Nuovo vocabolario siciliano-italiano/PA
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Pa. Apocope di padre. In Toscana dicono anche pa e pae per padre.
Pa’. Contratto di pri la: per la; p. e. jivi pa’ carni: andai per la carne.
Paa. V. paga in tutti i sensi.
Paari. V. pagari.
Pàbbulu. s. m. Pascolo, alimento: pàbulo.
Pacatamenti. avv. Tranquillamente, placidamente: pacatamente.
Pacatizza. s. f. Tranquillità, calma: pacatezza.
Pacatu. add. Tranquillo, quieto: pacato. || avv. Pacatamente.
Paccariamentu. V. paccariazzioni.
Paccariari. v. intr. Esser senza danaro: fistiar forte, non aver un che dica due, bruciare.
Paccariateddu. dim. di paccariatu: spiantatello.
Paccariatissimu. sup. di paccariatu.
Paccariatu. add. Senza danaro, povero: fistione, spiantato, stangato, fenoso, spelacchiato.
Paccariazzioni. s. f. L’essere spiantato: stanga, fena o fina (Nerucci), spiantazione.
Pacchettu. s. m. Piccolo legno che serviva pel servizio delle lettere o passeggieri; e oggi grosso legno a tre alberi aventi tutti vele quadre: pacchetto, pacchebotto (Pitrè).
Pacchiali. add. Uomo da poco: pacchèo.
Pacchiana. s. f. Dicesi di donna grossa e ben nutrita: pacchierona, botticina.
Pacchianarìa. s. f. Gofferìa, scempiaggine: goffaggine.
Pacchianedda, Pacchianella. dim. di pacchiana.
Pacchianu. add. Balordo, pappacchione: pacchiano.
Pacchiaruni. s. m. Dicesi di chi mostra di essere ben nudrito: pacchiarone.
Pacchiu. V. cunnu. Vi è in italiano una frase: fra nicchi e pacchi, che vuol dire nel luogo più geloso; Rigutini registra la voce pacchio che si dice di persona paffuta, grassoccia. Onde io penso e discerno che vi sia analogia d’origine, sol che noi l’abbiam confinata ad indicare una parte sola, e certo una parte gelosa.
Pacchiuneddu. dim. di pacchiuni: pacchierotto (Fanf. Voc. d. u. Tosc.). Un pittor Senese per essere grassoccio fu detto il pacchierotto; ergo? analogia...
Pacchiuni. s. m. Dicesi di persona grossa e ben nudrita: pacchio (Rigutini), gonfione, pacchierone.
Pacchiutu. add. Grassoccio: poccioso. E nel fem. V. pacchiana.
Pacciu. (Pasq.) V. pazzu.
Paccu. s. m. Piego o involto con entrovi lettere ecc: pacco. || Balla, fascio di cose da trasportare: pacco.
Pacenza, Pacenzia. s. f. Sofferenza, tolleranza, virtù che fa sofferire con rassegnazione: pazienza, pacenzia, pacenzia; e ant. pacienza, pacienzia. || Abito religioso, senza maniche e aperto lateralmente: pazienza. || Interiezione per sofferir in pace: pazienza. Che si dice pur delle volte: santa pacenzia! || arrinigari la pacenzia, non potere o non voler avere pazienza: rinnegar la pazienza. || Prov. pacenzia ci voli a li burraschi, ca meli nun si nni mancia senza muschiu. V. in meli. || cu pani e pacenza, si va ’m paraddisu: pazienza, tempo e danari vincon ogni cosa. || pacenza di santi, oricchi di mircanti, mussu di purceddu e spaddi d’asineddu, son le cose più forti a stancare. || pacenzia. T. bot. Pianta di stelo arboreo, ramoso nella sommità; scorza nericcia; foglie alterne, bipennate; foglioline ovate; fiori bianchi mischiati di turchino e di violetto, a grappoli ascellari: sicomoro, albero della pazienza. Melia azedarach L.
Paceri. s. m. Mediatore per trattar pace: paciere, paciero.
Pachettu. dim. di paccu: pacchetto. || V. pacchettu.
Paci. s. f. Quiete di sensi, d’animo; concordia, contrario di guerra: pace. || Tranquillità, lontananza dallo strepito, dalle noje: pace. || Piccola immagine che si dà a baciare dal Diacono agli assistenti in alcune funzioni ecclesiastiche: pace. || Luogo dove si gode pace: pace. || godiri la santa paci, star in grandissima concordia: goder la pace. || fari fari paci, pacificare: far fare pace, dar pace. || fari paci, depor l’inimicizia: far pace, rifar le paci. Dicesi del giuoco quando si hanno pari perdite o punti ecc.: far pace. || essiri ’mpaci, star in concordia: esser in pace. Dicesi del giuoco quando si fa pace: esser pace. Onde diciamo, semu paci: siamo pace. || darisi paci, rassegnarsi: darsi pace. || dari la paci, funzione ecclesiastica che si fa o col segno del bacio o col porger a baciar una tavoletta: dar la pace. || ’m paci, modo avv.: in pace. || ’n santa paci, con agio, in buona pace: in santa pace. || cu bona paci, con grazia o soddisfazione di alcuno: con buona pace di alcuno. || mittirisi lu cori ’m paci, o darisi paci, acquetarsi, rassegnarsi: metter o riporre l’animo in pace, darsi pace. || nun si putiri dari paci, sopportar male, non poter soffrire, non acquietarsi: ingozzar male, non portare alcuna cosa in pace. || pigghiari ’na cosa in santa paci, sopportarla senza rammarico: pigliar o portar una cosa in santa pace. || essiri omu di paci, pacifico: esser di pace o tutto pace. || Prov. la paci di lu cori vali cchiù di li ricchizzi di lu munnu, è chiaro. || è megghiu la paci ’ntra li viddani, chi la guerra ’ntra li gentilomini, in ogni modo la pace val più della guerra: è meglio la pace de’ villani, che la guerra de’ cittadini. || tintu cu’ cerca paci e trova affanni! tristo davvero! || quannu vinciri nun poi cerca la paci, del cattivo cerca il meno. || megghiu pani sulu cu la paci, ca pirnici e faciani cu la guerra, gran cosa è la pace, e l’Italia nostra ne ha bisogno. Un prov. toscano dice che: della pace ognun ne gode, ed è verissimo. || la paci è fruttu di la guerra: chi fa buona guerra ha buona pace; ma significa anco che dopo la guerra ne vien la pace.
Pacienza. V. pacenza.
Pacificabbili. add. Da potersi pacificare: pacificabile.
Pacificamenti. avv. In modo pacifico: pacificamente.
Pacificamentu. s. m. L’atto del pacificare o pacificarsi: pacificamento.
Pacificari. v. a. Far fare o metter pace: pacificare. || rifl. a. Pacificarsi. P. pass. pacificatu: pacificato.
Pacificata. V. pacificamentu.
Pacificateddu. dim. di pacificatu.
Pacificatu. add. Che ha fatto pace: pacificato.
Pacificaturi. V. paceri: pacificatore.
Pacificazzioni. s. f. Il pacificar o pacificarsi: pacificazione.
Pacìficu. add. Di pace, quieto: pacìfico. || Uomo pacifico e di buona natura: pacione, e al fem. paciona. || avv. Pacificamente. Sup. pacifichissimu: pacifichissimo. || Prov. l’omu pacificu è ben vulutu, ciò è vero.
Pacificuni. accr. di pacificu, uomo che molto ama la pace: pacione (Giusti).
Pacìnzia V. pacenzia. In S. Cataldo.
Pacinziusamenti. avv. Con pazienza: pazientemente.
Pacinziuseddu. dim. di pacinziusu.
Pacinziusu. add. Che ha pazienza: paziente. || Per pacinziusamenti. V. || Prov. beatu lu poviru pacinziusu: chi ha pazienza ha gloria. Sup. pacinziusissimu: pazientissimo.
Paciorca. add. Che opera all’impazzata: ciaccione.
Paciòrnia. s. f. Riconciliazione amichevole, fra persone corrucciate per poco: paciozza. || Sofferenza, rassegnazione alle altrui stravaganze: tolleranza.|| Soverchia lentezza: pigrizia, agiatezza. || vinirisinni cu la sò paciornia: venirne a suo bell’agio.
Padalinu. Metatesi di paladinu V.
Padda. V. badda. (D. B.).
Padedda. s. f. Amese da cucina, con manico, ad uso di friggere: padella.
Padiddaru. s. m. Chi fa o vende padelle: padellajo, padellaro.
Padiddata. s. f. Quantità di roba che in una volta si cuoce nella padella: padellata. || Colpo di padella.
Padiddatedda. dim. di padiddata.
Padiddatuna. accr. di padiddata.
Padiddazza. pegg. e accr. di padedda: padellaccia (in Firenze).
Padidduna. accr. di padedda: padellone.
Padidduzza. dim. Padelletta, padellina, padellino, padellotto.
Padigghiuni. V. pavigghiuni e derivati.
Padiri. V. appodiri.
Paduanu. s. m. e add. Sorta di panno: padovano. Da Padova città della nostra penisola.
Padunera. V. sacchetta.
Pàfara. s. f. Naso schiacciato: camuso. (Biundi).
Pafaruttata. V. vrudacchiata.
Pàffiti. V. pànfiti.
Paffuteddu. dim. di paffutu: paffutello.
Paffutizza. s. f. Qualità di chi è paffuto: paffutezza.
Paffutu. add. Grassotto, carnacciuto: paffuto.
Paga. s. f. Pagamento di determinata quantità di moneta da retribuirsi: paga. || aviri tutta paga o essiri a tutta paga, aver la paga intera anco per un servizio temporaneo: avere tutta paga o essere a tutta paga. || mala paga, gastigo, pena: mala paga. || paga morta, chi tira lo stipendio senza far nulla: paga morta. || tirari la paga, ricever la paga: tirar la paga. || Prov. quali è la paga tali è la pittura, secondo il merito, la paga; o secondo l’offesa, la risposta: secondo la paga il lavoro. || paga è anche la femina del pavone: pavonessa, pagonessa.
Pagabbili. add. Da pagarsi: pagabile. Sup. pagabbilissimu: pagabilissimo.
Pagamentu. s. m. L’atto del pagare: pagamento. || La cosa che si dà per paga; ricompensa: pagamento. || a pagamentu, non gratis: a pago, o come uso Boccaccio anche: a prezzo.
Pagaminteddu, Pagamintuzzu. dim. di pagamentu.
Paganamenti. avv. A mo’ de’ pagani: paganamente.
Paganìsimu. s. m. La religione de’ pagani, universalità de’ pagani: paganèsimo.
Paganu. add. e sost. Che è della religione o nazione pagana: pagano.
Pagari. v. a. Dar il prezzo di che ad atlri si è tenuto, saldar i debiti: pagare. || Castigare, punire, vendicarsi: pagare. || rifl. a. Prender da sè quello che altri deve: pagarsi. || pagari di bona o di mala munita, corrisponder bene o male all’altrui servigio o beneficio: pagar di buona o di mala moneta. || pagari ’n cuntanti pagar in moneta effettiva, e fig. far pronta vendetta: pagar di contante. || – di vacanti chinu, dicesi di checchessia che si paghi senza averne avuto prò. || – cu la gnuttica, pagar molto. || nun si pò o nun s’abbasta a pagari, dicesi di cosa superiore a ogni prezzo: essere o aver cosa che non si possa pagare, non aver pago. || mi l’hai a pagari, modo di minacciare, come dire mi devi pagare il fio ecc.: me l’hai a pagare. || pagarila di facci, perder incontanente e tutto, e met. aver torto marcio o aver torto per soperchieria; aversi un meritato danno o gastigo: pagar il fio. || quantu paghirria ad aviri ecc., modo di esprimer un desiderio: quanto pagherei ad avere ecc. || paga com’un bancu, modo proverbiale per esprimere che uno paga puntualmente: paga come un banco. || Prov. cu’ paga avanti, mancia pisci fitenti: chi paga avanti è servito dopo. || lu servu pagatu avanti tempu, havi lu vrazzu ruttu, è simile al precedente. || a lu pagari, nigliggenti, a lu ’sìggiri, diliggenti; si succedi qualchi accidenti, accussì nun paghi nenti, ovvero esiggiri cu primura, pagari cu stintura e segue come sopra: al pigliar non esser lenti, al pagar non correre. Simile è quell’altro proverbio: a lu pagari e a lu muriri cc’è sempri tempu, o cchiù tardu chi si pò. || nun putiri pagari un ovu in tri paghi, esser poverissimo: non avere da far cantare un cieco. || centu per unu cu’ paga un dinaru, chi è scoperto in una frode le paga tutte. || Diu nun paga lu sabbatu, cioè indugia, ma gastiga: Dio non paga il sabato. || cu’ paga vulinteri è riccu, poichè tutti facilmente gli fan credenza. || di lu stissu modu chi paghi, sarrai pagatu, quel che facciamo ne è fatto: qual asino dà in parete tal riceve.
Pagata. s. f. L’azione del pagare: pagata. Jacopone ha: che dà in sua pagata.
Pagatu. add. Di chi ha la paga: pagato. Sup. pagatissimu: pagatissimo.
Pagaturazzu. Coll’aggiunto malu, mal pagatore: pagaccia.
Pagatureddu. dim. di pagaturi, chi paga debolmente o a poco per volta: pagatorello.
Pagaturi –tura. verb. Che o chi paga: pagatore –tora –trice. || malu pagaturi, chi difficilmente restituisce o paga: mal pagatore, male paga, pagaccia. || Prov. di lu malu pagaturi o oriu o pagghia, da chi paga a stento piglia quel che dà, se no ci perdi tutto: dal mal pagatore o aceto o vin cercone. || lu bonu pagaturi è patruni di la vurza d’autru, poichè avendo credito, nessun si nega prestargli: buon pagatore dell’altrui borsa è signore. || bonu pagaturi obbliga vulinteri li so beni, o lu bonu pagaturi duna bonu pignu a lu so cridituri, chi vuol pagare non isfugge dal dare pegno: buon pagatore non si cura di dar buon pegno. || lu tempu fa canusciri lu bonu pagaturi, o a lu tempu chi promisi si canusci lu bonu pagaturi, poichè se non restituisce puntualmente non è più buon pagatore.
Pagaturìa. s. f. Ufficio del pagatore, e dove egli esercita il suo ufficio.
Paggella. s. f. Foglio stampato da una o anco da entrambe le facce. || Per patenti V. (Lat. pagella: facciuola di carta).
Paggerìa. s. f. Quantità di paggi: paggerìa. || Qualità di paggio: paggerìa. || Luogo dove stanno i paggi.
Paggettu. dim. di paggiu: paggetto, paggino.
Pagghia. s. f. Fusto secco della biada: paglia, (pagghia cita Nerucci). || pagghia longa, quella dell’orzo: paglia lunga. E si dice a persona sciocca o antipatica: sgraziato. || Per paragone, ad un melenso o antipatico si suol dire greviu quantu la pagghia o quantu la pagghia longa: più scipito della biètola. || nun pisari un filu di pagghia, esser discreto, prudente, educato. || niscirinni comu un filu di pagghia, met. vale illeso. E si dice anco per privo, deluso. || V. in nespuli un prov. || patruni gentili dammi pagghia pri tuttu aprili, così il contadino fa dire al bove. || Reinò pagghia si, frumentu no, Reinò, (che è un paese), di rado fa frumento buono, ma sì fa della paglia. || V. pagghietta.
Pagghialora. s. f. Stanza ove si conserva la paglia: stanzone della paglia, pagliera; e poichè vi si tiene in generale il cibo delle bestie come pure il fieno: fienile. || Nido di sorci: sorciaja, perocchè nel pagliere sonvi molti sorci. E perchè chiamiam sorci retrogradi, così a un ridotto di retrogradi diciamo pagghialora.
Pagghialoru. s. m. Colui che vende la paglia: pagliajuolo.
Pagghiamentu. s. m. Il mangiar paglia. || Lo spilluzzicare: spilluzzicamento.
Pagghiara. V. pagghiaru.
Pagghiarazzu. pegg. di pagghiaru: capannaccia.
Pagghiareddu. dim. di pagghiaru: capannella, capannuccia.
Pagghiari. v. intr. Mangiar paglia. || met. Vacillare nel discorso per dimenticanza, per difetto di ragione ecc.: tentennare. || fig. Chi mentre aspetta altre vivande, dentecchia frattanto altre cose: spilluzzicare. Tolta la figura dal mangiar paglia che fa il cavallo non trovando altro.
Pagghiaridduzzu. dim. di pagghiareddu.
Pagghiarizzeddu. V. pagghiarizzu.
Pagghiarizzu. V. pagghiazzu. || V. pagghialora. || V. pagghiuni.
Pagghiarottu. V. pagghiareddu.
Pagghiaru. s. m. Abituro fatto di frasche, paglia ecc. dove si ricoverano i contadini lontani dalle case loro: capanna. || V. surcu.
Pagghiaruni. accr. di pagghiaru: capannone.
Pagghiata. V. impagghiata.
Pagghïata. s. f. L’azione del tentennare. || Lo spilluzzicare.
Pagghiatina. s. f. La paglia triturata che resta sull’aja, entro cui vi sia rimasto anco del grano: pagliuolo.
Pagghïatina. V. pagghïata.
Pagghiazza. agg. di pagghia: pagliaccia. || V. pagghiuni. || Si dice a persona insipida.
Pagghiazzata. s. f. Atto o motto da pagliaccio: pagliacciata.
Pagghiazzeddu. dim. di pagghiazzu in tutti i sensi.
Pagghiazzu. V. pagghiuni. || Nome di un buffone da teatro: pagliaccio. || Panno ruvido per usi grossolani o per ispolverare le masserizie: canavaccio. || Paglia minuta, tritata: pagliccio, pagliaccio.
Pagghiazzuni. accr. di pagghiazzu.
Pagghicedda. dim. di pagghia: pagliùcola, pagliuzza, pagliuola.
Pagghiera. V. pagghialora.
Pagghietta. s. f. Tessuto di paglia per farne cappelli. || Cappellino di paglia. || Si disse in generale per indicare uno del foro, dacchè queglino portavan un cappellino di paglia, essendo napoletani allora la maggior parte, e non avvezzi al caldo nostro. || È anco termine di battilori: pagliuola.
Pagghiettìsimu. s. m. Nome collettivo che esprimeva il ceto dei forensi.
Pagghiettu. s. m. T. mar. Spezie di cercine, fatto di grossi cenci o di vecchie corde, che ponesi esteriormente agli estremi d’una barca, a riparo degli urti: paglietto. || pagghietti, chiamansi certi larghi tessuti a guisa di treccia o cinghia, che servono a preservare le corde dallo sfregamento: paglietti. || pagghiettu è anco un riparo che si fa intorno ad una nave per difendersi in battaglia dalle palle: paglietto, impagliatura.
Pagghinu. add. Del color della paglia: pagliato.
Pagghioccu. s. m. Paglia triturata: pagliericcio, pagliaccio.
Pagghiolu. s. m. T. mar. Tavolati a piani, sostenuti da bagli, travi e travicelli, per servire alle diverse distribuzioni di effetti e di viveri nella stiva: pagliolo (Pitrè). || – di sintina, recinto quadrato intorno alla sentina, fatto di tavole, nelle quali scendono le trombe per cavar l’acqua: pozzo. || Per bugghiolu V.
Pagghittedda. dim. di pagghietta.
Pagghittina. V. pagghittedda. || Quei listelli cbe si mettono intorno le lastre di vetro invece di rimasticatura.
Pagghiuccati. V. muscardini (Spat.).
Pagghiunazzu. accr. e pegg. di pagghiuni.
Pagghiuneddu. dim. di pagghiuni.
Pagghiuni. s. m. Gran sacco pieno di paglia, che si mette sotto le materasse: pagliericcio, pagliariccio, pagliaccio. || Paglia minuta: pagliccio. || abbruciari lu pagghiuni, involarsi nascostamente da alcuno o da un luogo senza pagargli il dovuto: bruciar il pagliaccio.
Pagghiusu. add. Mescolato o imbrattato di paglia: paglioso.
Pagghiuzza. vezz. e dim. di pagghia: pagliuzza.
Paggiaria. V. paggeria.
Pàggina. s. f. Faccia di carta o di libro: pàgina. || T. tip. Quantità di caratteri composti che occupar devono una facciata: pagina.
Pagginazza. pegg. di paggina: paginaccia (in Firenze).
Pagginedda, Pagginetta. dim. di paggina: paginetta.
Pagginuna. accr. di paggina.
Paggiottu, Paggiteddu. V. paggettu.
Paggiu. s. m. Garzonetto nobile che serve a grandi personaggi: paggio. || Famigliare, servidore giovane: paggio.
Paghicedda. dim. di paga: paghetta.
Paghiceddu. dim. di pagu: pavoncello.
Paghirò. s. m. T. comm. Confessione di debito unita alla promessa di saldarlo in dato tempo: pagherò. || Quella polizza data a chi giuoca al lotto, colla quale chi vince può riscuoter il premio: pagherò.
Paglia. V. pagghia e tatti i seguenti.
Pagliacciu. V. pagghiazzu e seguenti.
Pagnocca. V. pagnotta.
Pagnotta. s. f. Pane di piccola forma: pagnotta. || Si dice genericamente e per dispregio accennando ingordigia, per stipendio, impiego, ecc.: pagnotta. || manciarisi la pagnotta, badar ai proprî lucri, senza pensar ad altro. || guardarisi la pagnotta, non fare ciò che possa menomare il proprio utile.
Pagnucchedda. V. pagnuttedda. || V. anco guastidduzza.
Pagnuletta. s. m. Tessuto di seta finissimo con cui le donne si cuoprono il capo: velo, garza, mèsere. Chi sa che l’origine non sia da panno.
Pagnuttaru. s. m. Facitore o venditore di pagnotte.
Pagnuttedda, Pagnuttina. dim. di pagnotta: pagnottina, pagnottella (Tomm. D.).
Pagnuttista. s. m. e f. Chi uccella ad impieghi o sposa il partito di chi lo paga: pagnottista.
Pagnuttuna, Pagnuttuni. s. f. accr. di pagnotta: pagnottone (in Firenze). || Schiaffo: ganascione, ceffata.
Pagodu. add. Stupido: balordo. Quasi simile all’idolo d’India detto pagodo, il quale come tutti gl’idoli, è balordo; benchè poi sia vero balordo chi ci crede.
Pagottu. dim. di pagu: pagoncello, pagoncino.
Pagu. s. m. T. zool. Uccello assai grande e bello: pavone, pagone. Pavo cristatus L. ( Dal Lat. pavo).
Pagu. add. Appagato, soddisfatto: pago.
Pagunazzu. V. paunazzu.
Paguneddu. dim. di pagu: pavoncino, pagoncello.
Paguni. V. pagu.
Paguniggiamentu. s. m. Il pavoneggiarsi.
Paguniggiarisi. v. intr. pass. Gloriarsi, boriarsi, compiacersi: pavoneggiarsi.
Pagunissa. s. f. di pavone: pavonessa.
Pagura. V. paura: pagura. E così i derivati.
Paina. V. pena. In S. Fratello.
Paisaggeddu. dim. di paesaggio: paesaggino (in Firenze).
Paisaggiu. s. m. Pittura rappresentante paese, campagne e simili: paesaggio.
Paisaneddu. dim. di paisanu.
Paisanti. s. m. T. pitt. Pittore di paesaggio: paesante.
Paisanu. s. m. Abitator di paese: paesano.
Paisanu. add. Del paese: paesano. || Concittadino: paesano. || Nostrale: paesano. || Non soldato: borghese, paesano. || farisi paisanu, fermar il suo domicilio in una città: incittadinarsi.
Paisazzu. pegg. di paisi: paesaccio.
Paiseddu. dim. di paisi: paesetto, paesello. || Nel significato di pittura: paesino.
Paisi. s. m. Regione, tratto di terra: paese (e ant. paise. Jacopone). || Cittadetta, borgo o villaggio: paese. || Patria: paese. || Per paesaggio: paese. || paisi bassi, per ischerzo il culo: paesi bassi. || mannari unu a ddu paisi, imprecar disgrazie ad altrui: mandar alcuno a quel paese. || scopriri paisi, riconoscere il luogo di operazione, ingegnarsi d’indovinare checchessia: scoprir paese. || ogni paisi havi la so usanza, ovvero paisi chi vai, usu chi trovi, bisogna adattarsi all’uso del paese ove uno si trova: paese che vai, usanza che trovi. || tuttu lu munnu è paisi: per tutto s’incontrano le medesime cose: tutto il mondo è paese.
