Nuovo vocabolario siciliano-italiano/MA
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Ma. cong. che distingue, eccettua o contraria: ma. || Particella cominciativa di chi trapassa a diverse cose: ma. || Congiunzione correttiva invece di anzi: ma. || Sta come ripieno p. e. ma però, ma pure ecc. || Seguita dalla chi interrogativa, vale ma che prò? ma che giova?: ma che? || In forza di s. significa minima objezione, opposizione p. e. nun cc’è ma chi teni: non c’è ma che tenga ecc. || ma per mia. V.
Ma’. V. mai: ma’.
Mà. Per mamma o madre. In quasi tutta Italia è comune quest’apocope mà per mamma.
Maagna. V. magagna.
Maaru. V. magaru e derivati. Per fognatura della g.
Macacu. s. m. T. zool. Spezie di scimmia, con lunga coda, natiche nude e callose, di pelo verdiccio: macacco. || Per beffa o spregio si dice a uomo soro, melenso.
Macadaru. s. m. Luogo di riunione per conversare o sollazzare: ritrovo, raddotto. || Talamo nuziale. Onde, sediri comu la zita a lu macadaru, star in pompa. Arabo chadar a cui si aggiunge la m per formar il nome; significa cubicolo, talamo. Pasq.
Macadurìa. s. f. Sordidezza, mancanza di nettezza: sudicerìa, sporchezza.
Macaduru. add. Sporco: sùdicio, lordo. || Si dice a chi va malmesso e sporco: sciattone. (Pasq. lo vorrebbe dal Gr. μακκοᾶν: stolto, fatuo).
Macagna. V. magagna.
Macari. partic. copulativa. Eziandio, parimenti: anche, ancora. || Per pure. || macari Ddiu, esclamazione, Dio il voglia: magari! magari Dio!
Macàu. s. m. Giuoco di carte.
Maccagnanu. V. tuppu.
Maccagnu. V. maccagnuni.
Maccagnunazzu. pegg. di maccagnuni: poltronaccio, bighellonaccio.
Maccagnuneddu. dim. Poltroncello.
Maccagnuni. add. Dappoco, che poltrisce: poltrone, bighellone. (Dal Lat. ganeo, onis: vagabondo. Pasq). || Berretto dei bambini per parar loro le botte nelle cadute: cercine.
Maccarìa. s. f. Calma di mare: maccherìa. || Per abbondanza: macca. Onde essiriccinni d’una cosa a maccaria: essercene a macca. || Per guasto, danno. (Caruso).
Maccarrònicu. add. Di composizione piacevole, mischiata di volgare e di latino: maccheronico. || Detto di verso rozzo e cascante: maccheròneo.
Maccarrunarìa. s. f. Sciocchezza: scioccàggine.
Maccarrunaru. s. m. Chi fa o vende maccheroni: maccheronajo. || la calata di li maccarrunara, nome d’una strada di Palermo, ma in gergo vale: lo esòfago.
Maccarrunata. s. f. Corpacciata di cannelloni. E se di maccheroni: maccheronata. || Paglia e crusca impastata: impagliata.
Maccarrunazzu. pegg. di maccarruni: cannellonaccio. || Maccheronaccio.
Maccarruncinu. s. m. Qualità di pasta, ossia cannelloni sottili: fistiello, fistio piccolo (a Firenze), foratino, cannoncetti.
Maccarruneddu. dim. di maccarruni: cannelloncino. || Maccheroncino.
Maccarruni. s. m. Foggia di pasta a cannello: cannellone, cannoncino. Il maccherone in Toscana è pasta schiacciata in pezzi quadri. || – di zita, più grandi: cannonciotto, cannoncione. || fig. Uomo sciocco, soro: maccherone. || diciamo pure maccarruni senza sali. || T. mar. Pezzi di legno un palmo, in giro nel bordo de’ bastimenti da remo, servono per sostenere le falche: maccheroni (Zan. Voc. Met.). || Prov. cariricci lu maccarruni ’nta lu furmaggiu, di cosa che giunga opportunissima: cascar il cacio sui maccheroni. || simplici comu l’acqua di li maccarruna, persona o cosa che ostenta semplicità, mentre in sè è furbo: esser chiaro come l’acqua dei maccheroni. || manciari maccarruna ’n testa a ’n autru, essere più alto o più d’intelletto: mangiar la torta in capo ad alcuno. || lavatu ’ntall’acqua di maccarruna, uomo sciocco.
Maccarruniata. s. f. Corpacciata di cannelloni; desinare allegramente, in brigata: gozzoviglia.
Macchera. s. f. Strage, uccisione: macco. || fari macchera, fare stragge: far carne (Guerrazzi). || Rovina, fracassamento di checchessia: tristo governo. (Auria lo deriva dal Gr. μακαυθα: gladio. Machera in ital. è spada spagnuola).
Màcchia. s. f. Segno o tintura che resta nella superficie di checchessia, diversa dal colore generale: màcchia. || Parte di diverso colore del pelo o piume dell’animale: màcchia. || – di l’occhiu: leucoma. || – di peddi: macchie epatiche. || Colpa, difetto: macchia. || Tutto ciò che offende l’onore: macchia. || Maniera di ombreggiar e colorire de’ pittori: macchia. || Selva folta da potervisi nascondere: macchia. || iri a la macchia: andar alla macchia. || li macchi hannu l’occhi, e li mura hannu l’oricchi, non bisogna fidarsi a parlare, anche avendo spiato per bene intorno, poichè qualcuno a caso può trovarsi nascosto. || macchia ca cc’è crastuna, si dice quando s’avvede di qualche tranello celato: gatta ci cova.
Macchiari. v. a. Bruttare con macchia: macchiare. || fig. Si dice della coscienza, dell’onore ecc.: macchiare. P. pass. macchiatu: macchiato.
Macchiata. s. f. Il macchiare. || – di lignati, quantità di busse: carpìccio.
Macchïatu. add. Coperto di macchie di vario colore: macchiettato.
Macchiavèllicu. add. Furbo come Machiavelli, che fa tranelli o inganni: machiavèllico.
Macchiavellu. add. sopra. || s. m. Inganno. (S. Fratello).
Macchiavilliscu. V. macchiavellicu.
Macchiavillìsimu. s. m. Furberia, cavillazione: tranelleria.
Macchiavillista. V. macchiavèllicu.
Macchiazza. pegg. di macchia: macchiaccia.
Macchicedda. dim. Macchierella, macchiettina.
Macchiedda, Macchietta. dim. di macchia: macchietta, macchiolina.
Macchìggiu. V. marchiggiu e seguenti.
Macchiuneddu. dim. di macchiuni: macchioncello.
Macchiuni. accr. di macchia: macchione.
Macchiuzza. dim. di macchia: macchiuzza.
Maccia. femm. di macciu. V. || – d’aranciu, pianta d’arancia (a Modica). V. anco scocca al 1º § || Per macchia.
Macciteddu. dim. di macciu: muletto.
Màcciu. s. m. Mulo (Sp. macho: mulo). || testa di macciu, ostinato, caparbio: testerèccio.
Maccu. s. m. Vivanda grossa di fave sgusciate, cotte in acqua, e ridotte come in pasta: macco.
Maceddu. s. m. Luogo dove si macella: macello, beccheria. || Strage, uccisione: macello. || purtari a lu maceddu, menare a rovina: menar al macello. || fari maceddu, fare strage: far macello.
Macellari. V. macillari.
Macellu. V. maceddu.
Maceramentu. s. m. Il macerare: maceramento.
Macerari. v. a. e intr. Tener tanto nell’acqua o in altro una cosa finchè si renda trattabile: macerare. || met. Mortificare. P. pass. maceratu: macerato.
Macerazzioni. s. f. Riducimento di checchessia per mezzo dell’acqua ad esser trattabile: macerazione. || met. Mortificazione: macerazione.
Macèrii. (An. M.) s. m. pl. Monte di sassi di case rovinate: macèrie.
Màceru. add. Macerato, affralito, spossato: màcero.
Màchina. s. f. Nome generico di ogni strumento semplice o composto per cui si ottiene forza, motu ecc.: màcchina. || Macchinazione, insidia: màcchina. || omu di machina: astuto, machione. || Qualunque ordegno meccanico: màcchina. || – umana, il corpo: màcchina umana. || Grande statura: màcchina. || Barca piatta cogli ordegni per pulir il fondo del mare: màcchina da scavare, cavafango. || – pri fari butiru: zàngola. (Più vicino al Lat. machina).
Machinali. add. Dicesi di que’ movimenti o atti in cui la volontà non concorra: macchinale.
Machinalmenti. avv. In maniera macchinale: macchinalmente.
Machinamentu. s. m. Il macchinare: macchinamento.
Machinari. v. a. Predisporre col pensiero, o in atto, per operare cose cattive: macchinare; ha più cattivo senso di rimuginare. Si medita per operare, per dire, per intendere tanto pel bene che pel male. Ordire è il congegnare le prime fila; tramare è il far concorrere i mezzi al fine. P. pres. machinanti: macchinante. P. pass. machinatu: macchinato.
Machinata. s. f. Il macchinare.
Machinaturi. verb. Che macchina: macchinatore –trice.
Machinazza. pegg. di machina: macchinaccia.
Machinazzioni. s. f. Il macchinare: macchinazione.
Machinedda, Machinetta. dim. di machina: macchinetta. || – di cafè, è di varie foggie, e serve per far il caffè: macchina da caffè.
Machiniari. V. machinari. || In senso non cattivo: affaticarsi intorno ad una cosa.
Machinìsimu. s. m. Il tutto insieme delle macchine, ordegno: macchinismo. || Struttura.
Machinista. s. m. Colui che fabbrica o muove macchine: macchinista.
Machinuna. accr. di machina: macchinone.
Machinuseddu. dim. di machinusu.
Machinusu. add. Che macchina: macchinoso. || Di gran mole. || Complicato, inviluppato.
Maciamentu. s. m. Smagrimento: emaciamento.
Maciareri. s. m. Dicesi di persona che ponga le mani in molte cose, ma tutte le faccia male: ciarpiere.
Maciari. v. a. e rifl. Smagrire: emaciare. P. pass. maciatu: emaciato.
Màciaru. V. màceru. || V. anco maceddu.
Maciddari. V macillari. || maciddarisi la testa: scervellarsi.
Macìgnu. s. m. Pietra bigia, renosa, men dura del marmo, si fan macine da mulino e conci per gli edificî: macigno. || Pietra durissima: macigno. || cori di macignu, durissimo, insensibile: cuor di macigno.
Macilentu. add. Stenuato, magro: macilento.
Macilenza. s. f. Magrezza, emaciazione: macilenza.
Macillari. v. a. Ammazzare bovi, pecore ecc. ad uso di mangiarne la carne: macellare. P. pass. macillatu: macellato.
Màcina. s. f. Pietra piana, circolare, bucata nel mezzo per uso di macinare: màcine, màcina. || Ordigno in cui la macina gira, se gira per piano o serve pel grano: macinatojo; se gira di costola o di fianco per le ulive: frantojo, infrantojo. || Quantità d’ulive che s’infrange in una volta: infrantojata, pilata, macinata. || Macinamento, la cosa macinata: macinatura. || a menza macina, non macinato troppo sottile: a mezza macina. || di menza macina, si dice del sale non tutto raffinato. || a tutta macina, macinato sottilmente: a tutta macina.
Macinamentu. s. m. Il macinare: macinamento.
Macinari. v. a. Ridurre in polvere checchessia colla macina: macinare. || Minutamente tritare: macinare. || Stritolare e impastar i colori con olio ecc.: macinare. || – a gurgata: a raccolta. V. gurgata. || macinarisi lu sensiu, mulinare, ghiribizzare: beccarsi il cervello. P. pass. macinatu: macinato.
Macinata. s. f. Il macinare; quantità che si macina in una volta: macinata.
Macinatedda. dim. di macinata: macinatina (in Firenze).
Macinatu. s. m. Macinatura, la roba macinata: macinato. || Esosa imposta e angarica sulla farina macinata: macinato.
Macinatura. s. f. Macinamento; la cosa macinata: macinatura.
Macinaturi –tura. verb. Chi o che macina: macinatore –trice.
Macinedda. dim. di macina: macinella.
Macineddu. s. m. Strumento di pietra o di vetro, con cui si macinano i colori sovra una pietra liscia: macinello. || Quell’arnese in cui si macina il caffè: macinino, macinello. || T. stamp. Quel pezzo di legno con cui si macina l’inchiostro: macinello.
Macinga, Macingu. s. f. e m. Diavolo, satanasso. (Forse dal Gr. μάχιμος: pugnatore).
Màcinu. V. macinatu.
Macionna. Dicesi per ispregio a donna neghittosa: sciattona.
Maciriari. v. a. Trattar con mano la farina da impastare, fregandola sulla madia: intridere.
Màcula. s. f. Macchia, ma in senso fig.: màcula, màcola.
Maculari. v. a. Macchiare, disonorare: maculare. P. pass. maculatu: maculato.
Madama. s. f. Signora, quando non si tratta di forestieri ha senso di celia: madama. || Titolo che dànno all’aja, alla governante ecc.
Madamiggella. dim. di madama, signorina: madamigella.
Maddoccu. s. m. Massa di cose rabbatuffolate: batùffolo. || Qualunque materia informe e pesante: grossume. || Piccole zolle che si formano nella farina: ròccolo. || V. baddocculu.
Maddalena. (A. posto avv. Dicesi di una finestra di cui la larghezza sia maggiore dell’altezza. Dicesi d’altre cose bislunghe.
Maddonna. s. f. Signora, ma più per derisione: madama, madonna. || – acconzu, donna che vuol metter mano a tutto e non riesce a nulla: femina acciarpinata, ciarpiera.
Maddrarutu. add. Grasso, pesante, rozzo: materiale.
Madera. s. f. Spezie di vino: madera.
Madonna. s. f. Per antonomasia la madre di Gesù: madonna. || Festa in onore di lei, per esemp.: la madonna di agosto ecc.
Madrigaleddu. dim. di madrigali: madrigaletto, madrigalino.
Madrigali. s. m. Lirica breve e non soggetta a rime: madrigale. (D. B.).
Madriperla. V. matriperla.
Madrisilva. s. f. T. bot. Arboscello che produce fiori odoriferi, e di cui i molti rami s’attaccano agli alberi vicini: madreselva. Lonicera caprifolium L.
Madunari. V. ammadunari.
Madunaru. s. m. Artefice che fa i mattoni: mattoniero.
Madunateddu. dim. di madunatu.
Madunatu. s. m. Il luogo dove son messi i mattoni: mattonato. || – ’n cuteddu, quando i mattoni son messi per costola: accoltellato.
Madunazzu accr. di maduni, mattone grande per ammattonar forni e simili: tambellone.
Maduneddu. dim. di maduni: quadrello, mattoncino.
Madunettu. s. m. Una sorta di dolce di farina e miele.
Maduni. s. m. Pezzo di terra cotta per pavimenti; sonvi di varie forme, se quadrato e piccolo: quadrello; se più grande: quadrone. Se poi è di figura bislunga siccome quelli che si usano a costruire muri: mattone (pantufaluni); se più piccolo: mezzana (mustazzola); e se ancora più sottile: pianella (pantofalu). || – di valenza: quadrelli verniciati, ambrogette.
Madunnina, Madunnuzza. dim. di madonna: madonnina, la imagine di Maria.
Madurnali. add. Grande, principale e si dice di sproposito, sbraglio ecc.: madornale, badiale.
Maduru. Nella frase duru e maduru: sòrdido (Sp. mas duro. Vinci).
Maestà. V. maistà.
Màfara. s. f. Turacciolo per botti e simili: tappo.
Mafaradda, Mafarata. V. lemmu.
Mafaratedda. dim. di mafarata.
Maffata. V. pappata.
Maffi. s. m. pl. Strisce di pelle che dalla groppiera del fornimento dei cavalli, scendono pei fianchi e tengon alte le tirelle: reggitirelle.
Màfia. s. f. Neologismo per indicare azione, parole o altro di chi vuol fare il bravo: sbracerìa, braverìa. || Sicurtà d’animo, apparente ardire: baldanza. || Atto o detto di persona che vuol mostrare più di quel che è: pottata. || Insolenza, arroganza: tracotanza. || Alterigia, fasto: spocchia. || Nome collettivo di tutti i mafiusi. (Smàferi si chiaman in Toscana gli sgherri; e maffia dicon alla miseria, e miseria vera è il credersi grand’uomo per la sola forza bruta! ciò che mostra invece gran brutalità, cioè l’essere grande bestia!).
Mafiarisi. s. intr. pron. Mostrarsi valente o sbravazzone: sbravazzare, sbraciare; e in men tristo senso far il bravo dinanzi il pericolo: braveggiare, bravare. || mafiarisi cu unu: pigliare baldanza addosso a uno.
Mafiata. s. f. Lo sbravazzare, lo sbraciare: sbravazzata, sbraciata, sbracìo, spocchiata, braveggiata.
Mafiunarìa, Mafiusata. s. f. Atto o detto da bravo: braveria, valentia. || Baldanza.
Mafiusazzu. pegg. di mafiusu.
Mafiuseddu, Mafiusicchiu. dim. di mafiusu. || Baldanzosetto.
Mafiusità. V. mafiusarìa.
Mafiusu. s. m. Chi opera e si mostra con mafia: sbracione, bravaccio, sbarazzino. || V. vappu. || Di cosa buona, eccellente nel suo genere: smàfero. || Tracotante. || Ardito, valente: sgherro. || In buono senso: baldo, baldanzoso. || Che affetta grandigia, spocchia: spocchioso. || Detto di abito, bello, ricco, ecc.: sgherro. || Valente, bravo, esperto: bàrbero, sgherro.
Mafiusuni. accr. di mafiusu: bravaccione.
Mafujè. (Pasq.) Cosa di vil condizione: ciarpa.
Maga. fem. di magu: maga.
Magadaru. V. macadaru.
Magagghiuni. s. m. Vite grossa. || Bastone. || Zappa (Mal. e Pasq.).
Magaghiari. V. malitrattari. (Mal. e Pasq.).
Magagna. s. f. Vizio, difetto, così del corpo che dell’animo: magagna.
Magagnari. v. a. Guastare, viziare: magagnare. P. pass. magagnatu: magagnato.
Magara. fem. di magaru: strega, maliarda. || I più rozzi montanari così chiamano anche il convoglio della ferrovia.
Magararu. s. m. Letto nuziale: talamo.
Magarazza. dispr. Stregaccia.
Magarazzu. spreg. di magaru: stregonaccio.
Magaredda. dim. Stregoncella.
Magarìa. s. f. Affatturamento: stregonerìa, fattucchierìa. || fari magarìa, affatturare: far fattucchierìa. || rumpiri la magarìa, passata lunga disdetta, incontrarsi in qualche cosa conforme il desiderio: romper la malìa.
Magaru. s. m. Maliardo, ammaliatore: stregone.
Magaruni. accr. di magaru.
Magasenu. s. m. Stanza dove si ripongono le merci, le grasce ecc.: magazzino. || – di frumentu: granajo. || Per sim. una quantità: un ammasso di... E detto di una persona intesa di molte cose. || Prov. lu magasenu e la jissara fa fari la fimmina massara, il luogo dove conservare e il conservare fan la donna buona economa.
Magasinàggiu. s. m. L’uso del magazzino, e ciò che si paga per tal uso: magazzinàggio.
Magasinazzu. pegg. di magasenu: magazzinaccio.
Magasineddu. dim. di magasenu: magazzinetto.
Magasineri. s. m. Chi è preposto alla custodia dei magazzini: magazziniere.
Magasinettu. dim. di magasenu.
Magasinuni. accr. di magasenu.
Màgghia. s. f. Cerchietto di ferro o altro che concatenato con altri formi checchessia: màglia. || Quelli fatti d’altra materia, come cotone ecc.: maglia. || lassari ’na magghia aperta, disporre le cose che rimanga un appicco, un pretesto per far altrimenti: lasciar una scappatoja, un appiccagnolo... || magghia scappata, quella che per rottura di fili si trova lenta e non più concatenata: maglia scappata. || Camicia tessuta a maglia. V. flanella || fari magghi. V. fari puntina.
Magghicedda. dim. di magghia: maglietta.
Magghietta. s. f. Cordellina, nastro con punta d’ottone o alto a guisa d’ago per allacciare: aghetto, stringa. || La stessa punta d’ottone o simile: puntale. || Campanelle che tengono le due estremità della cinghia: maglietta. || magghietti, maccheroni napolitani recisi e curvi: gambe di donna (Perez).
Magghiolu. s. m. Sermento spiccato dalla vite, per piantarsi: magliuolo. || Nodo di ramo di albero: magliuolo. (Nerucci ha: magghiolo, uso del volgo toscano).
Magghitta. V. magghietta.
Magghittedda. dim. di magghietta. || Puntaletto.
Màgghiu. s. m. Strumento di legno in forma di martello, ma più grande: màglio. || Strumento noto, pel giuoco della palla: màglio.
Magghiularu. s. m. Luogo ove seminansi e nascono le piante che deggiono trapiantarsi: semenzajo. || chiantari a magghiularu, far uso e governo della pianta a mo’ di margotta: margottare.
Magghiuleddu. dim. di magghiolu; polloncello.
Magghiuni. accr. di magghiu. || Sorta di tessuto doppio di lana o di seta. || Camicia di maglie.
Maggi. s. m. pl. I tre re che dall’Oriente andarono a visitar Gesù bambino: re magi.
Maggìa. s. f. Arte superstiziosa di far i creduti incanti: magìa.
Maggicamenti. avv. In modo magico: magicamente.
Màggicu. add. Di magìa: màgico. || Straordinario, maraviglioso: magico.
Maggis. Voce latina che vale più. Come nel modo tantu magis, tanto più: tanto magis.
Maggisteriu. s. m. Opera da maestro: magistero, magisterio. || Maestria: magistero. || Ordigno, lavoro: magistero.
Maggistrali. add. Da maestro: magistrale.
Maggistratu. s. m. Adunanza d’uomini con potere di far eseguir le leggi: magistrato. || Persona che esercita magistratura: magistrato. || Prov. lu maggistratu è la prova di l’omu, cioè se è retto che non abusi, o no: il magistrato è paragon dell’uomo.
Maggistratura. s. f. Officio e giurisdizione del magistrato: magistratura.
Maggistrevuli. add. Magistrale: magistrevole.
Maggistrevulmenti. avv. Da maestro: maestrevolmente.
Maggistrabbili. V. maggistrevuli.
Maggistribbilmenti. V. maggistrevulmenti.
Maggistribbuli. V. maggistrevuli. || s. m. V. maggistratu.
Màggiu. s. m. Quinto mese: màggio. || a li quaranta di maggiu o meglio maju, modo prov. non mai. || acqua di maju, soccorso opportuno e inaspettato. || maggiu una bona, intendi acqua: maggio una buona, se molto piove in maggio la raccolta è buona. || longu comu lu misi di maggiu, lunghissimo. || prima chi passa maggiu metti a’ nn ordiri li ligami, la fauci e l’autri straguli, pria che passi maggio si mettan in punto gli arnesi per la messe. V. maju.
Maggiulinu. add. Del mese di maggio. V. majulinu.
Maggiuranza. s. f. Superiorità, preminenza: maggioranza. || La parte maggiore d’un dato numero: maggiorità. || a maggiuranza, a maggior numero di voti o altro: a maggiorità. E Ugolini ammette: a maggioranza. || Grandezza maggiore: maggioranza.
Maggiurdomu. s. m. Colui che nella corte del principe sovraintende: maggiordomo. || Nella marina, l’ufficiale incaricato della distribuzione de’ viveri: maggiordomo.
Maggiuri. add. comp. Più grande: maggiore. || Prov. unni maggiuri cc’è, minuri cessa, ove vi sono persone da più, il minore tace: non si sentono le campane piccole quando sonano le grandi. || Colui che ha l’età idonea per amministrar le cose sue: maggiore. || Grado militare: maggiore. || T. mus. Concordanza che differisce dalla minore di un semituono: maggiore.
Maggiurìa. s. f. Grado del maggiore, officio del maggiore: maggiorìa.
Maggiurmenti. avv. Molto più: maggiormente.
Màghiru. V. magru. Anco i Fiorentini hanno màghero idiotismo per magro.
Màglia. V. magghia.
Magna. s. f. Gravità; pompa, sostenutezza: sicumera, sussieguo. || Sorta di pasta.
Magnanimamenti. avv. Con magnanimità: magnanimamente.
Magnanimità. s. f. Grandezza d’animo: magnanimità.
Magnànimu. add. Di grande animo, generoso: magnànimo.
Magnari. V. manciari.
Magnateddi. s. m. pl. Foggia di pasta.
Magnatìsimu. V. magnetisimu.
Magnatizzari. V. magnetizzari.
Magnatìzziu. add. Appartenente a magnate: magnatizio. || Burbanzoso.
Magnatu. s. m. Principale, maggiorente: magnate.
Magnèsia. s. f. Sostanza assorbente, biancastra, naturalmente precipitata dall’alcali o dalla muria del nitro: magnèsia. || – abbruciata o calcinata: magnesia calcinata.
Magneti. s. m. Calamita: magnete. (Mort.).
Magnèticu. add. Di magnete: magnètico.
Magnetìsimu. s. m. Nome generico delle proprietà o virtù del magnete: magnetismo. || – animali, principio e causa di certi fenomeni, nel sistema nervoso: magnetismo animale.
Magnetizzari. v. a. Provocare in una persona gli effetti del magnetismo animale: magnetizzare. || Applicare la calamita al ferro per fargli acquistar la proprietà magnetica: magnetizzare. P. pass. magnetizzatu: magnetizzato.
Magnetizzata. s. f. L’azione del magnetizzare: magnetizzata. (V. participiu).
Magnïarisi. v. intr. pron. Darsi aria d’importanza, affettar grandigia, gravità: pausarsi, pausare (Tomm. D.).
Magnìfica. V. magnificamenti.
Magnificamenti. avv. Con magnificenza: magnificamente.
Magnificari. v. a. Aggrandir con parole, esaltare, lodare: magnificare. P. pass. magnificatu: magnificato.
Magnificat. s. m. Il cantico della Madonna, che comincia con questa parola: magnificat.
Magnificenti. add. Che ha magnificenza: magnificente. Sup. magnificentissimu: magnificentissimo.
Magnificentimenti. avv. Con magnificenza: magnificentemente.
Magnificentissimamenti. avv. sup. Magnificentissimamente.
Magnificenza, Magnificènzia. s. f. Virtù di spendere liberalmente in cose grandi e buone: magnificenza e ant. magnificenzia. || Splendidezza, sontuosità, generosità: magnificenza. || Cosa bellissima, sontuosa, magnifica: magnificenza (Tomm. D.).
Magnificenziuna. accr. di magnificenza.
Magnìficu. add. Che ha, od usa magnificenza: magnìfico. || Bello, eccellente.
Magnificuni. accr. di magnificu. || Vale anche per voce di approvazione: benissimo.
Magnòlia. s. m. T. bot. Albero di fiore odorosissimo: magnòlia. Magnolia grandiflora L.
Magnu. add. Grande: magno. || Burbanzoso. || Per molto, p e. è magnu tempu: gli è molto, è molto tempo. || magni magni, posto avv.: assai assai.
Magnu. avv. Molto, assai. || bonu magnu: molto buono.
Magnusa. (Pasq.) s. f. T. zool. Specie di anfibio nuotante: pesce martello. Squalus zigaena L.
Magnuseddu. add. dim. di magnusu: pomposetto, ecc.
