.

Cuncèdiri. v. a. Accordare più assolutamente e in senso più vasto: concedere. || Somministrare, accomodare: concedere. || Acconsentire, condiscendere, menar buono: concedere. || rifl. Rendersi vinto: concedere. P. pres. cuncidenti: concedente. P. pass. cuncidutu e cuncessu: conceduto e concesso.

Cuncedu. V. congedu.

Concegnu. V. cuncignamentu. || Strumento ingegnoso, ordigno: ingegno.

Cuncenzia. V. cuscenza.

Cuncertu. s. m. Accordo, appuntamento, ordine: concerto. || Maniera artifiziosa di situar le cose che facciano un bel vedere: simmetria. || Consonanza di voci o suoni: concerto. || di cuncertu, posto avv., d’accordo: di concerto.

Cuncessu. V. in cuncèdiri.

Cuncettu. s. m. La cosa immaginata o trovata dal nostro intelletto: concetto. || Motto arguto e ben pensato: concetto. || Nome, riputazione; unito a bonu o malu: buono o cattivo concetto. || essiri o aviri ’n cuncettu, aver in istima: essere o avere in concetto. || pigghiari cuncettu ad unu, perdiri lu cuncettu, aver in opinione, perdergli l’opinione. || add. da cuncipiri: concetto. [p. 263 modifica]

Cunchïari. V. scausari.

Cunchicedda. s. f. dim. di conca: conchetta, còncola.

Cunchigghia. V. cròcchiula.

Cunchìgghiu. V. giunchigghiu.

Cunchimi. s. m. Seme di animale: sperma.

Cùnchiri. v. intr. Il pervenir vicino a maturità delle biade, frutta ecc.: ammezzare (z dolce) (corrotto da compiere).

Cunchitedda. V. cunchicedda.

Cunchiùdiri. V. conchiùdiri e derivati.

Cunchiutu. add. Da cùnchiri: ammezzato, mezzo. || Per soffice. || Per convalescente.

Cuncïari. v. a. Sporcare, intridere di sterco o altro: imbrattare, imbrodolare. || Prov. cu’ tocca la pici si cuncïa, non esser facile riuscir senza offesa chi vuol porre le mani a cose pericolose. || rifl. Lordarsi di cacca: cacarsi. P. pass. cuncïatu: imbrattato (Sarà forse l’ironia di conciare, o deriva da concime).

Cuncïatura. s. f. Ogni sorta d’imbrattamento: imbrattatura. || Segnatamente la crosta lattea: lattime.

Cuncidari. v. a. Dar congedo, commiato: congedare.

Cuncidatu. add. Da cuncidari: congedato. || s. Il soldato in congedo: congedato.

Cuncidìbbili. add. Che può concedersi: concedibile, concessibile.

Cuncidimentu. s. m. L’atto del concedere: concedimento.

Concidituri –trici. verb. Chi o che concede: conceditore –trice.

Cuncignamentu. s. m. Lo stato della cosa congegnata; il modo, la commessura: congegnamento, congegnatura.

Cuncignari. v. a. Comporre artificiosamente: congegnare. || Commettere, incastrare: congegnare. P. pass. cuncignatu: congegnato.

Cuncijari. V. cuncïari.

Cunciliari. V. conciliari e derivati.

Cuncìliu. V. concìliu.

Cuncimi. V. concimi.

Cuncintramentu. s. m. L’atto del concentrare: concentramento.

Cuncintrari. v. a. Spingere, ridurre al centro: concentrare. || rifl. Situarsi nel centro, e per sim. internarsi in checchessia: concentrarsi. || T. chim. Il separare per via di fuoco le parti volatili del fluido, ed ispessirlo: concentrare. P. pass. cuncintratu: concentrato.

Cuncintrazioni. s. f. Il concentrare e l’effetto di esso: concentrazione. || T. chim. L’operazione per separare le parti volatili ecc.: concentrazione.

Cuncipìbbili. add. Che può concepirsi: concepibile.

Cuncipimentu. s. m. L’atto del concepire: concepimento.

Cuncipiri. v. a. Comprendere, intendere l’ordine delle idee: concepire. || Ideare: concepire. || Ricevere nell’animo, o ricever in sè, di cose materiali: concepire. || Produrre: concepire. || Impregnarsi: concepire. P. pass. cunciputu e cuncettu: conceputo, concepito.

Cuncirnenti. V. concernenti.

Cuncirtamentu. V. concertu.

Cuncirtanti. T. mus. Che canta o suona la sua parte nel far un concerto: concertista.

Cuncirtari. v. a. Pensatamente ordinare checchessia: concertare. || fig. Accomodare, situare bene: ordinare, disporre. || Conciliare: rappattumare, rappaciare. || Ordire fra due o più persone: concertare. || Unire e accordare insieme l’armonia di più voci o suoni: concertare. P. pass. cuncirtatu: concertato. || Ordinato.

Cuncirtaturi –trici. verb. Chi o che concerta: concertatore –trice.

Cuncirtinu. s. m. Armonia, unione di suoni: concertino.

Cuncirtista. s. m. Suonatore della sua parte in un concerto: concertista.

Cuncisamenti. V. concisamenti.

Cuncisioni. V. concisioni.

Cuncissìbili. V. cuncidibbili.

Cuncissioni. V. concessioni e derivati.

Cuncistòriu, Cuncistoru. V. concistoru.

Cuncisu. V. concisu.

Cuncitari. V. concitari e derivati.

Cuncitatinu. In forza di s. Cittadino della stessa città: concittadino.

Cuncitativu. V. concitativu.

Cuncittinu s. m. Motto arguto, e talora puerile: concettino.

Cuncittuni. s. m. accr. di cuncettu: concettone.

Cuncittusu. add. Pieno, fecondo di concetti: concettoso. || Che suol concettizzare: concettoso. || – di sè stissu, chi sente altamente di sè: vanaglorioso. Sup. cuncittusissimu: concettosissimo.

Cuncittusuni. accr. di cuncittusu: concettosissimo.

Cuncittuzzu. vilif. di cuncettu: concettuzzo.

Cunciura, Cunciuramentu. s. f. e m. Unione occulta di più persone contro lo Stato o chi governa: congiura. || Alle volte si trasporta a certe gare private, allorquando si concerta fra alcuni di sventar i progetti di altri. || tèniri cunciura, accordarsi a danno di alcuno: far combriccola.

Cunciurari. v. intr. Far congiura: congiurare. || recipr. Stringer lega, confederarsi: congiurarsi. || met. Di cose o persone che operino di concerto a danno altrui: congiurare. P. pres. cunciuranti: congiurante. P. pass. cunciuratu: congiurato.

Cunciuratu. s. m. Colui che congiura: congiurato.

Cunciuraturi –tura. verb. Chi o che congiura: congiuratore –trice.

Cuncizioni. s. f. Il concepire: concezione. || Per antonomasia quella della Madonna, e il giorno in cui se ne celebra la festa: concezione. || Concetto: concezione.|| Feto ossia l’animale conceputo: concezione.

Cunciziunali. add. Appartenente a concepimento: concezionale.

Cunclusioni. V. conchiusioni.

Cuncòciri. V. concòciri.

Cuncordi. add. Conforme, d’accordo: concorde.

Cuncòrdia. s. f. Conformità di voleri e di operazioni, pace, e sta più nell’animo che negli atti: concordia. || Nel fòro, strumento pel quale alcuni litiganti pongono fine a’ piati: atto di concordia. || Convenzione tra potentati od eserciti: accordo, concordia. || T. bot. Pianta [p. 264 modifica]originaria d’India; ha i fusti fini e lunghi; fiori di otto petali disposti in croce, i frutti a vesciche con tre angoli, e contengono alcuni semi simili ai piccoli piselli interamente neri, fuorchè nella base ove banno una macchia bianca: corindo, pisello di maraviglia. Cardiospermum halicacabum L.

Cuncordimenti. avv. In modo concorde: concordemente.

Cuncràviu. Storpiatura della parola conclave, e si usa derisoriamente per radunamento di persone poco concludenti ad un oggetto supposto importante e che infine svanisce: combriccola.

Cuncretamenti. V. concretamenti.

Cuncubbina. V. concubbina e derivati.

Cunculina. s. f. Catino di rame o di ferro per diversi usi: còncolo, conchetta.

Cunculinedda. s. f. dim. di cunculina: catinella.

Cùncuma. Parola che esprime il maggior grado di una cosa, essiri di la cuncuna di li tali... tener il posto fra i primi tristi: essere della schiuma de’... || – di focu, – d’arduri, abisso, centro, punto forte di ardore ecc. || Ingiusta amministrazione di checchessia: ladronaja.

Cuncumeddu. s. m. dim. di cùncumu, piccolo vaso di rame per cuocer acqua: ramino. Ve ne ha di terra: orcino. || a cuncumeddu, per sim. posto avv., sulle calcagna, rappiccinato: coccoloni.

Cùncumu. s. m. Vaso di rame o altro in cui si fa bollire acqua: cùccuma.

Cuncurdàbbili. add. Atto a concordare: concordevole.

Cuncurdanza, Cuncurdànzia. s. f. Convenienza, accordo: concordanza. || T. gramm. || modo come stanno le parti del discorso fra loro: concordanza. || T. mus. Relazione di due suoni, grata all’orecchio: concordanza. || T. pitt. Unione armoniosa: concordanza. || – bibblica, l’indice alfabetico contenente le parole concordanti della bibbia: concordanza della Bibbia.

Cuncurdari. v. a. e intr. Convenire, corrispondere, essere d’accordo: concordare, concordarsi. P. pass. cuncurdatu: concordato.

Cuncurdatu. s. m. Accordo insieme, convenzione: concordato.

Cuncurdissimu. add. sup. di cuncordi: concordissimo.

Cuncurrenti. add. Che concorre: concorrente. || Emulo, aspirante con altri: concorrente.

Cuncurrenza. s. f. Il concorrere: concorrenza. || Moltitudine di persone alla medesima volta: calca, affluenza. E per buon numero di avventori: concorso, concorrimento. || T. eccl. L’incontro dei secondi vesperi della festa antecedente coi primi vesperi della festa susseguente: concorrenza.

Cuncùrriri. v. intr. Correr insieme, convenire e dinota frequenza: concorrere. || Gareggiare: concorrere. || – a la spisa, unirsi a spendere: concorrere alla spesa. || Unirsi a credere nel medesimo modo: concorrere in una opinione. || Cooperare, aver parte in checchessia: concorrere. || T. mat. Unirsi, incontrarsi: concorrere. P. pass. concurrutu e cuncursu: concorso.

Cuncursu. s. m. Concorrimento, affluenza di gente: concorso. || jiri o acchianari a cuncursu, il sottoporsi all’esame in concorrenza con altri: andare a concorso. || Aggregamenti di qualsivoglia cosa: concorso.|| Serie di avvenimenti: concorso di circostanze. || Cooperazione ed azione delle cagioni che s’uniscono ad un medesimo fine: concorso.

Cuncutriddu, Cuncutrigghiu. s. m. T. zool. Grossissimo anfibio in forma di gran lucertolone, coperto di squame, voracissimo, abita ne’ climi caldi: coccodrillo. Lucerta crocodilus L. || chiantu di cuncutrigghiu, finto: lagrime di coccodrillo.

Cundanna. s. f. Condannagione: condanna. || Pena, gastigo.

Cundannàbbili. add. Degno di condanna: condannabile.

Cundannamentu. s. m. L’atto del condannare: condannamento.

Cundannari. v. a. Gastigare, punire, imporre pena a’ malfattori: condannare. || Per sim. Destinar ad un servizio alcuno suo malgrado o lungamente. || Prov. cumannari e cunnannari su arti leggi: a chi ordina non duole il corpo. || Pronunziar giudizio sopra una questione ancorchè frivola rimessa in altrui: risolvere. || facemunnilla cunnannari: facciamola giudicare a un altro, rimettiamola. || cunnannàrisi a ’na banna, star lì senza muoversi o scostarsi: appillottarsi. || è megghiu libberari dui rei chi cunnannari un innoccenti: meglio assolver un peccatore, che dannar un giusto.

Cundannatòriu. add. Appartenente a condanna; sintenza cundannatoria: sentenza condannatoria.

Cundannatu. add. Da cundannari: condannato. || s. Chi è in corso di espiare e pagar il fio: servo di pena.

Cundannazioni. s. f. Il condannare; e anche la pena: condannagione, condannazione.

Cundannè (A la. T. parr. Capelli tagliati corti: zucconato (Fr. à la comdamnée: alla foggia dei condannati).

Cundenna. V. cundanna.

Cundicenti. add. Conveniente: condecente. Sup. cundicentissimu: condecentissimo.

Cundicentimenti. avv. In modo condecente: condecentemente.

Cundignamenti. avv. In modo condegno: condegnamente.

Cundignità. s. f. Astratto di condegno: condegnità.

Cundignu. add. Degno, convenevole, meritato: condegno.

Cundimentu. V. condimentu.

Cundinsaturi. V. condensaturi.

Cundiri. V. condiri.

Cundiscendenti. add. Che condiscende: condiscendente. || Indulgente: condiscendente.

Cundiscendenza. s. f. Astratto di condiscendente: condiscendenza.

Cundiscìndiri. v. intr. Secondare, acconsentire: condiscendere. || Far grazie, permettere: condiscendere.

Cundiscipulu. V. condiscipulu.

Cunditu. V. conditu.

Cundizioni. V. condizioni.

Cundùciri. V. cunnùciri e derivati.

Cundugghianza. s. f. Il condolersi, querelamento: condoglienza. || Doglianza, cordoglio: condoglienza, condoglianza. [p. 265 modifica]

Cundulìrisi. v. rifl. Dolersi di sue o di altrui sventure con altri: condolersi.

Cundunàbbili. add. Atto o degno di esser condonato: condonabile.

Cundunari. v. a. e intr. Accordare il perdono: condonare. || Prov. la prima si pirduna, la secunna si cunduna, la terza si bastuna: la prima si perdona, la seconda si condona, la terza si bastona.

Cundunaturi. verb. Chi o che condona: condonatore.

Cundunazioni. s. f. Il condonare: condonazione.

Cundutta. s. f. Conducimento: condotta, condutta. || Maniera di governarsi nel vivere: condotta. || omu di cundutta, uomo di senno, prudente: uomo di condotta. || omu senza cundutta, l’opposto: sconsigliato. || La osservanza delle leggi e il niun motivo di doglianza per parte de’ superiori: condotta buona o cattiva o mala. || Processione e specialmente quella nell’ottava del Corpus Domini. || fari ’na cunnutta l’andar attorno di più persone, quando si fa mal volentieri. || Locazione: condotta.

Cunduttedda. s. f. dim. di cundutta: piccola processione.

Cundutteri –era. s. m. e f. Chi conduce: condottiero –era.

Cunduttu. V. cunnuttu.

Cundutturi –trici. verb. Chi o che conduce: conduttore –trice. || Colui che tiene casa o altro a pigione: conduttore. || T. fis. Nome generico dei corpi che hanno facoltà di elettrizzarsi per comunicazione e lasciar passare il fuoco elettrico: conduttore. E per parafulmini V. || Ogni tubo di comunicazione: conduttore. || In chirurgia, tubo o cilindro scanalato in cui scorre la tinta, senza pericolo di lesione della parte in cui s’introduce: conduttore. || Chi conduce a prezzo vetture: conduttore. || Nelle diligenze, chi le accompagna e invigila alla regolarità: conduttore. || Di una trattoria, caffè ecc. colui che prende sopra di sè quell’azienda retribuendo al proprietario un compenso: conduttore.

Cunduzioni. s. f. Il condurre: conduzione. || Appigionamento: conduzione.

Cunetta. s. f. Medaglietta di santi, con forame dalla parte superiore, per potersi infilzare: medaglina.

Cunfacenti. add. Che si confà: confacente. || Dicevole, conveniente: confacente. Sup. cunfacintissimu: confacentissimo.

Cunfacenza. s. f. Il confarsi: confacenza.

Cunfacimentu. s. m. L’atto di confarsi: confacimento.

Cunfacìrisi. V. cunfàrisi.

Cunfacìvuli. add. Che si confà, proporzionato: confacevole.

Cunfacivulizza. s. f. L’esser confacevole: confacevolezza.

Cunfaffa. s. f. Lega. || Conventicola.

Cunfaffàrisi. v. intr. pass. Convenire, accordarsi, ma in cattivo senso: astipolare, convenzionarsi, intendersela. || Operar di concerto contro alcuno: congiurare. || Far lega. P. pass. cunfaffatu: astipolato, convenzionato. || Congiurato. || Collegato.

Cunfaluneri. V. portabannera: gonfaloniere. || Titolo che dava la Chiesa: gonfaloniere. || met. Capo o principale di checchessia: gonfaloniere.

Cunfaluni. s. m. Bandiera: gonfalone. || Alcune macchine gotiche ove situavasi un crocifisso o un santo e si portava in giro da un solo in processione: ostensorio. || Candeliere grande di chiesa a più lumi: candeliere a più viticci. || Per sim. le spighe del grano più grandi e più piene. || a cunfaluni, posto avv., a più branche: a trionfi, a viticci, a nappa.

Cunfanfarari. V. cunfinfarari.

Cunfàrisi. v. rifl. Convenire, star bene: confarsi, affarsi, addirsi. || Aver proporzione: confarsi. || Andar a genio: confarsi, affarsi. || Praticar volentieri alcuno: confarsi. || Addimesticarsi. || – lu sangu di unu cu chiddu di n’autru: intendersi scambievolmente, darsi nel genio. || Accomodarsi a checchessia: adattarvisi. || Detto di piante, che fanno in quella terra, conferire: confarsi.

Cunfessu. add. Confessato: confesso.|| reu cunfessu, colui che ha confessato il delitto: confesso.

Cunfetta. s. f. Ciò che è coperto di zucchero sciroppato e cotto: confetto. || cunfetti agghiazzati, le mandorle abbrustolite, vestite d’una crostata di zucchero, ronchiose, scure: confetti di Pistoia (così a Firenze) (Fr. confitures glacées). || cunfetti di ciumi, i sassi menati dal fiume con rena grossa: ghiarone.

Cunfettu. (Rocca) add. Confettato: confetto.

Cunfezioni. s. f. Composizione medicinale di vari ingredienti, con mele, zucchero: confezione. || Dicesi di frutta, fiori ecc. composte con zucchero o mele: confezione. || Generalmente ogni quantità di confetti: confezione, confettura.

Cunfidamentu. s. m. L’atto del confidare: confidamento.

Cunfidanza. s. f. Speranza procedente da opinioni di non esser deluso: confidanza.

Cunfidari. v. intr. Aver fidanza: confidare. || Credere, star sicuro: confidare. || Far confidenze: confidare. || Dare in guardia, in custodia: confidare. || cunfidàrisi cu unu, mettere in esso la sua fiducia: confidarsi in uno. P. pass. cunfidatu: confidato.

Cunfidata (A la. posto avv. Amichevolmente: confidentemente.

Cunfidatamenti. avv. Con certa fiducia: confidatamente.

Cunfidatissimamenti. avv. sup. Confidatissimamente.

Cunfidatu. add. Da cunfidari: confidato. || Intrinseco: confidato, confidente. Sup. cunfidatissimu: confidatissimo.

Cunfidatuni. add. accr. di cunfidatu: confidentissimo.

Cunfìddiu. Voce corrotta dal Lat. confiteor, la confessione e la preghiera detta confiteor che ne è la prima parola.

Cunfidenti. add. Che si confida: confidente. || Che merita confidenza: confidente. || s. m. Colui a cui si confidano i segreti pensieri: confidente. || Soldato a servizio d’un ufficiale: confidente. Sup. cunfidentissimu: confidentissimo.

Cunfidentimenti. avv. In modo confidente: confidentemente.

Cunfidenza, Cunfidènzia. s. f. Lo stesso che cunfidanza: confidenza, confidenzia. || [p. 266 modifica]Comunicazione che si dà o si riceve di segreto: confidenza. || Intimità, fiducia e contrassegno di famigliarità, onde aviri cunfidenza cu unu, essergli molto intrinseco: aver confidenza con uno. || dari cunfidenza, operar con esso senza riguardi: dar confidenza. || pigghiari cunfidenza, entrar in intimità: diventar intimo. E anche: pigliarsi libertà. || Prov. la troppu cunfidenza veni a mala crianza, il tralignare a vizio che avviene dallo abuso della intimità. || diri ’na cosa ’n cunfidenza, dirla in segretezza: dir una cosa in confidenza. || in cunfidenzia, in segreto, in amicizia: in confidenza. || trattari cu cunfidenza: far a fidanza.

Cunfidenziali. add. Che dinota confidenza: confidenziale.

Cunfidiràrisi. V. confederàrisi e derivati.

Cunfinanti. V. confinanti.

Cunfinari. V. confinari.

Cunfinfarari. v. intr. Aver congruenza, verisimiglianza: rinvergare, calzare, tornare. S’usa per lo più colla negativa avanti. || sta cosa non cunfìnfara, dicesi di cosa poco verisimile o difficile: non consuona, così non canta Giorgio. Dicesi pure di cosa che non approdi a nulla: non dà buon bere. || nun cunfìnfara la rifriddatura cu la nànfari, per ischerzo quando si vuol dire che tali cose non si convengono.

Cunfinu. V. confinu.

Cunfiriri. V. conferiri.

Cunfirma. s. f. Confermazione: conferma. || in o a cunfirma, posto avv., per prova: in o a conferma.

Cunfirmari. v. a. Rendere più fermo, più stabile: confermare. || Ratificare quello che si è detto o fatto: confermare. || Per cresima: confermare. || P. pass. cunfirmatu: confermato.

Cunfirmativu. add. Che conferma, atto a confermare: confermativo.

Cunfirmatu. add. Da cunfirmari, in tutti i sensi: confermare. || Dicesi degl’infermi di alcune malattie come: tisico, idropico, confermato, dichiarato tale da’ medici.

Cunfirmaturi. verb. m. Che conferma: confermatore –trice.

Cunfirmazioni. s. f. Il confermare: confermazione. || Per cresima: confermazione.

Cunfisca. s. f. Confiscazione: confisca.

Cunfiscàbbili. add. T. leg. Che può essere confiscato: confiscabile.

Cunfiscamentu. s. m. L’atto del confiscare: confiscamento.

Cunfiscari. v. a. Aggiudicar al fisco i beni dei condannati: confiscare. P. pass. cunfiscatu: confiscato.

Cunfiscazioni. s. f. Il confiscare, e talora la cosa confiscata: confiscazione.

Cunfissari. v. a. Manifestare, palesare i proprî errori: confessare. || Affermare, concedere: confessare. || Professare, dichiararsi solennemente: confessare. || Manifestar il suo secreto facilmente, spontaneamente: confessare. || – ’n prima, senza difficoltà: confessar alle prime. || Star a udire i peccati altrui: confessare. || rifl. Dir al confessore i propri peccati: confessarsi. || vi ci putivu cunfissari, paria unu ca mi cci avria cunfissatu, per esprimere d’essere stato deluso della buona opinione o aspettativa che s’aveva di alcuna persona: io mi ci sarei confessato. || Riconoscersi con atto espresso tale e tale: confessarsi... || cunfissarisi giustu, dir la cosa con ischiettezza: confessarsi giusto. P. pass. cunfissatu: confessato, confesso.

Cunfissatu. s. m. Chi si è confessato de’ peccati: confessato.

Cunfissioni. s. f. Il confessare, confessarsi in tutti i sensi: confessione. || L’altare ch’era posto sopra i sepolcri de’ martiri: confessione. || Autografo in cui si confessi checchessia: confessione. || a locu di cunfissioni, posto avv., segretamente: dir una cosa in confessione.

Cunfissiunàriu, Cunfissiunili. s. m. Casotto dove siede il confessore a confessare: confessionale, confessionario.

Cunfissuri. s. m. Colui che ascolta la confessione altrui: confessore. || Ciascuno de’ santi che abbia confessato la legge di Cristo: confessore; quelli non martiri. || Prov. a medicu, cunfissuri ed avvucatu nenti tèniri cilatu: a medico, confessore ed avvocato, niente tener celato.

Cunfitenti. add. e s. Che confessa, chi per pubblico strumento confessa ricevere il dovuto: confitente.

Cunfittarìa. s. f. Bottega di confettiere: confettureria (Sp. confiteria).

Cunfittedda. s. f. dim. di cunfetta: confettino (parmi averlo udito a Firenze).

Cunfittera. s. f. Tazza da tener confetti: confettiera. || f. di cunfitteri: confettiera.

Cunfitteri. s. m. Chi fa o vende confetti: confettiere, confetturiere. || Chi fa o vende confortini ecc.: confortinajo.

Cunfittuni. s. m. accr. di cunfetta, credo debba esislere la voce: confettone (Sp. confiton).

Cunfittura. s. f. Quantità o qualità diverse di confetti: confettura.

Cunfizioni. V. cunfezioni.

Cunflittu. s. m. Combattimento: conflitto.

Cunfluenza. s. f. T. idraulico. Concorso ed unione di due fiumi in un medesimo letto: confluenza.

Cunformi. add. Di simil forma, indole: conforme. || avv. In conformità: conforme. Sup. cunformissimu: conformissimo.

Cunformimenti. avv. D’accordo, ad una medesima forma: conformemente.

Cunformista. T. st. Queglino che professano la religione dominante in Inghilterra: conformista.

Cunformità, Cunformitati. V. conformità.

Cunfortu. s. m. Il dar forza a tollerare le avversità: conforto. || Persuasione, esortazione: conforto. || Consolazione: conforto. || Aiuto, incitamento: conforto. || Ed anche per la persona che consola e conforta: conforto.