Paisista. s. m. e f. Pittore di paesaggio: paesista.
Paisuni. accr. di paisi: paesone.
Pàjula. s. f. Stramba intessuta di foglie di cerfuglione, fatta a somiglianza di fascia, colla quale si lega il giogo al bue. (Potrebbe venire dal Lat. palear: pagliolaja, cioè la giogaia de’ bovi; poichè la pajula lega il giogo al collo del bue là dove ha principio la pagliolaia; e medesima origine deve avere pagliolaia).
Pala. s. f. Strumento di varie forme, che serve a tramutare ed ammontare cose minute ecc.: pala. || Quella parte della ruota fatta a foggia di pala, che fa volgere il mulino: pala. || Strumento di legno con cui si giuoca e dassi alla palla: mèstola || Altro strumento per ammazzar gli uccelli nella caccia a frugnolo: ramata. || Altro strumento col quale si giuoca alle palle, fatto di corda di minugia tessute: racchetta, lacchetta. || Arnese dove gl’infermi, che non possono muoversi di letto, fanno i loro agi: padella. || T. mar. La parte del remo che taglia le acque: pala. || – di li spaddi, la paletta delle spalle, la quale con l’omero è legata al braccio: scàpola, paletta. || – di lu furnu, arnese per infornare il pane: pala (Car. Voc. Met.). || – di spagghiari: ventilabro (An. Cat.). || – di la scupetta. V. culazzu. || – di ficu d’innia: foglia o articolazione del fico d’india. || aviri ’na cosa ’ntra la pala di la spadda, si dice dello aspettarsi un danno o simile. || di pala ’m perticu. V. palu.
Palacastra. s. f. Parte del carretto, coscie: ridolo. (An. Cat.).
Palacciunata. s. f. Chiuso fatto di palanche in vece di muro: palancato, palafitta.
Palacciunazzu. pegg. di palacciuni.
Palacciuneddu. dim. di palacciuni.
Palacciuni. s. m. Legno lungo e grosso per uso di palafitta: palanca. || O per uso di sostener alberi ecc.: palo.
Paladina. s. f. Sorta di pelliccia che portan le donne al collo nell’inverno: palatina.
Paladinu. s. m. Titolo d’onore dato da Carlo Magno a dodici uomini: palatino. || Per sim. uomo valoroso, eccellente: paladino. || add. Bel giovane, aitante della persona (S. Salomone-Marino.).
Palafangu. V. parafango.
Palafitta. s. f. Riparo di pali fitti in terra: palafitta.
Palafrineri, Palafurneri. s. m. Quegli che cammina alla staffa del palafreno, e lo custodisce: palafreniere.
Palai. V. linguata.
Palamaru. s. m. Funi di giunco marino lunghe e legate ai lati della tonnara, ognuna porta un’ancora, e servono a tener ferma la tonnara. || quantu jetta un palamaru, quanto si estende la fune di esso.
Palamentu. s. m. Nome collettivo di tutti i remi di un legno: palamento, remeggio.
Palamitara. s. f. T. zool. Rete lunga che si arma come il tramaglio, per prendere palamite, lacce, tonni e diversi bestini: palamitara, palamìte.
Palàmitu. s. m. T. zool. Pesce quasi simile al tonno, ma più piccolo, più tondo di corpo, di color turchino e rigato: palamìta. Scomber pelamis L. || Per piramidi. V.
Palandra. s. f. Pezzo tondo di trave, che si adopra in occasione di far camminare cosa di gran mole, facendola correre su questi pezzi rotolantisi: curro. V. palanga.
Palandranu. s. m. Mantello di albagio con maniche: palandrana, palandrano.
Palanga. V. palandra. (Dal Gr. φαλαγγες: curro).
Palangana. s. f. Vaso di forma ovale e cupa per uso di lavarsi le mani e il viso: catinella, bacile. (Sp. palangana: bacile da farsi la barba).
Palangara. s. m. Arnese peschereccio.
Palantra. V. palandra. || Bastimento quadro con due o tre alberi e vele quadre e latine: palandra (Pitrè).
Palantranu. V. palandranu.
Palari. V. impalari.
Palascarmu. s. m. Piccola barchetta, che si porta pei bisogni del navilio grande: paliscarmo, paliscalmo.
Palataru. V. palatu.
Palatedda. dim. di palata: palatina (crederei d’uso).
Palatinu. add. Di o da palato: palatino. || Di persone o cose di servizio de’ regali palagi; e di chi è addetto a servir immediatamente i sovrani: palatino.
Palatu. s. m. Parte interna e superiore della bocca: palato. || fig. Il senso del gusto: palato.
Palaustrata. s. f. Ordine di balaustri collegati e posti secondo distanze ecc: balaustrata.
Palaustru, Palaustu. s. m. Colonnetta lavorata variamente che si adopera per ornamento di parapetti e simili: balaustro.
Palazzata. s. f. Ordine o prospettiva di palagi. Fanf. nel Voc. d. u. Tosc. cita Bianchini che registra la voce: palazzata, benchè in senso di esagerazione.
Palazzeddu, Palazzettu. dim. di palazzu: palazzetto. || E per quartinu V. O anco per casuzza V.
Palazzineddu. dim. di palazzinu.
Palazzinu. dim. di palazzu: palazzino.
Palazzottu. s. m. Palazzo non grande nè piccolo: palazzotto.
Palazzu. s. m. Casa grande isolata e nobile: palazzo, palagio. || La Corte del Principe: palazzo. || jiri in palazzu, parlandosi di giuoco, oltrepassar il punto prefisso: sballare, aver o pigliar lo spallo, sbarocciare. || cuntari palazzi, contar fandonie, o cose esagerate, millantarsi: sballare, contar grandezzate. || jiri o mannari di c.... ’m palazzu, far andar in su o in giù senza pro: andare o mandar ciacciando.
Palazzuni. accr. di palazzu: palazzone.
Palazzusu. add. Chi di sè o de’ suoi conta maraviglie: borioso, parabolano.
Palchettu. dim. di palcu: palchetto. || Tribuna dove stanno i cantori e i sonatori nelle chiese: cantorìa.
Palchiceddu, Palchiteddu. dim. di palcu: palcuccio.
Palchitteddu. dim. di palchettu.
Palchitteri. s. m. Colui che ha cura e tien le chiavi dei palchi da teatro: custode.
Palchittuni. s. m. Il più grande dei palchi di teatro.
Palcu. s. m. Tavolato elevato da terra, posticcio o fabbricato apposta come quello del teatro: palco. || Luogo di esecuzione della pena di morte: palco.
Paledda. s. f. T. bot. Pianta che investa le viti: rinchite. Rhynchitis betulae Xerbs. || Prov. quannu cci ’ncappa la paledda, mai nun inchi la cartedda, quando il rinchite infesta la vigna, non si potrà empire più d’una cesta d’uva.
Palestra. s. f. Luogo ove gli antichi lottavano per esercizio, e lo esercizio stesso della lotta: palestra. || met. Contrasto e gara per qualunque altra cosa: palestra.
Paletta. s. f. Piccola pala di ferro ad uso del focolare, della braciera ecc: paletta. || Sorta di scarpello un po’ largo: scarpellone. || – di spizziali, piccolo strumento di metallo che adoperano gli speziali in cambio di mestola: spàtola. || T. stamp. Arnese con cui prendesi l’inchiostro: paletta. || Per ischerzo paletti si chiaman le mani: mèstole (Fanf. Voc. ecc. d. parlar Fior.). || T. torn. Ferro simile allo scarpello del legnajuolo, usato dal tornitore: ferro piano (Car. Voc. Met.). || La parte della sella posteriore e superiore alquanto rilevata: catino. (Siciliano). || a lu maniari la paletta si vidi si nni gratta, modo prov.: dalle unghia si conosce il leone, dal modo come sarà si crederà o si giudicherà. || T. cappell. Piastra quadrangolare d’ottone, non tagliente, che si adopera a levar la folla rimasta a dippiù nelle falde nella formazione del cappello: spaletta, paletta. || T. rileg. Arco metallico, sulla cui convessità è la figura del fregio che deve imprimersi sul dorso del libro: paletta.
Palettò. V. paltò. || Spezialmente quel soprabito grave da inverno: palettone (Fanf. Voci, ecc. d. parlar Fior.).
Paliamentu. s. m. Il paleggiare: paleggiamento. || Lo sventolare: sventolamento.
Palianti. V. paliotu.
Paliari. v. a. Muovere, tramutare colla pala; agitare e rivoltare colla pala il grano o altre biade: paleggiare. || Alzare in alto spandendo al vento: sventolare. || paliari li dinari, fig. essere ricco: nuotar nell’oro. || – li raggiuni, avere apertamente il diritto e le ragioni. P. pass. paliatu: paleggiato. || Sventolato.
Paliatu. s. f. L’azione del paleggiare: paleggiatura.
Paliatedda. dim. di paliata.
Paliatura. V. paliata.
Paliaturi. verb. m. Chi paleggia: paleggiatore. || Pala che serve a paleggiare.
Palicciunata. V. palacciunata.
Palicedda. dim. di pala: paletta.
Paliceddu. dim. di palu: paletto.
Palicheddu. dim. di palicu: stecchino.
Palichera. s. f. Arnese dove si tengono gli stecchi: portastecchi.
Palicu. s. m. Schiappettine aguzze che si usano a nettar i denti, dopo mangiare: stecco, steccadenti. (O dal Lat. palea, paglia. O da palo col diminutivo in ico alla Spagnuola).
Palidda. dim. di pala: paletta, palettina. || Forma di pane a foggia speciale. || T. mar. Asta di legno che in fondo si allarga, e serve di remo nelle piroghe: pagaja (Pitrè). || mettiri li pedi a palidda, morire: tirar le calze. || palidda di la scupetta, piede d’archibuso: calcio.
Palieddu. dim. di paliu: palietto.
Paliera. s. f. Arnese da custodir i paliotti.
Paliottu. dim. di paliu: paliotto.
Paliotu. s. m. Cavallo che sempre vince il palio. (Pasq.). || met. Di chiunque in concorso vinca altrui sempre.
Palisa. V. pala al 3 §.
Palisamenti. avv. In modo palese: palesemente.
Palisamentu. s. m. Il palesare: palesamento.
Palisandru. s. m. Legno nobile di colore scuro, capace di pulimento, o da impiallacciare (Fr. palixandre).
Palisari. v. a. Far conoscere, manifestare: palesare. P. pass. palisatu: palesato.
Paliscarmu. V. palascarmu.
Palisi. add. Noto, manifesto: palese. || ’m palisi, modo avv. palesemente: in palese. || avv. palesemente: palese.
Palitta. V. paletta.
Palittata. s. f. Quanto cape in una paletta: palettata. || Colpo dato colla paletta: palettata.
Palittazza. pegg. di paletta.
Palittedda. dim. di paletta: palettina.
Palitteri. s. m. Strumento di rame sottile che serve agli orefici nei lavori di smalto: palettiere.
Palittò. V. paltò.
Palittuni. accr. di paletta: palettone. || Grande spatola con cui gli speziali stendon i vescicanti: spatolone.
Pàlitu. V. pàllidu.
Pàliu. s. m. Premio che si dà al cavallo che vince nella corsa: pàlio. || Baldacchino: palio. || Arnese che cuopre la parte d’innanzi e bassa dell’altare: palio, paliotto. (pl. pàlii o pàlia).
Paliuru. s. m. T. bot. Pianta di radice dura, gli steli bruni, spinosi; foglie alterne, ovate, fiori gialli a guisa di cappello, i grappoli ascellari: paliuro, marruca. Zizyphus paliurus L.
Palizzata. V. palacciunata.
Palla. V. badda. || Quelle di avorio da giuocare al bigliardo: palla. || – di lu calici, quadretto di pannolino reso solido da un cartone, ad uso di coprir il calice: palla. || Palla di vetro vuota che si mette sul lume: globo, campana. || Quella con cui si carica l’arma da fuoco: palla.
Palliamentu. s. m. Il palliare, il ricoprire: palliamento.
Palliari. s. m. Ricoprire una cosa malvagia, dandole colore buono: palliare. P. pass. palliatu: palliato.
Palliativu. add. T. med. Di rimedio che lenisce, ma non sana: palliativo.
Palliatura. V. palliamentu.
Pallidazzu. pegg. di pallidu: pallidaccio.
Pallideddu, Pallidettu. dim. di pallidu: pallidetto, pallidino, palliduccio.
Pallidizza. s. f. Livida bianchezza che si manifesta al volto per malattia, paura e simili: pallidezza, pallidore.
Pallidizzu. add. Che ha del pallido: pallidiccio.
Pàllidu. add. Che ha pallidezza: pàllido. Sup. pallidissimu: pallidissimo.
Palliduliddu. dim. di pallidu: pallidetto, pallidino, pallidiccio.
Pallidumi. s. m. Pallidezza: pallidume.
Palliduni. accr. di pallidu.
Pallineddu. s. m. T. oref. Cesello per far palline o perle: perlina (Car. Voc. Met.).
Pallinu. s. m. dim. di palla, e propriamente quella che serve di lecco al giuoco delle palle: pallino.
Pàlliu. V. paliu non al 1º §. || V. palliuni.
Palliuni. s. m. Ornamento del Papa e de’ metropolitani, che portano sopra gli abiti sacri in segno di piena giurisdizione ecclesiastica: pallio, palio.
Pallotta. V. ballotta.
Pallunaru. s. m. Chi fa o vende palloni: pallonajo. || Chi dice sempre frottole: bombone. V. ballunaru.
Pallunazzu. accr. e pegg. di palluni: pallonaccio. || Gonfio, superbo: tronfio. || Promettitore che poi non attende: bèrgole, pallone di vento.
Palluncinu, Palluneddu. dim. di palluni.
Palluni. s. m. Palla grande che riempiesi di aria e si manda in alto: pallone. || fig. Fandonia, favola: bomba.
Pallureddu. dim. di palluri.
Palluri. s. m. Pallidore: pallore.
Pallustra. s. f. Quella materia bianca, luccicante che è sopra i denti: smalto (Tumminello).
Palluttedda. V. balluttedda.
Palma. s. f. T. bot. Albero grande che fa i datteri: palma. Phoenix dactylifera. L. || Perchè le foglie di essa si danno ai vincitori, si prende anco per vittoria: palma. || Rami di palma che la domenica delle palme il clero divide ai fedeli: palmizio. || purtari la palma, esser superiore. || – di la manu: palma.
Palmari. add. Dicesi di certa specie di mattoni grandi un palmo: quadroni.
Palmarieddu. dim. di palmariu.
Palmariu. s. m. Rimerito, paga che si fa agli avvocati ecc.: onorario; i Toscani dicono palmario quel regalo sottomano che si dà per alterare la giustizia o per far monopolio di checchessia. || Sorta di mattone quadro: quadrone.
Palmarizzu. V. parmarizzu.
Palmata. V. parmata.
Palmatòria. V. buggia. Da palma che è la pianta della mano, poichè la bugìa è un lume maneggevole.
Palmentu. V. parmentu.
Palmetta. s. f. Quel pezzo di ferro ripiegato che fa da monachetto alla spagnoletta.
Palmiari. v. a. Misurar a palmo. P. pass. palmiatu.
Palmiggiana. V. parmiggiana.
Palmitu. s. m. Luogo seminato a palme: palmeto (Spat.).
Palmu. s. m. Misura lunga quanto si distende la mano dalla estremità del dito grosso a quella del mignolo: palmo, spanna. Equivalente a metri 0,2575. || arristari cu un palmu di nasu, rimaner deluso, o col danno e le beffe: rimaner con un palmo di naso. || a palmu a palmu, a poco a poco: a palmo a palmo. || Per trappitu V.
Paloggiu. V. strùmmula.
Paloma. s. f. T. mar. Corda raddoppiata e legata a un terzo dell’antenna, e che vien fermata coll’amante per sospender l’antenna: paroma.
Palora s. f. Metatesi di parola. Voce articolata significativa dei concetti dell’uomo: parola. (Nerucci cita esempi anco in Toscana di palora per parola). || Facoltà del parlare, il dono della favella: parola. || In pl. nome che si dà nella musica alla poesia che si dee cantare: parole. || Motto, risposta, concetto: parola. || jiri supra la palora, assicurarsi dell’altrui fede: andar sopra la parola. || aviri palori, contendere: aver parole con alcuno. || dari paroli, intertenere, non venire ai fatti: dar parola, dar erba trastulla. || essiri tuttu palori, non mantener la parola, non attenere la promessa: esser più di parole che di fatti. || agghiuttirisi o manciarisi li palori, profferirle in gola in modo che non s’intendano: ingojarsi o mangiarsi le parole. || li paroli nun jinchinu panza, dicesi a chi in cambio di fatti dà parole: le parole non empion il corpo. || masticari li paroli, pensarle bene prima che si parti: masticar le parole. || arristari li palori ’m mucca, dicesi di chi o per timidità o per ignoranza non sa cominciare o terminare il cominciato discorso: morire le parole tra i denti. || nun nni sapiri palora, non ne saper notizia: non ne sapere parola. || palora a sgangu, parola ingiuriosa: parola torta. || quistioni di parola, dicesi di controversia o d’altro che solo consista nella formalità delle parole e non nella sostanza del negozio: quistione di parola. || veniri a palori, venire a rissa e contesa di parole: venir a parole, riscaldarsi di parole. || una palora porta all’autra, un discorso provoca l’altro: una parola tira l’altra. || spenniri palori pri qualcunu, parlar a pro di alcuno: spender parole per alcuno. || dari parola, promettere: dar parola. || nun nni fari palora, non parlarne. || pisari li palori, parlare con gran cautela: pesar le parole. || palori di lignu, ragioni non buone: ragionacce, discorsacci. || omu di palora, uomo che mantiene quel che promette: uomo di sua propria parola. || palori di cammara, parlar disonesto: parole grasse. || palori muzzi, troncate fra i denti: dimezzate, tronche. || mettiri boni palori, interporsi fra due per metter pace: entrar di mezzo, intercedere a pro di alcuno: mettervi una buona parola. || manteniri la parola, eseguire ciò che si ha promesso: mantener la parola. || pasciri di boni palori, intertenere altrui colla speranza: tenere in pastura. || la palora di Diu, le prediche dei sacerdoti: la parola di Dio. || palora di re, da osservarsi senza eccezione: parola da re. || palora d’onuri o di galantomu, modo di affermare o promettere nel proprio onore: parola d’onore. || in o su la palora d’onuri: in parola d’onore. || struppiari li palori, non terminar di profferirle: ammazzar le parole. || perdiri la palora, non poter favellare per un dato tempo: ammutolire. || veniri la palora, riaver l’uso della favella. || palora d’ordini. T. mil. parola che il superiore dà ai soldati di guardia ecc. pel debito riconoscimento: parola d’ordine. || dari o pigghiari la palora d’ordini, il darla che fa il superiore o il riceverla dell’inferiore: dare, pigliar la parola d’ordine. || diri o fari quattru palori, discorrere un po’: far quattro parole. || jucari supra la palora, non pagar subito, ma giuocar sulla promessa di pagare quando che sia: giuocare, perdere sulla parola. || palori persi, o perdiri li palori, parlar inutilmente, non essere ascoltato: parole perdute, perder le parole || pigghiari ’m palora, attaccarsi alla parola di uno come formale promessa: pigliar in parola o nelle parole. || pigghiari di palora, fare in modo che altri dica ciò che non dee, o che deve star segreto: tirar le calze ad uno. || pigghiari palora, dire il proprio parere in checchessia: pigliar la parola. || dumannari la palora, chiedere di poter parlare: domandar la parola. || livari o scippari li palori di ’m mucca, interrompere il parlare di alcuno indiscretamente: rompere le parole in bocca. Ovvero dire prima ciò che altri volea dire. || ’m palora, senza convenzione scritta: sopra la parola. Vale anche, sul serio: in parola. || passari parola, avvisare, passar la voce: passar parola. || riccu di palori: tutto parole. || palori a muzzu, chiacchere: parole da vegghia. O parole ingiuriose: parole torte. || palori! a modo d’interiezione, come a dire ciance: parole. || a palora a palora, o palora pi palora, senza mutar niuna parola: a parola a parola o parola per parola. || a palori, si dice a uno che millanti o minacci: a parole, cioè non con fatti. || cu belli palori, con parole lusinghiere, ingannevolmente: con belle parole. || nun essiricci ’na menza palora ’nta dui, esservi pace ed accordio: non esservi una mezza parola tra due individui. || una palora, modo ellittico invece di dire ascoltate: una parola. || palori niuri, parole segrete che abbiano efficacia ecc: parole turchine. || essiri di palora, esatto, non mancatore: essere di parola. || mali palori, villanie: male parole. || Prov. nun fari palori, ma fatti: non far parole, ma fatti. || la bona palora assai vali e pocu custa, è vero. || cu’ beni servi acquista amici, e cu’ mali palori si fa nnimici, una mala parola può far un nemico. || boni palori e mali fatti ingannanu li savî e li matti: buone parole e cattivi fatti ingannano savî e matti. || quali palori senti tali cori fai, secondo si ode uno si anima o no. || l’omu pi la palora e lu voi pi li corna, la parola lega l’uomo: gli uomini si legano per la lingua, e i buoi per le corna. || vucca sì e palori no, non prometter mai, ma dai parole: dai parole e friggi. || li palori nun sunnu scupittati o lanzati o nun fannu pirtusa, le parole non son poi colpi di lancia, non son tanto dannose: le parole non fan lividi. || li boni palori fannu strata a viviri beni, perchè metton la pace. || tra galantomini la palora è cuntrattu o semplicemente la palora è cuntrattu: tra galantuomini la parola è un istrumento. || la palora comu ’na vota nesci, nun trasi cchiù: parola detta e sasso tirato non fu più suo. || nun servinu li palori unni cc’è l’attu: lingua cheta e fatti parlanti, o parole non fanno fatti. Ovvero nun servinu li palori unni cci vonnu fatti: dove bisognan fatti, le parole non bastano.|| li palori su fimmini e li fatti su masculi: le parole son femmine e i fatti son maschi, per dire che le parole vanno più che i fatti. || la bona palora bonu locu pigghia o leva li sciarri, le buone parole stanno sempre bene, o evitano risse: le buone parole acconciano i mal fatti o le buone parole ungono e le cattive pungono. || li palori volanu o nun s’accattanu, non bisogna fidarvisi: le parole non s’infilzano. || li palori sunnu macari ’ntall’ancili, che si dice per indurre i quistionanti a compatir l’un l’altro. || li tò palori su comu li pidita di la notti chi nun arrivanu a lu dumani, l’indomani si dimenticano. || boni palori e vistiti di pannu, mai a lu munnu hannu fattu dannu: le buone parole non rompono i denti. E delle volte si dice: pochi palori e vistiti di pannu ecc.: poche parole e caldo di panno, non fecer mai danno. || ogni palora nun voli risposta, non bisogna inquietarsi ad ogni cosa anco piccola: ogni parola non vuol risposta. || nun s’imprinari di beddi palori, non lasciarsi ingannare dalle belle parole: bisogna guardare a quello che si fa non a quello che si dice. || comu nesci la palora mala nun po’ nesciri la bona? garrisce coloro che per forza voglion metter zeppe. || palori nun pinzati portanu pena, alle volte per una parola detta a casaccio ne vien un danno: le ciance spesso riescon lance. || li palori si bisognanu pisari: bisogna guardare non a quel che entra, ma a quel che esce. || palori e pinni lu ventu li leva, non bisognano parole ma documenti. || li palori nun inchinu panza, non vanno quanto i fatti, non si mangiano: le parole non empion il corpo. || palora chi si senti, cori chi si muta, alle parole altrui si dà spesso tal credito, da far cambiare parere. || la prima palora è ancilu, la parola serve per ragionare, non per usarne brutalmente.
Palorgiu. V. strummula. (Pasq.).
Palossu. s. m. Spada corta e con taglio ricurvo: paloscio. Si piglia in genere per coltello da ferire.
Palpabbili. add. Che si può palpare: palpabile. || Chiaro, aperto, quasi che si possa toccare con mano: palpabile. Sup. palpabbilissimu: palpabilissimo.
Palpabbimenti. avv. in modo palpabile: palpabilmente.
Palpari. v. a. Toccare, brancicare con la mano aperta: palpare. P. pass. palpatu: palpato.
Palpèbbra. s. f. La pelle che cuopre l’occhio: palpèbra.
Palpiamentu. V. parpagghïata.
