Topografia e numismatica dell'antica Imera e di Terme

Ettore Gabrici

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Topografia e numismatica dell’antica Imera e di Terme Intestazione 22 marzo 2018 50% numismatica/archeologia

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TOPOGRAFIA E NUMISMATICA

DELL’ANTICA IMERA

E DI TERME




Fra le monete delle antiche città di Sicilia mi parvero sempre, per molti rispetti, degne di particolare riguardo quelle d’Imera. Un viaggio che feci in Sicilia nell’aprile del 1891, nel quale visitai la collezione numismatica del Musco Nazionale di Palermo e parecchie altre collezioni private, nonchè il sito dell’antica Imera, mi determinò a tradurre in atto l’idea di studiare la bella serie di quelle monete.

D’allora rivolsi le mie cure a procurarmi calchi da tutti i Musei d’Italia e d’Europa e dalle collezioni private, mentre qui in Napoli potei mettere a profitto le due ricchissime collezioni del Museo Nazionale e di Santangelo. Sento perciò il debito di ringraziare i Direttori dei Musei e gli amici che dettero il loro contributo, il De Petra Direttore de’ Musei di Napoli, il Salinas Direttore del Museo di Palermo, al quale sono anche grato per il dono di una fotografia della collina d’Imera e della sua rara ed importante memoria sulle litre d’Imera con la contromarca di Selinunte; il Dott. Paolo Orsi, Direttore del Museo di Siracusa, l’Ambrosoli, Direttore del R. Gabinetto numismatico di Brera, il Prof. Antonio Sogliano, che mi diede utili ammaestramenti, il Cav. Francesco Gnecchi, il Dott. Arturo Sambon ed altri.

[p. 12 modifica]Dalla Svizzera il Dott. Imhoof-Blumer, dall’Inghilterra Barclay Head, Direttore del Medagliere del Museo Britannico, Arthur J. Evans, Direttore del Museo di Oxford, Percy Gardner, Hermann Weber; dalla Scozia John Young, conservatore capo del Museo Hunter di Glasgow, mi furono larghi di consigli, m’inviarono calchi e libri rarissimi. Continuando fiduciosamente nell’opera incominciata scrissi ed ebbi aiuti dal Dott. Friedrich Kenner, Direttore del Gabinetto numismatico di Vienna, dal Signor Walcher von Molthein di Vienna, possessore di una ricca collezione, dal Signor Arthur Löbbecke di Braunschweig, dal Von Sallet di Berlino, dal Dott. Hans Riggauer, conservatore del Medagliere di Monaco, dal conservatore del R. Gabinetto numismatico di Kopenhagen: ai quali tutti devo esprimere la mia gratitudine. Così a poco a poco è venuto su questo lavoro, sotto gli auspicii dei più grandi numismatici viventi, i quali, come furono larghi nel concorrere meco ad elaborarlo, spero siano anche benevoli nel giudicarlo. La classificazione cronologica è del tutto nuova, non già nelle linee generali, ma certamente nella disposizione delle monete nei singoli periodi; nuova è anche la spiegazione dei tipi, che volli andasse congiunta ad un severo studio filologico.

Alla parte numismatica feci precedere uno studio etimologico e topografico, frutto delle mie ricerche rivolte a studiare i tipi di queste monete, il quale forse potrà essere utile a chi voglia studiare di proposito l’argomento.

Questo lavoro poi è il primo di parecchi altri che mi propongo di fare sulle monete della Sicilia, per i quali l’incoraggiamento e gli aiuti necessari spero non vorranno mancarmi.



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COLLEZIONI CITATE.


Arolsen. — Collezione del Principe di Waldeck.

Berlino. — Königliches Museum.

Boyne. — Collezione del Signor Boyne in Firenze.

Evans. — Collezione del Signor Arthur Evans, direttore dello Ahsmolean Museum di Oxford.

Hunter. — Collezione nell’Università di Glasgow.

Imhoof Blumer. — Collezione del Dott. Imhoof-Blumer in Winterthur.

Kopenhagen. — R. Gabinetto numismatico.

Löbbecke. — Collezione del Signor Arthur Löbbecke in Braunschweig.

M. Br. — Collezione del British Museum in Londra.

Milano. — Regio Gabinetto numismatico di Milano.

Monaco. — Königl. Münz-und-Medaillen-Kabinet.

Nervegna. — Collezione del Signor Giuseppe Nervegna in Brindisi.

Napoli. — Medagliere del Museo Nazionale.

Palermo. — Medagliere del Museo Nazionale.

Parigi. — Gabinetto Numismatico annesso alla Biblioteca Nazionale.

Santangelo. — Medagliere dell’ex Ministro Santangelo, ora nel Museo Nazionale di Napoli.

Siracusa. — Regio Museo Nazionale.

Strozzi. — Collezione del March. Carlo Strozzi in Firenze.

Termini. — Museo.

Vienna. — I. R. Gabinetto numismatico.

Walcher. — Collezione del cav. Leopold Walcher von Molthein in Vienna.

Weber. — Collezione del Signor Hermann Weber M. D. in Londra.



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TOPOGRAFIA DI IMERA

E ORIGINE DEL NOME.


La ricerca della fondazione e del sito di Imera subì diverse vicende, e se oggidì, per gli scavi praticati sul luogo1 la posizione topografica di essa è tra le più note delle città di Sicilia2, è ancora però incerta la primitiva sua storia.

L’incertezza regna anche sul nome che sfugge ad ogni ricerca e si perde nel buio di un’epoca preistorica, circa la quale i più autorevoli scrittori antichi di storia siciliana non seppero dare esatte notizie. Nel trattare di questo argomento mi fermerò principalmente su due punti: a) i Greci che vennero a colonizzare la parte della costa nord della Sicilia, che è a sinistra del fiume Imera, furono i primi ad abitarla o prima di essi vi erano i Fenici e i Siculi? b) donde ne venne il nome alla loro città? È da considerarsi esso come la traduzione greca di una parola del linguaggio dei Siculi o è invece una storpiatura, [p. 15 modifica]senza significato, di un vocabolo del dialetto di quel popolo ivi stanziato prima che giungessero i Greci?

Riguardo al primo quesito merita di essere considerata l’opinione dell’Ugdulena3. Il dotto orientalista suppose che l’ampia pianura dove sorse la città di Imera, "tra campi fertilissimi ed in sito assai comodo da poter signoreggiare la costa settentrionale dell’isola e il mare che la divide dal continente italiano, fosse già abitata innanzi che i Greci venissero a porvi la stanza in quei tempi che i Fenici, venuti di Cartagine e fors’anco dall’Asia, abitavano intorno a tutta la Sicilia, come dice Tucidide.... „.

Egli, che scriveva in un tempo in cui la scienza numismatica non aveva ancora fatto grandi progressi, attribuiva ad Imera un gran numero di monete d’argento e rame, di diversi tipi, con leggenda fenicia, ed era quindi necessariamente indotto ad ammettere un’antichissima cultura fenicia, in quella città. Ma la sua ipotesi non è confortata da alcun riscontro negli scrittori antichi, i quali affermano concordemente il contrario. Il più autorevole fra questi, Tucidide4, narra che Euclide, Simo e Sacone partitisi di Zancle fondarono Imera, e con essi abitarono in quella città Calcidesi in gran numero e degli esuli siracusani detti Miletidi; ed altrove5μόνη ἐν τούτῳ τῷ μέρει τῆς Σικελίας Ἑλλὰς πόλις. E greca si mantenne questa città per tutto il tempo della sua breve esistenza, fedele alle istituzioni della patria comune ed antagonista fiera dei fenici, dai quali era circondata.

Un altro punto oscuro, ma che si presenta [p. 16 modifica]meglio ad essere chiarito è la quistione del nome. Varie ipotesi sono state latte, però nessuna fu mai sostenuta e dimostrata, nè si ebbe tanti seguaci, come quella dell’Ugdulena. Questi, che considerava il territorio di Imera come sede di un’antichissima colonia fenicia, rivendicò, com’ei dice, a questa città una serie di monete con leggenda punica che egli col Gesenius6 legge per ia, “isola„. Ma, mentre questi le attribuisce a Siracusa e propriamente all’isola di Ortigia, e il De Luynes le considera come monete della Sicilia in genere7, egli interpreta quell’ia in altro modo. " Io non dubito, egli dice, che quella voce (ia) non sia qui un nome proprio, essendo frequentissimi in tutte le lingue gli esempi di nomi appellativi passati in propri: ed avviso che, dovendo il fenicio ia, non altrimenti che l’ebraico i e l’indiano dsib significare non solo le isole propriamente dette, ma eziando le coste del mare, ed in generale la terra abitabile, in quanto ella s’oppone ai fiumi ed al mare (vedi Gesenius, Thesaur. ling. hebr., p. 88) potè ben dai Fenici o Peni che primi si stanziarono in Sicilia, appellarsi Ia una città edificata su la costa del mare: siccome ancora in greco l’antico vocabolo αἶα, terra, derivato senza fallo dalla nostra voce fenicia pronunziata in modo da rendere più sensibile il primo elemento vocale, fu altresì il nome proprio della patria di Medea su le rive del Fasi o dell’isola abitata da Circe nel Mediterraneo„8. Questa è l’ipotesi dell’Ugdulena accolta con entusiasmo ai suoi tempi. E tanto più grande appariva questa scoverta a lui e ai suoi [p. 17 modifica]seguaci9, in quanto essa trovava, casualmente, una conferma in alcune monete imeresi con la leggenda ΙΑΤΟΝ, che essi pigliavano per genitivo plurale dell’aggettivo derivato da ia, e traducevano " dei cittadini di Ia „.

L’Eckhel dà come certa la etimologia di ἡμέρα. Colla scorta delle primitive dramme di quella città, le quali dall’una delle facce mostrano il gallo, stimo che questo animale, che ha stretta relazione col nascer del giorno e colla luce,10 fosse l’arma parlante di Imera (ἡμέρα).

E siccome a tale etimologia ostava la grafia delle due parole l’una coll’ι, l’altra coll’η, egli citò, a testimonianza, un passo di Platone il quale dice che la forma antichissima della parola ἡμέρα fu ἱμέρα11. Ma oramai si può affermare, dopo le ricerche di Francesco D’Ovidio, che quelle parole del Cratilo non hanno nessuna importanza storica12.

Il Mommsen suppose che le lettere segnate talvolta, com’ei dice, sulle più antiche monete d’Imera, fossero le iniziali dell’antico nome della città, il [p. 18 modifica]quale potrebbe essere connesso agli antichi Hylli o Hylles conosciuti per mezzo delle tradizioni greche13.

Lo scrittore moderno più competente in fatto di storia della Sicilia, Adolfo Holm, considerata la difficoltà di spiegare l’etimologia di questo nome, dice che circa la possibile derivazione del nome Imera dalle lingue semitiche, non si può nulla definire14; le derivazioni dalla lingua greca, come a dire quella da ἡμέρα, etimologia la quale sembra accennata dal gallo impresso sulle monete di questa città, ovvero quella da ἵμερος, la quale si adatterebbe specialmente alla bella veduta che si apre dal sito d’Imera al di là della costa verso est ed ovest, dentro del territorio, fino alle montagne coverte di neve buona parte dell’anno, non possono essere accettate con sicurezza15.

Il Freeman conserva la stessa imparzialità; anzi, più recisamente dell’Holm, rigetta l’ipotesi di una possibile derivazione da ἵμερος o da ἡμέρα. Le probabilità, soggiunge, sono che il vero nome sia Sicano.16

Con queste parole il Freeman apertamente rinunzia a qualunque ricerca del nome. Ma per altro è merito suo aver somministrato alcuni dati scientifici, importanti per chi voglia trattare completamente la questione del sito di questa città greca. L’antichità stessa, a quel che pare, non aveva un’idea esatta del sito d’Imera e lo confondeva col territorio dove più tardi i Cartaginesi fondarono Thermae. Gli antichi scrittori ricordano accanto alla città le terme famose che stavano a parecchie miglia di distanza da essa e che non entrarono certamente nel suo perimetro [p. 19 modifica]neppure nei tempi di maggior fiore17. La natura di quelle acque salutari, che richiamavano l’attenzione dei Greci di Sicilia, e l’estensione che ebbe l’elemento fenicio in origine sulla costa nord dell’isola, inducono ad ammettere che i Fenici non si siano lasciati sfuggire quei bagni caldi, non lontani dai loro principali stabilimenti di Palermo e Solunto. Ed inoltre basterebbe ricordare la leggenda che attribuisce lo scaturire di quelle acque termali al passaggio di Ercole per quei luoghi; nella quale leggenda, che si ripete per le terme di Egesta e per la sorgente di Kyane in Siracusa, potremmo ravvisare il dio semitico che fa conquiste nei paesi dell’occidente18. Ma col tempo la leggenda venne trasformata ed accresciuta dell’intervento di Minerva e delle Ninfe19. Quest’ampliamento fu possibile solo quando i Greci cominciarono ad avere il sopravvento nell’isola e i Fenici si ritrassero nell’estremo occidente di essa, fino a ridursi entro le città di Panormo, Motye e Solunto. Così si spiegano più agevolmente due punti un pò oscuri: l’avanzarsi di molto dei Calcidesi di Zancle nel fondare la colonia; la spedizione dei Cartaginesi contro Imera nel 480. Difatti ai Greci esploratori dovevano far gola quei bagni, sui quali avevano fissato gli occhi più che mai nella ritirata dei Fenici verso ovest, che non avevano certamente rinunciato a quel possedimento. E l’astio dei Cartaginesi contro Imera, che fu due volte assediata e poi distrutta (409 a C.) fino alle fondamenta, aveva avuto forse origine dalle continue guerriciole che gl’Imeresi sostennero coi Fenici, prima di occupare interamente quei bagni, cioè prima [p. 20 modifica]del V secolo a. C. E d’altra parte la costruzione di una nuova città fatta dai Cartaginesi sul sito delle antiche terme20, è un atto di rivendicazione di un suolo considerato fenicio, dopo la distruzione di quella che lo aveva loro sottratto.

A questi motivi altri se ne aggiunsero che fecero determinare i nuovi coloni ad avanzarsi fino alla solitaria Imera. Secondo la narrazione di Tucidide21, i fondatori di essa erano abitanti della metropoli Zancle, la Calcide euboica, e i loro compagni erano in gran parte Calcidesi. Ma un altro elemento era misto ad essi; la lotta civile era già scoppiata in Siracusa, e sembra che un’intera gens stesse in esilio. Cotesti dorici senza tetto si unirono ai Calcidesi di Zancle nella nuova stazione.