Cunfratellu. V. confratellu e derivati.

Cunfrati. V. confrati.

Cunfratrìa. V. confraternità (Sp. confradrìa).

Cunfricari. v. a. Fregar insieme, stropicciare: confricare. P. pass. cunfricatu: confricato.

Cunfricazioni. s. f. Il confricare: confricazione.

Cunfruntari. v. a. Riscontrare, metter a fronte una cosa con altra per paragone: confrontare. P. pass. cunfruntatu: confrontato.

Cunfruntazioni. s. f. Il confrontare: confrontazione. [p. 267 modifica]

Cunfruntu. s. m. Paragone, riscontro: confronto. || a o in cunfruntu, posto avv., a comparazione: a o in confronto.

Cunfunnimentu. s. m. L’atto del confondere: confondimento.

Cunfùnniri. v. a. Mescolar insieme sì che non vi sia più ordine o l’una cosa non si discerna dall’altra: confondere. || Convincere, sconvolger le idee sì che sia incapace d’ordinare le idee: confondere. || met. Render meno atto ad essere conosciuto: confondere. || Turbar la vista, fare che non si possa bene discernere: confondere gli occhi. || rifl. Smarrirsi: confonder o confondersi la virtù. || Turbarsi gravemente per vergogna o altra passione: confondersi. || Avvilupparsi nelle idee o nelle parole da non potersi raccapezzare: confondersi. || nun cunfunnirisi di nenti, non badare alle difficoltà, ostacoli, non curare: non confondersi in checchessia.

Cunfurmari. v. a. Far conforme: conformare. || Accomodare, adattare: conformare. || rifl. a. Rendersi conforme, adattarsi: conformarsi. || Condiscendere: conformarsi. || Detto di cosa, prender forme: conformarsi. || Esser proporzionato, accomodato: conformarsi a checchessia. P. pass. cunfurmatu: conformato.

Cunfurmativu. add. Che si conforma o ha conformità: conformativo.

Cunfurmatu. add. Da cunfurmari: conformato. Sup. cunfurmatissimu: conformatissimo.

Cunfurmazioni. s. f. Il conformare, modo con cui una cosa è conformata: conformazione.

Cunfurmità, Cunfurmitati. V. cunformità.

Cunfurtamentu. s. m. Il confortare: confortamento.

Cunfurtanti. add. Che conforta: confortante. || Detto di medicamento che ha virtù di confortare: confortante. || Quelli che confortano ed accompagnano i rei al supplizio: confortante.

Cunfurtari. v. a. Dar forza a soffrire, consolare: confortare. || Ricreare. ristorare: confortare. || rifl. Consolarsi, prender conforto: confortarsi. ||Avere speranza, bastar l’animo: confortarsi. || Esortare o spignere alcuno a far cosa ch’egli faccia malvolentieri: confortar i cani all’erta. || cunfurtàrisi cu un spicchiu d’agghia, consolarsi di deboli speranze: confortarsi con gli aglietti. || Darsi pace: confortarsi. P. pass. cunfurtatu: confortato.

Cunfurtativu. s. m. Rimedio che conforta: confortativo. || add. Che ha virtù di confortare: confortativo.

Cunfurtatòriu. add. Di conforto, che reca conforto: confortatorio.

Cunfurtaturi –trici. verb. Chi o che conforta: confortatore –trice.

Cunfurtèvuli, Cunfurtìbbili. Cunfurtìbbuli. add. Confortativo: confortevole.

Cunfusamenti. avv. Con confusione: confusamente.

Cunfuseddu, Cunfusettu. add. dim. di cunfusu: confusetto.

Cunfusioni. s. f. Il confondere, e la cosa confusa: confusione. || Disordine di cose per non essere a loro luogo: confusione. || Turbamento di animo, vergogna: confusione.

Cunfusiunedda. s. f. dim. di cunfusioni: confusioncella (Tomm. D.).

Cunfusu. add. Da cunfùnniri in tutti i sensi: confuso. || sonu, parrari ecc. cunfusu, indistinto: suono, parlare ecc. confuso. || sonnu cunfusu, non chiaro: confuso. || disignu cunfusu, non chiaro, leggiadro; pieno di minuzie ecc.: confuso. || essiri cunfusu ’ntra lu beni, di chi ridonda in tante dovizie che non sa come prima usarne: essere confuso nel bene. || in cunfusu posto avv., confusamente: in confuso. Sup. cunfusissimu: confusissimo.

Cunfutari. V. confutari e derivati.

Cungedu. V. congedu.

Cunghilari. V. congelari.

Cunghittura. V. cognettura e derivati.

Cunghiùnciri. V. cognùnciri.

Cungidari. V. cuncidari.

Cungittura. V. cognettura.

Cungiura. V. cunciura.

Cungratulamentu. s. m. L’atto del congratularsi: congratulamento.

Cungratulàrisi. v. intr. pron. Rallegrarsi con alcuno delle sue felicità: congratularsi. P. pass. cungratulatu: congratulato.

Cungratulatòriu. add. Spettante a congratulazione: congratulatorio.

Cungratulazioni. s. f. Il congratularsi: congratulazione. || Complimento che si fa altrui per mostrar il piacere di lui: congratulazione.

Cungressu. V. congressu.

Cungrigari. v. a. Unire insieme, radunare: congregare. P. pass. cungrigatu: congregato.

Cungrigatu. V. cunfratellu.

Cungrigazioni. s. f. Il congregarsi e le persone congregate: congregazione. || Per lo più di quelli uniti per cose religiose, con regole: congregazione. || In Roma, adunanza di Cardinali e altri prelati per discutere affari di Stato e di religione: congregazione.

Cungruenza. V. congruenza e derivati.

Cuniari. V. cugnari e derivati.

Cunigghia. s. f. di cunigghiu: conigliola. || Per sim. Donna molto feconda: prolifica.

Cunigghiazzu. pegg. di cunigghiu: conigliaccio.

Cunigghieddu. dim. di cunigghiu: conigliuolo, conigliuzzo. || pigghiari un cunigghieddu, dicesi ai bambini quando cascano: piantar un melo, poff ci nasce un pero. || aviri lu cunigghieddu atturratu, esser d’umor allegro, aver il ruzzo: esser in zurlo.

Cunigghiera. s. f. Luogo ove si tengono chiusi i conigli: conigliera.

Cunigghiu, Cunìgliu. s. m. T. zool. Quadrupede noto: coniglio. Lepus cuniculus L. || Prov. stari comu un cunigghiu di ddisa, grasso e grosso e ben tenuto: esser fiori e baccelli, fatticciotto. || fari lu cunigghiu atturratu, modo prov., fingere ignoranza in ciò, che si è tenuto di sapere: far il nescio. Ovvero operar in modo da esser tenuto per semplice: far il soro. || cori di cunigghiu, uomo pauroso: razza di conigli, conigliuzzo. || essiri bravu quantu un cunigghiu, esser di poco animo: aver i conigli in corpo. || – d’arginteri, cacio fritto con olio e condito con aglio, aceto ed origano, che è conditura del coniglio. || Favi lesse. || a cunigghiu [p. 268 modifica]modo di apparecchiare talune vivande. || assicutari lu cunigghiu, fig. seguitare checchessia senza abbandonarlo: seguir la starna. || pigghiari lu forti comu lu cunigghiu, mettersi in sicuro: attenersi alla colombaja.

Cunittedda. s. f. dim. di cunetta: medaglietta.

Cunjettura. V. cognettura.

Cunjùnciri. V. cognunciri.

Cunnanna e derivati. V. cundanna.

Cunnannè. V. cundannè.

Cunnaturali. V. connaturali.

Cunnaziunali. V. connazionali.

Cunnessu. V. connessu.

Cunnetti, Cunnèttiri e derivati. V. connèttiri.

Cunniceddu. s. m. di cunnu: connolino.

Cunniscìnniri. V. cundiscìnniri e derivati.

Cunnissioni. V. connessioni.

Cunnizioni. V. condizioni.

Cunnò. s. m. Sacchetto di pelle leggerissima che si usa nel congiungimento con donne malsane: gondone, goldone.

Cunnortu. V. cunfortu.

Cunnu. s. m. Parte vergognosa della femmina: conno. || – marinu. T. zool. Animaletto di mare affatto nudo come il lumacone: lepre marina. || a cunnu, posto avv., malfatto: acciarpatamente.

Cunnucimentu. s. m. L’atto del condurre: conducimento.

Cunnùciri. v. a. Accompagnare in cammino o precedere di poco, trarre da sè o con sè chi ci va: condurre. || Condurre per mano: menare. || Portar in processione le sacre immagini. || cu’ cunnuci? espressione colla quale chiedesi chi spenderà per qualche incarico ecc. || rifl. Andar attorno a zonzo: bighellonare. || Pavoneggiarsi, pompeggiare, andar attorno con boria per esser ammirato. || Andar da sè a luogo o fine determinato: condursi. || Intertenersi, far a rilento: indugiare, remolare. || Dondolarsela, sdonzellarsela, gingillarsi. P. pres. cunnucenti: conducente. P. pass. cunnuciutu o cunnuttu: condotto. || Menato, ecc.

Cunnucìrisi. V. in cunnùciri.

Cunnuliari. v. intr. Usar frequente con donna. E fig. sciupar il tempo vagando senza pro: bighellonare.

Cunnutati. s. m. pl. I contrassegni che son proprî di alcun individuo, per essere riconosciuto a prima vista: connotati.

Cunnutta. V. cundutta.

Cunnuttaru. V. cunduttaru.

Cunnutteddu. s. m. di cunnuttu: chiavichetta, chiavichina. || T. agr. Canale fatto a traverso i campi delle colline per raccorre e cavarne l’acqua piovana: chiassajuola.

Cunnuttiari. v. a. Far fogne e smaltitoi d’acqua, per lo più s’intende nelle coltivazioni: fognare. || jiri cunnuttiannu, andar a zonzo, vagabondando: andar giostroni, bighellonare. V. cunnucirisi. P. pass. cunnuttiatu: fognato.

Cunnuttu. s. m. Canale naturale o artifiziale per condurre le acque: condotto. || Quando è con più arte costrutto: acquedotto. || – di malu tempu o mastru. Luogo per ricevere e sgorgare acque immonde ed ove metton capo gli smaltitoi privati: fogna. E quella costruzione più artifiziosa: cloaca. E – mastru per ischerzo è l’intestino retto. Nel propr. fognone. E quelli secondarî: fognuolo (Fanf. Casa Fior.). || o cumuni di casa, il luogo ove si radunano le immondezze dei privati: bottino; quello più rozzo cioè costruito a secco dove i liquidi son succiati dal terreno: smaltitojo.

Cunnutturi. V. cundutturi.

Cunocchia. s. f. Arnese di canna o altro su cui le donne pongono la lana o altro da filare: rocca, conocchia. || – di la rrota: mozzo della ruota V. miolu. || Nelle arti, per sim. si dice di tutti gli ordigni che vi hanno somiglianza come nelle ombrelle: nodo; negli oriuoli ecc. || Que’ virgulti, cespi o altro simile che pongonsi vicino i bachi da seta acciò vi facciano il loro bozzolo: bosco. || acchianari ’n cunocchia, de’ bachi che vi salgon su: andare al bosco. || nun acchianari ’n cunocchia, dicesi dei bigatti che per malore o intemperie non producono. E fig. di ragazzetto che non venga su, o altra cosa che non dia speranza di riuscita: rimaner sulle secche. || T. bot. Erba che cresce in luoghi sassosi, incolti, asciutti e montuosi, si mostra al fin di marzo, le foglie ha simili a quelle della pastinaca, ed il fiore è unico, di sei foglie grandi appuntate, peloso fuori: erba del vento, fior di Pasqua. Phlomis herba venti L. || T. rileg. Piega involontaria che si fa piegando i fogli di stampa nelle pagine di mezzo.

Cunortu. V. cunfortu.

Cunquista. V. conquista.

Cunquistamentu. V. conquistamentu.

Cunquistari. V. conquistari.

Cunquistaturi. V. conquistaturi.

Cunsagrari. v. a. Far sacro: consacrare, consagrare, consecrare. || Far il sagramento dell’altare: consacrare. || Destinare, dedicare a checchessia una cosa: consacrare. || Ordinar altrui sacerdote o vescovo: consacrare. || Render famoso, immortale con le scritture: consacrare. || rifl. Dedicarsi, darsi tutto: consacrarsi. P. pres. cunsagranti: consacrante. P. pass. cunsagratu: consacrato.

Cunsagrazioni. s. f. Il consacrare: consacrazione.

Cunsanguìniu. V. consanguìniu.

Cunsapèvuli. V. consapèvuli.

Cunsari. V. cunzari.

Cunsariotu. V. cunzariotu.

Cunsensu. s. m. Consentimento: consenso. || Reciproca corrispondenza delle parti: consenso. Onde sentiri un guaiu o altro pri cunsensu, non direttamente, ma per relazione con chi patisce.

Cunsentimentu. V. cunsintimentu.

Cunsèntiri. V. cunsintìri.

Cunsenzienti. V. consenzienti.

Cunseri. s. m. T. agr. Correggia con cui si legano i bovi al giogo. || E quel ferro in cui s’infila la chiave per tenere sospeso nel giogo il timone.

Cunsertu. s. m. Spezie di cuffia usata un tempo dalle donne in inverno: tocco. || pri sentiri sta cosa cci voli un cunsertu, ci vuol intendimento, quasichè pel troppo ingarbugliamento non sia dato a tutti comprendere. || guastari ’na cammisa pri fari un cunsertu, sciupar un oggetto di valore per fame altro di minor valore. || Per cuncertu V. [p. 269 modifica]

Cunserva. s. f. Luogo riposto dove si conservano e si mantengono le cose: conserva. || Spezie di cisternetta ove le acque si depurano: conserva. || Dicesi di frutte, fiori ed altre cose confettate nello zucchero o in altra simile materia; e così di cose medicinali: conserva. || – d’amarena: diamarinata. || – di puma: melata. || – d’acqua. V. gebbia, jisterna. || di cunserva, posto avv., insieme, d’accordo: di conserva.

Cunservativu. add. Atto a conservare, che conserva: conservativo.

Cunservatòriu. s. m. Luogo di ricovero pe’ poveri e propr. pe’ fanciulli e per le donne, ed anche luogo di educazione: conservatorio.

Cunservaturi –trici –tura. verb. Chi o che conserva: conservatore –trice. || Nome di antico Magistrato: conservatore.

Cunservaturìa. s. f. Officio e stanza de’ Conservatori.

Cunsessu. s. m. Adunanza di persone di alto affare: consesso.

Cunsicutivu. V. consecutivu.

Cunsiddirari. V. cunsidirari.

Cunsidirabbili. add. Da esser considerato, copioso: considerabile.

Cunsidirabbilmenti. avv. In modo considerabile: considerabilmente.

Cunsidirari. v. a. Attentamente osservare, por mente, ponderare, affissar la mente o il pensiero: considerare. || Notar appunto una cosa: considerare. || Prender parte alle altrui pene, sventure e confortarlo: interessarsi. || Portar rispetto, aver presente, far partecipe di una cosa: riguardare. || Conoscere: considerare. || Pensare, giudicare: considerare. || Reputare, avere in concetto di...: considerare. || intr. ass. Badar a sè, star avvertito: considerare.

Cunsidiratamenti. avv. Con considerazione: consideratamente.

Cunsidirativu. add. Che considera, atto a considerare: considerativo.

Cunsidiratu. add. Da cunsidirari: considerato. || Detto d’uomo prudente, contrario di avventato: considerato. || Stimato, avuto in pregio: considerato. Sup. cunsidiratissimu: consideratissimo.

Cunsidiraturi –trici. verb. Chi o che considera: consideratore –trice.

Cunsidirazioni. s. f. Il considerare: considerazione. || Stima, riguardo: considerazione. Onde aviri in cunsidirazioni, tener conto: aver in considerazione. || cosi di cunsidirazioni, di gran momento. || T. leg. Motivo, ragione scritta onde si giudichi: considerazione. || mettiri in cunsidirazioni, far notar altrui una cosa: porre in considerazione. || in cunsidirazioni di..., per motivo di..., in riguardo di...: in considerazione di...

Cunsidiraziunedda. s. f. dim. di cunsidirazioni: considerazioncella.

Cunsidirèvuli. add. Degno di considerazione: eonsiderevole.

Cunsigghiari. v. a. Dar consiglio: consigliare. || Proporre che la tal cosa si faccia: consigliare una cosa. || intr. Consultare, far consiglio: consigliare. || Prender consiglio; consigliarsi: consigliare. || rifl. Pigliare o domandar consiglio: consigliarsi. || Prov. ognunu sa cunsigghiari poi lu fattu: quando è caduta la scala ognun sa consigliare. P. pass. cunsigghiatu: consigliato.

Cunsigghiatamenti. avv. Con consiglio: consigliatamente.

Cunsigghiativu. add. Atto a dar consiglio, che consiglia: consigliativo.

Cunsigghieddu. s. m. dim. di cunsigghiu: consiglietto.

Cunsigghieri –era. s. m. e f. Chi consiglia: consigliere –era. || – di statu, dignità: consigliere di Stato. || Nelle società degli artieri è titolo di superiorità dopo il primato.

Cunsigghiratu. s. m. Officio, e il tempo che si sta consigliere.

Cunsigghiu. s. m. Regola pensata, deliberazione che si fa intorno alle cose incerte, o future: consiglio. || Avvertimento che si dà altrui pel da farsi: consiglio. || Discorso, ragionamento: consiglio. || Pubblica o solenne adunanza di uomini che consigliano: consiglio. Onde teniri, chiamari, fari cunsigghiu: tenere, raunare, far consiglio. || Prov. cunsigghi di vecchi, si pigghianu: consiglio di vecchio, non rompe mai la testa. || di lu nnimicu nun pigghiari cunsigghiu, è facile indovinarne il perchè. || – di statu, assemblea di uomini per consigliare il governante: consiglio di Stato. || – civicu, magistrati municipali: consiglio municipale. || – di guerra, adunanza di militari per giudicare: consiglio di guerra. || – d’amministrazioni, composto di più individui per regolare l’amministrazione: consiglio d’amministrazione. || – di discipplina, adunanza di militari per invigilare alla esecuzione di essa: consiglio di disciplina. || omu di cunsigghiu, prudente. || Luogo dove si radunano i consiglieri: consiglio. || prov. pri troppu cunsigghi si perdi la guerra, e pri tanti giudizî si sgarra: consiglio di due non fu mai buono. || ’ntra patri e figghi ’un ci vonnu cunsigghi, negli affari di parenti, niuno deve intromettervisi: tra carne e ugna, non sia uomo che ci pugna. || un cunsigghiu sanu vali pri centu manu, o un bon cunsigghiu non si po’ pagari: dono di consiglio più vale che d’oro. || invanu si doli cu’ disprezza lu bonu cunsigghiu, poichè è tutta colpa di lui. || poi di lu fattu nun c’è cchiù cunsigghiu, quando è accaduto il fatto non vale più il consiglio. || ajutu a lu bisognu e no cunsigghiu: meglio un ajuto che cinquanta consigli. || vaju a caccia a dinari e no a cunsigghi. indica il ricusar che si fa dell’altrui consiglio. || cammara di cunsigghiu, ne’ tribunali è quella dove rinchiudonsi i giudici per deliberare: camera di consiglio. || cunsigghi evangelici, massime cavate dal vangelo: consigli evangelici. || spiritu di cunsigghiu, il terzo fra’ sette doni dello Spirito Santo: dono del consiglio. || prov. ogni cunsigghiu lassa e lu tò pigghia: chi dà retta al cervello degli altri butta via il suo. || la cchiù facili cosa è lu dari cunsigghiu, o tutti su’ boni a dari cunsigghi, perchè non costa a chi lo dà: a chi consiglia non gli duol il capo. || pigghia cunsigghi di vecchiu, serviziu di giuvini e nun ti fidari di nuddu; altro dice, fatti di giuvini e cunsigghi di vecchiu, ognuno dov’è buono: consiglio di vecchio e ajuto di giovine. || sunnu junciuti chiddi di lu malu cunsigghiu, cu’ sa cu’ havi a chianciri, quando si vedono persone triste confabulare: consiglio di volpi, tribolo di [p. 270 modifica]galline. || fari lu cunsigghiu di ’n’autru: fare per consiglio di alcuno. || pri tintu cunsigghiu mio, dice colui che modestamente porge un consiglio: fate a mo’ d’un pazzo.

Cunsigliari. V. cunsigghiari.

Cunsigliu. V. cunsigghiu.

Cunsigna. s. f. Il consegnare: consegna. || T. mil. Colui che sta alle porte di una fortezza e tien registro di chi vi entra od esce: consegna. || L’ordine dato alle sentinelle o ad altri pel da fare: consegna.

Cunsignamentu. s. m. L’atto del consegnare: consegnamento.

Cunsignari. v. a. Dar in guardia ed in custodia: consegnare. || Rimetter una cosa ad altri: consegnare. || Deporre in potere dell’interessato: consegnare. || Compiere un lavoro e recarlo a chi appartiene: consegnare. || – vita pri vita. T. leg. Affidare la persona d’un reo alla cura d’un custode che debba renderne stretta ragione. || accussì mi la cuntaru ed io vi la cunsignu, cioè ve la conto per come me l’hanno contata senza rendermi responsabile: la cosa è così, a detta del tale, senza mettervi di bocca. || Rendersi prigione: costituirsi (d’uso). || Per abbannunàrisi V. P. pass. cunsignatu: consegnato.

Cunsignatàriu. s. m. T. leg. Colui al quale è stata consegnata una cosa: depositario, consegnatario (Ugolini non l’ammette).

Cunsignaturi. verb. m. Chi consegna: consegnatore.

Cunsignazioni. s. f. Il consegnare: consegnazione.

Cunsìmili. add. Simile, ma ha più forza: consimile. Sup. cunsimilissimu: consimilissimo.

Cunsimilitùtini. s. f. L’esser consimile: consimilitudine (Mort.).

Cunsintàniu. V. consentàniu.

Cunsintimentu. s. m. L’atto del consentire: consentimento. || Accordo, corrispondenza delle parti, quasi sentimento comune: consentimento.

Cunsintìri. v. intr. ass. Concorrere nella medesima opinione, quasi sentire insieme; concedere, contentarsene: consentire. || V. accunsintiri. P. pass. cunsintutu: consentito.

Cunsiguiri. V. consequiri e derivati.

Cunsirvàbbili. add. Atto a potersi conservare: conservabile.

Cunsirvari. v. a. Tenere nel suo essere, salvare, mantenere, difendere: conservare. || Mantenere in buono stato cose che vadano a deteriorare, preservare: conservare. || Tener in serbo: serbare. || rifl. Mantenersi nel medesimo stato: conservarsi. || prov. è megghiu sapiri cunsirvari la robba ca sapirila acquistari: chi sa acquistare e non custodire, può ire a morire. P. pass. cunsirvatu: conservato.

Cunsirvaturi. verb. Chi o che conserva: conservatore –trice.

Cunsirvazioni. s. f. Il conservare: conservazione, conservagione. || Dagli antiquari, lo stato delle medaglie, pitture, ecc. ben conservate: conservazione. || – d’ipotechi V. iscrizioni.

Cunsistenti. add. Che consiste: consistente. || Tenace, viscoso: consistente. || età cunsistenti, giunta all’ultimo termine di suo incremento: età consistente. Sup. cunsistentissimu: contistentissimo.

Cunsistenza. s. f. Il consistere: consistenza. || Quello stato di alcuni fluidi, che si condensano: consistenza. || Colmo, ultimo termine di qualsiasi incremento: consistenza. || Il complesso, l’aggregato di tutte le parti di un edifizio.

Cunsìstiri. v. intr. ass. Aver il fondamento, aver l’essere: consistere. || Parlandosi di ciò che vi è di più importante in un affare diciamo: lu megghiu e lu cchiù cunsisti ddocu: il punto principale consiste in... P. pass. cunsistutu: consistito.

Cunsistoru. V. concistòriu.

Cunsolidari. V. consolidari e derivati.

Cunsollu. s. m. Arnese di legno, per riporvi suppellettili di lusso: consolle (Fanf. Casa Fior.) (Fr. console: mensola).

Cunsolu. s. m. V. cunsulazioni (A. V. ital. consolo). || V. cunsollu. || Presente di vivande ed altri ristori, solito farsi alle famiglie a cui sia nel momento morto alcuno: consolamento, imbandizione funerea.

Cunsorti. V. consorti.

Cunsoru. s. f. (Mal.). Ciascuna di quelle che appartengono alla medesima congregazione: consorella.

Cunsuetu. V. consuetu.

Cunsuitùtini. V. consuetudini.

Cunsulàbbili. add. Che può essere consolato.

Cunsulamentu. s. m. L’atto del consolare: consolamento.

Cunsulàmini. Nella frase fari lu cunsulamini, rallegrarsi con alcuno: dar i mirallegro.

Cunsulari. v. a. Alleggerir il dolor altrui, dare conforto: consolare. || Compiacere: consolare. || Ricreare: consolare. E ironicamente: conciare per le feste. || rifl. Darsi conforto: consolarsi, congratularsi. P. pres. cunsulanti: consolante. P. pass. cunsulatu: consolato.

Cunsulari. add. Appartenente a console: consolare. || Detto di strada pubblica tra paese e paese, larga: consolare.

Cunsulatamenti. avv. Con consolazione: consolatamente.

Cunsulàticu. V. cunsulatu (A. V. ital. consolatico).

Cunsulatissimu. add. sup. Consolatissimo.

