Nuovo vocabolario siciliano-italiano/PO
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Pocavanti. avv. Or ora: dianzi, pocanzi.
Pochettinu. dim. di pochettu: pochettino.
Pochettu. dim. di pocu: pochetto, pochino.
Pocu. add. Il contrario di molto: poco. || pocu nasca, svogliatezza, disidia. || una pocu, una quantità: un pochi, alquanti, parecchi. || qualchi pocu, non molto, ma nemmeno poco: qualche poco. || Prov. cu’ pocu teni nun pò spenniri assai: chi ha poco spende meno. || cu’ si cuntenta di lu pocu godi: chi si contenta al poco trova posto in ogni loco. || scusati s’è pocu, per ironia si dice quando si è detto o veduto o ricevuto cattiveria, o sciocchezza o altro ma di grosso: scusate se vi lodo. || avirinni pocu, di cosa che dovrà durar poco ancora: ce n’è per poco. || a pocu a pocu: a poco a poco. || di pocu, per poco: a poco, p. e. mancò a poco di..., era lì lì per... || Prov. megghiu è lu pocu e gudiri cuetu, ca l’assai pussidiri in malu statu, che si dice anco megghiu cu pocu gaudiri, ca cu l’assai trivuliari: val più un buon giorno con un ovo, che un malanno con un bue. || fa cuntu di lu pocu: un poco e un poco fa un tocco. || cu lu pocu si fa l’assai. V. in picca un prov. simile. || si lassi lu pocu pr’aviri l’assai, resti pizzenti e nenti avirai: non lasciare il poco per l’assai, che forse l’uno e l’altro perderai. E si dice anco, perdiri lu pocu pri assai: perdere il trotto per l’ambiadura. || cu’ fa lu pocu pò fari ancu l’assai, chi sa fare una cosa, ne può fare altre simili. || cu’ pocu avi, caru teni, perchè: le cose rare sono le più care.
Podagra. s. f. Malattia che vien a’ piedi, artritide semplice: podagra.
Podagrària. s. f. T. bot. Pianta odorosa, bruna al di fuori, bianca dentro, fiori verdastri: angelica selvatica. Sison podagraria L.
Podagrusu. add, Che patisce podagra: podagroso.
Podumani. avv. Dopo domani, parola composta da po’ e dumani: diman l’altro, posdomani.
Podirusamenti. avv. In modo poderoso: poderosamente.
Podirusu. add. Che ha podere, forza: poderoso. Sup. pudirusissimu: poderosissimo.
Poema. V. puema e tutti i seg.
Poesìa. V. puisìa.
Poggettu. V. puggettu.
Pògghia. s. f. Dicesi da’ giocatori quando raddoppiano la vincita. || Pezzi di metallo coniati che servono nel giuoco, valutandone tanti per una quantità di moneta: gettone.
Pòggia. s. f. T mar. Corda che si lega all’un dei capi dell’antenna, a destra, onde per poggia s’intende la destra della nave: poggia.
Pòggiu. s. m. Luogo eminente: poggio. || Scalino ad uso di salirvi per montar comodamente a cavallo: montatojo, cavalcatojo. || Per muredda V.
Pòglia. V. pogghia.
Pogu. V. piau. Così a S. Fratello.
Poi. avv. di tempo: poi. || prepos. per dopo: poi. || a poi, || a poi, sta per fuorchè, salvochè, eccottochè, p. e. ogni cosa po’ esseri a poi d’omini preni, tutto può darsi, eccetto che uomini gravidi.
Poju. V. poggiu. || V. anche posu.
Polacca. s. f. T. mar. Bastimento costruito come i pinchi: polacca.
Polaccu. s. m. Chi dà i numeri da giocarsi al lotto, giuntando i semplici: cabalista, vocabolario. || Spezie di giaco da omo.
Polari. add. Del polo: polare.
Polca. s. f. Sorta di danza d’uso: polka.