Magnusu. add. Pomposo. || Per industrioso. || Con sussieguo: grave, contegnoso.
Magnusu. s. m. (Spat.) Velo che le donne portavan sulle spalle.
Magramenti. avv. In modo magro: magramente.
Magriceddu, Magrintinu. V. magruliddu.
Magrizza. s. f. Lo stato delle cose o persone magre: magrezza. || met. Si dice della terra: magrezza.
Magru. s. m. Carne senza grasso attorno: magro. || manciari di magru, senza carne: mangiar di magro.
Magru. add. Contrario di grasso: magro. || met. Si dice della terra, sabbione o altro arido: magro. || Onde il prov. tirrenu magru fa bon fruttu: terra magra fa buon frutto. Sup. magrissimu: magrissimo.
Magruliddu. dim. di magru: magretto.
Magruni. accr. di magru: magrone.
Magu. s. m. Chi sa di magìa e l’esercita: mago.
Maguggiu. s. m. T. mar. Strumento a foggia di gancio appuntato, ed avente una lama che serve a tirar fuori dai commenti la stoppia vecchia: maguglio (Zan. Voc. Met.).
Maguni. s. m. T. bot. Legno che ci viene d’America, serve per impiallacciare i mobili di legno, ridotto in foglie sottilissime: mogogane, mogogon, maagoni. Suletenia mahagoni L.
Mai. avv. In alcun tempo, giammai: mai. || Come semplice particella negativa: no. || quantu mai, moltissimo: quanto mai. || mai cchiù: non mai. || Mai in ital. per significare nessuna volta, vuol sempre la particella negativa: non; pure, dice l’Ugolini, vi son esempi in cui mai anco senza il non ha senso negativo, p. e. meglio tardi che mai. E nel Villani si trova: mai... furono loro amici. E in Boccaccio: che ad alcuna persona mai manifestassero. || casu mai, formola di concedere, ammettere: se mai.
Maìdda. s. f. Cassa per uso d’intridere la farina: madìa.
Maiddata. s. f. Quanto cape una madìa: madiata.
Maiddazza. pegg. di maìdda: madiaccia (in Firenze).
Maidduna. accr. di maìdda: madiona (Tomm. D.).
Maidduzza. dim. di maìdda: madiella. || – pri ’nfarinari lu pisci, pri lu saliatu ecc: tafferìa.
Mainnò. V. vasinnò.
Maìsa. s. f. Lo stato di un terreno che si lascia per qualche tempo in riposo, ma che pur viene rivoltolato: maggese (s. m. in ital.) || Prov. si riccu vo’ fari lu burgisi, simina l’oriu supra li maisi, che l’orzo sul maggese vien abbondante. || fa bona maisa e vattinni a ddisa, fa buon maggese e vattene pure a raccorre ampelodesmo.
Maisari. v. a. Metter a maggese: maggesare.
Maisata s. f. e Maisatu s. m. Maggese: maggesato. || Prov. la maisata cuntrasta cu la malannata: il maggese contrasta colla mala annata.
Maiseddi. s. m. pl. Solchetti.
Maisi. s. m. V. maisa. (D. B.).
Maistà, Maistati. s. m. Apparenza, sembianza che incuta venerazione, autorità: maestà, maestade, maestate. || Titolo di re, imperadore: maestà. || – divina, Dio: maestà divina. (A. V. ital. maistà).
Maìstra. fem. di maestro: maestra. || Per mastra al 2º §. || Fune in cui s’infilzano reti o ragne, per poterle tendere: maestra. || T. pesc. Sughero larghissimo che serve per segnale, e per dar corpo alla rete, affinchè il pesce vi possa entrare: maestra. || maistra o arvulu di maistra, il maggior albero della nave: maestra o albero di maestra. || add. della vela maggiore: maestra. || V. salimu.
Maistralata. s. m. Soffio di maestrale. || Tempesta prodotta dal maestrale, impetuosa e breve: turbine, fortunale.
Maistrali. s. m. Vento che spira tra occidente e settentrione: maestrale. || Prov. maistrali unchia e sdunchia, maestrale gonfia e sgonfia.
Maistrazzu. pegg. di maestro: maestraccio.
Maistredda. s. f. Una di quelle funicelle che sono da capo alla ragna e servono per distenderla: maestruzza.
Maistreddu. V. maistrinu: maestrello. || vilif. di maestro: maestrùcolo.
Maistrìa. V. mastrìa.
Maistrina. dim. di maistra: maestrina.
Maistrinu. dim. di maistru: maestrino.
Maìstru. s. m. Uomo dotto, esercitato in checchessia: maestro. || Colui che insegna: maestro. || Titolo di perito in checchessia: maestro. || Padrone o capo di bottega: maestro. || V. maistrali: maestro. || Grado tra’ frati: maestro. || Grado superiore in qualche ordine cavalleresco: gran maestro.
Maìstru. add. Da maestro: maestro || Dicesi alla maggiore delle cose dello stesso genere p. e.: strada maestra, porta maestra.
Maistrùculu, Maistrunculu. vilif. di maestro: maestrùcolo.
Maistruni. accr. di maistru: maestrone.
Maistusamenti. avv. Con maestà: maestosamente.
Maistusu. add. Che ha maestà: maestoso. Sup. maistusissimu: maestosissimo.
Majaleddu. dim. di majali: majalino.
Majali. s. m. Porco castrato: majale. || Per ingiuria ad uomo: majale.
Majaluni. accr. di majali: majalone.
Majàticu. (Pasq.) add. Grasso. (Da majali).
Majistà. V. maistà.
Majòlica. s. f. Sorta di terra dell’isola Majorica, simile alla porcellana, di cui si fanno vasi ecc. majòlica.
Majorca. s. f. Sorta di grano gentile: silìgine. || vulirinni centu ch’è majorca, fare o dire spacconate. || Prov. ti voi ’nsignari a pagari li detti, simina majorca e chianta catarratti, ci si guadagna molto e si ponno pagare i debiti. (Forse dall’isola Majorica in Ispagna, donde potrebbe esser venuto).
Maju. V. maggiu (Solito scambio delle gg in j. In Provenzale: may. A. V. ital. majo, in Allegri). || T. bot. Albero: majo. Chrisanthemum coronarium. || cu’ fa dinari lu misi di maju nn’avi tuttu l’annu, non saprei il perchè.
Majulinu. add. Di maggio: maggese, e parmi aver udito a Firenze: maggiolino.
Majurana. s. m. T. bot. Erba nota, aromatica, eccitante, di buon odore: maggiorana, majorana. Majorana persa L.
Majuranedda sarvaggia. s. f. T. bot. Pianta. Euphorhia chamaesyce.
Majuranza. V. maggiuranza. (A. V. ital. majoranza).
Majurascatu. s. m. Condizione, ragione di majorasco: majorascato, maggiorascato.
Majurascu. s. m. Fedecommesso che trasmettesi di primogenito in primogenito: maggiorasco, majorasco. || Per malandrino.
Majurchinu. s. m. Cacio proveniente da Majorica (Spagna).
Majurdomu. V. maggiurdomu. (A. V. ital. majordomo).
Majuri. V. maggiuri. (A. V. ital. majure).
Majusculettu. dim. di majusculu: majuscoletto. || T. tipogr. Carattere majuscolo di mezzana grandezza: majuscoletto.
Majùsculu. add. Grande: majuscolo. || T. tip. Carattere o lettera maggiore delle altre o della stessa forma che le lettere romane: majuscolo.
Mala. avv. V. malamenti.
Malabbatru. s. m. Foglia medicinale, che è uno degli ingredienti della teriaca: malabatro, foglio indico. Laurus cassia.
Malabbezzu. V. malavvezzu.
Malabbidutu. V. malavvidutu.
Malabbiniri. v. intr. Avvenir male, seguir una disgrazia.
Malabbinturatu. V. malavvinturatu.
Malabbirienti. V. disubbidienti. Male obediente.
Malàbbitu. s. m. Cattivo abito acquistato, cattiva abitudine.
Malabbituatu. add. Avvezzo male: abituato male.
Malabbizzatu, Malabbizziatu. V. malavvezzu.
Malabburienti. V. malabbirienti.
Malabburiintuni. accr. di malabburienti.
Malacarni. add. Si dice ad uomo tristo, cattivo: malvivente.
Malaccettu. add. Accetto male.
Malaccoltu. add. Raccettato con mala accoglienza: malaccolto.
Malaccortu. add. Poco accorto, che opera incautamente: malaccorto.
Malaccrianzatu, Malaccriatu. V. malucriatu.
Malaccustumatu. V. scustumatu.
Malacera. s. f. Cattiva cera, accoglienza. || Brutto viso: ceffo.
Malacquistatu. add. Estorto, acquistato con mezzi illeciti.
Malacquistu. s. m. Quel che malamente o ingiustamente si toglie altrui: matatolta.
Malacrianza. s. f. Inciviltà, scortesia: malacreanza. || Atto o parola che offenda i superiori, o i genitori: impertinenza, e se è più forte: insolenza || Prov. la malacrianza è di cu’ la fa, no di cu’ la ricivi, la villania è di chi la commette, non di chi la riceve.
Malacrianzedda. dim. di malacrianza.
Malacrianzuna. accr. di malacrianza: insolenza.
Malacriatu. V. malucriatu.
Malacunnutta. add. e s. Di persona di cattiva condotta: tristo, sbarazzino, arnesaccio, fusciarra, figuro.
Malacunnuttarìa. s. f. Azione di sbarazzino.
Malacunnutteddu. dim. di malacunnutta.
Maladdivatu. V. malunsignatu.
Maladduttrinatu. add. Addottrinato male (D. B.).
Maladizzioni. V. ’mmalidizioni.
Malaffari. s. m. Che mettesi col segnacaso, per aggiunto di persone scostumate o facinorose: malaffare.
Malaffattatu. add. Alquanto malato, gracile: malaticcio, infermiccio, malnaturato.
Malaffettu. add. Disposto ad odiare: malaffetto. (D. B.).
Malaffezziunatu. V. disaffezzionatu.
Malaffrancisatu. add. Infetto da mal francese: malfranciosato, malfranzesato.
Malaffurtunatu. add. Sfortunato: malfortunato.
Malàfia. V. malafria.
Malafidi. s. f. Il diffidare: diffidenza. || Il mancar di fede; mislealtà.
Malàfria. s. f. Seta grezza d’infima qualità, che si trae da’ bozzoli posti nella caldaia, prima di cavarne la seta: bavella. || In pl. cattivi bozzoli da non poterne cavar seta (Rocca). (Gr. ελαφός: tenue. Vinci). || V. fanfulicchi.
Malàfrica. V. sopra.
Malàfriu. add. Malmesso, sciamannato: sciatto.
Malafrùscula. V. fruscula al 2º §.
Màlaga. s. f. Uva e vino, venuto già da Malaga (Spagna): màlaga.
Malagana. s. f. Cattiva voglia: mala gana. || di malagana, posto avv. a mal in cuore.
Malaggèvuli. add. Difficile, poco agevole: malagèvole.
Malaggùriu. V. malagùriu e derivati.
Malagrusu. V. malaguriusu.
Malagùriu. s. m. Cattivo augurio: malaugùrio. (A. V. ital. malagùrio).
Malaguriusu. add. Di mal augurio: malaugurioso. (A. V. ital. malagurioso).
Malalingua. s. f. Maledico, linguacciuto: malalingua.
Malalinguazza. pegg. di malalingua.
Malamaritata. add. Maritata male: malmaritata.
Malamatinata. V. risìna.
Malamenti. avv. Con danno; a mala pena: malamente.
Malaminchiata. Oscena voce invece di malufattu. V. || a malaminchiata, alla peggio fatta: alla sciamannata.
Malaminnitta. s. f. Strage, danno immenso: scempio. || Il male e molto sciupare, maltrattare: sciupinìo, scampannìo. Onde fari malaminnitta: sciupinare.
Malamuzzina. V. malarrazza.
Malanchicari. V. malavvinturarisi.
Malancònicu. V. malinconicu.
Malancunìa. s. f. Umore da cui sono generati i mali ipocondriaci, malattia cronaca caratterizzata da un pensiero fisso e triste: malinconìa. || Indeterminato bisogno di intrattenersi sopra sè o altrui e più inesplicabile della tristezza, questa non sente diletti, la malinconia si diletta in pensieri non lieti: malinconìa. || Prov. cent’anni di malincunia nun paganu un debitu, collo rattristarsi non si acconcia nulla: mille pensieri non pagan un debito. || forti malancunìa, forti guvernu, divertimenti e gran sollazzi ci voglion per cacciar la malinconia.
Malancuniazza. pegg. di malancunia: malinconiaccia.
Malancuniedda. dim. di malancunia.
Malancuniusamenti. avv. Con malinconia: malinconicamente.
Malancuniusu, Malancunusu. add. Che ha malinconia: malinconioso.
Malandrinarìa. s. f. Azione da uomo bravo, malandrino: bravata, braverìa, malandrinerìa.
Malandrinazzu. pegg. di malandrinu.
Malandrineddu. dim. Alquanto malandrino.
Malandriniscu. add. Che ha del malandrino: malandrinesco. || a la malandrinisca, posto avv., alla maniera di malandrino: alla malandrinesca.
Malandrinu. s. m. e add. Uomo valente, che fa l’uomo addosso: malandrino, sgherro. || Assassin di strada: malandrino.
Malandrinuni. accr. di malandrinu.
Malangunarìa. V. malancunìa.
Malànimu. s. m. Cattiva intenzione: malànimo. || di malanimu, posto avv., mal grado: a mal in cuore.
Malannaja. V. mannaggia.
Malannata. V. caristia. || longu quantu ’na malannata, di cosa o persona spropositatamente lunga.
Malannatusu. add. Che reca mala annata: carestoso. || V. strittunazzu. (An. M.).
Malannu. s. m. Somma disgrazia e miseria: malanno. || Per imprecazione: malanno! || lu malannu è quindici grana di cchiù, prov. che accenna quando oltre al male si ha il danno: il danno, il malanno e l’uscio addosso. || aviri passati li vintinovi malanni, esser a tutta prova di disgrazie. || li malanni su comu li fogghi, cu’ li manna l’arricogghi, le imprecazioni ricascano su cui le manda. || lu malannu dimura, ma poi veni, quando la disgrazia dee venire, presto o tardi viene: la si può ben prolungare, ma fuggir no. || cu’ ha fattu lu malannu si lu chianci: chi ha fatto il male faccia la penitenza.
Malanova. s. f. Cattiva nuova. || Prov. la mala nova la porta l’oceddu, le cattive notizie arrivano subito.
Malantrinu V. malandrinu.
Malanuttata. s. f. Cattiva nottata.
Malaparata. s. f. Pericolo: mala parata. || vidiri la mala parata, accorgersi d’esser in termine o in pericolo: veder la mala parata.
Malapasqua. V. in pasqua.
Malapena. (A posto avv. Con fatica, con difficoltà: a mala pena.
Malapezza. V. in pezza.
Malària. s. m. Aria cattiva che genera morbo: malària. || Per puzzo.
Malariazza. pegg. di malària: malariaccia (Tomm.). || Gran puzzo: puzzaccio (Tomm. D.).
Malariedda. dim. di malaria. || Lieve puzzo: puzzino (Tomm. D.).
Malariuna. accr. Forte malaria. || Forte puzzo.
Malarrazza, Malarrazzina. s. m. e f. Cattivo, educato male: malnato. || Di cattiva razza.
Malascani. V. diascacci.
Malasciorta. V. malasorti.
Malasciurtatu. V. sfurtunatu.
Malasorti. s. f. Cattiva sorte.
Malaspina. V. malafruscula.
Malassata. V. frocia.
Malassuttillatu. add. Magro, scarno: tisico, malnaturato.
Malateddu. dim. di malatu: malatuccio.
Malatìa. s. f. Alterazione nello esercizio delle funzioni del corpo: malattìa, è meno di morbo. || pigghiari, cogghiri ’na malatia: ammalarsi. || Prov. malatìa di lupi, sanità d’agneddi, il male sopravvenuto al tristo è un bene per l’oppresso: la morte dei lupi è la salute delle pecore. Avviso a’ tiranni! || li malatii vennu currennu e sinni vannu zuppicannu: il male viene a carrate, e va via ad once.
Malatiazza. pegg. di malatìa: malattiaccia, (Tomm. D.).
Malaticchiu. V. malateddu.
Malatiedda. dim. di malatia: malattiuccia.
Malatiuna. accr. Grave malattia.
Malatizzu. add. Alquanto malato: malaticcio.
Malattenziunatu. V. disattentu.
Malattusu. add. Lezioso, affettato, caricato: attoso. Quasi dire mal attoso.
Malatu. add. Chi ha malattia: malato, ammalato. || cadiri malatu, ammalarsi: cader in letto. || fig. Si dice di persona altiera, vana di checchessia: vanèsio. || Prov. ognunu sa diri a lu malatu, lu signuri vi manda pacenzia: il sano consiglia bene il malato. || tintu dd’omu malatu ’ntra l’autunnu: febbre autunnale o è lunga o è mortale. || cu’ parra di malatu sicuru t’ha gabbatu, chi parla da ammalato, inganna.
Malatuni. accr. Forte ammalato.
Malatuzzu. dim. Malatuccio, malatuzzo.
Malaura. V. malura.
Malaùriu. V. malaguriu e derivati.
Malaurusu. V. malaguriusu. (S. Salomone-Marino).
Malavintura. s. f. Mala sorte: malaventura.
Malavògghia. s. f. Cattiva disposizione: malavoglia.
Malavugghiatu. add. Di mala voglia: malavogliccio.
Malavvezzu. add. Avvezzo male: malavvezzo.
Malavviatu. add. Avviato male: malavviato.
Malavvidutu. add. Disavveduto, incauto: malavveduto.
Malavvinturarisi. v. rifl. pas. Avventurarsi male.
Malavvinturatu. add. Sfortunato: malavventurato.
Malazzioni. s. f. Cattivo procedere, sgarbatezza: cattiva azione, mala grazia, sconvenevolezza, cattiverìa.
Malazziunàriu. s. m. Chi fa cattiverìe: cattivo, perfido.
Malazzu. pegg. di mali: malaccio. || nun c’essiri malazzu si dice dello star mediocremente bene: non esserci malaccio. || nun essiri malazzu, esser mediocre.
Malcuntenti. add. Non contento: malcontento.
Malcuntentu. s. m. Indignazione, scontento: malcontento.
Maldicenti. add. Che dice male d’altrui: maldicente.
Maldicenza. s. f. Il dir male d’una persona o cosa che non lo merita, o sconvenevolmente: maldicenza.
Malèdicu. add. Maldicente: malèdico. (Mort.).
Malediri. V. mmalidiri e derivati.
Maleficamenti. In modo malefico: maleficamente.
Malefìciu. V. malifìzziu e derivati.
Malèficu. add. Che fa del male: malèfico.
Malerva. s. f. Erba nocevole: malerba. || essiri canusciutu comu la malerva, modo prov., esser da tutti conosciuto: esser conosciuto più della malerba. || la malerva crisci cchiù prestu, le cose cattive crescono mai sempre: la malerba cresce presto.
Malevulenza. V. malivulenza.
Malèvulu. add. Che vuol male: malèvolo, più di maligno.
Malfari. v. a. Misfare, commetter male: malfare.
Malfattu. s. m. Misfatto: malfatto. || Spropositato, deforme: malfatto.
Malfatturi –trici. verb. Chi o che malfà: malfattore –trice. || cu’ castiga lu malfatturi, fa chi l’autri addiventanu migghiuri, per lo esempio.
Malgraditu. add. Aborrito: malgradito.
Malgradu. posto avv., a dispetto: malgrado.
Mali. s. m. Ciò che nuoce, contrario di bene: male. || – chi mmisca: appiccaticcio. || Infermità corporale: male. || Rovina, scandalo: male. || Misfatto: male. || Cagione del male: male. || vuliri mali, odiare: voler male. || nun cc’è mali, cioè le cose non vanno male: non c’è male. || mali di mari, quel travaglio che si soffre viaggiando per mare: mal di mare. || aviri a mali, o pri mali, pigghiarisilla a mali: aver a male, recarsi a male, aver per male. || sapiri mali, dispiacere: saper male, o cattivo. || pariri mali, rincrescere, dispiacere: parer una certa cosa, parer male, disconvenire. || iri mali, non riuscire: andar male. || di mali ’m peggiu, da cattiva condizione andar in peggiore: di mal in peggio. || mali di pettu, pleuritide: mal di petto, mal di punta. || menu mali! mancu mali! esclamazione a temperamento di cosa ita male: meno male, manco male, del mal male, pur del male. || mali pri mia! esclamazione: ohimè! lass’a me! || mali di tiru, male de’ cavalli, simile alla rabbia de’ cani: tiro. || E per imprecazione: malanno ti colga! || – di matri, mal del fianco: madrone. || – di petra. V. in petra. || – di luna: il benedetto. || – bicchignu, catarro d’infreddatura: tosse coccolina. || Prov. autru fa lu mali, ed io nni patu, quando l’innocente patisce pe’ misfatti altrui: altri han mangiato la candela e tu smaltisci lo stoppino, anco Dio usa così, ma è la Bibbia che dice queste cose. || mali nun fari, paura nun aviri, non paventi chi non falla: mal non fare, paura non avere. || cu’ ha fattu lu mali si lu chiancissi: chi ha fatto il male se lo pianga o faccia la penitenza. || cu’ fa mali, mali aspetta o aspetta peju o nun pò aviri beni: chi la fa l’aspetti, o chi mal fa, male aspetta. || non ogni mali veni pri nociri, qualche male porta a qualcuno del bene: ogni male non vien per nuocere. || di lu mali spissu nni nasci lu beni, simile al precedente: d’un male nasce un bene. || un mali nun è passatu chi l’autru è gghiuntu, quando le avversità si succedono prontamente. || mali e beni a lu so fini veni, il male come il bene non duran sempre: il mal non dura e il ben non regna. || penza lu mali, ca ti nni veni beni, è troppo sconfortante: a pensar male ci s’indovina. || lu mali chi dimura pigghia vizziu, il male bisogna scacciarlo tosto, se no passa in abito. || cu’ di mali veni ’m beni, cu du’ manu si lu teni, chi di cattivo viene in prospero stato, si guarda bene di ritornare indietro. || cu’ disidira lu mali di l’autri lu so l’avi vicinu, ovvero cu’ cerca d’autru lu mali, spissu lu so trova, e anche a cu’ ridi di lu mali d’autru, lu so è vicinu: chi ride del mal d’altrui, ha il suo dietro l’uscio. || si travagghia cchiù pri fari mali, ca pri fari beni, il proverbio più verace! gli uomini ad esser onesti e giusti ci impiegherebbero meno di quanto impiega ciascun a nuocere continuamente all’altro! purchè l’uomo volesse, questa terra potrebbesi cangiare in valle di diletto... || a cu’ natura a lu mali inclina, a forza di virtuti si raffrena o benchì natura a lu mali t’inclina, si ti raffreni nn’acquisti unura, è chiaro. || fattu chi è lu mali si conusci, dopo fatto il male si conosce. || fai beni e scordatillu fai mali nun ti lu scurdari o a cu’ fa mali arrigordatillu: chi offende non dimentichi, perchè deve aspettarsi la vendetta dell’offeso. || a cui fai mali nun cci cridiri mai, perchè egli cercherà eludere la tua vigilanza, per far la vendetta: chi offende scrive nella rena; chi è offeso, nel marmo. || a lu mali nun cc’è funnu, a lu peju nun cc’è fini: un male tira l’altro, e non finiscono mai. || hai un mali, dillu a tutti, per aver ajuto bisogna manifestar tutto il male: il male si vuol portare in palma di mano. || nuddu mali senza peni, e nuddu beni senza mercedi, ogni male vien punito. || nun fari mali a cui ndi aspetti peju, è lo stesso che provocar i malanni. || pocu di tempu basta a fari mali, il male si fa presto. || di lu mali e di lu beni pri tri gghiorna sinni parla, e ciò per coloro che credon acquistarsi fama col male. || nun rendiri mali pri mali, è massima evangelica e sublime, alla quale generalmente sogliono contravvenire i cristiani. || cu’ rendi mali pri beni lu so mali prestu veni, ciò poi è per gl’ingrati. || cu’ cerca lu mali lu mali ritrova: chi cerca rogna rogna trova. || V. malu.
Mali. avv. Malamente: male. || Si unisce a molti aggettivi e diventa privativo o scemativo della qualità che esprimono p. e. maldisposto, malcurante ecc. || Modo di disapprovare p. e. mali! figghiu mio: male! figlio mio.
Maliabblatu. V. malacquistu.
Maliardu. V. magaru.
Malicaducu, Malicatubbu. s. m. Convulsione di tutti i muscoli del corpo con offesa delle facoltà mentali: mal caduco, quel benedetto male.
Maliceddu. dim. di mali, maluccio.
Malidiri. V. mmalidiciri.
Malifà. s. m. Colui che fa male: facimale.
Malifari. V. malfari.
Malificiu, Malifìzziu. s. m. Malfacimento, delitto: malefìcio, malefìzio. || Malìa: malefìcio.
Malifrancisi. s. m. Mal venereo: malfrancese.
Malignamenti. avv. Con malignità: malignamente.
Malignari. v. intr. ass. Interpetrar malignamente: malignare.
Malignazzu. pegg. di malignu: malignaccio (Tomm.).
Maligneddu. dim. di malignu: malignetto.
Malignità. s. f. Inclinazione a pensar male, a far male, o a scoprirlo in altrui: malignità, è meno della malvagità o più della malizia.
Malignu. add. Che ha malignità: maligno. || Per malizioso. || Si dice delle malattie che recano danno: maligno. || In forza di s. il diavolo: maligno. Sup. malignissimu: malignissimo.
Malignuliddu. dim. di malignu: malignetto.
Malignuni. accr. di malignu.
Malimpressiunatu. V. malumprissiunatu.
Malinclinatu. add. Che inclina a cose non buone: malèvolo.
Malinconicamenti. avv. In modo malinconico: malinconicamente.
Malincònicu. add. Che ha malinconia: malincònico.
Malincunìa. V. malancunìa e seguenti.
Malincunicheddu. dim. di malinconico: un po’ malinconico.
Malincuniusu. V. malancuniusu.
Malincunizzarisi. (D. B. e Pasq.) v. rifl. a. Divenir malinconico: immalinconire.
Malintisa. s. f. e Malintisu. s. m. Interpretazione erronea, sinistra, sbaglio: malinteso.
Malipatimentu. s. m. Angustia, privazione: patimento, travaglio.
Malipatiri. v. intr. Provar afflizione, dolore, molestia: patire.
Malipatutu. add. di malipatiri: patito. || Magro, emaciato: sdiridito.
Malippatiri. V. malipatiri.
Malisimenzi. fig. Cattivo, pernicioso inizio.
Malipraciribbuli. add. Scompiacente: sgradito.
Malisuttili. s. m. Consumazione del corpo, tisichezza: malsottile.
Malitrattamentu. s. m. Il maltrattare: maltrattamento.
Malitrattari. v. a. Trattar male; usar villania: maltrattare. || Guastare, brancicare soverchiamente: trassinare, gualcire. P. pass. malitrattatu: maltrattato.
Malitrattu. V. malutrattu.
Malivinturusu. (Minutilla) add. Che ha mala ventura: malavventuroso.
Malivogghia. (Pasq.) V. malutrattu. || dari malivogghi: maltrattare.
Malivulenza, Malivulènzia. s. f. Il voler male, l’esser malevolo: malevolenza, malevoglienza. (A. V. ital. malivolenza e malivolenzia).