Cunsulativu. add. Atto a consolare: consolativo.

Cunsulatu. s. m. Officio, dignità di console: consolato. || Luogo dove i consoli risiedono: consolato.

Cunsulatuni. add. accr. di cunsulatu: molto consolato.

Cunsulaturi –trici. verb. Chi o che consola: consolatore –trice.

Cunsulazioni. s. f. Il consolare, conforto: consolazione. || Persona per cui si ha consolazione: consolazione.

Cunsulaziunedda. s. f. dim. Piccola consolazione.

Cunsulenti. add. Membro d’un consiglio, o consulta: consulente.

Cunsulissa. s. f. Moglie del console: consolessa.

Cunsulta. s. f. Consultazione, conferenza di più persone che consultano: consulta. || Coloro che consultano insieme: consulta. || consulta di medici, – d’avvocati, radunanza di medici, avvocati, per consultare: consulto V. giunta. || Il consiglio che riceve il Principe da’ Magistrati ecc.: consulta. || Corpo di suprema magistratura per le cose di Stato: consulta. [p. 271 modifica]

Cunsultari. v.intr. Far consulta, esaminare qual partito prendere: consultare. || Cercare consiglio da altri o da’ libri: consultare. || Per cunsigghiari V. P. pres. consultanti: consultante. P. pass. consultatu: consultato.

Cunsultazioni. s. f. Consiglio, discorso: consulto. || Raunanza di medici, d’avvocati per consultare: consultazione.

Cunsultivamenti. avv. In modo consultivo: consultivamente.

Cunsultivu. add. Alto a consultare, consultorio: consultivo. || votu cunsultivu, voto di chi non ha facoltà di decidere: voto consultivo. || cammara cunsultiva, l’unione di talune persone incaricate di provvedere a certi affari del commercio.

Cunsultòriu. add. Dicesi di persona o di cosa atta a dar parere o consiglio: consultorio.

Cunsulturi. verb. Chi o che consulta: consultare. || Titolo di uomo che abbia particolar incarico presso il Principe: consultore.

Cùnsulu. s. m. Magistrato nella repubblica romana: console, consolo. || I governanti di alcune città o provincie a’ tempi di Roma: console. || Magistrato delle arti: console. || Capo di alcuna adunanza: console. || L’incaricato de’ governi stranieri dimorante nelle città marittime per invigilare ai proprî connazionali: console. || Per cunsolu V.

Cunsumàbbili. add. Atto ad essere consumato: consumabile.

Cunsumamentu. s. m. L’atto del consumare: consumamento.

Cunsumari. v. a. Togliere l’essere, distruggere: consumare. || – lu tempu ’ntra ’na cosa, impiegarvisi di continuo: consumar il tempo, la fatica. || – ad unu, farlo impoverire: consumarlo, disertarlo. || cunsumàrisi: rovinarsi. || Impoverire: consumarsi. || Struggersi di desìo: consumarsi. || Intisichire, dimagrarsi: consumarsi. || Venir meno, finire: consumarsi. || met. L’azione di alcuna passione sull’animo: consumare. || Diminuir gradatamente la mole di checchessia: consumare. || Detto di matrimonio, delitto ecc. compimento: consumar il matrimonio, col coito; – un delitto, col farlo. || – un paisi, disertarlo di vettovaglie: consumar un paese.

Cunsumativu. add. Atto a consumare: consumativo.

Cunsumatu. add. Da cunsumari: consumato, in tutti i sensi. || dottu cunsumatu, bravo, esperto: dotto consumato. || brodu cunsumatu V. cunsumè. Sup. cunsumatissimu: consumatissimo.

Cunsumaturi –trici –tura. verb. Chi o che consuma: consumatore –trice.

Cunsumazioni. s. f. Il consumare: consumazione. || Rovina, fine compiuto: consumazione. || – di matrimoniu, il coito: consumazione del matrimonio. || – di dilittu, l’averlo commesso: consumazione del delitto.

Cunsumè. s. m. o add. brodu cunsumè. Brodo nel quale abbiano bollito polli o altro tanto che vi siansi consumati dentro: consumato, s. || Brodo ridotto a piccola quantità per essere sostanzioso: consumato (Fr. consommé).

Cunsumu. V. consumu.

Cunsunari. V. consonari e derivati.

Cunsuntìbbili. add. T. leg. Detto di mobili o commestibili, soggetto a consumarsi: consuntibile.

Cunsuntivu. V. cunsumativu. E dicesi de’ rimedi che hanno virtù di dissolvere e consumare: consuntivo.

Cunsuntu. add. e s. Infermo che dà nel tisico: consunto.

Cunsunturi. V. consunturi.

Cunsunzioni. s. f. Consumazione: consunzione. || T. med. Male prodotto da polmoni ulcerati: tisichezza, consunzione.

Cunsustanziali. add. T. teol. Della stessa sostanza, è attributo delle persone divine: consustanziale (Mort.).

Cunta. s. f. Il contare: contamento.

Cuntàbbili. V. contàbbili.

Cuntadinazzu. V. viddanazzu: contadinaccio.

Cuntadineddu. V. viddaneddu: contadinello.

Cuntadiniscamenti. V. viddaniscamenti: contadinescamente.

Cuntadiniscu. V. viddaniscu: contadinesco.

Cuntadinu. V. viddanu.

Cuntadinu. add. Contadinesco: contadino. || a la cuntadina, posto avv., alla foggia de’ contadini.

Cuntadu. s. m. Campagna intorno alla città: contado. || Dominio del conte: contea. E particolarmente la contea di Modica.

Cuntàggiu. s. m. Male attaccaticcio, e segnatamente la peste: contagio. || Quella materia impercettibile per cui il male passa da uno a un altro: contagio. || Influenza del male che si appicca: contagione, contagio. || met. Dicesi de’ vizî, delle eresie ecc.: contagio.

Cuntaggiusamenti. avv. Per via di contagio: contagiosamente.

Cuntaggiusu. add. Atto per sua natura ad appiccarsi: contagioso. || met. Delle persone o cose viziose: contagioso. Sup. cuntaggiusissimu: contagiosissimo.

Cuntaminari. V. contaminari.

Cuntanti. add. Che conta: contante. || Detto di danaro, effettivo e pronto: danaro contante. E si usa s.: contante, contanti. || di cuntanti o ’n cuntanti, col pagamento pronto e in effettivo: di contante o in contante. || sèrviri di cuntanti, fig. trattandosi d’ingegno, di scienza e simile, esser pronto sempre: aver alcuna cosa in contanti. || In prov. accattari ’n cuntanti e vinniri in cridenza, dover aspettare o andar in luogo onde esser soddisfatto di cosa, per la quale avere, si è speso del proprio. || aviri bellu cuntanti, aver capitale in danaro: essere in sui contanti.

Cuntareddu. V. cunticeddu.

Cuntari. v. a. Numerare, annoverare, raccorre per numero: contare. || Pagare: contare. || Dar prezzo, valutare: contare. || Far conto, stimare, reputare: contare. || Dire, narrare: raccontare, contare. || Prov. cuntari li così a versu sò, o cuntari la menza missa, non dir la cosa per l’appunto, ma a modo proprio: essere doppio, voler simulare. || a mia chi mi cuntati? o mi lu cuntati a ’mmatula o chi sacciu chi mi cuntati! parole di chi non vuole intromettersi in affari altrui: che mi state a dire? || quannu si cunta è nenti, quando uno narra i suoi pericoli è segno che non vi è rimasto vittima. || mi l’hai a cuntari! minaccia che si fa a chi si vuol fare un male o chi si mette in pericoli. E si dice ogni volta che introviene o si [p. 272 modifica]minaccia del male; p. e. nun la cuntirai. Guerrazzi ha: certo e’ non l’avria contata, (il Vicerè Toledo bravava contro il popolo insorto), cioè sarebbe stato tagliato in pezzi. || cuntari ad unu li passi, o li pidati o li vuccuna, spiarlo, star attento a ciò ch’egli fa: contar i passi. || cu’ veni appressu cunta li pidati, ci penseranno i posteri all’avvenire: chi è addietro serri l’uscio. || nun cuntari migghia cu unu, conoscerlo furbo in grado estremo. || intr. ass. Aver autorità, vaglia: contare. Onde; nun cuntari, non aver voce in capitolo: non contare. || cosi di cuntarisi, curiose, chiassose, perniciose: cose da dirsene. || cu’ cunta sgarra, e cu’ camina truppica, ognuno ne sbaglia, sol chi non fa nulla non può sbagliare, ma neppure indovinare: chi cammina inciampa, o chi fa falla. || Prov. cunta cu mmia ssa rrobba, si dice a chi voglia dar ad intendere cose che non son vere: questa carota non entra o non la gabello, son baje, abballa ch’io lego. || in menu chi vi lu cuntu, in tempo brevissimo: in men che vel dico. || nun vi dicu e nun vi cuntu, modo di dire volendo esprimere maravigliosa quantità o che: non istò a dirvi. || fari cuntari li scaluna: far tombolare giù per le scale. || aviri chi cuntari, essergli avvenute di molte cose: aver che contare (Di Giovanni). || cu’ cunta metti la junta, chi racconta vi aggiunge le frange || cosi cuntati criditinni metati, perchè ognuno vi ha aggiunto del suo. || cuntari l’olivi ad unu, voler rendere ragione a cui non gli prema o a cui prema il contrario: contare le sue ragioni ai birri. || cuntari chiàcchiari: ficcar carote, dar baggiane. || cuntari ciciri e favi, riferir cose disordinatamente e senza connessione e conclusione: dir cesti e canestri, dir chicchi e bachicchi. || fari cuntari lu quaranta, obbligare altrui con superiorità a raccontar quel che a noi piace: far bollire e mal cuocere. || essiri unu chi cunta: esser di conto. || cci nni cuntau quantu cchiù nni vosi, fig. dicesi di chi ha menato le mani addosso ad alcuno, il che dicesi pure: cci li detti tira e cunta: e’ l’ha pagato di contanti. || cosi di cuntalli a lu medicu, cose gravi, penose, dalle quali è assai malagevole ad uscire. || comu arrinesci si cunta, come va va: segua quel che sa seguire. P. pass. cuntatu: contato ecc.

Cuntata. s. f. L’azione del contare: contata (V. participiu).

Cuntatedda. s. f. dim. Contatina.

Cuntatinu. V. viddanu.

Cuntattu. V. contattu.

Cuntatu. V. cuntadu.

Cuntaturi. verb. m. Chi o che conta, narra: contatore. || Chi esercita l’arte di tener conti: computista. || Chi è buon a riveder conti ecc.: ragioniere. || Si dice anco a chi paga i denari in un Banco: pagatore.

Cuntaturìa. s. f. Luogo dove i computisti e i ragionieri hanno l’ufficio.

Cuntèa. s. f. Dominio del conte: contea.

Cuntegnu. s. m. Condotta esterna ne’ gesti, negli atti, con gravità per non dispiacere, ristuccare: contegno. || Fasto, sicumera: contegno, contegna. Onde trattari cu cuntegnu, con poca affabilità e gravemente: usar con contegno. || stari ’n cuntegnu, stare sul grave, con fasto: star in contegno.

Cuntendenti. V. cuntendituri.

Cuntèndiri. v. a. e intr. Contraddire, questionare: contendere. || Sforzarsi, affaticarsi: contendere. || Vietare: contendere. P. pass. cuntisu: conteso.

Cuntendituri –trici. verb. Chi o che contende: contenditore –trice, contendente.

Cuntèniri. v. a. Tener dentro di sè: contenere. E dicesi anco delle cose che sono in un libro. || Raffrenare, ritener in limiti: contenere. || rifl. Star in contegno: contenersi. || Raffrenar l’appetito di checchessia: contenersi. || sapirisi cunteniri, saper dirigersi con moderazione: sapersi diportare.

Cuntentamentu. V. cuntintamentu.

Cuntenti. add. contentato, lieto, allegro: contento. || Per cuntintatu: contento. || Prov. cu’ suspira nun è cuntenti, chi sospira non è contento || cu’ è cuntenti è pazzu: chi è contento è pazzo, poichè è una illusione. || nuddu è cuntenti di la so’ sorti, ognuno spera dippiù. || si vui vuliti campari cuntenti, vutativi d’arreri e no davanti: se tu vuoi viver lieto, non ti guardar dinnanzi ma di dietro. || sempri stenta cu’ mai è cuntenti: sempre stenta chi mai si contenta. Sup. cuntintissimu: contentissimo.

Cuntentu. s. m. Piacere prodotto da desiderio soddisfatto: contento.

Cunteri. s. m. Chi conta, narra: novelliere. || Contastorie. || Spia: referendario.

Cuntentu. V. contestu.

Cunticeddu. s. m. dim. di cuntu: conticino. || Piccolo racconto: contarello, raccontino.

Cuntiggiamentu. s. m. Il conteggiare: conteggiamento.

Cuntiggiari. v. a. e intr. ass. Far i conti, metter in conto: conteggiare. P. pass. cuntiggiatu: conteggiato.

Cuntiggiu. V. cuntiggiamentu.

Cuntignusu. add. Che ha contegno: contegnoso. Sup. cuntignusissimu: contegnosissimo.

Cuntiguità. s. f. Astratto di cuntiguu: contiguità. || Stato di due cose che si toccano: contiguità.

Cuntiguu. add. Allato, accosto, rasente: contiguo.

Cuntimpiramentu. s. m. L’atto e l’effetto del contemperare: contemperamento.

Cuntimpiranza. s. f. Il contemperare: contemperanza.

Cuntimpirari. v. a. Ridurre una cosa al temperamento di un’altra: contemperare. || Mitigare, moderare: contemperare. P. pass. cuntimpiratu: contemperato.

Cuntimpirazioni. s. f. Contemperanza: contemperazione.

Cuntimplàbbili. add. Degno d’esser contemplato: contemplabile.

Cuntimplamentu. s. m. L’atto del contemplare: contemplamento.

Cuntimplari. v. a. Affissar la mente, il pensiero, considerar attentamente cogli occhi e colla mente: contemplare. P. pres. cuntimplanti: contemplante.

Cuntimplativa. s. f. La facoltà di contemplare: contemplativa.

Cuntimplativu. s. m. Colui che è dato alla vita [p. 273 modifica]contemplativa: contemplativo. || add. Dedito o acconcio a contemplare: contemplativo.

Cuntimplatu. add. Da cuntimplari: contemplato. || T. leg. Provveduto, considerato: contemplato.

Cuntimplaturi –trici. verb. Chi o che contempla: contemplatore –trice.

Cuntimplazioni. s. f. Il contemplare; e presso i teologi, semplice amorosa vista di Dio come presente all’anima: contemplazione. || a cuntimplazioni, posto avv., a piacimento, a cagione: a contemplazione. || stari in cuntimplazioni: contemplare. E per sim.: non cavar le mani da cintola.

Cuntimpuràniu. V. contemporàniu.

Cuntindenti. V. cuntendituri.

Cuntinentali. s. m. Di continente o abitante di continente: continentale.

Cuntinenti. add. e s. Che contiene: continente, contenente. || Quegli che ha virtù di contenenza: continente. || T. geog. Terraferma: continente. Sup. cuntinentissimu: continentissimo.

Cuntinentimenti. avv. Con continenza: continentemente.

Cuntinenza. s. f. Il contenere: continenza. || Contegno, sobrietà: continenza. || Quella virtù per la quale l’uomo si sa temperare e contenere: continenza.

Cuntinìri. V. cuntèniri.

Cuntintàbbili. add. Degno d’essere contentato o che si contenta facilmente: contentabile. Sup. cuntintabbilissimu: contentabilissimo.

Cuntintamenti. avv. In modo contento: contentamente.

Cuntintamentu. s. m. L’alto del contentarsi: contentamento. || Condiscendenza, permissione: consentimento. || attu di cuntintamentu, permission legale che dànno i genitori al figlio o alla figlia che voglia accasarsi.

Cuntintari. v. a. Soddisfare, adempire l’altrui voglia: contentare. || v. intr. Piacere, aggradire: contentare. || rifl. pass. Restar soddisfatto: contentarsi. || Consentire: contentarsi. || cuntintarisi di li così comu vennu o como sù, prov. pigliar le cose com’elle vengono: non la voler nè più cotta, nè più cruda. || cu’ si cuntenta godi, sta tutta la felicità nel non bramar troppo: chi si contenta gode. P. pass. cuntintatu: contentato.

Cuntintatura. s. f. La disposizione del contentarsi: contentatura.

Cuntintaturi –trici. verb. Chi o che contenta: contentatore –trice.

Cuntintizza. s. f. Sentimento d’uomo ilare perchè si contenta, e più abituale, più stabile del contento: contentezza. || Godimento, allegrezza, ma un po’ meno: contentezza. || nnimici di la cuntintizza, quegli uomini cupi, permalosi: guastafeste. || la cuntintizza veni di lu cori, infatti: cuor contento e sacco al collo. || la cuntintizza va cu l’anni, si ricordano i godimenti della gioventù e si rimpiange quel tempo, non la giovinezza, per cui alcuni vecchi i quali furon giovani durante il dispotismo rimpiangono esso, non la gioventù perduta che è la causa del loro mal’essere. || vali cchiù la cuntintizza di lu cori chi tutti li tesori di lu munnu: cuor contento gran talento. || aviri cuntintizzi granni, aver grandissima allegrezza: avere una allegrezza a cielo.

Cuntintuni. add. accr. di cuntenti.

Cuntinu. s. m. dim. di conti: contino.

Continua. s. f. Continuazione: continua. || Febbre continua: contina (A. V. ital.).

Cuntinuàbbili. add. Che può continuarsi: continuabile.

Cuntinuamenti. avv. In modo non separato, non interrotto, ancorchè adagio, sino al fine: continuamente.

Cuntinuamentu. s. m. L’atto del continuare: continuamento.

Cuntinuanza. s. f. L’esser continuo: continuanza.

Cuntinuari. v. a. Far continuo, seguitare: continuare, continovare. || intr. Durare, prolungarsi: continuare. || Esser attaccato, congiunto: continuare. P. pres. continuanti: continuante. P. pass. cuntinuatu: continuato.

Cuntinuatamenti. avv. In modo continuo, che ancorchè interrotto sempre ricomincia e con piccoli intervalli: continuatamente.

Cuntinuatissimamenti. avv. sup. continuatissimamente.

Cuntinuativu. add. T. gramm. Ch’esprime coutinuazione: continuativo.

Cuntinuaturi. verb. m. Che continua, cosa sua o d’altrui: continuatore.

Cuntinuazioni. s. f. Il continuare: continuazione. || La cosa, che fa seguito: continuazione.

Cuntinuità, Cuntinuitati. s. f. Astratto di cuntinuu: continuità, continuitade, continuitate. || liggi di cuntinuità, quella per cui la natura non opera verun cangiamento che per gradi insensibili: legge di continuità.

Cuntinutu. add. Da cuntiniri: contenuto. || s. Ciò che è dentro il continente: contenuto.

Cuntinuu. add. Che seguita in tutti i momenti, in tutto lo spazio, non interrotto: continuo. || di cuntinuu e di cuntinu (per la rima), continuamente: di continuo. Sup. cuntinuissimu: continuissimo.

Cuntinziusu. V. contenziusu.

Cuntisa. s. f. Il contendere, lite: contesa. || Talora: ragionamento.

Cuntissa. s. f. La moglie del conte: contessa.

Cuntissina, Cuntissinedda. s. m. dim. e vezz. Contessina.

Cuntista. V. cuntaturi: contista.

Cuntistàbbili. V. contistàbbili.

Cuntitulari. add. T. eccl. Detto di chiesa, intitolata al medesimo santo: contitolare.

Cuntorcimentu. s. m. L’atto del contorcersi: contorcimento.

Cuntòrciri. v. a. Ritorcere, rivolgere: contorcere. || rifl. a. Quel rivolgere di membra che si fa talora o per dolore o per altro: contorcersi. P. pass. cuntortu e cunturciutu: contorto.

Cuntornu. s. m. Lo spazio circonvicino alla cosa di cui si parla: contorno. || Lineamento estremo attorno la figura: contorno. || Qualunque ornamento che attornia un lavoro: contorno.

Cuntrabbannu. V. contrabbannu e derivati.

Cuntradanza. V. contradanza.

Cuntradiari. V. cuntrariari.

Cuntradìciri, Cuntradiri e derivati. V. contradiri.

Cuntrafari. V. contrafari. [p. 274 modifica]

Cuntràiri.v. a. Stabilire concordevolmente, conchiudere un accordo: contrarre, contraere. || Attrarre, trarre a sè, e dicesi di malattie, nimistà ecc.: contrarre. || Far la promessa pelle nozze, e l’atto del maritaggio: contrarre. || Raggrinzare, restringere: contrarre. P. pass. cuntrattu: contratto.

Cuntraltu. V. contraltu.

Cuntrapisari. V. contrapisari e derivati.

Cuntrapòniri. V. contrapòniri.

Cuntraria (A la. V. cuntrariu (a lu.

Cuntrariamenti. avv. In modo contrario: contrariamente.

Cuntrariari. v. a. Dir contro, opporsi: contrariare, contradiare. || Operar in contrario, andar contro: contrariare. P. pass. cuntrariatu: contrariato.

Cuntrariità, Cuntrariitati. s. f. Astratto di contrario: contrarietà, contrarietade, contrarietate. || Avversità, tribolazione: contrarietà. || Inimicizia, ostilità, malvagità: contrarietà.

Cuntràriu. s. m. Cosa contraria: contrario. || a lu cuntrariu, al rovescio, a ritroso: al contrario. || in cuntrariu, per contro, che provi il contrario: in contrario.

Cuntràriu. add. Di quelle cose che stanno fra loro in tutto e per tutto all’opposto: contrario. || Avverso, disfavorevole, non prospero, non salutare: contrario. || Per nnimicu V.

Cuntrariusu. add. Lo stesso che contrario; che contraria sempre: contrarioso (A. V. ital.). || Per oppositore: cacadubbi.

Cuntrasignari. V. contrasignari.

Cuntrastàbbili. add. Che si può contrastare: contrastabile. Sup. cuntrastabbilissimu: contrastabilissimo.

Cuntrastabbilmenti. avv. In modo contrastabile: contrastabilmente.

Cuntrastamentu. s. m. Il contrastare: contrastamento.

Cuntrastari. v. a. Star contro, opporsi: contrastare. || Gareggiare, stare o porsi a petto, al confronto, a gara: contrastare. || Pretendere lo stesso che pretende un altro e sforzarsi d’acquistarlo: contrastare. || Affaticarsi molto intorno a una cosa stentando e sormontando ostacoli: travagliare, ajutarsi colle mani e coi piedi. P. pres. cuntrastanti: contrastante. P. pass. cuntrastatu: contrastato.

Cuntrastaturi. verb. m. Che contrasta: contrastatore.

Cuntrasteri. add. freq. di cuntrastaturi, molto inchinevole ai piati: contenditore.

Cuntrasticeddu. s. m. dim. di cuntrastu: piccolo contrasto. || Lieve rissa.

Cuntrastu. s. m. Il contrastare: contrasto. || Litigio, piato, alterazione: contesa. || Presso i pittori è la varietà di tutte le parti: contrasto.

Cuntrastusu. add. Che volentieri litiga, piatisce: beccaliti, contenzioso. || Importuno, noioso: increscevole.

Cuntrata. s. f. Strada, contorno di luogo abitato: contrada. || Paese, vicinato: contrada (A. V. ital. contrata. B. Jacopone).

Cuntrattàbbili. add. Mercantile, che si può contrattare: contrattabile.

Cuntrattamentu. s. m. Contrattazione: contrattamento.

Cuntrattari. v. a. Trattare di vendere o comperare o impiegare: contrattare. || Promettere, e obbligarsi per atto pubblico: contrattare. P. pres. cuntrattanti: contrattante. P. pass. cuntrattatu: contratto.

Cuntrattazioni. s. f. Il contrattare: contrattazione.

Cuntrattu. s. m. Scrittura pubblica che stabilisce le convenzioni: contratto. || L’atto stesso del contrattare, convenzione, che ha cagioni della legge, onde ne nasce la obbligazione: contratto. || la me’ parola è cchiù di cuntrattu, modo prov., di chi non ardisce violare le sue promesse. || li me’ paroli su’ cuntratti cancillati, non son ascoltate. || e chi cci havi a fari lu cuntrattu, si dice a chi indugia troppo a far checchessia.

Cuntrattura. s. f. Accorciamento di nervi e di muscoli: contrattura.

Cuntravenzioni. V. contravenzioni.

Cuntrazioni. s. f. Il contrarsi dei muscoli o dei nervi: contrazione.

Cuntri, s. f. pl. T. mar. Nome che si dà a quattro grosse funi, due delle quali sono attaccate alle bugne della maggior vela e le altre a quelle di trinchetto e servon a tirare verso prua le bugne di sopravento di dette vele: contre (Zan. Voc. Met.).

Cuntribbuiri. V. contribbuiri e derivati.

Cuntristari. V. contristari.

Cuntritamenti. avv. Con contrizione: contritamente.

Cuntritu. add. Che ha contrizione, pentito con dolore d’animo dei falli commessi: contrito.

Cuntrizioni. s. f. Dolore volontariamente preso dei peccati commessi: contrizione e dim.: contrizioncella.

