Nuovo vocabolario siciliano-italiano/DO
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Do. T. mus. Nota musicale: do.
Do. V. don. || aviri, dari lu do: avere, dare del vossignoria. || essiri una cosa cu lu do; esser eccellente. || lu do senza li nninni, titoli senza danaro.
Doccia. V. duccia.
Doccar. s. m. Spezie di carrozza. Inglese Dag-cart. (Molti vocaboli attenenti a carrozza, ebbi favoriti dal gentile e caro Michelangiolo Siciliano).
Doccu e Ddoccu. s. m. Spezie di tessuto doppio di lino o di cotone: dock voce straniera.
Docilettu. add. dim. di docili: docilino.
Dòcili. add. Pieghevole all’altrui parere, atto ad apprendere: docile. Sup. docilissimu: docilissimo.
Docilissimamenti. avv. sup. Docilissimamente.
Docilità, Dociltà e Docilitati. s. f. Qualità astratta di chi è docile: docilità, docilitade, docilitate.
Docilmenti. avv. Con docilità: docilmente.
Documentari. v. a. Afforzare, convalidare con documenti: documentare. P. pass. documentatu: documentato. (Mort.).
Documentativu. add. Che può servir di documento.
Documentu. s. m. Scrittura, atto che provi la validità di checchessia: documento.
Dogghia. s. f. Dolore, ed ha senso corporeo: doglia. || dogghia colica, dolore di intestini e principalmente del colon: dolor colico. || In pl. i dolori del parto: doglie. || dogghi friddi, quelle non capaci ad espeller il feto: doglie fredde. || quadiari li dogghi: rinforzar le doglie, e met. si dice d’ogni passaggio dal tardi al celere. || ’na dogghia cchiù e sia masculu, prov. per indurre, per confortar alcuno a patir più per maggior effetto. || vuliri beni comu ’na dogghia di stomacu, odiare, detestare. || cu’ metti lu jiditu a la porta la dogghia si la porta, chi s’espone volontario al periglio difficilmente ne scampa. || dogghia di cavaddi, dolore nel ventre di essi che cagiona torsioni, rugghiamento nelle budella, e uscita di sterco indigesto: aragaico in veterinaria. || megghiu dogghia di vurza ca di cori; meglio spendere, che patire sventure: meglio dolor di borza che di cuore.
Doglia. V. sopra.
Dolenti e Dulenti. P. pass. di dòliri: dolente. || Meschino infelice: dolente. || Malcontento, pentito: dolente. Sup. dolentissimu: dolentissimo.
Dolentimenti. avv. In modo dolente: dolentemente.
Dolenza. V. duluri. (A. V. ital. dolenza).
Dòliri. v. intr. ass. Sentir dolore che fa il corpo: dolore. || dulirisi, intr. pass. Affliggersi, aver compassione, increscere: dolere, dolersi. || Rammaricarsi, lamentarsi: dolersi. || Querelarsi, lagnarsi d’alcuno: dolersi. || tuccari unni cci doli, prov. parlar di cosa che susciti risentimento o desìo di conoscere: toccar dove gli duole. (A. V. ital. dolire. Bonag. Urbicianni.)
Dolliddu. V. liddu.
Dolu. s. m. Inganno, frode: dolo. || Per dolore, pena: duolo. || V. in furia un prov.
Dolusu. add. Frodolente, che ha o fa dolo: doloso.
Domabbili. add. Atto ad esser domato: domabile. Sup. domabbilissimu: domabilissimo.
Domanna. V. dumanna.
Domanti. V. diamanti.
Domari. v. a. Far mansueto e trattabile: domare. || met. sottomettere, soggiogare: domare. || Rintuzzare, mortificar gli effetti: domare. || Macerare, ammollire, rammorbidire: domare, mollificare. P. pass. domatu: domato.
Domascari. V. damascari.
Domascaru. V. damascaru e seguenti.
Domascheddu e Damaschettu. V. damascheddu.
Domaschinari. V. damaschinari.
Domaschinu. V. damaschinu.
Domascu. V. damascu.
Domascuni. V. damascuni.
Domaturi –trici. verb. Chi o che doma: domatore –trice.
Domeddugnu. (a quasi dicesse a dammi e dugnu, giuoco da fanciulli di dar e ricevere.
Domesticabbili. add. Atto a potersi domesticare: domestichevole, dimestichevole.
Domesticamenti. avv. Alla domestica: domesticamente, dimesticamente.