Malivulinteri. avv. Contra volontà: malvolentieri.
Malìzzia. s. f. Invenzione attuale e mentale di pensar al male: malìzia. || Astuzia: malìzia. || cu malìzia, posto avv., maliziosamente: a malizia.
Malizziatu. V. ammaliziatu in ammaliziari.
Malizziazza. pegg. di malìzzia: maliziaccia.
Malizziedda. dim. Malizietta, malizina.
Malizziuna. accr. di malìzzia: maliziona.
Malizziusamenti. avv. Con malizia: maliziosamente.
Malizziusazzu. pegg. di malizziusu: maliziosaccio.
Malizziuseddu. dim. Maliziosetto, maliziosino.
Malizziusità. s. f. Qualità di chi è malizioso, malizia: maliziosità.
Malizziusu. add. Che ha malizia: malizioso. Sup. malizziusissimu: maliziosissimo.
Malizziusuni. accr. di maliziusu: maliziuto.
Maliarruni. (An. M.) s. m. Strumento a corde piccolo: sordina (s. f.), sordino (s. m.). || V. anco mariolu.
Malocchiu. s. m. Invidia. || Cattiva influenza: malocchio.
Malortu. V. minortu. || Deforme, brutto.
Malsanu. add. Infermiccio, non sano: malsano. || E delle cose che fan male alla salute: malsano.
Malsicuru. add. Poco o nulla sicuro: malsicuro.
Malta. Su questo nome si fa la frase pigghiarila a malta. Jacopone ha: se il fraticel gli aguata è mandato a la malta. Malta qui è luogo vile, quello che meriterebbero gli scellerati. Ecco secondo me la origine della nostra frase.
Maltrattari. V. malitrattari.
Malu. add. Contrario di buono: malo. || Prov. cu’ è malu pri natura, dura finu la sepurtura, o lu malu pri natura fin’a la morti dura, chi nasce tristo non può mutare: vizio per natura, fino alla morte dura. || nun ci sarria malu, modo di dire, mi piacerebbe, mi sarebbe comodo, e simile: non avrebbe i bachi. || Quest’aggettivo si unisce a formar una immensità di nomi p. e. mala-genti, gente di scarriera: mala gente, e così via via. || cu’ è malu malu pensa, chi mal fa, mal pensa. || V. anco mali.
Malu. avv. Per malamente, male. || Prov. cu’ malu campa prestu o malu mori: chi mal vive mal muore.
Malubbarru. s. m. Capriccio, bizzarria, furore estroso: estraccio, bizzarrìa, grillo.
Malucaminu. s. m. Cattivo cammino.
Malucavatu. add. Brutto e cattivo: maligno, sbiobbo. Suole aggiungersi all’add. curtu. V.
Malucchïari. v. a. Tener a bada con arte, intertenere: baloccare. || rifl. a. Spassarsi, trastullarsi: baloccarsi.
Maluccori, Malucori. add. Di cuor non generoso: ingeneroso. || Di cuor cattivo: malvagio. || Inclinato a far delle cattiverie, dar noja ecc.: malestroso. || s. m. Odio, sdegno: ruggine.
Malucriatazzu. pegg. di malucriatu.
Malucriatu. add. Senza buona creanza: malcreato. || Impertinente, e se più: insolente.
Malucriatunazzu. pegg. di malucriatuni.
Malucriatuni. accr. di malucriatu: insolente.
Malucristianu. s. m. Cattivo cristiano.
Malucrucchinu. (Pasq.) Ladro.
Malucuffatu. V. cuffatu.
Malucunsigghiatu. add. Sconsigliato, incauto: malconsigliato.
Malucuntenti. V. malcuntenti.
Maluduri. s. m. Cattivo odore.
Malufari V. malfari e derivati.
Malufinu. add. Così dicono in Trapani per dire: bellino, graziosino.
Malujutu. add. Andato male: malito.
Malularruni. V. mallarruni.
Malulivati. s. m. Si dice a un malato che, non ancor avuta sanità, si levi da letto, che rimane fra il letto e il lettuccio.
Malumbra. s. f. Spettro, fantasma: larva. || Certi esseri imaginarî, creduti veri dalla superstizione: le paure. || cc’è la malumbra: c’è le paure.
Malumbrazza. pegg. di malumbra.
Malumbrusu. V. malaguriusu.
Malùmmira. V. malumbra.
Malumparatu. V. malunsignatu.
Malumprissiunatu. add. Che si è impressionato male: insospettito.
Malumuri. s. m. Malinconia: mal umore. || di malumuri: mal volentieri.
Malunatu. add. Cattivo: malnato.
Malunatuni. accr. del precedente.
Malunfasciatu. V. malunatu.
Malunfurmaggiatu. add. Mal condotto in salute: cagionoso, malparato.
Malunfurmatu. add. Informato male.
Malunsignatu. add. Avvezzo, educato male: malavvezzo, maleducato.
Maluntinziunatu. add. Che ha mala intenzione verso alcuno: malintenzionato.
Malupagaturi. s. m. Chi paga con istento i debiti: mal pagatore. || Prov. di lu malu pagaturi o oriu o pagghia, di chi paga con istento, bisogna profittare a pigliar ogni cosa, se uno vuol in parte rimborsarsi: dal mal pagatore o aceto o cercone.
Maluparatu. add. Che è in cattivo termine, in trisia condizione: malparato.
Malupartitu. s. m. Cattivo stato: malpartito.
Malupassu. s. m. Cattivo passo, luogo pericoloso.
Malupatiri. V. malipatìri.
Malupezzu. add. Malvagio, cattivo: ribaldo.
Malupinzanti. add. Che pensa al male: malizioso, maligno.
Malupinzeri. s. m. Cattivo pensiero: malpensiere.
Malupirtusu. V. maru curtusiu. || Vento libeccio.
Malupriparatu. add. Non ben preparato: malpreparato.
Maluprucèdiri. s. m. Inciviltà, inurbanità: malprocedere.
Maluprucidenti, Maluprucidusu. add. Chi nelle sue azioni procede precipitosamente e senza considerazione: corrivo, avventato, sgarbato. || Provocatore.
Malupruvidutu. add. Sprovveduto: malprovveduto.
Malura, Malaura e Malagura. s. f. Rovina, perdizione: malora. || iri o mannari a la malura, ire in perdizione, mandar al diavolo: andar o mandar alla malora.
Malurron. Così a S. Fratello. V. marranzanu.
Malusanza. s. f. Cattivo uso: malusanza .
Malusbarrateddu. dim. del seguente.
Malusbarratu. add. Malfatto: deforme, goffo, malfazionato.
Malusciurtatu. V. sfurtunatu.
Maluscunfittu. add. Urtato, afflitto, deluso: conquiso.
Malusgarbatu. add. Sgarbato, villano.
Malusgarbu. s. m. Cattivo garbo: garbaccio.
Malusmudatu. add. Sgarbato.
Malusuttili. V. malisuttili.
Malutempu. s. m. Cattivo tempo: maltempo. || Nel morale vale avverso, non proprio nel momento: impròspero.
Malutrattu. s. m. Il modo cattivo di trattare: garbaccio, malprocedere, maltrattamento.
Maluvicuinu. s. m. Cattivo vicino.
Maluvidutu, Maluvistu. add. Odiato, veduto male: malvisto, malveduto.
Maluvistutu. add. Vestito male: malvestito.
Maluviventi. add. Malvagio, tristo, di mala vita: malvivente. S’usa anco sost.
Maluvulutu. add. Odiato: malvoluto.
Malva. V. marva.
Malvacìa. V. marvacìa.
Malvaggiu. add. Scelerato: malvagio.
Malvavisca. s. f. T. bot. Specie di malva di fusto più alto e foglie più piccole: malvarischio. Altea officinalis L.
Malvedda. (Rocca e Pasq.) s. f. Stoppa di canapa. S’usa in pl.: suggramoli (a Siena).
Malvetta. V. marvetta.
Malviventi. V. maluviventi.
Malvizzu. V. marvizzu.
Mamà. Così francescamente la classe civile chiama quella che il popolo più italianamente dice, mamma: mamma.
Mamàu. s. m. Voce del gatto: miagolìo. || Per gatto.
Mamini. V. mammana.
Mamìu. V. mamàu.
Mamma. s. f. La madre: mamma. || Donna che allatta od alleva gli altrui figliuoli: bàlia. || fig. Di tutte quelle cose dalle quali si tragga origine: mamma, madre. || Feccia o letto del vino: mamma. || – di vrocculu. V. pedi. || – di s. Petru, si dice a femina avara: scortica pidocchi. || iri a li mammi mammi, andare scegliendo il migliore di checchessia. || essiri la mamma di..., essere nel suo genere la cosa migliore o più grossa: esser la mamma di... || mamma mia! esclamazione: mamma mia! || – cucchiara, donna prosuntuosa, dispettosa: musceppia (a Pistoja). || Prov. la mamma è l’arma, la mamma è l’anima. || la mamma senti lu guai di lu mutu, sente e non può esprimerlo. || cu’ avi mamma nun è orfanu: chi ha mamma non pianga. || zoccu fa la mamma a lu cufularu, fa la figghia a lu munnizzaru, i bambini seguono i costumi dei genitori.
Mammadraga. s. f. Mostro favoloso per far paura ai bambini: befana, biliorsa. || Dicesi a donna corpacciuta e brutta: befana.
Mammaluccheddu. dim. di mammaluccu nel senso di allocco.
Mammaluccu. s. m. Era milizia egiziana formata di schiavi: mammalucco. || Chiocciola senza guscio: lumaca. Limax ater L || Sciocco, baggeo: mammalucco. E noi diciamo anche mammaluccu di preula.
Mammaluccuni. accr. di mammaluccu nel senso di allocco: alloccone.
Mammalucìa. s. f. Sorta di giuoco carnascialesco (Pasq.).
Mammana. s. f. Quella che assiste la partoriente e raccoglie il parto: levatrice, mammana. || Prov. mammana nuvella fa nesciri la criatura di lu ciancu, chi si mette a un nuovo ufficio farebbe qualunque cosa per riuscirvi. || io pri tia nun pagavi mammana, di te non mi cale. || – di mari, pesce: cazzerella.
Màmmata. s. f. Voce napoletana, poco usata da noi: mammatua, màmmata.
Mammella. V. minna.
Mammicedda. dim. di mamma al 3º §.
Mammu. s. m. Chi è deputato a custodire e accompagnar bambini: bambinajo.
Mammulineddu. dim. di mammulinu.
Mammulinu. add. Di bambino affettuoso e attaccato alla mamma o ad altro, da cui non si possa distaccare: cacheroso, mimmoso, mammoino (in Firenze).
Màmmulu. (Perez). V. picciriddu.
Mammuni. V. gattumammuni.
Mammurtina. V. marmuttina. || lu spassu di la mammurtina, in gergo vale avversità: contrattempo.
Mammuzza. dim. di mamma: mammina, mammuccia.
Mamozzia. (Donna. Chi si mischia in tutto e per tutto: ciacciona.
Mamunetti. s. m. pl. T. mar. Estremità di scarmi e di ossature che sopravanzano sopra i castelli e servono per dar volta a’ cavi e alle manovre: manichetti (Zan. Voc. Met.).
Manacciata. s. f. Colpo di manaccia, per lo più colla mano aperta: manata, spiazzone (Nerucci).
Manaja. V. santumanaja.
Manata. s. f. Tanta quantità che possa tenere stringendo una mano: manciata. Se sta nella mano tenuta in concavo senza stringer le dita: manata, menata. || Manna o fastello di paglia o che: manata. || – di spichi: mannello, manìpolo. || Schiera, drappello, quantità di uomini: manata. || T. stamp. Quella quantità di righe che si piglian in una volta, coll’ajuto della stecca, per iscomporre: manata (Car. Voc. Met.). || T. rileg. Una presa di fogli piegati in quel numero che più torna acconcio, per batterli tutti in una volta sulla pietra: mano. || a manati, posto avv., a piene mani: a manciate. || a manati a manati, frequentativo del precedente.
Manatazza. pegg. di manata.
Manatedda. dim. di manata: manatina, manatella, manciatina, manciatella.
Manatuna. accr. di manata.
Manazza. pegg. di manu: manaccia. || fig. Per prodigo.
Manazzuna. accr. di manazza.
Manca. s. f. Sito o piaggia volta a tramontana: bacìo. || La mano sinistra: sinistra, manca. S’usa anco add. || cu la manca o cu ’na manca, vale: agevolmente, di leggieri.
Mancamentu. s. m. Il mancare: mancamento. || Contrario d’abbondanza: mancamento. || Errore, colpa: mancamento. || Imperfezione, difetto: mancamento. || Diminuzione, scemamento: mancamento. || Prov. quannu tu d’autru senti mancamenti, chiuditi la lingua ntra li denti, quando senti sparlar altrui, taci.
Mancamintari. (Rocca) V. mancari. || V. smagriri.
Mancamintariu. V. mancaturi.
Mancanteddu. dim. di mancanti.
Mancanti. add. Che manca, che vien meno: mancante. Sup. mancantissimu.
Mancantuni. accr. di mancanti.
Mancanza. s. f. Il mancare mancamento: mancanza. || Errore: mancanza. || Colpa, fallo: mancanza. || nun dicennu mancanza, si dice quando citati i meriti di alcuno non si vogliono oscurare quelli di colui a cui si parla: non offendendo i meriti, non esclusa lei ecc.
Mancanzedda. dim. di mancanza: mancanzuola.
Mancanzuna. accr. di mancanza.
Mancari. v. intr. ass. Non esserci, o non esserci a sufficienza checchessia: mancare. || Venir meno, diminuir a grado a grado: mancare. || Fallare, non avvenire: mancare. || Restar di fare, desistere: mancare. || Difettare, far mancamento: mancare. || T. tipog. Il non fare i caratteri debita impressione: mancare. || mancari di parola, di fidi, non tener la parola, la fede: mancar di parola, di fede. || sintirisi mancari, sentirsi venir meno: venirsi meno. || mancari pocu o di pocu o di nenti, esser vicino a seguir la tal cosa: mancar poco, esser lì lì per..., esser a un pelo. || pri mia nun manca, non son cagione io... non è colpa mia ecc.: da me non manca. || nun mancari per unu, aver cooperato e fatto di tutto. || Prov. unni manca Diu cuverna: Dio ragguaglia il tutto. P. pass. mancatu: mancato.
Mancata. (Damiano) V. mancamentu.
Mancatariu. V. mancatureri.
Mancatura. V. mancamentu. (A. V. ital. mancatura per difetto ecc.) || V. ammancatura.
Mancatureri. add. Mancator di fede.
Mancaturi –tura –trici. verb. Chi o che manca: mancatore –trice. || Prov. cu’ tarda e nun manca nun si chiama mancaturi, è chiaro, meglio tardi che mai.
Manchèvuli. add. Che manca, che ha difetto, manchèvole.
Manchivulizza. s. f. Qualità di ciò che è manchevole: manchevolezza.
Mància. s. f. Quel che si dà dal superiore all’inferiore nelle solennità o nelle allegrezze: mància || Dono fatto a chicchessia anco uguale in segno di amorevolezza e di satisfazione: mància. || Provvisione necessaria al vivere: vitto.
Manciabbili. add. Buono a mangiarsi: mangiabile.
Manciacasali. V. schirpiuni.
Manciacìa, Manciacina. V. manciaciumi.
Manciaciumazza. pegg. di manciaciumi.
Manciaciumedda. dim. di manciaciumi.
Manciaciumi, Manciaciuni. s. f. Quel solleticamento che si produce sui nervi della cute; pizzicore, rosa (o stretto ed s aspra); se è più forte: prudore, prurito, frizzìo. (Fr. demangeaison).
Manciaciuniari. v. intr. Produrre pizzicore, prudore sulla cute: pizzicare, prùdere.
Manciafrancu. s. m. Disutile, buon a nulla altro che a mangiare: mangiapane, bastracone.
Manciamentu. s. m. Il mangiare: mangiamento. || Profitto illecito di chi amministra le altrui sostanze: mangerìa. || Voglia di trastullarsi, di beffare e darsi buon tempo, alle spalle anco altrui: ruzzo, prurito.
Manciami-manciami. Si dice di cosa buona che attragga, che quasi inviti ad esser mangiata; ed anche di altre cose non da mangiarsi: mangiami-mangiami (Giorn. Unità della lingua).
Manciamintusu. add. Che gli piace ruzzare, burlare: ruzzone, burlone, celione (a Firenze).
Manciammàtula. V. manciafrancu.
Mancianti. V. manciaturi (Rocca).
Mancianza. s. f. Sostanza di color giallo che cavano le pecchie da’ fiori, per loro pasto: mangime. || Certi insetti marini, che avventandosi sopra i pesci li divorano.
Manciapilu. s. m. Sorta di verme: mangiapelo (Perez).
Manciareddu. dim. di manciari (s.): mangiaretto, desinarino, desinaretto (Fanf. Voci ecc. d. parlar fior.).
Manciari. v. a. Pigliar il cibo in bocca, masticarlo e mandarlo nello stomaco: mangiare. || Per estensione, dicesi di cose inanimate che consumino checchessia: mangiare. || fig. Consumare togliendo altrui le facoltà: mangiare. || intr. Del mordicare che fa la rogna o checchessia alla cute: pizzicare, prudere. Onde mi mancia: mi pizzica. || rifl. Mangiarsi. || Corrodersi, rodersi: mangiarsi l’anima. || chi haju manciatu c’haju a biviri? che ho goduto perchè paghi? || manciarisi ad unu, sopraffarlo con bravate, angherìe: mangiarsi uno. Similmente; manciarisillu vivu o ’ntra li robbi: mangiar vivo uno, rimangiarlo, mangiarsi uno come pane, strapazzarlo con gridate rabbiose ecc. || manciarisi ad unu cull’occhi, guardar fisamente alcuno con affetto sensuale o disordinato: mangiarsi uno cogli occhi. || manciari a crepa panza, o quanto un lupu, o a scotula pettu, moltissimo: mangiare a crepapelle, a crepa corpo, o quanto un lupo. || ntrall’aria, poco e in fretta: mangiar in pugno. || cu la testa ’nta lu saccuni o nta lu saccu o a sonu di campanedda, senza darsi briga al mondo: mangiar col capo nel sacco, o a bertolotto. || Si dice nelle imprecazioni p. e. lu cancaru o la pesta chi ti mancia: canchero ti mangi ecc. || essiri di manciari e di spremiri, di persona abile e destra a ogni cosa: esser da bosco e da riviera. || manciarisi li paroli, non pronunziarle intere: mangiare le parole ecc. || – lu cottu e lu crudu, mandar interamente male il suo avere: rifinir d’ogni bene. || manciari beni o mali, cibarsi di buoni o cattivi cibi: mangiar bene o male. || manciaricci li manu, aver voglia di menar le mani: prudere, pizzicar le mani. || Val anche, aver voglia di ruzzare, che si dice pure, manciaricci lu culu. || manciarisi, detto di colore, perdersi: mangiarsi il colore. || manciaricci supra o cu ’na cosa, guadagnarvi, viverci. Nel senso di lucro disonesto: mangiare sopra una cosa. || manciari a du muccuna, guadagnar da più lati a dritto o a torto. || manciaricci la facci ad unu, rinfacciarlo svergognandolo: scorbacchiare, rampognare, raffacciare. || scancia e mancia, si dice a dissipatore. || manciari a tavula misa e pani minuzzatu, a specie altrui: a ufo. || dari a manciari, dar a guadagnare: far campare, dare a campar la vita, dar da vivere. In mala parte corrompere con doni: subornare, ingoffare. || manciari filu, in gergo: schippire, svignare. || iri a manciari a li cappuccini, vivere miseramente e d’elemosina. || manciari pani e sputazza o pani e sali o luppini, vivere scarsamente. || nun nni manciu, modo di dire che vale: non me ne intendo, non ne so o non ne voglio sapere. || manciarisi l’aria: bravare. || ddocu cci mancia, si dice quando si tratta di cosa a cui altri è interessato o vi si diletti. || manciarisi la fogghia, comprendere, intendere: mangiarsi la foglia. || Prov. cu’ mancia assai s’affuca, o lu troppu manciari nun fa ripusari, o fa muriri, sì nel proprio che nel fig.: chi più mangia meno mangia, o chi mangia troppo scoppia. || mancia e bivi a gustu to, causa e vesti a gustu d’autru, o a lu manciari nun cc’è disputa. il vestire secondo la moda, il mangiare secondo il gusto: mangiare a modo suo, vestire a mo’ degli altri. || cu’ mancia fa muddichi, ciascuno falla: chi fa falla, e chi non fa sfarfalla, o chi cammina inciampa. || cu’ mancia picca mancia assai, chi mangia poco, vive assai: chi mangia poco, mangia molto. || nun manciari pri nun cacari, esser sommamente avaro: non mangiare per non cacare. || cu’ mancia sulu s’affuca, quando sulu è avv. e sta per solamente, allora il prov. esprime che il mangiare senza bere fa male, se sulu vale senza compagni, allora il prov. parla contro gli egoisti. || cu’ mali mancia assai dijuna: assai digiuna chi mal mangia. || lu manciari senza viviri, è comu l’annuvulatu senza chioviri: mangiar senza bere, murar a secco. || dammi a manciari, (dice la pecora) ca ti fazzu arricchiri, dammi mangiare che ti faccio ricco. || cu’ mancia mancia, per accennare che si finge ignorar delle volte certi abusi a cui si potrebbe contrastare. || cu’ mancia la carni di lu re, supra l’annu caca l’ossa, chi serve non finisce bene o è disprezzato dal padrone. || porta cu tia e mancia cu mia, così dice chi non è generoso: ben venga chi ben porta. || pocu manciari, pocu parrari, e caudu di pannu nun fici mai dannu: il poco mangiare e poco parlare, man fece mai male. || cu’ mancia a crepa panza, nun cueta si nun si lanza, chi troppo mangia la pancia gli duole. || la vacca chi nun mancia cu lu voi, o ha manciatu, o mancirà di poi, si dice a chi vien a tavola senza fame: chi non mangia a desco ha mangiato di fresco. || l’ura di manciari, pri li ricchi è quannu hannu fami; pri li poviri, quannu hannu dinari: l’ora del desinare, pei ricchi quando hanno fame; pei poveri, quando hanno da mangiare. || lu manciari ’nsigna a biviri, il bisogno insegna altrui ad operare: il mangiare insegna bere. || cu’ nun mancia mori, è naturale. P. pass. manciatu: mangiato.
Manciari. s. m. L’atto del mangiare: mangiare. || Desinare, cena: mangiare. || Cibo, vivanda: mangiare. || chistu è nautru manciari, per dire, questo è un altro par di maniche.
Manciariari. V. manciuniari.
Manciarizzu. s. m. Vivanda, cibo oltre l’usato: strarizzo, mangiaretto.
Manciarracina. s. f. Sorta di pesce.
Manciata. s. f. L’atto del mangiare: mangiata. || Corpacciata: mangiata. Onde; fari ’na manciata d’una cosa: far una mangiata o una pappata d’una cosa. || Tavola comune per divertimento ed allegria in campagna o altrove: mangiata.
Manciatàriu. s. m. Chi mangia, beve, sfrontatamente chiede, o vuol tutto per sè: scroccone, scrocchino. || Chi s’appropria l’altrui: grifone. || Chi, senza esser generoso, pretende sempre il suo utile: ingordo, spilorcio.
Manciatariuni. accr. di manciatariu: scrocconaccio.
Manciatazza. pegg. di manciata: mangiataccia.
Manciatedda. dim. di manciata: mangiatina (Tomm. D.).
Manciatina. V. manciata. || V. manciaciumi.
Manciatòria. s. f. Il mangiar molto e bene: pappatòria. || Imbroglio o raggiro per torre altrui del danaro: pappatoria. || Guadagno illecito nello amministrare: mangerìa. || Per manciaciumi. (S. Salomone-Marino).
Manciatuna. accr. di manciata: scorpacciata, strippo, pastone.
Manciatura. s. f. Arnese o luogo nella stalla dove si mette il mangiar alle bestie: mangiatoja. || – di la gaggia, cassetta ove si mette il becchime agli uccelli: beccatojo.
Manciaturazza. pegg. di manciatura.
Manciaturedda. dim. di manciatura: mangiatoina (in Firenze).
Manciatureddu. dim. di manciaturi.
Manciaturi –tura. verb. Chi o che mangia: mangiatore –trice. || s. m. V. manciatura di la gaggia.
Mancibbili. V. manciabbili.
Mancinaa mari. T. mar. s. f. Barca che ha un albero o palo a tacche, con pulegge in cima, e cavi tirati da grande ruota, serve ad abbattere i bastimenti che devonsi carenare: puntone da abbattere o da carenaggio. (Pitrè nel Borghini).
Mancinu. add. Sinistro: mancino. || Detto di cavallo colle gambe storte: sbilenco. || s. Chi adopera la sinistra cangio della destra: mancino.
Mancìu. V. manciaciuni.
Manciugghia. s. f. Guadagno, utile illecito, estorto da chi è in uffizio o amministra le altrui sostanze: mangerìa.
Manciugghiari. v. intr. Mangiare, sbatter il dente: unger il dente.
Manciunarìa. s. f. Golosità, ghiottoneria, avidità.
Manciunazzu. pegg. di manciuni: mangionaccio (in Firenze).
Manciuneddu. dim. di manciuni.
Manciuni. s. m. Che mangia con avidità: mangione. || Prov. lu manciuni sempri è poviru, poichè tutto spende in leccornìe. || T. agr. Germoglio infruttifero: succhione. || Guarnizione, galani nelle maniche, nel quale senso viene dal Fr. manchon. Sup. manciunissimu: ghiottonissimo.
Manciuniari. v. a. e intr. Divorare, mangiar molto e con avidità: scuffionare, sbasoffiare. || Andar attorno ungendo sempre il dente: pizzigottare, boccheggiare, sbatter il dente. || Nel rifl. vale anche: grattarsi. || intr. Prudere, pizzicare. V. manciari al § 4º.
Manciunnidduzzu. dim. di manciuneddu: ghiotterellino.
Mancu. s. m. Mancamento: manco. || a lu mancu o pri lu mancu, modo avv., per lo meno: al manco.
Mancu. avv. Meno: manco. || In senso di nè anche, nemmeno: nemmanco, manco. || mancu mali, meno male: manco male. E prende anco la forza di negativa: no affatto.|| Prov. tantu cchiù mancu semu, megghiu è: meno siam a tavola e più si mangia.
Mancu. add. Sinistro: manco.
Mancuseddu. dim. di mancusu.
Mancusu. add. Che adopera la sinistra: mancino. S’usa anco s. || Detto di contrada volta a tramontana: bacìo, contrario di solatìo. || a la mancusa, posto avv., a mo’ dei mancini. Vale pure: a bacìo.
Mandali. V. naticchia.
Mandari. V. mannari e derivati.
Mandarineddu. dim. di mandarinu.
Mandarinu. add. s. Spezie di arancia indigena della Cina, piccola e di buonissimo odore e sapore: mandarino, arancino della China. E il frutto: arancina della China, arancia manderina. || Dignità nella China: mandarino.
Mandarotu. V. mandraru.