Cuntu. s. m. Calcolo, ragione; e presso i mercanti è il registro delle partite: conto. || – apertu, non saldato: conto aperto o acceso. || – chiusu o saldatu, quello già pareggiato: conto spento, saldato. || – currenti, che tuttavia vi s’aggiungono partite: conto corrente. || – fermu, a cui non si possono contraporre partite fino al tempo o condizione prefissa: conto fermo. || – mortu, quello che non fa creditore o debitore, ma si tiene per comodo di scrittura: conto morto. || – ’ntra l’aria, non esatto, per approssimazione: conto mal corrispondente. || cunti fradici, ove sotto ci sia magagna: conti maliziati. || sapiri fari di cuntu, conoscere la aritmetica o il calcolo: saper fare di conto. || prov. cuntu malu fattu si pò fari arreri, che l’errore si può correggere: conto errato si rifà. || fari li cunti a versu so’, a suo pгo solo: far i conti per sè. || – chi nun spunta, che non riesce a segno: conto che non torna. || vidiri comu nesci un cuntu, vedere se riesce: veder se i conti battono. || pagari o riciviri a cuntu, per tenersene ragione di poi: dare o prender denaro a conto. || fari o tirari li cunti, riscontrar le ragioni: far i conti. || aggiustari li cunti cu unu, veder chi ha a ricevere e quanto: liquidar i conti con uno. || teniri cuntu, far conto, tener a memoria: tener conto. Risparmiare, o aver cura: tener conto di... Osservare, riflettere: tener conto. || comu si lu cuntu nun fussi so, si dice a chi dà a divedere non appartenergli una cosa: come se [p. 275 modifica]non fosse suo fatto. || pigghiari cuntu d’unu, prenderne notizie: chiarirsi di alcuno. || fari lu cuntu senza l’osti, determinare senza il consenso dell’altra parte: far i conti senza l’oste. Onde; cu’ fa lu cuntu senza l’osti l’havi a fari dui voti: chi fa i conti avanti l’oste, gli convien farli due volte, cioè non sempre riescon le cose determinate senza l’altrui consenso. || dari cuntu o tuttu lu cuntu ad unu: favoreggiarlo. E dargli retta, ascolto. || nun dari cuntu: non dar retta. E lasciar dire per non bisticciarsi. || dari lu cuntu di lu papa a li sbirri, udire sbadatamente e a malincuore: far conto che passi l’imperatore. || a bon cuntu, almeno, se non altro fosse: a buon conto. || turnari cuntu, convenire: tornar, tornar conto. || cunti longhi, da non potersi finire presto, fig. Aver da ammonire o da conferire su cose importanti. || cunti spissi amicizia longa, l’amicizia non dee pregiudicar l’interesse: conti spessi, amicizia lunga. || dari cuntu d’una cosa, renderne ragione: dar conto. || dumannari cunti, farisi dari cuntu, farsi rendere ragione: farsi render conto, chieder conto. E farsi dare notizie. || omu di cuntu, di reputazione: uomo di conto. || renniri cuntu, giustificarsi: render conto. || a cunti fatti, ponderato il prò e il contro: a conti fatti. || livari un cuntu di ’mmenzu o nun tèniri cunti longhi, pareggiarli: levare, tagliar un conto. || sapiri lu cuntu so’, e chiddu d’autru, esser accorto avveduto, o bravo in checchessia: saper il conto suo. || farisi lu so’ cuntu: disporre le cose in suo favore: civanzarsi. || essiri ’n’autru cuntu, un altro par di maniche: un altro conto. || fari o trattari a cuntu di ’n autru, farne le veci. || a lu fini di lu cuntu o a lu fari lu cuntu, a considerarla bene: in fin dei conti, al far de’ conti. || pri cuntu mio, tuo, per la parte mia, per causa mia: per conto mio, tuo. || a cuntu d’unu, posto avv., a posta d’alcuno: a conto di alcuno, o ad interesse di alcuno. || un cuntu d’ovaV. ovu. || fari cuntu, supporre, porre caso, è anco stabilire: far conto. || Pregio, stima; fari cuntu di unu, averlo in istima, fidarsegli: far conto d’alcuno. || senza cuntu, assai innumerevoli: senza conto. || Per racconto, narrazione: racconto, conto. Nella Tavola ritonda: qui dice lo conto ecc. || lu cuntu di l’orca, discorso lungo e nojoso: tiritera, lungagnola. || Per favola, ciancia: fiaba. || ’nchiappi di cunti, viluppi da favole, intricati e senza prò. || fari lu cuntu, dicon le balie, delle prime voci inarticolate che fa il bambolino. || ddu cuntu, per esprimere cosa di cui si abbia già intelligenza: quell’affare. || cuntari lu cuntu: raccontar la novella. E si dice di que’ conti che contan i narrastorie di piazza, che son per lo più le imprese de’ Paladini, del Guerrino ecc. || fa cuntu, per esempio, poniamo che: poni caso. || nun renniri lu cuntu, non riuscire: non tornare bene, non tornare. || fari comu lu cuntu chi si dici, modo di rassegnarsi, condiscendere. || scurzari lu cuntu; metter a tara il conto. || Prov. un cuntu fa lu sceccu e n’autru nni fa lu vurdunaru, quando uno si crede aver fatto egli; mentre dipende da altro: una ne pensa l’asino e sette l’asinajo.

Cuntumaci. V. contumaci.

Cunturbari e derivati. V. conturbari.

Cunturcimentu. V. cuntorcimentu.

Cunturnari. v. a. Far i contorni alle pitture: contornare. || E generalmente far un contorno a checchessia: contornare. || Fare i chiaroscuri in un disegno a lapis: contornare P. pass. cunturnatu: contornato.

Cuntusioni. V. contusioni.

Cuntuttucchì. avv. V. cuttuttucchì.

Cuntuttucciò. V. cuttuttuchissu.

Cunucchiaru. s. m. Chi fa le rocche, conocchie.

Cunucchiata. s. f. Quantità di lino, lana o altro che si mette in una volta sulla rocca: pennecchio. || E se già è posto in sulla rocca: conocchia, roccata. || Colpo di rocca: roccata.

Cunucchiedda. s. f. dim. di cunocchia: rocchetta. || Per vezzo si dice a pulzelletta gentile, gracilina, acconcia.

Cunurtari. V. cunfurtari (Sp. conhortar: confortare).

Cunùsciri. V. canùsciri.

Cunustanti. avv. Non ostante, benchè.

Cunvaliscenza. V. convaliscenza.

Cunvegna. V. cummegna.

Cunvèniu. V. cunvinìri.

Cunvèniu. V. cummegna.

Cunventu. s. m. Abitazione di frati: convento. || I frati stessi che l’abitano: convento. || Per qualunque brigata, pur non di frati.

Cunvenzioni. V. convenzioni.

Cunversu. s. m. Chi porta l’abito fratesco ed è laico: converso e f.: conversa.

Cunvèrtiri. v. a. Trasmutare, volgere cambiando: convertire, convertere. || rifl. Convertirsi. || Detto del cibo che passa in sostanza: convertirsi. || a. Impiegare il danaro in derrate ad oggetto di traffico: convertire. || Fare rivolgere la mente dal male al bene: convertire. || Per sim. far mutare pensiero, volontà: convertire. || rifl. Riconoscere i suoi errori, e averne pentimento: ravvedersi, convertirsi. || T. mil. Far conversione a destra o a sinistra: convertirsi. || a. Ridurre alla ubbidienza: convertire. || Assegnare, destinare: convertire. P. pass. cunvirtutu e cunversu: convertito e converso.

Cunvessu. V. convessu.

Cunvicinu. add. Vicino, intorno intorno: convicino, circonvicino. || s. Vicinità, contrada. || ’ntra sti cunvicini, ne’ luoghi o tempi vicini a noi: in queste contrade, ultimamente.

Cunvincenti. add. Che convince: convincente. Sup. cunvincentissimu: convincentissimo.

Cunvincentimenti. avv. In modo convincente: convincentemente.

Cunvincentissimamenti. avv. sup. Convincentissimamente.

Cunvincimentu. s. m. Il convincere: convincimento.

Cunvìnciri. v. a. Costringere altrui a credere o confessare vera o falsa alcuna cosa; riguarda l’intelletto: convincere. || Provar altrui il suo delitto: convincere. || rifl. Conoscersi, comprendersi chiaramente: convincere. P. pass. cunvintu: convinto.

Cunvincitivu. add. Atto a convincere: convincitivo.

Cunvinèvuli. s. m. Convenienza: convenevole. || [p. 276 modifica]fari li cunvinèvuli, far le cerimonie: far i convenevoli.

Cunvinèvuli. add. Conforme al dovere, conveniente: convenevole. Sup. cunvinevulissimu: convenevolissimo.

Cunvinienti. add. Convenevole, da farsi: conveniente. Sup. cunvenientissimu: convenientissimo.

Cunvinientimenti. avv. Con convenevolezza, con decoro: convenientemente.

Cunvinientissimamenti. avv. sup. Convenientissimamente.

Cunvinienza. s. f. Dicevolezza di ciò che si fa, convenevolezza: convenienza. || Proporzione, accordo, somiglianza: convenienza. || Cerimonia: convenienza. || fari ’na cosa pri cunvinienza, non di tutto genio, ma per non discordare del parere altrui: per compiacenza. || passari la cunvinienza di ’na cosa, darne notizia, partecipazione: dar contezza, informare, significare. || aviri tutti li cunvinienzi, tutti i suoi agi: star in panciolle. || livari cunvinienzi, torre gl’inconvenienti, schivare le occasioni di lite ecc.: evitare, schivare, tor l’agno, levar il vin da’ fiaschi. || T. pitt. Relazione delle parti accessorie colle parti essenziali: convenienza.

Cunvinìri. v. intr. Esser conveniente, non si disdire: convenire. || Venire alla stessa sentenza, pensiero, accordarsi: convenire. || Far mercato, accordarsi del prezzo: convenire. || Affarsi, esser utile, onesto: convenire. || Aver proporzione: convenire. || a. T. leg. Chiamar in giudizio: convenire. || ti cunveni, per dire ti garba? ti torna? Quindi, nun mi cunveni: non mi torna. P. pass. cunvinutu: convenuto.

Cunvintazzu. pegg. di convento: conventaccio.

Cunvinteddu. V. cunvintinu.

Cunvintìculu. V. conventìculu.

Cunvintinu. s. m. dim. di cunventu: conventino.

Cunvintolu. V. cunvintuzzu.

Cunvintuali. add. Di convento; e s. frate francescano: conventuale. || missa cunvintuali, a cui dovrebbero intervenire tutti del convento: messa conventuale.

Cunvintuni. accr. di convento.

Cunvintuni. accr. di convinto.

Cunvintuzzu. dim. e vilif. di cunventu: conventuccio.

Cunvinutu. s. m. Colui che è stato citato in giudizio: convenuto. || Per convenzione.

Cunvinzioni. s. f. Da cunvìnciri: convinzione. || Da cunviniri V. convinzioni.

Cunvirsari. V. conversari.

Cunvirsativu. add. Che conversa o si affà a conversare: conversativo.

Cunvirsaturi. verb. m. Che conversa: conversatore.

Cunvirsazioni. s. f. Il conversare, e la gente unita che conversa: conversazione. || guasta cunvirsazioni, chi non s’accomoda nelle cose di sollazzo, o pone in tutto difficoltà: bizzoccone, guastafeste.

Cunvirsaziunedda. dim. di conversazione: conversazioncella.

Cunvirsaziununa. accr. di conversazione.

Cunvirsèvuli. add. Che conversa o atto a conversare: conversevole.

Cunvirsioni. s. f. Rivolgimento: conversione.|| Il cunvèrtiri in tutti i significati: conversione.

Cunvirsivu. add. Atto a convertire o convertirsi: conversivo.

Cunvirtìbbili. add. Capace di convertirsi, di rivoltarsi: convertibile.

Cunvirtimentu. s. m. L’atto del cunvèrtiri, in

ogni senso: convertimento.

Cunvirtiri. V. cunvèrtiri.

Cunvirtituri. verb. m. Chi o che converte: convertitore.

Cunvitari. s. a. Chiamar a convito: convitare. P. pres. cunvitanti: convitante. P. pass. cunvitatu: convitato.

Cunvitatu. s. m. Colui che interviene od è chiamato a convito: convitato.

Cunvitaturi. verb. Chi o che convita: convitatore –trice.

Cunvittu. s. m. Il convivere più persone insieme: convitto. || Luogo ove si convive: convitto. || E tutti i conviventi: convitto. || V. siminariu.

Cunvitturi. verb. m. Che convive con altri: convittore V. siminarista.

Cunvitu. s. m. Pranzo o cena lauta a cui sian invitate più persone: convito. || Il mangiare che si fa insieme.

Cunvivenza. s. f. Il convivere, e il tempo del convivere: convitto.

Cunvìviri. v. intr. ass. Vivere insieme: convivere. P. pres. cunviventi: convivente. P. pass. convivutu: convivuto o convissuto.

Cunvogghiu. s. m. Accompagnatura che segue checchessia per più sicurezza, sia per mare che per terra: convoglio. || – fùnibbri, l’accompagnamento e il codazzo che fan pompa al cadavere di alcun illustre: convoglio funebre.

Cunvucàbbili. add. Da convocarsi: convocabile.

Cunvucamentu. s. m. L’atto del convocare: convocamento.

Cunvucari. v. a. Chiamare in adunanza, a parlamento o ad altro: convocare. P. pres. cunvucanti: convocante. P. pass. cunvucatu: convocato.

Cunvucaturi –trici. verb. Chi o che convoca: convocatore –trice.

Cunvucazioni. s. f. Il convocare: convocazione.

Cunvugghiari. v. a. Accompagnar checchessia per sicurezza: convogliare. P. pass. cunvugghiatu: convogliato.

Cunvulsioni. V. convulsioni.

Cunzaloru. s. m. T. agr. Chi coltiva le vigne: vignajo, vignajuolo.

Cunzamentu. s. m. L’atto del conciare, acconciare: conciamento, acconciamento.

Cunzari. v. a. Ridurre a ben essere, mettere in sesto: acconciare. || Adornare, abbellire: acconciare. || Apprestare, metter in punto: acconciare, preparare. || Aggiustare, fare: metter su. || Perfezionar le vivande co’ condimenti: acconciare. || – la tavula, stendersi la tovaglia e mettervi gli utensili da mensa: apparecchiare la tavola. || – li vini, infondervi checchessia per dar loro colore: conciare i vini. || – li peddi, – li coria, ridurle ad uso da poterne fare calzamenti, ecc. conciar le pelli, o le cuoja. || – piatti, – lemmi (catini) ecc., rabberciarne i pezzi rotti con fil di ferro: risprangare. || ironic. cunzari vale, trattar male: conciare. Detto a persona: conciare pel dì delle feste. || – lu tirrenu, – l’ortu ecc.: concimarlo: conciar il terreno. || – la [p. 277 modifica]testa ad unu, metter altrui il cervello a partito: conciar la testa ad alcuno. || T. chir. Rimetter in sesto le ossa slogate o rotte o i muscoli spostati: racconciare, rassettare. || cunzàrisi, passarsi nella pelle belletto o altro: imbellettarsi, lisciarsi. || Divenir meno brutto: rifarsi, rabbellirsi. || cunzarisi lu tempu, non piover più: rasserenarsi, racconciarsi. || pigghia ’na petra e conzala; prov. che esprime come gl’ingredienti son quelli che fanno assai. || prov. mai si conza si nun si guasta, non si può far del bene senza che non vi siano patimenti e mali. || – lu lettu, abbassarne le materasse, e acconciarne le lenzuola, insomma prepararlo per dormirvi: acconciare, fare o rifar il letto (Car. Voc. Met.). || – lu capizzu ad unu, fargli la spia, o comprometterlo altrimenti co’ superiori: far le scarpe a uno. || Divenire men brutto: acconciarsi, raffazzonarsi, imbellire. || si nun si rumpi nun si conza, dice chi voglia farla finita. || o si conza o si sburdi cchiù, si dice risolutivamente di cosa che si debba metter a pericolo o di ridurla o di guastarla del tutto: o guasto o fatto. P. pass. cunzatu: acconciato ecc.

Cunzarìa. s. f. Luogo dove si conciano le pelli: concerìa. || Luogo o strada ove si vendon le pelli: pelliccerìa.

Cunzariotu. s. m. Colui che concia le pelli: conciatore, pelacane. || Colui che vende i cuoi conci: cuojajo, cojaro.

Cunzarru. s. m. Mucchio o massa di pietre: petraja. || Rupe scoscesa: balza.

Cunzata. s. f. L’azione dell’acconciare: acconciata, conciata.

Cunzatedda. s. f. dim. di cunzata: acconciatina.

Cunzateddu. dim. e vezz. di cunzatu.

Cunzatina. V. cunzata.

Cunzatizzu. add. Mezzo racconciato: rappezzato, rabberciato.

Cunzatura. s. f. Acconciamento: conciatura. || T. legn. Ripulitura di mobili.

Cunzaturi –tura. verb. Chi o che acconcia, o concia: acconciatore –trice, conciatore –trice.

Cunzia odorata. s. f. T. bot. Pianta che ha radici tortuose, serpeggianti, nere; foglie larghe carenate, acute, non ad ombrella: cunzia. Cyperus longus L.

Cunziera. s. f. Vaso dove s’adatta la cunzia per far odore: cunziera.

Cuòciri. V. cociri.

Cupari. (Pasq. e Mal.) V. ammucciari.

Cupeddu. V. cuppella.

Cuperchiu e derivati. V. cuverchiu.

Cupìa. V. occhi di cupìa.

Cupiari. v. a. Trascrivere, rescrivere: copiare. || Dicesi de’ pittori, scultori ecc., quando non inventano, ma hanno un originale avanti: copiare. || Qualunque imitazione si faccia: copiare. P. pass. cupiatu: copiato.

Cupiata. s. f. L’azione del copiare: copiata (V. participiu).

Cupiatedda. dim. di cupiata.

Cupiatina, Cupiatura. s. f. L’atto e il risultamento del copiare: copiatura.

Cupiaturi –tura. verb. Chi o che copia, in tutti i significati: copiatore –trice.

Cupiazza. s. f. pegg. di copia: copiaccia.

Cupidiggia. s. f. Cupidità di averi e d’onori che si manifesta più sovente negli atti: cupidigia.

Cùpidu. add. Sfrenatamente desideroso: cupido (Mort.).

Cupiedda. s. f. dim. di copia: copietta.

Cupigghiuni. s. m. Cassetta da pecchie, arnia: copiglio, coviglio.

Cupioni. V. copia. Così in Catania. || nun cci putiri pigghiari cupioni, di uno o di una cosa di cui non si conosca l’umore, la struttura, o il sentimento: non ci si potere raccapezzare, non se ne poter cavare costrutto.

Cupirtizzu. V. cuvirtizzu.

Cupirtura. V. cuvirtura.

Cupista. s. m. Colui che copia scritture: copista.

Cupistarìa. s. f. Officina dove si copiano scritture: copisteria.

Cupiuni. s. m. T. teat. Il cartolare di tutta la compagnia teatrale, da dove si estraggono le parti pe’ singoli attori.

Cupiusu. V. copiusu.

Cuppedda. s. f. dim. Dicon i costruttori di navi il regalo che loro fa il capitano della nuova nave.

Cuppella. s. f. Vaso fatto di cenere di corna per cimentarvi l’argento: coppella. || argentu, oru di cuppella, affinato: argento, oro di coppella. E met. ad altre cose eccellenti nel loro genere: di coppella.

Cupperi. s. m. Colui che serve di coppa, cioè reca le bevande: coppiere.

Cuppetta. s. f. Vasetto di vetro che si applica per via di fuoco alle carni per tirar il sangue alla pelle: coppella. || Se basta la sola applicazione e non si cava sangue; cuppetti a siccu; se la carne alza e si taglia per cavarne sangue; cuppetti a sangu: coppelle a taglio, o scarificate.

Cuppïari. v. a. Prender con lusinghe o con insidie, presa la sim. da coppu, reticella per uccellare: irretire, affatappiare. || Cercar tutti i modi di guadagnarsi l’affetto altrui: aggraduirsi, aggraziarsi. P. pass. cuppiatu: irretito. || Aggraduito.

Cuppicedda. s. f. dim. di coppa: piccolo braciere.

Cuppiceddu. V. cuppiteddu.

Cuppietta. s. f. dim. di coppia: coppietta.

Cuppinata. s. f. Quanto cape un romajuolo: romajuolata.

Cuppineddu. s. m. dim. di cuppinu: romajuolino.

Cuppinu. s. m. Strumento di ferro o altro da cucina, fatto a guisa di mezza palla vuota, con manico lungo e sottile: romajuolo, romajolo. || Mestola: cazza. || Arnese di latta, tondo, alquanto concavo, con manico, che nel misurar l’olio, si tiene sotto la misura onde non ne vada a terra: piatta (Pal. Voc. Met.).

Cuppitedda. V. cuppicedda.

Cuppiteddu. dim. di coppu: cartoccino. || – di li vermi, elettuario pe’ bambini che patiscono bachi. || – di scantu, medicina che si dà a chi abbia sofferto spavento.

Cuppularu. s. m. Facitor di berrette: berrettajo.

Cuppuletta. s. f. Berretta piccola che usano i preti sulla cherica: papalina, calotta, zuccolino (a Firenze).

Cuppulìcchia. V. cuppulidda. || – bianca. T. zool. Patella color di latte. Patella lactea Biv. [p. 278 modifica]

Cuppulidda, Cuppulinu. dim. di còppula: berrettino, berriuola.

Cuppuluttaru. V. cuppularu.

Cuppulittuni. accr. di cuppuletta.

Cuppuluneddu. V. scufiedda (An. Cat.).

Cuppuluni. s. m. accr. di còppula: berrettona, berrettone. || Acconciatura che portan le donne in capo: cresta V. scufia.

Cuppunara. s. f. Strumento dei bottai, specie di trivello grande per far il cocchiume: cocchiumatojo, trivellone.

Cuppunari. V. incuvirchiari.

Cuppuni. s. m. accr. di coppu. || T. bot. V. oricchi di judeu. || Per cuverchiu V.

Cupputu. add. Concavo, si dice di alcuni recipienti cavi: cupo, fondo.

Cuprimentu. s. m. Il coprire e la cosa che copre: coprimento. || Coito: coprimento.

Cuprina. s. f. T. bot. Spezie di centaurea.

Cuprìnchiri. Quasi ìnchiri a cupriri. v. a. empire una botte fino alla bocca: abboccare una botte.

Cupriri. V. cummigghiari. || T. mil. Difendere, riparare: coprire. || Detto di conti, menar buone talune partite: coonestare. || Usar il coito, detto di bestie: coprire. || cupririsi, assol. mettersi il cappello: coprirsi. || cupririsi lu celu: annuvolarsi. P. pass. cupritu, cuprutu e cupertu: coperto.

Cupritura. V. cuvirtura.

Cuprituri. verb. m. Chi o che cuopre: copritore. || L’animale maschio che monta la femmina: copritore.

Cupu. add. Concavo, profondo: cupo. || s. Concavità, profondità: cupo. || Dicesi d’uomo che tien in sè le cose che sa, che sta su di sè: cupo. || Detto di colore, vale scuro: cupo. || E detto di suono, vale non chiaro: cupo. || V. cubbu, add.

Cupunara, Cupunera. V. cuppunara.

Cupuni. s. m. La buca d’onde s’empie la botte, ed anche il turaccio con che si chiude: cocchiume. || Quel piccolo bigliettino che ogni semestre si stacca dalla cartella di rendita al portatore onde essere pagato: cedola (Fr. coupon).

Cura. s. f. Pensiero accompagnato da sollecitudine: cura. || Governo: cura. || Diligenza, studio: cura. || Provvidenza, accorgimento: cura. || Il medicare e curar le malattie, che fanno i medici: cura. Onde essiri ’n cura, attendere alla propria salute secondo le prescrizioni del medico. || pigghiari cura di ’na cosa, darsi briga: prender cura di una cosa. || darisi o farisi cura, aversi riguardo: aversi cura. || darisi a cura, aversi riguardo, guardarsi: badare, por mente. || Per parrocchia: cura. || T. leg. Ufficio del curatore: cura. || stari, teniri, mittirisi a cura, cercar di sapere, spiar i fatti altrui: bracare. || dari in cura, affidare: dar in custodia. || fari la cura di una cosa, usarne sovente: spesseggiare. || Per cuda V.

Curàbbili. add. Atto ad essere curato: curabile. Sup. curabbilissimu: curabilissimo.

Curaddami. s. f. Quantità di coralli: corallame.

Curaddaru. s. m. Cavatore de’ coralli, chi ha l’arte di pescar corallo. || Colui che taglia, ripulisce e lavora il corallo: corallajo.

Curaddettu. s. m, dim. di curaddu: coralletto.

Curaddina. V. curallina.

Curaddinu. add. Simile al corallo, del color del corallo: corallino.

Curaddu. s. m. Pianta di sostanza pietrosa che nasce in mare: corallo. || – nìuru V. giuittu. || – fausu. T. zool. Specie di polipajo: millepora troncata. Millepora truncata L. || – fausu a lasagna, altra specie: escara a fasce. Escara fascialis Lam. || – fausu a tagghiarineddi, altra specie. Millepora complamata Lam.

Curadduzzu. V. curaddettu.

Curaggiazzu. s. m. accr. e pegg. di curaggiu.

Curaggiu. s. m. Disposizione dell’animo a imprendere cose grandi o di sostenere e soffrire: coraggio.

Curaggiuni. accr. di coraggio.

Curaggiusamenti. avv. Con coraggio: coraggiosamente.

Curaggiusazzu. accr. di coraggioso.

Curaggiuseddu. dim. di coraggioso.

Curaggiusissimamenti. avv. sup. Coraggiosissimamente.