Polèmica. s. f. Quella parte della teologia che tratta delle controversie: polemica. || Qualsivoglia contesa in iscritto, riguardante checchessia: polemica.
Polèmicu. add. Attinente a polemica: polèmico.
Policamu. s. m. Detto p. e. di vermi o simili, vale mucchio, quantità: brulichìo di vermi, (Pasq. dice da proles o da pullus; però a me non torna).
Polìcanu. s. m. Strumento da cavar denti: cane.
Polìgola. s. f. T. bot. Pianta creduta buona a promuover il latte alle poppe: polìgola. Evvene di tre specie.
Polina. V. ampullina. (Pasq.).
Polinu. add. Color rosso scuro, dall’abito che portavano i frati di S. Francesco di Paola, detti da noi paulini o polini.
Pòlisa. s. f. Piccola carta contenente breve scrittura: polizza. || – di caricu, carta che rilascia il capitano di bastimento al proprietario della mercanzia che si riceve a bordo per trasportare: polizza di carico. || – di cambiu, cambiale: polizza di cambio. || – di munti, la ricevuta che si fa a chi impegna roba al monte: cartella. || – ’n tavula, obbligo in iscritto di pagare un debito quandochessia. || polisa, è anco quel cartello che si mette quando si appigiona una casa: appigionasi. || Nelle lotterie è quella strisciolina di carta dove stanno scritti i numeri o i premi ecc.: polizza, beneficiata. || Strisciolina di carta con nomi o altro scrittovi dentro, poi accartocciate e buttate in molte entro un sacco, per sortirne poi una o tante quanto si stabilisce: ghiandina, fogliolino. || fig. Il non pagare lo scotio, il non restituire un imprestito, onde fari polisa: bollare o bruciare il pagliericcio. || a polisa, vale anche: a credenza.
Polisedda. V. pulisicchia.
Polìtica. s. f. La scienza di governare i popoli per la loro utilità: polìtica. || Ragione di Stato: politica. || fig. Modo con cui altri si comporta, accortezza, prudenza, scaltrezza: politica.
Polìticu. V. puliticu.
Poliu. s. m. Sorta d’erba pelosa e quasi canuta: pòlio, canùtola.
Pòllici. V. puseri.
Pollìtricu. s. m. T. bot. Pianta. Thalictricum flavum.
Polu. s. m. Ognuna delle estremità dell’asse della terra: polo.
Pomeridianu. add. Delle ore dopo mezzogiorno fin a mezzanotte: pomeridiano.
Pompa. s. f. Mostra di sontuosità e magnificenza: pompa; più affettata dello sfoggio. || Funerali: pompa funebre. || Ambizione, vanagloria: pompa. || fari pompa di una cosa, menarne vanto: far pompa. || a pompa, con apparenza pomposa. || pompa, si dice anche una macchina da tirare e gettar acqua, e serve specialmente a spegnere gl’incendî: pompa.
Pompusu. V. pumpusu e derivati.
Ponciu. s. m. Bevanda di acqua, rumme e zucchero: pònce. Ingl. punch.
Ponderari. v. a. Pesare, considerare: ponderare. P. pass. ponderatu: ponderato.
Ponderatamenti. avv. Consideratamente: ponderatamente.
Ponderusu. V. pisanti.
Pondu. V. pisu.
Pòniri. V. mettiri. || Per carricari V.
Penna. V. pinna. Così a S. Fratello.
Ponsò. V. punzò.