Palpiari. V. parpagghïari. || V. palpitari.
Palpiata. V. parpagghïata.
Palpibbruzza. dim. di palpèbbra.
Palpitamentu. s. m. Palpitazione: palpitamento.
Palpitari. v. intr. Frequentemente, muoversi ed e proprio quel battere che fa il cuore, quando e agitato con qualche veemenza: palpitare.
Palpitazzioni. s. f. Il palpitare, moto violento del cuore accompagnato da oppressione, da difficoltà di respiro: palpitazione.
Palpitazziunedda. dim. di palpitazzioni: palpitazioncella.
Pàlpitu. s. m. Rimescolamento per eccesso di timore, battito, il palpitare: pàlpito.
Palpuni. A) Modo avv. A modo di chi palpa, palpando: palpone.
Paltò. V. suprabbitu. (Fr. paletot che propriamente è un abito grossolano, o cappotto senza maniche, usato da’ contadini, a mo’ degli Spagnuoli, i quali lo chiamano paletoque.) || In generale qualunque casacca.
Palu. s. m. Legno rotondo e lungo, per sostegno dei frutti ecc. palo. || Strumento di supplizio presso i Turchi: palo. || Quel legno che serve a far girare la madrevite del torchio: mazza. || Strumento di ferro schiacciato a una estremità, atto a far buchi nella pietra e a servir di leva: palo. || Nel giuoco delle carte: seme. || – tunnu, quello da calderajo: palo a mela. || – di ribbattiri, altra specie di palo da calderajo: palo da spianare. || – di sturnari: palo da strozzare. || satari di palu ’n frasca o ’m partica, passare senz’ordine da un discorso all’altro, e simile: saltar di palo in frasca o di trasto in sentina. || Prov. lu bonu palu fa cchiù racina di la stissa viti, tanto bene fa il palo alla vite, che quasi fa più uva esso che la vite stessa.
Paludi. s. f. Fondo basso che riceve molte acque senza avere china da cui farle uscire: palude.
Paludusu. add. Di natura di palude: paludoso.
Palumbu. V. palummu.
Palumma. fem. di palummu: colomba.
Palummara, Palummaru. s. f., s. m. Luogo dove stanno e covano i colombi: colombaja, colombara, e colombajo (ma è V. A). || Luogo alto vicino al tetto: piccionaja. || L’ultimo ordine di palchi del teatro: piccionaja. || Venditor di colombi. || add. e sost. Terreno leggiero e biancastro.
Palummazzu. pegg. di palummu: colombaccio.
Palummedda. s. f. T. bot. Pianta annua di ornamento, della quale si conoscono più varietà; i fiori di diverse tinte: piè di allodola dei giardini. Delphinum ajacis L. || – sarvaggia, erba: fior cappuccio. Delfino straniero, delphinum peregrinum. || – di frummentu: falena, infesta il grano. || – di ligumi, baco de’ legumi: tonchio. || Per parpagghiuni. || In pl. pezzetti di tela triangolari che si mettono negli sparati di fondo della camicia: gheroncini.
Palummeddu. dim. di palummu: colombino.
Palummeri. s. m. Colui che ha cura delle colombe.
Palumminu. add. Di colombo: colombino. || Detto di colore, è una specie di violetto: colombino.
Palummu. s. m. T. zool. Volatile domestico e noto: colombo. || – sarvaggiu, uccello azzurro, colla testa verde rilucente e intorno al collo un cerchio bianco: palombaccio, palomba. Columba palombus. O colombella. Columba sylvestris Cup. || nun si pò serviri a palummi muti, chi non chiede non ottiene: fra Modesto non fu mai priore o la botta che non chiese, non ebbe coda. || palumma e palummeddu di lu pizzu pari beddu, bisogna darle a mangiare se no diventa brutta: la gallina è bella e buona, di pel becco la fa l’uovo. || palummu di turri, piccolo piccione che per lo più abita le torri: palombella, piccione torrajuolo. || – di massaria, o vulantinu, altra specie: piccione sassatile. || fari palummu, vomitare, e dicesi agli ubbriachi. || Sorta di pesce della razza de’ cani marini: palombo.
Palummu. add. Dicesi di mantello del cavallo: bianco, leardo.
Palurazza. pegg. di palora: parolaccia. || Parola oscena, e anche ingiuria: parolaccia.
Paluredda. dim. di palora: paroletta, parolina.
Paluriarisi. v. intr. pron. Venir a parole, contender a parole: bisticciarsi.
Paluruna. accr. di palora: parolona, parolone.
Paluruzza. dim. e vezz. Paroluccia, paroluzza.
Palustri. add. di paludi: palustre.
Pampera. s. f. Parte del berretto che copre a mo’ di tettino la fronte: visiera, baviera.
Pampina. s. f. Parte nota delle piante che le adorna, e lor serve per attrarre i principî vegetativi: foglia. || Foglia della vite: pàmpano. || fig. Ostentazione di parole: frascherìe. || essiri cu li pampini, esser buono, semplice. || – di argentu. V. lunaria greca. || a pampina di canna, aguzzato a mo’ delle foglie di canna. || li pampini o li pampineddi di lu nasu: le pinne. || pampini di paraddisu, pianta di radici tuberose, foglie radicali: colocasia. Arum colocasia L. || met. Dicesi di un ignorante che non apprende mai nulla; o che di nulla gli cale, e chi è di un animo indifferente sin all’amore ecc.: apatista. || Prov. pampina assimigghia a trunzu, il figlio somiglia il padre: il ramo somiglia il tronco. || pampina, detto ass., specie di tabacco in polvere fatto delle foglie secche della nicoziana: foglietta comune, foglietta alla cappuccina.
Pampinami. s. f. Quantità di foglie: fogliame.
Pampinazza. pegg. di pampina: fogliaccia. || Pampanaccio.
Pampinedda. dim. Foglietta, fogliolina. || Pampanello. || pampinedda di lu nasu: ale o penna del naso. || occhi a pampinedda, V. in occhiu.
Pampinìggiu. s. m. Artificioso collocamento di frondi vere o finte per adorno: frascame. || Disegno di adorno: fogliame.
Pampinuna. accr. di pampina.
Pampinusu, Pampinutu. add. Pieno di foglie: foglioso, fogliuto. || Pampinoso.
Pampinuzza. dim. di pampina: fogliaccio.
Pan. V. pani. A Piazza dicono così, più vicino al modo di pronunzia lombarda.
Panacìa. s. f. Pianta che ha le foglie irsute, scobre, pennate, le foglioline pennato-fesse, bislunghe, acute, dentate: panace, panacea. || Rimedio universale: panacea.
Panararu. s. m. Chi lavora o vende panieri: panierajo.
Panarata. s. f. Tanta quantità di cose, di quanta ne è capace un paniere.
Panarazzu. pegg. di panaru.
Panareddu. dim. di panaru: panieretto, panierino. || – pri lu luci, vasetto in forma di panierino per tenervi il fuoco onde riscaldarsi: veggio, scaldino. || Per mussili. V.
Panaridduzzu. dim. di panareddu: panierùzzolo, panerùzzolo.
Panarizzu. V. pannarizzu.
Panarmònicu, s. m. Strumento musicale, che imita il suono di più strumenti: panarmònico.
Panaru. s. m. Arnese noto fatto di più fogge, formato per lo più di vinchi o di vètrice: paniere, paniera. || E per modestia: il sedere. || mancari lu funnu a lu panaru, dicesi di cosa cui manchi il meglio. || Prov. cu’ fa un panaru, fa centu carteddi, chi fa una cosa ne può fare altre simili, e tanto meglio delle più facili: chi fa trenta, può far trentuno. || riducirisi cu lu panaru a lu vrazzu, fig. ridursi alla estrema miseria. || lu picciottu cu lu panaru, così chiamansi nelle piazze coloro che portan a prezzo la roba in un cestino detto zana: zanajuolo. || aviri l’aricchia a panaru: far da nesci. || lu panaru ’nta lu puzzu si nun si inchi, si vagna: e’ non si grida al lupo, che e’ non sia in paese.
Panaruni. accr. di panaru: panierone.
Panascia. s. f. L’essere caduti gl’intestini nello scroto: sbonzolatura. || La spiga della saggina, del gran turco, ecc.: pannocchia.
Panata. s. f. Sorta di minestra fatta di pane: panata. || acqua panata, dicesi l’acqua cotta con infusione di midolla di pane: acqua panata.
Panatica. s. f. Fornimento o provvisione di viveri: panaggio, panàtica. || manciaricci ’na panatica ad unu, vivere a spese di alcuno: mangiar una spalla ad uno. || Per ventre.
Panazzu. pegg. di pani.
Panca. V. vancu. (Pasq.).
Paneggìricu. s. m. Orazione in lode: paneggirico. || fig. Adulazione; lode eccessiva: panegìrico.
Paneggirista. s. m. e f. Che fa panegirici, che loda: panegirista.
Panella. s. f. Certa vivanda di farina di ceci, ridotta in piccole e varie forme: gnocchi di cece fritto. Benchè questi gnocchi in Toscana siano di forma cubica, di due o tre centimetri di lato.
Pànfiti. Voce onomatopeica di rumore di corpo che caschi, che sbatacchi, che si rompa, ecc.: tònfete, pànfete. || Voce esclamativa denotante l’atto di chi carpisce: zaffe, p. e. e zaffe, se lo prese.
Pani. s. m. Cibo noto: pane. || – azzimu, ammazzaratu o lisu, non lievitato; pane àzzimo. || – cottu: pancotto, pappa, pane bollito. || essiri od aviri una cosa comu un pani cottu, mal concia. || – finu: pan buffetto. || – murinu, quello di farina mescolato con cruschello: pane inferigno, da moro o morino. || – persu, o abbissatu, dicesi d’uomo che non sia buono a nulla: pan perduto, pane perso. || pani, in generale vettovaglie o il bisognevole: pane. || Dicesi pure ad una certa quantità di zucchero, di burro, d’argento, di cera, ecc.: pane di... mozzo di... || pani di munizzioni o di surdatu, quello che dànno ai soldati: pane di munizione. || – di spagna, sorta di dolce di pane con uova e zucchero: pan di spagna, pasta reale. || – friscu, fatto da poco: pan fresco. || – duru, al contrario: pan raffermo. || – francisi, quello spugnoso e leggero: pan francese. || – forti, quel comune. || – cull’occhi: pan bucherato o alluminato (An. Cat.). || – scuzzariuni. V. canigghiotu || – di casa: pane casalingo. || – di massaria o di ranza, pane cui nulla o poco siasi tolta la crusca: pan tritello o di crusca. || pezzu di pani, fig. si dice ad uomo buono: esser me’ che pane. || dari pani, dar da vivere. || manciari pani, guadagnarselo. || livari lu pani, levar il lavoro, l’impiego o simile. || lu pani di l’ancili, la eucaristia: pan degli angeli. || pani e cipudda, dicesi il vivere meschino: pan e cipolla. || essiri menzu pani una cosa, cioè bisognevole quasi fosse pane: esser mezzo pane una cosa (Rigutini). || pani schittu o asciuttu, senza companatico: pane asciutto. || – papalinu o sfinciusu, pane finissimo: pane papalino. || manciari lu pani a tradimentu, mangiarlo senza guadagnarlo: mangiar il pane a tradimento. || lu pani cutiddianu, il bisognevole: il pane quotidiano. || Prov. pani pani, vinu vinu, favellare come l’uom la intende: dire al pan pane. E vale anco ripeter una cosa parola per parola, tale quale: pane pane (Nerucci). || pani schittu cala drittu, di chi non ha da mangiar altro che pan asciutto. || pani schittu, e cuitutini, di chi vuol vivere vita pacifica, anco parca. || manciari pani e sputazza, cioè pane scusso, senz’altro: mangiar pane e coltello. || pani spartutu,sanità di ventri, avendo ognuno la sua porzione, non si avranno contrasti. || fari petri pani, far l’impossibile: cavar sangue dalla rapa, far cose di fuoco. || mittirisi a pani e tumazzu, far molto lentamente: spiaccicar ragni. E vale anco mettersi a tu per tu. || nun cc’essiri pani, non esservi guadagno: non esserci pane. || fari pani cu unu, aver dimestichezza, accordarsi volentieri con alcuno: aver caldo con uno, far trina. E nun fari pani, vale non istar d’accordo, non far lega: non far cacio con alcuno (Rigutini). || pani cull’occhi, caciu senz’occhi, e vinu chi ti scippa l’occhi, il pane non serrato, il cacio sì, e il vino forte son tre cose eccellenti: pane bucato, cacio serrato e vino che cavi gli occhi. || nun sapiri si lu pani cci fa uttuli, di uomo dappoco o che non sappia far nemmeno le cose facilissime: e’ non accozzerebbe tre palle in un bacino. || nun si manciari lu pani darrè lu cozzu, aver senno ed avvedutezza. || cu’ si mancia lu pani di lu re, lu caca prestu, poichè un giorno o l’altro deve scontarlo con usura ne’ pericoli della guerra: e si dice in generale di chi serve. || dijunari a pani ed acqua, cibarsi sol di pane ed acqua: star a pane ed acqua. || addisiari lu pani, aver inopia: patire il pane. E si dice anche addisiari lu jornu pani, e la notti robba, a chi è poverissimo: non aver pane pe’ sabatini. || pani e sagramentu cci nn’è in ogni cunventu, il vero bisognevole si trova da pertutto. || vuliricci ’na cosa comu lu pani, esser indispensabile. || tali cosa nun è pani, cioè se ne può agevolmente far senza. || lu so pani e lu so pisci, si dice a chi, nulla curandosi di altrui, non si rimuove dalle abitudini, anzi pretede il suo comodo senza badar agli altri. || metti lu pani a li denti ca la fami si risenti, corrisponderebbe a quel prov. francese che mangiando vien l’appetito. || pani e formaggiu nè utili nè dammaggiu, non fa nè benè nè male. || a pocu pani lu corpu s’insigna, cu’ fa accussì la spisa si sparagna, dimostra i buoni effetti della parsimonia o continenza. || a ’na manu lu pani e all’autra lu vastuni, ci voglion i gastighi, ma anco i premî. || pri lu pani e pri lu vinu si cancia lu vicinu, per la pagnotta l’uomo cambia: per la gola si piglian i pesci. || cu’ fa pani e guasteddi nni fa laidi e beddi: chi fa, falla. || megghiu pani e furmaggiu a casa propria, ca gaddini e faciani ’n casa d’autru: voglio piuttosto pane e aglio a casa mia, che lesso e rosto a casa d’altri. || pani ’mpristatu e vinu usatu, son buoni. || E pani ’mpristatu si renni ammigghiuratu, cioè si restituisce di miglior qualità. || pani purcinu, T. bot. spezie di fungo che è ricercato dai porci: pan porcino. Cyclaminos L. || – càudu, erba: carlina. Acarna guarmifera Win. || – di la viti, le spire della vite: pane della vite. || pani, si dice anco al mozzo di terra appiccato alle barbe di qualsiasi pianta: pane. || dumanna pani a cu’ nni soli dari, e piaciri a cu’ nni soli fari, non ti rivolgere mai agli scortesi, o a coloro che non possono.
Pani. Paragoge di pa’ per padre. Anco in Toscana hanno: pae per padre.
Panìa. s. f. Fico secco infilzato in istecchi. || T. mar. Le funicelle che son attorno i così detti quadri da rancio: funicelle (Zan. Voc. Met.).
Paniari. v. intr. Propriamente mangiar pane di molto. Però si usa in senso di mangiare qualcosa: sbatter il dente.
Panicàudu. s. m. T. bot. Pianta di foglie spinose; gl’invogli quasi lesiniformi, più lunghi dei capolini: calcatreppo, eringe. Eryngium campestre L.
Panicottu. V. in pani.
Panicu. Aggiunto di un timor improvviso: pànico.
Panicutteddu. dim. di panicottu.
Panificiu. s. m. Fabbricazione del pane: panificio.
Panillaru. s. m. Chi fa o vende panelli V.: frittellajo. || panillara, si dice a donna vile: donnàccola, cialtrona.
Panipurcinu. V. in pani.
Panittarìa. s. f. Luogo dove si fa o si vende pane: panatterìa (Car. Voc. Met.).
Panitteri. s. m. Venditor di pane: panattiere. || Colui che cuoce il pane: panicuòcolo.
Panizzabbili, add. Che può ridursi in pane: panizzabile.
Panizzari. v. a. Ridurre a pane, far pane: panizzare. P. pass. panizzatu: panizzato.
Panizzazzioni. s. f. Il panizzare: panizzazione (Alberti).
Panizza. V. sopra.
Panna. Nella frase mettiri ’m panna, T. mar. Disporre le vele, che una parte di esse faccia avanzar il bastimento e l’altra lo faccia retrocedere: metter in panna (Car. Voc. Met.).
Pannalora. V. càmula.
Pannarizzu. s. m. Malore che viene alla estremità delle dita: patereccio, penereccio.
Pannazzu. pegg. di pannu: pannaccio.
Pannedda. s. f. Laminetta sottilissima di oro, argento o altro per dorare: foglia. || Pretesto: copertura. || Assicella lunga che chiude le fessure delle imposte. (Da panno).
Panneddu. s. m. Imbottitura che si conficca sotto l’arcione della sella, perchè non offenda il dosso della cavalcatura: bardella, covertina. || Quel pezzo di albagio o altro con che gli stallieri ripuliscono il cavallo dopo stregghiato: strofinàcciolo.
Panneri. s. m. Chi fabbrica o vende panni: panniere, pannajuolo. || Si dicon così anco certi rivenduglioli di panni, o anco tele, che vanno in giro.
Pannetta. s. f. Propriamente: pandette. Ma s’intende l’antica tariffa dei notai: tariffa notarile.
Panniari. v. intr. Il muoversi incerto che fa la fiamma: tremolare.
Panniceddu. dim. di pannu: pannicino, pannicello. || In pl. ogni pannolino o lano in cui rinvolgon i bambini: pezze (Car. Voc. Met.).
Pannìculu. s. m. Membrana: pannìcolo.
Panniddiari. v. a. Fregare, ripulire strnpicciando collo strofinacciolo (panneddu): strofinare.
Pannidduni. accr. di pannedda.
Pannidduzza. dim. di pannedda.
Pannieri. V. panneri.
Panniggiamentu. s. m. Lavoro con cui il pittore rappresenta le pieghe ecc. dei panni: panneggiamento.
Panniggiari. v. intr. Fare o dipingere panni: panneggiare. || Coprir di vestimenta le figure: panneggiare. P. pass. panniggiatu: panneggiato.
Pannìggiu. V. panniggiamentu.
Pannilìnu. s. m. Coperta di panno che si mette sotto la sella: gualdrappa.
Pannimi. s. f. Nome collettivo di ogni sorta di panno in pezza: pannina.
Pannizzeddu. dim. di pannizzu. || – di lu signuri, erba spontanea comune: erodio muschiato. Erodium moschatum L.
Pannizziari. v. intr. Cadere neve a falde, a fiocchi: fioccare. Quasi a pannizzi.
Pannizzu. s. m. Piccolo pezzuolo di panno: pannicino. E specialmente quelli in cui s’avvolgon i bambini: pezze. || Prov. a cu ti trovi a lu capizzu, lassacci lu pannizzu, lascia i panni a chi ti assiste fin all’ultimo.
Pannocchia. s. f. La spiga della saggina, del gran turco, del miglio ecc.: pannocchia.
Pannu. s. m. Tela di lana o di lino: panno. ||
– di razza, arazzo: panno d’arazzo. || Quella macchia o maglia a guisa di nugolo che si genera nella luce dell’occhio: panno. || Un certo quasi velo che si genera nella superficie del vino o d’altro liquore: panno || Nel pl. s’intendono le vestimenta in generale: panni. || – di la riti: panno della ragna. || – russu: lucchesino (An. Cat.). || pannu si dice anche il fior del latte: panna. || fari lu pannu, offuscare:
appannare. || tirari pannu a li riti, tirar su il panno alla ragna tra l’una e l’altra maglia dell’armatura: appannare. || T. stamp. Arnese composto di un pezzo di legno lungo un palmo, ricoperto sotto di panno, serve per far le bozze: pannetto. || Pannolino o lano in cui si avvolgon i bambini: pezza. || – di commuda, panno lino con cui si pulisce il sedere: pezza d’agiamento. || essiri o nesciri fora di li panni, di chi è in somma allegrezza: non poter star nei panni. || secunnu chi pannu cc’è, ciò è secondo i mezzi, la capacità, la sufficienza che vi sarà. || guarda li panni di cui s’annega, impara da’ mali altrui. || spissu cci su beddi carni sutta poviri panni: povertà non guasta gentilezza.
Panorama. s. m. Macchina d’ottica, inventata da Roberto Barker pittore d’Edimburgo, disposta che lo spettatore intorno intorno abbracci coll’occhio successivamente tutto il proprio orizzonte: panorama. || Veduta che da un luogo alto si gode delle valli e paesi circostanti, o di una città ecc.: panorama.
Pansè. V. panzè.
Panta. V. sacchetta (a Lipari).
Pantaci. Nella frase ci smossi lu pantaci, aver battisoffiola. E anche (Vinci), aver flusso di ventre. V anco pantasciata.
Pantacïari. V. mantaciari.
Pantaleci. (A li. V. a li bisuli.
Pantali. V. prantali.
Pantalaneddu. dim. di pantaluni.
Pantaluni. V. causi. || Maschera veneziana da teatro: pantalone. || Ognuna delle parti della quadriglia.
Pantanazzu. pegg. di pantanu: pantanaccio.
Pantanedda. dim. Pantanetto.
Pàntani, Pàntanu. Volendo ovviare di dire santu diavulu, che è una bestemmia siciliana. dicon alcuni santu di pàntani.
Pantànu. s. m. Luogo dove è molto fango e acqua ferma: pantano.
Pantanusu. add. Pieno d’acqua ferma e di fango: pantanoso.
Pantasciata. s. f. Difficoltà di respiro: anèlito (Rocca).
Pantasciu. V. sopra. || V. anche pantaci.
Pantera. s. f. T. zool. Fiera simile a un gatto e molto più grossa d’un cane, di coda lunga, sul dorso e sui fianchi è segnata da tanti anelli irregolari che nel mezzo hanno una striscia nera: pantera. Felis pardus L.
Panticia. s. f. V. ciancu (Rocca). || V. pantaci.
Pantòfala. V. sotto al 1º §.
Pantòfalu. s. m. Scarpa di casa per l’inverno: pantòfola, mule (in pl.) || Pezzo di terra cotta lungo circa 25 centimetri, largo la metà, spesso due o tre centimetri: mattone. V. maduni. || Spezie di mattone sottile che si adopera ai tetti delle case, e murasi sopra i correnti: pianella. || Spezie di mostacciuolo.
Pantòfula. V. sopra.
Pantomima. s. f. Azione scenica dove ogni cosa si rappresenta per via di gesti: pantomima.
Pantomimu. s. m. Attore di pantomima: pantomimo.
Pantòticu. add. Goffamente grosso: badiale. || Grosso, spropositato: marchiano.
Pantùfala. V. pantofala.
Pantufalaru. s. m. Facitor di pantofole.
Pantufaledda. dim. di pantofala V.
Pantufaleddu. dim. di pantofalu V.
Pantufalicchiu. dim. di pantofalu. || mattoncino.
Pantufaluneddu. dim. di pantufaluni.
Pantufaluni, Pantufuluni. accr. di pantofalu in tutti i sensi. || V. in maduni: mattone.
Pantumima. V. pantomima.
Panturreddu. dim. di panturru: tangherello.
Panturru. s. m. Rozzo, grossolano, ruvido: tànghero, buzzurro. || Di persona grassa e goffa: tangorcio.
Panuzzu. vezz. e dim. di pani: panetto, panino. || Quelli benedetti che si distribuiscono in date feste: panellini.