Curaggiusu. add. Chi o che ha coraggio: coraggioso. Sup. curaggiusissimu: coraggiosissimo.

Curaggiusuni. accr. di coraggioso. Che è di molto coraggio.

Curali. add. T. tip. Detto di una specie di carattere: carattere corale (Car. Voc. Met.).

Curallina. s. f. T. bot. Pianta simile al corallo; è pure nome di un medicamento vermifugo: corallina.

Curallinu. add. Simile al corallo: corallino. || T. farm. Polvere prodotta da una preparazione di rosso precipitato distillato con lo spirito di nitro o spirito di vino tartarizzato: arcano corallino. || T. zool. Aggiunta a una specie di gabbiani a ragione del rosso becco: corallino, corallina. || Legno rosso carico.

Curallizzari. v. intr. pron. Il pigliar forma e qualità di corallo: corallizzare. P. pass. curallizzatu: corallizzato.

Curallizzazioni. s. f. Materia che ha preso forma di corallo: corallizzazione.

Curallòidi. s. m. T. min. Litofito di molte spezie che nasce in mare, che tiene della natura del legno: coralloidi.

Curallu e derivati. V. curaddu.

Curanneri. s. m. Colui che cura i panni: curandajo.

Curanti. add. Che cura: curante. || Detto di medico s’usa anche sost.: curante. || non curanti, che sprezza, non cura: noncurante.

Curanza. s. f. Cura: curanza. || Stima, osservanza: curanza. || non curanza, spensieratezza: noncuranza.

Curari. v. a. Medicare: curare. || met. Dicesi anco de’ vizî e mal costume: curare. || Purgare della bozzima, e imbiancar i panni fini: curare. || Darsi briga, procurare: curare. || rifl. curàrisi, imprender una cura onde raffermar la salute: curarsi. || curàrisi in sanità, divisar i mezzi ond’evitar il male: usar precauzione. || intr. ass. Aver cura, apprezzare: curare. E nun si curari di nenti, non temere, non far conto: non curarsi di checchessia. P. pass. curatu: curato.

Curata. s. f. La carne della natica dell’animale bovino: mela, groppa di culaccio.

Curatedda. s. f. Le interiora, come fegato, [p. 279 modifica]cuore ecc. degli animali piccoli: coratella, curatella.

Curateddu. dim. di curatu.

Curatu. s. m.. Sacerdote che ha cura d’anime; parrocchiano: curato. || benefiziu curatu, dacura per parrocchia, a cui è annesso cura di anime: benefizio curato.

Curatulazzu. pegg. di curàtulu: fattoraccio.

Curatulicchiu. s. m. dim. di curàtulu: fattorino.

Curàtulu. s. m. Quegli che ha cura e sopraintendenza alle possessioni ed ai negozi della campagna per parte del padrone: fattore, castaldo, curatore.

Curaturi. verb. T. leg. Chi o che cura: curatore. || Per medico: curatore. || Chi ha potestà d’amministrar i negozi degli adulti e di tutti coloro che non posson amministrare da sè: curatore.

Curazioni. (D. B.) Il curare, medicare: curazione.

Curazza. s. f. Armatura del busto, fatta di metallo: corazza. || Per sim. difesa: corazza. || T. mar. Nuova armatura esterna delle navi: corazza.

Curazzari. v. a. Armar di corazza: corazzare. || rifl. Armarsi di corazza: corazzarsi. P. pass. curazzatu: corazzato.

Curazzaru. s. m. Facitor di corazze: corazzajo.

Curazzata. s. f. Nave da guerra, coperta ne’ fianchi di corazza: corazzata.

Curazzedda. dim. di corazza: corazzina.

Curazzeri. s. m. Soldato armato di corazza: corazziere.

Curazzina. s. m. dim. di curazza: corazzina.

Curazzireddu. dim. di curazzeri.

Curazzu. s. m. accr. e pegg. di cori: coraccio. || met. Coraggioso.

Curazzuna. s. f. accr. di curazza: corazzone.

Curba. V. curva.

Curbacchiu. V. curvacchiu.

Curbillari. v. a. Beffare, cuculiare: corbellare. P. pass. curbillatu: corbellato.

Curbillarìa. s. f. Cosa da nulla, ciancia: corbellerìa.

Curbillata. V. curbillatura.

Curbillatuna. accr. di curbillata, solenne beffa.

Curbillatura. s. f. Burla, beffa: corbellatura.

Curbillaturi. verb. m. Chi o che corbella: corbellatore.

Curbillina. V. corbellina.

Curcamentu. s. m. L’atto e l’effetto del coricarsi, e lo stato di chi è coricato: coricamento.

Curcari. v. a. Adagiar altrui in letto: metter a letto. || – li viti V. calari li viti. || Dicesi anco del distendere checchessia onde posi sulla sua lunghezza e non rimanga ritto: coricare. || rifl. a. Porsi giù per giacere: coricarsi, corcarsi. || curcarisi lu suli, tramontare: coricarsi il sole. || curcarisi, per malattia: allettarsi. || curcarisi lu lavuri, quando per forza di vento o per molto crescimento delle spighe, le biade s’inchinano: chinarsi le messi, allettarsi. || curcarisi, detto d’uomo, vale anche diventar pigro: infingardire. || va cùrcati, per ispregio si dice a persona non creduta capace di fare una cosa: va a letto, vatti a riporre, va via. P. pass. curcatu: coricato in tutti i significati.

Curcata. s. f. L’azione del coricare o coricarsi: coricata (V. participiu).

Curcatedda. s. f. dim. di curcata: coricatina.

Curcateddu. In alcuni paesi l’usano pel semplice P. pass. di curcari, curcatu.

Curchè. V. crucchè.

Curchettu, Curchittu. V. crucchettu.

Curciu. add. Detto di animale, vale piccolo e senza coda: codimozzo. || Per corto.

Curcugghiata. V. cucucciuta.

Curcùma. s. f. T. bot. Pianta che ha radice tuberosa, ovata, coperta d’una pellicola bianca, gialla nell’interno; foglie radicali lanceolate: fiori bianchi e rossi, in ispiga serrata, sessile; cuccuma, curcuma. Curcuma longa L.

Curcurìu (A, Curcurù (A. Voce convenzionale a significar che un desinare debba pagarsi da ognuno; onde pagari a curcurù, quantu mettu io metti tu: desinar a lira e soldo o a bocca e borsa.

Curcurutu. V. curseri.

Curdami. s. m. Nome collettivo che comprende tutte le spezie di funi, o una quantità di funi della stessa spezie: funame. || T. mar. Tutte le corde d una nave: cordame.

Curdaru, s. m. Fabbricator di funi, corde: funajo, cordajo, cordaro (Ugolini). || Venditor di funi: funajuolo. || Prov. jiri ’nnarreri comu lu curdaru, non progredire: far come il funajo. fig. Andar di male in peggio. || T. zool. Uccello di passo, in aprile, foriero dell’arrivo delle quaglie. Color cenerino macchiato a strisce o picchiettate di nero giallastro o bianco, becco nero, iride scura; piedi giall’oscuri: nottolone, picchio. Caprimulgus europaeus L.

Curdedda. s. f. Tessuto stretto di lino, cotone, seta o altro per vari usi di allacciare o legare: cordellina, cordella, nastro di cotone, stringa. || – di li sutta calzuni: usoliero (An. Cat.).

Curderi. s. m. Quel legnetto, avorio ecc. posto nella estremità del manico negli strumenti da corda, dove passano le corde per istar ferme alla dovuta distanza: cordiera.

Curdiali. V. cordiali.

Curdïari. v. a. Misurar la superficie de’ campi colla corda: canneggiare (Car. Voc. Met.). P. pass. curdiatu: canneggiato.

Curdiaturi. verb. Misuratore de’ campi seconde le regole della geodesia: agrimensore, canneggiatore.

Curdicedda. s. f. dim. di corda: cordicella, cordellina. || Per . . || fari curdicedda, modo prov. fig. fermarsi sul pitale un tempo assai lungo. || curdiceddi di li riti, una di quelle funicelle che si attaccano da basso alle ragne per tenerli tirati: filetto. || tirari la stissa curdicedda V. in corda, vale anche, essere del medesimo parere.

Curdiciddata. s. f. Tratto di corda.

Curdiddina. s. f. dim. di curdedda: cordellina, cordicina.

Curdigghiu. s. m. Funicella piena di nodi, di cui cingonsi i Francescani: cordiglio.

Curdinu. s. m. dim. di corda: funicella, cordino. || T. mar. La fune che si attacca alla metà del filo della vela perchè la tiri giù nella galea quando si ammaina: cordino. || Oriuolo che muovesi per via di contrappesi. E impropriamente anco gli oriuoli da tavolino. || Fune, di [p. 280 modifica]cui i capi son attaccati senza sensibile nodo; è adattata nell’incanalatura del frullone (rrota) da arrotino: corda perpetua.

Curditta. s. f. Cordicella di cerfuglione.

Curduana. V. curduvana.

Curdunaru. s. m. Chi fa o vende cordoni.

Curdunata. s. f. Colpo dato col cordiglio. || T. fabb. Piano inclinato che serve di scala, con serie di cordoni di pietra invece di gradini: cordonata.

Curduncinu. s. m. Cordone piccolo: cordoncino, || Tessuto di cotone a più fili assai calcato e fitto a costole o piano.

Curduneddu. s. m. dim. di curduni: cordoncello. || – di s. Franciscu T. bot. Pianta annulare che cresce in luoghi incolti: caucali. Torilis o Geranium nodosa L.

Curdunera. s. f. T. mar. Quella corda che sostiene in alto la penna della mezzana delle navi: cordoniera.

Curduni. s. m. Corda grossa: cordone. || V. curdigghiu. || Quella cordicella con cui il prete si cinge il camice: cordone. || T. arch. Risalto a modo di bastone o di corda sporgente in fuori, con che si adornan i bastioni: cordone. || Per sim. quelle pietre alquanto rialte che si pongon a traverso le strade erte per rattenitivo: cordone di pietra. || Linea o escavazione di terreno fatta in occasione di sospetto di peste o d’altro che si fa guardare intorno intorno: cordone sanitario, cordone militare. || Presso gli zecchieri, il cordoncino che è intorno alle monete: granitura. || – umbilicali, quel legame proveniente dall’ombelico del sito: cordone ombelicale. || gran curduni, dignità in vari ordini cavallereschi: gran cordone. || Quel cinto che circonda la parte del cappello della forma: cordone. || T. mar. Corda minore già commessa una volta, la quale commessa con altre simili una seconda volta, entra nella costruzione delle corde grosse: cordone. || T. sart. Il punto andante: soppunto. || storciri lu curduni, disfar i trefoli che compongon la fune: strefolare.

Curduvana. s. f. Cuojo di pelle di capra, castrone o altro, la concia del quale fu segnatamente usata in Cordova (Spagna): cordovano. || Altra qualità migliore, proveniente pur dalla Spagna: marrocchino. || fari tirari ad unu la curduvana, modo prov. obbligarlo a faticar lungamente; differire, procrastinar sempre: mandar in dilungo.

Curettu. s. m. dim. di coru: coretto.

Curia. s. f. Luogo dove concorrono i litiganti per le loro cause: curia. || applicarisi a la curia: attendere al fòro.

Curialata. s. f. T. dispreg. Sofismi ed argomenti fallaci: cavillazioni, tranelleria. || Trufferia, giunteria: faldella, stravoltura. || fari ’na curialata, tergiversare, impedire o tòrre ciò che altri era vicin a possedere: far una pedina ad alcuno.

Curialazzu. s. m. pegg. di curiali.

Curiali. s. m. Colui che agisce le cause nella curia: curiale. || o curiala vecchia, persona pronta a inventar cavilli, pretesti: cavilloso, maliziuto, imbroglione. || aviri cchiù sfirrii di un curiali, essere sommamente sofisticoso, cavilloso: aver più ritortole che fastella. || prov. lu curiali la vurza t’attassa, litigando s’impoverisce: il litigare è uno smagralitigatori, e ingrassavvocati.

Curialicchiu. dim. e avvil. di curiali.

Curialità, Curialitati. s. f. Tutte le persone di curia (D. B. e Mal.).

Curialottu. dim. di curiali, giovine avviato al foro: discente di forense.

Curialuni. accr. di curiali, e prendesi in senso favorevole.

Curiami. s. m. T. mil. Quantità di cuojo: cojame, corame.

Curiari. V. cudiari.

Curicchiu. dim. e vezz. di cuore: cuoricino. || prov. cci su cori, curicchi e curazzi, cioè vi sono buoni e cattivi.

Curicedda. V. cudidda.

Curiceddu. s. m. dim. di cori: cuoricino. || Parte della camicia in principio dello sparato a forma di cuore: cuoricino. || Parte della calzetta: cogno (An. Cat.).

Curidda. V. cudidda.

Curina. s. f. Le foglie d’entro congiunte insieme del cesto delle erbe: garzuolo, grùmolo. || Detto ass. le foglie bianche del cerfuglione, di cui si fanno cordicelle. || Centro, mezzo; p. e. – di lu invernu: cuore. || essiri di la curina, essere assentito, scaltro molto: bagnato e cimato.

Curinedda. s. f. dim. di curina: grumoletto. || – di mari. v. curunedda.

Curiuni. s. m. T. st. Sacerdote istituito da Romolo per le feste e i sagrifizii d’ogni curia: curione. || V. doncuriuni. || curiuna cavuri, spezie di focacce, e si vendono ne’ giorni di digiuno (Biundi).

Curiusamenti. avv. Con curiosità: curiosamente.

Curiusazzu. accr. pegg. di curiusu: curiosaccio. || D’uomo curioso in senso di giocondo, piacevole: piacevolone.

Curiuseddu. add. Alquanto curioso: curiosetto.

Curiusissimamenti. avv. sup. Curiosissimamente.

Curiusità. s. f. Disordinata vaghezza di vedere, udire, sapere: curiosità, curiositade, curiositate.

Curiusitatedda. s. f. dim. di curiusità: curiositauccia.

Curiusitati. V. curiusità.

Curiusu. add. Che ha od arreca curiosità: curioso. || Faceto, piacevole, compagnevole: curioso. || Soverchiamente vago di checchessia: curioso. || Strano, ridicolo; p. e. ma tu si curiusu, sai? comu pozzu fari...: ma tu sei curioso, sai? come posso fare... || Di cosa che paja strana, o da non consentirla, p. e. chista è cosa curiusa: questa l’è curiosa!. || Per singolare, strano; o un poco intrattabile. || Prov. lu ’nfernu è fattu pri li curiusi, per motteggiare gl’indiscreti curiosi. || mi sentu curiusu, non mi sento bene in salute: mi sento curioso (Fanf. Voc. d. u. Tosc.). Sup. curiusissimu: curiosissimo.

Curiusuni. accr. di curiusu: molto curioso.

Curma. s. f. Cima, sommità: colmo. || Per voscu V. || cu la curma, col colmo; colla colmatura. Vale anche, abbondantemente: a ribocco. || fari piaciri cu la curma ad unu, colmarlo di piaceri: colmar il sacco di favori ad uno.

Curmaloru, Curmalotu. s. m. Uomo da bosco: boscajuolo. [p. 281 modifica]

Curmareddu. V. culmareddu.

Curmatura. V. culmatura.

Curmu. V. culmu. || V. burduni al § 2º.

Curnacchia. V. cornacchia.

Curnacchina. V. cornacchina.

Curnàggini. s. f. Ostinatezza, caparbietà: cornaggine.

Curnali, Curnalora. s. m. e f. Fune per uso di reggere buoi, che legasi loro alle corna: capestro.

Curnaru. s. m. Fabbro che lavora corni V. pittinaru.

Curnata. s. f. Colpo di corno: cornata. || fig. Soperchieria, sopruso: aggravio. Onde; suppurtari curnati: patir oltraggi.

Curnatura. s. f. Qualità o foggia di corno: cornatura. || met. essiri di la stessa curnatura, avere gli stessi concetti e qualità: essere della stessa cornatura.

Curnazzu. s. m. pegg. e accr. di cornu.

Curnera. (Spat.) V. agnuni.

Curnetta. s. f. Strumento musicale di fiato: cornetta. || E colui che porta la cornetta: cornetta. || Escrescenza cornea più piccola dell’unghiella, che si vede alla faccia interna della gamba dinanzi del cavallo: cornetta o sperone del cavallo. || T. mar. Specie di bandiera divisa in due punte, che è segno di comando: cornetta.

Curnettu. s. m. dim. di cornu: cornetto. || Sorta di strumento da fiato: cornetto. || Insegna piccola di compagnia di cavalleria: cornetto, cornetta.

Curniàrisi. v. recipr. Diffamarsi l’un l’altro: svillaneggiarsi, scorbacchiarsi.

Curnicchia di li pruna. T. agr. Susina che sull’allegare è guasta dagl’insetti, e ingrassando fuor misura divien vana: bozzacchione. || T. bot. Erba: edisaro. Lotus edulis (D. B.).

Curnicchiu. dim. di cornu: cornicino, cornicciuolo. || Quel bernoccolo che si fanno i bambini in cascando: corno, cornetto. || curnicchia, pl. fig. è un modo di negare: no, no certo. || aviri li curnicchia, esser irrequieto: frùgolo. || spuntaricci li curnicchia, farsi adulto; divenir frugolo, o maliziuto; ricever ingiuria dalla consorte. || curnicchia, si chiamano pure quei piccoli cornicelli di corallo che si appendono alla catena dell’orologio, ai quali il superstizioso popolo attribuisce virtù contro la cosiddetta jettatura.

Curnicedda. s. f. dim. di curnici: cornicetta.

Curniceddu. s. m. dim. di cornu: cornicello. || curniceddi di manciari. T. agr. Frutto del Lotus pentaphillus. Siliqua cornuta o Lotus edulis.

Curnicetta. V. curnicedda.

Curnici. s. f. Membro d’architettura, sporgente in fuori, sopra, per ornamento: cornice. || Quella che è posta immediatamente sull’architrave e sulla colonna senza fregio: cornice architravata. || Quell’ornamento aggettato che rigira intorno intorno dell’edifizio sotto i palchi, o posto sopra un camino, armadio ecc.: cornice. || Quell’ornamento di legno o altro che circonda un quadro uno specchio ecc.: cornice. || Per disonore tra consorti V. cornu. || Per curnatura V.

Curniciumi. s. f. T. collettivo degli architetti, muratori ecc. Qualsivoglia lavoro di cornice: corniciame, corniciamento. || Per corna cioè tradimento disonesto della moglie o viceversa.

Curniciazza. s. f. pegg. e accr. di curnici.

Curniciunaru. s. m. O facitore di cornicioni, o cornuto V. Salomone-Marino, Canti pop. Sic. a pag. 260. || Dicesi per ingiuria ai Cefalutani pel cornicione del loro duomo, rimasto incompleto.

Curniciunazzu. pegg. di curniciuni: cornicionaccio (Crederei usabile).

Curniciuneddu. s. m. dim. di curniciuni: cornicioncino (Fanf. Casa Fior.).

Curniciuni. s. m. Membro principale d’architettura che si pone sopra il fregio: cornicione. || Qualunque cornice che serve di finimento a checchessia: cornicione. || Per corna.

Curniculari. add. Fatto a maniera di corno: cornicolare.

Curniculatu. V. corniculatu.

Curniola. s. f. Frutto del corniolo: corniola. || Sorta d’uva duracina con la buccia paonazza e il chicco acuminato. || T. min. Selce fina, e spezie di agata di color rosso sanguigno, o carneo pallido o gialliccio: corniola.

Curniolu. s. m. T. bot. Albero di legno duro, frutto simile all’oliva, rosso e di sapor lazzo, e afro quando è maturo: corniolo. Cornus mascula L. || curniola pl. V. curnicchiu nel § 3º.

Curnita. (D. B.). Legume: ervilia.

Curnutarìa. Aggiunto alla voce becca, becca curnutaria, ignominia, cattiva azione: baronata. || Aggravio, soperchieria.

Curnutazzu. pegg. di curnutu: cornutaccio (a Firenze).

Curnutiamentu. V. curniamentu.

Curnutiàrisi. V. curniàrisi.

Curnutu. add. Che ha corna, o distinto a maniera di corna: cornuto. || beccu curnutu, astutaccio, malardito: becco cornuto. || Colui che ebbe rotta la fede conjugale o ebbe vergogne in famiglia: cornuto, becco. || curnutu e vastuniatu, chi ha il male e il malanno, l’offesa senza soddisfazione: becco e bastonato. || prov. l’urtimu chi lu sapi è lu curnutu, l’ultimo a saperlo è chi ha la vergogna: chi le porta è l’ultimo a saperle. || lu curnutu quannu nun mancia cci mancianu li corna, quando vi trova utile non parla, quando no, si risente.

Curnutuni. V. curnutazzu.

Curpa. s. f. Peccato, fallo: colpa. || Errore, mancamento: colpa. || Cagione, occasione: colpa. || aviricci curpa, aver parte della colpa: averci colpa. || avirinni curpa, avere tutta la colpa: averne colpa. || aviri la curpa, denota maggiore reità: aver la colpa.

Curpàbbili. add. Che ha colpe: colpabile.

Curpabbilmenti. avv. In modo colpabile: colpabilmente.

Curpacciu. s. m. accr. di corpu: corpone. || pegg. Corpaccio.

Curpacciuni. accr. di curpacciu: corpaccione.

Curpacciutu. add. Di grosso corpo, detto d’uomo o di capienza detto di vaso: corpacciuto, corpulento.

Curpanza. Idiotismo per curpa V.

Curpari. v. intr. Cader in colpa: colpare. || curpàricci, esser causa concorrente: averci colpa. Pier della Vigna ha: gli occhi miei c’incolparo ma è modo antico. [p. 282 modifica]

Curpazzu. V. curpacciu.

Curpettu. s. m. Piccolo farsetto che si porta sotto le vesti, e sulla camicia: corpetto.

Curpèvuli. add. e s. Che è in colpa, reo: colpevole. Sup. curpevulissimu: colpevolissimo.

Curpiari. v. a. Menar colpi di arma tagliente: colpare, colpeggiare, trafiggere.

Curpiatizzu. add. freq. di curpiatu: mezzo trafitto.

Curpiatu. add. Pieno di ferite, foracchiato: colpeggiato, trafitto, sbudellato. || Detto di cosa: sforacchiata.

Curpicciolu. s. m. Corpo piccolo e debole: corpicciuolo.

Curpiceddu. s. m. dim. di corpu: corpicino, corpicello. || Per cileccu V. || dim. di colpo: lieve colpo.

Curpiri. v. a. Dar colpi, percuotere, ferire: colpire. || Riuscir felicemente qualche suo fatto: colpire. || Indovinare: darvi dentro, dar nel segno. || Toccare, pesare sopra alcuno: gravare. || Per commuovere, far effetto. P. pass. curpitu: colpito. || Dato nel segno. || Gravato. || Commosso, maravigliato.

Curpiteddu. dim. del part. curpitu.

Curpitteddu, Curpittinu. s. m. dim. di curpettu: corpettino.

Curpuni. s. m. accr. di colpo: gran colpo.

Curpurali. V. corporali.

Curpuratu. V. curpacciutu.

Curputeddu. add. dim. di curputu: alquanto corputo.

Curputu. add. Corpacciuto, panciuto: corputo. || Grasso, denso, pieno: corputo.

Curpuzzu. s. m. dim. di corpu: corpuzzo.

Currarìa. V. posta, ufficio delle lettere. || Il servigio di un messo spedito a recare lettere. || jiri a la curraria, fig. V. currìrisi.

Currèggiri. v. a. Ridurre a ben fare: correggere. || Ammonire, gastigare: correggere. || met. Mitigare, toglier la malignità: correggere. || Togliere gli errori, sbagli: correggere. || Governare: correggere. || currèggirisi o curriggirisi, rifl. riconoscere e lasciar il fallo: correggersi. P. pass. curriggiutu e currettu: corretto.

Curreliggionàriu. V. correliggionàriu.

Currennu. Gerundio di curriri, posto avv. velocemente, prestamente: tosto, immantinente, corsivamente. || currennu currennu: presto presto, a gambe, spacciatamente, di rincorsa.

Currenti. s. f. L’acqua che si muove secondo una direzione, sia di fiume che di mare, movimento progressivo del mare: corrente. || met. Andazzo, opinione generale: corrente. Onde; jiri cu la currenti, fare secondo l’opinione dei più: andar colla corrente. || Prov. nun si po’ jiri contra la currenti, lo capiscan i retrogradi, che ci fan cattiva figura a voler arrestar il progresso, pigmei! || Travicello quadrangolare lungo, sottile, servibile a’ palchi, alle coperture di edifizi ecc.: corrente. || T. fabb. Filari degli embrici sui tetti. || Ornamenti dorici detti triglifi: correnti.

Currenti. add. Da cùrriri, che corre: corrente. || Comune, vulgato: corrente. || Presto, spedito: corrente. || jornu, misi, annu currenti, quello in cui si è: corrente. || lingua currenti, quella che si parla comunemente: lingua corrente. || cuntu currenti v. cuntu. || munita currenti, quella in uso: moneta corrente. || debbitu o creditu currenti, non annuale: temporaneo. || acqua currenti, di fiume: fonte perenne. || omu currenti, chi s’ammoda al comune: uomo corrente. || malatii currenti, quelle quasi epidemiche. || cosi currenti, detto di mercanzie o altro di poco conto: ordinarie, comuni. || currenti calamu, voce latina, ratto, sollecito: a penna corrente, diviato. || prezzu currenti, al quale comunemente si commercia: prezzo corrente.

Currentimenti. avv. A corsa, spacciatamente: correntemente.