Domesticanu. Per domesticu. V.
Domesticari. V. addumisticari: domesticare, dimesticare.
Domestichissimamenti. avv. sup. Domestichissimamente.
Domestichizza. s. f. Astratto di domestico, familiarità: domestichezza, dimestichezza.
Domèsticu. s. m. Familiare, persona di casa, servitore: domestico.
Domèsticu. add. Familiare, intrinsico: domestico. || Benigno, trattabile: domestico. || Natìo: domestico. || Aggiunto di campo vale coltivato, abitato: domestico. || Detto di carne di animale domestico: domestico. || Detto di erbe, piante che non son selvatiche: domestico, dimestico. || facenni, curi domestichi, che appartengono alla casa, alla famiglia: faccende, cure domestiche. || frevi domestica, frequente: febbre domestica. || Detto di animale non foresto: dimestico. || Di animale che suol abitar nelle case: domestico. || Specie di carciofo senza spine: mazzaferrata. Cynara Inermis L. Sup. domestichissimu: domestichissimo.
Domesticuzzu. dim. di domesticu.
Domiciliari e Domiciliariu. add. T. leg. Del domicilio: domiciliare, domiciliario. || visita domiciliaria, perquisizione all’abitazione: visita domiciliaria.
Domiciliarisi, v. intr. pass. Fermarsi, stabilir propria dimora: prendere stanza, venir ad abitare (Domiciliarsi è biasimato da Ugolini e manca al Fanf.) P. pass. domiciliatu: stanziato.
Domiciliu. s. m. Dimora conosciuta in faccia all’autorità: domicilio.
Dòmina, fem. di dominu. || Reliquie o altro che per devozione alcuno porta al collo: breve.
Dominanti. P. pres. di dominari: dominante. || Città ove risiede il Governo: dominante. || religgioni dominanti, la credenza professata ufficialmente dal despota: religione dominante.
Dominari. v. a. Possedere e reggere sotto la propria autorità: dominare. || Padroneggiare, signoreggiare: dominare. || Soprastare, esser a cavaliere d’un luogo: il monte domina la città. || Prov. lu duminari a tutti piaci, pur troppo vero!, e se lo sanno i papi che sacrificato hanno la mitra alla corona.
Dominatu. add. da dominari: dominato. || Chi è sotto il dominio: dominato.
Dominaturi –trici. verb. Chi o che domina: dominatore –trice.
Dominazioni. s. f. Imperio, autorità assoluta: dominazione. || Ordine gerarchico fra gli angeli: dominazione.
Dominiari. V. dominari.
Dominiddìu. s. m. Il Signore, Dio: domineddio, domeneddio.
Domìniu. s. m. Signoria, padronanza, sovranità: dominio. || Diritto (?!) di dispotizzare: dominio. || Proprietà di territorio con greggie d’uomini: dominio.
Dominò, s. m. Abito da mascherarsi a foggia di mantello con cappuccio: dominò. || Giuoco che si fa con 28 tessere che da una parte ci son segnati de’ punti: dominò.
Dòminu, s. m. Signore, padrone: domino. || Dio.
Domisìa. Così in alcuni luoghi dicono invece di: per esempio.
Domma, s. m. Massima, principio che riguardasi come verità incontrastabile: dogma, domma.
Dommàtica. s. f. Parte della Teologia riguardante i dogmi: dogmatica.
Dommaticamenti. avv. In modo dogmatico: dogmaticamente.
Dommàticu. add. Appartenente a domma: dogmàtico. || manera dommatica, precettiva, assoluta: modo dogmatico.
Dommatizzari. v. intr. Insegnar dommi: dogmatizzare. || Per celia, lo spacciar dottrine con pretensione: sputar tondo, sputar senno.
Domu. V. matrici.
Don. sincope di donno cioè signore, è titolo premesso a tutti i nomi non però di plebei; in italiano si usa don pe’ soli preti e pe’ principi. V. do.
Donabbili. add. Che può esser donato: donabile.
Donanti. add. Che dona: donante. || T. leg. Che fa donazione: donante, donatore.
Donari. v. a. Dar volontariamente e senza restituzione nè contraccambio: donare. P. pass. donatu: donato.
Donàriu. s. m. Voto, dono di cose offerte e dedicate a Dio: donario.
Donatàriu. s. m. Quegli in prò di cui sia fatta la donazione: donatario.