Panza. s. f. Parte del corpo dalla bocca dello stomaco al pettignone: pancia, panza. || La parte più corpacciuta de’ vasi: corpo. || Per pregnezza. Onde aviri la panza, esser gravida. || panza di canigghia, uomo di gran pancia: trippone. || a panza china, dopo aver mangiato: a corpo pieno. || panza di lu fusu, l’ingrossamento del fuso. || a panza vacanti, a digiuno: a corpo vuoto. || fari panza, dicesi delle muraglie che escono dalla propria dirittura perpendicolare: far corpo. || sbattiri la panza, aver fame: brontolar la pancia. || stari cu la panza a lu suli, star ozioso: starsene colle mani alla cintola, grattarsi la pancia. || aviri la panza a lanterna, aver la pancia vuota d’alimento. Onde a panza a lanterna: a corpo vuoto. || a panz’all’aria, sdrajato quanto uno è lungo: a pancia all’aria. || mettiri panza e prisenza, si dice di chi va ad un divertimento senza pagare la sua parte. || sarvari la panza pi li ficu: serbar la pancia ai fichi. || li così di la panza, le fasce e le pezze che servono pei bambini. || cosi chi nun jinchinu panza, cose più di apparenza che di sostanza. || lu mussu untatu e la panza vacanti, partecipazione in piccola parte, o nessuna partecipazione di ciò che speravasi o dovevasi conseguire in quantità molto maggiore. || panza mia fatti visazza, per esprimere somma avidità: pancia mia fatti capanna. || panza a scarpeddu, piena di molto, rimpinzata.
Panzaredda. dim. di panza: pancetta.
Panzaruni. V. panzuni.
Panzaruteddu. V. panzuteddu.
Panzarutu. V. panzutu. || Uomo di grossa pancia: pancione.
Panzata. s. f. Mangiata buona di checchessia: corpacciata, satolla, spanciata, sventrata. || Il battere il ventre cascando: spanciata, sventrata. || Detto di batoste o simile, vale buona quantità: carpiccio. || ’na panzata di lignati: un carpiccio o un rovescio di legnate.
Panzatedda. dim. di panzata.
Panzatuna. accr. di panzata.
Panzè. V. soggira e nora. Color viola.
Panzera. s. f. Armadura della pancia: panciera, panziera. || Pezzo di tela imbottita di cotone o panno lano, che si porta allo stomaco per tenerlo caldo: stomachino.
Panzetta. dim. di panza: pancetta.
Panzica. V. panzutu.
Panzicedda. V. panzaredda.
Panzigghiuni. V. vintrigghiuni. || V. panzuni.
Panzinca. Forse corrotto da panzica V.
Panziredda. dim. di panzera: panzeruola.
Panziruni. accr. di panzera: panzierone, panzerone.
Panzitta, Panzudda. V. panzetta.
Panzunazzu. pegg. e accr. di panzuni: pancionaccio (in Firenze).
Panzuneddu. dim. di panzuni nel 1 e 2 §: trippettino.
Panzuni. accr. di panza: pancione. || Uomo che ha grossa pancia: pancione, buzzone, trippone.
Panzutazzu. pegg. di panzutu.
Panzuteddu. dim. di panzutu.
Panzutu. add. Di grossa pancia: panciuto. Sup. panzutissimu.
Papa. s. m. Secondo i cattolici, il Vice-Dio: papa. || stari di papa, vivere della più agiata e lussuriosa vita, siccome quella menata da’ vice-Dio: star come un papa. Per cui i Toscani quell’ora dopa il desinare, che si sta in panciolle e non pensando a nulla quasi godendo la sazietà animale, chiamano: l’ora del papa. || fari lu papa, burlare, gabbare; o birbo di popolo! || cc’è diffirenza di mia a lu papa, si dice quando l’una cosa differisce molto ed è inferiore ad un’altra: quanto dista gennajo dalle more. || Prov. Diu ’n celu e papa ’n terra, ravvalora la credenza della vice-deità del papa. || dari lu cuntu di lu papa a li sbirri, non dar ascolto a coloro che ci ragionano. || mentri semu papa, papiamu (e vi s’aggiunge anco cu’ sa si ’n’autra vota papa semu), finchè ci è dato il destro profittiamo; bisogna macinare finchè piove; come sopra, accenna al lucroso e agiato mestiere. || mortu un papa si nni fa ’n’autru, a tutto vi è rimedio al mondo: morto un papa se ne fa un altro. || iri a Roma e nun vidiri lu papa, tralasciare la cosa più importante in una data occasione: andar a Roma e non veder il papa.
Papà. s. m. Padre: babbo. || veni ccà ô papà, così i ragazzini anco contraffanno il canto dei merli, che i Toscani fanno invece: bene mio, ti veggo. || papà senari. V. rancugghiu.
Papajanni. add. Balocco, semplice: arcicotale, baccellone.
Papalèu. s. m. Sorta di scarabeo. ||fari papaleu, soffrir le corna che la moglie regala. || In pl. vale sbirri.
Papali. add. Di o da papa: papale. || Dicesi di un genere di caratteri: carattere papale (Car. Voc. Met.). || sost. Dolce di pistacchi, dentro conserva, e sopra una crosta bianca di zucchero. || parrari a la papali, chiaramente: dir una cosa alla papale.
Papalina. V. muffulettu. || Berretto nero che copra anco le orecchie: papalina. || V. inciminata.
Papalinazza. pegg. di papalina.
Papalinedda. dim. di di papalina.
Papalinu. add. Epiteto derisorio ai soldati che avea il papa quand’era re: papalino. || Partigiano dell’abbattuto governo teocratico romano: papalino.
Papalinuna. accr. di papalina.
Papaniscu. Nella frase parrari papaniscu cioè aggiungendo la p dinanzi ogni sillaba: parlar in pi pi (così parmi aver udito in Firenze). || In generale parlar in gergo compreso da pochi: parlar gergone.
Papanzicu. s. m. Spezie di cavalletta. || Per panzutu V.
Pàpara. s. f. Oca giovine. V. paparu.
Paparazza. pegg. e accr. di papara. || Per tròttola grande (in Giarre).
Papardedda. s. f. T. zool. Uccello grosso quanto una quaglia, ha quattro linee fosche sulla fronte, piedi bruni: pizzardella, beccaccino reale. Scolopax gallinago L. (in Lucca: papardella).
Paparduni. s. m. T. zool. Spezie di pizzardella grossa: croccolone. Scolopax major L. (Gaetano Di Giovanni).
Paparedda. dim. di papara: paperino.
Papariari. v. intr. Detto de’ vasi soprappieni, essere ricolmo: riboccare. || Allagare (Spat.). || att. Sopraffare, volger alcuno a suo modo: farne alla palla di uno. || Piaggiare, dar la quadra: sojare, beffare. || rifl. pass, papariarisi ad unu, insultarlo con minacce: pappare.
Paparina. s. f. T. bot. Pianta che fa gran fiori, composti di quattro petali, il sugo della quale ha virtù sonnifera: papàvero. Papaver somniferum L. || Più comunemente intendesi quella pianta di fiore rosso senza odore: rosolaccio. Papaver rhocas L. || La più minuta sorta di pallini da caccia: migliarola. || – curnuta: chelidonio. Chelidonium glaucum L.
Paparinedda. dim. di paparina. || Il seme del papavero. || Sorta di pasta minuta quanto i semi del papavero. || – di ventu, fior di adone.
Paparinicchia. V. sopra al § 1.
Paparotta. modif. di papara: paperotto. || (Rocca). Vivanda molto tenera, quasi liquida: pappolata.
Paparottu. s. m. (Caruso) Il fanciullo delle zingane.
Pàparu, s. m. Oca giovine: papero.
Pàparu. add. Di vaso colmo, pieno fin alla bocca: abboccato, riboccante. Onde paparu paparu, pien a ribocco. Si dice di quell’uovo di cui il guscio è molle come un velo: uovo sguscio (Boscaino), uovo col panno (Car Voc. Met.). Per la etimologia ognuno dice la sua. Pasq. dà una corsa fin al Caldaico bar: fuori. paparu vale oca giovine, chi sa che l’uovo sguscio non sia creduto uovo giovane? || Per ubbriaco.
Paparuttata. V. paparotta al § 2.
Paparuttedda. dim. di paparotta.
Papassu. s. m. I turchi lo dicon ai sacerdoti cristiani e viceversa questi a quelli, per astio di mestiere: papasso. || stari comu un papassu, con ogni agio: star com’un papa. || fari lu papassu, spadroneggiare. || Caporione: papasso.
Papatu. s. m. Il mestiere e il grado papale: papato. || manciarisi un papatu: scialacquare ogni bene.
Papazzu. pegg. di papa: papaccio.
Papiari. v. intr. Comandar con troppa autorità, come hanno fatto, e vorrebbero seguitare, i servi dei servi di Dio: spadroneggiare. || Esser in buona fortuna: goder il papato. || V. papizzari.
Papiceddu. dim. di papa: paperòttolo, papecchiotto (Rigutini).
Papigghiotti. s. m. pl. Pezzetti di fil ferro fasciati di cotone, nel quale si avvolgono strettamente altrettante ciocchette di capelli: diavolini. (Fr. papillotes: diavolini).
Papilla. s. f. Nome di certe piccole protuberanze sulla superficie della pelle: papilla.
Papillusu. add. Che ha papille: papilloso (Mort.).
Papilluzza. dim. di papilla: papilletta.
Pàpira. V. papara.
Papiru. s. m. Pianta delle foglie della quale si servivano gli antichi a scrivere: papiro.
Papiscu. add. Da papa: papesco.
Papìsimu. s. m. Voce di spregio per significar la comunione dei papìsti: papismo.
Papissa. fem. di papa: papessa.
Papissu. V. papassu. || Per forestiere.
Papista. add. Seguace del papa: papista.
Papizzari. v. intr. Essere in predicamento di papa, esser papa: papizzare.
Papocchia. V. ’mpapocchia.
Papoccia. V. papuccia.
Pappa. s. f. Pane cotto in acqua, in brodo e simile: pappa. || Per pane, voce puerile: pappa. || pappa cucinedda, pane fatto in minutissimi pezzi, o altro similmente tritato. || pappa e lettu, balordo, fannullone: essere una pappa tiepida.
Pappaficu. s. m. La più alta delle tre parti che formano l’altezza dell’alberatura di una nave: pappafico.
Pappafunnu. s. m. Ogni astuccio di cuojo fisso ai lati anteriori della sella che servono a porvi le pistole: fonda.
Pappagaddu. s. m. T. zool. Uccello indiano, di varie grossezze e varî colori, impara ad imitare la favella umana: pappagallo. Psittacus L. || parrari comu lu pappagaddu o a vucca di pappagaddu, parlare senza sapere quel che si dica: dire o ripetere le cose a pappagallo, favellar come i pappagalli. Vale anche ridire quel che da altri sia stato imboccato.
Pappagadduzzu. dim. di pappagaddu: pappagallino (in Firenze).
Pappajanni. V. papajanni.
Pappalu (Vinci) V. papaleu.
Pappameli. s. m. T. bot. Pianta che ha le foglie abbraccianti, il caule fatto a metosa o a spatola; il fiore pieno di miele: cerinta. Cerinthe major L.
Pappannaca. s. m. e f. Per avvilimento dicesi a giovane leggiero e di poco giudizio: fraschetta. (Da pappa e naca, quasi bambino ancora da pappa e culla).
Pappannacchiu. s. m. Una cosa qualunque: ciammèngola, ciarpa. || (Minutilla) facci un pappannacchiu ecc.... fagli un elmo.
Pappata. s. f. Quantità di cosa che viene a un tratto e passa, come vento, afa ecc: folata. || Sbuffo di fiato puzzolente e simile: tanfata, zaffata. || pigghiari ’na cosa a pappata, con avidità, smoderatamente. Vale anche caricarsi di affari da restarne sopraffatta: acciaccinarsi. || Per una certa somiglianza, un’aria.
Pappataci. s. m. Chi soffre cose vituperevoli e tace, perchè vi trova il suo utile: pappatace.
Pappàtula. (Vinci) V. pupa.
Pappatedda. dim. di pappata: zaffatina.
Pappatuna. accr. di pappata.
Pappicedda. dim. di pappa: pappina.
Pappiribbella. s. m. Si dice ad uomo ridicolo, sciocco, come a dire pulcinella.
Pàppiti. V. pànfiti.
Pappulu. V. babbasuni.
Pappuna. accr. di pappa: pappona. || fem. di pappone: pappona.
Pappunarìa. s. f. Ingordigia, ghiottornìa.
Pappunazzu. accr. e pegg. di pappuni: papponaccio (in Firenze).
Pappuneddu. dim. di pappuni.
Pappuni. add. Di chi mangia assai, ingordo: pappone, pappolone. || pinna pappuna, quella piena di sangue, che dicono impedisca il rigogliar de’ polli.
Papuccia. s. f. Spezie di pianella alla turca: papuccia, babbuccia.
Papucciana. V. papuzzana.
Pàpula. s. f. Quel rigonfiamento di pelle, cagionato da scottatura o infiammazione: vescica, bolla. (Sp. papula: tumore nella gola. Fr. papule: pustola). || papuli papuli, pien di bolle, tutto gonfiato.
Papuliari. V. avvampari. || papuliarisi ’na cosa, rifl. a. Farla sua, mangiarla o pigliarla con ingordigia: papparsi una cosa, scuffionarsela.
Papulicchia, Papulidda. dim. di papula: vescichetta, bollicina.
Pàpulu. V. pàparu.
Papulusu. add. Pien di bolle o vesciche: bolloso, vescicoso.
Papuneddu. dim. di papuni: in tutti i sensi.
Papuni. Corruzione di vapuri. || Specie di omnibus o carrozza da viaggio a due ruote. || Per vagò. || essiri lu papuni, esser il primo, il principale: esser il papasso. || add. Ottimo, eccellente. || E dicesi a trottola, che presa in mano, giri leggiera.
Papurata. V. pappata nel § 2 quasi dire: vaporata.
Papuscia. V, papuccia.
Papuzza. V. sotto. || È altro insetto che si genera ne’ dolciumi invecchiati: bacolino.
Papuzzana. s. f. Insetto che rode i legumi: tonchio, gorgoglione, (papècia per farfalla ha il Redi).
Para. pl. di paru: para, paja. Sta pel singolare e allora fem. p. e. una para, una coppia, un pajo. || a la para, posto avv. di coppia, di pari, uno accanto all’altro e simili: al pari, alla pari. E vale anche ugualmente: del pari. || Locale ove si racchiudon gli agnelli.
Parabbòlicu. add. Che ha figura di parabola: parabòlico.
Parabbordu. s. m. T. mar. Ogni riparo con che si cinga esteriormente il bordo di una barca: parabordo (Car. Voc. Met.).
Parabbotti. s. m. Arnese di cui si cinge il capo del bambino, acciocchè cascando non si faccia cimbottoli: cèrcine.
Paràbbula. s. f. Favellamento per similitudine e per via di allegorie: paràbola. || Favola, trovato, invenzione, vanità: parabola. || Figura prodotta da una delle sezioni del cono: parabola.
Parabbulanu. s. m. Ciarlone, chiaccherone: parabolano.
Parabbulusu. add. Parabolano: paraboloso.
Paracaduti. V. parabbotti. || Strumento ad uso degli areonauti, a cui si attaccano quando voglion calare: paracaduta.
Paracheddu. dim. di paracu.
Paracqua. s. m. Arnese per ripararsi dall’acqua: paracqua, ombrello. || Per istupido. || a paracqua, dicesi degli alberi potati in modo da lasciar loro i soli rami superiori: ad ombrello. || paracqui, diconsi certi listelli fissi sotto gli sportelli, per impedire che l’acqua penetri da sotto.
Paracquaru. s. m. Colui che fa o accomoda ombrelli: ombrellajo.
Paracqueddu. dim. di paracqua: ombrellino.
Pàracu. s. m. Prete rettore della parrocchia: pàrroco.
Paracuni. accr. e vilif. di paracu.
Paraddisu. s. m. Luogo de’ beati: paradiso. || – tirrestri, dove, secondo i cristiani, fu messo il primo uomo: paradiso terrestre. || Per sim. luogo delizioso: paradiso. || pezzu di paraddisu, dicesi di cosa deliziosa e specialmente di un pezzo di musica: pezzo di paradiso. || po’ fari pezzi di paraddisu, vale, puoi pregare, o far l’impossibile ma non ti risponderò, non ti crederò ecc.: tu puoi scuotere, ma non otterrai ecc. || Prov. in paraddisu nun si cci va ’n carrozza, (perchè non c’è nemmanco strada rotabile) in paradiso ci si va facendo opere buone: in paradiso non ci si va in carrozza.
Paradiseddu. dim. di paradisu.
Paradisu. V. paraddisu.
Paradossu. s. m. Proporzione apparentemente falsa, ma che potrebbe esser vera: paradosso. || Figura retorica con cui l’oratore tien sospesi gli animi: paradosso. || Per isproposito.
Parafangu. s. m. Quel cuojo che cuopre la parte davanti d’un calesso o altro legno, e ripara dalla pioggia o fango le persone che vi son dentro: parafango.
Parafilu. s. m. T. mar. Pezzo di legno a mo’ di bietta, che s’inchioda sopra l’antenna, altro albero o simile per dar volta ai cavi: castagnola.
Parafiluni. accr. di parafilu.
Parafocu. s. m. Amese che si mette d’innanzi il camino per riparare dal fuoco le persone che vi son vicine: parafuoco. || parafochi, argini che si oppongono perchè nelle campagne il fuoco delle ristoppie non vada avanti.
Parafrenu. V. guardafrenu.
Parafùlmini. s. m. Strumento inventato da Franklin per difendere gli edifizî dai fulmini: parafulmine.
Paraggiari. V. apparaggiari. || T. leg. Uguagliare: pareggiare, ragellare (Zan. Voc. Met.).
Paràggiu. add. Uguale, equivalente: pari. || Uguale, che ha le stesse qualità: compagno. ||senza paraggiu, vale pure senza comparazione: senza paraggio.
Paraggiu. s. m. Paragone, ragguaglio: paraggio. || a paraggiu, modo avv., a paragone: a paraggio. || T. mar. Parte di mare vicino a una costa, o tratto di mare fra due paralleli di latitudine: paraggio.
Paràgrafu. s. m. Parte in cui si dividon le leggi o una scrittura o simile: paràgrafo. || T. stamp. Il segno che indica il paragrafo §: paragrafo.
Paraguantu. s. m. Mancia: paraguanto.
Paragunabbili. Da paragonarsi: paragonabile.
Paragunari. v. a. Far paragone: paragonare. P. pass. paragunatu: paragonato.
Paragunata. s. f. L’azione del paragonare (V. participiu).
Paraguneddu. dim. di paraguni.
Paraguni. s. m. Pietra su cui si stropiccia il metallo per mostrar la qualità; e per sim. cimento, comparazione: paragone. || a paraguni o in paraguni, modo avv., in confronto: a paragone, in paragone.
Paràlisi, Paralisìa. s. f. Malattia nella quale alcuna parte del corpo perde il senso, il moto o entrambi: paràlisi, paralisìa.
Paralìticu. add. Infermo di paralisìa: paralìtico.
Paralizzari. v. a. Render paralitico: paralizzare. || Per render vano; attraversare l’andamento: arrestare, impedire. P. pass. paralizzatu: paralizzato.
Parallellu. add. Equidistante in tutta la lunghezza: parallelo. || avv. Parallelamente.
Parallellu. s. m. Comparazione, uguaglianza: parallelo.
Paralumi. s. m. Arnese che serve a riparar dal lume: paralume. || Quello fatto d’un disco di latta con manico a guisa di ventola: vèntola. || Quello fatto circolare, a cono, che si adatta al tubo del lume: cappello.
Paramànichi. s. f. pl. Quelle liste trasversali che sono il finimento rivoltato delle maniche: paramani, manopòle (Perez).
Paramattisi. s. m. Tessuto di fior di lana a una faccia (Verdone).
Paramentu. s. m. Veste sacerdotale: paramento. || Qualunque abito ricco: paramento. || Adornamento delle pareti de’ tempî, delle case: paramento.
Paramintuzzu. dim. di paramentu.
Paràmitu. V. piramiti. E specialmente certi asserelli pieni di lumi, che si mettevano in Palermo per le feste solenni.
Paramizzali. s. m. T. mar. Pezzo di legname sopra cui è fermato un albero della nave: paramezzale (Zan. Voc. Met.).
Paramizzana. (Pitrè) V. sopra.
Paramuru. s. m. Muro che serve a sostenere il pendìo di altro (Rocca).
Paramuschi. V. cacciamuschi. || V. muschera.
Parancu. s. m. T. mar. Macchina composta di due bozzelli, a uno o due girelli, uno fisso, l’altro mobile: paranco.
Parànculu. V. sopra. || – d’abbannunu, gomena o gherlino attaccato sotto una nave che si abbatte in carena, per raddirizzarla: gomena di raddirizzamento: o per impedire che abbatta di più: trappe (Zan Voc. Met.).
Paranguncinu. s. m. T. stamp. Spezie di carattere: carattere parangoncino (Car. Voc. Met.).
Paranguni. s. m. T. stamp. Spezie di carattere: carattere parangone.
Paranta. s. m. La parte laterale di una porta, finestra ecc.: stìpite.
Paranza. V. paru, s. f. || Sorta di barca di commercio: paranza. || Pl. Barche da pesca a un albero: paranze, paranzelle. || Due randelli per aggiustar un peso. Nel terzo e quarto significato pare derivi dall’essere due, cioè una coppia o un pajo o paro.
Paranzarìa. V. apparenza. ||Per ostinazione (D. B.). || Infinzione.
Paranzella s. f., Paranzellu s. m. Sorta di barca a vela latina: paranza, paranzella.
Paranzotta. dim. di paranza: paranzella.
Paranzuni. accr. di paranza.
Parapàmpuli. Voce di scherzo per culo.
Parapatta. Si dice nel giuoco quando due han pari punti o pari guadagno e perdita: pari e patta.
Parapedi. V. pidagna.
Parapettu. s. m. Sponda, mura lungo un fiume, un ponte, un terrazzino ecc., alto metà d’uomo: parapetto. || Quello fatto con ringhiera di ferro: parapetto a ringhiera. || T. fortif. Difesa o coperta nell’esterno dell’opera di fortificazione per coprir il soldato e il cannone dalle palle nemiche: parapetto. || E generalmente ogni corpo situato a difesa, riparo: schermo. || Quel piano superiore del parapetto di finestra, sul quale si appoggia colle braccia chi sta alla finestra: davanzale.
Parapigghia. s. m. Subita e numerosa confusione: parapiglia.
Parapìrita. V. scanzapirita.
Parapitteddu. dim. di papapettu.
Parari. v. a. Disporre le panie, le reti co’ zimbelli e richiami relativi per uccellare: tèndere. || Detto d’armi da fuoco: caricare. || Opporre un corpo a che un colpo non colga: parare. || Impedire o trattenere il moto o il corso: parare. || Detto di giuoco, metter la posta: metter su. || parari li pedi a li cavaddi, T. man.: pareggiar le unghie. || Vestir di paramento, adornare: parare. || Per apparari V. || unni vo’ iri a parari cu ssu discursu, dove vuoi andare a riuscire: dove vuoi ire a parare con codesti discorsi. || rifl. a. pararisi, detto ass. di persona, abbigliarsi: rinfronzire, abbellirsi. || Mettersi i paramenti: pararsi. || Cautelarsi, prepararsi: pararsi. || Schifare in un discorso di dire checchessia, o star guardingo in un discorso: schermirsi, star sulle parole. || Non risolversi, indugiare artatamente per condur meglio una bisogna: ristare, badare. || pararisicci davanti, assalire, venir a fronte: pararsi dinanzi alcuno. || pararisi davanti, mandar avanti, guidare un branco cacciandolo dinanzi da sè: parar le pecore, i porci, ecc. Assalire con ingiurie, far violenti rabbuffi. V. ’mpajari. || pararisi, detto di cavalli: armarsi (An. Cat.). P. pass. paratu: parato. || Teso.
Parasbrizzi. V. parafangu.
Parascenti. add. Grande e di bella apparenza: appariscente.
Paraspolu. V. affittatturi. || V. tuccareddu. || Pezzo di terra quanto può seminar un contadino, come dire uno: stajoro. || fari a paraspolu, di nascosto: a cheticchella.
Parasprizzi. V. parasbrizzi.
Paraspularu. s. m. Colui che semina il così detto paraspolu. || Per fittajuolo.
Paraspuleddu. dim. di paraspolu.
Parasuleddu. V. parasulinu.
Parasuli. s. m. Arnese per riparare dal sole: ombrella, parasole.
Parasulinu. dim. di parasuli: parasolino.
Parasurcu. s. m. T. agr. Solco grande fatto vicino i limiti d’un podere, per raccoglierne le acque: capifosso (Pal. Voc. Met.).