Ponti. s. m. Edificio di pietra o d’altro per passare da una ripa all’altra di un fiume, o per simile uso: ponte. || Dicesi anche a quelle bertesche sopra le quali stanno i muratori a murare, i pittori a dipingere: ponte. || T. mar. Nei bastimenti è un forte tavolato nella parte superiore: ponte. E anche i piani ove sono schierati i cannoni, onde si dice a due, a tre ponti. || Alcuni piani di assi attorno a un bastimento in cantiere per comodo de’ lavoratori: piattaforma (Pitrè). || E per punticeddu V. || In diverse arti son certi pezzi in tal guisa e per varî usi: ponte. || Negli strumenti a corda, è quel legnetto che tien sollevate le corde: ponte. || – livatizzu, quello che si alza e si abbassa davanti le porte d’una fortezza o simile: ponte levatojo. || – di lu licchettu, quel ferro entro cui alza e cala il saliscendo: staffa del saliscendo. || – in aria, ponte sospeso con funi per uso dei muratori: grillo. || – di calafatu, più legnami collegati insieme in forma piana, che si fanno trasportare dalla corrente de’ fiumi: zatta, fòdero. || tirarisi li ponti, fig. ritirarsi dal fare, dal seguire checchessia: dar addietro. || ponti chiamano anche quelle graffe entro cui scorron i paletti delle porte: piegatello. || fari ponti, fig. non far più motto di una cosa.
Pontificali. V. puntificali e seg.
Pontìfici. V. puntifici.
Ponzò. V. punzò.
Popoi. avv. Dopo: po’ poi.
Popolari. V. pupulari.
Popolazzioni. V. pupulazzioni e seg.
Pòpulu. s. m. Nazione: pòpolo. || L’università dei cittadini esclusi i nobili ed i tiranni: popolo. || Moltitudine di persone: popolo. || ’ntra un populu o mmenzu un populu, al cospetto di molta gente: a pien popolo. || capu populu, demagogo: capo popolo. E suol dirsi anco per parte principale di conversazione, compagnie ecc. || Prov. vuci di populu, vuci di Diu, ciò che negan i tiranni: voce di popolo, voce di Dio.
Porcu. s. m. Animale noto: porco. || fig. Di uomo sporco, sudicio; osceno: porco. || Per ingiuria: porco || – sarvaggiu: cignale. || – spinu. col dosso coperto di lunghi pungiglioni: riccio terrestre, porco spino. || canusciri lu porcu ’m menzu li gaddini, detto giocoso, per pungere chi ostenta perizia in cose comuni. || canciari lu porcu pri lu schifu, far baratto da sciocco. || jittari li perni a li porci, dar cose preziose a persone vili: gettar le margherite ai porci. || nun nni vuliri mancu li porci, si dice di cosa oltremodo cattiva. || fari la vita di lu beatu porcu, menar vita papale, agiata o senza pensieri: fare la vita del beato porco. || grassu comu un porcu, grasso bene: grasso come un porco. || Prov. lu porcu dici dammi ca ti dugnu, nun mi cuntari nè misi nè anni, al porco bisogna nudrirlo bene e allora vi si guadagna su. || porci, cani e buttani quannu su vecchi morinu di fami, poichè il loro servizio è soltanto nella gioventù. || a s. Nicola lu porcu fora, bisogna che esca fuori. || porcu e maritu comu s’insignanu si nni vannu, e credo tutti gli animali e l’uomo ancora son così. || arrobba lu porcu e duna pri limosina li ’nziti, come fecero tutti i conquistatori antichi, che fondaron poi conventi e monasteri. || fari beni a porci e limosina a parrini, ma insomma pel frate e pel prete ha il popolo sempre qualche frizzo: confettar la rapa.
Porfìdia. s. f. Contrasto, contesa (Pasq.). || V. imprisa. Sarà corruzione di perfidia.
Porfidiari. v. intr. Contendere. || V. imprisiari. || Ostinarsi: perfidiare.
Porfidiusu. V. imprisusu.
Pòrfidu. s. m. Marmo duro, rosso e bianco, prezioso: pòrfido.
Pòrgiri. V. pròiri.
Porru. s. m. T. bot. Pianta del genere delle cipolle, ha il capo bianco e la coda verde, di sapore forte: porro. Allium porrum L || V. purrettu. || cu lu porru, vale col soprappelo. || fari un porru, comperar a credenza al prezzo alto, per rivenderlo prontamente anco al di sotto: pigliar lo scrocchio. || porri sarvaggi, aglio selvàtico. Allium triquetrum L.