Secondo Strabone22, i coloni di Imera sarebbero Zanclei di Myle. È possibile dunque che i Siracusani esiliati fossero i primi a fermarsi in Myle, sotto la protezione di Zancle, che dessero al luogo l’eponimo della stessa razza, che fossero i promotori e partecipassero alla nuova colonia di Imera, ove non sarebbero più esuli protetti, ma cittadini di un centro nuovo ed indipendente23.

Aggiungevasi a tutto questo la posizione speciale del luogo, atto a far prosperare una colonia greca, e di tal natura che ai nuovi coloni offriva un luogo di ancoraggio alla foce del fiume e un altipiano fortificato naturalmente quasi d’ognintorno, separato dal mare per una pianura larga non più d’un miglio24.

[p. 21 modifica]Questo particolare non resta senza la sua importanza. Il littorale superiore della Sicilia, in paragone dell’orientale è impraticabile: la costa scende quasi sempre ripida e l’aria in estate è malsana25. La collina di Imera è invece ricca di vegetazione, e accanto le scorre un fiume che rade volte nell’estate perde interamente le sue acque. E come tale sito non doveva adescare gli esuli siracusani e gli zanclei a fermarsi ivi, pensando alla prosperità della loro patria futura? Se trovassero resistenza da parte dei Siculi che vi abitavano, a noi non è dato sapere; ma è lecito supporre che quel sito così difeso da natura, fornito in abbondanza di prodotti della terra e di acqua26 non fosse disabitato innanzi l’arrivo dei Greci. E gli abitanti non potevano essere altri che i Siculi.

Della loro religione possiamo dire di essere quasi ignari, ma è certo che ebbero una tendenza a divinizzare i fiumi e le fonti27. La numismatica ci offre numerosi esempi in proposito. Ad Egesta erano [p. 22 modifica]venerati il Porpax e il Telmisso28, in Assoro il Chrysa29, e altri fiumi locali avevano onori divini in Alonzio,30 Agyrio31 ed Entella32. I Greci che vennero nell’isola aggiunsero ai loro culti anche questi, propri degl’indigeni; perciò la loro religione dette un grande sviluppo alle divinità fluviali33.

Se dunque vediamo che fiumicelli di piccolo corso furono divinizzati dai Siculi, con ragione dobbiamo ammettere che il fiume Imera, tanto grande e noto nell’antichità, avesse un culto e un nome presso quelle popolazioni sicule che si stabilirono nell’altipiano occupato poi dai coloni greci: culto e nome che furono a questi trasmessi.

Gli antichi sono d’accordo nell’affermare che la città d’Imera ebbe il suo nome dal fiume34 e Stefano Bizantino enumera varie altre città che ebbero una derivazione simile; come ad esempio Siracusa, Gela, Selinunte, Erice, Camarina; soggiunge poi che riscontrasi lo stesso anche in Italia35. Da un esame accurato dei nomi di città che trassero origine dai rispettivi fiumi o fonti risulta che nell’Italia e nella [p. 23 modifica]Sicilia questo trapasso fu frequente più che negli altri paesi del mondo antico36; e dalle testimonianze degli scrittori si deduce che quasi sempre l’appellativo passò dal fiume alla città, e non viceversa. Ciò è naturale, perchè le acque correnti e in ispecial modo le fonti che misteriosamente emergono dal seno della terra, furono oggetto di osservazione pei popoli primitivi in età preistorica e ne eccitarono la fantasia, come esseri soprannaturali, e furono venerate con templi, culti, immagini, nomi. La etimologia di questi a noi non è dato ricercarla, ma l’osservazione mi ha fatto notare che più sono antichi questi nomi, e più facilmente si prestano ad una ricerca della loro derivazione. Alcuni trassero origine da qualità speciali delle acque, come l’Hebrus, l’Anabaenon37, altri dalla natura dei luoghi che attraversavano, come il Phasis, il Tigris38, l’Acragas39, o da altre circostanze che qui non possiamo ricordare per amor di brevità40. Vero è che di queste etimologie date dagli antichi è lecito dubitare; ma valgono almeno a farci congetturare che molti fiumi ripetono il loro nome da qualità proprie di ciascuno41. [p. 24 modifica]Se così è, anche l'Imera settentrionale, attesa la tendenza dei Siculi a venerare i fiumi, dovette avere presso quel popolo un nome, il quale poteva facilmente esser derivato dalla sua posizione appiè d’una collina e in mezzo ad una pianura fecondata da esso; sempre ricco di acqua, anche nei mesi estivi.

Ed essendo i Siculi una popolazione agricola, dedita alla pastorizia fin da quando abitava nella nostra penisola42 è probabile che quella parte di essi stanziata presso il fiume Imera, gli desse l’appellativo di benigno, benefico, fecondatore, che passò poi a significare il fiume stesso. Siccome ignorasi la lingua loro, non conosciamo la forma di questo vocabolo, ma si può ritenere che dovesse accostarsi di molto al greco Ἵμερος per suono e per significato. Il passaggio poi di questo nome dal fiume alla città è cosa che non ha bisogno di commento.



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Poche città presentano allo storico uno sviluppo di avvenimenti successivi così ben distinti, come Imera. I suoi 240 anni di esistenza (648-409 a. C.) si possono agevolmente dividere in tre periodi. Il primo corre dalla sua fondazione fino al tempo in cui cadde sotto il giogo di Terone (489 a C). Nel secondo potrebbero comprendersi gli avvenimenti della dominazione agrigentina; è il più glorioso per la importanza politica che acquista la città d’Imera in seguito alla famosa vittoria sui Cartaginesi (480 a. C.) della quale l’antichità aveva un sì alto concetto, che disse di essere stata conseguita nello stesso giorno in cui i Greci vincevano a Salamina43.

Il terzo periodo, che è il più pacifico, comprende la storia interna di questa città, divenuta libera e gloriosa, fino alla sua distruzione per opera dei Cartaginesi (409 a. C).

Questa ripartizione di anni, fondata sulla storia civile, trova ragione di essere anche per rispetto al [p. 144 modifica]sistema monetale. Nella prima epoca essa conia le sue dramme sul piede eginetico, proprio delle città della madrepatria; nella seconda, l’influenza della dominazione agrigentina si riflette anche sulle monete, poiché il piede non è più l’eginetico, ma l’attico, di Solone, già accettato in tutte le città greche dell’isola; nella terza poi, se non è alterato il piede monetale, comincia l’emissione dei bellissimi tetradrammi, che ci conducono fino al 409, epoca della sua distruzione.

Agli stessi risultati ci mena lo studio dei tipi che furono modificati, secondo le diverse epoche.

Imera, benché distrutta dai Cartaginesi nel 409, continuò ad esistere sotto il nome di Thermae che i barbari conquistatori fondarono pochi anni dopo, non molto discosto dal territorio antico. Ivi trassero in gran parte i profughi imeresi, i quali anche come dipendenti, non perdettero mai la coscienza della propria grandezza e considerarono la nuova città come patria loro, e non si contentarono di chiamarla semplicemente Thermae, ma la dissero Θέρμαι Ἱμεραῖαι.

Però dopo tante dolorose vicende, neanche poterono trovar pace; alla dominazione cartaginese sottentrò quella non meno dura dei Romani; e mentre con quella avevano il diritto di coniar moneta, con questa invece la loro monetazione è limitata solo al bronzo, che lor viene anche tolto sotto l’impero di Tiberio.

Questa divisione in periodi risulterà più chiara dal seguente specchietto:

HIMERA.


I.° Periodo. — Dalla seconda metà del VI secolo fino alla dominazione di Terone, 489 a. C.

[p. 145 modifica] 2. Periodo. — Epoca della dominazione di Terone e Trasideo, cioè dal 489 al 472 a. C.

3. Periodo. — Periodo di transizione, nel quale gli Imeresi si governano con istituzioni liberali: esso va dal 472 al 409 a. C.


THERMAE.


4. Periodo. — Dominazione cartaginese, dal 407 al 252 a. C.

5. Periodo. — Dominazione romana, dal 252 in poi.




HIMERA.


PRIMO PERIODO.

(648-489).


La città d’Imera è una delle più antiche colonie della Sicilia. Fondata dai Calcidesi di Zancle nel 648 a. C, in essa governò da principio l’aristocrazia od oligarchia, secondo la costituzione di Calcide, ove regnava la nobile famiglia degli Ippoboti. Soggiacque poi alla tirannia di Falaride, al tempo del poeta Stesicoro, nella prima metà del VI secolo a. C.; ma con la morte di lui avvenuta nel 549, ridivenne libera e crebbe, nella seconda metà del VI secolo, a comune indipendente e popoloso. In questo tempo già era entrata in possesso delle terme che erano a poca distanza dalla città, e che aveva forse tolte ai Fenici, come innanzi ho cercato di dimostrare.

Come le origini di Imera sono molto remote, così anche le monete che coniò vanno ascritte fra [p. 146 modifica]le più antiche della Sicilia, avendo esse al rovescio il quadrato incuso, che si trova soltanto a Selinunte, Siracusa, ed in certo modo anche a Zancle. Esse risalgono alla seconda metà o alla fine del VI secolo a. C. quando nella Grecia propria si era già da tempo diffusa la coniazione dell’argento. Se noi non avessimo altro mezzo per fare la classificazione cronologica delle dramme di questo primo periodo, potremmo tentarla agevolmente, avendo riguardo alla maniera con cui fu lavorato il gallo. La forma di questo animale si va mano mano perfezionando, e dall’avere un corpo or troppo tozzo, or troppo esile ed allungato, passa ad una forma rotondetta e naturale, fino a che negli ultimi esemplari di questo primo periodo è disegnato con una precisione maravigliosa. La quale potè facilmente esser raggiunta dall’arte ancora bambina in Imera, per la semplicità della figura che essa trattava; laddove in altre città dovè lottare contro difficoltà maggiori derivanti dalla testa di Bacco in Nasso, dalla testa muliebre in Siracusa, ed in generale da tutte le monete che rappresentavano la testa di qualche divinità e che furono contemporanee o di poco posteriori ai galli di Imera. Così questa città che nel VI secolo era divenuta popolosa e commerciale, e in cui fiorivano artisti e letterati, non rimaneva indietro al resto della Sicilia, nella quale le arti belle erano in fiore, come provano i templi di Selinunte, che sono di quest’epoca.

Noi per ora seguiremo lo sviluppo di questo tipo, dalle origini fino al 489, ritenendo che una rigorosa classificazione cronologica potrà apportare, se non molta, almeno un pò di luce sulla questione del valore di queste monete in relazione colla litra siciliana. In tutta la serie qui appresso descritta possiamo distinguere tre diverse maniere di rappresentare il gallo.

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PRIMO TIPO.



1. — Arg., mill. 24.

D/ — Gallo gradiente, a sin., in cerchio di globetti.
R/ — Area incusa, con quattro incavi, disposti a guisa di ali di un mulino, racchiusi in un quadrato che fa da cornice.
Grammi 5,73, Parigi (dramma). Tav. IV, n. 1.


2. — Arg., mill. 22.

D/ — Gallo gradiente, a destra.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,70, Monaco; gr. 5,77, Imh. Bl.; gr. 5,53, M. Br. (Catalogo Sicily, n. 5). Tav. IV, n. 2.


3 – Arg., mill. 23.

Come il n. i, ma il gallo è di forma diversa.
Grammi 5,61, Imh. Bl.; gr. 5,65, Napoli. Tav. IV, n. 3.


4. — Arg., mill. 19.

D/ — Gallo, a destra come il n. 2.
R/ — Gallina, a destra, in quadrato incuso.
Grammi 5,13, M. Br. (Cat. Sicily, n. 14). Tav. IV, n. 4.


5. - Arg., mill. 23.

D/ — Gallo, a sin. come il n. 3, ma di forma diversa, in cerchio di puntini, fra i quali sono interposte lineette a guisa di raggi di una circonferenza.
R/ — Quadrato incuso come al n. 1.
Grammi 5,55, M. Br. (Cat. n. 2). Tav. IV, n. 5.


6. — Arg., mill. 21.

D/ — Gallo, a destra, del tutto simile al precedente, in cerchio di globetti.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,79, M. Br. (Cat. n. 7). Tav. IV, n. 6.


7. — Arg., mill. 24.

D/ — Gallo come il n. 5, avanti IH; in cerchio di globetti.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,63, Parigi. Tav. IV, n. 7.


8. — Arg., mill. 11.

D/ — Gallina, a destra.
R/ — Come il precedente.
Palermo (obolo). Tav. IV, n. 8.

[p. 148 modifica]In questa prima serie, che io stimo più antica di tutte le altre, ho raggruppato i galli che hanno la parte superiore dell’ala lavorata a globetti, molto rilevati in alcuni esemplari; una gamba sollevata, in atto di camminare, e il collo lungo. La coda è sormontata da due penne; il contorno e le dimensioni del gallo sono ancora incerti.


SECONDO TIPO.



9. — Arg., mill. 23.

D/ — Gallo gradiente, a destra, in cerchio di puntini e lineette, come al n. 5.
R/ — Quadrato incuso.
Parigi; gr. 5,75, Vienna; gr. 5,33, Napoli. Tav. IV, n. 9.


10. — Arg., mill. 22.

Come il precedente, ma il gallo, a sin.
Grammi 5,80, M. Br. (Cat. n. 1); gr. 5,60, Napoli. Tav. IV, n. io.


11. — Arg., mill. 22.

D/ — Gallo stante, a destra. Sopra evvi un segno indeterminato; il tutto in cerchio di lineette e globetti.
R/ — Gallina, a destra, in quadrato incuso, chiuso in una specie di cornice.
Grammi 5,52, Imh. Bl.


12. — Arg., mill. 22.

D/ — Gallo, a destra, avanti Ι, in cerchio di globetti.
R/ — Quadrato incuso.
Grammi 6,20, Napoli. Tav. IV, n. 11.


13. - Arg., mill. 24.

D/ — Gallo come il precedente. Sopra HI, avanti 𐌋V, in cerchio di globetti e lineette.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,70, Parigi; gr. 5,65, Napoli. Tav. IV, n. 12.


14. — Arg., mill. 24.

Come il precedente, se non che, sopra 𐌋V, avanti HI.
Grammi 5,61, M. Br. (Cat. n. 4); gr. 5,61, Napoli. Tav. IV, n. 13.

[p. 149 modifica]15. — Arg., mill. 22.