Donativu. s. m. Dono: donativo. || Offerta di danaro tolti al popolo per darli al principe: donativo.
Donaturi –trici. verb. Chi o che dona: donatore –trice.
Donazioni e Dunazioni. s. f. L’azione del donare: donazione. || T. leg. L’alienazione di checchessia per conferirla in altrui: donazione.
Donchisciottata. s. f. Azione da Don Chisciotte: smargiassata.
Donchisciotti. Si dice a uno smargiasso ridicolo, preso dal protagonista del celebre romanzo di Cervantes: Don Chisciotte.
Donchisciottisimu. s. m. Qualità di chi suol far da Don Chisciotte: millanteria da fiandrone.
Doncuriuni. s. m. Figura movibile a cui si facevan pigliare strane positure grottesche per divertir i ragazzi, or non s’usa più.
Donliddu. V. liddu.
Donna. s. f. La femmina dell’uomo: donna. || Titolo che si dà alle donne anco plebee, che in italiano si dà solo alle nobili: donna. || Moglie: donna. || Druda: ganza. || farisi donna, divenir atta alla generazione. || donna fatta, arrivato all’intero sviluppo. || donna di mal’affari o di partitu, donnaccia cattiva: donna di mal’affare o di partito. || Una delle figure sulle carte da giuoco: donna, dama. || donna di teatru, comica, ballerina ecc. || donna di fora, o di casa, di locu ecc. superstizioni di spiriti, fantasie: larva, spettro. || jiri cu li donni di fora, superstizione delle persone semplici, e si dice dello andar di notte tempo in compagnia delle streghe con lumi accesi per ispaurire la gente: andare in tregenda. || Prov. la donna a la finestra è comu la racina di immenzu la strata, la donna non bisogna che si lasci troppo vedere per farsi accivettare. || la donna bona nun havi nè oricchi, nè occhi: le buone donne non hanno nè occhi, nè orecchi, badan ai fatti loro senza star a badare agli altri. || la donna, lu ventu e la vintura pocu dura, la donna è mobile qual piuma al vento, si canta nel Rigoletto: fino a che non sarà donna cioè pari all’uomo, sarà sempre un trastullo. || la bona donna nun sta mai oziusa o nun po essiri virtuusa la donna chi sta oziusa: donna oziosa non può esser virtuosa. || nun cridiri a donna ca t’inganna, lo dice il proverbio. || la donna ridi quannu pò e chianci quannu vo’, così dice il proverbio. || la donna e lu vinu, levanu lu giudiziu all’omu (che si crede sesso forte!): donna e vino, imbriaca il grande e il piccolino. || fuji la donna ch’è di mala razza, perchè seguita a perpetuar quella razza. || la donna e la cirasa, a so’ dannu s’arrussettanu, l’una scopre la debolezza o dà animo alle conquiste, l’altra mostrando d’esser matura vien colta. || la bona donna vali ’na curuna, e credo più: donna buona vale una corona. || la donna trista nun si pò guardari, non ha più figura di donna. || cu li donni si ridi a la trasuta e si chianci a la nisciuta, perchè se ne vanno gli amori e restan i dolori. || la donna e la virtù sempri stannu in periculu, per cui ingiustamente l’una è detta debole, essendo la mira di tutti i conquistatori. || la donna spissu si lamenta e doli, e si fa malata quannu voli: donna si lagna, donna si duole, donna s’ammala quando lo vuole. || la donna troppu amica di spicchiali, metti la sua casa in ruina, badando all’abbigliamento non curerà la casa: donna specchiante, poco filante. || cui havi mala donna pri cumpagna, havi lu priatoriu a stu munnu: chi ha cattiva donna, ha il purgatorio per vicino. || nun su li donni chi nun gustanu, su li dinari chi nun bastanu, di chi non si contenta della dote, benchè gli piaccia la donna, o di qualsiasi cosa che piaccia, ma si lascia perchè cara || li donni fannu addannari, o arrinigari, per troppa debolezza del sesso forte. || la donna vana, è ’nfernu di l’alma e purgatoriu di la vurza, fa spendere e tiene agitato: le donne sono il purgatorio della borsa, il paradiso del corpo, e l’inferno dell’anima, finchè non sono donne, ma femmine, oggetto di piacere. || la donna chi perdi lu primu maritu, pocu si cura di perdiri l’autru, perchè il primo amore è più forte. || donna senza onuri è rosa senza oduri, va