Porta. s. f. L’apertura per d’onde si entra o si esce: porta. E quella interna o fra stanza e stanza: ùscio. || – mastra, la principale: porta maestra. || – fausa, secondaria, laterale o posteriore: porta falsa o di dietro. || – a cardinali, quella di cui la imposta è sostenuta su d’un pernio: uscio a bìlico. || – vulanti, che richiudesi da sè per la forma della bandella inferiore incurvata al di fuori: uscio a sdrùcciolo. ||– a currula, che anche chiudesi da sè, ma per un peso legato superiormente ad essa: uscio a contrappeso. || – a du’ pezzi o du’ minzini: imposta a due bande. || – a libbru: a libricino, che si ripiega in sè stessa. || – finta, fatta per ornamento o per serbar l’ordine: uscio finto. || – chiara, una delle porte della tonnara: la porta chiara (An. Cat.). || trasiri pri la porta e no pri la finestra, fig. far le cose coll’ordine dovuto: entrare per la porta. || di porta ’m porta, di coloro che vanno tapinando e ad ogni porta si fermano a chiedere l’elemosina. || essiri la porta di lu judici, quando vi è continuo entrare e andare di gente, e sempre si sente scampanellare: esser l’ùscio del trenta (in Firenze). || Prov. la porta fausa spissu è ruina di la casa, fig. anco si dice delle spese segrete e non lecite: la porta di dietro è quella che ruba la casa. || la porta di lu cacciaturi lu ventu l’apri e chiudi, per dire che il cacciatore non ha nulla tanto che può lasciar la porta aperta. || cani e figghi di buttani lassanu la porta aperta, si dice contro coloro che entrano od escono senza tirarsi dietro l’uscio: cani e villani lasciano sempre l’uscio aperto.
Portabbacchetta. s. f. Piccolo cannello vicino dove siede il cocchiere, in dove egli ripone la frusta.
essiri lu portabbannera, esser il più alto o il più robusto.
. s. m. Uffiziale che porta la bandiera: alfiere. ||Portabbiccheri. s. m. Tondino che si mette sotto i bicchieri, acciò non bagnino la tovaglia: vassojetto.
Portabbuttigghia. s. m. Tondino che si mette sotto le bottiglie, acciò non bagnino la tovaglia: portabottiglie.
Portacassita. s. f. T. tess. Lungo bastone, posto orizzontalmente sugli accoccati del telajo: porta cassa (Di Marco).
Portacqua. s. f. Condotto costruito per le case per ricevere le acque che si gettano via: acquajo.
Portafiammìfari. s. m. Scatolino dove si tengono i zolfini: portazolfini, portafiammiferi.
Portafittucci. s. m. Cilindretto di panno o altro, lungo quanto è grosso il libro legato, e fermasi sopra il capitello superiore, per cucirvi nastrini ad uso di segnali nel libro: bruco, portanastri.
Portafogghiu. s. m. Arnese di pelle dove si tengono carte: portafoglio, portafogli.
Portalanterna. s. m. Colui che nella pattuglia portava la lanterna.
Portalittri. s. m. Chi porta le lettere: portalettere. E queglino che pagati apposta vanno lasciando le lettere in casa: postino.
Portalizzu. s. m. T. tess. Legno posto orizzontalmente sugli accoccati, che sostiene le girelle, le licciuole ed i licci: maestrella (Di Marco).
Portamorsu. s. m. Pezzuolo di cuojo che regge il morso: portamorso.
Portamuniti. s. m. Arnese dove si tiene l’oro, l’argento o la carta-moneta: portamonete.
Portantina. V. purtantina.
Portarrobba. s. m. Colui che a prezzo trasporta pesi: facchino, porta (s. m.).
Portarrosòliu. s. m. Arnese con due bocce e molti bicchierini, per servire rosolio: portarosolio (Perez).
Portasicarri. s. m. Arnese da riporvi i sigari: portasìgari.
Portastaffi. V. sedda.