D/ — Gallo, a sin., avanti , sopra 𐌋V, il tutto in cerchio di globetti.
R/ — Quadrato incuso.
Grammi 5,56, M. Br. (Cat. n. 3); gr. 5,31, Imh. Bl. Tav. IV, n. 14.


16. — Arg., mill. 13.

D/ — ΛΤΟИ ([ἱ]ατον). Gallo, a destra.
R/ — Quadrato incuso.
Grammi 0,77, Termini (Salinas, Appendice alle monete punico-sicule, p. 9, tav. n. 7. Tav. IV, n. 17.


17. — Arg., mill. 21.

D/ — Gallo gradiente, a destra, avanti V𐌋, in cerchio di puntini e lineette.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,73, M. Br. (Cat. n. 6); gr. 5,70, Berlino (però i segni sono da sinistra a destra). Tav. IV, n. 15.


18. — Arg., mill. 2r.

D/ — Gallo, a sin., avanti 𐌋V, in cerchio di puntini e lineette.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,72, Berlino. Tav. IV, n. ìf.


19. — Arg., mill. 21.

D/ — Gallo, a sin., avanti ΙΗ in cerchio di globetti.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,56, Imh. Bl.


20. — Arg., mill. 21.

D/ — Gallo gradiente, a destra, sopra: ⸭ in cerchio di puntini.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,70, Napoli (Fiorelli, n. 4394). Tav. IV, n. 16.

La forma del gallo è alquanto variata; i puntini sulle ale, segno di arcaismo, non appaiono, e non sempre uno dei piedi è sollevato. Argomento che i tipi descritti siano contemporanei fra di loro, perchè fra i puntini, che formano il cerchio, vi sono delle lineette disposte quasi a guisa di raggi. Il numero 11 non può essere posteriore a questa serie, per la forma del gallo e le lineette fra i puntini del circolo. Negli [p. 150 modifica]esemplari che hanno al rovescio la gallina, ordinariamente il gallo è lavorato con più arte, che non si scorge nel n. 11, il quale appunto perciò va collocato in questa serie; e si può allora conchiudere che vi sia stato un periodo di tempo nel quale coesistettero insieme le due rappresentazioni del quadrato incuso e della gallina, al rovescio delle monete, e che quest’ultimo tipo abbia poi avuto la prevalenza.


TERZO TIPO.



21. — Arg., mill. 22.

D/ — Gallo stante, a sin., sopra , in cerchio di globetti.
R/ — Quadrato incuso.
Grammi 5,28, M. Br. (Cat. n. 8). Tav. V, n. 1.


22. — Arg., mill. 19.

D/ — Gallo, a destra, avanti HI, sopra 𐌋V •, in circolo di globetti.
R/ — Gallina, a destra, in area circolare incusa.
Grammi 5,72, Parigi; gr. 5,07, Imh. Bl. (esemplare corroso). Tav. V, n. 2.


23. — Arg., mill. 19.

D/ — Gallo gradiente, a destra, sopra , avanti V𐌋.
R/ — Gallina, a destra, entro quadrato incuso.
Berlino. Tav. V, n. 3.


24. — Arg., mill. 12.

D/ — Gallo, a destra.
R/ — Quadrato incuso.
Berlino (obolo). Tav. V, n. 4.


25. — Arg., mill. 12.

D/ — Gallo, a sin., sopra 𐌋, in cerchio di puntini.
R/ — Come il precedente.
Grammi 0,90, Imh. Bl. (obolo), (Monn. grecq. Sicile, 28). Tav. V, n. 6.


26. — Arg., mill. 19.

D/ — Gallo in piedi, a sin., avanti TV, sopra , in cerchio di globetti.
R/ — Gallina a destra, in quadrato incuso.
Grammi 5,77, Imh. Bl.; Parigi. Tav. V, n. 6.

[p. 151 modifica]27. — Arg., mill. 19.

D/ — Gallo, a sin., avanti HIME, sopra , in cerchio di globetti.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,51, M. Br. (Cat. n. 20).


28. — Arg., mill. 21.

D/ — Gallo in piedi, a sin., sopra HIM𐌄, avanti VT e tracce di lettere.
R/ — Come il precedente.
Grammi 4,90 (esemplare corroso) Imh. Bl. (Monn. gr. Sicile, n. 28; Choix, pl. VII, n. 267).


29. — Arg., mill. 18.

D/ — Come il precedente, avanti si distingue VT... ON (leggasi...[ἱατ|ον)).
R/ — Gallina, a sin., in quadrato incuso.
Grammi 5,42, M. Br. (Cat. n. 21). Tav. V, n. 8).


30. — Arg., mill. 22.

D/ — Gallo, a destra, avanti 𐌋V, in cerchio di globetti.
R/ — Come il n. 26.
Grammi 5,67, Imh. Bl.; gr. 5,74, Napoli; Parigi; Mus. Hunter. Tav. V, n. 9.


31. — Arg., mill. 20.

D/ — Gallo, a sin., sopra 𐌋V, in circolo di globetti.
R/ — Gallina, a destra, sopra 𐌋V, in quadrato incuso.
Grammi 5,77, M. Br. (Cat. n. 19). Tav. V, n. io.


32. — Arg., mill. 21.

D/ — Come il precedente, se non che il gallo è a destra.
Grammi 5,80, Napoli.


33. - Arg., mill. 19.

D/ — Gallo, a destra, sopra due V sovrapposti, in circolo di puntini.
R/ — Gallina, a destra, in quadrato incuso.
Grammi 5,64, M. Br. (Cat. n. 18); Napoli (3 esemplari). Tav. V, n. 11.


34. - Arg., mill. 19.

Del tutto simile al precedente, ma la gallina è in un’area incavata, circolare, entro la quale è un circolo di globetti.
Grammi 5,63, Mus. Hunter. Tav. V, n. 12.

[p. 152 modifica]35. - Arg., mill. 20.

D/ — Gallo in piedi, a sin., avanti HIMER — , dietro - A -, sopra — IO𐌍.
R/ — Gallina, a destra, su di un ornamento formato da

due volute in senso contrario. Circolo di globetti.

Grammi 5,60, Copenhagen. Tav. V, n. 13.


36. — Arg., mill. 23.

D/ — Gallo, a destra, sopra 𐌋, in circolo di globetti.
R/ — Come il n. 33.
Grammi 5,72, Napoli, Berlino. Tav. V, n. 14.


37. — Arg., mill. 20.

D/ — Gallo, a sin., sopra 𐌋.
R/ — Come il precedente.
Grammi 5,81, 5,75, Napoli; gr. 5,83, M. Br. (Cat. n. 15); gr. 5,80, Vienna. Tav. V, n. 17.


38. — Arg., mill. 19.

Del tutto simile al precedente, ma il quadrato incuso, che

racchiude la gallina, ha una particolarità agli angoli.

Grammi 5,70, Imh. Bl. Tav. V, n. 16.


39. — Arg., mill. 19.

D/ — Gallo, a sin., avanti ΙΛΤΟΝ, in cerchio di globetti.
R/ — Gallina, a destra, in quadrato incuso.
Grammi 5,67, M. Br. (Cat. n. 23). Tav. VI, n. 1.


40. — Arg., mill. 21.

D/ — Gallo di forme bellissime, a sin., sopra •, in. circolo

di globetti.

R/ — Gallina, a sin., in quadrato incuso.
Grammi 5,80, Berlino; gr. 5,67, M. Br. (Cat. n. 17); Mus. Hunter, Napoli. Tav. VI, n. 2.


41. — Arg., mill. 19.

In tutto simile al precedente, però la gallina è a destra.
Grammi 5,60, M. Br. (Cat. n. 16); gr. 5,75, Imh. Bl.; gr. 5,83, Santangelo, Napoli.


42. — Arg., mill. 20.

Simile al precedente senza alcun segno.
Grammi 5,71, Berlino, Napoli.

43. — Arg. (suberato), mill. 19.

Simile al precedente.
Grammi 4,76, M. Br. (Cat. n. 22).

[p. 153 modifica]44. - Arg., mill. 24.

Simile al precedente, ma il gallo è a destra.
Napoli (2 esemplari); gr. 5,63, Imh. Bl.


45. - Arg., mill. 23.

Simile al precedente, ma la gallina è a sin.
Grammi 5,80, Imh. Bl.; gr. 5,44, Vienna.


46. — Arg., mill. T2.

D/ — Gallina, a sin. Sopra, globetto.
R/ — Quadrato incuso.
Grammi 0,88, M. Br. (Cat. n. 11); gr. 0,80, Imh. Bl. (senza globetto), Napoli (senza globetto), (obolo). Tav. VI, n. 3.


47. - Arg., mill. 13.

D/ — Gallina, a destra.
R/ — Come il precedente.
Grammi 0,88, M. Br. (Cat. n. 12); gr. 0,95, Vienna; Napoli (sopra la gallina vi è un globetto), (obolo).


48. — Arg., mill. 12.

Come il precedente, ma il quadrato è diviso in otto parti.
Grammi 0,92, Imh. Bl., (obolo). Tav. VI, n. 4.


49. - Arg., mill. 7.

Simile al precedente, se non che il tipo del diritto è un gallo.
Grammi 0,19, M. Br. (Cat. n. 13). Tav. VI, n. 5.


50. — Arg., mill. 11.

D/ — Gallo, a destra.
R/ — Quadrato incuso.
Grammi 0,70, 0,73, Imh. Bl.; gr. 0,78, M. Br. (Cat. n. 10), (obolo). Tav. VI, n. 6.


51. — Arg., mill. 12.

D/ — Gallo a sin., in cerchio di puntini.
R/ — Come il precedente.
Grammi 0,79, M. Br. (Cat. n. 9), (obolo).

La figura del gallo ha preso ora la sua forma costante. Esso in primo luogo è molto rilevato, ha il petto in fuori, le ali meno aperte, la coda fatta a guisa di raggi concentrici, sormontata da due penne. Ma ciò che lo fa differire dai precedenti è quel piccolo [p. 154 modifica]rilievo, di forma quasi circolare, che sta fra le ali e la coda.

Il contorno, la posizione, il petto, la testa ci ricordano assai da vicino il tipo comune adottato in Grecia dagli artisti attici del l’secolo, per questo animale sui vasi. Uno di essi, segnatamente Thleson, seppe applicare la elegante e vivace figura del volatile ai medaglioncini delle sue coppe, e riuscì a dipingere dei galli di disegno finissimo e policromo44.

Il nome della città comparisce colle due lettere iniziali fin dai primi conii di questo primo periodo (IH n. 7, 13, 14, 15, 19), e sugli ultimi è scritto per metà (HIME n. 27, 28). La leggenda IATOИ dei n. 16, 2 9> 39 si riconnette evidentemente alle parole ἰάομαι, ἰατήρ, ἰατρεία.

Essendo i tipi delle monete d’Imera l’espressione della virtù terapeutica delle acque calde che scaturivano presso la città, sorge spontaneo il significato di questa parola che è un aggettivo adoperato neutralmente, riferibile al gallo preso come simbolo.

Nel lessico di Suida trovasi un ἰᾶται accanto a ἰατήρ. Esichio ha un ἰατύς avente lo stesso significato di θεράπεια, e un ἰατοί corrispondente a θεραπεῖαι45; nel Thesaurus di Enrico Stefano vi è l’aggettivo ἰατός.


OSSERVAZIONI SOPRA IL TIPO DEL GALLO.


Il gallo fu sacro a parecchie divinità presso i Greci, come a dire Minerva e Marte46, a causa della sua natura pugnacissima, per la quale in Atene [p. 155 modifica]furono istituite le lotte di questi animali, durante le guerre persiane47. Fu sacro ad Apollo, al Sole48, ad Esculapio49, al dio Luno e ad altri dei, coi quali aveva rapporti meno diretti. Potendo essere attributo di tutte queste divinità, i dotti non furono d’accordo nell’interpretare il gallo delle monete d’Imera. Il Boeck lo riferisce a Minerva, supponendo che in Imera vi fossero, come in Atene, pubbliche gare di galli50. Il Rasche51 lo riferisce al culto di Apollo. Nell’esaminare queste opinioni non ho trovato nessun argomento da addurre in loro sostegno. La più convincente finora mi è parsa quella dell’Eckhel, il quale attribuisce il gallo al culto di Esculapio, che presiedeva alle Terme salutari52.

Contro l’opinione che il gallo sia da prendersi per simbolo di Apollo sta il fatto che, quando sulle monete questo animale è in relazione certa con quel dio o con altra divinità affine, esso è quasi sempre in unione con l’astro53. Ma nella monetazione d’Imera l’astro non è conosciuto. Del resto io ritengo che il significato di questo animale si debba ricercarlo nella religione [p. 156 modifica]degl’Imeresi. Chi voglia intender bene tutta la monetazione di Imera deve partire dal convincimento che le sorgenti calde, conosciute non solo in tutta la Sicilia, ma anche nella Grecia e nell’Italia, furon di grande risorsa a quei cittadini, i quali col tempo si andarono formando delle leggende intorno all’origine di quelle acque, e si crearono quasi una religione propria, sviluppando i germi delle credenze primitive dei Greci riguardo al culto delle fonti. Dalle origini alla fine le monete di Imera hanno tipi che accennano esclusivamente alla religione delle Terme; ciò non parrà erroneo quando si pensi al carattere religioso delle monete greche54. L’utilità terapeutica dei bagni d’Imera dovett’essere ben presto conosciuta dai Greci di Sicilia, ove traevano d’ogni parte ammalati per averne la guarigione. Ecco perchè l’Eckhel, credendo che ivi avesse avuto sviluppo il culto di Esculapio, disse che il gallo è simbolo di quel Dio.

Ma secondo la leggenda riferitaci da Diodoro55, l’origine di quelle terme è connessa coll’arrivo di Ercole, il quale vi si potè ristorare dalle fatiche durate. In più luoghi della Grecia Ercole sta in rapporto colle acque calde; alle Termopile eranvi delle terme a lui sacre56; anzi, per testimonianza di vari scrittori antichi57, sappiamo che le acque termali erano tutte sacre ad Ercole. In queste leggende devonsi trovare gl’indizi che fanno di lui una divinità salutare. Per altro i suoi rapporti con Apollo medico e profeta sono assai evidenti. Si riferiscono alla disputa del tripode delfico: disputa che ci rivela come entrambi [p. 157 modifica]avessero in origine di comune il dono profetico. Egli, come Apollo, è un dio salvatore (σωτήρ, ἀλεξίκακος) che allontana dagli uomini i mali; è un dio purificatore, perchè dette pel primo l’esempio di purificazione, coll’andare a Delfo, dopo l’uccisione dei suoi figli58.