Mandra. s. f. Il luogo dov’è rinchiusa la greggia: mandra, s’intende più numerosa della greggia e dell’armento. || Bestiame minuto, pecore, capre ecc.: greggia, mandra. || Luogo dove si tengono, e dove pasturano le vacche, onde si fa il burro e il cacio: cascina (Perez). || Bestiame grosso e minuto: mandria. || Il gregge pasciuto e custodito: mandria. || Per disprezzo si dice di uomini: mandra, mandria. || Prov. a mandra e marina, vacci matina, alla mandra bisogna andarvi di buon mattino. || cu’ travagghia a mandra mancia ricotta, chi lavora guadagna: chi sta sotto alla piccionaja, casca qualche penna, o chi ci va ci lecca, chi non ci va si secca. || cu’ fa la mandra accantu di li stirrubbi, fa gran perdita di agneddi, chi fa le cose in luoghi inconvenienti ne riporta male.
Mandracchiu. V. zaccanu.
Mandragura. s. f. T. bot. Erba di due spezie, il maschio ha le foglie più lunghe, la femmina più larghe: mandràgola, mandràgora. Atropa mandragora L.
Mandrareddu. dim. di mandraru: mandrialetto.
Mandraru. s. m. Custode della mandria: mandriano, mandriale.
Mandriari. v. a. Ridurre quadrato un pezzo di terra, per invitirlo. || Chiudere in mandra. || Convenire col mandriano di tener altre pecore d’altro padrone nella sua greggia. P. pass. mandriatu, ridotto in quadro. || Chiuso in mandria ecc.
Mandrillu. s. m. T. zool. Scimmia alta quanto un uomo, grigia, brutta, la faccia color cilestre e il naso rosso: mandrillo. Simia mormon L.
Mandriotu. V. prazzamaru.
Mandrunazzu. pegg. di mandruni: poltronaccio, dappochissimo, poltroncione.
Mandruneddu. dim. di mandruni: poltroncello.
Mandruni. s. m. Chi poltrisce: poltrone, biroldone (a Lucca). (Potrebbe venire dallo Sp. mandon: chi comanda con alterigia; poichè chi comanda non lavora e poltrisce. Nell’alta Italia evvi un vocabolo simile: plandron).
Mandruniari. v. intr. Vivere poltronescamente: poltroneggiare.
Mandrununi. accr. di mandruni: poltroncione.
Mandulagrona. V. mandragura.
Manèggiu. V. maniggiu.
Manella. V. manata.
Manera. s. f. Modo, guisa, forma: maniera. || Modo di procedere, tratto, creanza: maniera. || Costume, consuetudine: maniera. || Grandiosità: maniera. || Modo, forma di operare degli artisti: maniera. E di ciò che scostandosi dal vero ritrae più della maniera dello artista: ammanieramento. || Tratto gentile, cortese: maniera. E si dice bona o bella manera: bella maniera. || Ironicamente si dice, chi manera è chista? che maniera è questa? quando ci risentiamo. || di manera cchi, per modo che: di maniera che. || in chi manera? in che modo, per qual ragione: in che maniera? || di tutti maneri, d’ogni sorta: di tutte maniere. Tesoretto (A. V. ital. manera).
Manerista. s. m. Colui tra gli artisti che non imita la natura: manierista.
Manerusu. V. manirusu.
Manetta. s. m. Strumento de’ birri, con cui legano le mani agli arrestati: manette (pl.). || Braccio senza mano: moncherino.
Manfriunazzu. pegg. di manfriuni.
Manfriuneddu. dim. Tombolino.
Manfriuni. add. Detto di ragazzo tarchiato e paffuto: tombolone. || Per manciuni. V.
Manfrunarìa. V. manciunarìa.
Manfruni. V. manfriuni.
Manfrusarìa. s. f. Stranezza, stravaganza di gusto: goffàggine. || La cosa stessa goffa, barocca: goffaggine, ridicolaggine.
Manfrusu. add. Detto di opera strana, ridicola: goffo, barocco. Sup. manfrusissimu: goffissimo.
Manfrusuni. accr. di manfrusu.
Manganareddu. dim. di manganaru.
Manganari. V. manganiari.
Manganaru. s. f. Chi cava la seta da’ bozzoli: fattorino, aspiere.
Manganaturi. s. m. Chi maciulla: maciullatore.
Manganeddu. s. m. Strumento col quale si cava la seta da’ bozzoli: aspo. || Strumento con cui si fila senza fuso a mano la seta o la lana: filatojo. || – pri fari canneddi: incannatojo. || T. magn. Leva o asta di legno, bilicata orizzontalmente in alto, a uso di menar il mantice: menatojo.
Manganiari. v. a. Dirompere il lino o la canapa per nettarla dalla materia legnosa: maciullare. ||Quando il vento percuotendo le piante le dibatte: dicrollare. P. pass. manganiatu: maciullato. || Dicrollato.
Manganiddaru. V. manganaru.
Manganisi. s. m. Specie di metallo che si adopera nella vetraja: manganese.
Mànganu. s. m. V. manganeddu. || Strumento di pietre grosse, mosso da argani, sotto cui si mettono le stoffe avvolte in subbî, per dar loro il lustro: màngano. || Arnese per dirompere e scapecchiare il lino: maciulla.
Mangiari. V. manciari.
Mangiugghia. V. manciugghia.
Mangunarìa. V. tardanza. (Pasq. e Mal.).
Mangunaru. V. macaduru.
Mani. Per mà o madre. Anco in Toscana: mae per mà o madre.
Mània. s. f. T. mar. Zattera di alberi da nave non rimondi, legati insieme, e governata da chi v’è sopra: madiata (Car. Voc. Met.).
Manìa. s. f. Stato d’irregolare esaltazione dello spirito, la quale induce l’uomo ad atti impetuosi e sfrenati: manía.
Maniabbili. add. Atto ad esser maneggiato: maneggevole, maneggiabile.
Manìacu. add. Che patisce manìa: manìaco, folle.
Maniamentu. s. m. Il maneggiare, brancicare: maneggiamento, brancicamento.
Maniari. v. a. Trattare con le mani corpo che si può tramutar con mani: maneggiare. In senso generale: usare. || Palpeggiare con tutta la mano la parte di un oggetto: brancicare, ha senso men buono. || Regolare, dirigere, trattare cose immateriali: maneggiare. || Detto di frutta, o cose simili, che toccati perdonsi: mantruggiare. || Aver troppo per le mani, maltrattare: trassinare. || Ricevere danari: toccar danaro. || T. cacc. Il cercar la caccia che fa il cane fiutando e seguendo la traccia: braccare, rintracciare. || maniari la terra, muovere colla zappa la terra. || – lu vinu, travasarlo: tramutarlo. || – ’na vestia, ammaestrarla: maneggiar un cavallo. || lassarisi o farisi maniari, essere trattabile: esser agevole. || cu’ manìa, nun pinìa: chi maneggia quel degli altri non va a letto senza cena. (Fr. manier: maneggiare). P. pass. maniatu: maneggiato. || Brancicato. || Mantruggiato.
Maniata. s. f. L’odor della preda che sentono i cani in rintracciandola: usta, passata. || Segno evidente dell’esser dimorato o dimorare in qualche luogo la caccia: passata, traccia. || sentiri la maniata, sentir l’odore dalla fiera e andarla rintracciando, e fig. averne qualche sentore. || addunarisi di la maniata, avvedersi dell’inganno o del rigiro: accorgersi della ragia. || maniata di briccuni. di latri, si dice a quantità di bricconi, ladri, gente di scarriera o dappoco: manata di..., mandata di..., smannata di..., branco di..., fitta di... Onde Giusti scrisse: una fitta di arpie... || Il maneggiare, il brancicare: brancicata.
Maniatedda. dim. di maniata. || Manatella, manatina nel penultimo significato. || Negozietto segreto, tresca.
Maniateddu. V. maniatizzu.
Maniatizzu. add. Alquanto brancicato, trassinato: mantruggiato. || Maltrattato: gualcito.
Maniaturi. add. Chi brancica tutto o vuol tutto toccare: brancicone.
Manìbbulu. V. manipulu.
Mànica. s. f. Parte del vestito, che cuopre il braccio: mànica. || Arnese da imbottar il vino: pévera, imbottatoio. || A varî arnesi di farmacia, di marina, di pesca ecc. si dà pure tal nome: manica. || manichi di li forfici: calcagno.|| manica di la riti: cocuzzo, scarsella (An. Cat.). || Rete forte di canape a maglie strette. || – persa, manica appiccata al vestito e che ciondola: manicòttolo. || aviri ad unu ntra la manica, averlo in sua balia. aviri ’na cosa ’ntra la manica, esserne certo: averla per fermo. || nesciri ’na cosa di la manica, inventarla, dir una fiaba: cavarsi di capo alcuna cosa. || chistu è ’n’autru paru di manichi, per dire, questa è un’altra faccenda: questo è un altro par di maniche. || aviri la manica larga, esser di coscienza agevole: aver la manica larga. E al contrario: aver la manica stretta. || essiri cu li manichi: star bene in arnese. || fari ’na manica o ’na manicuna, nel camminare andare obliquo.
Manicatura. V. affirragghiu.
Manicazza. s. f. pegg. di manica: manicaccia.
Manicazzu. pegg. di manicu.
Manicchia. dim. di manu: manina.
Manichedda. dim. di manica: manichetta.
Manicheddu. dim. di manicu: manichetto. || dim. di càntaru: canterello.
Manichera. s. f. T. gettatori di campane. La parte superiore per dove la campana si appende alla cicogna: fungo.
Manichetta. s. f. Cannella alla bocca di cui è legata una spezie di manica di cuoio, e serve per attinger il vino dalle botti ed empirne i barili: tromba da barile, cannella. || In pl. tela lina increspata in cui si fanno finire spesso le maniche di camice; son anco posticce: manichini.
Manichettu dim. di manicu: manichetto. || V. manicheddu.
Manichina. V. manichetta al 2º §.
Manichineddu. dim. di manichinu sì nel 2º che nel 3º §.
Manichinu. dim. di manicu: manichino. || Quello delle penne metalliche: asticciuola. || Ago da ricamo, detto pure cruscè: uncinetto. ||Fantoccio che tengono i pittori per copiare il panneggio o provar le positure ecc.: modello. (Fr. mannequin).
Manicotta. s. f. Manica che si sovrappone in su la manica della camicia. || Girello della zimarra intorno al braccio: aliotto.
Manicottu. V. ’nguantuni.
Mànicu. s. m. Parte di alcuni arnesi, strumenti, ecc. fatta per poterli pigliare e adoperare: mànico. || – di furchetta o di cucchiara: còdolo. || – di spata: impugnatura. || – di la zotta: bacchetto (Fanf. Voci ecc. d. parlar fior.) || essiri cu li manichi, essere sciocco, scimunito: pinchellone. || manicu di lu cilintru, T. tip. manico di legno del rullo: rocchetta (Car. Voc. Met.). || manicu, si chiama il maggior bastone del coreggiato (brivillu), che si tiene in mano: manfanile, manfano, manico. || metti lu manicu unni vol’iddu, fa o dice ciò che vuole: fa a sua posta, a suo modo, ovvero che cerca scusar il suo, e accusar il contrario, o simile.
Manìcula. s. f. Quella tela lina increspata, in cui terminano alcune maniche di camice, per ornamento: manichino. || Per manichedda V. || Per cazzola. V.
Maniculata. V. cazzulata. (Appendice).
Maniculedda, Maniculicchia. dim. di manicula.
Maniculuna. accr. di manicula.
Manicuna. accr. di manica: manicona, manicone.
Manicuni. accr. di manicu: manicone. || Per ’nguantuni. V.
Maniera. V. manera.
Manifattura s. f. Opera di manifattore, facimento: manifattura. || Prezzo del lavoro: manifattura.
Manifatturi. s. m. Chi fa lavori a mano, artefice: manifattore.
Manifatturìa. s. f. Manifattura: manifattorìa.
Manifestamenti. avv. In modo manifesto: manifestamente.
Manifestamentu. s. m. Il manifestare: manifestamento.
Manifestari. v. a. Metter alla mano le cose ignorate o le oscure, più del dichiarare, ed ha senso più ristretto del divulgare che vuol dire fare sapere a molti: manifestare. P. pass. manifestatu: manifestato.
Manifestaturi –trici. verb. Chi o che manifesta: manifestatore –trice.
Manifestazzioni. s. f. Il manifestare: manifestazione.
Manifestazziunedda. dim. di manifestazzioni.
Manifestissimamenti. avv. sup. Manifestissimamente.
Manifestu. add. Chiaro, noto: manifesto. Sup. manifestissimu: manifestissimo.
Manifestu. s. m. Scrittura per far pubblico, per far chiaro checchessia: manifesto.
Manifisteddu. dim. di manifestu: manifestino.
Manìgghia s. f. Que’ pezzi di legno, ferro, ottone, ecc. che servono per sollevare, alzare, aprire serrature, ecc.: maniglia. || T. agr. Uno de’ legni dello aratro: manecchia. || T. giuoc. La seconda carta di vaglia nel giuoco dell’ombre: maniglia. || Grossa bacchetta di ferro, per cui si strigne o s’allarga la morsa: bastone della morsa. || Cerchio di ferro o d’ottone appiccato fuori la porta, por picchiare o tirarla a sè o per ornamento: campanella (Fanf. Casa Fior.) || Braccialetto: maniglia. || L’ordegno per tenere chiuso lo sportello delle carrozze: serratura. E siccome spesso queste serrature si apron per via d’una maniglia così vien presa la parte pel tutto. || V. manizza al 2º §.
Manigghiuni. s. m. Aste di ferro che dalla cassa della carrozza vannosi ad appoggiare sulla molla a balestra: bandelloni, bracci della cassa.
Maniggiari. v. a. Trattare colle mani corpo che si può tramutare: maneggiare. || Regolare, dirigere; adoperare, usare: maneggiare. || Esercitare, trattare: maneggiare. || rifl. Portarsi con avvedutezza, usar modi destri in far checchessia: destreggiarsi. P. pass. maniggiatu: maneggiato. || Destreggiato.
Manìggiu. s. m. Negozio, traffico, affare: manèggio. || Ammaestramento di un cavallo: maneggio. || Luogo dove si maneggiano i cavalli: maneggio. || T. mar. Maniera di regolare un vascello e fargli fare le necessarie evoluzioni: maneggio. || cavaddu di maniggiu, ammaestrato od atto ad esserlo caval di maneggio. || maniggiu d’armi, nome generico delle operazioni che fa il soldato coll’arma: maneggio dell’armi.
Manigoldu. s. m. Esecutore di tormenti spietati, uomo di cuor feroce, abietto e goffamente barbaro: manigoldo.
Manìmuli manìmuli. post. avv. Presto presto, via via. (An. M.).
Maniottu. V. manigoldu.
Manipòliu. s. m. Quella incetta, che si fa comperando tutta una mercanzia, per esser solo a rivenderla: monopòlio. || Per barbarie.
Manipulamentu. V. manipulazzioni.
Manipulari. v. a. Lavorar con mano, e dicesi di cose ove entrino molti ingredienti: manipolare. P. pass. manipulatu: manipolato.
Manipulaturi –trici. verb. Chi o che manipola: manipolatore –trice.
Manipulazzioni. s. f. Il manipolare: manipolazione.
Manìpulu. s. m. V. manata. || Striscia di drappo o altro che tiene al braccio sinistro il sacerdote nel celebrare: manìpolo.
Manirazza. pegg. di manera: manieraccia.
Maniredda. dim. di manera: manierina.
Maniruna. accr. di manera.
Maniruseddu. dim. Alquanto manieroso, garbato: garbatuccio.
Manirusu. add. Che ha bella maniera, garbo: manieroso.
Maniscalcu e Maniscarcu. s. m. Quegli che ferra e medica i cavalli: maniscalco.
Maniscamenti. avv. Agevolmente, prontamente: manescamente.
Manischeddu. dim. di manesco.
Maniscu, Manìsculu. add. Da potersi agevolmente maneggiare: manesco, maneggevole, manevole (Fanf. alla voce scaleo dice: scala di legno manevole ecc. però non cita questa voce al sito alfabetico del suo Vocabolario). || Presto, presto, da potersi avere prontamente in mano: manesco. || Atto e comodo a esser portato via: manesco. || Pronto a dar di mano: manesco.
Manitta V. manetta. || V. mugnuni.
Manìu. V. maniamentu.
Maniuneddu. dim. di maniuni.
Maniuni. V. arciuni. || Bastone ricurvo. || Vale anco furbone. || Per sfirriusu. V. || Manico d’aratro: stiva.
Manìvuli. add. Da potersi maneggiare: maneggèvole, manèvole (Caruso). V. in maniscu la nota.
Manizza. s. f. Specie di guanto senza dita: mozzetti (in Firenze). A Siena chiamano manizza, il manicotto. || T. stamp. Manico di legno infisso nel telaino, onde maneggiare e far rotolare il rullo: rocchella. E in generale il manico sporgente d’una ruota della macchina, per cui si gira: manizza.
Manizzedda. dim. di manizza.
Manna. s. f. Cibo caduto dal cielo miracolosamente nel deserto agli Ebrei, come dice la Scrittura: manna. || Un liquore che stilla o geme da alcuni alberi come il frassino, l’orno, ecc. e poi si condensa: manna. || manna a cannolu, quella bianca. || – ’n frasca, quella nera. || campari di meli e manna, con ogni agio: starsene a vita scelta (Nerucci). || Si dice in generale per cibo squisito: manna. || Fastello di paglia, biada, fieno ecc.: manna. || Manatella di lino pettinato o che si sta pettinando: mannello, pennecchio. || manna a lu cori!, esclamazione per dire cosa dolce al cuore.
Mannàggia. s. f. Esclamazione e imprecazione: malannàggia, malann’aggia.
Mannaja. V. mannaggia. || V. mannara.
Mannamentu. s. m. Divisione amministrativa di Italia: mandamento.
Mannara. s. f. Quel coltello che usa il boia a tagliar la testa: mannaja. || Quella parte delle chiavi, che serve ad aprire le serrature: ingegno. || Scure: mannaja.
Mannaredda. dim. di mannara: mannajetta.
Mannari. v. a. Inviare, comandar che si vada: mandare. || Concedere, ordinare: mandare. || Cacciar via: mandare. || Donare, regalare: mandar un presente. || Vibrare, scagliare: mandare. || Imprecare, desiderare imprecando: mandare. || – un bannu, bandire, pubblicare: mandare un bando. || – ad effettu, effettuare: mandar ad effetto. || lu signuri ti la manna bona, Iddio ti aiuti; ovvero non t’avvenga del male; si dice quando si teme qualche guajo: Iddio te la mandi buona || mannari a memoria, mettersi a mente: mandar alla memoria. || – a funnu, sommerger una nave: mandar a fondo. || – d’Erodi a Pilatu, mandar alcuno da una persona ad un’altra, senza concluder nulla: mandar da Erode a Pilato. || mannari per unu, mandarlo a chiamare, a cercare: mandar per uno. || – per una cosa, mandar a pigliarla: mandar per una cosa. || – in Emmaussu, mandar in malora: mandar in Emaus. || – a ddu paisi o a pigghialla ’n c.... e simili sozzi modi di dire, per significare mandar in malora: mandar a quel paese, mandare a farsi strandecherre; onde minacciando si dice: ti ci mando. || Quando alcuno ci dice cosa anco spiacevole sul viso e senza riguardi, si usa il modo: non te lo mando a dire, sai. || Prov. cu’ voli anna, e cu nun voli manna, si dice di coloro che non fan da sè gli affari loro: chi vuol vada, chi non vuole mandi. P. pass. mannatu: mandato.
Mannarinu. V. mandarinu.
Mannaru. add. Si dice di un lupo, come aggiunto immaginario: mannaro, lupo mannaro.
Mannata s. f. Il mandare: mandata. || Quel moto di passaggio che si fa far alla spola a traverso dell’ordito: mandata (Car. Voc. Met.).
Mannatàriu. s. m. Colui che per mandamento d’altri fa alcuna cosa, si piglia in cattivo senso: mandatàrio.
Mannatedda. dim. di mannata.
Mannatu. s. m. Procura, commissione, ordine: mandato. || Polizza che ordina al cassiere di pagar una data somma: mandato.
Mannettu. s. m. In gergo di zingaro vale: pane.
Mannicedda. s. f. (Spat.). Piccolo lucignolo: lucignoletto.
Mannira. V. mandra.
Manniricedda. dim. di mannira. || E per similitudine, T. agrim. s. f. Giro di sassi attorno a un buco praticato colla punta del bastone sul terreno, allo scopo di far rinvenire all’agrimensore il sito dove ha fatto stazione collo squadro. (Antonino Romano).
Mannuca. Ne’ canti popolari siciliani raccolti dal Pitrè evvi questo verso: li pampaneddi so’ su’ di mannuca, e lo stesso raccoglitore dice voce sconosciuta.
Mannuni. V. manata.
Mannuzza. dim. di manna al 6º e 7º §: mannellina; fastellino. || Quella quantità di roba che si mette sulla rocca per filarsi: pennecchio. || aviri filatu ’na mannuzza; o ristari a filari n’autra mannuzza, essere sul cominciare; o mancar poco a finire. || mannuzza di capiddi, annodatura di capelli che portavasi dagli uomini dietro il capo: cipollotto. || Per mannicedda V.
Manòrchia. s. f. Frode, o altra simil cosa coperta per ingannare: coperchiella.
Manovra. s. f. T. mar. Nome generico delle funi d’una nave: manovra. || Le operazioni che si fanno per governar la nave: manovra. || manovri bassi, le corde o le operazioni che con esse si fanno, inferiormente alle gabbie: manovre basse. || – auti quelle che si riferiscono alle vele di gabbia eec.: manovre alte. || fig. Intrigo per riuscir in checchessia: marachella. || T. mil. Maneggio dell’arme, esercizio.
Mansu. V. manzu o simili.
Mansuefari. V. ammansari.
Mansuetamenti. avv. Con mansuetudine: mansuetamente.
Mansuetissimamenti. avv. sup. Mansuetissimamente.
Mansuetu. add. Di benigno e piacevole animo, che ha mansuetudine: mansueto. Sup. mansuetissimu: mansuetissimo.
Mansuetùdini, Mansuetùtini, Mansuitùtini. s. f. Disposizione abituale dell’animo contro l’impeto dell’ira: mansuetùdine.
Mansuliddu V. manzuliddu.
Manta. s. f. V. mantu. || Coperta che si mette addosso ai cavalli: gualdrappa. || Colore del pelo del cavallo o altre bestie: mantello. (Sp. manta: coperta). || In generale coperta di lana qualunque: pannolano.
Mantacedda. V. manticedda.
Màntacia. V. manticia.
Mantacïari. v. a. Soffiar col mantice: mantacare (è però V. A.). || – lu pettu, respirar con affanno per istanchezza eccessiva o per altro: ansare.
Mantaciaru. s. m. Artefice che fa mantici: manticiajo.
Mantacïata, Mantaccïatìna. s. f. Il mantacare. || L’ansare: ansamento.
Màntaciu. V. manticia.
Mantaciuni. V. manticiuni.
Mantali. V. fadali. (Da mantu).
Mantarru. s. m. Vestimento rustico simile al saltambarco: mantarro.
Manteca. s. f. Grasso di cacio vaccino simile al burro: manteca. || Il burro che si raccoglie dal siero dopo la manipolazione del cacio cavallo.
Manteddu V. mantellu. || Guscio dove sia involta spiga: cartoccio, boccia. || arristari ’ntra lu manteddu, quando le biade per siccità non ispigano: aver la stretta, o rimanere incartocciata (Pal. Voc. Met.).
Mantellu. s. m. Vestimento senza maniche, tabarro: mantello. || Quella parte del vestito che i frati portavano sopra l’abito: mantello. || Prov. nè di stati nè d’invernu, nun lassari lu mantellu, dovere stare sempre provveduto ad ogni evento: nè di state nè di verno, non andar senza mantello.
Mantèniri. V. mantiniri e suoi derivati.
Manterru. V. mantarru.
’Manti. Aferesi di amanti. V.
Manticedda. dim. di mantice: manticetto. || dim. di manta.
Manticeddu. dim. di manto: mantino. V. sopra.
Mantichigghia. s. f. Composizione che si fa con lardo, mischiandovi odori, per ugner i capelli, pomata: manteca. (Sp. mantequilla: panetto con burro).
Màntici s. m., Mànticia s. f., Mànticiu s. m. Strumento che tira e caccia l’aria, per soffiare: màntice. || met. Istigazione e istigatore: mantice. || Per cubbuluni V. || tirari o isari li mantici, far soffiare i mantici: alzar i mantici, se sono quelli degli organi di chiesa o simili; ma se siano altri mantici, come di fabbro ecc: tirar i mantici (Tomm. D.). || fari comu lu manticiu di lu firraru, soffiare, sbuffare: stronfiare.
Manticiuni. accr. di mantice: manticione (Tomm.).
Mantigghia. s. f. Mantellina di seta, per lo più nera, che portan le donne: mantìglia; o mantìgghia secondo il volgo Toscano (Nerucci). || In pl. T. mar. Due corde che sostengono i due capi di ciascun pennone: mantiglie.
Mantigghiedda. dim. di mantigghia: mantiglietta.
Mantigghiuni. accr. Sorta di mantiglia con cappuccio vero o finto: mantiglione. || Antica veste da donna a foggia di mantello: bèrnia.
Mantiglia. V. mantigghia e derivati.
Mantili. s. m. Tovagliuolo: mantile.
Mantilletta. s. f. Insegna di dignità ecclesiastica che cuopre il petto e le spalle: mantelletta. || Ornamento da donna: mantelletta.
Mantillettu. dim. di mantellu: mantelletto.
Mantillina. s. f. Vestimento da donna che cuopre il capo e il busto: mantellina. || – pri pittinari, manto di panno lino con cui i barbieri cuoprono la persona a cui fan la barba: accappatojo.
Mantillinedda. dim. di mantillina.
Mantillinu. V. mantillina.
Mantilluni. accr. di mantu: mantellone.
Mantilluzzu. dim. di mantellu: mantelluccio.
Mantinimentu. s. m. Il mantenere: mantenimento. || Il da vivere, guadagno o provvisione da vivere, tutto ciò che oltre al vitto serve a sostenere la vita: mantenimento.
Mantiniri. v. a. Tener in mano, reggere: mantenere. || Conservare, tenere: mantenere. || Sostenere, difendere: mantenere. Propriamente si mantiene per far durare nello stato di prima, si sostiene perchè la cosa non cada, onde quel che rimane in istato si mantiene; quel che resiste agli urti si sostiene. || Osservar le promesse: mantenere. || rifl. Conservarsi: mantenersi. || Sussistere, nudrirsi: mantenersi. || Per appoggiarsi.
Mantinituri –trici –tura. verb. Chi o che mantiene: mantenitore.
Mantinuta. s. f. Il mantenere: mantenimento. || add. V. sotto.
Mantinutu. P. pass. di mantenere: mantenuto. || add. Si dice per lo più di donna che fa copia di sè a chi le dà mantenimento: mantenuta.
Mantisineddu. dim. di mantisinu.
Mantisinu. s. m. Vestito bianco che portano i bambini sopra gli altri vestiti: vestitino, gonnellino, grembiulino. (Pare da mantu).
Mantò. s. m. Sopravveste ricca ed ampia: mantò. (Ugolini il riprende siccome francesismo manteau: mantello, Fanf. lo scusa).
Mantònicu. s. m. Sorta d’uva nera.
Mantu. s. m. Vestimento simile al mantello, ma senza bavero: manto. || met. Copertura, scusa, pretesto: manto. || Colore del pelo del cavallo, mantello. || T. mar. Corda cui è sospeso un pennone, e alla quale con bozzelli o con paranchi è attaccata la drizza per issarlo: amante, manto, manta (Car. Voc. Met.). || Prov. cu’ perdi cappa (o ciucca) e ricupera (o ascia) mantu, nun perdi tantu, di chi alle volte in perdendo, pur vi guadagna. || quantu lu mantu di la zia mugnitta, modo prov. che si dice per celia, di cosa piccola o impicciolita. || cu’ havi mantu e gunnedda non è puviredda, ha qualche cosa.