Portatiranti. s. m. Parte del fornimento che regge le tirelle: reggitirelle.
Pòrticu. s. m. Luogo coperto da tettoja o volto su colonne in ordine, avanti un edifizio: pòrtico.
Pòrtitu. s. m. Portatura: porto.
Portogallu. V. purtugallu.
Portu. s. m. Luogo nella spiaggia, difeso dal vento, dove ricoverano le navi: porto. || Per portatura: porto. || purtari ’m portu, fig. condurre in buon termine: condurre a porto. || portu francu, quello dove si può caricar e scaricare senza dazio: porto franco.
Portulanu. V. purtulanu.
Poru. s. m. Piccolo meato della pelle, donde il corpo svapora le sue evaporazioni: poro. || Dicesi anco degli alberi e fin delle pietre: poro.
Porusu. add. Pieno di pori: poroso.
Porzioni. s. f. Parte: porzione.
Posa. s. f. Quiete, riposo, fermezza: posa. || Pausa, respiro: posa. || Per muta di vivande: servito. || Per positura. || Quella parte che depongono in fondo al vaso le cose liquide: fondigliuolo, posatura.
Posapianu. s. m. Si dice per ischerzo di chi va adagio: posapiano. || Segno che si mette sopra casse contenenti cose fragili, acciocchè si posino piano ne’ trasporti: posapiano.
Posavacili. V. pedi di vacili, in pedi.
Poscritta. s. f. Ciò che si aggiunge alla lettera scritta diggià: poscritta.
Posdumani. V. podumani.
Posentari. V. appusintari.
Posentu. s. m. Luogo dove s’alberga: albergo, alloggio. (Sp. aposento: alloggio).
Posessu. V. pusessu.
Posessuri. V. pusissuri.
Positivamenti. avv. Con certezza, precisamente; realmente: positivamente.
Positivu. add. T. leg. Si dice delle leggi nè naturali, nè divine, ma mutabili: positivo. || Reale, effettivo: positivo. || Di uomo, serio, ragguardevole. || T. gram. Il primo grado dell’aggettivo: positivo.
Positura. s. f. Il modo di porsi: positura. || Atteggiamento: positura.
Posizzioni. s. f. Il modo speciale di occupare uno spazio: posizione. || Stato, condizione.
Pòsparu. V. fosfaru. || Per cirinu al § 2 (in S. Cataldo).
Posponimentu. s. m. Il posporre: posponimento.
Pospòniri. v. a. Metter dopo ciò che deve andar avanti: posporre. || Per fare minore stima di un altro: posporre. || Differire, riserbare ad altro tempo: posporre. P. pass. pospostu: posposto.
Posposizzioni. s. f. Il posporre: posposizione.
Possa. s. f. Potere, forza: possa. || a tutta possa, posto avv., a tutto potere: a tutta possa.
Possanza. s. f. Possa: possanza.
Possèdiri. V. pussediri e derivati.
Possessioni. V. pusissioni e seguenti.
Possessu. V. pusessu.
Possibbili. add. Quel che può essere o farsi: possibile. Sup. possibbilissimu: possibilissimo.
Possibbilità, Possibbilitati. s. f. Il potere: possibilità, possibilitade, possibilitate. || Possa, ciò che si può fare: possibilità. || Probabilità: possibilità.
Possibbilmenti. avv. In modo possibile: possibilmente.
Possidenti. V. pussidenti.