Currentissimamenti. avv. sup. Correntissimamente.

Currera. s. f. La carrozza che porta il corriere: corriera. || varca currera, che porta gli ordini, i dispacci del continente alle isole e viceversa.

Curreri. s. m. Colui che porta le lettere, correndo per posta: corriere. || Messo, mandato: corriere. || Prov. vuliri ’nsignari la strada a lu curreri, voler insegnare o far sapere una cosa a chi la sa meglio: insegnar i pesci a nuotare. || pari lu curreri, dello arrivar uno in un luogo determinato, e subito partirsene: far come le rondini; toccar bomba. || V. in sgarrari un prov.

Currettamenti. V. correttamenti.

Currettu. add. Da currèggiri: corretto. || leggiri o scriviri currettu, senza commettere sbagli. E dagli artisti, si dice del disegno senza errore, e di colui che disegna così: corretto. Sup. currittissimu: correttissimo.

Currezioni. V. correzioni.

Currìa. s. f. Cintura di cuojo: correggia. || – di li scarpi: correggiuola, cinturino. || – di la sànnula, la parte di sopra della pianella: guiggia. || – di li causi. T. sart. Que’ pezzi di robba che si cuciono alla serra de’ calzoni dietro, a uno de’ quali s’attacca la fibbia per affibbiarli mediante l’altra: coda, e dov’è la fibbia: codino. || currii di la pastura: cuojo delle pastoje. (An. Cat.). || currìa del berretto, quella strisciolina doppia che si allunga fino a portarla sotto il mento: soggolo. || Pezzetti di roba che affibbiansi al ginocchio ne’ calzoni corti: cinturini. || T. parr. Pelle su cui si affila il rasojo: striscia. || Striscia di cuojo unita alle estremità, adattata alla cola del frullone dell’arrotino: corda perpetua (Sp. correa).

Curriari. v. intr. Correr qua è là interrottamente: scorrazzare.

Curriata, Curriatina. s. f. L’azione dello scorrazzare: scorrazzamento, scorrazzata (V. participiu).

Currìculu. s. m. Cocchio piccolo a due ruote capace di due persone, a un cavallo: baroccio.

Curri-curri. s. m. Abbaruffìo di gente che corre scappando: corri-corri. || fari ’na cosa a curri curri, per le cose in fretta: acciabattare. || essicci lu curri-curri, esservi scompiglio: esservi bolli-bolli.

Curridari. V. corredari.

Curridaturi di peddi. s. m. Colui che concia e vende il cuojo: cuojajo.

Curriedda. s. f. dim. di currìa: coreggiuola. || Piccolo soggolo. [p. 283 modifica]

Curriggimentu. s. m. L’atto del correggere: correggimento.

Curriggituri –trici. V. corretturi –trici.

Currimentu. s. m. L’atto o il moto del correre: corrimento. || Corso del tempo, del vento o altro cui si possa appropriare l’atto o l’effetto del correre: corrimento.

Currintuneddu. s. m. dim. di currintuni.

Currintuni. s. m. T. zool. Uccello noto, scuro, di becco lungo giallastro; con macchiette sul petto; striscia nera sotto l’occhio, piedi giallicci: calandro.

Curriola. V. vrachi di cucca. || curriola o sanguinaria V. centunodia. || Letto che invece di piedi ha quattro girelle, e tiensi sotto i letti: carriuola.

Curriottu. s. m. Piccolo vaso di legno a doghe, cerchiato, di forma rotonda, alquanto lungo, per tenervi salumi: bariglione.

Curriquàgghia. s. m. Fanticello de’ cacciatori che gli ajuta a cacciar le quaglie. || fig. Persona ligia altrui, che precede o segue lo stesso: serviziario.

Cùrriri. v. intr. ass. Andare con velocità: correre. || Aver la sua direzione, il suo corso: correre. || Detto di tempo, passare: correre. || Delle cose che sono in voga, mode ecc.: correre. || – vuci, esser voce, bucinarsi: correr voce. || Detto di moneta; essere o non essere ricevuta comunemente: correre. || – l’interessi, doversi pagare dal debitore: correre gl’interessi. || – la paga, essere dovuta, o darsi tuttavia: correre la paga. || – li posti, andar per via di posta, o mutando cavalli di posta in posta: correre le poste. || a. Detto di cavallo che si porta a far le corse insieme agli altri: correr un cavallo. || intr. Andar alla china, dicesi de’ fiumi o altro fluido come sangue, vino ecc.: correre. || – pri lu mari, navigare: correr il mare o per lo mare. || – tempu, trovarsi in mare con burrasca: correr fortuna. Si dice anche fig. dell’incontrar traversie qualunque. || currìricci, assol. soffrir avversità: fortunare. || – lu pàliu, correr pel pallio: correr il palio. || quannu curri, curri, prov. per dinotare la continuità delle avversità. || cùrriri, si dice de’ vasi che non possono contener il liquido, ma questi se n’escono per le rotture o fessure di essi: colare, gocciolare, gemere. || – l’occhi, lagrimare. || – lu nasu, far moccio dal naso: gocciolar il naso, smoccicare. || – pri persu: lasciarsi andare all’impazzata. E di chi essendo disperato o in pericolo si rimetta alla fortuna: navigare per perduto. || – pri s. Petru e s. Paulu, modo prov. per esprimer lo stato di chi è vicin a morte: essere con la morte in bocca. || vuliri fari curriri a cu’ nun sapi caminari, voler assai da chi può nulla. || – la sorti di ’n’autru, aver la medesima sorte: correr la medesima sorte. || – sulu, non aver competitori. Onde; cu’ curri sulu sempri vinci: senza gareggiare il palio è certo. || lu cavaddu cci curri, cioè ha fortuna: ha vento in poppa. || – la badda pri unu, aver buone circostanze, o potenti favoreggiatori per ottener sua brama. || – a vili stisi, di molto e favorevolmente: correr a vele spiegate. || curriri, per operar con furia: correre (Castrogiovanni). || a gran cursa, o di leva, distesamente: correr a gran corso (Di Giovanni)|| currennu, sta per presto, di corsa: di rincorsa V. currennu currennu. || a curri ca chiovi, presto, subito. || curriri cu furtuna, aver fortuna: balzar la palla nel suo tetto. || curriri cu la sorti, correre qualche pericolo: esser nelle borse. || curriri cu baddi e vissichi, far di tutto per far presto: andar a vele e remi. || lassalla curriri, detto sconfortevole per rassegnarsi a contrarietà. E anche, operare corrivamente: correrla. || curriri comu lu ventu o un diavulu o un fuddettu: correre come la novella, come il vento. || jirisinni a vidiri curriri, fig.: andar in malora. || curriri a la para: correrla del pari. || stidda chi curri, dicesi da chi è in travaglio: aver mala stella. || curriri a cannaggiu, a fontana, a grosso cannello: a sgorgo. P. pres. currenti: corrente. P. pass. currutu: corso.

Currìrisi. v. intr. pass. Sdegnarsi, soffrir contro stomaco ogni piccola puntura, e mostrarlo nel volto: corrucciarsi, imbronciarsi.

Currispùnniri e derivati. V. corrispùnniri.

Curritòriu. V. currituri.

Curritturi. V. corretturi.

Curritura. s. f. Legni traversali incastrati ne’ panconi del telajo: traverse.

Curritureddu. s. m. dim. di currituri: corridoretto. || Stanghettina.

Currituri. verb. m. Che corre: corridore. || Persona veloce al corso, animale che corre al palio: corridojo. || sost. Andito nelle fabbriche per andare da una parte all’altra: corridojo. || Spazio vuoto, lungo il quale dall’una e dall’altra parte sono le celle de’ frati: corridojo, corsìa. || T. mar. Lo spazio che resta sotto la coperta nei bastimenti a due ponti o generalmente lo spazio tra un ponte inferiore ed il superiore in cui soglionvisi chiudere i castrati che s’imbarcano: corridojo. E un passaggio angusto tra gli scompartimenti inferiori di una nave come quello del magazzino della polvere ecc.: corridojo. || Pezzo di travicello che serve ad afforzar l’imposta: stanga. || Ferretto lungo nella toppa, che muovesi per via della chiave: stanghetta. || Per embrice. || T. mugn. Le macine di sopra, cioè quella che gira sul fondo, che è quella di sotto: coperchio. || T. mar. Quella corda che passa per le bigotte delle sartie, per arridarle: colatojo (Zan. Voc. Met.).

Currituruni. s. m. accr. di currituri.

Curriula. V. cadduni.

Curriuledda. s. f. dim. di curriola.

Curriuneddi. s. m. pl. T. val. Cigna di cuojo con fibbia che serve a tener ferme sopra la groppa del cavallo le stanghe del baroccio: portastanghe.

Curriuni. s. m. accr. di currìa: coreggione. || Ognuna di quelle due cigne di cuojo che sostengon il carro delle carrozze: cignone.

Curriusu. add. Dicesi di coreggia, bacchetta e simili: pieghevole, flessibile.

Currivamentu. s. m. Il corrucciarsi: corrucciamento. || Dispetto.

Currivari. v. intr. Suscitar cruccio, sdegno, dispetto: indispettire, adontare. || intr. pass. Indispettirsi, corrucciarsi. P. pass. currivatu: corrucciato, indispettito.

Currivateddu. dim. di currivatu. [p. 284 modifica]

Currivu. s. m. Dolore, dispiacere di torto ricevuto: sdegno, dispetto, onta, corruccio. || pigghiarisi di o essiri currivu, entrar in cruccio, in dispetto: indispettirsi.

Currivu. add. Presto a credere o a fare: corrivo (Mort.). || Offeso, adontato: oltraggiato.

Currivuseddu. dim. di currivusu.

Currivusu. add. Che s’indispettisce facilmente: dispettoso, puntiglioso.

Cùrrula. s. f. Strumento di legno o altro nel quale vi ha una ruota scanalata in cui si adatta una fune che così scorre senza inciampo; serve a molti usi: carrùcola. || La ruota scanalata di esso: girella. || aviri li curruli a li pedi, met. andar veloce. E fuggire: battere il calcagno. || Si dice a chi ciarla molto: cicalone, battolone. Onde essiri ’na currula, non rifinire di ciarlare: non prestar mai lo staccio. || fari la currula, esser qua e là, girandolare: sgonnellare. || mettiri ad unu a li curruli, impegnarsi a persuader alcuno a far checchessia: metter uno sul curro.

Currulazza. s. f. pegg. di cùrrula.

Currulicchia. s. f. dim. di cùrrula: carrucoletta.

Currulidda. s. f. dim. di cùrrula: carrucolina.

Curruluna. s. f. accr. di cùrrula.

Curruta. s. f. L’azione del correre: corsa (Sp. corrida).

Currutedda. dim. Corsettina.

Curruttela. V. corruttela.

Currutuna. accr. Lunga corsa.

Cursa. s. f. Corrimento: corsa. || Spettacolo di più cavalli che corrono il palio: corsa. || Strada dove si corre il palio: corso. || a o di cursa, o di tutta cursa, posto avv. correndo, velocemente: a o di corsa, a tutto corso. || farisi ’na cursa, scappar via: fuggire. || Per cacaredda V. || ’nta ’na cursa, presto: in un bacchio baleno. || dari ’na cursa ’nfin’a ’na banna, andarvi presto, o per istarvi poco: dar una corsa fin a un luogo. || Prov. cursa d’asinu e burrasca di punenti, accumenza cu furia e ’un dura nenti, o cursa d’asinu pocu dura: trotto d’asino dura poco. || testa di la cursa, sito d’onde parton i cavalli della corsa: mosse. || – di varchi: regata.

Cursalettu. s. m. Il corpo della corazza: corsaletto. || Il torace di alcuni insetti: corsaletto. || Un’aquilone (stidda) senza coda che si vola dai ragazzi.

Cursali. V. cursaru. || Aquilone grande senza coda che volano i ragazzi, e per lo più a pigliare gli aquiloni volati da altri.

Cursuluni. accr. Grande aquilone.

Cursariscu. add. Di corsaro: corsaresco.

Cursaru. s. m. Ladrone di mare: corsale, corsaro. || T. mar. Legno armato da privati per predare o fare scorrerie, e il capitano di esso: corsaro, corsale.

Cursè. V. corsè.

Curseri. s. m. Cavallo da corsa: corsiere, corsiero, corridore.

Cursettu. Lo stesso che corsè V.

Cursìa. s. f. T. mar. Lo spazio vuoto nelle galee ed altre navi, per camminare da poppa a prua: corsìa, galleria. || Così chiamasi pure lo spazio vuoto nel mezzo di teatri, stalle ecc.: corsìa.

Cursicedda. dim. di corsa: corsettina.

Cursiggiari. v. intr. Far il corsale, scorrazzare i mari depredando: corseggiare. || a. Dare il guasto a’ paesi: corseggiar le terre.

Cursittinu. s. m. dim. di corsè e cursettu, un giubbone da donna, un tempo usato dalle civili oggi dalle contadine, è staccato dalla gonna e spesso d’altro colore: giubboncello, giubboncino.

Cursivamenti. avv. A corsa, correndo, senza considerazione: corsivamente.

Cursivu. add. Che corre: corsivo. || Detto di carattere, più atto alla velocità dello scrivere: carattere corsivo. || T. tip. Il carattere simile allo scritto: carattere corsivo.

Cursu. s. m. Il correre: corso. || Moto o scorrimento dei fluidi: corso. || – di stiddi, il viaggio delle stelle: corso delle stelle. || aviri o nun aviri cursu una munita o una mircanzia, avere o no spaccio: avere o non avere corso. || aviri cursu un affari, aver avviamento: avere corso. || jiri ’n cursu, far il corsale: andar in corso. || – di la vita, durata: corso della vita. || Spazio decorso o da decorrere: corso. || Ordine, avviamento della natura e delle cose: corso. || Progresso fin ad un termine; onde cursu di affari, – di fortuna, – di malatia ecc.: corso; e fari lu so’ cursu: far il suo corso. || – di studî, serie di lezioni in una data scienza o che: corso di studî. E pe’ legisti e medici, il dar opera alla rispettiva facoltà presso le scuole pubbliche, pel tempo statuito per aver la laurea. || mittirisi ’n cursu. T. art. Cominciare ad acquistar pratica esercitandovisi: pigliar corso. || robba di cursu, ordinaria: dozzinale. || Strada grande: corso.

Cursu. add. Da currìrisi: corrucciato, imbronciato.

Cursuri. s. m. Colui che corre: Cursore. || Sergenti di certi Tribunali, che portan gli ordini: cursore.

Curtamenti. avv. Con cortezza: cortamente.

Curtettu. add. Alquanto corto: cortetto, bassotto.

Curti. s. f. Famiglia del Sovrano, e la gente che gli fa codazzo: corte. || Palazzo dove risiede il sovrano: corte. Ed in Palermo, il palazzo municipale: corte. || – biata, il paradiso: corte celeste. || fari la curti, prestar servigi, ossequî per ottenere qualcosa: far la corte. E parlando di donna: vagheggiarla, corteggiarla. || curti, certo numero di ecclesiastici plebei addetti a servir ecclesiastici aristocratici. E l’aggregato de’ servi di un magnato: i cortegiani. || Il luogo dove si tiene ragione: corte. Onde, corte criminale, – d’appello ecc. || – paisana V. giustizia. || – militari o marziali, quella pe’ reati de’ militari: corte militare o marziale. || – ecclesiastica, ove si giudica di affari ecclesiastici: corte ecclesiastica. || Prov. in curti di lu re ognunu fa per sè, le corti son popolate di egoisti: alla corte del re ognun faccia per sè. || in curti ognunu lauda chiddu chi dici lu so’ signuri, dov’è chi spudoratamente tiensi superiore a’ suoi simili, il vero è proibito, e l’adulazione trionfa: il gran signor non ode, se non adulazion, menzogna e frode. || in curti unni nun regna la virtù, è un celu senza stiddi, [p. 285 modifica]può esservi virtù dove regna la più orgogliosa e in uno vigliacca gerarchia? || la caritati in curti è estinta, e l’amicizia è persa, presso coloro che si spogliano dell’umana dignità, e che per poter dispotizzar a lor volta sopra alcuni propri simili si avviliscon sotto i piedi del tiranno, può esservi amicizia? nelle corti, la carità è estinta, nè si trova amicizia se non finta. || quannu si’ in curti dici beni di tutti, primo perche si è fra le spie, secondo perchè colà un fantoccio può anco diventare qualcosa.

Curticianu. V. curtiggianu.

Curtiggghiara. s. f. Donna di bassa condizione, che abita in (curtigghiu) chiassuoli; e si dice a chi sia ciarliera, ineducata, attacca lite: berghinella, ciana, pettègola.

Curtigghiarata. s. f. Cosa o azione da ciana: cianata, pettegolata.

Curtigghiarazza. s. f. pegg. di curtigghiara: pettegolaccia, cianaccia.

Curtigghiaredda. s. f. dim. cianuccia, berghinelluzza.

Curtigghiarìa. s. f. Maniera, azione da pettegola: sguajataggine, pettegolezzo. || Il contrastare proverbiandosi e svillaneggiandosi: pettegolezzo, bisticciamento.

Curtigghiariscamenti. avv. In modo pettegolesco: pettegolescamente (non è ne’ Vocabolarî).

Curtigghiariscu. add. Da pettegola: pettegolesco, cianesco.

Curtigghiarìsimu. s. m. Maniera plebea e pettegolesca: plebeismo. || Per curtigghiarumi.

Curtigghiaru. m. di curtigghiara. Poco usato: pettegolo.

Curtigghiarumi. s. m. Nome collettivo di pettegola, le pettegole: cianume.

Curtigghiaruna. V. curtigghiarazza.

Curtigghiazzu. pegg. di curtigghiu.

Curtigghieddu. s. m. dim. di curtigghiu: chiassello, chiassuolo.

Curtigghiu. s. m. Vicolo o piazzetta senza riuscita, ove abita in casupole la bassa gente ineducata: chiasso, ronco (Sp. cortijo). || Per curtigghiarumi V.

Curtiggiana. s. f. Donna che sta in corte a servir le principesse: cortigiana. || E siccome la corte è fogna di abiettitudini, significa anco donna di malo affare, e anche adulatrice: cortigiana. || Prov. la curtiggiana è comu la castagna, di fora è bona e di dintra è magagna, in italiano si dice della donna in generale: la donna è come la castagna, bella di fuori, e dentro è la magagna, lo che non posso ammettere.

Curtiggianamenti. avv. A modo cortigiano: cortigianamente.

Curtiggianarìa. s. f. Costume, azione abietta da cortigiano: cortigianeria.

Curtiggianeddu. add. avvil. di curtiggianu: cortigianello, cortigianetto.

Curtiggianìa. s. f. Professione del cortigiano: cortigiania. || Per curtiggianarìa V.

Curtiggianiscamenti. avv. In modo cortigianesco: cortigianescamente.

Curtiggianiscu. add. Da cortigiano: cortigianesco. || met. Scaltrito, simulato, unto: cortigianesco.

Curtiggianu. s. m. Che sta in corte e serve signori: cortigiano. || add. Di corte: cortegiano. || a la curtiggiana, posto avv. a modo cortegiano: alla cortegiana. || met. Abietto, finto, strisciante: cortegiano.

Curtiggiari. V. corteggiari.

Curtiggiu. V. corteggiu.

Curtigliu. V. curtigghiu.

Curtileddu. s. m. dim. di curtili: cortiletto.

Curtili. s. m. Quello spazio scoperto nel mezzo delle case: cortile, atrio. || Luogo chiuso da abitare, e per lo più il cortile de’ monasteri: chiostro.

Curtillacciu. s. f. T. mar. Certe vele lunghe e strette che talora si spiegan accanto alle vele quadre, come per accrescerne la superficie: coltellaccio.

Curtina. s. f. Tenda che fascia intorno intorno il letto: cortina. || Velo sacro posto davanti al santuario: cortina. || T. arch. Un lato di muro che si estenda a guisa d’ala; e nel militare un muro fra un baluardo e l’altro: cortina. || Tenda che si pone agli usci delle stanze: portiera, cortina. || E quelle tende piccole che si mettono alle vetrate di finestre: tendina. || gòdiri la curtina, goder il matrimonio.

Curtinaggeddu. s. m. dim. di curtinaggiu.

Curtinaggiu. s. m. Arnese col quale si fascia e chiude il letto a guisa di tenda: cortinaggio.

Curtinazza. pegg. di curtina.

Curtinedda. s. f. dim. di curtina. Quella che copre le vetrate delle finestre: tendina.

Curtisa. V. fràula.

Curtisi. add. Che ha cortesia: cortese. Sup. curtisissimu: cortesissimo.

Curtisìa. s. f. Disposizione d’animo a far beneficio e grazia senza proprio comodo, e il benefizio stesso: cortesia. || Atto e costume di uomo signorile, liberale: cortesia. || Liberalità, affabilità: cortesia. || fari curtisìa, esser cortese, compiacere: far cortesia. || nun si lassari vinciri di curtisia, corrispondere con ugual cortesia: non si lasciar vincere di cortesia. || in o pri curtisia, modo avv. maniera con cui preghiamo, di grazia: in o per cortesia. || Prov. la curtisia di bucca e di cappeddu, fu sempri bonu e beddu, l’essere civile non costa ed è sempre pregio: cortesia di bocca, mano al cappello, poco costa ed è buono e bello. Oh se i nostri mafiosi di piazza capissero che non le parole sporche, non i modi inurbani formano l’uomo forte! || suverchia curtisia fa dubitari ca ingannu cci sia, chi fa mille smorfie oltre l’usato, nasconde qualche inganno: quando la volpe predica guardatevi galline (forse non calza a capello). || vinci cchiù curtisìa chi forza d’armi, quella lega il cuore.

Curtisimenti. avv. Con cortesia: cortesemente.

Curtissimamenti. avv. sup. Cortesissimamente.

Curtittu. V. curtuliddu.

Curtizza. s. f. Astratto di corto: cortezza.

Curtottu. V. curtettu. || Per ischerno: cazzatello.

Curtu. add. Di poca lunghezza: corto. || Breve, che dura poco: corto. || Scarso, non sufficiente: corto. || attaccari o teniri curtu, non dar ad uno comodità di muoversi, d’agire, metafora tolta dalle bestie legate con cavezza corta: tenere o legar corto. || – di cirimonî, che non ista sui convenevoli, brusco e anche rozzo. || attu o trattu curtu, inciviltà: scortesia. Ed anche offesa, beffa fatta astutamente: tiro. || curtu e malu cavatu, di persona piccola e [p. 286 modifica]contrafatta, e anche triste: caramogio, cazzatello. || – di sorti: disavventurato. || – di vista V. luscu. || all’armi curti, met. non andiamo per le lunghe: brevemente, su via. || a lu curtu o a li curti, senza tanti discorsi, insomma, per finirla: alle corte. || di curtu o ora di curtu, poco fa, e anco fra poco: di corto. || vistirisi di curtu, de’ preti che non vestono l’abito talare: vestirsi di corto (a Firenze). || essiri a li curti, mancar poco: essere lì lì. || mannari curta, al giuoco della palla, mandarla troppo vicino a sè, che non giunga al segno: mandar corto. || di curtu e curtu, vicino assai: presso, presso presso. || Detto di abito che non arriva alla misura: corto. || nun lassari ad unu pri curtu, stargli alle costole per ottenere ciò che si vuole: non la perdere per corta. || essiri a curtu di fari ’na cosa, esser lì per farla: esser presso a farla. || jiri a lu curtu, a conclusione, abbreviare: per farla corta. || jiri a lu curtu sirvizzu, far presto anco facendo male: abborracciare.

Curtuliddu. add. dim. di curtu: cortetto.

Curuna. s. f. Ghirlanda di foglie, di fiori, ecc. che si pone in capo per ornamento od onore: corona. || Quella che cingon i re: corona. || Sovranità regia; il regno stesso; e il regnante: corona. || Quell’ornamento che per ragione di titoli si pone sopra l’armi e insegne: corona. || – di lu martiriu e simili, gloria, onore: corona del martirio. || – di gloria, la beatitudine che Dio dà lassù: corona di gloria, met. Decoro, ornamento detto ad uomo: corona. || – di spini, quella che fu messa in capo a Gesù: corona di spine. || Per sim. Cerchio, qualunque cosa che cinge e circonda altra: corona. Onde, fari curuna, accerchiare: far corona. || La cherica de’ preti, monaci: corona. || Ghirlanda od ornamento femminile del capo: corona. || Quella filza di pallottoline con cui si dice il rosario: corona. || – di lu denti. T. dei dentisti. La sommità del dente: corona del dente. || T. vet. La superior parte dell’unghia delle bestie: corona. || T. orol. Quella ruota che imbocca nella serpentina: corona, ruota a corona. || T. arch. La più alta parte dell’edifizio: corona dell’edifizio. Membro del cornicione, sporgente, che serve di cimasa: corona. || T. astr. Nome di due costellazioni, una boreale, e l’altra australe: corona. E quell’anello colorato che si vede talora intorno i pianeti, alone: corona. || T. arch. Opera esteriore che si estende nella campagna per difesa: opera a corona. || – di l’arvulu. T. agr. La parte più alta e più folta dei rami: corona dell’albero. Onde tagliando ad un’albero tutti i rami, dicesi: tagliare o scapezzar a corona. || –di li frutti, la parte più alta, opposta ai picciuolo: fiore. || I naturalisti dànno a diversi nicchi il nome di: corona. || T. mus. Segno che si pone sopra o sotto una nota per indicar pausa: corona, fermata V. puntu coronali. || Prov. teniri ad unu ’n testa pri curuna, non dipendere da lui, e poter senza il suo aiuto agire. Alcuni vi aggiungono: e ’n culu pri simenza, modo sporco e basso. || – di cappuccini V. gioppu. || curuna, per fondo dell’ago: corona. || sfilari la curuna, palesar ogni cosa, dire tutto ciò che si sente, sfogar contro alcuno: sfilar la corona, dar la stura. || – di monacu V. cuttuneddu di campagna. ||– ’mpriali. T. bot. Pianta di radice bulbosa, grossa rotonda, scagliosa, fibrosa alla base, gialla e d’un odore acuto; stelo diritto, midolloso, frondoso alla base, alto circa un braccio; foglie numerose, lunghe, appuntate, sessili, fiori rossi alquanto gialli, grandi, a racemo, disposti in giro intorno allo scapo, terminati da un ciuffo di foglie. Fu portata dalla Persia il 1750. Vi ha più varietà. Fritillaria imperialis L.