Parata. s. f. Il parare: parata. || Il tendere: tesa. || Per carrica V. || Il metter su i danari nel giuoco: posta, messa. || Quella ajuola dove si tendono le reti: paretajo. || T. mil. La comparsa de’ soldati in luogo designato onde far mostra: parata. || Operazione che fa il cavallo, che è una curvetta più in aria: parata. || T. scherm. Guardia, e anco parata, poichè restar in parata vale restar in guardia. || Il pavesar un legno, ossia adornarlo de’ suoi padiglioni ecc: mostra, comparsa (il Lissoni biasima in tal senso la voce parata). || vidiri la mala parata, conoscere di essere in termine pericoloso: veder la mala parata. || di parata, si dice di oggetti, mobili o altro riserbati per festa o solennità qualunque: di parata. || appizzaricci la parata, perdervi la fatica.
Paratìa. s. f. T. mar. Separazione di tavole o di tela a poppa e a prua sotto coperta, per riporvi checchessia: paratìa.
Paratu. s. m. V. apparatu. || T. agr. La prima piantagione dei cardoncelli che produce i carciofi grandi e belli.
Paratu. add. Preparato, pronto: parato. || malu paratu, mal provveduto, in cattivo termine: mal parato. || Per varatu. V. in varari.
Paratura. s. f. Legname da far i fondi delle botti o simile.
Paraturaru. s. m. T. lan. Colui che sopraintende alle gualchiere per la sodatura dei panni: gualcherajo. || Per apparaturi.
Pararatureddu. dim. di paraturi.
Paraturi. V. apparaturi. V. tinidduni. || T. lan. Macchina, che mossa per forza di acqua, pesta e soda il panno: gualchiera.
Parautaru. V. paliu.
Paraventa. V. vàlvula.
Paraventu. s. m. Arnese che ponesi nelle stanze per rompere il corso dell’aria o per dividere la stanza ecc.: paravento, scena. || Per bussula V.
Parazzu. pegg. e accr. di paru: pajaccio.
Parcamenti. avv. In modo parco: parcamente.
Parchissimamenti. avv. sup. Parchissimamente.
Parcimineddu. dim. di parciminu.
Parcimunu. s. m. Carta pecora: pergamena.
Parcu. s. m. Luogo riserbato alla caccia dei signori: parco. || – d’artigghiaria, campo fortificato dove stanno i cannoni e le munizioni: parco d’artiglieria. || T. mar. Unione di più pezzi di legno che si sospendon attorno il bastimento, quando si fabbrica, per calafatarlo: parco, triangolo (Pitrè).
Parcu. add. Moderato, scarso, sobrio, temperato: parco. Sup. parchissimu: parchissimo. || avv. Parcamente.
Parda. s. f. T. mar. Dicesi d’una corda atta a cercare un’àncora perduta in fondo del mare: draia (Zan. Voc. Met.).
Parder. Così a S. Fratello per parrari V.
Pardu. V. leopardu.
Parenti. s. m. Congiunto di consanguineità: parente. || jovidì di li parenti, uno dei giovedì di carnevale: berlingaccio. || Prov. parenti chi nun ti duna, amicu chi nun t’impresta, fuilu cumu la pesta, è chiaro. || li parenti di la mugghieri su sfinci cu lu meli, li parenti di lu maritu su sfinci cu l’acitu, ciò vuol dire che i parenti della moglie sono i migliori, || cu’ cerca parenti cerca corna, non l’intenderei il perchè. || a li parenti nun fari nenti, a li vicini comu li spini, a li cummari nun li tuccari, precetti del vivere in società. || tra amici e tra parenti nun cci accattari e vinniri nenti, perchè perde sempre chi è più delicato: chi vuol vivere e star sano, dai parenti stia lontano.
Parèntisi. s. f. Interponimento, senza però il quale può stare il periodo, per lo più si racchiude fra lineette: parèntesi. || fari parentisi, met. romper il discorso: far parentesi. || T. tip. I segni tra cui si racchiude la parentesi: parentesi.
Pargulettu. s. m. Bambino: pargoletto.
Pari. s. m. Nome di dignità, fra’ nobili, che formavano la parte alta del Parlamento, in tempi feudali: pari (come se gli uomini non fossero tutti pari dinanzi la legge e la natura).
Parìa. s. f. Piccola mandra: greggiuola. || Per paru.
Paricchia. s. f. Due d’una cosa stessa: pajo. || paricchi paricchi, in gran numero. || cu li corna paricchi paricchi, dicesi per lo più di ragazzotto inquieto: fìstolo, nabisso.
Paricchiata. s. f. Una data misura di terreno lavorativo. || – di lignami, tanto legno che ne trasporta un paio di buoi o paricchia di voi.
Pariceddu. dim. di paru: pajetto.
Parietaria. V. erva di ventu.
Pariggenu. s. m. T. tip. Sorta di carattere: carattere parigeno.
Parigghia. s. f. Nel giuoco dei dadi sono due medesimi numeri: pariglia. || Per una coppia di cavalli da tiro, che sono affatto simili nel mantello e nella statura: pariglia. || dari la parigghia: render pan per focaccia.
Parigginu. Per donninaru, poichè si sa che le mode vengono da Parigi, capitale del lusso e della corruzione: checchè ne dica Trochu.
Parimenti. avv. Egualmente: parimente.
Parintaggiu. s. m. Parentato: parentado. (A. V. ital. parentaggio).
Parintascu. V. sotto.
Parintatu. s. m. Congiunzione per consanguinità: parentado. || Nome collettivo che abbraccia tutti i parenti: parentado. || Casato il nome gentilizio di tutta una discendenza: parentado (Nerucci).
Parintela. s. f. Parentado: parentela. || fari parintela, far nozze, divenir parente: far parentado. || Per sim. Si prende tal volta per simiglianza, relazione, connessione tra due o più cose: parentela.
Parintisedda. dim. di parentisi.
Parintisuna. accr. di parentisi.
Parintivuli. add. Da parente: parentevole.
Parintuzzu. dim. e vezz. di parenti.
Paripatta. V. parapatta.
Pariri e Parìri. v. int. Sembrare, mostrare di essere: parère (parire Pier delle Vigne). || Giudicar opportuno, stimare: parere. || Apparire, esser chiaro e manifesto: parere. || pariricci forti, non poter credere, ovvero non aver cuore di fare o dire. || pariri, sta per vedersi, esser veduto, p. e. fa comu la pirnici ca s’ammuccia la testa e tutta pari, (v. pirnici), a questo modo corrisponderebbe quell’uso di Dante: si pare, cioè si vede. E anche oggi parere ha pur senso di: darsi a vedere, presentarsi alla vista. || nun ci pari, si dice ad uno bambino troppo e che faccia checchessia, che pure dicesi nun cu pari ’nta la facci di la terra. Vale anco non parere che altri sia o faccia quel che è o fa: non si dipare. || pariricci tuttu lu munnu, parer un gran che: parere tutto il mondo. || mi pari e nun mi pari, modo che indica una indecisa apprensione di un oggetto: mi pare e non mi pare. || mi pari malu una cosa: mi rincresce..., di questa cosa mi pare male. || pariri mill’anni, aspettare con impazienza: parere mill’anni. || pariri ’n’autru, di chi essendo migliorato nella sua condizione o fisica o morale, ha come mutato natura: parer un altro. || pr’un parissi, per ischerzo: per chiasso. || cci pari e nun cci pari all’occhiu, sembra e non sembra. || pari ca te, sta bene, va bene, p. e. si cci javi tu, pari ca te, se ci andavi tu e va bene. || Prov. cosa chi pari nun cci voli prova, è chiaro. || pariri e nun essiri è comu filari e nun tessiri: parere e non essere, è come filare e non tessere, l’apparenza non basta. P. pass. parutu o parsu: parso, paruto.
Parìri. s. m. Opinione, avviso: parere. || a miu pariri, secondo che pare a me: a mio parere.
Parita. s. f. La superficie esterna o interna di varie cose: parete.
Parità. s. f. Egualità, relazione tra cose pari: parità, paritade, paritate. || V. parabbula. || V. similitutini.
Paritatedda. dim. di parità.
Paritati. V. parità.
Pariu. add. T. st. nat. Aggiunto di un marmo della più vaga bianchezza: pario.
Parìzzia. V. mparissi.
Parlamentari. v. intr. Favellar ne’ consigli e nelle diete: parlamentare. || T. mil. Il trattare che fanno i difensori cogli aggressori, trattative fra due eserciti nemici per cedere un posto o checchessia: parlamentare.
Parlamentàriu. s. m. T. mil. Colui che va a parlamentare: parlamentario. || Deputato al parlamento: parlamentario.
Parlamentàriu. add. Del parlamento: parlamentario.
Parlamentu. s. m. Unione di uomini deputati a trattare le faccende pubbliche, il governo ecc.: parlamento. || Ragionamento. || Prov. li vani parlamenti corrumpinu li boni costumi, li cattivi ragionamenti corrompono i costumi.
Parlanti. add. Che parla, facondo: parlante.
Parlantina. V. parrantina.
Parlari. V. parrari e derivati.
Parlatina. V. parrantina.
Parma. V. palma.
Parmacristi. s. f. T. bot. Pianta.
Parmariu. V. palmariu.
Parmarizzottu. dim. di parmarizzu.
Parmarizzu. add. Della lunghezza di una spanna: spannale. || s. m. Cantoncino di pietra per fabbricare, d’un palmo. || Sorta di chiodi, lunghi un palmo.
Parmata. s. f. Percossa data sulla palma della mano: palmata, che era il mezzo di educazione usato dai famigerati gesuiti.
Parmatedda. dim. di parmata.
Parmatuna. accr. di parmata.
Parmentu. s. m. Luogo dove si pigiano le uve: palmento.
Parmiari. V. palmiari.
Parmiciana. s. f. Foggia d’imposta nella quale gli scuri sono attaccati allo sportello della invetriata. || Per dammiciana.
Parmicianedda. dim. di parmiciana.
Parmicianu. add. e s. m. Sorta di cacio: cacio parmigiano. Forse venuto, o fatto all’uso di Parma (città della nostra penisola).
Parmiggiana. V. dammiciana.
Parmintedda. s. f. e add. Sorta di grano gentile.
Parminteddu. dim. di parmentu.
Parmintolu. V. parminteddu.
Parmitu. s. m. Luogo seminato a palme: palmeto.
Parmu. V. palmu.
Parocchiu. s. m. T. caval. Ciò che si mette ai cavalli per riparo degli occhi: parocchio (Rigutini). || Si dice a una cuffia malfatta, grande: cuffione.
Pàrocu. V. paracu.
Parola. V. palora.
Paròtica. V. oricchiuni.
Parpacinu. V. latru. (Da harpago: uncino, quasi uno che abbia le mani a uncino, cioè ladro).
Parpagghïari. v. a. Muover le labbra nel profferire: labbreggiare, mussitare, pispigliare. || Certo movimento delle palpebre in su e in giù: lappoleggiare (Tomm. D.) || – l’ali, muoverle leggermente. P. pass. parpagghïatu: labbreggiato, mussitato, lappoleggiato. Da parpagghiuni, presa l’idea dal movimento delle ali di questo insetto.
Parpagghïata. s. f. L’azione del parpagghïari.
Parpagghïatedda. dim. di parpagghïata.
Parpagghiunazzu. pegg. e accr. di parpagghiuni: farfallone, farfallaccia.
Parpagghiuneddu. dim. Farfallina, farfalletta.
Parpagghiuni. s. m. T. zool. Insetto volatile, con ali di varî e be’ colori: farfalla. (A. V. ital. parpaglione che è la farfalla la quale gira intorno al lume). Papilio L. || La prima messa delle piante, in cui le foglioline pajono come ali di farfalla verde: germoglio. || – di frumentu, specie di farfallino. || Sorta di vela: parpaglione (Perez).
Parpagnizzu. s. m. Quel sostegno nel quale sono appoggiate le botti nelle cantine: sedile (Car. Voc. Met.) (da parpagnu).
Parpagnu. s. m. Misura colla quale gli artefici regolano i loro lavori, ovvero modano: sàgoma.
Parparola. s. f. Moneta antica del valore di mezzo grosso. In Piacenza vi era una moneta detta parpagliuola che valeva tre soldi toscani. Chi sa che non sia una medesima origine.
Parpiari. V. parpagghïari. || V. palpitari. || V. anco tantiari. || quantu un parpiari d’occhi, subito: in un batter d’occhio.
Pàrpitu. V. palpitu. || Il battere, p. e. parpitu d’occhi: batter d’occhio.
Parraceri. V. parraciuni.
Parracìa. s. f. Cicaleccio, rumore che si fa, chiaccherando, da più persone: chiacchierìo, chiacchiericcio. || Chiacchieramento ozioso: chiacchierina. || Voce, fama, sentore di considerabile avvenimento: bucinamento. || Fama, grido, materia di discorso: romore. || Primo grado della ebrezza: chiacchierina.
Parracïari. v. intr. Chiacchierare, cianciare uggiosamente e senza proposito: ciabare, ciarlare, parlottare, chiacchillare, ciambolare. || Parlare de’ fatti altrui: sfringuellare.
Parracïata. s. f. Il chiacchierare, cicalare: chiacchiericcio, cicaleccio, cicalata, ciangolaja.
Parracina. V. parracìa.
Parraciunaria. V. parracìa e parracïata.
Parraciunazzu. accr. e pegg. di parraciuni: cicalonaccio.
Parraciuneddu. dim. Cicalino.
Parraciuni. s. m. Chi chiacchiera molto: cicalone, ciancione.
Parraciuniari. V. parracïari.
Parramentu. V. parlamentu. || Trattativa, pratica, maneggio: negoziazione.
Parrantina. V. parracìa. || V. parratura.
Parrapicca. Scherzosamente si dice accattarisi un granu di parrapicca, e vale tacersi: aver acqua in bocca. || Si dice a chi parla poco o tollera troppo: pappataci. || Taciturno: sornione, musone.
Parrari. v. intr. Profferir parola: parlare. || Dire: parlare. || Trattare: parlare. || Narrare, raccontare: parlare. || Mormorare: borbottare, bofonchiare. || – ’ntra labbra e denti, parlare senza lasciarsi mai intendere: parlar fra’ denti o a mezza bocca. || – supra lu seriu, parlar con gravità: parlare in sul grave. || – ’mbrugghiatu, parlar in gola: barbugliare. || – cu l’atti, co’ cenni, senza adoperar la voce: gesticolare. || – cull’occhi, accennar cogli occhi: ammiccare. || – quattru e quattr’ottu, parlare schiettamente e senza inganno: dirla chiaramente, spiattellatamente. || – di vucca e vucca, presenzialmente. || – all’oricchia, dir altrui pianissimo e giusto all’orecchio: fischiar negli orecchi. || – di sulu e sulu, segretamente. || – ammatula, parlar invano. Od oscenamente. || – ntra la manica, si dice quando essendo uno applicato, altri lo disturba parlandogli: storre, disviare. || – lu cori, aver presagio: presentire. || – scacciatu, favellare con istrascico. || – cu lu nasu. V. nanfariari. || – a sgangu. V. sgangu. || – sbuccatu, disonestamente: parlare sboccatamente. || – a quattr’occhi, parlar da solo a solo. || – a leta facci, spiattellatamente, che si dice pure a facci scuverta. || dari a parrari, far parlare alla gente di sè: dar da dire. || parrari a lu ventu o cu lu muru, gettar le parole: predicar ai porri. || – arabbu, oscuro. || – italianu, francisi ecc., parlar la lingua italiana, francese: parlar italiano, francese. || bona cu parra! o taliati cu parra!, espressione per redarguire quando chi parla è tinto della stessa pece e peggio: la più cattiva ruota sempre cigola. || parrari cu lu squinci e linci. V. squinci. || parrari ’ntrippitatu o cu la lingua di fora o ’mpunta di burcetta, con affettataggine: parlar in punta di forchetta. || – cu lu sangu all’occhi, con risentimento ed efficacia: parlare risentito. || fari parraru un strumentu, sonarlo a perfezione. || parrari sodu, saggiamente: sodo, di buzzo bono. || – quantu un judici poviru, moltissimo. || – a peri di vancu, sconclusionato: ragionar co’ gomiti, parlar all’abbacchiata. || – a passi passittu, leggermente. || cumunamenti parrannu, vale secondo la comune degli uomini: comunemente parlando. || parrari si usa anco att.: parlare. || recip. Parlarsi. || Amoreggiarsi: parlarsi, discorrersi (Tomm. D.). || io nun ci parru cu’ iddu, son crucciato con lui: io non gli parlo. || Prov. cu’ picca sapi, prestu parra, la ciarlataneria è dono degli ignoranti: chi poco sa presto parla. || lu superchiu parrari veni a fetu, parlando troppo può scappare qualche cosa che offenda o tragga tristi conseguenze. || lu troppu parrari metti siti, fig. può recar male, come sopra: a discorrer troppo si muore, o chi troppo abbaja e’ s’empie il corpo di vento. || cu’ picca parrau, mai si pintiu, meno si parla, meno papere si posson dire: nessuno si pentì mai di aver taciuto. E al rovescio cu’ cchiù sapi, mancu parra, chi parla rado, è tenuto a grado. || cu’ cchiù (o troppu) parra, cchiù (o spissu) sgarra: chi assai ciarla, spesso falla. || lu parrari senza pinzari, è comu lu sparari senza guardari, se pur non è dannoso è inutile. || lu parrari sinceru è beddu assai, e chi nol vede? || parru cu tia soggira e sentimi tu nora, quando uno fingendo parlare di alcuno o di alcuna cosa, accenna ad altro: dico a te suocera, perchè nuora m’intenda. || saggiu parrari è scutu d’ogni offisa, è vero. || pocu t’importa sapiri cu parra, ma zoccu dici, com’è contrario all’ipse dixit! || a lu parrari si canuscinu l’omini: al canto l’uccello, al parlare il cervello. Che si dice pure lu dottu si canusci a lu parrari e li campani a lu sunari: vedendo uno, il conosci mezzo, sentendolo parlare il conosci tutto. || prima di parrari mastica li palori, cioè pensaci bene: chi vuole ben parlare ci vuole ben pensare. || parrari assai e diri nenti, si dice di chi non concluda mai niente. || unni nun sì ’ntisu nun parrari, poichè è fiato sprecato: al cieco non si mostra la strada. || si divi parrari a tempu e a locu, omnia tempus habet ed è vero. || nun parrari si nun sì addumannatu, si voi essiri laudatu, quando non sei addomandato non intrometterti. || cu’ parra simina, e cu’ senti arricogghi, che vi piace più adunque seminare o raccogliere?: chi parla semina e chi tace raccoglie. || lu beddu parrari è chiaru, comunissimo modo di dire, per esprimere che la si vuole sfringuellare spiattellatamente. || parrari comu un libbru stampatu, per scherzo, si dice del parlar bene, e iron. vale parlar male: parlare come un libro stampato. || parrami prima acciò io ti canuscissi, dal parlare si conosce chi è savio: apri bocca e fa che io ti conosca. || cu’ pocu parra ’un havi ch’arrispunniri, chi più non parla non ha che rispondere. || guardati d’omu chi nun parra, e di cani chi nun abbaja, giacchè chi molto parla poco fa: da fiume ammutito fuggi. || lu bonu parrari pocu locu pigghia, non fa mestieri grande fatica a parlar bene. || lu disunestu parrari l’oricchiu onestu fa privaricari, quale avvertenza pe’ confessori di candide fanciulle! || quannu tu manci chiuditi la porta, e quannu tu parri votiti d’arreri, bada da chi sei ascoltato. P. pass. parratu: parlato.
Parrari. s. m. L’atto del parlare e la facoltà: parlare.
Parrastra. s. f. Moglie del padre di colui a cui sia morta la madre: matrigna. || fari comu ’na parrastra, procedere da matrigna, aspreggiare: matrignare.
Parrastrazza. pegg. di parrastra.
Parrastredda. dim. di parrastra.
Parrastreddu. dim. del seguente.
Parrastru. s. m. Marito della madre di colui a cui sia morto il padre: patrigno.
Parrata. s. f. Il parlare: parlata. || Discorso, orazione: parlata. || Modo di parlare: parlata. || Trattato: parlamento.
Parratazza. pegg. di parrata.
Parratedda. dim. di parrata: parlatina.
Parratina. V. parrata.
Parratòriu. s. m. Luogo dove si parlava colle monache nel monastero: parlatòrio.
Parratteri. V. parraciuni.
Parratuna. accr. di parrata.
Parratura. s. f. Il parlare, loquela: parlatura. || Modo di parlare: parlatura. || fem. di parraturi: parlatrice.
Parraturi –tura. verb. Chi o che parla: parlatore –tora –trice.
Parraturieddu. dim. di parratoriu.
Parricida. add. e sost. Chi uccide il padre: parricida.
Parricìdiu. s. m. Uccisione del padre: parricìdio.
Parrina. s. f. Donna che tiene altrui al fonte battesimale o alla cresima: madrina, sàntola.
Parrinarìa. s. f. Moltitudine di preti: pretaria, cherichería.
Parrinaru. add. Che si compiace a trattare coi preti: pretajo.
Parrinazzu. pegg. e accr. di parrinu: pretaccio, pretacchione.
Parrineddu. dim. Pretino. || dim. di padrino.
Parrinicchiu. dim. e spreg. Pretònzolo.
Parriniscamenti. avv. A mo’ de’ preti.
Parriniscu. add. Di o da prete: pretesco.
Parrinìsimu. s. m. Stato e condizione dei preti: pretismo.
Parrinoriu. Per ischerno, V. parriniscu.
Parrinu. s. m. Ministro di religione: prete. || Compare: padrino, sàntolo. || Uccello d’acqua che ha una cresta di penne. || Prov. torna parrinu e ciuscia, dicesi quando uno ritorna sempre alle medesime domande. || monaci e parrini viricci la missa e stoccacci li rini; parrini, boni sulu pri la missa; parrini, monaci e surdati, ’un cci aviri chi fari e dunacci lignati, pare che il popolo intraveda le piaghe sociali. || custari quantu un figghiu parrinu, costar molto: costare quanto farlo prete. || megghiu sbirri a la porta ca parrini, lo sbirro viene per arrestare, il prete viene per pigliar il cadavere. || lu figghiu parrinu è lu porcu di la casa, almeno era, il prete era una gran pagnotta: beata quella casa che vi è chierica rasa. || frati, ciumi e parrini su’ tri mali vicini, decisamente il popolo non ha gran fatto opinione di preti e frati.
Parrinuni. accr. di parrinu: pretacchione.
Parritteri. s. m. Chi parla molto ed oziosamente: ciarliere.
Parrittiari. V. parraciari.
Parrocchia. s. f. Chiesa che ha cura d’anime, e si prende anche per tutto quel luogo che è soggetto alla parrocchia: parrocchia. || Il prete col sagrestano commessionato dal parroco ad associar il morto.
Parrucchiali. add. Di o da parrocchia: parrocchiale.
Parrucchianu. add. Persona o popolo della parrocchia: parrocchiano.
Parruccianazzu. pegg. e accr. di parruccianu
Parruccianeddu. dim. di parruccianu.
Parruccianu. add. e sost. Dicesi dai mercanti e dai bottegai colui che continua a servirsi da loro: avventore, bottegajo. || Così parimenti gli avventori chiamano il bottegajo o mercante da cui sempre si servono. Forse viene da procciano cioè vicino, prossimo. O da parrocchiano come dire dello stesso quartiere, rione.
Parsimònia, s. f. Moderazione di spese: parsimonia. || Scarsità, mancamento: penuria. || Ed alle volte avarizia: grettezza.
Partàggiu. s. m. Il dividere in parti: partimento (Fr. partage).
Partània. V. curtigghiara.
Partazza. pegg. di parti: partaccia. || fari ’na partazza, uscire in male parole o villanie: far una partaccia.
Partenza. s. f. Il partirsi: partenza. || Quello spazio di terra che si lascia vuoto tra l’una vigna e l’altra, acciò si possa rivoltar l’aratro. || La stessa vigna: vignata.