Mantuzzu. dim. di mantu: mantino.
Manu. s. m. (Col pl. alla latina, i manu: le mani). Parte del corpo, in fine del braccio: mano. || Ajuto, cooperazione: mano. || Banda, lato, parte: mano. || Carattere, scrittura: mano. || Forza, autorità, balìa, potere: mano. || Condizione, qualità: mano. || Quantità determinata di checchessia: mano. || Maniera di fare, di operare di un artista o simile: mano. || Opera di mano, fattura: mano. || a la manu, posto avv. cortese, affabile: alla mano. || Manico dell’aratro: bure, stiva. || Nel giuoco è il luogo progressivo che tocca ai giuocatori in ordine al giocare: mano. || allargari la manu, aprirla lasciando, ciò che si teneva: allargar la mano. Vale pure, esser cortese, liberale: allargar la mano. || isari li manu, percuotere: alzar le mani. || aviri li manu longhi, esser facile o pronto a percuotere: esser delle mani. Val anche, rubare, grancire nascostamente: esser delle mani. O aver modo d’operar da lontano: aver le mani lunghe. || dari di manu, percuotere: alzar le mani. Darsi a fare: por mano. E avviare a servirsi d’alcuna cosa, cominciare ad usarla o sciuparla: metter a mano; che diciamo pure, mettiri a manu. pigliare con prestezza: dar di mano o della mano. Vale infine, spingere: dar di mano. || aviri pasta a manu, aver parte o incumbenza in checchessia: aver alle mani. || aviri la manu pirciata o larga, prodigalizzare: aver le mani bucate o forate, o aver la mano larga. || dari larga manu, vale dar balìa di operare a suo senno a chi ci è sottoposto: dare braccio, o braccio libero (Fanf. Voci ecc. d. parlar fior.). || aviri a manu ’na cosa, in pronto per servirsene: aver a mano. Aver cominciato ad usarla: aver a mano. || aviri o dari la manu, o essiri di manu, nel giuoco, essere il primo a fare, ad aver carte ecc. avere o dare la mano. || essiri lestu di manu, pronto a percuotere o a rubare: esser delle mani. || aviri li manu ’m pasta, ingerirsi nel tal negozio: aver le mani in pasta. || aviri li manu ligati, non poter operare, essere impedito: aver le mani legate. || cadiri di mmanu: cader di mano. || chiantari manu ad unu: importunare. || dari di manu e manu, dare altrui di presente: dare alla mano. || dari la manu, promettere: dar la mano Vale anco ajutarsi a vicenda. E anche esser pari in un difetto o in checchessia, onde anco in ital. quando uno accusa un altro di un difetto che egli ha, si dice: diamoci la mano. || dari manu, dar principio: dar mano. Vale anche dare ajuto: dar mano. || dari la prima manu, dar il primo principio: dar la prima mano. || dari l’ultima manu, finire, perfezionare: dar l’ultima mano. || dari una o cchiù manu, tignere, colorire una o più volte: dar una o più mani. || essiri o viniri a li manu, azzuffarsi: essere o venir alle mani. || essiri o mittirisi ’ntra li manu d’alcunu, alla cura, sotto la direzione d’alcuno: essere o mettersi alle mani o in mano di alcuno. || fari a vidiri e tuccari cu li manu ’na cosa, farla chiaramente conoscere: far vedere e toccare con mano. || fari ’na cosa cu li manu e cu li pedi, farla con ogni e possibile sforzo: far una cosa colle mani e co’ piedi. || jocu di manu, bagattelle, prestigi da giocatore: giuoco di mano. Il dar busse, o anco nello scherzo alzar le mani. Il brancicare, il toccare poco onestamente: brancicamento. E met. inganno, artifizio: giuoco di mano. || pigghiari la manu, del cavallo che più non cura il freno: guadagnar la mano, levare o togliere la mano. || farisi o lassarisi scappari di mmanu ’na cosa, lasciar l’occasione o lasciar che altri s’impadronisca di checchessia: lasciare uscir di mano una cosa. || lavarisi li manu di qualchi cosa, non se ne impicciar più: lavarsi le mani di checchessia. || livari manu, cessar di fare, finire: levar mano. || manu biniditti, quelle che si adattano a qualunque lavoro, o lor riesce bene: mani benedette. Contrario di manu scumunicati. || mittiricci la manu, provvedere, rimediare: metter la mano in alcuna cosa. || mettiri li manu supra lu focu, affermare calorosamente o fermamente: metter le mani nel fuoco. || mettiri manu, cominciare: dare, mettere o por mano. Vale anche, fare, in generale, impiegar la sua opera: por mano. E per impugnare, sfoderar un’arma: tirar mano || a mia metti manu, o in diciture simili si usa per dire: a me tu dici, o più da me ti credi. || mettiri ntra li manu, affidare, raccomandare: mettere tra le mani || muzzicarisi li manu d’una cosa, pentirsene, rabbiarsene: mordersi le mani di una cosa, || pri manu, per mezzo: per mano. O, per consiglio, persuasione di alcuno: per mano d’alcuno. || purtari ’n chianta di manu ad unu, proteggerlo, amarlo: portar in palma di mano alcuno. || tu cu ’na manu e io cu dui, dicesi dell’accordarsi a fare alcuna cosa, più volentieri di quello vorrebbe il compagno: tu con una mano ed io con due. || stari cu li manu in manu, star ozioso: star colle mani in mano o alla cintola. || teniri manu, essere complice, dar ajuto in cose però non buone: tener mano o di mano, tener il sacco. || manu moddi, dicesi a chi facilmente si lascia cascar di mano le cose: mani di tolla. E per pigro. || mittirisi cu li manu moddi, operar lentissimamente. || apriri li chianti di li manu, dichiararsi insufficiente, o non volere. || a manu a manu, prestamente: alla spacciata, a mano a mano. || di manu in manu, o manu manu, successivamente: di mano in mano. || di sutta manu, con inganno, nascostamente: di sottecchi. || pigghiari manu, progredire; farsi più fermo o più forte: rafforzarsi, raffermarsi. || Per signoreggiare. E si dice pure, pigghiari la manu suprajura, che oltre ciò ha pur senso esser primo di altro in checchessia: vincer della mano. Pigliar confidenza: pigliar braccio. || manu cu manu, o manu manuzzi, presi per la mano: a mano a mano, mano con mano || fari manu manuzzi, battere le mani, applaudire; o far piacevolezze ai bambini e dar loro distrazione. || aviri ’na santa manu, esser uso a riuscir bene: aver buona mano in checchessia, e si dice ironicamente, tornar frequentemente negli stessi errori o cagioni di disturbo || campari cu li so manu, sostentarsi delle proprie fatiche: campare delle braccia. || essiri (o simili) in manu, vale esser in podestà, arbitrio: esser in mano, aver in mano, aver in potere. || essiri ’ntra li manu di Diu, esser moribondo: star nelle mani di Dio. || essiri a mali o boni manu, esser capitato male, avvenirsi in cattiva persona, o esser capitato bene: dar in cattive o buone mani. || jttari li manu a tutti cosi, imprender tutto: por mano a checchessia || manu morta, stato di coloro i cui beni non si possono alienare: manomorta. || vuliricci la manu di Diu a fari ’na cosa, esserci molte difficoltà a superare: volerci del buono a fare una cosa, o volerci del buono e del bello (Giusti). || mittirisi li manu a li capiddi. V. capiddu. || veniri cu li manu ’m manu, senza complimenti o regali, colle mani vuote: colle mani in mano. || arristari cu li manu ’m manu, o cull’occhi chini e li manu vacanti, deluso. || pasta a manu, comodo di esercitar suo potere: destro, agio. || manu pagana, secondo la superstizione era la mano del bambino non battezzato. Oggi si dice di domestico ignoto, che ci rubi segretamente: trafurello. || aviricci manu pagana, o aviricci bona manu, ovvero pigghiaricci o aviricci la manu, esser solito a riuscir bene in un affare: aver la mano o buona mano in checchessia, prendervi la mano (Giusti). || essiricci manu pagana ’nta ’na cosa, esservi qualche inganno o sospetto: gatta ci cova. || e chi fu manu pagana! allorchè lasciata una cosa in un luogo, subito sparisca. || nun livari la manu di supra, non lasciar di proteggere: non levar la mano d’in capo ad alcuno. || a manu riversa, posto avv. rovescione. || dari ’na manu, ajutare: dar una mano. || ’na manu di..., un dato numero: una mano di... || bona manu, mancia che si regala. || jucaturi di manu, prestigiatore: giocator di mano. || nun taliari li manu di nuddu, si dice di chi senza soggezione o altro avanza tutti nel fare: non dar vanto ad alcuno di checchessia, non guardar alle mani d’alcuno, non por mente alle mani di checchessia. Guerrazzi ha: Firenze per guardargli alle mani (al Borgia) gli spedì Machiavelli, è un po’ differente, ma dovette nascere così la nostra frase. || aviri li manu ’nta ’na cosa, avervi parte: aver le mani in checchessia. || tira manu, modo dei malandrini per dire piglia l’arma: tira mano. || fari una cosa a manu, colle mani: far una cosa a mano, vale anche, farla con inganno: far a mano. || dari manu forti, dar ajuto di forza: dar mano forte. || mittirisi li manu ’n ciancu, fig. vale far pettegolezzi, leticarsi pettegolescamente, siccome fan le pettegole che nel calore della lizza si metton le mani ai fianchi: far la pentola a due manichi. || foru manu santi, così dice chi ricevette buona educazione, lodando fin qualche bussa che a fin di bene ricevette: furon picchiate sante. || passarisi la manu a lu pettu, osservar nella propria coscienza se vi è tal macchia: mettersi o passarsi la mano al petto. || jetta la petra e s’ammuccia la manu: lavora di sottecchi. || a manu junti, posto avv. colle mani congiunte in atto di preghiera: a man giunte, a mani giunte. || a manu dritta: a mandritta. || a manu sinistra o a manca: a mano sinistra o a manca. || aviri a li manu o e’ manu: aver alle mani o fra mano o a mano, aver in pronto, e dicesi di lavoro che si stia facendo ancora. || a longa manu, posto avv., da lontano: da lunga, dalla lunga. || di manu, posto avv., opportunamente. || di prima manu, dicesi di mercanzia presa direttamente dal fabbricante o dal mercante: di prima mano. Detto di frutte vale: primaticce. || di secunna manu, si dice di oggetti non nuovi: usati. Ovvero quando si ricomprano da chi li ha comperati: di seconda mano. Detto di frutte vale: tardive. || sapiri unni jittari li manu, saper il da fare: sapersi raccapezzare. || jucari di manu e manu: giuocar a corpo a corpo. || mettiri li manu supra d’unu, impadronirsene; arrestarlo: mettergli le mani addosso. || Percuotere: alzar le mani. || purtari ad unu pri la manu, condurre con mano: menare o trarre a mano, pigliare per mano. || tinirisi li manu, astenersi dal toccare. || aviri manu cu unu, aver autorità: aver fiato, aver mano con uno. || aviri li manu a croccu, rubare: aver le mani a uncino. || mittirisi li manu a la vucca, dire ciò che non si dovrebbe. || nesciri li manu o li manuzzi, dicesi dei giovinetti che comincian allora a trattare e vivere in società: saltar la granata. || dari la manu e tri brigghia, esser da più d’un altro. || aviri ’na cosa pri li manu, stare per fare, esser occupato in quella cosa, lavorare: aver alle mani o per le mani, essere per le mani di fare checchessia. || jetta li manu e fa ’na frocia, di chi dopo grande affaticarsi non riesca: è stato è stato, e poi l’ha fatta maschia. || jittari li manu, mettersi a fare, a lavorare. || mittirisi li manu a li ’ncinagghi, gridare. || viniricci a li manu, pervenire alle mani: venir alle mani o a mano di... || scippari di ’m manu, detto per esempio di bastonate, vale, far in modo che se le meriti, p. e. quel ragazzo le cava di mano le bastonate. || manu d’opera, il puro lavoro delle mani che il manifattore pone nel fare tal cosa: mano d’opera (da molti è biasimato, però in pochi casi è d’uso). || Quando si vuol significare che noi non lasceremmo fare o avvenire tal o tal altra cosa diciamo, a li me’ manu nun lu farrìa: alle mie mani non lo farebbe. || a du’ manu, si dice per lo più di spada o altro da essere adoperato a due mani: a due mani. || livari di ’m manu, forzare altrui a dare checchessia: cavar di mano. || lassari ’m manu ad unu, raccomandare, consegnare: lasciar in mano o nelle mani. || mettiri ’m manu, proporre: metter per le mani. || strittu di manu, si dice a chi è parco: stretto di mano. || strinciri la manu, salutare, dar commiato, stringere la mano: toccare, stringere la mano. || pigghiarisi lu jiditu cun tutta la manu, pigliar troppa confidenza: pigliar troppo braccio. || Prov. una manu lava all’autra e tutti dui lavanu la facci, reciprocamente bisogna ajutarsi l’un l’altro: una mano lava l’altra, e tutte due lavano il viso. || lu megghiu è chiddu chi tegnu a li manu: piuttosto in man che in diman. || manu caddusi, manu gluriusi, e gli scioperati credono nobiltà il non vivere del lavoro. || la manu curri spuntania a lu cori, ognuno opera come si persuade. || centu manu Diu li binidissi, ma no ’nta lu me’ piattu: dove son molte mani chiudi. || li multi manu sgravanu travagghiu, molta gente però lavora più, è contro il precedente. || si vasanu a li voti ddi manu chi si vurrianu vidiri tagghiari, o avemu a basari ddi manu chi meritanu di essiri tagghiati, così spesso in società il tiranno è odiato e adulato: v’è chi bacia tal mano che vorrebbe veder mozza, si dice di altre cose. || manu marina, sorta di zoofita. Alcyonium exos L. || isari la manu, assolvere, perdonare, farla passata: farvi un crocione. || nun avri ’na manu longa e ’n’autra curta, non esser presto nel pigliare e tardo nel dare. || pigghiarisi la manu cu tuttu lu pedi, abusare: pigliar gambone || armata manu, posto avv., colle armi in mano: armata mano. || fora manu, lontano, remoto, fuor di via battuta: fuor di mano.
Manualeddu. dim. di manuali: manualetto.
Manuali. s. m. Colui che serve al muratore: manuale, manovale.
Manuali. add. Fatto con mano, o che spesso si ha tra mano: manuale.
Manùbbriu. s. m. Manico, manovello: manùbrio.
Manùbbula. V. manovra.
Manùbbulu. V. manubbriu.
Manuedda. s. f. Lieva: manovella. || V. jaci. || Manicchio sul quale si appoggia il bifolco per dirigere l’aratro: stègola. || La stanga dello strettojo de’ pastai.
Manuettu. V. minuettu.
Manuna. accr. di manu: manone.
Manùncula. s. f. Braccio senza mano o con mano storpiata: moncherino.
Manupizzolu. V. maniscu.
Manuscristi. s. m. T. bot. Pianta creduta afrodisiaca: satirione maschio. Orchis maculata L
Manuscrittu. s. m. Libro scritto a mano: manoscritto. S’usa anche come add., non istampato: manoscritto.
Manutèngulu. s. f. Colui che tien mano ai briganti, ladri, ecc.: manutèngolo (Ugolini).
Manutenzioni. s. f. Mantenimento, cura degli edifici, strade ecc.: manutenzione.
Manutiniri. V. mantiniri.
Manuversu. (An. M.). Colpo dato col braccio all’indietro, schiaffo: manrovescio.
Manuvra. V. manovra.
Manuvrari. v. a. e intr. T. mar. Maneggiar tutti i cordami di un legno per metterlo in modo: manovrare. || fig. Ordir fraudi, intrighi: macchinare. || T. mil. Esercitarsi nell’arme. P. pass. manuvratu: manovrato.
Manùvula. V. manovra.
Manuzza. dim. e vezz. di manu: manina, manuccia, manuzza. || Manico dell’aratro: bure, stiva. || manu manuzzi. V. in manu. || T. ricam. Regoli che servono ad allargare e stringere il telajo: staggi. || Per quel segno che mettesi nelle scritture per segnar il luogo della firma. || Qualunque pezzo o striscia di drappo che si appicca al vestito o altro per comodo. || T. valig. Cordicelle di cuojo che appiccan alla selletta l’attacco del fornimento di cavallo: reggispalla (Car. Voc. Met.). || T. rileg. In pl. quelli fermagli del taccuino dove si ficca il lapis. || Quel legno dentato fatto a guisa di mano, con cui si prende la vinaccia per empire le gabbie: forcone.
Manzizza. s. f. Mansuetudine: mansezza. ||Quietudine: chetezza.
Manzu. s. m. Luogo dove è innestata la pianta: innestatura.
Manzu. add. Dicesi degli animali che si lascian trattare: mansueto, manso (quest’ultima è V. A.). || Familiare, contrario di selvaggio: domestico, dimestico. || Detto di piante non silvestri: domestico. || Mansueto, quieto: buono, cheto. || latru manzu, occulto. || manzu manzu, modo avv., cheto cheto, quatto quatto, o di nascosto: di richeto. Sup. manzissimu.
Manzuefarl, V. ammansari.
Manzuetu. V. mansuetu.
Manzuitutini. V. mansuetutini.
Manzuliddu. add. e dim. di manzu. Alquanto buono, mansueto.
Manzuni. accr. dell’add. manzu.
Mappa. s. f. Carta geografica, topografica: mappa. || Carta dimostrativa di conti, ragioni ecc. || In pl. T. mar. rebbi in cui si divide inferiormente il fusto dell’ancora: braccia.
Mappamunnu. s. m. Carta che rappresenta il mondo in due emisferi: mappamondo. || Scherzosamente per culo: il bel di Roma.
Mappata. V. truscia. || V. pappata.
Mappatedda. dim. di mappata.
Mappina. s. f. Pezzo di tela o panno, con che si leva la polvere o si pulisce l’umido da su checchessia: spolveraccio, cencio. (Lat. mappa: tovaglia, ecc.).
Marabbù. s. m. (An. Cat.) Piuma molle di garza africana, che serve di ornamento: marabù.
Marabbulanu. s. m. Specie di susino di frutte soavi, con semi angolati: mirabolano.
Marabbutarìa, V. bacchittunarìa.
Marabbutazzu. V. bacchittunazzu.
Marabbutiru. s. m. T. mar. Vela che s’adopera co’ venti forti e gagliardi: marabutto.
Marabbutu. s. m. Superstizioso, ipocrita: bacchettone, spigolistro. || Sbarazzino: farabbutto. (Arab. marabid o marabud: eremita o dal Fr. marabout: baggeo).
Marafuli. s. m. pl. Rimasugli del baco da seta: bòzzoli sfarfallati (forse). || Per cajula V.
Maragghiuni. V. margagghiuni.
Maraggiata. V. maretta. (Mal.).
Maragunazzu. accr. di maraguni nel senso met. faccendone, ciaccione.
Maraguneddu. dim. di maraguni.
Maraguni. s. m. T. zool. Sorta di uccello acquatico: marangone, mergo, smergo. || E perciocchè questi uccelli si tuffano nell’acqua a pescare, si dice di quegli uomini che si tuffano a ripescare oggetti sott’acqua: marangone. || met. Chi si dà con gran ressa a far cose anco che non gli appartengano, faccente: faccendone, frucchino, annaspone. || Furbo: dirittone.
Maralatu. V. marabbutu.
Maramma. s. f. Il far muratura, il murare: fabbrica. || S’intendeva per la fabbrica del Duomo e delle mura di Palermo, e in generale edificio, fabbrica: opera. || Prov. ogni pitrudda (o tinta petra) servi a la maramma, ogni cosa serve: non è trista spazzatura, che non s’adopri una volta l’anno; nè sì cattivo paniere, che non s’adopri alla vendemmia. || maramma mmenzu via mastri in quantità, cosa esposta al pubblico ognuno vi trova qualche difetto: chi fa la casa in piazza o l’è troppo alta o troppo bassa. || Per macchina. || Imbarazzo, confusione di cose: arruffìo. (Chi dice che è voce araba. Potrebbe venire dal Gr. μαλαγμα, calce spenta. Ovvero essere storpiatura della voce murami. In ital. ant. vi è mora per monte di sassi, muro; onde Dante: sotto alla guardia della grave mora; e Villani: onde si fece grande mora di sassi; chi sa non vi sia analogia...).
Marammeri. s. m. Colui che ha cura degli edifici ecclesiastici: edile. || Per dammaggeri V.
Marammiari. v. intr. Darsi da fare con opere manuali: affacchinarsi.
Marancìculu. s. m. Uomo frodolento, truffatore: mariolo.
Maranguni. V. maraguni.
Maranzìtuli. V. rizza di mari.
Marascata. s. f. Mare crescente gonfiato: marèa. || met. Avversità. || Trappolerìa.
Maraschinu. s. m. Rosolio con essenza di amarasche: amaraschino, maraschino. || Sorta di tessuto.
Marascia. s. f. Vasetto a guisa d’orcio: orciuolo. || V. carrabba.
Marauni. V. maraguni.
Maravigghia. s. f. Sentimento di chi vede o sente cosa nuova, rara, ecc.: maraviglia, meraviglia. || Cosa maravigliosa: maraviglia. || farisi maravigghia, maravigliarsi: farsi maraviglia. || chi maravigghia cc’è? si dice a chi fa molto caso di cose che a noi non son nuove: che maraviglia, quante meraviglie. || essiri ’na maravigghia, è il colmo della lode che si fa: esser una maraviglia. || a maravigghia, in modo di destar maraviglia: a maraviglia. || – di Francia. T. bot. bietola che ha molte foglie di più colori: maraviglia. Impatiens balsamina L.
Maravigghiarisi. v. rifl. a. e intr. Prendersi maraviglia: maravigliarsi, meravigliarsi. || Rimproverar altrui di qualche fallo: maravigliarsi. || nun mi maravigghia, dicesi per rendersi ragione d’un fatto che pur dia la ragione di un altro: non maraviglia! P. pass. maravigghiatu: maravigliato.
Maravigghiazza. pegg. di maravigghia: maravigliaccia.
Maravigghiuna. accr. di maravigghia.
Maravigghiusamenti. avv. In modo maraviglioso: maravigliosamente.
Maravigghiusissimamenti. avv. sup. Maravigliosissimamente.
Maravigghiusu. add. Che reca maraviglia: maraviglioso. Sup. maravigghiusissimu: maravigliosissimo.
Maraviglia. E in qualche vernacolo anco maravigna. V. maravigghia.
Marca. s. f. Pezzo di metallo coniato a foggia di moneta ad uso di giuoco: gettone. || Contrassegno, marchio che si appone alle mercanzie od altro: marca. || Macchia morale di turpitudine o infamia: nota.
Marcari. v. a. Improntare dal marchio pubblico: marcare. || Guardar attentamente un oggetto: osservare. E volgere l’attenzione all’oggetto a fine di meglio conoscerlo e rammentarlo: notare. || Far segno, disegnare: segnare. || Scrivere, metter in una lista, registro: segnare. || – lu tempu: misurare, battere il tempo. || – li paroli, pronunziarle distintamente: spiccar le parole. || marcarisi, intr. pass. Far comparsa, vista, risaltare, in buono e in cattivo senso: spiccare (intr.), dar nell’occhio, aocchiare (Nerucci).
Marcasita. s. f. Piriti capaci di pulimento, o più particolarmente le piriti arsenicali, ed i minerali di cobalto cristallizzato: marcassita, marchesita. || Corpo minerale semimetallico, bianco gialliccio, che s’incorpora agevolmente con tutti i metalli: bismutte.
Marcatamenti. avv. Con ispicco: spiccatamente. || Espressamente: segnatamente. || Palesemente: visibilmente, formalmente, chiaramente.
Marcateddu. dim. di marcatu.
Marcatu. add. da marcari: marcato. || Osservato, notato. || Segnato. || Che spicca: spiccato.|| Detto di lineamenti vivamente improntati, espressivi: pronunziato (l’usa il Vinci).
Màrcatu. s. m. Il luogo dove sta la gregge, cogli accessorii: mandra. || firriari pri marcati e pri mulina: andar a zonzo, andar ajone.
Marcellina. s. f. (An. Cat.). Specie di stoffa di seta: marcellina.
Marcettu. Aggiunto di cacio marcio, o d’altre cose imputridite.
Marchi. (A li (Pasq. e Caruso). In grande scarsezza.
Marchiatu. add. Insolente (M. Calì).
Marchiggiari. v. intr. Usar trafurellerie per infinocchiare: tranellare. || Allettare adulando: lusingare.
Marchìggiu. s. m. Frode studiata per trarre in inganno: tranellerìa. || Atti o parole lusinghevoli, arte ingannatrice: machia, moine.
Marchiggiusu. s. m. Chi usa tranellerie: tranellatore, macchinativo, machione, lezioso.
Marchisatu. s. m. Dominio, e il titolo di marchese: marchesato.
Marchisazzu. pegg. di marchese: marchesaccio.
Marchiseddu. V. marchisinu.
Marchisi. s. m. Titolo vanitoso dell’aristocrazia anco cristiana: marchese. È anche il mestruo delle donne: marchese. || Onde aspittari, aviri lu marchisi: aspettare, avere il marchese.
Marchisinu, Marchisuzzu. dim. di marchese: marchesino.
Màrcia. s. f. Umor putrido che si forma negli enfiati, nelle ulcere: màrcia. || Il marciare: marcia. || Suono delle bande che accompagnano || marciare: marcia. || – sfurzata, la marcia veloce, accelerata: marcia forzata.
Marciamentu. s. m. Il marcire: marcigione. || Il marciare.
Marciapedi. s. m. Quello spazio più alto ai lati della strada, dove passan i pedoni, senza esser incomodati dalle carrozze: marciapiede.
Marciari. v. intr. Il camminar degli eserciti, dei soldati: marciare. || Andare, partirsi semplicemente: marciare. || att. Far divenire marcio: marciare. || Detto di bestie da soma, far guidaleschi, e nel rifl. aver guidaleschi: inguidalescare, inguidalescarsi. P. pass. marciatu: marciato. || Inguidalescato.
Marciata. s. f. Il marciare, fare una marcia: marciata.
Marciatura. s. f. Piaga leggiera in parte ove sia stata levata la pelle: scorticatura.
Marciri. v. intr. Putrefarsi, divenir marcio: marcire. E si usa anco att. e rifl. a. || met. marciri a ’na banna, starci molto tempo: marcire in un luogo. P. pass. marciutu: marcito.
Màrciu. add. Putrido, pien di marcia: màrcio. || sost. La parte marcia di checchessia: marcio.
Marciumi. s. m. Qualità di ciò che è marcio, cose marcie: marciume.
Marciusu. add. Pien di marcia: marcioso.
Marcu-Portapolisi. V. chiaiteri. || – cabalana. V. marsigghiana. (Rocca).
Màrdanu. s. m. (An. M.). Piastrella di pietra o altro, in cui s’infila la cocca da piè del fuso, acciocchè aggravato da esso giri meglio: fusajuolo.
Mardiri. V. ’mmalidiri.
Mardonna. s. f. La padrona di un giardino. Da madonna nel senso di padrona (a Catania). V. anco maddonna.
Mardrappa. V. gualdrappa.