Più evidenti ancora sono i suoi legami con Asclepio, divinità della medicina; e questi legami si scovrono nella loro natura di divinità profetiche. "La medicina e la divinazione sono sorelle germane„ diceva Ippocrate, perchè queste due scienze hanno un medesimo padre, Apollo59. Ercole, come Asclepio, aveva il dono profetico e lo attesta l’oracolo di Boura in Acaia60. Sull’Hyettos eravi un oracolo di Ercole. Pausania non dice nulla del culto che ivi si esercitava; ma siccome dice che gli ammalati cercavano ivi i rimedi, è probabile che avessero l’uso della incubazione61. Eravi il processo della incubazione anche nel tempio di Ercole in Tespi62.

Da quanto si è detto risultano chiari i rapporti fra Ercole ed Apollo medico, e dello stesso con Asclepio, rapporti che lo fanno essere una divinità salutare e ci spiegano le numerose leggende dello scaturire di acque calde, salutari. Or dunque, se anche in Imera Ercole fu venerato quale fondatore dei bagni termali, il che vuol dire che era considerato quale divinità medica, il gallo delle primitive dramme, se ha un significato, non può che esprimere il culto di Ercole, anzichè quello di Esculapio, al quale non dobbiamo ricorrere come l’Eckhel, per diverse ragioni; [p. 158 modifica]prima perchè il gallo è sacro anche ad Ercole63, poi perchè del culto di Asclepio non vi è traccia nella religione imerese, laddove quello di Ercole acquistò sempre più vaste proporzioni, come attestano le monete.

Ma la figura di questo animale, oltre ad essere l’espressione del culto che prestavasi in quella città all’eroe divinizzato, veniva ad essere d’altra parte, per quel vezzo che avevano gli antichi di giocare sulle parole, l’arma parlante d’imera. Il gallo è messaggiero del novello giorno, per cui è detto da Simonide ἡμερόφωνος64; perciò gl’Imeresi, profittando della somiglianza di suono tra Ἱμέρα ed ἡμέρα, misero sulle loro monete il gallo annunziatore del giorno 65.


SISTEMA MONETALE.


Queste monete sono dramme del piede eginetico che dovrebbero pesare gr. 6,30, ma non sorpassano ordinariamente i gr. 5,9066. Questo peso non fu mai ridotto per tutto il periodo. Furono anche coniati gli oboli di gr. 0,90 e certe monetine pesanti 0,19 (V. n. 49). Non incontreremmo nessuna difficoltà per conoscere il valore delle monete descritte, se non le dovessimo considerare in rapporto colla litra siciliana I primi esemplari sono anepigrafi e senz’alcun segno di valore, ma dal n. 12 in poi cominciano a comparire certi segni che, insieme con [p. 159 modifica]l’Imhoof-Blumer, ritengo siano segni di valore. Sono di varie forme e tutti si riducono ai seguenti:

Il conflitto del sistema eginetico con quello della litra di bronzo dovè manifestarsi ben presto in Imera, e siccome non si potevano conciliare in nessun modo per il libero scambio, il governo fu obbligato a stabilire un rapporto fisso tra la litra di bronzo, non monetato, e la dramma eginetica. Questo rapporto dovette subire diverse variazioni che non sappiamo, ma che sono attestate all’evidenza dai segni di valore i quali variarono sempre. L’ultimo segno di valore che trovisi è il puntino, interpretato dal Soutzo67 per il segno della litra; ma io preferisco di dire, non ostante le lunghe ricerche fatte sul proposito, che quei segni sono ancora inesplicati.

Si può affermare però con una certa sicurezza che il segno 𐌋 indichi sulle dramme la litra. Nei primi esemplari, fino al num. 35, l’altro segno V indicherà quante volte essa era ripetuta per fare l’equivalente di una dramma eginetica. Nei num. 35, 36 e 37 il segno 𐌋 non esprime il valore della moneta, ma soltanto il rapporto di essa colla litra, rapporto già riconosciuto negli scambi commerciali e che non occorreva più indicare. Se così non fosse, non potremmo spiegarci questo medesimo segno sull’obolo n. 25 il quale ha il valore di una litra e che stimo, per la forma del gallo, contemporaneo alla serie con 𐌋V. Ed infatti Aristotele dice espressamente che la litra siciliana equivale all’obolo eginetico e che lo statere corinzio di gr. 8,70 è detto decalitro, perchè [p. 160 modifica]vale dicci oboli68. Da questa testimonianza di Aristotele risulta che negli scambi commerciali in Sicilia, tanto l’obolo eginetico, pesante gr. 0,90, quanto quello corinzio, pesante gr. 0,87 (il decimo della dramma) equivalessero alla litra di bronzo, della quale più avanti determineremo il peso approssimativo.

Ma l’inconveniente del sistema eginetico stava nel non potere in nessun modo scambiare agevolmente la dramma con un numero determinato di litre. La dramma di peso ridotto (da 6,30 a 5,90) non si poteva scambiare con sei litre, perchè troppo superiore al valore di esse, ne con sette perchè inferiore. A tale scambio esatto prestavasi invece la dramma corinzia che equivaleva esattamente a cique litre. Per questa ragione tutte le colonie calcidiche che avevano il sistema eginetico si videro obbligate, o presto o tardi, ad abbandonarlo e ad accettare il corinzio, come vedremo per Imera nel successivo periodo.

Così si spiega in parte l’incostanza e la varietà dei segni di valore sopra accennati, alcuni dei quali non si sono potuti interpretare.

Conchiudendo adunque, i coloni greci che recaronsi ad Imera coniarono le loro monete secondo il sistema in vigore nella patria loro, perciò in origine non comparisce alcun segno di valore. Ma ben presto apparve il conflitto colla litra e con esso tutt’i segni sulle monete, che talvolta erano tralasciati; fino a quando negli ultimi tempi si tornò alle monete [p. 161 modifica]primitive senza segno di valore. Tutto questo dimostra la cattiva prova che fece in Sicilia il sistema eginetico, il quale finì per essere abolito.


SECONDO PERIODO.

(489-472).


Verso i principii del V secolo a. C. le più importanti città della Sicilia, ad eccezione di Siracusa, erano cadute sotto la dominazione dei tiranni. In Agrigento aveva usurpato il potere Terone, uomo ambizioso, che volse le mire su Imera.

Signoreggiava quivi Terillo, figlio di Crinippo, e per parte della figlia Cidippe, suocero di Anassilao di Reggio69. E siccome Terillo teneva con duro freno quella popolazione, Terone fe’ lega coi nemici di lui e lo mise in fuga, avendolo vinto in battaglia.

Dall’anno della sua signoria in Imera data una grande mutazione nel sistema monetale; all’eginetico subentra l’attico di Solone, ridotto. È coniata la dramma, il didramma, l’hexas. Il rovescio delle monete non è più l’area incavata o la gallina, ma una impronta tutta propria di Agrigento, il granchio. Accanto a questo tipo se ne conia un altro che è quello del gallo e dell’astragalo. Non un solo accenno al grande avvenimento di questo tempo, che fu la strepitosa vittoria d’Imera. Ma la città non era libera: era soggetta ad un’altra città e non potè mutare i tipi monetali. Lo farà bentosto dopo la dominazione di Terone e Trasideo.

[p. 162 modifica]A voler giudicare dell’arte di questo periodo dalle monete, dobbiamo dire che essa è in decadenza. Il gallo non ha più quella forma svelta che aveva acquistato sulle ultime monete del primo periodo, ma invece ha un corpo relativamente grosso e una testa piccola; le ali calano giù senz’alcun garbo, i piedi poggiano tutti e due in terra. Non diremo lo stesso pel granchio, il quale è fatto con una certa esattezza e su di un esemplare di Napoli (n. 52) è lavorato alla foggia di quelli delle monete di Agrigento.


52. — Arg., mill. 20.

D/ — Gallo stante, a sin., in circolo di puntini.
R/ — Granchio.
Grammi 8,69, Napoli, (didramma). Tav. VI, n. 7.


53. – Arg., mill. 22.

D/ — HIMERA.
R/ — Come il precedente.
Grammi 8,58, Monaco; gr. 8,59, M. Br. (Cat. n. 24); gr. 8,51, Vienna; gr. 8,48, Imh. Bl., Napoli (4 esemplari). Tav. VI, n. 8.


54. — Br., mill. 23.

Come il precedente.
Grammi 6,42, Coll. mia70.


55. – Arg., mill. 19.

Simile al precedente, ma in mezzo al granchio vi è un piccolo circolo incuso.
Grammi 8,53, Imh. Bl.; gr. 8,55, 8,72, M. Br. (Cat. n. 25, 26). Tav. VI, n. 9.


56. – Arg., mill. 19.

Simile al precedente, ma sul gallo vi è I.
Monaco (2 esemplari), Mus. Hunter. Tav. VI, n. io.


57. – Arg., mill. 19.

AЯƎMIH. Simile al n. 53.
Grammi 8,58, M. Br.; gr. 8,26, Vienna. Tav. VI, n. 11.

[p. 163 modifica]58. — Arg., mill. 18.

D/ — Gallo, a sin., in circolo di globetti.
R/ — HIMER V. Granchio.
Grammi 4,06, M. Br. (Cat. n. 27), (dramma). Tav. VI, n. 12.


59. - Arg., mill. 17.

HIME—bA. Simile al precedente.
Grammi 4,19, M. Br. (Cat. n. 28); gr. 4,22, Imh. Bl.; gr. 4,05, Napoli. Tav. VI, n. 13.


60. — Arg., mill. 17.

D/ — Gallo, a sin., in circolo di globetti.
R/ — HIME•P•AION. Astragalo.
Grammi 4,20, M. Br. (Cat. n. 29); gr. 4,12, Imh. Bl., Parigi (2 esemplari). Tav. VI, n. 15).


61. — Arg., mill. 5.

D/ — Astragalo.
R/ — Due globetti.
Hexas; gr. 0,08, M. Br. (Cat. n. 30). Tav. VI, n. 14).

Appartengono a questo periodo alcune monete coniate in seguito ad alleanze che Imera fece con altre città marittime della Magna Grecia, colle quali stava in relazioni commerciali. Gl’Imeresi già prima di questo tempo avevano esteso i loro rapporti nella Sicilia e nel continente. Giova notare che le colonie greche della Sicilia, specialmente nei primi anni della loro fondazione, mantennero vive le relazioni colle rispettive metropoli della Grecia. Esse avevano i medesimi culti della madrepatria, prendevano parte alle principali feste di essa con ambascerie e doni, e davano la preferenza ai cittadini di essa che intervenivano alle loro feste, conferendo loro posti di onore e una speciale partecipazione ai sacrifizi71. Per mezzo di questi rapporti reciproci fra l’oriente e l’occidente, avvenne che le città del littorale meridionale d’Italia [p. 164 modifica]fossero in continuo contatto con i Greci di Sicilia. Secondo l’uso costante dei navigatori greci, che non perdevano mai di vista la costa, ogni nave che dalla Grecia faceva vela per la Sicilia, toccava le coste dell’Acarnania e dell’Epiro fino a Corcira, donde proseguiva verso il promontorio lapigio e di là, costeggiando il littorale orientale dell’Italia, toccava Crotone, il promontorio Lacinio e proseguiva per lo stretto di Messina72. I porti di Taranto, Sibari, Metaponto, Crotone, ecc., erano assai frequentati dalle navi greche della Sicilia che da principio ivi si fermavano per circostanze eventuali; ma col tempo, dovettero averli come meta delle loro traversate, stante i rapporti commerciali che si erano andati formando. Questi rapporti, di cui gli storici non fanno parola, hanno grandissima importanza in quanto ci spiegano uno scambio di idee ed abitudini fra i greci di Sicilia e quelli dell’Italia. E nel caso presente valgono a chiarirci i tipi di alcune monete della zecca di due città entrate in lega con Imera. Una di queste è Crotone. Da tempo remoto il Crotoniate Eilippo aveva percorso i lidi della Sicilia e conosciuto i costumi di quelle popolazioni, accompagnando Dorico nella sua impresa in quell’isola73. Le relazioni di Crotone con Agrigento erano estese su larga scala; monete di questa città furono riconiate in quella74. Ad Agrigento era stato trapiantato il culto di Giunone Lacinia ed un tempio le era stato costruito75.

Ma i rapporti con Imera dovevano essere più intimi: prima perchè l’elemento calcidico, come in [p. 165 modifica]tutte le colonie achee, ebbe in Crotone il sopravvento; poi perchè le due città si sentivano legate dal medesimo culto verso l’eroe divinizzato, Ercole76. Valgano come prova di questa lega le seguenti monete:

a) — Arg., mill. 13.

D/ — 𐌒PO. Tripode.
R/ — VVI. Gallo gradiente, a destra.
(Garrucci, Monete dell'Italia antica, t. CIX, n. 211.


b) — Arg., mill. 12.

D/ — Come il precedente.
R/ — IM. Gallo gradiente, a destra.
Catanzaro (Garr., t. XXV, n. 15).


c) — Br., mill. 19.

D/ — Testa di Pallade con elmo attico, volta a destra.
R/ — Gallo, volto a destra, e dietro 𐌒PO.
(Garr., t. CX, n. 15).


d) — Arg., mill. 10.

D/ — Gallo stante, a destra. Sopra 𐌒.
R/ — Testa di Ercole, a destra, coverta della pelle di leone, in un quadrato incuso.
Grammi 0,64, Coll. Boyne di Firenze. Tav. VI, n. 16.

Per determinarne l’epoca bisogna osservare che le monete di Crotone a due tipi, e propriamente queste trazioni dello statere sono della prima metà del V secolo, secondo l’Head77. E questa sua opinione è [p. 166 modifica]validamente confermata dalla storia. Nei primi anni del V secolo i Cartaginesi tentarono di assoggettare quella città che era diventata fiorente e fecero la spedizione di Amilcare che nel 480 fu disfatto pienamente da Gelone. Verso questo tempo o anche prima collocheremo la coniazione delle suddette monete federali, quando cioè Imera intimorita, si volgeva per aiuto alle città del continente. In questa occasione Crotone e Imera coniarono, in segno d’alleanza, monete che hanno impressi i tipi di ciascuna; il tripode è tipo frequentissimo di Crotone, il gallo d’Imera78.