Curunari. V. incurunari. || – l’opira, dar compimento, perfezione: compire. E in mala parte esprime il colmo d’un’opera cattiva, dar cattivo esito, volger la cosa al contrario: travolgere.

Curunaru. s. m. Chi fa o vende corone: coronajo.

Curunazza. s. f. accr. di curuna, corona di più poste pel rosario: coroncione.

Curuncina. s. f. Devozione di un dato numero di avemarie o altro, alla Madonna: coroncina della Madonna.

Curunedda. s. f. dim. di curuna: coronella, coroncella, coroncina. || T. zool. Pesciatello lungo quanto un dito, creduto della specie delle sfirene, con la pelle senza scaglie, liscia, di color argento velato, ossia azzurro chiaro; ha la testa terminante in un becco più largo del corpo. I pescatori gli danno l’aggiunto di lattara per la delicatezza della sua carne: argentina, pesce argentino. Argentina sphyrena L.

Curusu. (Pasq.) add. Diligente: accurato. Da cura.

Curuzzu. s. m. dim. di cori: cuoricino, corino (Tigri, Canti pop. Tosc.). || Qualsivoglia cosa a similitudine di cuore: cuoricino. || Quello che si mette in principio dello sparato della camicia: cuoricino. || curuzzu mio, si dice per vezzo a persona cara: ciocino mio, cor mio, grillino (Nerucci). || Abitino con cose sacre, in forma di cuore che si porta al collo: brevicino, brevino (a Firenze).

Curva. s. f. Ognuno di que’ pezzi curvi che formano la circonferenza della ruota: quarto della ruota.

Curvacchiu. s. m. T. zool. Uccello di penne nero cangianti, dorso e petto bigio: cornacchia bigia. Corvus comix L.

Curvacchiuni. s. m. Corvo giovine: corvacchiotto, corvetto, corvicino. || Per ingiuria ad uomo: maliziosetto.

Curvatta e derivati. V. cuvarta.

Curvatura. s. f. Curvezza, piegatura: curvatura.

Curvazzu. s. m. accr. e pegg. di corvu: corbaccio, corvaccio.

Curvedda. s. f. Arnese intessuto di vimini, canne, ecc. per uso di riporvi roba: corbello.

Curvetta. s. f. Operazione che fa il cavallo nel maneggio, sollevandosi e andando sulle gambe di dietro: corvetta. || T. mar. Spezie di bastimento a un albero: corvetta. || – a vapuri: pirocorvetta.

Curviari. v. a. Procurare alcuna cosa con ogni industria, avidità e astuzia, tolta la met. dal corvo alla caccia: uccellare. || – protezioni: uccellar favori. || rifl. Avvolgersi intorno un luogo: aliare. P. pass. curviatu: uccellato. || Aliato. [p. 287 modifica]

Curviaturi. verb.Chi uccella: uccellatore, buscatore.

Curviceddu. s. m. dim. di corvu: corvicino, corvetto.

Curvinu. add. Color di corvo: corvino.

Curviseri. s. m. V. A. Quegli che acconcia scarpe rotte, ciabatte: ciabattino. || Prov. la mugghieri di lu curviseri va scausa, il marito non comprerebbe scarpe essendo calzolajo, intanto non ha il tempo di farle egli per cui: ognuno patisce del suo mestiere.

Curvittari. v. intr. ass. Far le corvette dicesi del cavallo, saltare danzando: corvettare.

Curvu. add. Non retto, arcato: curvo.

Cusà. Voce composta da cui e sa, che usasi in forza di avverbio, ed esprime dubbiezza e sospetto: chi sa? forse, per avventura. || cusà cusà, così duplicatamente aggiunge forza. || senza diri cusà, senza avervi a ridire: senza repitare. || S’usa in senso di: bada! bada veh!

Cusarella. s. f. dim. di cosa: coserella, cosellina.

Cusazza. s. f. pegg. di cosa: cosaccia.

Cuscenza, Cuscenzia. s. f. Il sentir che noi facciamo dentro di noi di avere una data cognizione o idea; e nell’uso, quell’interior sentimento e conoscimento, che abbiamo del bene e del male da noi liberamente operato: coscienza, coscenzia. || – dilicata o lassa, da uomo timorato, o rilassato di costume: coscienza divota, coscienza libera. || farisi di cuscenzia, farsi scrupolo: farsi coscienza, recarsi a coscienza. || libirtà di cuscienza, libertà di credere; ciò che la barbarie non permette: libertà di coscienza. || omu senza cuscenza V. scuscinziatu. || mettiri di cuscenza, recedere dal giusto e dall’onesto: misfare. || scarricarisi o sgravarisi la cuscenza, liberarsi dai rimorsi, riparando a’ malfatti e operando con rettitudine: allegar la coscienza. || scurpari la cuscenza a ’n’autru, fraudar alcuno che abbia fraudato altrui, credendo riparar al misfatto suo. || lu vermi di la cuscenza, rimorso: il verme della coscienza. || ’n cuscenza o ’n cuscenza mia, tua o di l’arma, dicesi per attestazione di verità: in coscenza, in buona coscienza. Vale anche, secondo coscienza, rettamente. || stari bonu in cuscenza, esser sicuro di non fallare: operar direttamente. || la cuscenza l’havi lu lupu, parole di chi ripreso vuol rimbeccare senza ragione. || aviri ’na cosa supra la cuscenza, rammaricarsi di aver fatto una cosa: avere una cosa sopra la coscienza. || Prov. la cuscenza macchiata fa l’omu timidu, perchè teme la pena che gli soprastà: coscienza lesa fa l’uomo timido. || la cuscenza vali pri milli tistimonî, perchè grida imperiosamente: la coscienza vale per mille accusatori, e per mille testimonî. || senza cuscenza, di chi mal fa, o butta via il frutto del sudore altrui: senza coscienza; quasi, senza rimorso. || cu’ havi bona cuscenza mai si scanta: chi è giusto non può dubitare.

Cuschicedda, Cuschidda. s. f. dim. di cosca: costolina, fogliolina.

Cusciala. s. f. La parte superiore della calza che sormonta il ginocchio, ed anche armatura o vestimento della coscia: cosciale. || Quei due pezzi di legno che metton in mezzo il timone della carrozza; cosciali. || cusciali di davanti. T. sart. La parte de’ pantaloni che veste il davanti: i dinanzi; cusciali di darreri, quella che veste dietro: i dietri (Car. Voc. Met.).

Cuscialettu. s. m. T. fabb. Pezzi di rinforzo in diversi lavori: coscialetto.

Cuscialittuni. accr. di coscialetto.

Cusciaredda. V. cuscitedda.

Cuscïari. v. intr. Andar vagando quanto è lungo il dì senza bisogno od utile: bighellonare, sgonnellare.

Cusciatura. s. f. T. art. Muro in aggiunta a’ due fianchi di arco: rinfianco, strombatura. || Parti laterali di una carrozza o altro legno: fiancata. || Lati di un portone e simile: coscia, fiancata || Que’ bastoni sopra i quali si reggono gli scalini delle scale a piuoli: staggi. || Per cusciali V. || Le parti laterali della porta o finestra: stipiti.

Cusciazza. s. f. accr. e pegg. di coscia: coscione (Mort.).

Cuscienza. V. cuscenza.

Cuscinata. s. f. Copertura di cuscini continuati per rendere più comodo lo adagiarsi: imbottitura. || Una specie di guancialetto a guisa di cerchio fermato con nastri al capo de’ bambini per riparo nelle cadute: cèrcine.

Cuscinazzu. s. m. accr. e pegg. di cuscinu.

Cuscineddu, Cuscinettu. s. m. dim. di cuscinu: cuscinetto. || – di custura, arnese su cui cuciono e lavorano le donne: cuccino e forse cuscino (Fanf.).

Cuscinu. s. m. Guanciale imbottito di piume, lana, crine, ecc. per adagiarvi il capo, sedervi sopra e altri usi: cuscino. || – di pinni, quello pieno di piume da tenersi sopra i piedi: piumino.

Cuscitedda. s. f. dim. di coscia: coscina.

Cusciutu. add. A chi piace andar a spasso o bighellonare: bighellone, scioperone.

Cusculi. s. m. Minima particella di legno o di checchessia: bruscolo (Lat. quisquilium).

Cuscuseddu. Sorta di pasta V spizieddu.

Cùscusu. s. m. Sorta di pasta di semola ridotta in minutissimi chicchi, che si mangia nel brodo: semolino. È voce araba, e i Tunisini tuttora l’usano. || – asciuttu, dolce fatto di semolino, zucchero, aromi ed altro, cotto nel brodo ma col fumo dell’acqua calda.

Cuscuta. s. f. T. bot. Pianta che ha lo stelo debole filiforme, nudo; fiori sessili aggruppati, bianchi e alquanto rossi; squamme piccole invece di foglie: cuscuta, cuscute. Cuscuta europaea L.

Cusella, Cusetta, Cusicedda. s. f. dim. di cosa: cosella, cosetta, cosarella, cosettina. || Roba di poco conto, povera suppellettile: robicciuola. || Sommerella di danaro.

Cùsiri. v. a. Congiungere insieme due pezzi di panni, tele ecc. con refe per via d’ago: cucire. || cusirisi la vucca, met. osservar il più stretto silenzio: cucirsi la bocca. E cùsiri la vucca a unu, ridurlo al silenzio: cucir la bocca a uno. || cusirisi filu duppiu cu unu, fig. stargli stretto attorno: cucirsi a’ fianchi d’uno. || – ’na firita. T. chir. Unirla con refe ed ago: cucir una ferita. || – lu mortu, unire con costura le vesti del cadavere per poterlo maneggiare meglio. || – un libbru V. ligari. || – piatti, lemmi ecc. cucirne i pezzi rotti: risprangare. || – e [p. 288 modifica]scusiri, parlar male di alcuno ridicendo tutto di lui: tagliar e cucire P. pass. cusutu: cucito.

Cusirinu. s. m. T. comm. Seta da cucire men buona della scelta.

Cusirità. V. curiusità.

Cusiriteri. V. curiusu.

Cusitina, Cusitura. s. f. Congiuntura di due cose fatta con refe o altro per via d’ago: cucitura. || Giuntura: sutura. || La riunione delle ferite con refe ed ago: cucitura. || Per custura V.

Cusituredda. s. f. dim. di cusitura: cuciturina (Parmi voce usabile).

Cusituri –trici. verb. Chi o che cuce: cucitore –trice.

Cuspèttu!, Cuspittuni! Esclamazione: cospetto! cospettone!

Cussaluti. composto da cu e saluti. È quasi dire: vi voglio con salute: vi auguro salute, alla vostra salute.

Cussì. V. accussì (Salam. da Lentini).

Custana. s. f. Ulcera o piaga esterna delle bestie da soma: guidalesco, costana (Fanf. Voc. d. u. Tosc.). || Se essa è cagionata da colpi di sprone: spronaja. || met. Nocumento, molestia, jattura, fastidio. || ardiri o nun ardiri la custana, avere o non avere interesse in checchessia: dolergli o non dolergli il capo, met. || T. fabb. Travicello piccolo, tagliato in forma quadra: piana.

Custanatu. s. m. I travicelli delle coperture o palchi di edifici: correntini.

Custanedda. s. f. dim. di custana.

Custanti. add. Fermo, perseverante: costante. || Detto di avvenimento, fatto qualunque, certo, indubitato: costante. Sup. custantissimu: costantissimo.

Custantimenti. avv. Con fermezza, stabilità: costantemente.

Custantissimamenti. avv. sup. Costantissimamente.

Custanuni. s. m. accr. di custana, nel senso di trave: corrente.

Custanza. s. f. Lo stato che dura ne’ medesimi sensi ed atti, un po’ meno di perseveranza: costanza. || tila custanza. T. comm. Tela proveniente da Costanza (città nel Baden): tela di Costanza.

Custanzedda. s. f. Altra specie di tela ordinaria per fortificar internamente i vestiti: costanzina.

Custari. t. intr. Valere, riguardo al prezzo che vi s’impiega: costare. || Detto assol.: costar caro. || – sangu, avervisi dovuto impiegar ogni cosa per averlo o tenerlo: costar il cuore. || – un occhiu, carissimo: costar un occhio. || – pocu ’na cosa, fig. averla a sua posta, a sua voglia: costar poco alcuna cosa. || Consistere, essere di tali parti composto: constare. || intr. ass. Esser manifesto, provato, di cui non sia lecito dubitare: costare. || T. dell’ant. foro. Il consentir del giudicante alla esecuzione di un atto riconosciuto legale V. còstitu.

Custarizzu. s. m. Tralcio nato dal fianco del ceppo della vite, o di altre piante: saèppolo, rimessiticcio.

Custata. s. f. Parte laterale di un armadio, cassa, carrozza ecc.: fiancata.

Custateddi. s. m. pl. T. mar. La carne delle coste del porco, o della vitella staccata dall’osso: costereccio, polpa costale.

Custatu. s. m. Il luogo ove son le costole, e lo si piglia per la parte dinanzi e de’ lati: costato. || La ferita fatta a Gesù Cristo nel petto. || add. Da custari: costato. E per còstitu V.

Custera. s. f. Costa, riva piuttosto infra terra e più sassosa: costiera. || Una striscia a pendio di una montagna che stendesi dolcemente fin al piano: piaggia, falda. || a custera, modo avv., erto a salirsi: a costola.

Custiari. v. intr. Navigar lungo la costa: costeggiare. || Andar piaggia piaggia: piaggiare. || Andar intorno: costeggiare.

Custicedda. s. f. dim. di costa: costolina. || Quella del mare: costerella. || Prov. essiri o cridirisi di la custicedda d’Adamu, di chi è o si crede d’antica nobiltà ovvero favoreggiato da alcuno: essere o venire dalla costola di Adamo.

Custiciddata. s. f. La parte delle costole: costolatura.

Custiggiari. V. custiari.

Custillazioni. V. costellazioni.

Custioni. V. questioni.

Custipamentu s. m. L’atto del costipare: costipamento.

Custipari. v. a. Restringere, condensare: costipare. || rifl. Contrarre infreddatura, divenir catarroso: incatarrare. || Generare stitichezza: costipare. P. pass. custipatu: costipato. || Incatarrato.

Custipativu. add. Atto a costipare: costipativo.

Custipazioni. s. f. Riserramento: costipazione. || Umori scesi dal capo che scaricansi nelle nari, nella bocca, nel petto: costipazione. || Difficoltà di benefizio del corpo: costipazione. || met. Noja.

Custipaziunedda. dim. di custipazioni, lieve infreddatura: imbeccatella.

Custipaziununa. s. f. accr. di custipazioni, grave infreddatura: brezzone.

Custirnari. V. costernari.

Cùstitu. V. costu.

Custituiri. V. costituiri.

Custituzioni. V. costituzioni.

Custiunari. V. quistiunari.

Custòddiu, Cùstodi. s. m. Colui che custodisce: custode. || ancilu custodi, quello che dicono noi abbiamo sempre a fianco: angelo custode (A. V. ital. custodio).

Custòdia. s. f. Guardia di cose non esposte alla vista, per cui non richiede la continua presenza: custodia. || Astuccio di cose preziose: custodia. || Ripostiglio di cose sacre: custodia. || – di altari, un tabernacolo che sta sul principal altare, dentro cui si tien l’ostia consacrata: ciborio. || teniri ’na cosa pri custodia o comu ’na custodia, aver gran cura, diligenza. || essiri in custodia di unu, essergli affidato: esser alla custodia d’alcuno.

Custodiri. v. a. Guardare, tener in custodia: custodire. P. pass. custuditu e custudutu: custodito.

Custrincimentu. s. m. L’atto del costringere: costrignimento.

Custrìnciri. v. a. Forzare, violentare: costrignere, costringere. || Esortare, stimolare, persuadere: costringere. || Raffrenare, reprimere: restrignere. || Sforzar alcuno per mezzo della giustizia a compiere un obbligo: astrignere per via di corte. P. pres. custrincenti: costringente P. pass. custrinciutu e custrittu: costretto. [p. 289 modifica]

Custrincituri. (D. B.) verb. m. Chi o che costrigne: costrignitore.

Custrìngiri. V. custrinciri.

Custrittivu. add. Atto a costringere: costrettivo. || T. chir. Che serve a tenere bene applicata una cosa a suo luogo, e dicesi di fasciature ecc.: costrettivo.

Custrittu. add. Da custrinciri: costretto. || – e malu paratu, sollecitato in modo da non poter fare altrimenti, astretto con irresistibile superiorità.

Custritturi. Aggiunto di muscolo di cui è azione lo stringere le alette del naso: costrittore, constrittore.

Custrizioni. s. f. Il costrignere: costrizione.

Custruiri e derivati. V. costruiri.

Custu. V. costu.

Custudiri. V. custodiri.

Custudituri –trici. verb. Chi o che custodisce: custoditore –trice.

Custuma. V. costumi (A. V. ital. costuma).

Custumanza. V. costumanza.

Custumi. V. costumi.

Custura. s. f. Cucitura che fa costule, costola: costura. || aggiustari li custuri, bastonare, ritrovare, ragguagliare, spianar le costure; tolta la met. da’ sarti che finita la costura la battono. Alle volte vale, correggere, fare star a segno, senza il bastone.

Custuredda. dim. di custura: piccola costura.

Custureri –rera. s. Quegli che taglie a cuce abiti, cucitore –trice: sarto, sarta (Sp. costurera o Fr. coûturier).

Custurirìcchiu. s. m. dim. e avvil. di custureri: sartuccio.

Custuriruni. Dicesi per encomio a valente sarto.

Custuruni. s. m. accr. di custura: costura rivoltata. || Per sim. cicatrice grande non ben riparata: catenaccio.

Cusuna. s. f. accr. di cosa, usasi per esaltar la eccellenza di checchessia: capolavoro.

Cusunuvru, Cusunùvuru. s. m. La feccia dello storace V. storaci. || Sorta di ragia accendibile, che imita il baleno: colofonia.

Cusuta. s. f. L’azione del cucire: cucita. (V. participiu).

Cusutu. add. Da cùsiri: cucito. || – a filu duppiu cu unu, essergli intrinsichissimo: esser due anime in un nocciolo. || – a li cianchi, sempre vicino, attorno: cucito a’ fianchi. || – cu l’agugghia cauda, per celia si dice d’ogni cucito che presto si scuce.

Cusuzza. s. f. dim. e vezz. di cosa: cosuccia, cosuzza, coserella, cosellina. || Ciancia, cosa di poco prezzo: ciammèngola. || Piccolo trastullo di bambini: ciancerella, ciancerulla. || pl. Diconsi generi di dolciumi per ragazzi: chicche. || Ironic. ’na cusuzza, cosa di gran momento p. e. custau ’na cusuzza, e simili. || Forma gentile di pane.

Cutàniu. add. Che è in pelle: cutàneo.

Cutèddu, Cutellu. (pl. cutedda). Nome generico d’ogni strumento a lama tagliente: coltello. || Per sim. sorta di arma corta di acciajo, piana: pugnale. || met. aviri un cuteddu a lu cori, gran dolore, rimembranza dolorosa: coltello al cuore. || ’n cuteddu. T. fabb. dicesi de’ mattoni o altro che poggi di fianco: per coltello. Lo dicon anche i facchini per la soma messa in ispalla non per piano. || Prov. lu pani è duru, lu cuteddu nun tagghia, quando tutto concorre a non far riuscire: quando la bricca vuole, l’asino non puote; quando l’asino puote, la bricca non vuole. || essiri dui cuteddi ’nta ’na guaina dicesi di due persone che sono in disaccordo. || nun ponnu stari dui cuteddi ’nt’una guaina: due piedi non istanno bene in una calza. || Gli artefici dànno tal nome a molti strumenti che pur non son tali: coltello. || caminari supra un cozzu di cuteddu, fig. star diligentemente sul dovere: andare pel filo della sinopia. || – di li culura: T. pitt. Coltello fine, senza filo per pigliare o mestar i colori sulla tavolozza: mestichino. || mettiri ad unu lu cuteddu a la gula, met. astrigner uno a qualche cosa contro sua voglia: sforzare, violentare, costringere. || – a pampina di canna, di lama lunga e acuta. || – d’inzitari, quello che si adopera per gl’innnesti: innestatojo. || – di caccia: coltello da caccia. || cu di cuteddu feri, di cuteddu peri: chi di coltello fere, di coltello pere.

Cuti. s. f. Pelle, e propr. quella dell’uomo: cute. || Per ciaca V.

Cuticarìa. V. zutichizza.

Cuticchiata. s. f. Colpo di ciottolo.

Cuticchiazzu. pegg. di cuticchiu.

Cutìcchiu. s. m. Sassuolo: ciòttolo. || Per sim. minuzzolo di cose commestibili, secche e dure allorquando dovrebber essere tenere e umide. Dal Lat. cos-cotis; d’onde in ital. di fece cote, e cotano (Giusti, Prov.).

Cuticchiunata. V. ciacata.

Cuticchiunazzu. pegg. di cuticchiuni.

Cuticchiuneddu. dim. Sassottolo.

Cuticchiuni. accr. di cuticchiu: ciottolone. || Si dice add. di cosa che dovrebbe esser molle ed è dura: V. anco cutrognu.

Cuticunazzu. accr. di cuticuni: zoticonaccio.

Cuticuni. add. Di natura ruvida, rozzo, intrattabile: coticone, costolone. || a cuticuni, posto avv.: quatto quatto.

Cutiddata. s. f. Ferita di coltello: coltellata.

Cutiddatuna. accr. di cutiddata.

Cutiddazzu. s. m. pegg. di cuteddu: coltellaccio. || T. man. Strumento tagliente fornito di manico per pareggiar il piede ai cavalli: incastro. || sunari o sbattiri lu cutiddazzu, far pagar una cosa molto caramente; e fig.: canzonare, dar la quadra.

Cutiddera. s. f. Astuccio di coltelli: coltelliera.

Cutidderi. s. m. Quegli che fa i coltelli, le forbici ecc.: coltellinajo.

Cutiddianu. V. cutidianu.

Cutiddiàrisi. recipr. Far alle coltellate: accoltellarsi. P. pass. cutiddiatu: accoltellato.

Cutiddiata, Cutiddiatina. s. f. L’azione dell’accoltellarsi: accoltellata (V. participiu).

Cutiddiatuna. accr. di cutiddiata.

Cutiddina. s. f. Arme un po’ più lunga del pugnale: coltella, coltellessa.

Cutidduzzi di siminatu. T. bot. Erba molto comune che nasce tra le biade, co’ fiori porporini. Gladiolus segetum L. || Per spatuzza V.

Cutidduzzu. s. m. dim. di cuteddu: coltellino, coltelletto.

Cutidianamenti. avv. Giornalmente, ogni dì: cotidianamente. [p. 290 modifica]

Cutidianu. add. D’ogni dì: cotidiano. || s. m. Sufficiente ai bisogni cotidiani.

Cutigna. (Scob.) V. cuticchiu.

Cùtina. s. f. La pelle del porco: cotenna. || La pelle del capo dell’uomo: cotenna, cuticagna.

Cutinedda. dim. di cùtina: cotennina.

Cutra. s. f. Roba che copre il letto: coperta, coltre. || – accentu, chiamasi una coltre leggiera: coltroncino. || – di catalettu o di mortu, qual panno nero o paonazzo con cui si copre la bara funebre: coltre funèrea. || la sciarra è pri la cutra, ognuno tira per sè; o esprime difetti di pronti mezzi. Da un diritto abusivo degli antichi curati nacque sto proverbio, i quali per apprestar una coltre al cadavere da trasportarsi imponevano una tassa che era causa di litigi: l’argento è la sposa per cui si balla. || – sfiluccata o agnillina, coperta da letto vellosa di filo, di lino o di cotone.

Cutraru. s. m. Chi fabbrica coltri: coltriciajo.

Cutricedda. s. f. dim. di cutra: coltretta. E particolarmente panni in cui s’avvolgon i bambini.

Cutriciuni. s. m. Pannolino intessuto con lavorio di coltre per avvolgervi bambini: pezza da rinvolto. || abbitu a cutriciuni, grande e lungo.

Cutrigghia. s. f. Coperta da letto per inverno di tessuto di lino, cotone o seta ripiena di bambagia: coltrone.

Cutrognu. add. Dicesi delle frutta quando rimangon dure senza prender la dovuta morbidezza: incatorzolito, imbozzacchito.

Cutruffeddu. dim. di cutruffu: orciuolo. || Fiaschetto nel quale si porta il vino per saggio: saggiuolo.

Cutruffu. s. m. Vaso di vetro con la bocca larga quanto il fondo, stretto nella pancia per dove s’impugna, vestito di erba sala e serve a contener liquori, inchiostro ecc.: carraffa. || Per sim. detto ad uomo basso, paffuto: chionzo, caramogio.