Posta. s. f. Luogo prefisso per fermarsi o posarsi: posta. || Il luogo destinato nelle stalle a ciascun dei cavalli: posta. || Il luogo dove si danno o si spediscono le lettere: posta. || La carrozza corriera: posta. || Il luogo dove si mutano i cavalli della corriera: posta. || Lo spazio che si corre co’ cavalli mutati fino a mutarli nella nuova posta: posta. || Agguato: posta. || T. gioc. Quella somma prefissa, che corra volta per volta nel giuoco: posta. || T. cacc. Il luogo dove il cacciatore si pone aspettando che passi la fiera o altro: posta. || Luogo dove stanno i facchini per attendere chi li occupi. Onde quando uno fa una sconcezza, diciamo, a la posta! quasi dire va là co’ facchini: al mercato! || Dieci pallottoline del rosario: posta del rosario. || a posta, vale a bello studio, o determinatamente: a posta, a bella posta. || di sta posta, per dinotare la grossezza così e così: di questa posta. || iri pri posta, curriri la posta, viaggiare mutando ogni stazione cavalli: andare per posta o per le poste, correr la posta. || di posta, nel giuoco della palla, avanti che tocchi la terra, e senza aver fatto alcun balzo: di posta. || mettiri ’m posta, stender la rete nell’acqua perchè vi restino ammagliati i pesci: metter in posta. || teniri la posta ad unu, tendergli agguato: far la posta ad uno. || stari a la posta, star in agguato: star alla colta, star alla posta (Vinc. Di Giovanni).
Postergari. v. a. Riserbare ad altro tempo: postergare. P. pass. postergatu: postergato.
Pòsteri. s. m. pl. Quelli che verranno, i discendenti: posteri.
Posterità, Posteritati. s. f. Quelli che da noi discenderanno, discendenza: posterità, posteritade, posteritate.
Posteriuri. add. Deretano, che segue: posteriore.
Posteriurmenti. avv. In modo o dalla parte posteriore: posteriormente.
Posticciu. V. pustizzu.
Posticipari. v. a. Posporre nel tempo o nell’ordine: posticipare. P. pass. posticipatu: posticipato.
Posticipazzioni. s. f. Il posticipare: posticipazione.
Postilla. V. pustilla.
Postrìbbulu. s. m. Bordello: postrìbolo.
Postu. s. m. Luogo dove uno o una cosa sta: posto, sito. || Il luogo che dev’essere occupato da alcuno: posto. || Grado, ufficio: posto. || Luogo di guardia occupato da soldati: posto. || – di vutti, sostegno su cui si collocano le botti nelle cantine: sedili. || – d’api: filare d’arnie. || stari a lu postu, non essere arrogante co’ superiori. || La parte dove un puntello poggia, coi relativi guancialetti di legno o altro apparecchiatovi. || postu di carrozza, quello dove uno si siede nelle carrozze: posto. Onde farisi lu postu, fissare il posto della corriera, per la partenza || avanzari postu, progredire.
Postu. add. Trasportato nel luogo convenuto, detto di merci, tessuti ecc. || Fissato, stabilito, concertato: posto. || Collocato, situato: posto. || postu ciò, dato questo, ammesso: posto ciò.
Postucchì. avv. Avvegnachè, casochè: postochè.
Posu. s. m. Base, la parte inferiore di checchessia: piede, piedestallo. || – pri li vutti o simili: calastra. || Scalino per montar a cavallo: montatojo. || Pezzo di pietra o di marmo informe o modellato, che si mette vicino l’uscio per tener l’imposta aperta: pietrino, marmino. || Quel vasetto di legno, con su i fiori di tela o carta (rametta V.), che sta nell’altare fra un candeliere e l’altro: peretta. || Qualunque cosa da posarvisi su checchessia: posatojo, rialto, quadricello. || E quel peso che serve a tener fermi i fogli sul tavolo: calcalettere. (Perez).
Potabbili. add. Detto di acqua da bere: potabile.
Potassa. s. f. T. chim. Alcali vegetabile che si cava dalle ceneri delle piante: potassa.
Potenti. V. putenti e derivati.
Potenza. V. putenza.
Putesta. s. f. Autorevol potere: potestà. || Titolo di magistrato civico: potestà.
Pòtisi. Nella frase dari lu pòtisi, Dar il potere. (Dal Lat. potes).
Potu. s. m. Il bere: poto (latinismo).
Pòuru. V. pòviru.
Povertà. V. puvirtà.