bene. || a la donna cchiù cunveni la vriogna chi lu sfoggiu, è anche vero. || donna di diciott’anni o maritala o la scanni, qui si vede come la donna sia mercanzia, oggetto... || donna, funci e nidu, unni li asci pigghiatilli, piglia la donna d’ond’ella è. || multi su signuri di citati, e su schiavi di li donni, gli è proprio così. || nun cc’è cchiù sciarrera di la donna, più pettegola forse, ma vi son degli uomini più pettegoli ancora. || cu li donni nun si cci pò pigghiari copia o nun hannu nè drittu nè riversu: astuzia di donne le vince tutte. || unni la donna guverna, la paci nun ci sverna: in casa non c’è pace, quando gallina canta e gallo tace. || unni donna domina, lu tuttu si cuntamina: dove donna domina, tutto si contamina. || si mori donna senza pazzia è gran miraculu, e credo si debba estender anco agli uomini. || vali cchiù una donna filandu chi centu regnandu, così crede il proverbio: più vale una savia donna filando, che cento triste vegliando. || donna di dicirottu, omu di vintottu, l’età per maritarsi: ovo d’un’ora, pane d’un giorno, vino d’un anno, pesce di dieci, donna di quindici e amico di trenta dice il prov. toscano. || tintu, cui ad una donna sta fidatu, non sempre. || tannu la donna sta firma cu unu, quannu lu turcu si fa cristianu: chi piglia l’anguilla per la coda e la donna per la parola, può dire di non tener nulla. || ogni donna e ogni vacca, havi qualchi tacca, cioè non vi è donna senza macchia: non vi è lino senza resca, nè donna senza pecca. || donna chi troppu nesci pri la strata, pristu perdi la strata e la cuntrata, o donni e gaddini pri troppu andari si perdinu, non bisogna che le donne vadan ozieggiando attorno: femmine e galline per troppo andar si perdono. || li donni hannu li capiddi longhi e lu ciriveddu curtu, povere donne: le donne hanno lunghi i capelli e corto il cervello. || li donni schetti su comu li tuvagghi, cu’ iunci si cci voli stuiari, ognuno vorrebbe corteggiare le zitelle. || cu’ dissi donna dissi (o vulia diri) dannu (o miseria): chi disse donna, disse danno (o guai), vedi in omu la risposta. || la donna nni sapi cchiù di lu diavulu: la donna ne sa un punto più del diavolo.
Donnetta. s. f. dim. di donna, un po’ spregiativo: donnàcchera, donnetta.
Donnicciola. (Pasq.). s. f. Donna di poca con-dizione: donnicciuola.
Donninnarazzu. spreg. di donninnaru.
Donninnaricchiu e Donninnareddu. dim. di donninnaru: zerbinotto.
Donninnarìsimu. s. m. Attillatura, tutto ciò che fanno i zerbini: zerbineria.
Donnìnnaru. s. m. Giovinotto attillato, inclinato agli amori, chiunque fa il galante: frustino, zerbino, vagheggino, sninfio, sorpaino.
Donnuddu. Voce composta da don e nuddu, uomo da nulla: bietolone, stivalaccio, uomo da succiole, decimo.
Donquànquaru. s. m. Chi crede doversi mischiare e metter in cervello altrui: conciateste, il ciaba. || Chi millantandosi per grand’uomo sia poi uno scimunito: coglia, arcifanfano. || fari lu donquanquaru, star in su pretensioni: sdottoreggiare, far il quanquam, star in sul quanquam; esser o far il ciaba (Rigutini).
Donsichica. s. m. Si dice a un vagheggino borioso, svenevole ed affettato: bellimbusto.
Donu. s. m. Ciò che si dà altrui volontariamente senza pretendere restituzione: dono. || donu di Diu, ogni grazia da lui: dono di Dio. || donu di natura, ogni dote particolare che altri sortisce da natura: dono di natura. || in donu, posto avv. gratuitamente: in dono. || Prov. lu stultu riguarda lu donu e lu saviu l’animu, non si guarda il dono ma il donatore. || lu donu rinfacciatu, mai fu gratu, boccone rimbrottato, non affogò mai nessuno.
Doppu o Ddoppu. prep. e avv. di tempo, che serve al secondo e al quarto caso: dopo. || Poi in altro tempo: dopo. || doppu l’annu tridici cci cantanu lu miserere, cioè poi che non v’è più bisogno || doppu pò o poi doppu: dappoi, poi dopo. || doppu chi è: e con ciò, ammesso ciò. || doppu chi.... ancorchè, pogniamo che. Son modi spesso da noi usati. (Nel Voc. Cateriniano vi è doppo). || Nel senso di dietro, dopo.