Cutruni. s. m. accr. di cutra, coltre più imbottita e più grave: coltrone.

Cutruzzu. (Vinci) s. m. Spina dorsale.

Cuttettu. s. m. Specie di gonna usata anticamente dalle donne.

Cuttiamentu. (Pasq.) v. sfacciataggini.

Cuttiatu. v. sfacciatu.

Cutticeddu. V. cuttuliddu.

Cuttìgghia. V. bustu.

Cuttignu. add. Mezzo cotto: guascotto.

Cuttizzu. add. Molto cotto: stracotto.

Cuttuliddu. add. Alquanto cotto: cotticcio. || Mezzo ubbriaco: cotticcio, cottìccico. || fig. Innamoratello: cotticcio.

Cuttunaru. s. m. Venditore o facitore di bambagia o cotone: bambagiaro.

Cuttunata. V. cutrigghia. || Terreno seminato a cotone.

Cuttuneddu. s. m. dim. di cuttuni. || Per sim. la neve quando viene giù a falde, minuta: fiocca, nevischio. || E la neve di fresco caduta, ammontata e ancor mollicona prima che il gelo l’assodi: bioscia. || – di campagna. T. bot. Erba di cui son varie le specie: erba da cotone. Evax pygmaea, Graphalium gallicum, Graphalium germanicum L. || T. zool. Insetto che dannifica le ulive: prillo. || Quei bioccoletti molli e leggieri che si ritrovano sono i letti o altro fra la polvere.

Cuttuni. s. m. Nome di molte piante che producon una materia da cui si trae la bambagia: cotone. Gossypium L. E la bambagia stessa: cotone. || – arbòriu, una delle varietà. Gossypium arboreum che differisce dall’herbaceum.

Cuttuniari. v. a. Indurre e quasi forzare alcuno a fare: istigare, strignere, sollecitare.

Cuttunigna. s. f. V. cuttuneddu di campagna.

Cuttunignu. add. Che è a modo di cotone: cotonoso, bambagioso. || In botanica aggiunto delle piante, le cui foglie son coperte di una lanugine simile al cotone: cotonaceo.

Cuttunina. V. cutrigghia.

Cuttuninedda. s. m. Piccola coltrina: coltrinetta.

Cuttura. s. f. Il cuocere: cottura. || a menza cuttura, posto avv. non ben cotto, cotto per metà: cotticcio. || fig. Usasi questa espressione a significare il trarre con intento alcuno alle nostre voglie p. e. ridduciri o lassari ad unu a menza cuttura, averlo mezzo disposto a condiscendere. || passatu di cuttura, fig. chi ha varcato di molto il fiore dell’età: più che maturo. || – di lu vinu, qualità del vino generoso, quando deposta l’asprezza e la feccia diviene gagliardo e soave.

Cutturedda. dim. di cuttura.

Cutturiari. v. a. Sollecitare ma piuttosto con modi seccanti, importuni: importunare. P. pass. cutturiatu: importunato.

Cutturiu. V. siddìu.

Cutturiusu. add. Che reca importunità: importuno.

Cuttuttu. avv. Sebbene, tuttochè. || Frattanto. || cuttuttucchì: con tutto che, quantunque, benchè, ancorachè.

Cuttuttuchissu o chistu. avv. Non ostante ciò: tutto ciò, contuttoquesto.

Cutugnata. s. f. Conserva di cotogna zuccherata o a giulebbo ecc.: cotognato, codognato.

Cutugneddu. s. m. dim. di cutugnu: piccolo cotogno o piccola cotogna. || Amarezze, e si dice a chi gli si voglia fare stizza.

Cutugnera. s. f. L’albero delle cotogne: cotogno.

Cutugninu. add. Che ha colore, odore o sapore di cotogna: cotognino. || T. min. Per sim. in forza di s. è nome di diverse spezie di marmi: cotognella.

Cutugnitu. s. m. Luogo piantato di cotogni: cotogneto.

Cutugnu. s. m. T. bot. Albero del genere de’ peri, ha il tronco storto, scorza grossa e cenerina al di fuori: cotogno. Pyrus cydonia L. || Frutto dello stesso: cotogna. || met. Amaritudine, afflizione. Onde, dari cutugna: amareggiare. E riciviri o agghiuttiri cutugna, soffrir danni, ingiurie senza farne risentimento: ingozzare. || cutugna pri li ziti, motto allusivo alle consuete amarezze e discordie che sono fra gli sposi. || – pulusu, a chi voglia ostentar delicatezza ed esattezza di pensare, ed anche paura di comparir poco onesto, ovvero ipocrita: bacchettone, spigolistro. || – di lu Giappuni: cotogno del Giappone. Cydonia japonica. Pers.

Cutulari. v. a. Far cadere dagli alberi i frutti, scuotendoli o percuotendoli: scuotere, abbacchiare, scossare. || Adunare e tor via le cose confusamente e di furto: colleppolare. || Far cascare, e dicesi de’ denti o altro. P. pass. cutulatu: [p. 291 modifica]abbacchiato. || fatto cascare . Potrebbe esser un freq. di κοπτω: percuoto. Certo che la origine è simile alla radice di s-cuòtere, per-cuòtere.

Cutularisilla. V. in svignari.

Cutulata. s. f. L’atto dello scuotere o abbacchiare: scossa, abbacchiata . || fig. Del morir molti in poco tempo: morìa . || Arresto numeroso in una volta: retata .

Cutulatedda. dim. Scossetta, abbacchiatina (V. participiu).

Cutulatina. V. cutulata. || È anche la mercede che si paga agli operai per bacchiare.

Cutulaturi –tura. verb. Chi scuote o abbacchia per mestiere: scuotitore –tric e, abbacchiatore trice .

Cutuliàbbili. add. Atto ad essere beffato: beffevole . || Semplice, inesperto: soro .

Cutuliamentu. s. m. L’atto del dimenare: dimenamento . || Per beffa, celia .

Cutuliari. v. a. Muovere, agitare in qua e in là: dimenare, dicrollare . || Burlare, uccellare: cuculiare . || Adular altrui beffandolo: sojare . || – ad unu chi dormi, volerlo destare picchiandolo: scuoterlo . P. pass. cutuliatu: dimenato . || Sojato. || Cuculiato . L’origine dev’essere analoga a quella di cutulari V.

Cutuliata. s. f. Dimenamento: dimenìo . || Burla, baja, celia . || Adulazione accompagnata da beffa: soja .

Cutuliatuna. s. f. accr. di cutuliata, beffa grave: celiaccia, burlaccia .

Cutuliatura. s. f. Scossa, dimenamento: crollata, dimenìo .

Cutuliaturi –tura. verb. Chi burla, beffa: beffardo, berteggiatore –trice.

Cutulinu V. cotu cotu: quatto quatto.

Cutuliuni, Cutuluni. s. m. Moto, scossa: crollone .

Cutupesta! Nella imprecazione cutupesta: un accidente ti venga!

Cutupiddi! Indecl. Interiezione che usasi per negare: nulla, covelle, respice .

Cutupina. s. f. Così nel Catanese per dire: piccina, carina .

Cuturbuliari. (Spat.) V. vastuniari.

Cuturnu. V. coturnu.

Cuva. s. f. Il tempo del covare ed il covare stesso: cova, covatura . || Tempo in cui i bambini metton i denti lattajuoli: dentizione . || fari la cuva, degli uccelli che stanno generando: far la cova . || fari fari la cuva, di chi si diletta tener uccellini acciocchè facciano la cova in casa. || essiri ’ntra la cuva, per ischerzo dicesi a donna incinta.

Cuvacìnniri. s. m. Persona da nulla, buona a guardar la cenere: covacenere .

Cuvari. v. a. e intr. Lo star degli uccelli sulle uova per riscaldarle acciò faccian il pulcino: covare . || Per riscaldare semplicemente: covare. || Tener occulti i suoi pensamenti, o star acquattato a spiar altrui: covare . || – ’na malatia, averne il germe addosso che man mano si sviluppa: covar il male . || – odiu, vinditta ecc., concepire la vendetta e il modo di asseguirla, odiare: covare. || lu luci cuva, che il fuoco senza strepito va accendendosi, alimentandosi. || met. cuvari, far all’amore segretamente, e star vicino all’amata: amoreggiare . || Non far nulla, star ozioso: covare . chi cci cuvi? che ci stai a fare: che tu covi? || – la simenza, voce delle bigatterie, quando i bozzoli nascono: covar le uova o la sementa. P. pass. cuvatu: covato.

Cuvarta. s. f. Fazzoletto più o meno fine che dagli uomini si porta al collo: cravatta, crovatta, croatta.

Cuvartedda. s. f. dim. Cravattina.

Cuvartinu. s. m. dim. Cravattino.

Cuvartuni. s. m. accr. Cravattone.

Cuvata. s. f. Quella quantità d’uova che in una volta cova l’uccello, e quel numero di pulcini che ne vengono: covata. || met. laida cuvata, o iron. bedda cuvata dicesi di una triste famiglia o radunanza d’uomini: cattiva o trista nidiata. E bona cuvata, al contrario: buona famiglia.

Cuvatedda. s. f. dim. di cuvata: covatina (Parmi averio udito).

Cuvatizzu. add. pegg. Dicesi delle uova stantìe: barlacchio, o che ha quasi il pulcino: impulcinato. || arruttu d’ova cuvatizzi, erutto puzzolente proveniente da indigestione: rutto che sa di nidore.

Cuvatura. V. cuva: covatura.

Cuveddu, Cuvellu. s. m. Maschera che finge uno sciocco che fa il bravaccio: coviello. || Per disprezzo a qualunque omicciatto sciocco che si crede di bell’umore: lumacone.

Cuverchiu. s. m. Quello con che si copre alcuna cosa: coperchio, coverchio. || – di crita, quella stoviglia tonda un po’ cupa che copre pentola o altro: testo. || lu cuverchiu di la midudda, la sommità del capo. Onde; fari vutari lu cuverchiu di la midudda, cavar di cervello: cavar da’ gangheri. || prov. lu suverchiu rumpi lu cuverchiu, ogni eccesso è dannoso: il soperchio rompe il coperchio. || T. mugn. La macina di sopra che gira sopra quella di sotto: coperchio. || – di l’aciu: carello, cariello.

Cuvernu. V. governu.

Cuverta. s. f. Cosa che copre o con che si cuopгe: coperta, coverta, copertojo. || – di littra, quel foglio in cui inchiudendosi le lettere si fa il sopraccarta: busta, coperta delle lettere. || – di libbru, quel cartone vestito di cartapecora con cui si cuopron i libri: coperta. || T. mar. Palco o ponte superiore della nave: coperta. Onde, jiri, stari sutta cuverta, star nella parte interna: andare o stare sotto coperta; e stari supra cuverta, sul ponte, all’aria aperta: star sopra coperta. || fig. mittirisi sutta cuverta, guardarsi di alcuno sconcio, aversi cura: mettersi in guardia. || sutta cuverta di... modo avv., sotto colore, fingendo di...: sotto coperta di... || – di tavula, piatto, posata e salvietta al posto di ogni commensale: coperta. || – di lettu, panno con cui si copre il letto: coperta da letto o coperta, ass.

Cuvertamenti. avv. In modo coperto: copertamente, covertamente.

Cuvertu. s. m. Luogo coperto: coperto, coverto. || essiri, stari, mittirisi a lu cuvertu, in sícuro: essere, stare, mettersi al coperto.

Cuvertu. add. da cupriri: coperto, coverto. || met. Oscuro, ambiguo, simulato: coperto. || Aggiunto ad uomo di cui difficilmente si può penetrar l’interno: cupo, sornione. || Detto di suono: cupo. [p. 292 modifica]

Cuviari. v. a. Insidiare il nemico tendendogli agguato: agguatare. || Per cuvari. P. pass. cuviatu: agguatato.

Cuviaturi –trici. verb. Chi o che tende agguato: agguatatore –trice.

Cuvili. s. m. Luogo dove dorme o si riposa l’animale: covile, covacciolo.

Cuvirchieddu. s. m. dim. di cuverchiu: coperchino, coperchietto. || Frode, pretesto, malizia coperta per ingannare: coperchiella. || serviri pri cuvirchieddu, essere strumento delle mire altrui, e sirvirisi d’unu pri cuvirchieddu, servirsi d’alcuno por coonestare cose illecite e cattive. || fari lu cuvirchieddu, aver mano in un intrigo: far il ruffiano.

Cuvircieri. s. m. Velo nero: turca.

Cuvirnari. v. guvirnari. || cuvirnàtivi, modo di salutare: statevi bene, guardatevi, abbiatevi riguardo.

Cuvirtari. V. cummigghiari: covertare.

Cuvirtazza. s. f. pegg. di cuverta: copertaccia.

Cuvirtedda. s. f. dim. di cuverta: copertina.

Cuvirtizzu. s. m. La coperta in generale della fabbrica: copertura (Sp. cobertizzo).

Cuvirtuni. s. m. T. valig. e carr. Quel panno con che si copre la cassetta del cocchiere: copertorio.

Cuvirtura. s. f. Ciò che copre: copertura. || Coperta da letto: coltre. || met. Scusa, pretesto per ingannare: coperta, coperchiella.

Cùviu. add. Uomo cupo, intento a conseguir copertamente i proprî vantaggi: sorbone, chetone. || lupu cuviu, astuto, triste: volpone. || Detto di cosa: cheta, lenta. Onde, cuviu cuviu, pian piano: lene lene. || prov. lu cuviu fa li così e ’un è timutu, l’uomo raggiroso, coperto non dà sospetto e nessuno se ne accorge.

Cuvrecchiu. V. cuverchiu.

Cuzzardu. V. pidicuddu.

Cuzzari. V. cozzari.

Cuzzarruni. s. m. Terreno rilevato lungo una fossa, o che soprastà lungo lo stradone: ciglione. Quasi accrescitivo di cozzu nel senso di estremità come cozzu di cuteddu ecc.

Cuzzata. V. scuppuluni.

Cuzziari. v. a. Tagliar la pagnotta negli orli a merli perchè venga più cotta. || Conformar il pane a orliccio tagliuzzato pria di cuocerlo. Da cozzu (di pane) V. P. pass. cuzziatu, tagliato a merli.

Cùzzica. s. f. Coperta di escrementi riseccati che si ferma sopra la pelle rotta o magagnata: crosta. || Moccio riseccato e indurato nel naso stesso: càccola. || Umore dell’occhio riseccato negli orli delle palpebre: cispa. || Minutissima parte di checchessia: minuzzolino. || Detto ad uomo increscevole, impronto a chiedere: mosca culaja. || – o cacazzina d’oricchia: cerume, cacherume.

Cuzzichedda. s. f. dim. di cuzzica.

Cuzzicuna. s. f. accr. di cuzzica.

Cuzzicuseddu. add. Fastidiosetto.

Cuzzicusu. add. Pieno di caccole o di cispe: caccoloso, cisposo. || Nojoso, molesto: fastidioso. || Che d’ogni cosa s’apprensionisce: casoso. || Avaro, sordido: spizzeca, mignetta. || Detto di lavoro: minutissimo (Sp. coxijoso). Sup. cuzzicusissimu: fastidiosissimo.

Cuzzicusuni. accr. di fastidioso: fastidiosaccio.

Cuzziddu, Cuzziteddu. s. m. dim. di cozzu, parlando di pane, cacio ecc., pezzetto d’orliccio: frusto, briccia, cantuccio.

Cuzzuliarisilla. V. in svignari.

Cuzzulè. Voce de’ ragazzi quando in giuoco han vinto e spogliato l’avversario; e alle volte dicono: cuzzulè scuzzulè.

Cuzzulina o Ddomestica. add. di cacòcciula: carciofo mazzaferrata.

Cuzzuluneddu. s. m. dim. di cuzzuluni.

Cuzzuluni. s. m. Capo senza capelli: zucconato. || Detto a chi è senza capelli, o li ha corti: zuccone.

Cuzzuni. s. m. Mezzano, sensale di cavalli: cozzone. || Per mozzo di stalla. || accr. di cozzu.

Cuzzutu. add. Detto ad uomo che abbia grossa zucca, grossa nuca: zuccone.

Supplemento

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Cubba. s. m. Quel vaso dove si pigia l’uva (In S. Cataldo).

Cucca. – di rocca o di ruccaru, V. jacobbu.

Cucchietta. s. f. Dicesi una coppia di bestie appajate per trebbiare.

Cucchirìsimu. s. m. La classe o il ceto dei cocchieri.

Cucciara. V. cucchiara; e così i simili. Nell’oriente dell’Isola.

Cucciusa. V. turdu.

Cucinari. v. a. finiri di cucinari, modo prov., cessare di fare, non riuscire più a...

Cuciuni. V. gurgiuni.

Cucullari. v. intr. Il cantar del gufo.

Cuculu. s. m. Il canto del gufo.

Cucuruni. V. vozzu § 1. (In Caltanissetta).

Cucuzza. s. f. Per cacocciula. || nun essiri nè cucuzza, nè citrolu, modo avv., non essere nè una cosa nè l’altra.

Cucuzzedda. – di sonnu, V. paparina.

Cuda. s. m. – di li picazzi, T. torn.: codolo dei topponi. || – di focu, V. cuda russa. || – di rattu, V. cuda di draguni. || – di surci, è anco una pianta: coda di volpe. Alopecurus pratensis L. || Prov. cu’ havi la cuda di pagghia si spagna di lu focu: chi ha coda di paglia, ha sempre paura che gli pigli fuoco.

Cudardu. Perez spiega: rivale, V. cudardu.

Cuddari. Per inghiottire, ingollare.

Cuddu. V. coddu (In S. Cataldo).

Cuddura. s. m. cudduri di la chiavi: gl’ingegni. || Per gucciddatu V.

Cuetu. Per cuitizza, p. e. nun aviri cuetu: non aver requie.

Cufina. V. cartedda.

Cufurinna. V. ficurinnia.

Cugghiri. V. cogghiri.

Cugghiutu. Dimesso, umile. || Stretto nelle vesti, succinto; o misero in abiti.

Cugnà. V. cugnatu (In Nicosia).

Cugnera. s. f. Luogo o buco dove va ad ammucchiarsi la neve.

Cugnu. s. m. – di cucchiara, lo stampo d’acciajo, per fare sul tasso il cavo ai cucchiai: pirello (Car. Voc. Met.).

Culatoriu. add. Atto a colare o far colare: colatìo. || Strumento per colare: colatojo (Rapisardi).

Culazziunari. v. intr. Far colazione: colazionare (Nerucci. Benchè il Fanfani la registri come voce antica). P. pass. culazziunatu: colazionato.

Culazzu. V. muzzuni.

Culazzuni. Per ispregio: merdellone. || essiri culazzuni: portar il gonnellino, essere ancora bambino.

Culò. V. chilò.

Culònia. V. colonia.

Culòvria. V. minchiuni (In Licata).

Culu. s. m. culu a moddu, per ischerzo dicesi ai marinai. E per ingiuria vale garrusu V. || inchirisi lu culu, arricchirsi ma propriamente il cacarsi. || culu sfunnatu, sbarazzino, monello. || dari lu culu, lavorare, faticare. || iri ’n culu, rovinare, far del male ad uno. || aviri lu culu apertu o ’mpanniddatu, essere fortunato. || cu’ havi culu cunsidira, si dice quando si ode un peto.

Culunnedda. s. f. Quel cilindro di legno, sul quale lo stagnaio ripiega il foglio della latta: colonnino (Perez).

Culuri. a li culura, giuoco fanciullesco, in cui ognuno piglia nome da un colore. || dari un culuri a ’na cosa, mostrarla sotto tale o tal altro aspetto. || Prov. comu havi lu culuri havi lu sapuri, si dice anco di uomo tristo e brutto.

Cummigghiari. v. a. cummigghiarisi lu tempu: rabbruscarsi.

Cummintìculu. V. conventiculu. || fari cumminticuli, V. fari cufulara. [p. 1144 modifica]

Cummissu. s. m. cadiri ’n cummissu, cader in disgrazia d’alcuno (Pitrè).

Cummitu. s. m. Convito (In Licata).

Cumpagnu. s. m. Prov. cumpagnu allegru pri caminu ti servi pri runzinu: la buona compagnia è mezzo pane.

Cumpàita. V. cubbaita.

Cumpariri. v. a. nun ci cumpariri, si dice di cosa piccolissima, non vedersi.

Cumprutu. V. cumpitu.

Cumprita. V. cumpieta.

Cumu. V. comu. Così in certi luoghi dello interno dell’Isola.

Cunciatu. V. cunnutu.

Cuncidari. v. a. Dichiarare di cessare l’affitto della casa sia per parte del pigionale che del padrone: dismettere, smettere casa (Perez).

Cunfalunaru. add. Del grano e delle spighe che fanno belle grandi e piene.

Cunigghiu. s. m. Prov. a bon cunigghiu nun ci manca tana, chi è bravo conosce ed è apparecchiato alle cose del suo mestiere.

Cunnulutu. Voce di spregio che si unisce agli aggettivi spregiativi p. e. tintu cunnulutu.

Cunnutu. add. Condito.

Cunocchia. – di la viti d’arbitriu: la grillanda (Di Marco).

Cunoccia. V. cunocchia. E così altre simili.

Cunsigghiari. || Prov. cunsigghiati sempri cu li boni, è chiaro.

Cunsigghiu. || Prov. nun fari nenti senza cunsigghiu, bisogna pensare prima di fare.

Cuntaggiari. V. ’ncuntaggiari.

Cuntintizza. || Prov. doppu cuntintizza, veni morti, non saprei perchè. || la cuntintizza fa ringiovaniri: allegrezza fa bel viso.

Cuntìnuu. avv. Continuamente: continuo.

Cuntra. V. cutra (In S. Stefano).

Cuntu. di cuntu, posto avv., di numero. Onde diciamo p. e. haju manciatu cincu nuci di cuntu, cioè proprio cinque: ho mangiato cinque noci di numero (Rigutini). || Prov. cu’ nun sapi fari cuntu, sempri perdi, dunque s’impari a farlo. || cunti novi nun paganu debbiti vecchi, sfido io.

Cunzera. s. f. T. agr. Anello di cuojo ove si introduce il bure dell’aratro per attaccarlo al gioco.

Cupiicedda. dim. di copia.

Cupinari. V. cupunari.

Cuppiicedda. dim. di coppia: coppiettina (Nerucci).

Cuppiteddu. V. coppu per ingoffo.

Cuppulotta. V. cappucciu.

Cupunari. V. cummigghiari.

Curbeddu. s. m. T. zool. Sorta di pesce: locca, ombrina locca, ombrina bastarda (Caglià) (In Messina).

Curcifissu. V. crucifissu.

Curcugliuni. s. m. Uomo non retto (S. Giovanni).

Curdaru. Per giurana V.

Curisitusu. V. curiusu.

Cùriu. V. còriu. In quel di Caltanissetta.

Curnetta. s. f. Sorta di uva bianco-gialla buona a mangiarsi.

Curriola. s. f. Cassa grande con le girelle sotto: carriuola.

Cùrriri. lassari curriri lu casali, modo avv., viver senza badar a’ propri interessi. || Prov. cu cchiù curri mancu camina, perocchè chi va piano va sano e va lontano.

Currituri. Propriamente il tegolo volto colla concavità in su, su cui poi si accavalcano col convesso in giù altri tegoli.

Curriuneddu, dim. Asticciolina.

Curriuni. s. m. Asticciuola, per lo più di castagno.

Cursa. || Prov. a cursa lunga parinu li cavaddi, col lungo andare si prova la bontà di checchessia.

Curtenna. Così a Noto per curdedda V.

Curti. || Prov. cu’ servi in curti voli aviri pacenzia, e deve sempre degradarsi.

Curtu. purtari di curtu ad unu, stargli addosso, nol lasciare.

Cusciaturi. s. m. Quel pannilino che metton i barbieri addosso alle persone che radono o a cui taglian i capelli: accappatojo.

Custura. Le commessure delle tavole, assi ecc., anco delle pietre.

Cuteddu. – cu la modda: coltello a scatto o a cricco (Rigutini). || Prov. cu’ nun havi cuteddu nun mancia carduna, chi non ha mezzo non può fare. || – a pettu, dei legnaioli: coltello a petto.

Cutèu, Cutieddu. V. cuteddu.

Cutigghiu. V. cuttigghia.

Cutò. Così francescamente dicon in Nicosia il coltello (Verdone).

Cuttunatedda. s. f. Pannolino imbottito e trapuntato che si lega al collo dei bambini: bavaglino (Perez).

Cuttura. di bona cuttura, che facilmente cuoce: di facile cottura. || a giusta cuttura: a giusta cottura.

Cutu. V. cotu.

Cutugnara. s. f. L’albero delle cotogne: cotogno (In Messina).

Cutugnu. dari cutugna, far ingelosire (Rigutini).

Cutulatina. Della ddisa (V.) che per esser corta cade, scotendosi, da quella più lunga la quale poi serve a far stroppe, lacci ecc.

Cutuluni. Per scòppula nel senso di colpo di sventura. aviri lu malannu e lu cutuluni: aver il danno, il malanno e l’uscio addosso.

Cuvari. Piantarsi in un luogo senza rimuoversi: appillottarsi.

Cuverchiu. La tegola che sta col convesso in giù, accavalcata ai tegoli messi al rovescio chiamati currituri.

Cuzzari. a cuzzari, far alla trottola dando col becco sul boccino.

Cuzzata. V. pizzata, data colla punta della trottola.

Cuzzùmmulu. s. m. Formica con tanaglie sopra nere, e la testa rossa.