In questa epoca sono anche da collocare, come abbiam detto, le monete d’Imera coll’astragalo. È difficile spiegare questo tipo. L’antichità non ci ha trasmesso notizie soddisfacenti sull’uso e il valore degli astragali nella religione. Io credo che si possano riferire al culto di Ercole, come il gallo, in quanto accennano alla virtù delle acque salutari d’Imera. E notevole la maniera come si consultava l’oracolo di Boura in Acaia. In una grotta stava la statua di Ercole che aveva innanzi una tavola probabilmente divisa in compartimenti, con dadi o astragali, e chi consultava il dio, dopo la preghiera prendeva quattro dadi e li gettava sulla tavola. Dalla caduta dei dadi avevasi il responso. Nelle leggende di Ercole parlasi spesso di dadi che eran considerati come gli astragali79. Nulla di più facile che l’astragalo sia rimasto a significare qualche cosa nel culto di Ercole, specialmente ove il culto di questo eroe era connesso colle acque termali. Ercole in Imera è divinità medica ed ha quindi tutte le attribuzioni di Asclepio. Ora nel culto di Asclepio trovasi qualche accenno agli astragali [p. 167 modifica]in rapporto colla guarigione80. In Imera dovette essere molto diffuso il gioco di essi, perchè una maniera di gettarli aveva preso nome da Stesicoro81. Fra la stipe delle acque apollinari furono rinvenuti vari astragali di bronzo82. Questo ritrovamento non è senza la sua importanza, perchè conferma la nostra ipotesi.

L’astragalo trovasi anche sopra le seguenti monete d’alleanza fra Imera e una città che il Garrucci chiamò Casarium, della quale s’ignora il sito.

e) - Arg., mill. 23.

D/ — Moneta ribattuta sopra un didr. di Crotone, del quale rimane nel rovescio la traccia del tripode e dell’epigrafe 𐌒PO. Il suo secondo tipo è l’astragalo, e intorno OIЯAZAK.
R/ — Tripode sul quale è stata impressa la figura di un

delfino: leggenda META.

Vienna, Santangelo (esempl. quasi identico); v. Garr. t. CXI, ti. 1, 2.


f) — Arg., mill. 12.

D/ — KA. Astragalo.
R/ — Delfino. Sotto FIM.
Luynes (Garr., id., n. 3).


g) ~ Arg., mill. 9.

D/ — Astragalo.
R/ – Delfino. Sotto K.
Luynes (Garr., id., n. 4.)

(Continua).



[p. 407 modifica]


TERZO PERIODO.

(472-409).


Dal dì che Amilcare era sconfitto e ucciso sotto le mura di Imera, aprivasi una nuova era di gloria per questa grande città che aveva liberato tutta la Sicilia da l’imminente pericolo di un’invasione cartaginese. La fama di questa vittoria si diffuse bentosto per tutta la Grecia: Gelone consacrava a Delfo un tripode d’oro, e ad Olimpia costruivasi un edificio detto Tesoro dei cartaginesi, dove eran depositati alcuni oggetti del bottino tolto ai nemici. Ma Imera stette per altri otto anni avvinta dalle pastoie della servitù. Nel 472 ricuperò la sua libertà, e i cinquanta anni che seguirono costituiscono il periodo della sua vera grandezza. In esso si accentua il suo carattere di città amante della pace; non piglia parte attiva nella lotta fra Atene e Siracusa, non entra nella lega delle città joniche contro l’elemento dorico dell’isola (427 av. C.)83, ma invece promuove le arti e la [p. 408 modifica]pace interna. Questo periodo, detto di transizione, forma una lacuna nella storia generale della Sicilia, di cui ignoriamo quasi affatto gli avvenimenti e per conseguenza anche per Imera poco o nulla possiamo dire; ma dall’arte monetale si può presumere che la sua civiltà fu molto avanzata in quest’epoca.

A Terone era succeduto, nella signoria di Agrigento e d’Imera, il figlio Trasideo, uomo assai diverso dal padre, e noto per la sua crudeltà. Vedendosi odiato dai suoi sudditi ed essendo in possesso di una numerosa schiera di mercenari, credette di poter consolidare la sua malferma signoria per mezzo di una guerra esterna, e raccolse più di 20000 uomini per menarli contro Siracusa. Cerone lo prevenne con assalirlo prima ch’egli aprisse le ostilità, e nella battaglia, che sembra sia stata combattuta presso il fiume Akragas, lo vinse cagionandogli gravi perdite.

Questa sconfitta ebbe per conseguenza una ribellione degli Agrigentini e degl’Imeresi, in seguito alla quale Trasideo se ne fuggì a Megara, dove invece di trovare amichevole accoglienza fu condannato a morte84. Secondo Diodoro, gli Agrigentini, dopo questa sconfitta, riordinarono il loro stato a democrazia, accostandosi a Gerone, il quale non esercitò su di essi nessun potere diretto. Ora il Boeck congettura che lo stesso abbiano fatto gl’Imeresi; ed è probabile, perchè godettero d’ora innanzi di una grande prosperità, nella quale poterono progredire le arti belle85. Rimasti liberi modificarono, come sappiamo, le loro istituzioni, ed estesero su più larga [p. 409 modifica]scala il commercio con l’Italia. Le relazioni con Crotone si accrebbero; l’esempio di questa città, ove gli esercizi ginnastici erano molto apprezzati, eccitò in essi quell’amore e li indusse a fare altrettanto86.

Nel 472 Ergotele, nativo di Cnoso in Creta, che erasi stabilito ad Imera, vinse nel lungo corso ad Olimpia, e Pindaro compose un’ode in suo onore87. Questo stesso fu vincitore, secondo Pausania, un’altra volta ad Olimpia, ove meritò un’iscrizione ed una statua88, e due altre volte a Nemea. Più tardi Crisone, ricordato come prodigio di velocità, ottenne consecutivamente la palma nelle tre Olimp., lxxxiii, lxxxiv e lxxxv89.

Sì grande rigoglio di vita interna, che è segno di potenza, procurò agl’Imeresi la stima e il rispetto al di fuori. Ad Imera fecero appello i Siracusani nel 477, quando vollero liberarsi dal giogo di Trasibulo90, e nel 415, quando giunse in Sicilia la prima spedizione ateniese comandata da Alcibiade, Nicia e Lamaco91. Caduta in Reggio la tirannide, i cittadini trascorsero in tumulti ed uccisioni, perchè erano in preda all’anarchia ed essendo intervenuti gl’Imeresi, chiamati dal partito più debole, invece di farla da pacieri, la fecero da oppressori (459)92.

Le monete d’Imera relative al periodo che corre dal 472 al 409 sono annoverate fra le più belle della Sicilia e rispondono assai bene alla floridezza della città. Non la cedono a Siracusa per esattezza di [p. 410 modifica]esecuzione e i loro tipi hanno i caratteri di una religione che, importata dalla madrepatria greca, si ebbe nella Sicilia un’impronta speciale. Il tetradramma più antico che io conosca è il seguente:

62. — Arg., mill. 25.

D/ — AЯ∃MI. Figura muliebre stante, di faccia, colla testa volta a destra e la mano sinistra sollevata. È vestita di un chitone a maniche corte e di un largo peplo ch’ella spiega colla mano diritta.
R/ — 𐌐E𐌡O. Pelope stante, in biga al passo, a destra; tenente lo sprone con la destra e le redini colla sinistra. Nell’esergo un ramo di palma e un grappolo di datteri.
Grammi 16,23 Lobbecke (Zeitschr. für Numism., 1891, Taf. III, numero II). — Gr. 17,47 Arolsen. (Imhoof-Blumer, Monn. grecq., Himera, n. 32)93. Tetradr. Tav. IV, n. 1.

63. - Arg., mill. 25.

Come il precedente, ma di conio diverso. La diversità consiste nella figura della Ninfa che tiene la gamba sinistra un po’ sollevata, in guisa che non poggia con tutta la pianta in terra.
Grammi 17,16 Weber, On some unpublished or rare greek coins; nel Numism., Chron., 1892, n. 2. Tav. IV, n. 2.

[p. 411 modifica]La figura stessa della Ninfa rivela un carattere di remota antichità per la posizione del corpo rivolto allo spettatore e la testa di profilo, come osserviamo nelle antichissime figure vascolari e nei bassorilievi. Nell’esemplare di Weber la gamba sinistra ha una certa movenza, e il piede poggia in terra quasi con la punta; ma con tutto ciò non si può misconoscere una rigidezza nch’arte bambina ed un’accuratezza nei particolari, come a dire nelle pieghe del chitone. Il personaggio in biga ha poi forme arcaiche non meno della Ninfa; le vesti aderiscono alle carni e la barba è acuminata.

La rappresentanza del rovescio di questa moneta ci richiama alla mente la istituzione dei giuochi olimpici. Il Torremuzza lesse ΓΕΛΟΝ e credette che fosse stata coniata in memoria di Gelone siracusano. L’Eckhel sull’esemplare di Arolsen lesse rettamente 𐌐E𐌡O, ma lo credette nome di magistrato. Il Cavedoni94 fu il primo a pensare che fosse il nome del personaggio stante sulla biga, con aperta allusione ai giuochi olimpici, per cui le città di Sicilia, e in ispecial modo Imera, mostravano tanto ardore, e ai quali il nome di Pelope si trovava connesso. I Greci di Sicilia e dell’Italia meridionale parteciparono, sin dalla fine del settimo secolo av. C, alle corse di bighe e quadrighe ed altri giuochi che in Olimpia erano assai stimati. Trovansi anche dei Siciliani fra gli ὀλυμπιονίκαι , ed oltre ad Ischyro ed Ergotele d’Imera, ricorderemo Parmenida di Camarilla (528 av. C.). Empedocle di Agrigento (496 av. C), Astylo di Siracusa (488, 484, 480 av. C.). Anche Gelone prese parte a giuochi. Il che mostra l’interesse dei Siculi per essi, e ci spiega le numerose quadrighe che [p. 412 modifica]trovansi sopra un gran numero di monete siciliane. Su quelle di Siracusa più antiche la biga o quadriga è rappresentata unicamente in unione coll’ auriga; ma anche prima del tempo di Gelone è messa in rapporto con esso la Nike volante95.

Del ramo di palma inciso nell’esergo con molta esattezza, pur essendo assai facile a spiegarsi, non trovo fatto cenno di sorta. Nell’antichità la palma fu simbolo della vittoria riportata nei giuochi, e si sceglieva quel legno perchè è assai cedevole e resistente96. Ercole dopo il suo ritorno dal mondo sotterraneo si coronò di palma, come indizio della fortunosa uscita97, e dette a Iasio, nella prima gara olimpica, un ramo di palma in segno di vittoria98. Nel Malko, luogo del Ginnasio di Elide, dove gli efebi si esercitavano alla lotta, eravi un gruppo rappresentante Eros con in mano un ramo di palma, il quale gli vieti contestato da Antero99. Sicché la palma è simbolo di vittoria o di ringraziamento per la vittoria100; ed in Olimpia alla corona di kotinos davasi in premio ai vincitori anche il ramo di palma. Frequente è sulle monete di Alessandro101.




Il tipo di questi tetradrammi non fu ripetuto, e, come suole accadere in ogni monetazione, che varia il tipo principale prima che se ne trovi uno il quale [p. 413 modifica]possa affermarsi e restare, esso servì di passaggio alla splendida serie dei tetradrammi d'Imera. Questa si può dividere in varii gruppi, ciascuno dei quali ha caratteri peculiari che rivelano l'arte dei diversi artisti e attestano uno sviluppo progressivo nella tecnica monetale, dalle forme rigide della prima coniazione, alla perfezione dei sommi maestri. Nel primo gruppo riuniremo i seguenti tipi102.


64. — Arg., mill. 25.

D/ – ...AION (leggi IMEPAION). Ninfa stante, di fronte, col viso rivolto a sinistra, vestita di chitone a maniche corte e peplo, il cui lembo cade sul braccio destro. Nella mano destra ha una patera, colla quale sacrifica sopra un altare; il braccio sinistro è disteso. A destra vi è un Sileno itifallico che poggiando le mani su di una vaschetta, si piega indietro per ricevere sul petto uno zampillo d'acqua sgorgante da una fontana a bocca di leone.
R/ — Quadriga al passo, a sinistra, guidata da una figura virile con lungo chitone, coronata da una Nike volante a destra; il tutto in circolo di puntini.
M. Hunter; Salinas (ripost. Virzì). Tav. VII, n. 4.


65. — Arg., mill. 26.

Simile al precedente, ma la leggenda attorno alla Ninfa è svanita. Il Sileno tenendosi con le mani alla vaschetta, si abbandona tutto indietro col corpo.
Grammi 17,05, M. Br. (Cat. n. 31 . Tav. VII, 11. 5.


66. — Arg., mill. 24.

. . EPAION. Come il prec. Il Sileno è un poco meno abbandonato col corpo all'indietro. ili conio del diritto e rotto).
Grammi 17,22, Berlino; gr. 17,6 Virzì; Evans. (Tutti dello stesso conio). Tav. VII, n. 3. [p. 414 modifica]66 bis. — Arg. mill. 25.
D/ — IMERAIO𐌍. Simile al num. 65.
R/ — IMERAIO𐌍 (nell’esergo). Simile al precedente.
Grammi 17,8 Virzì.



67. — Arg., mill. 25.

D/ — Come il num. 66, senza leggenda.
R/ — IMEPAION. Come il precedente; il conio è identico.
Parigi; gr. 18,1 Virzì; Evans. Tav. VII, n. 6.


67 bis. — Ar. mill. 25.

D/ — IMERAIO𐌍. Simile al numero 64.
R/ — IMERAIO𐌍 (nell’esergo). Come il preced., ma l’arte è molto più avanzata.
Grammi 17,7, Virzì.



68. — Arg., mill. 26.

Come il precedente; se non che a destra della Ninfa, in alto, vi e una ruota a quattro raggi.
Grammi 17,05, Napoli (Fiorelli, 4428); gr. 17,01, M. Br. (Cat., n. 32). Tav. VII, n. 7.