Doppupranzu. s. m. La parte del giorno dopo il desinare o il pranzo: dopopranzo, dopodesinare.
Dorari. v. indorari.
Dorazia. Corrotto da Deogratias, che è modo di saluto dai monaci passato al popolo.
Dòricu. add. T. arch. Uno de’ cinque ordini d’architettura: dorico.
Dormienti. V. durmienti in dormiri.
Dòrmiri e Durmiri. v. intr. ass. Pigliar sonno, essere nel sonno: dormire. || Per sim. posare, star fermo: dormire. || Detto di un affare, negozio, non trattarsene per ora: dormire. || dormiri ntra ’na cosa, non darsene pensiero: dormirvi su. || dormiri supra ’na cosa, pensarvi sopra: dormire sopra tal cosa. || nun ci dormiri, esser vigilante in fare tal cosa: non dormire. || dormiri ’nn’aria ’nn’aria dormire leggermente dormicchiare, dormigliare. || dormiri a capizzu, star tranquillo di checchessia: dormire a chiusi occhi. || dormiri cu l’occhi aperti. fig. star cauto e vigilante: dormir come la lepre. || dormiri cu la mano a la mascidda o cu tantu di capizzu, sicuro del fatto suo: dormir col capo tra due guanciali. || dormi patedda! ca lu granciu vigghia, modo di minacciar la vendetta ad altrui. || Prov. cu’ dormi nun pigghia pisci, bisogna lavorare e star vigile: chi dorme non piglia pesci. || chi malu dormiri!, inquietudine, o interrompimento di un qualsiasi affare in corso. || fari ’na cosa durmennu, speditamente, o pur male. || dormiri l’ultimu sonnu, morire: dormire nel Signore. || nun tutti dorminu chiddi chi stannu cull’occhi chiusi, si guardi ognuno dalle apparenze: non sempre fugge chi volta le spalle. || dormiri a furmichedda, dicesi de’ bigatti: dormir il primo sonno. || dormiri comu ’n’agghiru, dormir profondamente: dormir come un ghiro. || dormiri cchù di li matarazza, dormire assai: dormir al pari del capezzale. || cui a tia pari chi dormi e riposa, chiddu porta la cruci cchiù gravusa, vuol dire che soffre pazientemente. || dormiri a li dui: dormir il secondo sonno de’ bigatti. || dormiri a li tri: dormir il terzo sonno. || dormiri a munnu: dormire il quarto sonno. || T. legn. Dicesi del fil a piombo quando, essendo la linea da mettersi verticalmente diritta, un po’ inclinata, il piombo poggia su alcuna parte di essa. || Prov. cui caudu dormi friddu mancia, chi vuol poltrire, muor di fame: chi dorme caldo, mangierà freddo. || tri uri dorminu li santi, cincu li studenti, setti li cumuni e novi li putruni, questo proverbio addita le ore da dormirè secondo le condizioni. || stari a lettu e nun durmiri è ’na pena di muriri: aspettar e non venire, star a letto e non dormire, le son cose da morire. || dormiri saziu, bene, saporitamente. P. pres. durmienti: dormente. P. pass. durmutu: dormito. (A. V. ital. dormuto, Amarozzo da Firenze). || dormiri detto del mare, vale esser in calma: dormire. || Detto di un fiume in una valle, farvi lago o stagno: dormire. || durmiricci supra, detto di una opinione, o altro, indugiare per maturarla bene: riposarci o dormirci su.
Dormitòriu. s. m. Luogo dove molti stanno a dormire: dormitorio, dormentorio.
Dorònicu. s. m. T. bot. Pianta con fiori a raggi, e la radice di essa: doronico. Doronicum Pardalianches L.
Dorsali. add. Del dorso o di dorso: dorsale.
Dorsè. s. m. Spezie di carrozza a 4 ruote, con vetrina. Ingl. Dorsay.
Dorsu. s. m. La parte posteriore del corpo dal collo ai fianchi: dorso, dosso. || Per sim. la parte più rilevata di molte cose, o la parte opposta a quella spianata: dorso (Mort.).