Maresciallu. s. m. Titolo di suprema dignità nello esercito, in alcuni corpi però è poco più che un sergente: maresciallo.
Maretta. s. f. Piccola conturbazione del mare, quando fa le onde spesse e spumose, sì che travagli la nave: maretta. || met. Lieve disturbo, discordia. || Lo dicon i negozianti per esprimere poca vendita.
Marfarata. s. m. (An. M.). Cosa disdicevole: sconvenevolezza.
Marfitanu. add. Si diceva di una qualità di filo pregevole: amalfitano. || Per marfusu V.
Marfusu. add. Scaltrito, aggiratore: treccone, monello.
Margagghiuni. s. m. T. zool. Murena maschio: miro. Muraena myrus. L. || Astuto, tristo: mariuolo.
Margarita. s. f. Il legno che tiene il mezzule della botte: chiave. || T. mar. È una corda che si allaccia in certi casi: margherita (Zan. Voc. Met.). || V. perna.
Margaritina. s. f. T. bot. Pianta di steli scanalati, pelosi; foglie lineari, lanceolate, strette, intere; fiori rossi: margheritina. Lychnis flos cuculi L. || In pl. V. nnaccari.
Margïari. v. intr. Camminar in guazzi. || Esitare: bistentare. (Da margiu).
Margiazzu. pegg. di margiu: paludaccio. || Pozzaccia.
Margiceddu. V. margiteddu.
Margignu. V. margiusu.
Marginali. add. Attinente o posto al margine d’uno scritto: marginale.
Marginatu. add. Che ha margine: marginato. (Mort.).
Marginetta. dim. di margine, cicatrice: marginetta.
Màrgini. s. m. Quello spazio intorno intorno delle pagine che non è scritto: màrgine. || Estremità, limite di una superficie: margine. || Nelle stamperie, que’ regoletti che servon alla divisione delle pagine, e che determinano la larghezza del margine: margine. || Saldatura delle ferite, cicatrice: margine. In questo senso è fem.
Marginuni. accr. di margini.
Margiteddu. dim. di margiu: paludosetto, pozzetta.
Margiu. s. m. Luogo basso ove l’acqua si vada a fermare, e muore: palude, o se meno fondo: stagno, marese. || Luogo qualunque ove si versi e dove vi si fermi acqua: pozza, fràdicio, lavacchio (Rigutini); e se sudicia: pozzànghera. || Acqua che geme, ed è difetto del terreno: acquitrino. (Arab. margion Pasq.).
Margiusu. add. Terreno che fa palude: paludoso, o che fa pantano: pantanoso. || Terra eccessivamente inzuppata dalla pioggia: terra stemperata, terra spolta (Palm. Voc. Met.). || Dove geme acquitrino: acquitrinoso, frigido, quindi non buono pel soverchio umido a dar frutto.
Margu. s. m. L’ingorgare: ingorgo.
Margunata. s. f. Paglia sventolata ed ammonticchiata in sulla sponda dell’aia: vigliuolo, pagliuolo (Palm. Voc. Met.). || – bastarda, paglia mischiata a terra ammonticchiata vicino la sponda dell’aja.
Margunataru. s. m. Chi viglia la paglia nell’aja: vigliatore.
Margunatedda. dim. di margunata.
Marguni. V. maraguni.
Mari. s. m. Le acque salate che circondano la terra: mare. || Per sim. grande abbondanza: mare. || – grossu, gonfio, agitato: mare grosso. E fig. di uno turbato, in collera: mare in burrasca. ||– vecchiu, maretta, residuo di tempesta: mare vecchio. || – funnu, che ha abbastanza fondo per potervi navigare; e fig. che fa le cose di nascosto o di richeto: soppiattone. || in altu mari, lontano dal lito: in alto mare. || essiricci mari mortu, esservi ruggine, mal’umore. || omu di mari, marinaio: uomo di mare.|| pocu mari, mare poco agitato: mare poco. || mari magnu, gran quantità: mare magnum. || iri supra mari, navigare: andar sopra mare. || prumettiri mari (o màrisi) e munti, fig. prometter molte e belle cose: prometter mari e monti. || circari pri mari e pri terra, cercar per tutto. || a mari vaja, parole di detestazione: tolga Dio! || sintirisi supra mari, non aver la mente in calma. || passari lu mari, far viaggio per mare. || carriari acqua a mari, far cosa già fatta, lodar cosa lodata ecc.: aggiunger acqua al mare. || veniri lu mari cu tutti li pisci, venire un grande uragano per terra. || corpu di mari: ondata. || Prov. loda lu mari e teniti a la terra (o a li purrazzi), lodarsi l’utile grande, ma tenersi al sicuro: loda il mare e tienti alla terra. || mari, donna e focu, dacci locu: donna, fuoco e mare fanno l’uomo pericolare, o mare, fuoco e femina, tre male cose. || lu mari jetta fora lu corpu mortu, ciò che si fa, si vien a sapere; il malfatto o presto o tardi si manifesta: non si caca mai sotto la neve, che non si scuopra. || cu’ è a mari navica, e cu’ è a terra giudica, chi è in pericolo si travaglia e chi n’è fuori giudica.
Marìa, s. f. Mare crescente, gonfiato, la corrente del mare: marèa. || Nome proprio con cui si forma il modo viva maria che vale un gran rumore, un baruffio: buggerìo.
Marianeddu. s. m. (Mal.). Chi reca zizzania: mettimale. || Mezzano.
Marianìggiu. s. m. Infingimento, doppiezza: simulazione.
Marianu. s. m. Chi tratta negozio fra una persona e l’altra: mezzano.
Maricagnusu. add. Che ha palude: paludoso. (Fr. marecageux).
Mariceddu. dim. di mari: maricello.
Marina. s. f. Mare, costa di mare: marina. || Campagna vicino al mare: maremma. || Cose di mare o attenente all’arte di mare: marinaresca. || Un quadro, un disegno rappresentante vedute di mare: marina. || marina marina modo avv. lungo la riva del mare: marina marina. || a terra di marina zoccu non ci trovi la matina, trovi la sira, da un momento all’altro si arricchisce di ciò che abbisogna.
Marinara. s. f. Abito che cuopre il busto, senza falde: marinaja.
Marinaredda. dim. di marinara.
Marinareddu. dim. di marinaru: marinaretto, marinarino.
Marinarìa. s. f. Arte di marinaro: marinerìa. || I marinai di una nave: marinaresca. || Corpo o ceto degli uomini di mare. || Moltitudine di naviganti in armata: marinerìa.
Marinariscamenti. avv. Alla foggia dei marinari: marinarescamente.
Marinariscu. add. Di marinajo: marinaresco. || a la marinarisca, conforme all’usanza dei marinai: alla marinaresca.
Marinaru. s. m. Nome generico d’ogni guidator di nave: marinajo, marinaro.|| Ogni persona componente l’equipaggio d’una nave: marinajo. || Per pescatore. || – d’acqua duci, di poco cuore: pusillanime.|| Prov. lu bonu marinaru a la burrasca pari, alla prova o al bisogno si conosce chi è buono: il buon marinaro si conosce al cattivo tempo.
Marinu. add. Di mare: marino.
Mariolu. s. m. Uomo furbo, tristo: mariolo. || Astuto, sagace, avveduto. || mariolu di fera. V. firanti. || Strumento di ferro che suona applicandolo fra le labbra e percuotendone la linguetta o grilletto: scacciapensieri. || Prov. mariolu e viulinu ti diverti a lu matinu, che lo scacciapensieri e il violino piacciono al mattino.
Màrisi. V. mari nella frase prumettiri mari ecc. (Quasi Lat. maris).
Maritàggiu. s. m. L’atto dello stringer il matrimonio: maritàggio.
Maritali. add. Di o da marito: maritale.
Maritamentu. s. m. Il maritare o maritarsi: maritamento.
Maritanna. s. f. Fanciulla da marito: maritanda.
Maritari. v. a. Dar marito: maritare. || Congiungere fra loro due cose: maritare. || rifl. a. Prender marito: maritarsi. S’usa anco per pigliar moglie, ma è meglio per più precisione di chi piglia moglie dire ammogliarsi, e di chi piglia marito: maritarsi. || marìtati marìtati ed abbenta. V. in abbintari. || Prov. maritati a to figghiu quannu voi, a to figghia quannu poi, per le figlie bisogna che capiti il matrimonio, mentre per l’uomo basta cercarlo: casa il figlio quando vuoi, e la figlia quando puoi. || omu maritatu, aceddu ’ngaggiatu, così dice chi non apprezza il grande atto di crear una famiglia: uomo ammogliato, uccello in gabbia.|| cu’ bonu si voli maritari, si marita cu li so pari, o marita li figghioli cu so’ pari, pri nun si aviri un jornu a lamintari: il parentado dev’esser pari. || cu’ si marita sta cuntenti un jornu, cu’ ammazza un porcu sta cuntenti un annu, il matrimonio ridotto ad essere meno pregevole d’un porco! e poi s’impreca al progresso... chi vuol aver bene un dì faccia un buon pasto, chi una settimana ammazzi il porco, chi un mese pigli moglie, chi tutta la vita si faccia prete. || cu’ a so capriccio si marita stenta tutta la so vita: nel maritaggio fatto per amore, si vive sempre con dolore. || cu’ in fretta si marita adaciu adaciu sinni penti: chi si marita in fretta stenta adagio. || cu’ si marita rivali havi attornu, è naturale, anzi se non li ha li crede avere. || cu’ si marita e fa la casa prestu resta cu la varva rasa, di chi fa due spese a una volta. P. pass. maritatu: maritato.
Maritateddu. vezz. di maritatu, maritato di fresco.
Maritatina. V. matrimoniu.
Maritazzu. pegg. di maritu: maritaccio. || È anche accr. di marito.
Mariteddu. dim. di maritu: maritino. || V. mariticchiu. || Vaso di metallo portatile in cui si mette brace per riscaldarsi le mani o le gambe: caldanino, vèggio. Se di terra: cecia. Vi è anco in italiano marito usato scherzevolmente in questo senso.
Mariticchiu. dim. e spreg. di maritu: marituccio.
Maritidduzzu. dim. di mariteddu: veggino.
Marìtimu. add. Marino: marìttimo.
Marittedda. dim. di maretta.
Maritu. s. m. Uomo congiunto in matrimonio: marito e riguarda più l’unione corporea; sposo il vincolo sociale, è più gentile e dinota uguaglianza; consorte, che ha comune la sorte. || Prov. morti e maritu nun spiari quannu veni, bisogna esser preparati a riceverli, quindi tenersi buoni. || ora mi sì maritu pantaleu, si dice quando si approva: ora va bene. || essiri comu lu malu maritu e la mala mugghieri, esser sempre in discordia. || lu maritu pinci e lu maritu tinci, da lui dipende far buone o triste cose o figure. || maritu senza affettu è comu la casa senza tettu. || megghiu maritu purceddu, chi garzu ’mperaturi; è vero; piuttosto che p... del grande, è meglio essere moglie del piccolo. || ’mmenzu lu maritu e la mugghieri, o ’nta maritu e mugghieri, cu’ si cci mmisca è gran sumeri: tra moglie e marito non ci va messo un dito. || l’omini granni su’ boni mariti; hanno esperienza e non son vagabondi. Però altro proverbio dice: sceccu e maritu accattilu pudditru, che il marito sia giovane.|| si a li centu avissi agghiri (V. j) cu maritu haju a muriri, dice chi persistentemente si rimarita. || manti e mariti tenili cari ca custanu assai, o mantu e maritu è forti ad aviri, così dicono le mogli e le famiglie che campano dalle fatiche del marito. || a lu maritu prudenza, a la mogghi pirsistenza, e credo meglio pacenzia: nel marito prudenza, nella moglie pazienza, oh allora regnerebbe l’armonia nelle famiglie. || lu bonu maritu fa bona mugghieri, e la bona mugghieri fa bonu maritu, dunque metà della colpa è dell’uno o dell’altra quando nascono le discordie o gli scandali nelle famiglie: il buon marito fa la buona moglie, e la buona moglie fa il buon marito. || Per mariteddu. V. al 3º §.
Marituzzu. dim. e vezz. di maritu.
Mariularìa. s. f. Inganno, baratteria: mariolerìa.
Mariulazzu. pegg. di mariolu.
Mariuleddu. dim. di mariolu.
Mariulìggiu. V. mariularìa.
Mariuliscamenti. avv. Da mariolo: mariolescamente.
Mariuliscu. add. Da mariolo: mariolesco.
Mariulottu. dim. di mariolu.
Mariuluni. accr. di mariolu. || Guidone.
Mariusu. add. Misero, compassionevole: meschino.
Marmagghia. s. f. Canaglia, bordaglia: marmaglia. Così per seguire l’evangelo i cristiani aristocratici chiaman i cristiani poveri.
Marmagghiazza. pegg. di marmagghia: marmagliaccia. Sempre a maggior interpretazione dell’evangelo come sopra.
Marmaluccazzu. pegg. di marmaluccu.
Marmaluccu. V. mammaluccu.
Marmànica, Marmanicarìa. V. pazzìa.
Marmànicu. add. Strano, stravagante: falòtico. (Gr. μανικός, furioso e quindi irrequieto).
Marmaruca. V. stizza. || Per cimorru. || V. bulìu.
Marmillata. V. mirmillata.
Marmitta. s. f. Vaso da cucina di metallo, rotondo, con manico di ferro arcato: marmitta. L’usan i militari.
Marmittata. s. f. Quanto cape una marmitta.
Marmittedda. dim. di marmitta: marmittina.
Marmittuni: accr. di marmitta. Perez spiega: calderotto.
Marmòriu. add. Della natura o del colore del marmo: marmòreo.
Marmotta. s. f. Spezie di topo, più grande, di coda corta: marmotta, marmotto. Mus marmota L. || fig. Ad uomo da nulla: marmotta.
Marmu. s. m. Pietra dura nota: marmo.
Marmugghiari. V. ’mpirugghiari.
Marmuranti. add. (Salomone-Marino Canti pop.) Di marmo: marmorino.
Marmuraru. s. m. Lavoratore di marmi: marmorario, marmista.
Marmurata. V. crustata.
Marmuratu. add. Dipinto a marmo: marmorato.
Marmuriari. v. a. Dipingere, screziare come il marmo: marmorare, marmoreggiare. P. pass. marmuriatu: marmorato, marmoreggiato.
Marmurignu, Marmurinu. add. A somiglianza del marmo: marmoroso, marmorino.
Marmurizzatu. add. Che ha delle venature o macchie come marmo: marmorizzato.
Màrmuru. V. marmu. (pl. màrmura). (A. V. ital. màrmore).
Marmuttina. dim. di marmotta: marmottina.
’Maròsticu. V. amaròsticu di cui è aferesi.
Marozzu. s. m. Piccolo insetto simile alla chiocciola senza il guscio: lumaca, bruco, brucio.
Maròzzulu. s. m. Baco, bruco: bacheròzzolo.
Marpiunarìa. s. f. Azione o costume da furbo, da trafurello: furberìa, trafurelleria.
Marpiunariedda. dim. di marpiunaria: furberiuola.
Marpiunazzu. accr. di marpiuni: furbaccio, soppiattonaccio.
Marpiuneddu. dim. come sopra: furbetto, furbacchiuolo, trafurellino.
Marpiuni. add. Astuto, tristo ed accorto: ciaccherino, mascagno, accivettato, trafurello. || Uomo cupo, intento accortamente ai proprî interessi: sorbone, soppiattone. || Chi vive di rigiri e d’imbrogli: rigirone.
Marra. s. f. Strumento rusticano, per radere il terreno o lavorar poco a dentro: marra.
Marrabbedda. V. sopra.
Marramamàu. Voce onomatopeica del gatto, si dice anche per far paura ai bimbi: gnao. || Interiezione negativa: oibò, gnao.
Marranchineddu. dim. di marranchinu: furbacchiuolo, ladroncello.
Marranchinu. V. latru. || Astuto: furbo, sagace. || occhi marranchini: occhio marrano, furbo, vivace.
Marranu. add. Titolo ingiurioso ai Mori convertiti e di dubbia fede: marrano.
Marranzaneddu. dim. di marranzanu.
Marranzanu. V. mariolu al 1º§. || Verme, bigatto: bruco. || V. griddu di notti.
Marrari. V. murari. || fig. Saziare.
Marrastra. V. parrastra.
Marredda. s. f. Certa quantità di filo o seta avvolto sull’aspo o sul guindolo: matassa; e Buscaino asserisce aver udito a Firenze marrella in simile senso. || Giuoco che si fa disegnando tre quadrati uno dentro dell’altro, con altre linee che li traversano: filetto, giuoco di smerelli. || Altro giuoco fanciullesco che si fa con una gugliata di filo, intrecciandolo in varie figure alle dita, e passandolo da un individuo all’altro: ripiglino. || fig. Imbroglio, viluppo: matassa. || E d’uomo che cerchi ingannare e aggirar altrui: trappolone, busbo.
Marriddata. s. f. Quantità di matasse: matassata. || Una matassa.
Marriddazza. pegg. di marredda: matassaccia.
Marriddiari. v. intr. Fare inganno, aggirare altrui: tranellare, trappolare, rigirare.
Marriddiata. s. f. Aggiramento, inganno: trappoleria, busbaccheria.
Marriddusu. s. m. Cavillatore, imbroglione, trappolatore: rigirone, ammennicolone, trappolone, busbaccone, sottrattoso (quest’ultimo sa di antico). || Cavilloso: sofista.
Marridduzza. dim. di marredda: matassina, matassetta.
Marriversu. s. m. Schiaffo, colpo dato col braccio all’indietro: manrovescio, marrovescio, e ant. manriverscio.
Marrobbiu. s. m. T. bot. Pianta spontanea, di stile peloso, bianco, foglie dentate, grinzose, pelose, di odore muschiato: marrobio. Marrubium vulgare L.
Marroccu. V. marrucchinu al 2º §.
Marrona. V. marruni.
Marrubbia. (Pasq.) s. f. Flusso del mare.
Marrucchinu. s. m. Cuojo di becco o di capra, concio con galla: marrocchino. || Sorta di cappotto a mo’ di quelli del Marocco (Affrica): tabarro, pastrano.
Marruggeddu. dim. di marruggiu: manichetto.
Marruggiaru. add. Di arboscello di cui il tronco sia grosso come un piccolo braccio. || sost. marruggiu, ma lungo.
Marruggiazzu. pegg. e accr. di marruggiu.
Marrùggiu. s. m. Manico di zappa e strumenti simili. || Bastone. || Cilindri di legno su cui lo stagnaio forma le docce ecc. di latta: colonnino.
Marruna. V. marruni.
Marrunata. (Ganci) s. f. Sproposito: marrone.
Marrunazzu. pegg. di marruni.
Marruni. s. m. T. bot. Spezie di castagna grossa: marrone. E l’albero: marrone. Castanea vesca o major L. || fig. Sproposito: marrone. || Cavallo non più buono per comparire, ma per lavori grossolani: brenna, rozza. || E il cavallo maestro che serve ad ammaestrar i poledri: marrone. || Colore lionato scuro: tanè. || Detto ad uomo soro, sciocco: buacciolo. || Strumento simile alla marra, ma più stretto e più lungo: marrone (Perez).
Marrunignu. add. Di colore quasi tanè: taneiccio.
Marsigghiana. s. f. Sorta d’uva nera: margigrana.
Marsigghianedda. dim. di marsigghiana.
Martagu. s. m. Giglio rosso: martagone.
Marteddì. s. m. Il terzo giorno della settimana: martedì.
Marteddu. s. m. Strumento noto per battere: martello. || met. Tormento, travaglio: martello. || – pri accuppari, quello a due bocche inuguali, da stagnajo, che serve a ridurre la latta a foggia di coppa: martello da coppare. || – pri appianari, quello ad uso di spianare la latta: martello da spianare. || – li lignu. V. mazzòcculu. || – d’entrata, quell’arnese alla porta per picchiare: martello. || T. orol. Il martelletto che batte le ore: martello. || stari a marteddu, met. resistere alla prova: stare, tenersi, reggersi al martello o a martello. Vale pure, star al dovere: stare a martello. || è lu so marteddu, si dice di uno che non ne lascia passar nessuna a un altro: è il suo martello. || sunari a marteddu, sonare a tocco a tocco: sonar a martello. Risponder a puntino. || teniri a marteddu, far penare: tener in travaglio, in passione. || essiri a li marteddi, in travaglio. || Prov. mentri sì marteddu dalli e duna, ma quannu sì ’ncunia beni ti sta; di chi abusi della propria posizione. || pisci marteddu. T. zool. pesce di rapina, colla testa larga in forma di martello obliquamente unita al corpo: martello, ciambetta, pesce balestra, squalo maggiore. Squalus zigaena L. || marteddu tunnu, de’ calderai: martello a costolone.
Martèu. V. sopra.
Marti. V. marteddì.
Marticana. s. f. Navilio a un albero: martingana (Pasq. l’ha per voce d’uso), caravella. Da marticanu. V. sotto.
Marticanu. add. Che ha un occhio solo: monocolo.
Màrticu ’ndoratu. (Pasq.) s. m. È una mezza vetrificazione della calce di piombo: litargìrio.
Martiddari. V. martiddiari.
Martiddata. s. f. Colpo di martello: martellata. || Dolore cagionato dalle ulcere quando vi si genera putredine: martellata. || Farina con terra che esce dalla prima macinazione con ruota nuova.
Martiddatedda. dim. di martiddata.
Martiddatura. s. f. Il martellare: martellatura. || Operazione per far diventare il marmo piano, ma non liscio. || sintirisi di la martiddatura, intendersi di checchessia. || sentiri la martiddatura, comprendere agevolmente ciò che altri dice.
Martiddazzu. pegg. di marteddu: martellaccio.
Martiddettu. s. m. Luogo dove si fonde e si lavora il rame per far caldaie ecc. (Rocca).
Martiddiari. v. a. Percuotere col martello: martellare. || fig. Semplicemente percuotere: martellare. || Crucciare, dar travaglio: martellare.
Martiddiata. s. f. Il martellare: martellatura.
Martiddiatuna. accr. Lunga o rumorosa martellatura.
Martiddina. s. f. Sorta di martello in generale che da una parte ha la bocca e dall’altra il taglio: martellina. || Altro martello con taglio dall’una e dall’altra parte, per lavorar le pietre dure: martellina. || – di punta, quella da fontaniere col taglio e la punta: martellina. || – di cozzu, quella che ha da un lato la penna e dall’altro la bocca: martellina a bocca. || Per ischerzo, il cappello da prete: nicchio, trepunte.
Martiddinata. s. f. Colpo di martellina.
Martiddinatedda. dim. di martiddinata.
Martiddinazza. pegg. di martiddina.
Martiddinedda. dim. di martiddina.
Martidduni. accr. di marteddu: martellone.
Martidduzzu. dim. di marteddu: martellino, martelletto. || T. oriol. Il martellino che batte le ore: martello. || Piccol arnese di ferro che serve a cucire le viti nei moschetti: cacciavite. || martidduzzi di la strigghia: martelli della striglia. || T. zool. Specie di rondinella grigia: balestruccio, dardanello. Hirundo riparia L. || Arnese di ferro pendente dalla porta a uso di picchiare: martello, picchiotto. E quel ferro su cui esso batte: picchio. || Quella piastrella dei fucili, che, allo scattare del cane percossa dalla pietra focaja produce scintille: martellina. (Perez). || – a pinna, martellina dei calderai.
Martidì, Martidia. V. marteddì.
Martilletti. V. martinetti.
Martillinu. s. m. T. fond. caratt. Pezzo il quale fermato alla cartella, attraversa il pezzo lungo e il bianco, su cui fa prominenza rettangolare ossia fa il dente: forca (Car. Voc. Met.).
Martineddi. V. martinetti.
Martinella. s. f. Macchinazione contro alcuno: tranello, intelaiata (met.). || Baratteria, astuzia: gherminella. Forse sarà corruzione di mattinella. V. o mattunella. V. cioè la mattonella del biliardo, poichè fare mattonella significa colpire per obliquo e non rettamente.
Martinetti. s. m. pl. Que’ legnetti che negli strumenti da tasto fanno sonar le corde: salterelli.
Martinettu. V. rìnnina.
Martingana. V. marticana.
Martinganu. V. marticanu.
Martinu. Nome proprio che s’usa nella frase; unni zappa Martinu, sutta lu piru: far il medesimo verso.
Màrtiri. V. marteddì. || s. m. e f. Colui o colei che per una idea, per un dovere, per il bene sacrifica la vita: màrtire.
Martirìa. V. martiri.
Martiriari. v. a. Dar il martirio: martirizzare. || Tormentare, martoriare. || rifl. Darsi pena: martirizzarsi.
Martìriu. s. m. Tormento che si patisce nell’essere martirizzato: martìrio. || Tormento. || Noja. || Pena, affanno: martirio.
Martirizzari. V. martiriari.
Martogghiu. s. m. Piccolo topo, simile al ghiro.
Martòriu. s. m. Il suono della campana rintoccando per martorio: rintocco. || fig. Tribolazione, fastidio. || – di la panza, rintocco che avverte i fedeli al digiuno. || V. mùddiu.
Martuffu. V. patatuccu.
Màrtura. s. f. T. zool. Animale salvatico, più grosso del topo, di pregiata pelle: màrtora, màrtoro. Mustela martes L. || La pelle di essa: martora.
Marturiamentu. s. m. Martorio, tormento: martoriamento. (A. V. ital. marturiamento). || (Pecorella) Il suonar a rintocco.
Marturiari. v. a. Tormentare: martoriare. (A. V. ital. marturiare). || intr. Suonar che fa la campana a tocchi separati, in occasione di martorio: rintoccare. P. pass. marturiatu: martoriato. || Rintoccato.
Marturiata. V. martòriu.
Marturiatedda. dim. di marturiata.
Marturiatuna. accr. di marturiata.
Marturieddu. dim. di martoriu.
Marturina. dim. di màrtura. || La pelle di martora: martora.
Martuzza. s. f. Scimmia comune: bertuccia. || Detto per ingiuria: bertuccia. || Detto a donna: bagascia.
Martuzzedda. dim. di martuzza: bertuccina.
Martuzzeddu. dim. di martuzzu: bertuccino.
Martuzzu. s. m. Si dice per ingiuria ad uomo brutto: bertuccio. || Petulante. || Detto a ragazzo vispo, cattivello: bricconello, furbettuolo.
Martuzzuni. accr. di bertuccio: bertuccione.
Maruni e derivati. V. maduni.
Marunnella. V. martinella.
Maruseddu. V. maretta.
Marusu. s. m. Fiotto di mare: maroso. || essicci marusu, quando alcuno è in collera: esser turbata la marina. || aviri marusu, patire travaglio: esser in travaglio.
Maruzzeddu. dim. di marozzu. || In pl. (An. Cat.). cilindretti di bambagia con fil di ferro dentro.
Maruzzuleddu. dim. di marozzulu.
Marva. s. f. T. bot. Pianta nota e comune, s’usa per medicina come ammolliente e lenitiva: malva. Malva rotundifolia L. || – crispa: malva crespa. || – di Spagna. Hibiscus syriacus L. || – arboria. Malva umbellata Cav. || nun canusciri mancu la marva, esser ignorantissimo, buacciolo.
Marvacìa, Marvasìa. s. f. Spezie di uva, ed anco il vino di essa: malvagìa.
Marvavisca. V. malvavisca.
Marvazza. pegg. di marva: malvaccia.
Marvedda. V. malvedda.