Non si può dubitare che i tetradrammi descritti dal n. 64 al n. 68 appartengano alla più antica emissione dopo il tipo con ΠEΛO. Che siano stati coniati in un medesimo giro di anni, lo prova un importante ripostiglio scoverto pochi mesi addietro nei [p. 415 modifica]pressi di Palermo e che noi chiameremo dal nome del primo compratore, ripostiglio Virzì103. Esso constava di 9 tetradrammi imeresi, che pel grado di conservazione sono uno dei più importanti ritrovamenti fatti sul suolo della Sicilia in questi ultimi anni. Essi hanno tanta affinità di stile, che sarebbe impossibile non farne una serie continua e le loro piccole varianti da tipo a tipo sono tali che abbiamo agio di seguire una per una tutte le evoluzioni dell’arte monetale nella prima emissione di tetradrammi in Imera. Nelle loro piccole varianti noi possiamo cogliere certe somiglianze che ridurremo alle seguenti.

a) Il Sileno sta or più or meno abbandonato indietro col corpo, ma sta sempre rivolto colla faccia alla fontana in guisa che noi lo vediamo di fianco.
b) La Nike sta nell’atto di deporre la corona sul capo dell’auriga e coi piedi sembra che tocchi la testa dei cavalli.
c) La quadriga è costantemente rivolta a sin.
d) L’altare è largo.

Riserbandoci di fare più oltre un’analisi minuta dei tipi, di cui ora facciamo una semplice descrizione, passiamo al secondo gruppo. Nell’autunno del 1890 fu trovato in Sicilia un ripostiglio di monete di diverse città, fra le quali parecchi didrammi e tetradrammi d’Imera104 anch’essi di perfetta conservazione. Questo lo chiameremo ripostiglio di Seltmann, [p. 416 modifica]dal nome del primo compratore. I tipi erano tutti noti, fuorché uno, ripetuto in tre esemplari. Eccone la descrizione.


69. — Arg. mill. 26.

D/ — Ninfa sacrificante, come al n. 64. Un piccolo Sileno itifallico le sta a destra in una vaschetta, rivolto a chi guarda. Ila la faccia dalla parte opposta di una fontana a bocca di leone, onde esce uno zampillo che gli bagna le spalle; colla sinistra si mantiene presso l’orlo della vaschetta, la destra è poggiata sulle anche.
R/ — Dello stesso conio del n. 68.
Grammi 17,36, Seltmann (Zeitschr. für Numism., Taf. III, n. Ili); gr. 17,12, Löbbeke; Berlino. Tav. VII, n. 8.

Ognuno vede che questo tipo si connette a quello dei numeri 67 bis e 68, perchè il rovescio è dello stesso conio. Ma non può entrare a far parte del primo gruppo, per una potente ragione. Il piccolo Sileno è rivolto a chi guarda; la sua posa è assai naturale e fa bellamente concepire la calma di chi va a bagnarsi alle calde sorgenti per ottenere la salute; essa non sarà più mutata fino agli ultimi esemplari. Possiamo adunque dire che il n. 69 sia un tipo di passaggio dal primo gruppo, pel tipo del rovescio, al 3° gruppo, per la posa del Sileno. Il suo pregio d’arte poi è anche superiore ai precedenti. La figura della Ninfa che in alcuni esemplari della prima emissione era un po’ tozza, in questi è svelta. Nelle pieghe del chitone, nella testa un po’ inclinata, nel corpo meglio modellato, nell’altare di forma più esile, circondato nel mezzo da una corona, si scorge un gusto più fino, uno studio più accurato. Si collega a questo tipo il seguente didramma, anch’esso del ripostiglio di Seltmann.


70. — Arg. mill. 21.

D/ — ΣΟΤΗR. Ninfa sacrificante come nel precedente esemplare. A destra le sta un caduceo, eretto e adorno di nastri. [p. 417 modifica]
R/ — Cavallo corrente, a sinistra, con sopra un cavaliere che tenendosi nella corsa poggiato sulla groppa, giace col corpo penzoloni, nell’atto di smontare e stringe nella sinistra una sferza. Nell’esergo IMERAIO𐌍; il tutto in circolo di puntini.
Grammi 8,63, Löbbecke (Zeitschr. für Numism., Taf. III, n. IV); gr. 8,34, Weber (Num. Cliron., 1802, n. 3). Berlino. Didr.

A proposito del tetradramma num. 62 abbiamo detto che il tipo della quadriga con la leggenda 𐌐EΛO è un accenno ai giuochi olimpici, nei quali due Imeresi avevano riportato vittoria. Egual significato ha il cavaliere sul didramma; esso accenna a quel giuoco consistente nella corsa di cavalli, in cui i cavalieri, quand’erano ad una certa distanza dalla meta, saltavano giù in terra e correndo accompagnavano il cavallo per la briglia105. Di questa corsa, detta κάλπη, abbiamo altre rappresentazioni sur una moneta di Motye106 e un’altra di Celenderis107. Siccome questo tipo è quasi unico nella numismatica siciliana, non può dirsi una imitazione, come la quadriga che e molto frequente, ma potrà essere stato scelto in memoria di qualche Imerese che vinse ad Olimpia in questo genere di corsa, e del quale la storia non ci tramandò cenno alcuno.

Segue ora una serie di tetradrammi e didrammi che si conservano nei Musei in numero maggiore dei precedenti e sono di diversi conii.

Questo ci attesta che la loro coniazione dovette [p. 418 modifica]durare a lungo, e può dirsi che ora propriamente si determinino certi caratteri dei tipi che non sono più alterati: tale è il granello d’orzo, or a sinistra or a destra della Ninfa e la posizione della Nike al rovescio, la quale non più posa la corona sul capo dell’auriga, ma gliela presenta dinanzi al volto; dippiù la quadriga è rivolta a destra.


71. — Arg., mill. 25.

D/ — Ninfa sacrificante, come il n. 69.
R/ — Uomo in quadriga, a destra. Una Nike volante gli presenta dinanzi al volto una corona. Tracce di leggenda nell’esergo.
Coll. Nervegna.


72. - Arg., mill. 25.

D/ — Ninfa sacrificante, a sinistra granello d’orzo.
R/ — ИOIAq∃MI. Come il precedente.
Grammi 17,30, Napoli (Fiorelli, n. 4425I; gr. 17,12, Imh. B1.; gr. 16,74. Santangelo, (n. 7756); Termini; Monaco (2 esempl.). Tav. VII, n. 9.


73. — Arg., mill. 21.

D/ — Ninfa sacrificante, a destra un caduceo eretto, adorno di nastri; a sinistra, in alto, granello d’orzo; all’esergo IATO𐌍.
R/ — ИOIAq∃MI attorno al cavaliere che è come nel n. 70; nell’esergo un cigno notante.
Grammi 8,32, M. Br. (Cat. n. 35); gr. 8,40, Napoli (Fiorelli, 4433); gr. 8,55, Lobbecke. Tav. VII, n. 12.


74. — Arg., mill. 22.

D/ — IATON nell’esergo. Simile al precedente.
R/ — Cavallo corrente, come nel num. 70; nell’esergo ...Aq∃MI, in circolo di puntini.
M. Hunter; gr. 8,25, Lobbecke; Monaco. Tav. VII, n. 11.


75. — Arg., mill. 28.

Del tutto simile al n. 72, ma la capigliatura della Ninfa è diversamente aggiustata.
Grammi 17,19, M. Br. (Cat. n. 33); gr. 17,30, Lobbecke; Berlino. Tav. VIII, n. 1.

[p. 419 modifica]76. — Arg., mill. 23.

D/ — Ninfa del tutto simile alla precedente , per la capigliatura; a destra caduceo , a sinistra granello d' orzo, come nei nn. 73, 74.
R/ — ИOIAq∃MI nell'esergo. Simile al n. 74.
Grammi 8,30, M. Br. (Cat. 11. 36); gr. 8,30, Napoli (Fiorelli , 4432) ; gr. 8,25, Imh. Bl.; Berlino. Tav. VIII, n. 2.


SUL TIPO DEI TETRADRAMMI.


Sul diritto di questi tetradrammi la figura che ci si presenta come la più rilevante è quella della Ninfa. Dai vecchi numismatici si è detto che sacrificasse al fiume Imera divinizzato. Essi erano tratti in inganno da una epigrafe, nella quale il fiume Imera trovasi ricordato accanto ad Asclepio; ma questa oggi è ritenuta opera di un falsario108. Ed infatti, se gl'Imeresi avessero divinizzato il fiume che passava accanto alla loro città, l'avrebbero certamente rappresentato sulle loro monete, attesa la grande tendenza dell'arte siciliana a ritrarre su questi monumenti, come sopra ho detto, i fiumi e le fonti personificate; ma del culto pel fiume Imera non e fatto cenno nella numismatica. Quel sacrificio è da intendersi fatto alla principale divinità degl'Imeresi. Dalla prima serie delle monete di questa città abbiamo desunto l'esistenza di un antichissimo culto ad Ercole, quale divinità medica; a lui dunque è fatto il sacrificio, non già al fiume Imera. E la leggenda ΣΟΤΗR del didramma n. 71, secondo ogni [p. 420 modifica]probabilità è da riferirsi ad Ercole, il quale ha questo titolo evidente anche sulle monete di Taso109.

Ma con ciò non abbiamo ancora spiegato che una parte del diritto di questi tetradrammi. Esso dovè essere escogitato da un intelligente artista, il quale seppe combinare assai bene gli elementi numerosi e varii delle leggende relative alle terme. Il piccolo Sileno, che sta sempre a destra della Ninfa in posizione diversa, ci dà agio di fare alcune osservazioni importanti. Il Sileno e la fontana a bocca di leone stanno in relazione con le acque termali: e qui l’arte plastica ci offre importanti dati. Essa in un gran numero di monumenti ci dimostra a chiare note quanta importanza dettero i greci alle fonti, e come queste ne eccitarono lo spirito e la fantasia. Le fonti furono il punto di convegno delle popolazioni primitive; presso le fonti furono costruiti i più antichi santuari, ove i greci dell’età preistorica raccoglievansi, credendo, nella loro ingenuità religiosa, di essere più prossimi agli Dei. In questi antichissimi tempi già era nato il culto delle Ninfe (v. Inni Omerici) che non fu poi abolito, anzi andò sempre crescendo. Anche l’arte dei secoli successivi non era mai sodisfatta di ornare le fonti per mezzo di colonnati, grotte, mosaici, giardini, rilievi e pitture, ove era rappresentato il travamento della fonte, secondo narrava la leggenda. L’acqua è il principio vitale della creazione, e perciò gli Elleni la [p. 421 modifica]paragonarono, tanto nella leggenda quanto nell’arte, agli animali che si muovono rapidamente, come provano i nomi dei loro fiumi e ruscelletti. Mettono capo a questa concezione le rappresentanze dei fiumicelli per mezzo di serpenti, di capre, di cavalli e di cani. D’altra parte l’energia dello zampillo è paragonata a quella insuperabile di certi animali, come il leone, il lupo, il cinghiale, il becco, il toro. Finalmente una particolar forma dell’arte plastica nacque dall’idea molto diffusa presso i popoli dell’antichità (comune ai Greci e agi’ Italici e conservata anche nella Grecia moderna per antica tradizione) che le fonti fossero il capo dell’acqua (κεφαλή)110. Il capo di leone, di porco o di altri animali, presso le sorgenti, era per la plastica un’espressione ovvia di questo concetto. La bocca aperta indicava il riversarsi dell’acqua; perciò la maschera di metallo o di pietra servì ad esprimere lo spandimento per mezzo di acquedotti e di grondaie, delle quali ultime abbiamo esempio brillante nelle bellissime teste di leone a bocca aperta, venute alla luce negli scavi del tempio di Imera111.

La numismatica non rimase estranea a queste rappresentazioni, anzi loro fece larga parte. Lo attestano le monete di Corinto, Metaponto, Larissa, Terina, Caulonia112, Pherae (in Tessaglia), ecc.113.

Le figure di quelle divinità che si sapeva essere quasi un’incarnazione dell’elemento umido, costituivano uno dei motivi prediletti dell’arte plastica. Dionisio, a guisa di Afrodite, aveva i suoi santuari in sotterranei umidi e perciò i demoni bacchici son realmente [p. 422 modifica]genii delle fonti. Sileni in piena figura o in forma di Erme servivano di contrassegno alle sorgenti. Spessissimo, per citare uno dei motivi più noti, stando con una gamba in ginocchio, tengono sulla spalla un otre forato, ovvero camminando a stento, fanno scorrer l’acqua dall’otre. Sui tetradrammi d’Imera il Sileno si bagna alla fonte, perchè questa era la rappresentazione che più si addiceva alla virtù delle salutari acque termali. Potè anche influire alla concezione di questo tipo la leggenda, la quale voleva che Ercole si fosse bagnato in quelle sorgenti e avesse riacquistato il vigore. Allo stesso motivo è da riferirsi la posizione di Ercole seduto su di una rupe, e bagnantesi sotto una fontana a bocca di leone, la cui acqua, raccolta da Satiri e da Ninfe, gli è riversata sulle spalle114.

La donna che sacrifica è la Ninfa Imera. Sulle monete della Magna Grecia e della Sicilia la città è spesso personificata in una Ninfa. Talvolta però questa personificazione era espressa per mezzo di una figura maschile (genio della città), come vedesi sulle monete di Caulonia; tal’altra poi si rappresentava la divinità principale o un fiume nell’atto di compiere un sacrifizio lustrale, espresso dal ramo d’alloro, come sulle monete di Crotone (Ercole οἰκιστής), di Leontium115, di Selinunte (Hypsas), di Metaponto.

Ma anche frequenti, come dicevo, sono le figure di donna. Le monete di Terina116, Entella, Erice, Segcsta, hanno quasi lo stesso tipo; ma io non esiterei a dire che tutte queste città seguirono l’esempio [p. 423 modifica]d’Imera, e quindi questi tetradrammi hanno importanza anche pel riguardo della originalità. La ruota a quattro raggi, del n. 68, deve avere attinenza col sacrifizio. La leggenda IATON dei didrammi n. 73 e 74 potrebbe essere un genitivo plurale dell’aggettivo ἰατός, come hanno cercato di provare il Seltmann e il Kinch.


TRIOBOLI.


Ai didrammi e ai tetradrammi facciamo seguire i trioboli, essendo che non furono coniate dramme in questo periodo. I loro tipi neanche variano di molto, ma si possono bene disporre in tre serie:


Prima Serie.


77. — Arg., mill. 16.

D/ — IMERAIO [ν]. Figura virile a destra, cavalcante un becco; nella destra tiene un caduceo, nella sinistra una conchiglia, che accosta alla bocca per sonare; circolo di puntini.
R/ — Nike volante a sinistra; col braccio sinistro calato in giù sostiene l’estremità del chitone, sul braccio destro cade il lembo dell’himation, e colla destra tiene un aplustre ornato di lunghe tenie. Intorno alla figura, NIKA.
Grammi 2,04, Imh. Bl.; gr. 1,99, Vienna (esemplare perforato). Tav. VIII, n. 3.