Parti. s. f. Quella di che è composto il tutto, e nel quale il tutto si può dividere: parte. || Luogo o regione, lato, banda, canto: parte. || Luogo o articolo di un libro, di un lavoro: parte. || Fazione, setta: parte. || Ognuno de’ litiganti, contraenti e simili: parte. || Ne’ teatri dicesi quella che spetta a ognuno di dire o di fare: parte. || Azione, modo di agire, onde ’na parti di Giufà, di loccu ecc. || La parte che pagasi di ciò che si è goduto in comune: stregua. || Luogo del corpo: parte. || Per partazza V. al § 2. || Membro: parte. || di o pri ’na parti, da un lato, o per un certo rispetto: da una parte. || pri ’n’autra parti, per l’opposto: dall’altra parte. || parti, un numero determinato di cose, di persone: parte. || pri parti mia, tua, ecc. in nome, per ordine, per commessione mia, tua ecc.: da parte o per parte mia, tua ecc. || pri parti mia, tua ecc. dal canto mio, tuo ecc.: dalla parte mia, tua ecc. || di parti a parti, posto avv., vale da una banda all’altra: da parte a parte. || a parti, separatamente, di per sè, di nascosto: a parte. || a parti a parti, a una parte per volta: a parte a parte. || parti pri parti, a una parte per volta: parte per parte. || dari parti, dare avviso, dar notizia: dar parte. || mettiri di parti, non far conto: lasciare, porre da parte. Vale anche conservare una cosa: serbare, mettere da parte. Ammassar danaro: porre da parte. || parti reali, T. mus., è quella che eseguisce una cantilena totalmente diversa dalle altre: parte reale. || – strumentali, quella che eseguisce il suonatore: parte strumentale. || – vucali, quella che eseguisce il cantore: parte vocale. || –virgugnusi, le pudende: parti vergognose. || aviricci parti, avervi interesse. || fari li parti di unu, essere in vece di lui: far le parti di alcuno. || essiri o iri a la parti, far società per dividersi poi il guadagno: far a parte con uno. E così ’mmarcarisi a la parti, imbarcarsi in società pel guadagno: essere della parte (Pitrè). || pigghiari in bona o in mala parti, pigliar in bene o in male: prender in buona o in mala parte. || facisti ssa bella parti, per rimproverar alcuno che abbia agito male. || essiri a parti, esser consapevole: esser a parte. Per partecipare: star a parte. || mittirisi di parti: trarsi in disparte, stare a parte. || Per officî, complimenti ecc. diciamo faciti li me’ parti: ossequiate per parte mia ecc. || in buona parti, in gran parte: in buona parte, nella maggior parte. || la parti a ’nn intra, regioni remote: in capo del mondo. || fari la parti di lu manicu, finger ignoranza: far il nesci. || fari parti, dividere: partire. Per partecipare, far parte. || Appartenere: far parte. || dari parti, dar avviso, partecipare: dar parte. || chi parti cci havi, modo di dire che vale: che c’entra. || parti voti, vale, delle volte, a volte. || a la parti, modo avv., a porzione: alla porzione. || a la parti di lu sfardatu: in luogo umile. || in parti, non interamente: in parte. || a cca parti, da questa parte. || d’allura a sta parti, da tal dì a oggi: da quel tempo a questa parte. || Prov. la parti di lu cumpagnu sempri pari cchiù granni: sempre par più grande la parte del compagno. || senti l’autra parti e poi giudichi, per giudicare bisogna sentire le due parti: a sentire una campana sola si giudica male.
Partìbbili. (Scob.) add. Divisibile: partibile.
Particedda. dim. di parti: particella, particina.
Particella. s. f. T. gram. Voci che servono di legamento al discorso: particella. || V. particedda.
Participanti. add. T. mar. Che entra a parte col proprietario d’una nave: partecipante, porzionario.
Participari. v. intr. Aver parte: partecipare, participare. || v. a. Far parte, far partecipe: partecipare. P. pass. participatu: partecipato.
Participazzioni. s. f. Il partecipare e la porzione stessa: partecipazione, partecipanza, participazione.
Partìcipi. add. Che ha parte, compagno: partècipe.
Participiali. add. Da participio.
Particìpiu. s. m. T. gram. Parte del discorso che partecipa del nome e del verbo: particìpio. || La voce feminile del participio si usa ad indicare l’azione de’ verbi, in quanto alla voce italiana da corrisponder a tali voci mi son valuto di quanto dice Fanfani nel Voc. di u. Tosc. e che io riporto nella prefazione. Vedasi.
Partìcula. s. f. Particella: partìcola, partìcula. || L’ostia con cui i preti amministrano l’eucaristia ai credenti in loro: particola.
Particulari. add. Che appartiene a un solo, speciale: particolare. || sost. Persona privata. || in particulari, modo avv., particolarmente: in particolare. || cosa particulari, eccellente. || pri (o supra) su particulari, vale in quanto a codesto. Sup. particularissimu: particolarissimo.
Particularissimamenti. avv. sup. Particolarissimamente.
Particularità. s. f. Ciò che è proprio e particolare ad alcuno, contrario di generalità: particolarità. || Parzialità: particolarità.
Particulàriu. s. m. Ferro circolare per far i comunichini.
Particularizzari. v. a. Distinguere con particolarità, narrar minutamente: particolareggiare, particolarizzare. P. pass. particularizzatu: particolareggiato.
Particularizzazzioni. s. f. Il particolareggiare: particolareggiamento, particolarizzazione.
Particularmenti. avv. Con particolarità, minutamente, specificatamente: particolarmente, particularmente.
Particulazza. pegg. di particula: particoletta.
Particuledda, Particulicchia. dim. di particula: particoletta.
Partiggiana. s. f. Arme in asta, antica: partigiana.
Partiggianu. add. Che parteggia, che tiene del partito di uno: partigiano.
Partimentu. s. m. Divisione, scompartimento: partimento.
Partinzata. s. f. Strada che mette in comunicazione fra loro i campi, i poderi, e questi con la casa o cascina: viòttola.
Pàrtiri. v. intr. Andar via, togliendosi dal luogo ove non è: partire. || intr. pass. Partirsi. || v. a. partiri la stidda, mandarla al vento. || dar il segno a’ bàrberi di correre: dar le mosse. || Per spartiri V. || Vale anche, far la seconda svinatura.
Partita. s. f. Parte, porzione: partita. || Fazione, setta: partita. || Quantità, numero: partita. || Quantità più o meno grande di mercanzia: partita. || Nota o memoria di un debito o credito in sui libri di conti: partita. || Il giuocare: partita. Onde fari ’na partita: far una partita. E il giuoco medesimo, onde vinciri ’na partita: vincere una partita. || partita fradicia, debito inestinguibile. || T. mil. Mano di soldati staccati dall’esercito per inquietare l’inimico: partita. || partita d’onuri, il duello: partita d’onore. || Quantità determinata di donne che incassan le arance. || a partita, separatamente, alcuni ora altri poi: partitamente, a partita.
Partitamenti. avv. A parte a parte: partitamente.
Partitanti. add. Che parteggia per chicchessia: partitante.
Partitàriu. V. partitanti. || V. appaltaturi.
Partitedda. dim. di partita: partitina.
Partiteddu. dim. di partitu.
Partitu. s. m. Unione di persone che hanno idee o interessi contrarî ad altre persone, o simile: partito. || Via, modo, guisa: partito. || Risoluzione, determinazione: partito. || Occasione, trattato di matrimonio: partito. || Termine, pericolo e si dice malu partitu: mal partito. || T. art. Pensamento, idea, progetto, disegno di un’opera. || Patto, condizione, accordo: partito. || mettiri la testa a partitu, metter al dovere: mettere la testa a partito. || aviri un partitu, dicesi di una fanciulla che trovi da allogarsi: aver un partito. || Prov. cu’ muta partitu, muta maritu, chi cambia modo, cambia affetti: chi muta lato muta stato. || a partitu, modo avv., pensatamente: a partito. || manciari a partitu, cioe pagando un tanto per un vitto determinato: mangiar o star a dozzina.
Partituna. accr. di partita: partitone.
Partitura. s. f. T. mus. Esemplare ove tutte le parti di una composizione musicale vi sono unite, spartito: partitura.
Partituri. s. m. Le pallottoline maggiori della corona: paternostri. || Grande coltello da beccajo: colteltaccio.
Partò. V. paltò.
Partu. s. m. Il partorire: parto. || Creatura stata partorita: parto. || moriri a lu partu o supra partu, durante il parto: morir di parto o sopra parto. || partu, fig. è qualunque prodotto di arte o di scienza: parto.
Partuallu. V. purtugallu.
Parturenti. add. Che partorisce, che è in sul partorire: partoriente.
Parturiri. v. intr. Figliare, dicesi delle donne, non tanto delle bestie: partorire. P. pass. parturutu: partorito.
Parturuta. s. f. Il partorire. V. partu. || Puerpera: partorita. || – di friscu, che da poco è partorita: impagliata, impagliolata.
Partuta. s. f. Il partire: partita (A. V. ital. partuta). || La prima mossa con furia nel correre del cane o del cavallo: scappata.
Partutedda. dim, di partuta.
Partuteddu. dim. di partutu. || Pazzerello.
Partutu. add. da partire: partito (A. V. ital. partuto B. Jacopone). || Impazzito. || Secondo mosto.
Paru. s. m. Due d’una cosa stessa: pajo, paro. || Si dice anche a un corpo solo di una cosa, ancorchè si divida in molte parti, p. e. un par di carte. E così ad altri oggetti come: un pajo di forbici e simili. || a paru a paru, a coppia a coppia.
Paru. add. Eguale: pari. || Di numero che si può dividere per due senza lasciar frazione: pari. || paru paru, ha forza di superlativo, egualissimamente: pari pari, a pari a pari, alla pari. || di paru, posto avv., senza eccezione, da pertutto indistintamente: al pari. || jucari a paru e sparu, scommettere che un numero sia pari o caffo: giuocar a pari e caffo. || putirisilla jucari a paru e sparu, si dice di due persone poco differenti, simili: scattarci poco, esser una coppia e un pajo, esser di una buccia. || veniri ’m paru, tornar in pro: cader in acconcio, cader fra mano, venire il destro. || nun aviri paru, esser eccellente: non aver pari. || nun cci ’nn essiri paru, non esservi l’uguale: non esservi il pari. || un paru mio, tuo, una persona della mia qualità: un mio, un tuo pari. || Prov. pari cu pari e ognunu cu li so’, o pigghia para para pigghia, fattela co’ pari tuoi, e si dice spesso del pigliar moglie o marito della propria condizione: simili con simili e impacciati co’ tuoi, pari con pari bene sta e dura.
Paru. avv. In forma che uno non preceda l’altro: pari. || paru paru, senza alterazione veruna, pian piano: pari pari; p. e. lo prese pari pari e lo portò ecc. Vale anche, sempre. Vale anco del tutto, affatto.
Pàrula. s. m. T. gioc. Doppia posta nel giuoco del faraone o bassetta: parolì (Mort.).
Paruledda. V. paluredda.
Paruliarisi. V. paluriarisi.
Parulidda. dim. di pàrula.
Paruliddu. dim. di paru. || Spezie di carbone minuto.
Parutu. P. pass. di pariri: parso, paruto.
Parvità. s. f. Pochezza: parvità (Mort.).
Parzamarìa. s. f. Accomandita di bestiame, che si dà altrui onde il custodisca e governi a mezzo guadagno e mezza perdita: soccita, soccio (da parzami V.).
Parzamaru. s. m. Chi piglia la soccita: soccio. Quasi dire parzioniere (che è A. V. ital.).
Parzami. V. porzioni. (Dal Lat. pars, partis, come si fece pure parziale ecc).
Parziali. add. Che parteggia per alcuna parte: parziale. || Aggiunto a quel che è la parte di un tutto: parziale. Sup. parzialissimu: parzialissimo.
Parzialità, Parzialitati. s. f. Lo stato e qualità di chi è parziale: parzialità, parzialitade, parzialitate.
Parzialmenti. avv. Con parzialità: parzialmente.
Paschera. s. f. Luogo dove le bestie si pascono, e il pasto stesso: pastura, pasciona, pàscolo. || Pascolo secco lasciato nel campo per l’anno seguente.
Pascimentu. s. m. Il pascere e il pasto stesso: pascimento.
Pàsciri. v. intr. Il tagliar che fanno le bestie le erbe ecc. per cibarsi: pàscere. || v. a. Dar mangiare, nutrire: pascere. || Metter il cibo in bocca agli uccelli: imbeccare; specialmente lo imbeccar i piccioni, i tacchini quasi per forza: impippiare. || Metter altrui il cibo in bocca: pascere. || Coltivare, far crescere detto di peli e simili: pascere. || Guidar al pascolo le bestie: pascere. || – di boni palori, dar ad intendere di voler contentare e menare alle lunghe: pascere di vane speranze. || rifl. a. Pascersi. || – di ventu, fig. appagarsi dell’apparenza: pascersi di vento. E in generale pascirisi di ’na cosa: venirne contento, pascolarvisi; e se è una cosa spiacevole: darsene travaglio. || Prov. dannu cchiù li picca boni, ca l’assai mali pasciuti: pochi animali, ma ben pasciuti; rendono più che molti mal nutriti. P. pass. pasciutu: pasciuto.
Pascitura. add. Si dice di una nebbia bassa, densa, che si avanza lentamente, quasi vada pascendo.
Pasciuta. s. f. L’azione del pascere. || L’imbeccare: imbeccata.
Pasculami. s. m. Ciò che serve di pascolo: pascolame.
Pasculari. v. intr. e att. Pascere: pascolare.
Pàsculu. s. m. Luogo pieno di erbe dove pascolino le pecore: pàscolo. || Il pasto stesso: pascolo. || Il pascere: pascolo. || truvari lu sò pasculu, ricevervi o prendervi gran diletto o satisfazione: trovar il suo pascolo.
Pasienti. add. Che ha pazienza, sofferente, tollerante: paziente. || Opposto ad agente, quello sopra cui passa l’azione: paziente. || In forza di sost. dicesi di chi patisce: paziente. || Dicesi degli ammalati, o dei rei che vanno al supplizio: paziente. || L’albero o ramicello selvatico dove s’innesta: soggetto (Pal. Voc. Met.). Sup. pasientissimu: pazientissimo.
Pasientimenti. avv. Con pazienza: pazientemente.
Pasientissimamenti. avv. sup. Pazientissimamente.
Pasiintiarisi. intr. pass. Far checchessia con pazienza, aver pazienza: pazientare (intr.). P. pass. pasiintatu: pazientato.
Pàsimu. s. m. Il patire: patimento, passione. || Postura incomoda: disagio. || Lungo digiuno: inèdia. || Lunga veglia: insònnia. || Lungo aspettare mal volentieri e inutilmente. || V. spasimu.
Pasqua. s. f. Festa della resurrezione di Gesù Cristo: pasqua. || – di ciuri, pentecoste: pasqua rosata. || essiri sempri pasqua per unu, esser sempre tempo buono per alcuno. || veniri la pasqua di jovidi, quando alcun fatto succede acconciamente: venir ad uno la pasqua in domenica. || dari la bona pasqua, augurarla felice: dar la buona pasqua. || dari la mala pasqua, affliggere, travagliare altrui: dar la mala pasqua. || cuntenti comu ’na pasqua, contentissimo: contento come una pasqua.
Pasquali. add. Di pasqua: pasquale.
Pasquera. V. paschera.
Pasquicedda. dim. di pasqua.
Pasquinata. s. f. Maldicenza proverbiale, scritto ingiurioso: pasquinata. || Azione sciocca, frivola da non farne veruna stima: baggianata, buffonata.
Pasquinu. s. m. Maschera ridicola del nostro paese: pasquino. || Per buffone.
Passa. s. f. Il passare di certi uccelli in istagioni determinate: passo. Onde aceddi di passa: uccelli di passo. || L’atto del passare: passo. || Per sim. quantità di gente: turba. || Quantità di pugni, batoste ecc.: carpiccio. || passa rutta, gran quantità di uccelli di passo: folata di uccelli. || passa passa, di passaggio, corsivamente: di passa passa.
Passabbili. add. Da potersi passare, comportevole: passabile. Sup. passabbilissimu: passabilissimo.
Passabbilmenti. avv. In modo da potersene contentare, mediocremente (passabilmente è ripreso dall’Ugolini).
Passabbrodu. V. culabbrodu.
Passa-e-spassa. Nella frase fari lu passa e spassa, passare continuamente da un luogo.
Passagagghi. s. m. pl. Si dice a certi damerini che sempre s’avvolgono per quei luoghi onde possano vedere e corteggiare anco da lontano qualche donna: vagheggini. || Per andirivieni: viavai.
Passaggeddu. dim. di passaggiu: passaggetto. || Piccolo àndito: passaggetto. || Vantaggio, agevolezza, liberalità. || fari li passaggeddi, passeggiare.
Passaggiu. s. m. Il passare da un luogo ad un altro: passaggio. || Passo, varco di via: passaggio. || Per avvenimento. || Morte: passaggio. || T. mus. Passare col canto sopra una sillaba più forte: passaggio. || bon passaggiu, favore, grazia, cortesia: buon uffizio, amorevolezza. Vantaggio che si fa specialmente nel prezzo o altro simile: agevolezza. || di passaggiu, per poco tempo: di passaggio. || passaggiu di chiatta, luogo dove si tragetta un’acqua sulla chiatta: passo di chiatta (Pitrè).
Passalittri. s. m. Colui che va dispensando le lettere della posta per le case: portalettere, postino (Buscaino).
Passaloru. s. m. Passaggio aperto fra la siepe: callaja, vàlico.
Passalureddu. dim. di passaloru: callajetta.
Passamanaru. s. m. Chi fa passamano: trinajo.
Passamanu. s. m. Spezie di guarnizione simile al nastro sottilissimo: passamano. || Ciò che si mette lungo la scala ad uso di appoggiar la mano nel salire o scendere: appoggiatojo, maniglia, bracciuolo. E le corde a simile uso nelle scale dei bastimenti: passamano.
Passamentu. s. m. Il passare: passamento. || Per passaggiu. V.
Passanti. add. Che passa: passante. || strata passanti, frequentata, battuta. || Detto di vino leggero: passante. Lo diciamo anco di acqua facile ad essere digerita. || In forza di sost. T. valig., striscioline di cuojo che sono nelle briglie ecc. nelle quali si rimettono gli avanzi dei cuoi che passano per le fibbie: passante. || Anelletti di metallo per unire o stringere lacci, borselli o altro, e che si posson muovere giù e su.
Passapalli. s. m. T. mil. Cerchio di ferro, pel quale si fanno passare le palle di cannone, per esperimentarne la rispettiva grossezza: passapalle.
Passapitittu. s. m. Dicesi a persona o infermiccia e di colore pallidissimo: smortito. O sgraziata, disamabile: svenevole.
Passaportu. s. m. Carta con cui si dà facoltà di potere liberamente passare da un paese all’altro: passaporto.
Passarastru. s. m. Sorta di passera: passera alpestre.
Passaredda. s. f. T. tess. Strumento sul quale si passano le fila del pettine.
Passareddu. dim. di passaru: passerino.
Passari. v. intr. che significa moto per luogo: passare. || Per semplicemente andare: passare. || Per guastarsi, corrompersi, alterarsi: passare. || Detto di moneta, essere ricevuta: correre. || Detto di un malore, dolore ecc., cessare, guarirne: passare. || Soffrire, patire: passare. Onde passare peripezie, passar batoste. p. e. Una donna che sia stata maltrattata dal marito, dirà: ce n’ho passate di quelle da non si credere, e così similmente. || Detto di cosa inanimata, allontanarsi, aver termine: passare. || Usato att., valutare, stimare: apprezzare. || Condonare, menarla buona: passare. || Condurre uno da un lato all’altro e simile: passare. || Trasmettere, dar corso, detto di carte, suppliche ecc.: passar una cosa. || Trafiggere, penetrare: passare. || passari ad unu, passargli avanti nel correre: passar uno. O vincerlo in abilità od altro: passar uno. || Detto ass. avanzare, superare: passare. || Concedere una cosa, accordarla, con venire nella medesima opinione: passare una cosa. E fariccilla passari: menargliela buona. || Andare oltre un termine fissato, un luogo ecc: passare. || passari a gradu, ordini, ecc., esservi ammesso: passar a grado, ordine, ecc. || – lu tempu, l’acqua, la vita, scorrere: passare; passari lu tempu, vale sciuparlo o occuparsi in piacevoli cose: passar il tempo. || – a l’urvisca, non badarvi: passar a chius’occhi checchesia. || – la nuttata, la jurnata ecc., consumarla, terminarla, durarla: passar la notte, ecc. || – li limiti, uscir del convenevole: passar i termini. || – a crivu, stacciare: passare per istaccio, passar il brodo al colino. || – pri bonu, pri dottu, ecc., aver fama di...: passare per buono, ecc. || – a cuntu ’na cosa, metterla a conto, tenerne conto. || – di cuttura, di cosa cotta troppo: arrivar troppo. E fig. invecchiare. || fari passari di cuttura ’na cosa: arrivar troppo una cosa. p. e. guarda codesta carne di non l’arrivar troppo. || passari a natuni: passar a nuoto. || – di ferru, lo stirare la biancheria. || – di circu, riscaldar i panni sul trabiccolo. || E si dice in generale p. e. passari di picuni, di ecc., per dire lavorarvi col piccone ecc: passare di piccone, ecc. || passa passa. V. passa. || nun passari, non esser calcolato. || passari a ’na parti, trasferirvisi: passare. || – in cosa giudicata, non essere più appellabile, esser forza conformarsi a quella decisione: passare in giudicato. || passaricci differenza, esservi differenza: passarci differenza. || passari di ’na banna a ’n autra, penetrar il corpo da una superficie a un’altra: passare da banda a banda. || nun passari ’na cosa pri la testa, non supporla, non imaginarla. || nun passari mancu pri tintazioni, figurarsela impossibile. || fari lu passa e spassa, bazzicar in un luogo. || chiddu chi passa la cumunità, ciò che dà la famiglia. || lassa passari, dice chi vuol fatto largo per passare fra la gente: bada davanti. || passari di supra a una cosa, non farne più caso: passarci sopra, farla passata, far monte di una cosa. || passari la cocula, burlare. || passari un nolitu, condiscender a un capriccio. || passari li stiddi, dicesi di cosa squisita: passar le stelle. || passarisi d’una cosa, astenersene: passarsi da... || passarisi un pitittu, lu desideriu, un piaciri, ecc., soddisfar alla voglia, appagarsi: cavarsi una voglia, scapricciarsi. || passari ’na cosa a unu, una summa ecc., somministrargli, dargliela: passar una somma o altro ad uno; gli passa venti lire al mese. || passari l’ammasciata, trasmetterla a colui cui va: passare l’imbasciata. || passari palora, parlar ad alcuno di checchessia: passar parola. || passarisilla, essere in tale o tal altra condizione, p. e. come se la passa ora? passarisilla beni o mali: passarsela bene o male. || a passari, vale, più; p. e. cci su du’ migghia a passari o e passa: vi son due miglia e passa; avrà una rendita di passa mille lire. || Di una cosa tollerabile si dice pò passari: può passare. || passarisi la lezzioni, rileggerla o ripeterla fra sè per provare se la si sappia. || passarisi la causa, appellare avanti ad un altro magistrato. || passari la fami e lu pitittu, annojarsi, perderne la voglia. || Prov. passa furia passa tuttu, qualunque ira poi passa. || passari a un esami, riuscirvi: passar ad un esame. || passi ddà, si dice ai cani per cacciarli: passa là. || Prov. tuttu passa, e prestu passa: tutto passa (e vi s’aggiunge per ischerzo fuorchè le cappelle de’ chiodi). || nun passari voschi unni cc’è lupi, nè ciumi unni cc’è buchi, i lupi ti mangiano, i buchi t’inghiottono.
Passarinu. V. passareddu.
Passarottu. Passero giovane o ancor di nido: passerotto.
Pàssaru. s. m. T. zool. Uccello noto, grigio, che ama far il nido nelle buche delle muraglie o anco sugli alberi: pàssere, pàssero, più comunemente si usa nel fem. pàssera. Fringilla domestica L. E noi più comunemente chiamiamola passaru sbirru o di canali. || – sulitariu, uccello più grosso, bruno, che abita solo, ne’ grandi edifizî: passera solitaria. Passer solitarius L. || – canariu. V. canariu. || Prov. passaru vecchiu nun trasi ’n gaggia, fig. per chi abbia esperienza.
Passascoddi. s. m. Pezzo di legno che usano i sarti per ispianare le cuciture (Fr. pasquaret).
Passata. s. f. Il passare: passata. || Transito: passata. || V. passu. || T. giuoc. Somma che si contribuisce da ciascuno e che va al vincitore: passata. E per giru V. || – di quasetti, quelle tante volte che il filo vien passato nei cardi, bacchette da calze, ecc.: passata. || – di vastunati, un carpiccio: una stropicciata (Rigutini ). || dari ’na passata, dar una lettura con prestezza: dar una scorsa. Vale anche pulire, spazzare: dar una spazzata. || a tutta passata o a tutti passati, posto avv., in tutto e per tutto, del tutto, affatto affatto: a tutta passata.