Marvetta di Francia, s. f. T. bot. Pianta odorosa che ha le foglie simili alla malva: gerànio. Pelargonium odoratissimum. || – rosata, simile alla precedente di cui è una varietà. Pelargonium radula roseum.
Marvicedda. dim. di malva.
Marvizzeddu. dim. di marvizzu.
Marvizzu. s. m. T. zool. Spezie di tordo: sassello. Turdus iliacus L. || V. turdu. || Prov. a lu pizzu si canusci lu marvizzu: la volpe si conosce alla coda.
Marvunata. V. margunata.
Marvuneddu. s. m. Sorta di pianta malvacea: malvoncino.
Marvuni. s. m. T. bot. Malva salvatica più grande della domestica: malvone. Althea cannabina L. || Colore che tira al paonazzo. || Per malvavisca. V.
Marza. V. marcia.
Marzaloru. add. Di marzu: marzolino.
Marzamagghia. s. f. Gente vile ed abietta: marmaglia. || Moltitudine di ragazzi: ragazzaglia, ragazzame, ragazzaja. || E di servidori o simili: ragazzaglia.
Marzamagghiedda. dim. di marzamagghia.
Marzamareddu. s. m. Vento vorticoso, nodo di vento: remolino, ventaggine, turbine, filucola, ventivòlgolo. || Incomodo od oppressione notturna: incubo. || Spezie d’insetto d’acqua. || fari marzamareddu: ammulinar (intr.) il vento.
Marzamariddiari. v. intr. Far il ventogirlo, avvolger a guisa di turbine: turbinare.
Marzapaneddu. dim. di marzapanu: scatolino.
Marzapani, Marzapanu. s. m. Arnese piccolo di legno o di cartone a foggia di cassetta o di cartoccio, ad uso di riporvi checchessia: scatola. || – chiusu, si dice di cosa occulta e incerta. || Si dice anche di uomo cupo e riservato: sorbone, sornione. (Lat. marsupium: borsa). || T. zool. Sorta di pesce che cava la testa di sotto l’acqua per cercar da vivere, ha la bocca sotto la gola, in modo che può rugumare: pesce porco. Squalus centrina L.
Marziali. add. Belligero, di Marte: marziale.
Marziari. v. intr. Piovere quando vi è sole, o piovere alternativamente e affacciare il sole, come suol seguire in marzo: marzeggiare.
Marzu. s. m. Il terzo mese dell’anno: marzo. || Prov. marzu m’arrifazzu o ’ntra marzu mi rifazzu, ’ntra aprili mi veni a vidi, si ’nta maju ’un t’attalentu vinni li voi e accatta lu frumentu, accenna il cominciar a ristorarsi della natura in marzo siccome vicino la primavera. || marzu conza e guasta, nè guvernu cc’è chi basta, marzo acconcia e guasta nè coltura v’è che basta. || quannu marzu suli ed acqua ’ncutta sempri cu acqua e suli, carricari fa li muli, se marzo marzeggia, si fan buon raccolto: se marzo non marzeggia, giugno non festeggia. || si ’nta marzu ci è acquazzina, è annata di risina, la rugiada di marzo è causa della rugine. || marzu centu vagna e unu asciuca: marzo un sole e un guazzo. || marzu chiova chiova, ca un’ura asciuca tuttu, la pioggia non è abbondante ma alternata. || ci penza marzu a chioviri, la natura si svolge da sè. || marzu, pazzu: marzo, pazzo. || marzu asciuttu, grana pri tuttu: marzo asciutto, gran per tutto. || marzu scorcia li vecchi, è terribile per i non forti di salute. || marzu chiova chiova, aprili mai nun fini, e ’ntra maju una bona pri livari li risini, che la pioggia in detti mesi fa bene: aprile non rifina. || T. giuoc. Posta doppia: marcio.
Marzuddu. add. Di marzo, di biade, civaie ecc. che si seminano in questo mese, o animale nato in detto: marzuolo, marzolino, marzajuolo. Onde frumentu, linu ecc. marzuddu: biada, civaja marzolina.
Marzulinu. add. Di marzo: marzolino. || Prov. tantu durassi la mala vicina, quantu dura la nivi marzulina: tanto durasse la mala vicina, quanto dura la neve marzolina, cioè poco.
Masazzu. Nella frase fari lu fra Masazzu, sotto finta di pietà far il fatto suo, originata forse questa frase da qualche frate Maso, che, come i frati in generale, dovea far bene il fatto suo canzonando l’altrui buona fede.
Mascalisa. s. f. Sorta di fagiuolo rosso.
Mascanzunaria. s. f. Azione o abito da mascalzone: monellerìa, mascalzoneria (a Firenze).
Mascanzunazzu. pegg. di mascanzuni: mascalzonaccio.
Mascanzuneddu. dim. di mascanzuni.
Mascanzuni. s. m. Barattiere, cialtrone: mascalzone. || Dicesi ai ragazzi per vezzo: tristanzuolo, tristerello, tristerellino.
Mascanzuniari. v. intr. Far da mascalzone: mascalzonare (Fra Filippo da Siena).
Mascanzuniscamenti. (D. B.) avv. A mo’ di mascalzone.
Màscara. s. f. Faccia o testa finta: maschera. || Chi porta la maschera: maschera. || Buffone da teatro: maschera. || livari la mascara, scoprirsi, lasciar di operare segretamente: gettar la maschera. Dir il suo parere alla libera: cavarsi la maschera. || livari la mascara ad unu, scoprirne la verità: cavar la maschera a chicchessia. || vistirisi ’n mascara, coprirsi con abiti di maschera: vestirsi in maschera. || mettiri ’na mascara, coprir di vergogna. || va mettiti ’na mascara, si dice a chi l’abbia fatta marchiana, quasi non debba più presentarsi a viso scoperto. (i Sienesi dicon anche màscara).
Mascarari. v. a. Coprir con maschera: mascherare. || rifl. a. Mascherarsi. || fig. Fingere: mascherarsi.
Mascararu. (Mal.) s. m. Colui che fa, vende o affitta maschere: mascherajo.
Mascarata. s. f. Quantità di gente in maschera: mascherata. || Il mascherarsi: mascheramento.
Mascaratedda. dim. di mascarata.
Mascarateddu. dim. di mascaratu.
Mascaratu. add. P. pass. di mascarari: mascherato. || Che ha la maschera: mascherato. || Finto: mascherato. || sost. Per maschera, cioè chi la porta.
Mascarazza. accr. e pegg. di mascara: mascheraccia.
Mascaredda. dim. di mascara: mascheretta, mascherina. || Malore delle biade per cui il granello diventa nero, fetido: volpe, carbone. || furmentu cu la mascaredda: grano volpato. || aviri la mascaredda: incarbonchire, si dice del grano. || Quella parte delle biade che secca, senza venir a maturità: vanume.
Mascaretta. s. f. T. calz. Pezzetto di pelle che si mette nella punta del tomajo: mascheretta, spunterbo. || Specie di cagnolino con muso schiacciato e nero: doghino, mascherino (Car. Voc. Met.).
Mascariari. v. a. Macchiar nero, far nero: annegrare, annerare. || Imbrattare, scorbiare. || si nun tinci mascarìa: se non tinge sporca, si dice di cosa la quale benchè non faccia del tutto male pure lasci qualche cosa. P. pass. mascariatu: annegrato, imbrattato.
Mascariata. s. f. L’annegrare, l’imbrattare: annegrata, imbrattatura, imbrattamento.
Mascariatedda. dim. di mascariata.
Mascariateddu. dim. di mascariatu.
Mascariatissimu. sup. di mascariatu.
Mascariatuni. accr. di mascariatu.
Mascariaturi –tura. verb. Chi o che imbratta: imbrattatore –trice.
Mascarittedda. dim. di mascaretta. || Per ischerzo a donnetta brunetta.
Mascarò. s. m. Il segno o la materia che annegra o imbratta: scorbio, imbratto. || Macchia, lividura: mascherizzo. (Fr. mascaron: mascherone).
Mascaruneddu. dim. di mascarò: imbratterello. || dim. di mascaruni: mascheroncino.
Mascaruni. s. m. Scultura che rappresenta una faccia goffa, brutta o contraffatta, serve per ornamento: mascherone. || Quello che si mette in poppa alle navi: polena, mascherotto da prua. || Per ingiuria a uno contraffatto e brutto: mascheron da fogna.
Mascatura. s. f. T. magn. Nome generale dei ferri che servon a mastiettare: mastiettatura. || Per toppa: serratura.
Mascaturedda. dim. del precedente: maschiettaturina (Tomm.).
Mascavatu. s. m. L’infima qualità dello zucchero: mascavato.
Maschettu. s. m T. art. Pezzo di ferro o altro che s’inserisce in altro pezzo vuoto corrispondentegli, quella parte della vite che entra nella chiocciola: mastietto.
Maschïata. V. masculiata.
Maschili. add. Da maschio: maschile.
Màschira. V. mascara.
Maschizza. (Mal.) s. f. L’esser rado, non fitto. || Qualità del maschio, virilità: maschiezza.
Masciareri. add. Di persona che opera disavvedutamente, che fa tutto male: ciarpone, ciarpiere.
Màsciaru. s. m. Danno, scomodo: disordine, sconcio. (Pasq.).
Mascidda. s. f. E vi è esempio di mascilla, ciascuna delle due parti carnose del volto, che metton in mezzo il naso e la bocca: guancia, gota, mascella. || Parte del fucile che stringe la pietra focaia: mascella, ganascia. || – di la morsa, le bocche della morsa: ganasce. || a mascidda, posto avv., di fianco per rafforzare la fabbrica: a muraglione. || Per masciddaru. V.
Masciddareddu. dim. di masciddaru.
Masciddaru. s. m. Quell’osso nel quale son confitti i denti: mascella. || T. macell. Tutta la polpa che veste il capo degli animali bovini. || T. mur. Alcune opere così di muratore che di legnajuolo che formano rinforzo o battente nelle rispettive costruzioni: muraglione, rinforzo. || – di la brigghia: le sguancie, le strisce della testiera che scendono nelle parti laterali della testa. || Le intelajalure a battente, che forman i quattro lati dei boccaporti: mascellai (Zan. Voc. Met.). || Le pareti della fossa di scolo che si fa nei campi, o simile.
Masciddata. s. f. Colpo sulle guance: guanciata, mascellone, mascellata. || fig. riciviri ’na masciddata, ricever offesa, onta.
Masciddatedda. dim. di masciddata: guanciatina.
Masciddatuna. accr. di masciddata: mascellone, guancione.
Masciddazza. pegg. di mascidda: gotacci.
Mascidderi. V. chiumazzu.
Masciddiari. v. a. Dare schiaffi: schiaffeggiare.
Mascidduna. accr. di mascidda: gotone.
Masciddutu. add. Che ha grosse e grasse gote: paffuto.
Mascidduzza. dim. di mascidda: gotellina.
Mascu. add. Diciamo di cosa fragile, poco tegnente, caduco: vizzo, fievole, vano. (Lat. vascus: vano). || essiri canna masca, esser debole, incostante. (Detto ad uomo che fa il bravo: tagliacantoni. (D. B.). || sost. V. màsculu al 2º §.
Masculami. s. f. Nome collettivo de’ maschi. In italiano vi è mastiume parlando però di bestie.
Masculara. add. Che cerca gli uomini.
Mascularu. s. m. Colui che spara i mortaretti.
Masculazzu. pegg. di masculu: maschiaccio.
Masculiata, s. f. Lo sparo de’ mortaretti.
Masculicchiu, Masculiddu. dim. di masculu: maschietto, maschiettino (Tomm.).
Masculinu. add. Di maschio: mascolino, masculino. || Si dice alle erbe o radici piccanti o aromatiche in grado superiore.
Masculottu. add. Che esprime l’essere dei ragazzi sino ad una certa età: maschiotto (Tomm.).
Màsculu. s. m. Quegli che concorre attivamente colla femmina alla generazione: màschio (Sannazzaro usò: màscolo). || Bocciuolo di ferro che si carica a polvere e si spara in occasione di solennità: maschio, mortaretto. || Quel ferretto lungo che è nella toppa: stanghetta. || Generalmente qualunque estremità di un legno o altro che entri in altro buco corrispondente: maschio. || – di la viti, quella parte della vite che entra nella madrevite: maschio. || L’usan nel catanese per acciuga.
Màsculu. add. Di sesso mascolino: maschio.
Masculunazzu. pegg. di masculuni. || Si dice della vite infruttifera. || Specie di avvoltojo piccolo.
Masculuneddu. dim. Mastietto.
Masculuni. accr. di màsculu, in tutti i sensi: maschione (Tomm.).
Mascuni. accr. di mascu al 4º §.
Masè. Idiotismo in alcuni paesi che vale: vieni qua.
Masi cantaru. s. m. Titolo di dileggio a chi goffamente ostenti gravità e presuma fare il dottore: sputatondo, quamquam.
Masinnò. avv. Composto da ma se no: altrimenti, se no, se no noe, se no no (Fanf. note alla Mea).
Massa. s. f. Quantità indeterminata di checchessia ammontata insieme: massa. || T. mil. Moltitudine di uomini insieme: massa (Viani). || Moltitudine di popolo, di gente: massa di popolo, massa di ecc.; siete una massa di... (la sola voce massa senza il qualificativo non è buon modo). || La somma delle particelle di un corpo: massa. || fari massa, ammassare: far massa. Vale anche, far rumore, far confusione: far chiasso, far baccano, chiassata. || in massa, unitamente: in massa. || Per vomere, così in alcuni luoghi.
Massacrari. v. a. Uccidere, tagliar a pezzi: trucidare, macellare, fare scempio. (Fr. massacrer). P. pass. massacratu: trucidato.
Massacru. s. m. Uccisione, strage: scempio.
Massarazzu. accr. di massaru.
Massarcddu. dim. di massaru. || Fattoretto.
Massarìa. s. f. La Casa di campagna cogli accessorî relativi, posta nelle terre lavorative: masserìa, massarìa, fattorìa. || Luogo dove si tengono le bestie pel latte: cascina. || fari massaria, tener i grandi poderi per conto proprio.
Massariari. V. annittari. (Mal.).
Massariazza. pegg. di massaria.
Massariedda, Massariotta. dim. di massaria: masserietta.
Massariotu. s. m. Quegli che cura, tiene a fitto le altrui possessioni: fittajuolo, fattore.
Massarìu. V. massarizzu.
Massariuttedda. dim. di massariotta.
Massarìzzia. V. massarizzu.
Massarìzzii. s. f. pl. Arnesi domestici: masserìzie.
Massarizzu. s. m. Astratto di massaru: operosità, prontezza, sollecitudine. || Nettezza, pulitezza.
Massaru. add. Che è attivo, che opera prontamente o sollecitamente, curante, pensieroso: operoso, operante, pronto, sollecito, spolverone. || Chi poltrisce poco, chi si alza pertempo la mattina: sollecito. || Detto di terreno o altro che produce: produttivo. || Ben messo, acconcio: ravviato.
Massaru. s. m. Chi per le chiese è deputato a spazzarle, pulirle: scaccino. || Fattore. || Prov. massaru travagghia, lu ventu spagghia, il contadino lavora, ma il vento spaglia. || Per vastasu: facchino. Così in Trapani. || V. in mastru.
Massarunazzu. accr. di massariotta.
Massaruneddu. dim. di massaruni.
Massaruni. accr. di massaru. add.
Massìcciu. add. Grasso, tutto solido: massìccio.
Màssima. s. m. Proposizione generale che serve di principio, di fondamento, di regola in checchessia: màssima. || Per abitudine, costume. || Per norma. || T. mus. Nota di otto battute: màssima. || avv. Massimamente: màssime.
Massimamenti. avv. Principalmente, tanto più: massimamente.
Màssimu. add. Grandissimo: màssimo.
Massizzu. V. massicciu.
Massu. s. m. Sasso grande, informe, naturale: masso. || Per cumolo qualunque p. e. di bile ecc.
Massusu. add. Fatto di massi: massoso.
Màstica. s. f. T. st. nat. Ragia di lentisco: mastice. (A. T. ital. màstica, màstico). Pistacia lentiscus L.
Masticamisterii. s. m. Saccentone: pesamondo.
Mastica-particuli. s. m. Bacchettone: biascicaavemarie, baciapile, biasciarosari.
Masticari. v. a. Disfar il cibo o altro coi denti: masticare. || met. Esaminar bene tra sè checchessia: masticare. || – ’na cosa, non saperla bene a mente sì che si ripeta male. || Stentar a concedere. || Lasciar travedere alcun pensamento: bucinare. || masticari virmari: biascicar paternostri, avemarie ecc. || nun lassarisi masticari, fig. esser poco trattabile, o esser da più. || mastica e ghietta, si dice di uno che non ha altro in bocca se non frizzi, bottate. || cosa di nun putirisi masticari, cose malagevoli: cose da non potersi masticare. || nun putiri masticari ’na cosa, adattarvisi male, sopportarla mal volentieri: masticar male checchessia. || masticari li paroli, non parlar chiaramente o schiettamente: masticar le parole. P. pass. masticatu: masticato.
Masticata. s. f. Il masticare: masticata, masticamento, masticatura.
Masticatedda. dim. di masticata.
Masticatina. V. masticata.
Masticatizzu. add. Mezzo masticato.
Masticatòriu. add. Che appartien alla masticazione: masticatorio. || sost. Cosa da masticare: masticatorio.
Masticatura. s. f. Il masticare: masticatura.
Masticaturi. verb. Chi o che mastica: masticatore. || Ferro ripiegato che si mette in bocea ai cavalli a mo’ di freno per far loro scaricar la testa: frenella (Siciliano).
Masticazzioni. s. f. Il masticare: masticazione.
Masticeddu. dim. di màstici: masticino.
Mastichiari. v. a. freq. Mangiar qualcosa, masticar qualcosa: dentecchiare, masticacchiare. || rifl. V. mafiarisi.
Màstici. s. m. Ragia di lentischio: màstice. || Certa colla che fanno i legnajuoli, i vetrai per tenere: màstice, stucco, mestura.
Masticogna. V. carlina. || V. manciata.
Màsticu. V. mastici.
Masticuni. s. m. Boccone di cosa masticata: masticato, masticaticcio (sost.). || Per morso.
Masticusu. V. mutriusu.
Mastinu. s. m. Cane da guardia, grosso: mastino.
Mastra. fem. di mastru: maestra. || Per scuola delle ragazze. Onde iri a la mastra: andar a scuola. || T. tip. Foglio di carta disteso sul timpano, onde render piana la superficie dove s’ha ad impuntar il foglio da stamparsi: impronto (Car. Voc. Met.). || Padrona di bottega: maestra. || La nocciola più grossa, di cui si valgon i bambini nel giuocar alle castelline. || (D. B.). Ruolo dei patrizî, onde essiri di la mastra, esser de’ patrizî. || T. mar. Pezzetti di legno quadri, traforati che si collocano su’ ponti delle navi, pel passaggio degli alberi, dell’argano e delle trombe: mastra (Zan. Voc. Met.).
Mastramèusa. s. f. Colpo colla mano in sul viso: ceffone, manrovescio, mascellone.
Mastranza. s. f. Università degli artieri, o artigiani: arte. || Ceto de’ maestri di un lavoro: maestranza. || Moltitudine di maestri in atto di lavoro: maestranza.
Mastrazzu. pegg. di mastru: maestraccio.
Mastreddu. V. mastriddu.
Mastrìa. s. f. Arte, eccellenza d’arte: maestrìa. || cu mastrìa, con arte, con garbo: con maestrìa. || Mano d’opera, mercede della manifattura: lavoratura.
Mastriari. V. ammaistrari: maestrare.
Mastribbilmenti. avv. Con maestria: maestrevolmente.
Mastricchiu. vilif. di mastru: maestrùcolo.
Mastriceddu. dim. di mastru: maestrello, maestrino. || Artigianello, ministrello.
Mastriddu. s. m. Quel segno a cui il giuocatore di palle o simile cerca avvicinarsi: lecco. || Per brutticeddu. V.
Mastrignu. V. mastriscu.
Mastrinu. V. mastriddu.
Mastriscamenti. avv. Da maestro: maestrevolmente.
Mastriscu. add. Da maestro: maestrevole.
Mastriusu. add. Che ha maestrìa, artificioso: maestrevole. || Astuzioso.
Mastròcculu, Mastrozzu. dispr. di mastru: maestrùcolo.
Mastrozzu. s. m. T. bot. Pianta alta mezzo braccio, ramosa; le foglie pennate-dispari, rotonde, sugose; fiori piccoli, bianchi, a grappoli corti: nasturcio, nasturzio. Sisymbrium nasturtium. L. || – indianu. Tropoeolum majus. || – di margiu: ambrosia.
Mastru. s. m. Chi esercita arte manuale: maestro. || Maestro muratore, così assolutamente: maestro. Fra gli artieri quegli che tiene bottega da sè o soprastà ai lavori o insegna i garzoni, e simili: maestro. || Per maistru. V. || – di campu, titolo di milizia: maestro di campo. È anche una maschera da carnovale. || – di casa, chi sopraintende alla economia: maestro di casa. || – di cappella, chi dirige la musica: maestro di cappella. || – di stadda, chi sopraintende alla stalla: maestro di stalla. || – d’acqua, maestro che aggiusta o costruisce le fontane, i doccioni ecc: fontaniere. || – d’ascia, chi lavora legname: legnajuolo, falegname. || – di ballu, chi insegna il ballo: maestro di ballo. || – di cavalcari: maestro di cavalcare, cavallerizzo. || – di munnizza, chi sopraintendeva alla pulizia delle strade: tavolaccino. || – di scola: maestro di scuola. || – juratu, uno di coloro che in ciascuna regione aveva l’incarico di sorvegliar i giurati. || – nutaru: notajo. || – purtulanu, chi aveva la cura dell’annona. || – raziunali, ciascuno de’ tre giuresperiti che la faceano da giudici nell’antico Tribunale del real patrimonio. || – di cirimonii, chi regola le cerimonie: maestro di cerimonie. || – massaru. V. agrimensuri. (Antonino Romano). || – d’opra grossa, chi fa carri o altre opere grosse: carpentiere. || – di coru, maestro di canto di un capitolo di canonici: magiscoro. || – di putìa, artigiano che tiene bottega: maestro da bottega. || – di sala, chi sopraintende alle sale di conversazione, dirige anco i balli: maestro di sala (D. B.). || – d’opera grossa, maestro di lavori ordinarî. || – d’opera nova, che fabbrica di nuovo e non rattoppa. || – di forgia, nelle botteghe di ferrajo, colui, che nel battere il ferro, tiene il pezzo da battere e lo regola: regolatore (Car. Voc. Met.). || – di vela. T. mar. Maestro di vela. || iri a lu mastru: andar a scuola, e se di operaj, andar al maestro. || botta di mastru, quando uno fa o dice cosa con maestrìa: colpo di o da maestro. || fari lu mastru, sentenziare, far il dottore: far il maestro addosso. || a consa di poviru mastru, alla buona, alla carlona. || di mastru, maestrevolmente: da maestro. || mastru pitruni, dicesi a persona brutta, goffa. || Prov. nun sia nisciunu chi si fazza mastru, nessuno creda non potere sbagliare: non è sì sperto aratore, che talora non faccia il solco torto. || lu bonu mastru fa lu bonu discipulu, è chiaro, ma qualora il discepolo impari. || lu bonu mastru nun fallisci mai, o almeno poco. || mastru chi fa un panaru nni fa centu: chi fa trenta, fa trentuno. || nuddu si po’ fari mastru, nessuno nasce maestro.
Mastru. add. Principale: maestro, p. e. strata mastra: strada maestra.
Mastrùnculu. vilif. di mastru: mastrùcolo.
Mastruni. accr. di mastru: maestrone.
Mastruzzu. dim. di mastru: maestruccio. || Per mastrozzu. V.
Masunata. s. f. Parentato, familia: casato. (Chi sa che non venga dal Fr. maçonnerie: fabbrica.)
Masuni. V. vasuni.
Mataccinu. s. m. Saltimbanco, giuocatore, mascherato: mattaccino. || Rintocchi che segnano mezzodì o mezzanotte. V. pigula.
Mataciuni. s. m. pl. T. mar. Laccetti infilati e fermati in varî fori lungo la testiera delle vele per inferirle alle antenne o ai pennoni: mataffioni, gerli, gaschette (Car. Voc. Met.).
Mataffari. V. ammataffari. || V. anco mataffiari.
Mataffeddu. dim. di mataffa.
Mataffiari. v. a. Pigiare, calcare colla mazzeranga: mazzerangare.
Mataffu. s. m. Strumento rusticano, composto di un legno colmo, piano sotto, fitto in una mazza, s’adopra per pigiare e sodar la terra: mazzeranga, pillone. || Detto a persona atticciata e pigra: bastracone. || Per sim. di minestra o altro, resa soda, asciutta: micca (Rigutini).
Matalottu. s. m. Abito senza falde: giubbetto, cacciatora.
Matapollu. s. m. Spezie di mussolino.
Matara, s. m. Vaso da notte: pitale (Lat. matula).
Matarazzaru. s. m. Quegli che fa le materasse: materassajo.
Matarazzata. s. f. Colpo o caduta su d’una materassa: materassata.
Matarazzeddu. dim. Materassina, materassino, materassuccio. || – di la naca, materassina scantonata che serve di culla al bambino anco nel trasportarlo: guanciale (Car. Voc. Met.).
Matarazzinu. dim. Materassino (pl. matarazzina).
Matarazzu. s. m. (pl. matarazza: materasse, materassi). Arnese del letto, ripieno di lana o altro, impuntito, su cui si posa: materassa, materasso, materazzo. || – di piumi: coltrice (An. Cat.). || Per sim. certi arnesi grossolani e pesanti. || Detto a persona corpulenta: macciànghero.
Matarazzuni. accr. di matarazzu: materassone.
Mataroccu. Aggiunto di pietanza fatta di zucca ammaccata. || s. Per matassa, tarsa. || Grossolano, scimunito: mazzamarrone. || Per maccu. V.
Matassa. V. marredda. || met. Imbroglio, intrigo: viluppo, matassa.
Matassareddu, Matassaricchiu. dim. di matassaru.
Matassaru. s. m. Bastoncello con due traverse alle estremità, su cui si formano le matasse: aspo, naspo. Mentre noi più comunemente chiamiamo marredda la matassa, l’aspo poi più dirittamente dal suo uso lo chiamiamo matassajo.
Matassata. s. f. Quantità di matasse: matassata. O tutta la roba che resta avvolta all’aspo: aspata.
Matassedda. dim. di matassa: matassetta.
Matèlacu. add. Fantastico, che d’ogni cosa fa caso: casoso. (Gr. ματαιολοικός: che bada a frivolezze). || Per materiali, rozzo, V.
Matemàtica. s. f. Scienza delle quantità: matemàtica.
Matematicamenti. avv. Per via di matematica: matematicamente. || Esattissimamente.
Matemàticu. s. m. Chi professa matematica: matematico. || add. Di matematica: matematico.
Matèria. s. f. Ciò che ha corpo, ciò di che una cosa è fatta: materia. || Cagione, motivo: materia. || Argomento, subjetto: materia. || in materia di..., in proposito di... in materia di... || Sostanze evacuate per la bocca o pel deretano: materiaccia. || Il vuoto che resta fra ogni costa della barchetta, come materii diconsi le coste stesse. Il pezzo di mezzo di ogni costa, chene forma il fondo e s’incastra nella chiglia (Zan. Voc. Met. chiama: madiere).
Materialazzu. pegg. di materiale, rozzo: materialaccio.
Materialeddu. dim. Alquanto materiale, grossolano: materialetto.