Vi è una varietà nella disposizione della leggenda che sta al rovescio, NI / AK

Grammi 1,74, M. Br. (Cat. n. 37); Parigi (esempl. riconiato); Berlino, Palermo, Santangelo. [p. 424 modifica]

Seconda Serie.


78. - Arg., mill. 15.

D/ — ИOI . . . . . H. Simile al precedente.
     R/ — NI
A>I
.
Simile al precedente.
Grammi 2,00, M. Br. (Cat. n. 38); gr. 2,07, Imh. Bl.; gr. 2,00, Napoli (Fiorelli, 4437); gr. 1,90, Vienna. Tav. VIII, n. 4.


Terza Serie.


79. - Arg., mill. 15.

D/ — ИOIAq∃MI. Come il precedente (senza leggenda al rovescio).
Grammi 2,02, M. Br. (Cat. n. 40); gr. 2,00, Napoli (Fiorelli, 4436), Berlino, Palermo. Tav. VIII, n. 5.

In qualche esemplare vi è la leggenda NIKA, come in quello del M. Br. (Cat. n. 39), che pesa gr. 2,09.

Come per i tetradrammi il tipo costante del rovescio fu sempre la quadriga, così per i trioboli fu la Nike volante, propria delle monete dell’Elide. Fra la Sicilia e l’Elide furono assai estesi gli scambi commerciali, in cui può aver fondamento l’ipotesi di una certa relazione dei due popoli per rispetto alla numismatica. Entrambi scelsero tipi allusivi alle gare olimpiche; i Siculi il carro, gli Elei la figura alata della Nike. Quest’ultimo tipo fu imitato a Camarina, Catania, Imera, Morganzia. Osserva giustamente l’Imhoof-Blumer che la Nike delle monete dell’Elide è l’unica figura di Nike comparsa prima della metà del V secolo nella Grecia propria, ed è inoltre la più antica rappresentazione monetale di questo genere117. E di vero la Nike dell’Elide presenta [p. 425 modifica]caratteri arcaicissimi; basti ricordare che le ali sono spiegate in senso opposto. La più antica imitazione di questo tipo in Sicilia trovasi sulle arcaiche monete di Camarina che riproducono fedelmente la disposizione delle ali118. Vengono in secondo luogo quelle di Catania, ove la Nike tiene in mano la corona di alloro, come sulle monete dell’Elide119. In terzo luogo collocheremo i trioboli d’Imera. Ma qui la Nike è alquanto modificata, perchè in luogo della corona, tiene in mano un aplustre ornato di tenie. Questa modificazione mostra che la Nike d’Imera non ha lo stesso significato agonistico che quella delle città suddette. La sua origine la ripeteremo dalle monete dell’Elide, ma con essa gl’Imeresi vollero accennare alla grande vittoria del 480, modificando in parte il tipo di essa. Questo fu alla sua volta imitato da Camarina120.


OBOLI.


La coniazione degli oboli è antica quanto quella dei tetradrammi. Due sono i tipi che si conoscono, i quali subirono non poche variazioni.


Primo Tipo.


80. — Arg., mill. 11.

D/ — Testa virile a destra, con barba acuminata e diadema; in circolo di globetti.
R/ — AЯ∃MI. Elmo corinzio con ornamenti, a destra.
Parigi (2 esempl.); gr. 0,54, M. Br. (Cat. n. 47). Tav. VIII, n. 6. [p. 426 modifica]81. — Arg., mill. 10.
D/ — Come il precedente.
R/ — AЯ∃MI. Come il precedente.
Grammi 0,62, Imh. Bl.; Berlino. Tav. VIII, n. 7.


82. — Arg., mill. 11.

Come il n. 80, ma la leggenda del rovescio è IMERA.
Grammi 0,70, Löbbecke. Tav. VIII, n. 8.


83. — Arg., mill. 10.

Simile al n. 80, ma la leggenda del rovescio è IMERA.
Siracusa (2 esempl.); gr. 0,66, M. Br. (Cat. n. 46).


84. — Arg., mill. 10.

D/ — IME. Simile al n. 80.
Grammi 0,63, Santangelo. Tav. VIII, n. 9.


85. — Arg., mill. 11.

Simile ai precedenti; manca la leggenda.
Grammi 0,70, Imh. Bl.; gr. 0,30, id.

Di questo tipo anepigrafe vi sono alcune varietà:

a) Elmo a sinistra.
Parigi; gr. 0,49, Löbbecke.
b) Testa ed elmo a sinistra.
Grammi 0,42, Imh. Bl.


86. — Arg., mill. 9.

D/ — Testa virile barbata e galeata, a destra, in circolo

di puntini.

R/ — Elmo a destra con ornamenti.
Grammi 0,45, Imh. Bl.; gr. 0,49, Vienna; Siracusa. Tav. VIII, n. 10.


Secondo Tipo.



87. — Arg., mill. io.

D/ — Testa virile barbata e galeata, a destra, in circolo

di puntini.

R/ — Я∃MI Due schinieri.
IOИ.
Grammi 0,31, Imh. BL; Berlino. Tav. VIII, n. 11. [p. 427 modifica]Una varietà consiste nella leggenda ИOIAЯ∃MI.
Parigi.

Due altri esemplari della medesima Collezione non hanno leggenda.


88. — Arg., mill. 8.

D/ — Testa virile barbata e galeata, a sinistra.
     R/ — AЯ∃MI
IOИ
Come il precedente.
Grammi 0,40, Imh. Bl.; gr. 0,39, Napoli (FiorelIi, 4444) Tav. V, n. 12.
     Una varietà è nella leggenda Я∃MI
AION
.
Grammi 0,31, Imh. Bl.; Parigi.


89. — Arg., mill. 11.

Come il precedente; ma la leggenda del rovescio è: I•ME •A•ION.
Grammi 0,69, M. Br. (Cat. n. 45); gr. 0,65, Imh. BL; Berlino. Tav. VIII, n. 13.
Varietà nella leggenda I•MER•AION.
Grammi 0,60, Löbbecke.

L’esame accurato di questi oboli ci mena alla conclusione che essi incominciarono ben presto a circolare, ma la loro coniazione non durò a lungo, poiché gli ultimi esemplari rivelano a chiare note un carattere di arcaismo. Laonde io credo che la loro emissione sia stata interrotta verso la metà di questo periodo o anche prima; ciò sarà dimostrato in seguito.

LITRE D’ARGENTO ED EMILITRE.


Dall’abolizione degli oboli data la prima emissione delle litre d’argento. Eccone i tipi che conosciamo: [p. 428 modifica]90. — Arg. mill. 12.

D/ — Mostro alato, a sinistra, con testa umana barbata, corna e orecchie di becco e zampe di leone; sul petto una testa di leone; circolo di puntini.
R/ – . . . . AI•ON. Uomo nudo a cavallo di un becco, a sinistra; con la sinistra mano si tiene alle corna dell’animale, con la destra sollevata stringe un caduceo.
Grammi, 0,81, M. Br. (Cat. n. 41).

Il Gardner segna l’H innanzi all’I, ma io dubito di questa sua lettura, non ricorrendo mai l’H in nessuno dei tanti calchi che posseggo.

Tav. VIII, n. 14.


Le varietà di questo tipo consistono nella disposizione della leggenda; in alcuni esemplari è IM•E•RAI•ON.

Grammi 0,81, Berlino, Monaco; gr. 0,78, Walcher; gr. 0,80, Napoli (2 esemplari); gr. 0,71, Vienna; gr. 0,78, Imh-Bl.

In altri è IM•E•R•A•ION.

Grammi 0,80, Parigi; Berlino.

In altri IM•E•RAIO•N.

M. Hunter.

In altri IME•RAI•ON.

Grammi 0,83, Napoli.


91. — Arg., mill. 11.

D/ — Mostro come il precedente, a destra.
R/ — I•MERA•ION. Come il precedente.
Grammi 0,80, Imh. Bl.; gr. 0,87, M. Br. (Cat. n. 43); gr. 0,78, id. (Cat. n. 44); gr. 0,80, Napoli. Tav. Vili, n. 16.

Un esemplare del Museo di Berlino ha la leggenda retrograda ИO.....


92. — Arg., mill. 8 (Hemilitron).

D/ — Mostro come il precedente, a destra.
R/ — Granello d’orzo in mezzo a sei globetti.
Grammi 0,42, Palermo (Fraccia, nel Buonarroti, 1889-90, n. 61, 62. Tav. VIII, n. 15.


[p. 429 modifica]

SUL TIPO DEI TRIOBOLI, OBOLI E LITRE.


Venendo ora a discorrere dei tipi di queste monetine, devesi osservare che son tutti relativi, come quelli dei tetradrammi, alle acque termali. Se non che ad altri motivi convien riferire l’elmo e gli schinieri degli oboli e la Vittoria volante dei trioboli. Si è generalmente creduto che l’uomo a cavallo del becco fosse Mercurio, pel caduceo che tiene colla mano destra. Ma io non trovo la ragione di dichiararlo per tale divinità, quando non possiamo spiegarci punto la sua presenza su queste monetine. Esaminiamo uno per uno gli elementi della rappresentazione.

Notammo innanzi che i Greci e i Romani espressero la forza dello spruzzar delle acque per mezzo degli animali che han grande vigore, come il leone, il capro, ecc., e che il cane sia simbolo dell’acqua corrente lo indicano i tipi delle monete di Segesta. Quell’uomo sul becco, dietro esame degli esemplari più conservati, panni che abbia le orecchie caprine, e per questa ragione e un Satiro. Satiri e Sileni stanno in relazione coli’ elemento dell’acqua121 e non sono l’espressione di certi particolari miti, come Narcisso e Hylas, ma figure di demoni senza valore individuale, nati dalla fantasia degli artisti. Questo tipo non possiamo comprenderlo nella sua integrità, se non ammettiamo che esso, come il diritto dei tetradrammi, sia un’ingegnosa rappresentazione ideata e felicemente eseguita dall’artista che lo creò. [p. 430 modifica]Un’allusione indiretta alle sorgenti d’Imera l’ottenne col disegnare il Satiro a cavallo di un irco. Le fontane e le sorgenti furono soggetto di molte e svariate rappresentazioni per la plastica greca, secondo la maniera come venivano considerate.

Dal giudicarle come luoghi di piacevole riposo e tranquillità, ne vennero le tante figure di uomini barbati ed imberbi, di donne con volto sereno, aventi in mano coppe da bere e stanti in piedi o sedute o giacenti.

Dal considerarle come luoghi di passatempo ne venne un’altra serie di rappresentazioni, consistenti in Ninfe che giocano ai dadi122 o con pietre rotonde123. Dal medesimo motivo traggono origine i demoni musicisti. Essendo la musica un’attività facilmente conciliabile col dolce far niente, essa era propria di chi viveva presso le fonti, ossia delle Ninfe e degli altri personaggi simbolici. L’antica musica si personificò nella ninfa Eco, e i demoni bacchici indicano assai chiaramente l’originaria connessione fra la musica e le fonti. Marsia è ugualmente Sileno e fiume; come divinità rappresentante il fiume porta il flauto nelle mani. Pane è rappresentato come sonatore di flauto sulle monete di Caesareia, allo stesso modo che era ritratto nella vicina grotta del Paneion. In lui e nelle figure di Sileni accovacciati, con la siringa alla bocca, si riconosce l’influenza d’un umore nazionale che li rappresentava in figura burlesca con forme semi-animalesche. Sicchè il Satiro che suona dando fiato ad una conchiglia è qui da spiegarsi come una rappresentazione indiretta del sito donde sgorgavano le acque calde d’Imera. Il caduceo, che egli tiene con la destra, è simbolo della salubrità [p. 431 modifica]delle acque, a cui alludono anche il gallo, il caduceo dei didrammi, l’astragalo e la leggenda stessa di Ercole (σωτήρ).

Al medesimo ordine d’idee mette capo la figura che sta sul diritto delle litre, cui non si può paragonare nessuna figura nella plastica greca. Il Salinas124 riconobbe in essa il carattere bacchico, adducendo per conferma una figura quasi identica che trovasi su di un carneo, ove si scorge un animale della forma dei Centauri, col corpo di leone, il busto umano, la testa calva ma barbata, di espressione satiresca, e dietro le spalle due ali. Egli credette che per le monete d’Imera si trattasse dello stesso mostro con aggiunta delle corna. Benchè non abbia visto il carneo, panni che manchino interamente i dati per istabilire il confronto. In nessuno dei tanti esemplari che io posseggo trovo accenno a figura di Centauro; vedo soltanto una mostruosa combinazione di varie parti d’animali diversi, alla quale non possiamo dar nome alcuno. E un capriccio dell’arte che volle combinare insieme molti elementi e disporli in guisa che ne nascesse un mostro rappresentante ad un tempo, con la sua stranezza, la potenza delle acque e l’impressione che provò in origine il popolo greco d’Imera dinanzi alla forza misteriosa delle sorgenti calde. Io credo che, se una quale che sia influenza fenicia in Imera vuoisi ammettere, debbasi avere in questa rappresentazione una prova.

Queste figure alate, e propriamente con le ali ricurve, sono comuni sulle monete dell’oriente. Le concezioni mostruose, personificazione di potenze naturali, non sono originarie del popolo greco, ma furono importate dall’Asia Minore.

[p. 432 modifica]Anche la Chimera è un mostro della Licia, con forme di leone e di becco, accennanti alla potenza devastatrice dell’uragano e dell’inverno, nonchè alla forza eruttiva del monte, di cui essa era un’incarnazione.

La Nike dei trioboli, l’elmo e gli schinieri degli oboli sono ricordi della vittoria d’Imera, la quale avea fruttato a Gelone immenso bottino, che in parte fu consacrato nel tempio d’Imera, in parte distribuito agli alleati, in parte recato a Siracusa per abbellimento della città.

Ma mentre gli storici antichi fanno menzione di una vittoria terrestre, le monete fanno supporre che si debba credere ad una vittoria navale, perchè la Nike tiene in mano un aplustre.