Passatacchi. s. m. T. calz. Lesina grossa pei tacchi: passatacchi (in Firenze).
Passatedda. dim. di passata: passatella, passatina.
Passateddu. dim. di passatu: passatello. || Un po’ stantìo: passetto.
Passatempu. s. m. Cosa che vedendola, udendola o facendola diverta od occupi il tempo: passatempo.
Passatina. V. passata.
Passatizzu. V. addimuratizzu. || Alquanto passo: passiccio.
Passatu. add. Da passare: passato. || Posto ass., tempo andato: passato. || Parlandosi di ricamo, è un punto particolare: passato, ripieno (An. Cat.). || Dicesi di uomo, carne, frutta ecc. che abbian perduto la prima freschezza: passato. || Per addimuratu V. || passatu di cuttura, fig., vecchio: passato. || T. gram. Uno de’ tempi, quello che indica ciò che fu: passato. || Si dice di colui che antecedentemente tenne l’ufficio, il grado ecc. || Prov. li così passati su comu li morti, in certe circostanze bisogna farla passata e badar all’avvenire, le cose passate non servono più al presente: acqua passata non macina più.
Passatuni. accr. di passatu.
Passatureddu. dim. di passaturi.
Passaturi. V. criveddu. || V. passaloru. || Succhiello grosso, per forare, il manico di esso si gira con ambo le mani: trivello. || Passaggio di un fiume ove l’acqua è bassa: guado. || Insidia tesa agli uccelli: passa (An. Cat.).
Passavroru. V. culabbrodu.
Passavuci. s. m. T. mar. Dicesi quando si vuol far sapere cosa a tutto l’equipaggio, facendo che i voganti di un banco lo dicano l’uno all’altro: passaparola (Pitrè). || Una tromba di latta per portar la voce a grandi distanze onde dar ordini: tromba parlante (Car. Voc. Met.).
Passavulanti. s. m. Sorta di dolciume di schiuma di zucchero e mandorle peste, tanto leggiero che quasi passi volando.
Passettu. s. m. Misura di due palmi: passetto di due palmi. || Tragitto o corridojetto ad uso di passare nelle case: àndito, passaggetto. || Quello spazio libero e non impacciato dove si può camminare nelle stalle: corsìa.
Passiamentu. (D. B.) Il passeggiare: passeggiamento.
Passiari. v. intr. Andare a pian passo per diporto: passeggiare. || att. Menar un cavallo a mano con passo lento: p. e. passeggiate il cavallo. || Ed il prender in collo un bambino che pianga, per lo più nella notte, e farlo riaddormentare in passeggiando. || passiari, ass., dicesi dei servitori e simili quando stanno senza impiego. P. pass. passiatu: passeggiato.
Passiata. s. f. L’azione del passeggiare: passeggiata. || Il passare e ripassare dinanzi la casa dell’amante: passeggiata.
Passiatedda. dim. di passiata: passeggiatella, passeggiatina.
Passiatina. V. passiata. || V. passiatura. || Il tempo in cui i servitori rimangono senza padrone.
Passiatuna. accr. di passiata: passeggiatona (Rigutini).
Passiatura. s. f. Quel grattamento che alcuni insetti lasciano sulla pelle dove passano: prurìggine.
Passiaturedda. dim. di passiatura.
Passiatureddu. dim. di passiaturi al § 2: viottolina.
Passiaturi. s. m. Chi o che passeggia: passeggiatore. || Via che si fa per li poderi con filari d’alberi o spalliere di verzura: viòttola, viale. || fari li passiaturi: stralciare (An. Cat.). || Fila di sassi in un rio, o altro argomento per passarlo a piede asciutto: passajuola, passatojo.
Passibbili. add. Atto a patire: passibile (Mort.).
Passibbilità. s. f. Qualità e stato di ciò, o di chi è passibile: passibilità.
Passiccà. Voce con cui si cacciano i cani: passa là, passa via.
Passiceddu. dim. di passu: passino.
Passiddà. V. passiccà.
Passiggiata. V. passiata. || Il luogo dove si passeggia: passeggio.
Passiggiatedda. dim. di passiggiata.
Passiggiu. s. f. Il passeggiare: passeggiata. || Luogo dove si va a passeggiare: passeggio, spasseggio.
Passioni, s. f. Patimento, pena: passione. || Piacevole commovimento dell’animo prodotto dalla opinione di un bene, o turbamento prodotto dalla opinione d’un male: passione. || Detto ass. s’intende la passione di G. C: passione. || Compassione: passione. || La parte del vangelo ove si narra la passione di G. C.: passione. || Tendenza irresistibile verso checchessia: passione. || Opinione favorevole o disfavorevole di alcuno: passione. || Amor vivo: passione. || duminica di passioni, la quinta domenica della quaresima: domenica di passione. || patiri morti e passioni, soffrir molto: soffrir morte e passione. E patiri morti e passioni per unu, amare perdutamente e soffrir controversie: aver una passione. || pigghiari passioni a una cosa, darvisi con tutto l’affetto: perder passione a una cosa. || stari in passioni, in travaglio: stare in passione. || parrari pri passioni, sopr’animo, lasciandosi vincere dalla passione: parlar a passione. || essiri la passioni di unu: essere la passione di alcuno, la cosa più cara, l’amore || aviri una passioni, amare: aver una passione. || Prov. la passioni nun sapi distinguiri, è chiaro. || ciuri di passioni, pianta che ha il calice di cinque foglie bianche, con doppia corona, i tralci sempre verdi, ed acconci a coprir pergole ecc.: fiore di passione. Passiflora coerulea L.
Passiteddu. V. passiceddu. || V. passaloru.
Passitteddu. dim. di passettu: anditino.
Pàssiu. s. m. La passione di G. Cristo scritta: pàssio. || Quella parte dell’evangelo ove sta scritta la passione di Cristo: passio. || sia lodatu lu passiu grecu, dicesi quando si vuol dinotare una lezione assai lunga o altro moderatamente lungo e nojoso: che lungaja!
Passiunatu. V. appassiunatu.
Passiunazza. accr. e pegg. di passioni.
Passiunedda. dim. Amoretto: passioncella.
Passiunevuli. add. Di passione, soggetto a passione: passionevole.
Passivamenti. avv. Di maniera passiva: passivamente.
Passività. s. f. Qualità o stato di ciò che è passivo: passività.
Passivu. add. Che denota e significa passione: passivo. || T. gram. con cui si appella il verbo dinotante passione: passivo. || avv. Passivamente. || fari passivi, sommettersi ai voleri e talora capricci altrui, per prudenza o simile: rassegnarsi, uniformarsi.
Passu. s. m. Quel moto dei piedi che si fa camminando, e lo spazio fra l’uno e l’altro piede in andando: passo. || Il luogo dove si passa e l’atto stesso del passare: passo. || Luogo di scrittura: passo. || T. giuoc. Il non volere per allora legare la parte: far passo. || T. di ballo. Passo. || Luogo dove i ladri si mettono a rubare: agguato, vàlico; passo in riguardo a coloro che passano di quivi. Onde teniri passu, rubar per le strade, star al varco, appostarsi. (Villani ha: misono un agguato al valico della pieve). E tener il passo, pigliando tenere nel senso di occupare, impedire, potrebbe anco spiegar la nostra frase. || jittarisi o mittirisi a lu passu, rubare i passeggieri per le strade: gettarsi o andar o mettersi alla strada. || tinituri di passu, chi ruba così: stradajuolo, assassin da strada. || jittari lu passu, accelerare il camminare: allestire o studiar il passo. || passu, dicesi lo andar innanzi checchessia, onde fari qualchi passu, avanzarvisi: far qualche passo in checchessia. || T. caval. La più lenta e la più calma fra le andature del cavallo: passo. || T. mus. Porzione di un pezzo musicale che presenta un senso espressivo: passo. || Permesso fatto dalle autorità, per transitare da un luogo all’altro o simile: licenza. || T. mar. Misura per cavi e per le manovre, lunga sei piedi: passo (Pitrè). || Partito risoluzione: passo; p. e. se ciò avessi creduto, non sarei venuto a questo passo, ha fatto un passo un po’ ardito. || Le gite che si fanno da luogo a luogo per trattar alcun negozio: passi. || ultimu passu, fig., la morte: ultimo passo. || malu passu, periglio, passo difficile: malo passo. || iri di passu, adagio adagio: andar di passo. || dari lu passu, concedere facoltà di passare: dare il passo. || fari un passu fausu, di chi piglia male le misure in far qualche negozio: far un passo falso. || a passu a passu, pian piano: a passo a passo. || cuntari li passi ad unu, spiare gli andamenti altrui. || a passu di furmicula, pianissimo. || iri a passu di chiummu, circospetto: andare col calzare di piombo. || fari passi di giganti, progredire velocemente: camminar a passi di gigante. || fari quattru passi o du’ passi, passeggiar un poco: fare du’ passi. || stari un passu ’nn arreri, star umilmente, con riverenza per creanza, per rimorsi d’aver fallato ecc.: rimanersi un passo addietro. || fari un passu ’nn avanti e dui ’nn arreri, retrocedere in vece di progredire. || lu passu di la minestra, per ischerzo la gola, l’esofago. || iri a stagghia passu, andar a incontrar alcuno per la via più breve: affrontar alla ricisa, alla stagliata. || accurzari o truncari li passi, abbreviare o togliere la vita. || passu passu, a poco a poco, mano mano: passo passo. || passu ordinariu: passo ordinario. || – di scola, più piano: passo di scuola. || – acceleratu, veloce: passo accelerato. || aceddu di passu. V. passa. || di stu passu, in questo modo, con tal procedimento: di questo passo (Giusti). || fari lu passu cchiù longu di lu pedi, tentar cose oltre le proprie forze: far il passo più lungo del piede. || farò i me’ passi, dimanderò giustizia: farò i miei passi. || nèsciri di passu, camminar con più velocità: uscir di passo. || a gran passi, in fretta: a gran passo. || a ogni passu, spessissimo: a ogni passo, a passo a passo. || a passu lentu, lentamente: a passo lento. || Prov. a passu arrurbatu passacci sicuru, successo un furto la polizia corre là, per cui non son sì babbei i ladri che tornin di corto colà; si usa in senso fig. || di lu malu passu nescinni prestu, tanto più presto esci dal luogo pericoloso, meglio è. || un passu o lu primu passu obbliga all’autru: un primo passo obbliga agli altri. || cu’ misura li so’ passi, camina sicuru, o filici cu’ misura li so passi o cu’ beni si misura li so passi, è sicuru nun cadiri a li fossi, insomma vuol dire che prima di fare bisogna ben ponderare: misura tre volte e taglia una. || quannu tu vidi ca lu passu è malu, pigghialu pri la retina lu mulu: adagio a’ ma’ passi. || lu malu passu onura lu cumpagnu, cioè la pruova fa conoscere l’uomo: cattivo passo onora il compagno. || ’m passu, vale di passaggio.
Pàssula. s. f. Uva passa: pàssola, pàssula. || Vin dolce tratto dall’uva più che matura. || essiri cu li passuli, fig., di persona sciocca e scimunita: dolcione. barbachieppo. || essiri nutricatu a passuli e ficu, esser grasso, essere ben allevato: rilevato a fichi secchi. || nun dari mancu ’na passula, di persona avarissima: e’ non darebbe fuoco a un cencio. || cuntari ’na cosa comu ’na passula, raccontarla per l’appunto alla buona: spiattellarla lì.
Passulicchia. dim. di passula.
Passulidda. V. sopra. || a passulidda cani (Caruso), giuoco fanciullesco, che si fa nascondendosi e ricercandosi.
Passulina. s. f. Uva passa nera e piccola: passerina, passolina (Car. Voc. Met.).
Passuluneddu. dim. di passuluni.
Passuluni. s. m. Fico secco, seccume, però non quelli schiacciati: fichi tondi (in Firenze). || Uliva appassita: uliva passa. || Susina appassita: susina moscina. || Per ischerzo alle poppe vizze di donna: bozzacchione. || E a soldato vecchio, invalido. || a passuluni, a mo’ delle cose che penzolano: penzolone, penzoloni. || coddu a passuluni, fig. ipocrita: collotorto.
Pasta. s. f. Farina intrisa con acqua, coagulata col rimenarla: pasta. || Per sim. di altre composizioni: pasta. || Quella che si fa dai pastai ad uso di minestra: pasta, e in generale: pastume. || Composizione fatta con qualche specie di farina e diversi ingredienti a uso di confettura: pasta. || Ulive triturate dalla macina, e ridotte a poltiglia: pasta, pasto, pastone. || di bona pasta o pasta antica, di buona natura: di buona pasta. E vale anche grossolano: di grossa pasta, di buona pasta. || aviri o mettiri manu ’m pasta, ingerirsi in qualche negozio, avervi ingerenza: metter mano in pasta. || essiri ’na pasta d’ancili o di meli, di eccellente natura: esser una pasta di zucchero. || pasta filata. V. virmiceddi. || – minuta, la pasta di minestrine: pastina. || pasti longhi, quelle che escon dallo stampo e che rimangono lunghe: paste lunghe. || – tagghiati, quelle più corte: paste tagliate. || pasta di mennula, mandorla uscita dallo strettojo e ridotta a pastone. E quella dolce: mandorlato. || – riali, pasta di mandorle, zucchero, di cui si fanno torte e altri dolciumi: marzapane. || di mala pasta ’na guastedda basta, del cattivo basta un poco.
Pastareddu. dim. di pastaru.
Pastaru. s. m. Chi fa o vende pasta: pastajo.
Pastazza. pegg. di pasta: pastaccia.
Pastazzu. s. m. Feccia dell’olio, in cui non sia rimasto affatto di olio: pastone. || – d’indacu, la parte più grossolana dell’indaco ridotta a forma di pasta.
Pasteca. s. f. T. mar. Spezie di bozzello, in cui la cassa lascia scoperta la girella da potervisi prestamente incarrucolare o scarrucolare la corda, senza averla ogni volta a far passare dall’un de’ capi di essa: pasteca (Car. Voc. Met.).
Pastella. V. sotto.
Pastellu. s. m. Rocchetto di colore rassodato, col quale senza adoperar tinta liquida, si colorisce: pastello. || a pastellu, di pittura o altro fatta a pastello.
Pasteri. V. pastizzu. || V. sfincia.
Pastetta. s. f. Intriso di farina in cui s’involgon certi cibi prima di friggerli: pasta. || a la pastetta, frittura avvolta nella pasta prima: alla pasta. || passari a la pastetta: impastare.
Pastiari. v. intr. e att. Ber vino a poco a poco per gustarlo e dilettarvisi: coccolarselo. || vinu di pastiari, non grave, nè scelto tale da berlo nel pasto: vino da pasteggiare. || pastiarisi ’na cosa, fig., farla a rilento. || pastiarisi ad unu. V. abbachiari.
Pastiata. s. f. L’azione del pastiari. || Satolla di pasta.
Pastiatedda. dim. del precedente.
Pasticceri. V. pastizzaru.
Pasticciarìa. V. pastizzarìa.
Pasticedda. dim. di pasta: pastina.
Pasticeddu. dim. di pastu.
Pastidda. s. f. Nocciolo della carrubba. (D. B. e An. M.). V. nuvea.
Pastigghia. s. f. Piccola porzione di pasta, specialmente quella che s’abbrucia per far odore, o che si tien in bocca per medicina, per gusto o che: pastiglia, pasticca. || Castagne lessate e indi disseccate: ànseri.
Pastigghiedda. dim. di pastigghia.
Pastiggiari. V. pastiari.
Pastiglia. V. pastigghia.
Pastillettu. dim. di pastellu: pastelletto, pastellino.
Pastinaca. V. vastunaca. (Mort.).
Pastizza. s. f. Spezie di focaccia: schiacciata. || fig. Sproposito: pàpera. || Certi cappelli che si portavan sotto il braccio, senza mai metterli. || Per pastizzu V.
Pastizzarìa. s. f. Bottega del pasticciere: pasticcerìa, || Quantità di pasticci e paste di più sorte: pasticcerìa.
Pastizzariedda. dim. di pastizzarìa.
Pastizzaru. s. m. Facitore o venditore di pasticci: pasticciere. || Che fa le cose male o abborracciate: pasticcione.
Pastizzedda. dim. di pastizza.
Pastizzeddu. dim. di pastizzu: pasticcetto, pasticcino.
Pastizzeri. V. pastizzaru.
Pastizzottu. modif. di pastizzu: pasticciotto.
Pastizzu. s. m. Vivanda cotta entro a rinvolto di pasta: pasticcio. || Opera fatta alla peggio: pasticcio. Onde fari un pastizzu, confondere ogni cosa: far un pasticcio. || Ragionamento sconclusionato e lungo: tantafera. || Imbroglio, avviluppamento: pasticcio.
Pastizzunazzu. accr. e pegg. di pastizzuni.
Pastizzuneddu. dim. di pastizzuni.
Pastizzuni. accr. di pastizzu, ma si usa per nomo grasso, di buon naturale: tonfacchiotto, pataccone. Detto a donna: botticina. O di bambino poccioso e giulivo: bamboccione.
Pastizzutteddu. dim. di pastizzottu.
Pastocchia. s. f. Fandonia: pastocchia.
Pastorali. V. pasturali.
Pastu. s. m. Cibo, cosa di cui l’animale si pasce: pasto. || Il desinare, la cena, ecc.: pasto. || Certo composto che buttato in mare, ne’ fiumi ecc. fa salir i pesci a galla mezzo addormentati: tòssico. || essiri o nun essiri pastu di unu, intendersi o no, andar a genio o no, esser utile o no. || a tuttu pastu, continuamente: a tutto pasto. || ittarisi o lassarisi iri comu gaddu a pastu, buttarsi avidamente a fare checchessia. || aviri beddu pastu, essere pastoso, e detto di vino esser dolce o buono al palato.
Pastunazzu. accr. o pegg. di pastuni. || Materialaccio, grossolano.
Pastuneddu. dim. di pastuni.
Pastuni. s. m. Pezzo grande di pasta spiccato dalla massa, del quale poi se ne spiccano altri pezzetti per far il pane: pastone. || Quella materia che resta dai grani o altre materie oleose, dopo estrattone l’olio: pastone.
Pastunutu. add. Carnacciuto: poccioso.
Pastura. s. f. Quella fune che si mette ai piedi delle bestie, perchè non possano camminare: pastoja. || E fig., ostacolo, impedimento: pastoja. || Luogo dove le bestie pascolano: pastura. || fem. di pastore: pastora.
Pasturali. s. m. Bastone che è insegna del vescovo: pastorale. || Componimento poetico come la bucolica, l’egloga ecc.: pastorale. || Sonata che si fa in chiesa per le novene del natale: pastorale. || Allocuzione pubblica con la stampa, e diramata dai vescovi per la propria diocesi: pastorale.
Pasturali. add. Da pastore, attenente a pastore; pastorale, pastoreccio || fig. Attenente a vescovo: pastorale. || a la pasturali, a modo di pastore: alla pastorale.
Pasturari. v. a. Tenere e guidare gli animali alla pastura: pasturare.
Pasturaru. s. m. Chi fa o vende quelle figurine di terra che poi si mettono ne’ presepî: plasticatore.
Pasturazzu. pegg. di pasturi.
Pasturedda. fem. di pastureddu: pastorella. || Contadinotta: forosetta. || Sorta di male che viene ai porci, ai conigli, ecc.
Pastureddu. dim. di pasturi: pastorello, pastoretto. || Per abitator di montagna: montanaro.
Pasturi. s. m. Colui che custodisce greggi e armenti, pecoraio: pastore. || met. Pontefice, vescovo, parroco, rispetto ai credenti, i quali sarebbero le pecore, i montoni, ecc.: pastore. || Quelle figurine di terra che si mettono ne’ presepî de’ bambini, in ricorrenza del natale: pastori.
Pasturìzzia. s. m. Arte pastorale: pastorìzia.
Pasturìzziu. add. Di o da pastore: pastorìzio.
Pastusazzu. pegg. e accr. di pastusu.
Pastuseddu. dim. di pastusu.
Pastusità. s. f. Qualità di ciò che è pastoso: pastosità.
Pastusu. add. Morbido e trattabile come pasta: pastoso. || Detto di colorito, lo stesso che carnoso, morbido: pastoso. || Detto di voce, piena, pieghevole, morbida ed insinuante: voce pastosa. || Detto di pane o altra vivanda, semicrudo: pastoso. || Detto di mente, che a stento s’induce ad intraprendere checchessia: neghittoso, infingardo. || Dicesi anco de’ marmi che sono di grana morbida: pastoso. || V. in vinu. Sup. pastusissimu: pastosissimo.
Pastusuni. accr. di pastusu: pastosone.
Patacca. s. f. Moneta vile: patacca, patacco. || E spezialmente una moneta che valeva cent. 21. || Pianta simile alla patata: pera di terra. Helianthus tuberosus L. || Moneta grossolana, pesante: bagherone. || fari patacca, non riuscire a bene: sbagliare, dar in ciampanelle.
Pataccazza. peg. di patacca.
Patacchedda. dim. di patacca.
Patacchi. V. patata. || V. tirituffuli.
Pataccuneddu. dim. di pataccuni.
Pataccuni. accr. di patacca. || Per santiuni V.
Patàcia, s. f. (Vinci). Ultima parte del tetto.
Patacìa. s. f. Affanno di respiro, spezie d’asma: dispnèa. (A Misilmeri).
Patàfia. s. f. e add. Dicesi a persona grossa: butifione, pataccone.
Pataliscu. V. vrocculu
Patanzarìa. s. f. Pomposa e ambiziosa mostra: ostentazione. || amminazzari pri patanzaria: bravar a credenza. (Dal Lat. patens: patente, quasi patenseria).
Patassu. V. mmizzigghi.
Patata. s. f. T. bot. Pianta nota per la sua radice tuberosa buona a mangiarsi: patata. Solanum tuberosum L.
Patatedda. dim. di patata.
Patatuccu. add. Per ispregio a uomo grossolano e duro: patatucco, buzzurro.
Patedda. s. f. T. st. nat. Nicchio univalvo, che sta appiccato agli scogli come una lastra squamosa di sasso: patella. Lepas L. || – di dinocchiu, quella parte del ginocehio che inginocchiandoci posa in terra: patella, rotella. || – riali, ostrica. || – curnuta, così chiamano a Trapani, quel frutto di mare che in Palermo chiamasi vuccuni.
Patema. s. f. T. med. Patimento segnatamente dell’animo, una delle cagioni assai feconde delle malattie del corpo: patema.
Patena. s. f. Piattello con cui i preti cuoprono il calice e vi ripongono l’ostia: patena.
Patentari. v. a. Dar la patente.
Patentatu, add. Colui che ha una patente: patentato.
Patenti. s. f. Brevetto da poter esercitare un’arte: patente. || Brevetto d’invenzione: patente. || Permesso di navigare, cacciare e simile: patente. || Attestato di studi: diploma; ma chiamiamo patenti un diploma piccolo. || – netta, di quel legno che non porta infetti nè ammalati di malattie contagiose: patente netta. E patenti lorda, il contrario: patente brutta.
Patenti. add. Manifesto, chiaro: patente. || avv. Patentemente.
Patentimenti. avv. Manifestamente: patentemente.
Paterazzi. s. m. pl. T. mar. Lunghi cavi incappellati agli alberi di gabbia per rinforzarli: paterassi.
Paterazzini. dim. di paterazzi.
Paternali. s. f. Riprensione fatta con autorità, quasi da padre: paternale.
Paternamenti. avv. Da padre: paternamente.
Paternità. s. f. Stato e qualità del padre, l’esser padre: paternità.
Paternostru. s. m. Una delle orazioni cristiane: paternostro. || Pallottolina maggiore della corona del rosario: paternostro. || Que’ nove tocchi di campana che suonan all’alba. || Pallottole di legno, infilate separatamente in ciascuna delle due o tre corde della trozza, coll’alternata interposizione di scolette: paternostri, bertocci. || arruzzulari paternostri, far mostra di dire molti paternostri: spaternostrare. || paternostri di beatu e ugna di gattu, son cose potenti, curioso paragone! || diri giusti li paternostri, narrar esattamente, dire bene: accusar o confessar la ronfa giusta.
Paternu. add. Di o da padre: paterno. || avv. Paternamente.
Pateticamenti. avv. In modo patetico: pateticamente.