Dosa e Ddosa. s. f. T. med. Quantità determinata di un rimedio da prendersi dall’ammalato: dose, dosa. || Dicesi pure del peso o misura delle droghe che devon entrare in composizione: dose. || Per gastigo. || Per veleno. || dari la dosa, avvelenare.
Dosari. v. a. T. farm. Proporzionare secondo le dosi una medicina: dosare.
Dòsica. V. dosa. || Specialmente in senso di veleno. Onde dari la dosica, avvelenare. || machinari o priparari ’na dosica, comporre, preparar un veleno.
Dota. s. f. Quel che porta la sposa allo sposo: dote, dota. || Dono; patrimonio dato altrui gratuitamente: dote. || met. Provvigione di materiali tenuta in serbo. || dari dota, fig. Dar credito. || Prov. li difetti di la zita s’ammuccianu cu la dota, per via di danaro si fa ogni cosa, anco parer bello il brutto: la roba fa stare il tignoso alla finestra. || pri dota nun s’arricchisci, e cu pigghia pri doti la mugghieri dulurusu farrà lu so campari: chi piglia moglie per danari, spesso sposa liti e guai. || la bedda senza doti havi cchiù amanti ca mariti: le belle senza dote trovano più amanti che mariti. V. anco doti.
Dotali. add. Appartenente a dote: dotale.
Dotamentu. s. m. Il dotare: dotamento.
Dotari. v. a. Dar la dote: dotare. || Assegnar una rendita per mantenimento di checchessia: dotare. || Adornare, privilegiare, far sortire con qualche pregio, dono: dotare. P. pres. dotanti: dotante. P. pass. dotatu: dotato.
Dotàriu. s. m. T. leg. Ciò che il marito destinava alla moglie superstite: dotario.
Dotata. s. f. L’azione del dotare.
Dotaturi –trici. verb. Chi o che dota: dotatore –trice.
Dotazioni. s. f. Il dotare: dotazione. || Provvedimento, assegnamento: dotazione.
Doti. V. dota. || Spezial grazia d’ingegno, bellezza o altro sortito da natura o dato da Dio: dote.
Dotta. Adoperato in certi paesi; o in certi casi, per il maschile. dottu. V.
Dottamenti. avv. Con dottrina: dottamente.
Dottissimamenti. avv. sup. Dottissimamente.
Dottrinali. add. Appartenente a dottrina: dottrinale.
Dottrinalmenti. avv. Secondo la dottrina: dottrinalmente.
Dottu. add. Che ha dottrina: dotto. || Esperto, pratico, intendente: dotto. || Prov. lu dottu a pedi e l’asinu a cavaddu, quando l’uomo senza meriti è premiato. || cu li dotti cc’è sempri d’apprenniri, stando in compagnia di essi si guadagna qualche cognizione. Sup. dottissimu: dottissimo.
Dottu. s. m. T. zool. Perca Scriba L. Pesce del genere del Persico. Ha la testa segnata con diversi tratti che somiglian a’ caratteri della scrittura per cui noi ’l chiamiamo dottu, e nel continente scrittura o scrittore. Vedansi i Naturalisti.
Doviri. V. duviri e suoi derivati. (A. V. ital. dovire è in Dante da Majano).
Dovutamenti. avv. Con dovere, convenevolmente: dovutamente.
Dovuto. add. Di dovere, d’obbligo: dovuto. || s. m. Lo stesso che debito: dovuto.
Dozzina. V. duzzina e derivati.
Supplemento
Doci. Così in S. Stefano per dulci V. (Verdone).
Dollidduzzu. dim. di dolliddu.
Donfacili. s. m. Credenzone.
Donna. || Prov. donna senza onestà nun fu mai bedda, c’è da dire, forse s’intende bontà per bellezza. || è bona donna, donna chi nun parra, valga anco per l’uomo. || cu’ pigghia la donna pri la parola, comu pigghiassi l’ancidda pri la cuda, i poveri di spirito danno addosso alle donne! beati loro; infatti che voller dire a Salamanca quei teologi i quali negaronle anco l’anima? c’è da ridere...: chi piglia l’anguilla per la coda e la donna per la parola, può dire di non tener nulla. || unni regna la donna ardi la guerra: dove donna domina tutto si contamina.
Donninnarottu. V. donninnaricchiu.
Donnuminicu. V. rinali.
Dota. Prov. cu’ pigghia doti cchiù di lu so aviri, la mugghieri lu veni a predominari: gran dote, gran baldezza.