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CUR — 287 — CUS


Curviaturi. verb.Chi uccella: uccellatore, buscatore.

Curviceddu. s. m. dim. di corvu: corvicino, corvetto.

Curvinu. add. Color di corvo: corvino.

Curviseri. s. m. V. A. Quegli che acconcia scarpe rotte, ciabatte: ciabattino. || Prov. la mugghieri di lu curviseri va scausa, il marito non comprerebbe scarpe essendo calzolajo, intanto non ha il tempo di farle egli per cui: ognuno patisce del suo mestiere.

Curvittari. v. intr. ass. Far le corvette dicesi del cavallo, saltare danzando: corvettare.

Curvu. add. Non retto, arcato: curvo.

Cusà. Voce composta da cui e sa, che usasi in forza di avverbio, ed esprime dubbiezza e sospetto: chi sa? forse, per avventura. || cusà cusà, così duplicatamente aggiunge forza. || senza diri cusà, senza avervi a ridire: senza repitare. || S’usa in senso di: bada! bada veh!

Cusarella. s. f. dim. di cosa: coserella, cosellina.

Cusazza. s. f. pegg. di cosa: cosaccia.

Cuscenza, Cuscenzia. s. f. Il sentir che noi facciamo dentro di noi di avere una data cognizione o idea; e nell’uso, quell’interior sentimento e conoscimento, che abbiamo del bene e del male da noi liberamente operato: coscienza, coscenzia. || – dilicata o lassa, da uomo timorato, o rilassato di costume: coscienza divota, coscienza libera. || farisi di cuscenzia, farsi scrupolo: farsi coscienza, recarsi a coscienza. || libirtà di cuscienza, libertà di credere; ciò che la barbarie non permette: libertà di coscienza. || omu senza cuscenza V. scuscinziatu. || mettiri di cuscenza, recedere dal giusto e dall’onesto: misfare. || scarricarisi o sgravarisi la cuscenza, liberarsi dai rimorsi, riparando a’ malfatti e operando con rettitudine: allegar la coscienza. || scurpari la cuscenza a ’n’autru, fraudar alcuno che abbia fraudato altrui, credendo riparar al misfatto suo. || lu vermi di la cuscenza, rimorso: il verme della coscienza. || ’n cuscenza o ’n cuscenza mia, tua o di l’arma, dicesi per attestazione di verità: in coscenza, in buona coscienza. Vale anche, secondo coscienza, rettamente. || stari bonu in cuscenza, esser sicuro di non fallare: operar direttamente. || la cuscenza l’havi lu lupu, parole di chi ripreso vuol rimbeccare senza ragione. || aviri ’na cosa supra la cuscenza, rammaricarsi di aver fatto una cosa: avere una cosa sopra la coscienza. || Prov. la cuscenza macchiata fa l’omu timidu, perchè teme la pena che gli soprastà: coscienza lesa fa l’uomo timido. || la cuscenza vali pri milli tistimonî, perchè grida imperiosamente: la coscienza vale per mille accusatori, e per mille testimonî. || senza cuscenza, di chi mal fa, o butta via il frutto del sudore altrui: senza coscienza; quasi, senza rimorso. || cu’ havi bona cuscenza mai si scanta: chi è giusto non può dubitare.

Cuschicedda, Cuschidda. s. f. dim. di cosca: costolina, fogliolina.

Cusciala. s. f. La parte superiore della calza che sormonta il ginocchio, ed anche armatura o vestimento della coscia: cosciale. || Quei due pezzi di legno che metton in mezzo il timone della carrozza; cosciali. || cusciali di davanti. T. sart. La parte de’ pantaloni che veste il davanti: i dinanzi; cusciali di darreri, quella che veste dietro: i dietri (Car. Voc. Met.).

Cuscialettu. s. m. T. fabb. Pezzi di rinforzo in diversi lavori: coscialetto.

Cuscialittuni. accr. di coscialetto.

Cusciaredda. V. cuscitedda.

Cuscïari. v. intr. Andar vagando quanto è lungo il dì senza bisogno od utile: bighellonare, sgonnellare.

Cusciatura. s. f. T. art. Muro in aggiunta a’ due fianchi di arco: rinfianco, strombatura. || Parti laterali di una carrozza o altro legno: fiancata. || Lati di un portone e simile: coscia, fiancata || Que’ bastoni sopra i quali si reggono gli scalini delle scale a piuoli: staggi. || Per cusciali V. || Le parti laterali della porta o finestra: stipiti.

Cusciazza. s. f. accr. e pegg. di coscia: coscione (Mort.).

Cuscienza. V. cuscenza.

Cuscinata. s. f. Copertura di cuscini continuati per rendere più comodo lo adagiarsi: imbottitura. || Una specie di guancialetto a guisa di cerchio fermato con nastri al capo de’ bambini per riparo nelle cadute: cèrcine.

Cuscinazzu. s. m. accr. e pegg. di cuscinu.

Cuscineddu, Cuscinettu. s. m. dim. di cuscinu: cuscinetto. || – di custura, arnese su cui cuciono e lavorano le donne: cuccino e forse cuscino (Fanf.).

Cuscinu. s. m. Guanciale imbottito di piume, lana, crine, ecc. per adagiarvi il capo, sedervi sopra e altri usi: cuscino. || – di pinni, quello pieno di piume da tenersi sopra i piedi: piumino.

Cuscitedda. s. f. dim. di coscia: coscina.

Cusciutu. add. A chi piace andar a spasso o bighellonare: bighellone, scioperone.

Cusculi. s. m. Minima particella di legno o di checchessia: bruscolo (Lat. quisquilium).

Cuscuseddu. Sorta di pasta V spizieddu.

Cùscusu. s. m. Sorta di pasta di semola ridotta in minutissimi chicchi, che si mangia nel brodo: semolino. È voce araba, e i Tunisini tuttora l’usano. || – asciuttu, dolce fatto di semolino, zucchero, aromi ed altro, cotto nel brodo ma col fumo dell’acqua calda.

Cuscuta. s. f. T. bot. Pianta che ha lo stelo debole filiforme, nudo; fiori sessili aggruppati, bianchi e alquanto rossi; squamme piccole invece di foglie: cuscuta, cuscute. Cuscuta europaea L.

Cusella, Cusetta, Cusicedda. s. f. dim. di cosa: cosella, cosetta, cosarella, cosettina. || Roba di poco conto, povera suppellettile: robicciuola. || Sommerella di danaro.

Cùsiri. v. a. Congiungere insieme due pezzi di panni, tele ecc. con refe per via d’ago: cucire. || cusirisi la vucca, met. osservar il più stretto silenzio: cucirsi la bocca. E cùsiri la vucca a unu, ridurlo al silenzio: cucir la bocca a uno. || cusirisi filu duppiu cu unu, fig. stargli stretto attorno: cucirsi a’ fianchi d’uno. || – ’na firita. T. chir. Unirla con refe ed ago: cucir una ferita. || – lu mortu, unire con costura le vesti del cadavere per poterlo maneggiare meglio. || – un libbru V. ligari. || – piatti, lemmi ecc. cucirne i pezzi rotti: risprangare. || – e scu-