Pateticu. add. Pieno di affetti, atto a muovere gli affetti, e anco melanconico: patètico. || Lezioso, pieno di smancerie: smanceroso. || avv. Pateticamente.
Patibbili, Pattìbbuli. add. Passibile: patibile. || Soffribile.
Patibbolu. s. m. Croce, forche e altri simili strumenti dove altri patisce morte: patìbolo.
Patiddaru. s. m. Pescatore o venditore di patelle. || Per pignatiddaru V.
Patidduzza. dim. di patedda.
Patidduzzi. s. m. T. bot. Sorta d’erba: androsace.
Patimentu. s. m. Il patire: patimento.
Patimintuzzu. dim. di patimentu.
Pàtina, s. f. Inverniciatura, orpello; quel velamento che il tempo fa sulle medaglie, pitture ecc.: pàtina. || Quella lamina di stagno che aderisce a una faccia del cristallo a formar lo specchio: foglia.
Patinnostru, Patinostru. V. paternostru.
Patintatu. V. patentatu.
Patìri e Pàtiri. v. intr. Soggiacere all’operazione, ricevere l’operar dell’agente: patìre. || Sopportare, comportare: patire. || Provar afflizione e dolore, o molestia: patire. || Dicesi anco delle cose inanimate che ricevano danno: patire; p. e. il muro ha patito, quella carne a tenerla lì patisce. || Tollerare, lasciar correre: patire. || patiri di stomacu, ecc., esser sottomesso a tal malattia: patire di stomaco. || patiri d’una cosa, averne carestia: patir di una cosa. || patiri ’ntra ’na cosa, vederla difforme, dalle sue idee e provarne rincrescimento: patire. || patiri duluri, fami, siti ecc., esserne afflitto: patir dolore, fame, sete. || patiri la pena d’una cosa, soffrir il danno che ne proviene: patir le pene di checchessia. || Prov. cu’ nun patisci non gudisci, dallo alternamento, dal paragone, spicca più il godimento o patimento. || doppu lu patiri veni lu gudiri: dopo il cattivo ne viene il buono. || megghiu patiri unu sulu, ca fari patiri ad autru: è meglio dir poveretto me, che poveretti noi.
Patiri. s. m. Il patire, patimento: patire.
Patirnostru. V. paternostru.
Patiteddu. dim. di patitu.
Patitissimu. sup. di patitu.
Patitu. s. m. Calzare simile alla pianella, ma colla pianta di legno intaccata nel mezzo della parte che posa in terra: zòccolo.
Patitu. V. patutu.
Patofadda. s. f. (Spat.) Sorta di erba.
Patrastru. V. patrignu (Sp. padrastro).
Patrazzu. pegg. di patri: babbaccio. || A religioso o prete poco venerando.
Patri. s. m. Chi ha figliuoli: padre, babbo (A. V. ital. patre). || Titolo dato ai preti o religiosi claustrali: padre. || – spirituali, confessore, direttore spirituale: padre spirituale. || santu patri, così alcuni chiaman il papa: santo padre. Per antonomasia si dice a S. Francesco di Paola. E in pl. ai dottori della chiesa e antichi scrittori sacri: padri. || La prima persona della Trinità: padre. || patri scricchia, per isfregio si dice di un chercuto non venerabile. || pigghiarisilla macari cu so patri, non aver riguardo con alcuno. || nzignari lu patri a fari figghi, insegnar cose a chi ha dato prove di saperle fare: insegnar notare ai pesci. || essiri figghiu di so patri, essere simile al padre. || patri mio, detto per affetto: padre mio! E talora si dice per riverenza a vecchio canuto: padre. || Prov. patri tristu, figghiu peju, salvo le eccezioni: qual padre tal il figlio. || ’ntra patri e figghiu nun t’immiscari, poichè poi si rappaciano e chi ha sposato alcuna delle parti vi sta male: tra carne e unghia, non sia uomo che vi pugna. || lu patri chi havi troppu rrobba fa lu figghiu senza virtù, il fa crescere o superbo o pigro ecc. || un patri campa centu figghi e centu figghi nun ponnu campari un patri: basta un padre a governare cento figliuoli, e cento figliuoli non bastano a governar un padre. || Diu ’n celu e patri ’n terra, il padre dev’essere adorato appresso Dio. || tintu ddu patri chi nun è timutu: guai a quella casa dove la famiglia non si accorda, quando il padre resta in non cale, la famiglia rovina.
Pàtria. s. f. Luogo dove si nasce, o si trae origine: patria. || a cara patria, si dice di modo o altro usato all’antica: cosa che costumava nell’uno.
Patriarca. s. m. Uno de’ primi padri: patriarca. || Dignità ecclesiastica superiore al vescovo: patriarca. || Si dice anco ai primi istitutori degli ordini religiosi: patriarca. || Per ischerzo si dice per aggrandire la qualità di alcuno nel suo genere. || Per lumincella V.
Patriarcali. add. Di o da patriarca: patriarcale. || a la patriarcali, posto avv., patriarcalmente.
Patriarcatu. s. m. Titolo di giurisdizione del patriarca: patriarcato.
Patriarchìa. s. f. Residenza del patriarca: patriarchia.
Patriari. v. a. Essere simile al padre nei costumi, nelle forme ecc.: padreggiare, patrizzare.
Patricida. V. parricida.
Patrilanuzza. V. lanuzza.
Patrimoniali. add. Di patrimonio: patrimoniale.
Patrimoniu. s. m. Beni pervenuti per eredità dai genitori: patrimonio. || Ogni sorta di beni venuti da antenati: patrimonio. || Per estensione, beni proprî di altre persone, e per sim. di enti, corpi, ecc.: patrimonio. || Quella rendita vitalizia indispensabile, che dere avere assegnata il prete per ordinarsi: patrimonio. || Dote, prerogativa: patrimonio. || tribunali di lu patrimoniu, un antico magistrato che curava il patrimonio del tiranno, oggi sarebbe la Gran Corte dei Conti.
Patrimunieddu. dim. di patrimoniu.
Patrimuniuni. accr. di patrimoniu.
Patrinnustru, Patrinostru. V. paternostru.
Patrinu. V. parrinu. || Colui che assiste il duellante: padrino (A. V. ital. patrino).
Patrinustrelli. s. f. pl. Spezie di pasta piccola a granelli, bucata: grandine bucata (in Firenze).
Patriota, Patriotta. V. patriottu.
Patriotticamenti. avv. In modo patriottico: patriotticamente.
Patriòtticu. add. Di o da patriotto: patriottico. || avv. Patriotticamente.
Patriottìsimu. s. m. Amore della patria: patriottismo.
Patriottu, Patriotu. s. m. Amante della patria: patriotto. patriota. || Della stessa patria: compaesano, patriotto (usato dal Salvini e altri, e ripreso dal Lissoni).
Pàtriu. add. Della patria, natìo: pàtrio.
Patriutu. Idiotismo di S. Cataldo per patriottu V.
Patrizzari. V. patriari.
Patrizziatu. s. m. Nobiltà ed ordinanza di patrizî: patriziato.
Patrizziu. s. m. Uomo nobile, dei primi della città: patrìzio. || add. Di o da patrizio: patrizio.
Patrocìniu. V. patruciniu.
Patronu. s. m. Protettore: patrono, patrone. || Chi ha patronato: patrone. || Chi fonda o dota chiesa, o beneficio, e se ne riserba la nomina: patrono. || Colui che comanda nella nave: patrone.
Patrozzu. V. parrinu per padrino.
Patrucinari. v. a. Difendere, tener protezione: patrocinare.
Patrucinatureddu. dim. di patrucinaturi.
Patrocinaturi. s. m. Colui che patrocina: patrocinatore.
Patrucinaturicchiu. dim. di patrucinaturi.
Patrucìniu. s. m. Protezione, difesa: patrocinio.
Patrunaggiu, Patrunanza. s. f. Padronato, e ogni possessione e superiorità: padronaggio, padronanza. || L’essere o far da padrone: padronanza. || Arroganza, tracotanza: patronanza.
Patrunatu. s. m. Dominio, possesso: padronato. || Ragione o diritto sulla collocazione dei benefizî ecclesiastici: padronato.
Patrunazzu. pegg. di patruni: padronaccio (in Firenze).
Patruncina. s. f. T. mil. Tasca di cuojo appesa alla bandoliera, che cade sul dorso del soldato, entro cui si tengono le cartucce: giberna. || fem. di patruncinu: padroncina.
Patruncinu, Patruneddu. dim. di patruni: padroncino, padronello (Tomm. D.).
Patruni. s. m. Che ha dominio e signoria: padrone (pl. patruna: padroni). || Possessore: padrone. || Modo di concedere, annuire, rispondere cortesemente: padrone! || patruni o patruni di varca, colui che comanda nella nave: padrone. || farisi patruni: impadronirsi. fig. Intender bene, capire una cosa. || a su me patruni, modo di chiamare o sgridare chicchessia: olà, elà. || iri o stari a patruni, andare ad impiegarsi o stare come servitore: star a padrone, essere a uno. || patruni, nel giuoco detto toccu, è uno dei due che dispensano il vino: fattore. || nun essiri patruni di fari ’na cosa, dicesi di chi è tenuto soggetto o nojato da non poter fare tal cosa: non esser padrone di fare una cosa. || Prov. nun si po serviri a du patruna, non si possono fare due cose a una volta: non si possono servire due padroni. || aviri fattu lu tempu a lu so patruni, per dinotare che una cosa sia già vecchia. || patruni e dominu, padrone assoluto. || lu patruni negliggenti nun pò fari lu servu diliggenti, poichè certo non gli dà il più buono esempio. E si dice pure padruni imprudenti fa servu nigliggenti. || patruni chi nun paga razzioni, è servu di li servi e paga peni, non si deve toglier la mercede all’operajo: chi mal paga un’opera, non può chiederne un’altra. || novu patruni, nova liggi, ogni nuovo padrone mette le leggi che più piacciono a lui. || spissu lu bonu patruni fa lu bonu fatturi, il padrone buono spesso fa tale il fattore. || vidi chiui un occhiu di lu patruni, chi chiddi di multi servi, per cui si dice che l’occhio del padrone ingrassa il cavallo. V. occhiu: più vede un’occhio del padrone che quattro dei servidori. || lu patruni cunfidenti, lu curatulu cuntenti, più il padrone confida, più il fattore può star bene, onde: fattore, fatto re. || V. servu e servituri per altri prov. Sup. patrunissimu: padronissimo.
Patruniari. v. intr. Esser padrone, far da padrone: padroneggiare.
Patruniata. s. f. Il padroneggiare.
Patruniggiari. V. sopra. || att. Detto di cosa, dominare, poterla maneggiare a talento: padroneggiarla. || Detto di luoghi elevati, d’onde si scopre più paese: padroneggiare.
Patruniggiu. V. patrunaggiu.
Patrunuzzu. V. patruneddu.
Patruzzu. vezz. di patri. || Si dice pure a religioso: serino, padricello.
Patta. s. f. T. sart. Parte di vestimento che fa finimento alla tasca e ne copre la bocca: finta (Fr. patte: mano, alla ecc.). || In pl. T. mar. patti di burina, cavi stabiliti in alcune basi a maglie della ralinga, e disposte in maniera che tesata la corda legata a queste patte, si vien a tesare quasi il terzo della ralinga verso la bugna: patte di bulina (Pitrè).
Pattari. V. appattari.
Pattiari. v. a. Far patto, convenire: patteggiare, pattuire. || Semplicemente trattar del prezzo di una cosa: prezzare. P. pass. pattiatu: patteggiato. || Prezzato.
Pattiata. s. f. L’azione del patteggiare (V. participiu).
Pattiatedda. dim. di pattiata.
Pattiatina. V. pattiata, di cui non è un dim.
Pattiaturi. verb. m. Che patteggia: patteggiatore.
Patticeddu. dim. di pattu.
Pattu. s. m. Convenzione speciale, accordo: patto. || stari a li patti, eleggere quella tal cosa, contentarsene: star a’ patti di checchessia, torre a’ patti di checchessia. Vale anche star buono: star alla ragione. E mantener la parola: tener patto. Contentarsi: tenersi di patti. || nun stari a li patti, controvenire alle condizioni: rompere il patto. || aviri lu pattu cu lu diavulu, di coloro che son sempre fortunati: far patto col diavolo. || di pattu, d’accordo: di patto. Vale anche per patto, come patto. || ad ogni pattu, ad ogni modo: ad ogni patto, a tutti i patti. || cu stu pattu, modo di dire che vale con ciò, a patto: con questo patto che. || Prov. patti chiari, amici cari. V. amicu. E si dice pure patti chiari, amicizia longa, il rimaner chiaramente d’accordo, mantiene l’amicizia: patto chiaro, amicizia lunga. || a pattu nun c’è ingannu, non bisogna rammaricarsi del convenuto: quel ch’è di patto non è d’inganno. || pattu vinci liggi, quando c’è un patto non vale addurre altre leggi: i patti rompono le leggi. || nè cu bonu fari pattu, nè cu tristi fari cuntrattu, co’ galantuomini basta la promessa, co’ tristi non basta neppure il contratto.
Pattugghia, Pattuglia. V. battugghia e seg.
Patu. s. m. Imbocco di strada coperto da volta. In S. Giovanni di Cammarata (Verdone).
Patuncina. V. patruncina al § 1º.
Patunera. V. sacchetta.
Paturnisa. add. e sost. Specie d’uliva nera e oleosa.
Patuteddu. dim. di patutu.
Patutu. add. Da patiri: patito (A. V. ital. patuto. Jacopone). || Si dice a persona che mostri al viso di aver patito, magro: patito. || Ammaestrato dall’uso, dalla esperienza, dall’aver passato o patito una cosa: sperimentato. || va ’nni lu patutu, nun jiri ’nni lu saputu, o lu patutu nni sapi cchiù di lu saputu: chi è stato de’ consoli sa che cosa è l’arte; diciamo anche: sapi cchiù di lu medicu lu malu patutu. Sup. patutissimu: patitissimo.
Pau. V. pagu.
Pàula. s. f. Spezie di grano.
Pàulu. s. m. T. zool. Sorta di pesce simile al dentice: pesce paolo.
Paunazzeddu. dim. di paunazzu: pavonazzetto.
Paunazzignu. add. Che ha del pavonazzo: pavonazziccio, pavonazzògnolo.
Paunazzu. s. m. e add. Colore simile alla viola mammola: pavonazzo, paonazzo.
Pauni. V. pagu.
Paura. s. f. Forte movimento d’animo che incita a fuggire un oggetto: paura. || Sbigottimento di animo per aspettazione di male: paura. || aviri paura: aver paura. || moriri di paura, aver eccessiva paura: morir di paura. || nun aviri paura di..., non temere il paragone: non aver paura di... || Prov. paura guarda la vigna e vi s’aggiunge e non sipala, quando si sa che un luogo e guardato, nessuno vi s’accosta: la paura guarda la vigna. || pri la paura di li corvi nun siminiremu li favi? per troppo guardarla sottile l’uomo non dovrebbe far niente, non dovrebbe imprender nulla?: non bisogna ristare per le passere di seminar panìco. || la paura fa fari gran cosi, cioè spesso fa far di necessità virtu; vale anche che fa sbagliare: la paura scema la memoria. || a cu’ avi paura nun basta armatura: tutte le armi di Brescia non armerebber la paura di un poltrone. || cu’ havi paura si guarda d’ogni mali, è chiaro.
Pauredda. dim. di paura: pauretta.
Paureddu. V. puvireddu.
Paurottu. Pesce, V. saracu. Così in Messina.
Pauru. (D. B.) V. paurottu.
Paurusamenti. avv. Con paura: paurosamente.
Pauruseddu. dim. di paurusu.
Paurusu. add. Che ha paura; e che reca paura: pauroso. || Sospettoso, dubbioso: pauroso.
Pàusa. s. f. Fermata: pausa. || Interruzione momentanea che si fa in parlando, leggendo ecc: pausa. || T. mus. La figura che serve per indicare il tempo di aspetto: pausa. || fari pausa, fermarsi: pausare.
Pausari. v. intr. Far pausa: pausare. || V. arripusari (Pasq.).
Pautuneri. s. m. Pitocco, appaltone: paltoniere. || Per libidinoso (Pasq.).
Pavanu. V. paganu.
Paventu. s. m. Timore: pavento. || Urlo, grido (Pasq.) || a paventu, si dice dello sparare non per offendere, ma per far paura, o senza aver preso mira: di volata. || E vale anco a caso o impensatamente: al bacchio, a vanvera.
Pavera. V. patta (Rocca).
Pavigghiotti. V. papigghiotti.
Pavigghiunazzu. pegg. di pavigghiuni: padiglionaccio (in Firenze).
Pavigghiuneddu. dim. Padiglioncello, padiglioncino.
Pavigghiuni. s. m. Gran tenda quadra di checchessia che va a terminare in punta: padiglione, (paviglione è francesismo). || Qualunque panneggiamento che serve a coprir altari, troni, mense ecc. || T. mar. Quelle corde le quali, una volta disposte a un modo, vi rimangon ferme: manovra dormiente o stabile (Car. Voc. Met.). || a pavigghiuni, a mo’ di padiglione: a padiglione (pl. pavigghiuna). || pavigghiuni di linu, sorta di pianta: cuscuta. Cuscuta europoea L.
Pavimentu. s. m. Nome di ogni sorta di coperta fatta soda e stabile per poter camminare su checchessia: pavimento. || Per palamentu V.
Pavintiari. v. intr. Essere tormentato da dolore: struggersi per doglia.
Pavisari. v. a. T. mar. Guarnire un vascello di pavesata: imbandierar a festa, (e francescamente pavesare). P. pass. pavisatu: imbandierato a festa.
Pavisata. s. f. Tele che si stendono avanti alle reti delle coffe per ornamento: pavesata. || Parapetti di tavole che in occasione di combattimento navale, si mettono ai lati delle navi: pavesate.
Pavunazzu. V. paunazzu.
Pavuni. V. pagu.
Pavuniggiarisi. V. paguniggiarisi.
Pazienti. V. pasienti e seg.
Pazienza. V. pacenza.
Pazzamenti. avv. Da pazzo: pazzamente. || Eccessivamente: pazzamente.
Pazzareddu, Pazzarellu. dim. di pazzu: pazzarello, pazzerello.
Pazzarìa. s. f. Luogo dove sono o stanno i pazzi: pazzerìa.
Pazzarinu, Pazzariscu. V. pazziscu.
Pazzìa. s. f. Alienazione di mente: pazzía. || Mancamento di discorso o di senno, contrario di saviezza: pazzia. || Cosa da pazzo: pazzia. || a la pazzìa, eccessivamente: pazzamente. || iri ’n pazzia: andar in pazzia. || Prov. ognunu havi qualchi ramu di pazzia, è vero. || siddu ’n gabbella la pazzia si dassi, ’na gabbella cchiù grossa nun ci fussi: se la pazzia fosse dolore, in ogni casa si sentirebbe stridere, o se tutti i pazzi portassero una berretta bianca, si parrebbe un branco d’oche.
Pazziari. v. intr. Far pazzie: pazzeggiare, pazziare, folleggiare. || Per impazziri V. (Majorana).
Pazziceddu. dim. di pazzu: pazzerello.
Pazziedda. s. f. dim. di pazzia: pazziuola, pazziuzza.
Pazzignu. add. Che ha del pazzo: pazzericcio, pazziccio, pazzerone. || a la pazzigna, a mo’ di pazzo: alla pazzerona.
Pazziscamenti. avv. Con modo da pazzo: pazzescamente.
Pazziscu. add. Da pazzo, a guisa di pazzo: pazzesco. || avv. Pazzescamente. || a la pazzisca, pazzescamente: alla pazzesca.
Pazzòcculu. V. pazzìa.
Pazzoticamenti. V. pazziscamenti.
Pazzòticu. add. Cha ha del pazzo: pazzericcio, pazzereccio. || Strano, variabile: estroso. || a la pazzotica, pazzescamente: alla pazzeresca, all’impazzata.
Pazzu. s. m. Chi patisce pazzia: pazzo. || Sciocco: pazzo. || Bestiale, furibondo: pazzo. || Strano, stravagante: pazzo. || – di catina, pazzo furioso: pazzo da catena. || – nettu, veramente pazzo, arcimatto: pazzo a bandiera. || essiri o nesciri pazzu d’una cosa, desiderosissimo, bramoso: essere o andar pazzo di checchessia; e detto di persona, esserne innamorato: esser pazzo di checchessia. || cci nasciu pazzu, per dinotare che non può mutare. || nesciri pazzu, impazzire: uscir di senno, dar di volta. E semplicemente, aver brighe, fastidî: ammattire, non raccapezzarsi. || fari nesciri pazzu, far impazzire: far dare di volta. E far ammattire. || menzu pazzu, che ha del pazzo: pazziccio, pazzerone. || nun sugnu nè pazzu nè ’mmriacu, dice colui che vuol rapportar, predire ecc. seriamente checchessia. || pazzu, si usa per avv. invece di pazzamente. || fari lu pazzu, ruzzare senza freno: folleggiare, far il chiasso. || Prov. un pazzu nni fa centu, quando si veggono molti seguire l’esempio di un pazzo: un pazzo ne fa cento. || li pazzi e l’ostinati fannu ricchi l’avvucati, poichè i savî si accordano, piuttosto che spendere per lite. || sapiri cchiù un pazzu in casa sua, ca un saviu in casa d’autru, contro coloro che si mischiano nelle faccende altrui, ognuno sa meglio le cose sue: ne sa più un pazzo in casa sua, che un savio in casa altrui. || a palori di pazzu, aricchi surdi, spesso bisogna mostrare non udire, anzichè rispondere rimettendoci della propria dignità. || di mmriachi, di pazzi e di spirdati, stattinni arrassu ducentu pidati: chi fugge un matto, ha fatto buona giornata. || lu pazzu fa li nozzi e lu saviu si lu godi: il pazzo fa la festa e il savio se la gode. || lu pazzu jetta la petra ’ntra lu puzzu, e deci savî la vonnu livari, delle volte i pazzi fan cose, che più savî non possono disfarle. || cu’ a tempu fa lu pazzu, è saviu: bisogna far lo sciocco per non pagar il sale. || a guvirnari un pazzu cci voli sennu, e molto anche. || pazzi e picciriddi sempri dicinu la viritati, perchè non han malizia nell’operare. || cu’ nasci pazzu nun guarisci cchiui: chi nasce pazzo non guarisce mai.
Pazzuni. accr. di pazzu.
Supplemento
Paccìa. V. pazzìa.
Pacificu. met, curnutu V.
Paddòttula. V. baddottula (In Messina).
Pairò. V. paghirò.
Pala di pani, Palata di pani. Una piccia (Caglià).
Paledda. Per cucchiaruni V. uccello.
Paliartaru. V. paliu.
Palitta. V. anco paledda per cucchiaruni.
Papacchiu V. scarabbeu.
Papacciata. add. Si dice della neve che ancora non abbia coperto completamente il suolo.
Papapani. V: scravagghiu (In Siracusa).
Paparottu. V. pileri.
Papatanchiola. s. f. Un pezzo di pasta a mo’ di gnocco, incavato con tutte due le mani, che si cuoce con lenti o con ricotta.
Pappagargia. V. nnocca.
Pappajaddiscu. V. scacciamennuli.
Pappajaddu. V. pappagaddu.
Pappanarisi. V. sazziarisi.
Pappitacciò. s. m. Sorta di polenda (in Valledolmo).
Papuncedda. s. f., Papunceddu s. m. T. zool. Sorta di uccello: voltapietre.
Paracquinu. V. parasuli.
Parafraschi. V. ponti del fucile.
Paredda. V. padedda.
Parmara. s. f. L’albero delle palme (In Messina)
Parpannizza. s. m. Il filare superiore ultimo di un muro a secco, fatto con pietre più grosse.
Particuni. V. pirticuni.
Parucca. V. pilucca.
Passalastru. V. passarastru.
Passaru. || – di campagna: passera lagia. || – americanu: ciuffolotto.
Passaruneddu. V. calandredda.
Pastura. Pilastri che sono nei partimenti delle miniere, per sostegno. || Quella linea di muro in fondazione che è sotto la soglia di un vano.
Pastureddu. met. Rozzo, grossolano, soro.
Patacca. Per funneddu (In Licata).
Patedda. Per padedda V. (In Siracusa).
Paternostru. È anco una sorta di pasta ad anelletti piccoli (In Licata).
Patrasciu. V. patrignu.
Patta. Per ovatta (Macaluso-Storaci).