Pòveru, Pòviru. s. m. Colui che ha povertà: pòvero. || Colui che va limosinando per vivere: povero. || add. Che ha scarsità e mancamento delle cose che gli bisognano: povero. || S’usa fig. per espressione di compassione o di altri affetti: povero. || met. Si dice di molte cose a distinzione d’altre più copiose e felici: povero. || Sterile: povero. || Cosa da povero, come sarebbe vestito, desinare ecc.: povero. || poviru mia! o p. e. povira Maria! ecc.: povero me! povero te! povera Maria! esclamazione di dolore, di compassione ecc. O poviru scioccu ecc.: povero imbecille ecc. per accrescere dispregio. || poviru afflittu cori, non tanto difetti di agi, quanto infelicità d’animo, tristezza: povero core. || poviru ’n canna, poverissimo: povero in canna. || Prov. tri così odia Diu, lu poviru superbu, lu riccu farfanti, lu vecchiu vizziusu, perchè qualità da non convenirsi maggiormente agl’individui detti: prima la roba, poi la superbia. || lu poviru paga la robba cchiù di lu riccu: chi compra a minuto pasce i figliuoli d’altri ed affanna i suoi. || lu poviru nun è crittu mai, o quannu parra nun è ’ntisu: a veste logorata poco fede vien prestata, con tutti i diciotto secoli di cristianesimo chi non ha non è; per cui la Chiesa è andata più dietro alle ricchezze che all’evangelo. || lu poviru cchiù chi travagghia, sempri è poviru, e ciò finchè il lavoro non sarà emancipato dal capitale: chi lavora lustra e chi non lavora mostra. || lu poviru è importunu, cioè così pare ai ricchi, e ciò perchè come dice un nostro prov. lu sazziu nun cridi lu diunu. || a lu poviru Diu l’ajuta, ma, ajutati che Dio t’ajuta! || lu poviru e lu malatu nun è vulutu di lu parintatu, ovvero lu poviru di tutti è rifiutatu o di nuddu è vulutu; eppure i ricchi, i gaudenti si professano cristiani, fin anco i cardinali (detti per umiltà: principi del sangue!), e sono acerrimi sostenitori della religione, gatta ci cova!: chi è povero ognun lo fugge. || megghiu poviru e arripusatu, ca poviru e travagghiatu, de’ due mali è meglio il minore. || a lu poviru puvirtati a lu riccu ricchizzi: la roba va alla roba, e i pidocchi alle costure. || quannu lu poviru duna a lu riccu, lu dimoniu si nni ridi: quando il povero dona al ricco, il diavolo se la ride. || quannu lu riccu parra cu lu poviru, è signu ca ’nn havi bisognu, se no non s’abbasserebbe cotanto... || li poviri patinu pri li ricchi: un ricco solo impoverisce molti. || li poviri campanu cu li ricchi e li ricchi cu li poviri, ognuno ha bisogno dell’altro, ma non è però proporzionalmente || a lu poviru mori l’asinu, a lu riccu la mugghieri, a ognuno una disgrazia vien colla giunta. || cu’ disprezza lu poviru disprezza Diu, e chi in società non disprezza il povero? e nell’aristocrazia non è tal disprezzo elevato a sistema? || o tardi o pirtempu lu riccu sempri havi bisognu di lu poviru: il leone ebbe bisogno del topo. || fammi povira ca io ti fazzu riccu, dice la vite, potami molto, che frutto molto: fammi povera, ti farò ricco. || lu povir’omu è ’n amicu pirdutu, poichè gli amici non lo calcolano più: a granajo vuoto formica non frequenta. || lu povir’omu havi bisognu di tutti: i poveri hanno le braccia corte. || lu poviru di ogni cosa si cuntenta, meglio poco che niente, dic’egli. E si dice pure per un povir’omu ogni vistitu è bonu. Sup. povirissimu: poverissimo.
Povru. V. poviru.
Supplemento
Ponti. – a cavaddittu, dei muratori: bertesca (Macaluso-Storaci).
Pòspiru. V. posparu. (In Siracusa, Licata).