Materiali. s. m. Tutto ciò che serve a fabbricare o per qualsivoglia uso: materiale. || T. tip. Una determinata quantità di originale: materiale. (Car. Voc. Met.). || Mistura o lega metallica di cui fansi i caratteri nelle fonderie: materiale (id. id.). || Tutto ciò che raccoglie o prepara uno scrittore a fine di servirsene: materiali.
Materiali. add. Di materia: materiale.|| Di cosa non raggentilita, grossolana: materiale. || Ignorante, grossolano: materiale. || Che ha molto peso relativamente al proprio genere: peso (add.), pesante. Sup. materialissimu: materialissimo.
Materialìsimu. s. m. Ipotesi e dottrina del materialista: materialismo.
Materialista. s. m. Chi ammette un sol principio materiale di tutte cose: materialista.
Materialità. s. f. Astratto di materia: materialità. || Piccola particola, cosa da nulla: bagattella.
Materialmenti. avv. In modo materiale: materialmente. || Effettivamente: materialmente.
Materialuni. accr. di materiali: materialone.
Materiazza. pegg. di materia: materiaccia.
Maternali. add. Materno.
Maternamenti. avv. Da madre: maternamente.
Maternità. s. f. Qualità o essere di madre: maternità.
Maternu. add. Di o da madre: materno.
Matina. s. f. Parte del giorno dal levar del sole a mezzodì: mattina. || di la matina a la sira, tutto il dì: da mane a sera, o dalla mattina alla sera. || Aggiunto al nome del giorno fa: domani mattina, sabato mattina. || matina pri matina, ogni mattina.
Matinali, Matinaloru. s. m. Chi si leva da letto di buon ora: mattiniero. Sup. matinalissimu.
Matinaluni. accr. di matinali.
Matinata. s. f. Tutto lo spazio della mattina: mattinata. || di matinata, il principio del giorno, p. e. domattina di mattinata ci leviamo, ecc. || La mattina presto: mattutino. || Il levarsi a buon ora. || fari matinata: levarsi di buon mattino. || È detto del gallo, è il cantar che fa all’alba (S. Salomone-Marino). || la matina fa (o vinci) la jurnata, o anche cu’ perdi la matinata perdi la jurnata, bisogua tener conto della mattinata. || di la matinata si canusci la jurnata, dal principio si prevede il seguito: il buon dì si conosce da mattina. || nta li matinati: in sul mattino.
Matinatedda. dim. di matinata.
Matinatuna. accr. di matinata.
Matinchi. Voce di scherzo a chi mangia assai. composta, da ma’ t’inchi, ma’ t’empi: sbucone.
Matinedda. dim. di matina.
Matineddu. dim. di matinu. || avv. Buon mattino.
Matineri. V. matinali.
Matinu. s. m. Il principio del giorno: mattutino, buon mattino. || cu ddi, tri, ecc. uri di matinu, due; tre ore ecc. innanzi giorno. || di bon matinu, per tempo: di buon mattino. || a lu matinu, al principio del giorno espresso o sottinteso: a brùzzico, la dimane. || Prov. di lu matinu si vidi lu bon jornu. V. in matinata.
Matinu. avv. Per tempo: di buon mattino. || dumani matinu, il mattino del giorno vegnente: domani mattina. Sup. matinissimu: pertempissimo.
Màtiri. V. madri. || V. sciàtari ecc.
Matiriedda. dim. di materia.
Matita. s. f. Lapis: matita.
Matrastra. s. f. Moglie del padre di colui a cui sia morta la madre: madrigna. (Sp. madrastra).
Matrazza. pegg. di matri. || In senso di utero, male affetto, che cagiona malori per lo stato suo morboso.
Matri. s. f. La genitrice, femmina che ha figliuoli: madre. || fig. Ogni cosa da cui altra tragga origine: madre. || Strumento dentro cui si formi checchessia, o parte che riceva o guidi altra parte di strumento: madre. || Per utero. E più specialmente la matrice delle vacche: ventre vaccino. || – di famigghia, padrona di casa: madrefamiglia. || Prov. nudda matri è tanta trista chi nun vurria bona la figghiola, per quanta trista sia la madre vorrebbe però educata la figliuola. || la matri piatusa fa la figghia tignusa, nello educar i figli non ci vuol debolezza: la madre pietosa fa la figlia tignosa. || la matri ’nfasciata e lu figghiolu pri la casa, quando la madre non può lavorare, insegna i figli a lavorare: la madre misera fa la figlia valente. || la matri chianci e lu figghiu si rasca, la madre piange il male del figlio. || zoccu fa la matri a lu cufularu, fa la figghia a lu munnizzaru, quel che i grandi dicono, i figli ridicono, o i bambini fanno quel che vedono fare. || tali matri, tali figghia, o qual’è la matri tal’è la figghia: qual la madre, tal la figlia. || amuri di matri, e sirvimentu di mugghieri, le cose più sincere e più buone. (Anco in italiano s’incontra matre per madre, ma è latinismo).
Matria. V. matrigna. In quel di Modica.
Matriali. s. m. T. gettat. Lungo ferro che si manda nelle fornaci per farne uscire il metallo fuso: mandriano.
Matriari. v. a. Somigliare, esser simile ne’ costumi o che alla madre: madreggiare, matrizzare.
Matribbuttana. s. m. Uomo per eccellenza pieno di furberìa: furbo, dirittone, machione. Parole disonoranti usate da coloro che non sanno parlare altrimenti se non con parole da trivio, oscene, o della mafia.
Matribbuttanedda. dim. di matribbuttana.
Matricala. s. f. Pianta ferace di molti rami; di fiori odorosi, i quali nel bianco porporeggiano: sclarea, schiarea. Salvia sclarea L.
Matricaria. V. arcimisa.
Matrichiesa. V. matrici. || fig. Si dice per esagerare checchessia o una favola o una bugia. || agghiuttiri matrichiesi, creder cose esageratamente: ber grosso.
Matrici. s. f. Chiesa cattedrale, principale: duomo. || T. fond, caratt. Pezzo di rame in forma parallelepipedo, e vi s’imprime il carattere col punzone in una delle facce: matrice (Car. Voc. Met.).
Matricida. s. m. o f. Uccisore della madre: matricida.
Matricìdiu. s. m. Uccisione della madre: matricìdio.
Matricresia. V. matrichiesa.
Matrìcula. s. f. Tassa che l’artefice o altri paga per poter esercitare l’arte: matrìcola. || Libro dove si registrano quelli che si metton alla tassa: matricola. || Ruolo dove si registrano quelli a cui vien data facoltà d’esercitar un’arte, professione, ecc.: matricola. || Ruolo di un corpo di soldati: matricola.
Matricolari. v. a. Registrar alla matricola: matricolare. || rifl. Prender l’esame ed esser abilitato ad un’arte ecc.: matricolarsi.
Matriculatu. add. da matricolare: matricolato, || S’usa a significare tutta l’arte e la malizia degli esperti in furberia: matricolato. E per indicare eccesso anco in isciocchezza.
Matrifulippa. V. matribbuttana.
Matrimoniu. s. m. Contratto o patto religioso o civile per cui l’uomo si unisce alla donna: matrimonio; nozze sono le feste che accompagnano il matrimonio; sponsalizio è la celebrazione degli sponsali cioè della solenne promessa di matrimonio; maritaggio è l’atto dello stringer il matrimonio, cioè dello stringer il patto, non tanto l’atto della celebrazione (Tomm. D.) || Prov. matrimoniu tardìu, orfani primintii, chi sposa da vecchio è facile che lasci ancora piccoli gli orfani. || pocu onuri s’acquista cui cu matrimoniu s’immisca, pare s’accenni ai mezzani. || matrimonii e viscuvati di lu celu su’ calati, dipende dalla fortuna come e quando essere: nozze e magistrato dal cielo è destinato. || fari matrimoniu, venir all’atto del congiungersi: consumar il matrimonio.
Matrimuniali. add. Di o da matrimonio: matrimoniale.
Matrimunialmenti. avv. Per via di matrimonio, secondo l’uso di esso: matrimonialmente.
Matrimuniarisi. v. rifl. Maritarsi: matrimoniarsi.
Matrimuniazzu. pegg. di matrimoniu.
Matrimunieddu. dim. di matrimoniu: matrimoniuccio.
Matrimùniu. Idiotismo di S. Cataldo, per matrimòniu V.
Matrimuniuni. accr. Buon matrimonio.
Matriperla, Matriperna. s. f. T. stor. nat. Spezie di conchiglia liscia, lustrante, in cui si trovano le perle: madreperla. Concha margaritifera L.
Matrisilva. V. lupa di voscu.
Matriviti. s. f. Chiocciola d’acciajo con cui si forma la vite: madrevite. || La vite femina: madrevite.
Matrona. s. f. Donna autorevole per età, per maestà: matrona.
Matronali. add. Di o da matrona: matronale.
Matrozza. V. parrina. Verso Catania.
Matruni. s. m. Vento morboso: fiato. || Indigestione. In ital. madrone o matrone è mal di fianco.
Matruzza. dim. e vezz. di matri: mammuccia. || Parte interiore degli ovipari, nella quale essi generano l’uovo: ovaja.
Matta. s. f. Quantità, moltitudine, branco, per lo più in mal senso p. e. matta di birbanti: fitta di birboni, mandata o smannata di reazionarii, ecc. (Sp. mata, p. e. mata de olivos: uliveto ecc. E Buscaino dice che anche Castiglione usò matta in tal senso).
Mattana. s. f. Tristezza ed uggia di chi è angustiato da checchessia: mattana. || Noja, fastidio: mattana. || Angustia, travaglio: briga. Onde dari mattana, tribolare: dar briga.
Mattareddu. s. m. Quegli che a prezzo porta pesi: facchino. || – di lu mulinu. V. battareddu. || dim. di matto: matterello. || Spezie di uliva bacata.
Mattarìa. s. f. Mattezza; cose o parole da matti: matterìa.
Mattaveddi. s. m. pl. T. pesc. Spezie di rete: retone (An. Cat.).
Mattazza. pegg. e accr. di matta.
Mattìa. s. f. Pazzia, mattezza: mattìa.
Mattiari. v. a. T. oref. Punteggiare finamente la pannatura delle figure cesellate: camosciare. P. pass. mattiatu: camosciato.
Mattiata, Mattiatura. s. f. Il camosciare: camosciatura.
Matticana. V. marticana.
Matticanata. s. f. Un soffio di vento, quasi tanto che basti a spinger una matticana: ventata, folata.
Matticedda. dim. di matta.
Matticeddu. dim. di mattu: matterello. || Alquanto appannato: appannatuccio.
Mattinella. V. mattunella.
Mattiolu. V. mattiscu.
Mattiscamenti. avv. Da matto: mattamente.
Mattiscu. add. Da matto, quasi matto: matterullo, matterone.
Mattogghiu. V. mazzaroccu.
Mattu. add. Detto di metalli di cui la superficie non sia brunita: appannato, velato (Car. Voc. Met.), matto (Tomm. pare ammetta dirsi oro, argento matto, benchè provenga dal Fr. mat). || Si dice anco di altre cose non lucide: appannato. || Detto di colore che non ha lustro e fa un tuono dolce e vago: colore sordo. || Pazzo, ma un po’ meno: matto. || è lu primu capitulu di li matti, chi vonnu essiri tinuti savii: il primo grado di pazzia è tenersi savio. || li matti fannu li fatti, ci pensano poco su. || mattu e mmurnutu, fig. sagace assai, fine: bagnato e cimato.
Màttula. s. f. Cotone non filato, molle: bambagia. || Per orinale (Dal Lat. matula: orinale). || Per marredda. V.
Mattularu. s. m. Colui che vende o lavora bambagia: bambagiaro.
Mattulicchia. dim. di mattula: bambagina.
Mattumari. V. ammattumari.
Mattumatu. V. ammattumatu. || add. Maltrattato.
Mattumi. s. m. Composto di ghiaja e calcina rassodate insieme: smalto. || Per capicciola. V. (Gr. πατοῦμαι: pigiare).
Mattunella. s. f. Le sponde che orlano il biliardo: mattonella. || fari mattunella, dar il colpo obliquo invece che diritto: far mattonella.
Mattuni. V. maduni.
Matumatu. (An. M.) V. mattumatu per maltrattato.
Maturamenti. avv. Con maturità: maturamente.
Maturamentu. s. m. L’atto del maturare: maturamento.
Maturari. v. intr. ass. Il venir de’ frutti a perfezione: maturare. || Detto delle aposteme ecc. che si avvicinano al maggior aumento o allo stato di suppurazione che si aprano da sè o con lieve puntura: maturare.|| att. Ridurre a maturità: maturare. || met. Far alcuna cosa consideratamente, dar compimento: maturare. || Detto di rendita, il giungere del tempo prefisso del pagamento. In questo senso Caro scrive: il dover vuole che mi paghiate il semestre già maturato. P. pres. maturanti: maturante. P. pass. maturatu: maturato.
Maturazzioni. s. f. Il maturare: maturazione.
Maturità. s. f. Astratto di maturo: maturità, maturitade, maturitate. || Età perfetta: maturità. || Saviezza.
Maturizza. s. f. Maturità: maturezza.
Maturu. add. Di frutto o biada condotta a maturità: maturo. || Così delle aposteme: maturo. || fig. Di età perfetta: maturo. || Di pagamento che va a scadere: maturo. || Prudente, circospetto: maturo. || Acconcio, atto, proporzionato: maturo. || lu duru, lu maturu e lu mastru chiantaturi, per esprimere tutto e per tutto e forse superfluamente. Sup. maturissimu: maturissimo.
Matusalem. Si dice per ischerzo a chi va piano, adagio in tutto per la sua corporatura o per pigrizia: megione.
Matutinu. s. m. L’ora canonica di preghiere o altro del mattino innanzi giorno: mattutino. || add. Di o da mattina: mattutino.
Mau. V. magu.
Mauddanuni. V. marranzanu. In quel di Nicosia.
Mauggiu. V. maguggiu.
Màula, Mauliata. s. f. Frode occulta: coperchietta. || fari maula: far broglio.
Maumittanu. s. m. o add. Della religione di Maometto: maomettano.
Maumittìsimu. s. m. Universalità de’ maomettani, o le dottrine di Maometto: maomettismo.
Maùmma. V. diavulu. Da Maommetto qualificato come diabolico.
Maun. V. monacu (a Nicosia).
Mauredda. V. amuredda.
Maurinci, Maurinu. V. crèdulu.
Màuru. V. magru. || – di mari. T. bot. Erba: fuco mangiabile (Rocca).
Màuta. V. malta. || V. fangu: mota.
Mautiari. v. intr. Camminare, dare in pantano, nella mota: impantanare. || L’affondare il cappello delle vinacce: appozzare, follare (Pal. Voc. Met.).
Màutu. (Vinci) V. mauta.
Mazza. s. f. Bastone grosso: mazza. || T. tip. Ferro lungo da due braccia con cui si muove la vite del torchio: mazza. || Martello grosso di metallo da spezzar sassi: mazza. || Martello, ma di legno, che si adopera nel cerchiar le botti: mazza, maglio. || Insegna che si porta innanzi i Cardinali (a effigiar ironicamente la dolcezza evangelica) e a taluni magistrati in segno di autorità: mazza. || Mazzuolo di ferro con una sola e larga bocca, per uso de’ legatori di libri: martello. || T. magn. Martello grosso da maneggiarsi a due mani adoperato dall’operajo che batte sull’incudine il ferro tenuto dall’operaio regolatore: martello da battere, mazza. E mazza di latu, quel terzo operaio che delle volte si aggiunge di più a batter il ferro: martello a terzo. || Quel bottone che delle volte fa il lucignolo acceso: fungo. || dari la mazza: massellare.
Mazzacanagghia. s. f. Gente vile ed abietta: schiazzamaglia.
Mazzacanata. s. f. Quel suolo rassodato con ciottoli o ghiaja che si fa come letto dello ammattonato: getto, smalto, massicciato. || colpo di mazzacani: sassata, mazzacanata. (Fanf. Voc. d. u. Tosc.).
Mazzacaneddu. dim. di mazzacani: sassino.
Mazzacani. s. m. Pietra informe, non grande: sasso. Quasi ammazza cani, cioè tanto grossa da trarsi e ferire un animale non piccino. Dice Fanfani che a Colle di Valdelsa usano anche la voce: mazzacane per sasso.
Mazzacanuni. accr. Sassone.
Mazzacaroccu. s. m. Bastone mazzocchiuto: mazzocchio, màzzero (z aspro).
Mazzacaruccuni. accr. di mazzacaroccu.
Mazzamagghia. V. marzamagghia.
Mazzamareddu. V. marzamareddu.
Mazzamariddiari. V. marzamariddiari. (S. Salomone-Marino).
Mazzamurru. s. m. T. mar. Tritume di biscotto, macinatura che serve di pasto alle bestie, al pollame che si porta per mare: mazzamurro. || (Mal.). Esca da pigliar pesci.
Màzzara. s. f. T. tonnara. Fascio di pietre ben legate, attaccate alle reti dalla parte opposta dei sugheri: màzzera. || Pesi attaccati alle ruote di certi orologi a peso: contrappeso. || Pietra pesante in generale.
Mazzarari. v. a. Gettare in mare una persona, legata a una pietra: mazzerare.
Mazzaredda. s. f. (z dolce). Feccia dell’olio: morchia. || Strumento da trebbiare: trebbia. || Quello escremento nero che si ammassa negl’intestini del feto: meconio. || Piccola mazzera. || Per mazzareddu. V. || E anco il membro virile: bìschero.
Mazzareddu. s. m. Legnetto di cui si servon i calzolai per lustrar e perfezionare le scarpe: stecca. || Strumento da trebbiare: trebbia (Perez). || Mazzetta di legno o bocciuolo o altro dove le donne appoggiano il ferro da calze con cui lavorano: bacchetta, bacchetto da calza, fattorino (a Roma: mazzarello). || In pl. certi tenerumi di cavoli fioriti.
Mazzariari. v. intr. Il muoversi che fa nel mare la nassa o altro: barcollare. || Il muoversi a similitudine d’un pendolo spinto: dondolare.
Mazzaroccu. s. m. Bastone grosso: mazzocchio, bacchio.
Mazzata. s. f. Colpo di mazza: mazzata.
Mazzatedda. dim. di mazzata.
Mazzatuna. accr. Mazzatona (a Firenze).
Mazzèfaru. add. Alquanto malato: bacato, malaticcio, cagionoso.
Mazzeri. s. m. Servo di magistrato o di prelato, che porta avanti il padrone la mazza: mazziere.
Mazzetta. dim. di mazza: mazzetta. || Sorta di martello grosso da cesellatori ecc.: mazzetta.
Mazzettu. dim. di mazzu, specialmente di fiori: mazzolino, mazzetto. || Strumento di metallo appiccato nella verga dell’archibugio, per uso di calcargli lo stoppacciolo. || Piccola quantità o unione di checchessia: mazzetto.
Mazzi. s. m. pl. Uno dei quattro semi delle carte da giuoco; bastoni.
Mazziari. v. a. Percuotere con mazza: mazzicare (di poco uso), battere. || Battere il ferro caldo sulla incudine: massellare, mazzicare. || Dirompere il lino per trarne la lisca prima di pettinarlo: gramolare, maciullare. || Batter il grano col coreggiato: coreggiare. || Battere gli alberi per farne cader i frutti: abbacchiare. P. pass. mazziatu: mazzicato, battuto ecc.
Mazziata. s. f. L’azione del battere: battuta, picchiata, bacchiata, carpiccio.
Mazziatedda. dim. di mazziata.
Mazziatuna. accr. di mazziata.
Mazziaturi. s. m. Strumento da battere il grano: coreggiato.
Mazzicaroccu. V. mazzacarocco. || Arnese di legno tondo che si lega colle chiavi per non le perdere: materòzzolo.
Mazzicedda. dim. di mazza: mazzetta.
Mazziceddu. V. mazziteddu.
Màzzira. V. màzzara.
Mazzitedda. V. mazzicedda. || – a mazzitedda maritata, sorta di giuoco fanciullesco, che altrimenti si dice: a quantu corna porta la crapa.
Mazziteddu. dim. di mazzu: mazzoletto.
Mazzitteddu. dim. di mazzettu: mazzettino.
Mazzittineddu. dim. di mazzettinu.
Mazzittinu. dim. di mazzettu: mazzettino.
Mazzittuneddu. dim. di mazzittuni.
Mazzittuni. accr. di mazzettu.
Mazzòcculu. s. m. Estremità di mazza o altro più grossa del fusto: capocchia. || Bastone: mazzocchio. || Martello di legno per cerchiar le botti: mazzapicchio.
Mazzola. s. f. Piccoli bastoncelli con capocchia per suonar il tamburro: bacchetta. || fig. Detto di braccia secche: bacchette. || V. mazzòcculu.
Mazzolu. s. m. Martello di ferro da scarpellino, scultore: mazzuolo.
Mazzu. s. m. Quantità di erbe, foglie, fili, legne, ecc. legate insieme: mazzo. || Unione di checchessia: mazzo. || – di carti, le quaranta carte di giuoco: mazzo di carte. || – di littri, quantità di lettere legate insieme: mazzo di lettere. || – di cirina: mazzetto di zolfini. || – di puliri. V. spartu al 2º §. || trasiri o mittirisi ’ntra lu mazzu, intromettersi in una faccenda: entrare, mettersi in o nel mazzo. || di quattru a mazzu, vale dozzinale, ordinario. || Prov. faciti mazzi picciuli ca la citati è granni, perchè una cosa basti a tutti bisogna che si facciano piccole le porzioni. || mettiri tutti ’nt’on mazzu, quando parlandosi di più persone o cose, tra le quali ce ne ha di qualità diverse, si giudicano triste tutte: mettere tutti in un mazzo.
Mazzuledda. dim. di mazzola.
Mazzuleddu. dim. di mazzolu.
Mazzuliari. V. mazziari. || Per pistuniarisi. V. || mazzuliarisi, affaticarsi, sforzarsi: arrabattarsi.
Mazzulina di mari. V. corallina. || V. scagghiola. || Phalaris paradoxu: logliarella. || Alopecurus pratensis: coda di volpe. L.
Mazzunata. s. f. Colpo di mazzone. || Lo stesso che mazzuni al § 2º.
Mazzunazzu. pegg. di mazzuni.
Mazzuneddu. dim. di mazzuni. || Mazzo di ciondoli o altro con cui si parano le cose delle feste: festello.
Mazzunettu. dim. di mazzuni.
Mazzuni. accr. di mazzu: mazzone. || Tutte le interiora del giovenco: entragni. || Mazzo di fiori artificiali dato al prelato che officia in altra Chiesa: rametto. || fari mazzuni, nel giuoco delle carte vale cercar di far frode. || Spezie di pesce: gobbio (Rocca) detto anche mazzuni saracinu.
Supplemento
Macararu. V. macadaru. Onde essiri a macararu, essere in confabulazione.
Macari. macari affè, voglia il cielo.
Macengu. V. macingu. || Birbante.
Macina. La stanza dove ci è il frantojo: fattojo (Perez).
Macinaloru. add. Di ulivo che produca una macina, una infrantojata quasi.
Maddarda. La femmina del coddu virdi V.
Mafratedda. V. mafaratedda. || Il piattino della chicchera (In Termini).
Magnasiu. s. m. Marciapiede molto alto, quasi un terrapieno.
Magogghiu. V. zappa.
Maidda. Per scifu V.
Maiddera. s. f. Cassone di legno da abbeverare le pecore.
Maimuni. s. m. Sorta di uva nera di acini grossi.
Majatica. add. Di certa sorta di ciriegia. || Per nunnata V.
Majazzè, Majazzinu. V, magasenu (In Siracusa).
Malasè, Malasenu. V. magasenu.
Malucani. V. ’ncuttu.
Mancarusu. V. mancusu.
Manciacucuzza. V spiuni.
Manciafurmiculi. V. caputortu (In Catania).
Mancianza. Cibo, cibaglia.
Manciarracina. V. sarpa.
Manciatura. Per manciugghia V. || Per ischerzo la pancia. || essiri sana la manciatura, esser grasso.
Mancina. V. trapanu (Macaluso-Storaci). || T. fabb. Menarola.
Manciunìa. V. manciunarìa.
Mancu. add. Per mancusu V.
Mandagghiu. V. battagghiu.
Mandrappa. V. valdrappa (In Messina).
Manichedda. Manica di pelle per guarentire il mietitore.
Manticetta. s. f. Soffione.
Mantuzza. V. mantillina.
Manu. a manu vulanti, modo di seminare spargendo il grano.
Marancitula. V. rizza di mari.
Marascarcu. V. maniscalcu.
Marbulanu. V. marabbulanu.
Marcu-catalanu. s. m. Sorta d’uva verde gialliccia, buona a mangiarsi.
Marguni. V. anco pitirru (In Messina).
Mariceddu. V. maretta anco (Macaluso-Storaci).
Marinareddu. V. cirrivì (In Siracusa).
Marinedda. dim. di marina. || Sorta di piccione: piccione torrajuolo.
Maritali. s. m. Grembiale di panno verde di uso in certi paesi dell’Oriente dell’Isola.
Mariuni. V. chiaccu (S. Romano).
Marmuniari. V. maniari per brancicare.
Marmurignu. V. in oliva.
Marranchinu. V. zoppu met. Tristo.
Marranzanu. V. anco perciasciara.
Marrobbiu. Per uragano.
Marrubbiu. V. marrobbiu. || – acquaticu V. strigaredda d’acqua.
Marta. V. malta. || V. maidda.
Marteddu. || – riali V. olivedda, uccello ecc.
Martineddu. s. m. T. zool. Sorta di uccello: uccello S. Maria, V. russiddottu (In Siracusa).
Marufella. V. suvaru fimminedda.
Marùmmula. V. malumbra.
Marvizzuni. s. m. Tordela. Specie di tordo.
Marzajola. s. f. Sorta di uccello: marzajola.
Marzola. s. f. Sorta di uccello: gabbiano corallino.
Masculu. add. Scaltro. || s. m. Il cigliettino o arginetto di certi lavori in terra per orti, cioè quello che chiude i vattali V.
Mascuni. s. m. Insetto nocivo al cotone: apate. Apate monacus L.
Màstica. || aviri la mastica, esser in caldo, dicesi dell’asino.
Mastra. T. magn. mastra di li viti: trafila.
Mastranzusu. V. nulitusu.
Mastru. Nel gioco del sussi è il lecco, o il sussi stesso.
Mataccinu niuru. s. m T. zool. Sorta di uccello: cul bianco abbrunato. || – culu jancu, V. martidduzzu. || – cull’ali niuri: monachella (Caglià).
Mataccu. V. mataffu (In Siracusa).
Matalutteddu. dim. di matalottu.
Matarazza. V. matarazzu (In Siracusa).
Matrascia. V. matrastra.
Mattu. mattu mattu, V. moddu moddu, dinoccolato.
Mattuli. V. sarmentu (In Lipari).
Mattuliddi. V. tagghiarina.
Mazza. V. strucciu.
Mazzareddu. s. m. T. bot. Specie di erba amara, pelosa. V. amareddu. Sinapis nigra L. || V. brivillu.
Mazziateddu. s. m. Battuto di mattone pesto e calcina.
Mazzòcculu. V. mataffu.
Mazzunaru. V. scarpillinu (In Messina).
Mazzuni. Mazzo di esca accesa per dar fuoco, nelle zolfaje. || a lu mazzuni, sorta di giuoco (V. rumè) a indovinar un motto, chi indovina dà addosso agli altri (In Licata).