La testa barbata con diadema può esser quella di Kronos che sta sur una moneta d’Imera di bello stile (n. 116). Osserva acconciamente l’Imhoof-Blumer che Κρόνος, re della Sicilia secondo la leggenda, aveva diverse città di quest’isola a lui sacre, esistenti ancora ai tempi di Diodoro125, che si chiamavano Kronia. Imera potrebb’essere stata una di queste città e in tal caso queste monetine supplirebbero alla mancanza di notizie intorno a questo culto. Sappiamo che Dionigi subì dai Cartaginesi, nel 383 av. C, una sconfitta nel luogo detto Kronium126; ma dove esso sia non ci è dato sapere. Il grande numismatico va anche più oltre e crede che il culto di Kronos possa rivelarci un’influenza fenicia in Imera. Cito le sue parole: " Von Greichen und Römern ist der phönicische Moloch zuweilen Kronos und Saturnus genannt worden. Durch die Vermischung der [p. 433 modifica]phönicischen und griechischen Elemente, welche nach der erwahnten Begebenheit in Himera vor sich gehen musste, mochte der ursprüngliche und unmenschliche Ritus in der Vergötterung des Moloch rasch verdrängt und mit dem Kronosdienst identifizirt worden sein„127. Questa congettura parmi arguta ed accettabile, poichè, come ho detto a proposito del mostro delle litre, un’influenza della cultura e religione fenicia in Imera, dopo la sua fondazione, potrebbe ammettersi.

Non possiamo però, con la medesima sicurezza, identificare la divinità, la cui testa galeata sta sugli oboli n. 87-89: forse sarà anche di Kronos.

BRONZO.


In primo luogo collochiamo le monete di bronzo con la Gorgone che molti numismatici hanno attribuite a Camarilla. Quando sia cominciata la loro coniazione non possiamo per ora dire: ne parleremo in seguito.


93. — Br., mill. 30 (Hemilitron).

D/ — Maschera di Gorgone con la lingua in fuori.
R/ — Figura virile nuda, a destra, mezzo ricurva in avanti, che tiene la mano destra alla bocca, la sinistra distesa. Nel campo, in cerchio ......; il tutto in incavo circolare.
Grammi 34,80, Firenze (Imh. Bl., Num. Zeitschr., 1886, pag. 241, n. 4, taf. VI, n. 9); gr. 30,70, mill. 27 (Landolina, Illustrazioni storiche sulle monete dell’antica Sicilia, 1872, fasc. II, pag. 153, tav. VII, n. 2); Coll. Rossi, Girgenti. Tav. VIII, n. 17. [p. 434 modifica]94. — Br., mill. 32 (Pentonkion).
D/ — Come il precedente.
R/ — : ‧ : in area circolare.
Grammi 26,52 (Imh. Bl., Num. Zeitschr., 1886, pag. 243, n. 10, taf. VI, n. 14); gr.. 17,75, M. Br, (Cat. Camarina, n. 31). Tav. VIII, n. 18.

Il globetto di mezzo è quasi distrutto, perciò l’Imh. Bl. ha creduto che questa moneta fosse un tetras128.


95. — Br., mill. 25 (Tetras).

D/ — Come il precedente (il conio è quello stesso del num. 93).
R/ — Figura virile nuda con corno di becco in fronte, sedente ovvero inclinata, a destra; colla destra si poggia ad un sedile o ad una clava, colla gamba sinistra ad una rupe e col mento al braccio sinistro poggiato sul ginocchio. Nel campo ; attorno vi è un cerchio di puntini.
Grammi 20,20, Napoli, n. 4124, attribuita a Camarina (Imh. Bl., Num. Zeitschr., n. 5, taf. VI, n. 10).


96. — Br., mill. 24 (Tetras).

D/ — Simile al precedente.
R/ — Quadrato incuso, agli angoli e fra i globetti • A◁ •∃M•IH.
Grammi 21,30, Coll. Strozzi in Firenze (Imh. Bl., Monn. grecq., pag. 21, n. 34, e Num. Zeitschr., n. 6, taf. VI, n. 11). Tav. VIII, n. 19.
Grammi 19,92, senza leggenda (Imh. Bl., Num. Zeitschr., n. 11, taf. VI, n. 15).
Grammi 19,14. Santangelo, n. 7527, senza leggenda (Imh. Bl. Num. Zeitschr., n. 7).


97. — Br., mill. 22 (Trias).

D/ — Simile al precedente.
R/ — in area incavata, circolare.
Grammi 16,40, M. Br. (Cat. Camarina, n. 32; Imh. Bl. Num. Zeit., n. 8, taf. VI, n. 12). Tav. VIII, n. 20.
Grammi 14,85, Parigi (I. Six., De Gorgone, pag. 45, n. ir,,3, 3. — Imh. Bl., Num. Zeitschr., id.; gr. 14, 68 Imh. Bl. Num. Zeit.. id.).

[p. 435 modifica]98. — Br., mill. 19 (Hexas).

D/ — Come il precedente.
R/ — H.
Grammi 12,05 (Imh. Bl., Num. Zeitschr., n. 9, taf. VI, n. 13).

A queste monete, che pel peso costituiscono la serie più antica, seguono altre di peso ridotto e di tipi più uniformi.


99-100. — Br., mill. 2823 (Hemilitron).

D/ — Maschera di Gorgone.
R/ — Nel campo ︙ ︙ ovvero
Tav. IX n. 1. 2.

Queste monete variano tra i gr. 30 e 10.


101. — Br., mill. 20 (Trias).

Simile in tutto ai precedenti tipi; se non che il segno del valore è .

Tav. IX, n. 3.

Queste monete variano tra i gr. 11 e 8.


102. — Br., mill., 20 (Hexas).

Simile al precedente, col segno di valore ‧ •

Grammi 7,40, Berlino; gr. 7,38, Napoli, n. 4135, fior di conio (Minervini, Osserv. Num., tav. II, n. 2).




103. — Br. mill. 20 (Hemilitron).

D/ — Figura virile nuda che cavalca un becco, a destra. Nella destra ha una conchiglia che accosta alla bocca per sonare, nella sinistra un tirso bacchico. Sotto il cavallo vi è una cavalletta; il tutto in circolo di puntini.
R/ — KIM•AP•∀. Nike volante a sinistra, sostenentesi con la sinistra il lembo del chitone. Nella destra ha un aplustre (ἄφλαστον) ornato di tenie e corona. Avanti, nel campo ︙ ︙ Circolo di puntini.
Grammi 6,61, M. Br. (Cat. n. 50); (Imh. Bl., Num. Zeitschr., n. I, taf. VI, n. 5). Tav. IX, n. 4. [p. 436 modifica]104. — Br., mill. 20.
IMEPA. Simile al precedente.
Gramm. 6,45, Berlino (Brandis, 588); gr. 6,35 (Imh. Bl., Num. Zeitschr., n. 19).


105. — Br., mill. 20.

.... EPAIΩN. Simile al precedente.
Grammi 6.12, Napoli, n. 4445; gr. 5,96, la leggenda IMEPAIΩN è chiara (Imh. Bl., Num. Zeitschr., n. 19); gr. 5,90, De Luynes; gr. 5.73, Leake, pag. 59). Tav. IX, n. 5.


106. — Br., m. 20.

D/ — Simile al precedente, ma sotto il becco vi è un elmo.
R/ — IMEPA . . . Simile al precedente.
Grammi 5,90, M. Br. (Cat. n. 51); gr. 5,70, Napoli, n. 4446; gr. 5,30, Berlino (esemplare consumato); gr. 5,15 (Imh. Bl., Num. Zeitschr., n. 19). Tav. IX, n. 6.


107. — Br., mill. 16 (Trias).

D/ — Come il precedente, a destra; sotto . . .
R/ — Come il precedente.
Grammi 2,82, Coll. mia; gr. 2,50 (Landolina, fasc. III, pag. 12, n. 15); gr. 2,45 Imh. Bl. Tav. VI, n. 8.


108. — Br., mill. 16 (Trias).

D/ — Figura virile nuda e cornuta, a sinistra, cavalcante un becco, sul cui dorso poggia il braccio sinistro, col quale tiene un caduceo; sotto, un granello d’orzo (?) e . . .
R/ — Come il precedente.
Grammi 2,40, Imh. Bl.; gr. 2,33, M. Br. (Cat. n. 52); gr. 2,20, Imh. Bl. Tav. IX, n. 7.

Una varietà consiste nell’essere il cavaliere a sinistra e la Nike a destra.

Grammi 2,30, Imh. Bl.


109. — Br., mill. 13 (Hexas).

Simile al precedente; avanti la Nike . . e ИOI. . . .
Grammi 2.37, M. Br., (Cat. n. 53). Tav. IX, n. 9.




[p. 437 modifica]110. — Br., mill. 17 (Hemilitron).

D/ — IM•E. Capo femminile ornato di σφενδόνη, pendenti e monile, a sinistra, avanti in circolo di puntini.
R/ — ︙ ︙ in corona d’alloro.

Tav. IX, n. 10.

Il peso varia da 5,50 a 2,60.

111. — Br., mill. 17 (Hemilitron).

D/ — Come il precedente.
R/ — in corona d’alloro.
Palermo (Imh. Bl., Num. Zeitschr., n. 23).


SUL TIPO DELLE EMILITRE E FRAZIONI DI LITRA.


Nel passare in rassegna i tipi sopra descritti, non tralascerò di osservare che le monete con la maschera di Gorgone sono state attribuite per lungo tempo a Camarina. Non si può negare che una serie di esse appartenga a quella zecca, ma è pur vero che l’esemplare della collezione Strozzi (n. 96), colla sua leggenda c’ induce ad attribuirne una parte anche ad Imera. Ma resta sempre dubbio a quale spetti la precedenza. L’Imhoof-Blumer con grandissima accuratezza ha confrontato molte emilitre che hanno al diritto la maschera di Gorgone di conio eguale o simile, fra cui è inclusa quella della collezione Strozzi, e non ha esitato ad attribuirle ad Imera. Giova osservare che esse sono le più pesanti di tutta la serie delle monete colla Gorgone, le quali andarono sempre scemando di peso; perciò sono le più antiche e anteriori a quelle di Camarina. A chi bene osservi, non potrà sfuggire una corrispondenza di tipi fra Imera e Camarina. Già abbiamo detto che la Nike dei trioboli di quella città fu da questa imitata. Dato che il tipo della Gorgone fu originario d’Imera, può esser derivato dalla credenza dei Greci di proteggere [p. 438 modifica]dagl’incantesimi tutto ciò che per essi aveva gran pregio, quindi anche l’acqua corrente: così si spiega il fallo che era presso l’acquedotto di Nismes e la maschera di Gorgone in rilievo o dipinta presso le fonti129. Ma Camarina coll’adottare questa rappresentazione le dava un altro significato. Le monetine d’argento colla Gorgone hanno al rovescio la civetta130, entrambi attributi di Minerva, la dea che dai tempi antichissimi era colà venerata131.

Per la figura virile sul becco vale ciò che si è detto a proposito dei trioboli e delle litre d’argento: aggiungerò soltanto che qui sulle emilitre, è cornuta ed ha un tirso poggiato alla spalla. Il seguente esemplare della collezione Nervegna ci chiarisce tutto:


La testa ha grande somiglianza con quella del dio Pane che sta sui tetradrammi di Messana132 e con quella della emilitra d’Imera n. 95. E dopo ciò mi raffermo sempre più nch’idea che quella figura virile nuda sia un Satiro, e che il significato di questa rappresentazione bacchica sia espresso dal tirso.

Quanto alla testa muliebre delle ultime emilitre, non esito a dire ch’è quella della Ninfa Imera, come opina anche il Drexler133. [p. 439 modifica]

MONETE DI BELLO STILE.


Appartengono all’ultimo decennio, che precedette la distruzione d’Imera, alcune monete che per l’alfabeto e per la tecnica ci ricordano assai da vicino l’arte delle monete di Siracusa alla fine del V secolo.


112. - Br., mill. 25.

D/ — Ninfa sacrificante, a destra vi è il Sileno bagnantesi, in alto un granello d’orzo.
R/ — Uomo che guida una quadriga, a sinistra, ed è coronato dalla Nike. Nell’esergo, gallo a viso umano, e in forma circolare la leggenda NOIAq∃MI. Il tutto in circolo di puntini.
Grammi 17,30, Napoli (Fiorelli, 4428).

Sono state ritoccate col bulino, da un artista moderno, la testa del gallo, quella dell’uomo e della Nike.

Tav. IX, n. 11.

Grammi 16,80, Imh. Bl.; gr. 16,87, Santangelo, n. 7757; M. Hunter.

Questo tetradramma è il primo che mostri una certa variazione nel tipo, il quale si era mantenuto finora sempre inalterato. Pare che accenni ad un’epoca nella quale l’arte non è più bambina e comincia a liberarsi dal rigidismo arcaico. Sebbene la figura della Ninfa risponda, in generale, al disegno comune dei tetradrammi d’Imera, vi sono nell’esemplare presente alcune differenze di stile e di particolari. Le pieghe del peplo sono eseguite con immensa delicatezza, come nei num. 69 e 70, ma non hanno l’arcaismo di questi. Il grano d’orzo è molto più piccolo che non nei precedenti esemplari; in una parola vi è maggiore studio di proporzioni. Ma la novità apparisce nel rovescio ove i cavalli stanno in un’attitudine più vivace.

[p. 440 modifica]La leggenda dell’esergo è interrotta da una figura di gallo. L’Evans osserva134 che nell’esemplare del Museo di Napoli la testa del gallo è stata ritoccata col bulino, ma non so affermare con lui che quell’uccello è un gallo vero e proprio, perchè nei cinque esemplari che conosco (specialmente in quello del M. Hunter) scorgesi che al corpo di gallo è sovrapposta una testa umana; e siccome non mi è dato vedere nessun esemplare ben conservato, credo che, essendo quella certamente una testa umana, si debba ravvisare nella figura dell’esergo non un gallo, ma un mostro del genere di quello che sta sulle litre contemporanee; la qual cosa l’Evans esclude interamente.

Siffatti pregi d’arte danno a questo tetradramma una certa importanza, che diventa assai più grande, se vogliamo aggiustar fede all’Evans, il quale afferma di leggere sul suo esemplare il nome di un artista, KIMON, proprio nella parte superiore dell’altare. Io non ho visto l’originale, quindi non posso nè accettare né rifiutare l’opinione del chiaro numismatico. Soltanto mi permetto di notare che l’età attribuita da lui a questo tetradramma non concorda colla classificazione cronologica da me fatta. Egli lo crede del 450 av. C,; io invece non lo farei risalire più oltre il 415135.




[p. 441 modifica]Mentre il precedente tetradramma ha richiamato la nostra attenzione sul tipo del rovescio, questo che segue è notevole invece pel tipo del diritto:


113. — Arg. mill. 26.

D/ — Come il precedente esemplare, ma di stile assai diverso. Il piccolo Sileno sta più di fronte alla fontana, e nell’esergo vi è un pesce di fiume.
R/ — Simile ai nn. 72, 75.
Grammi 17,18, M. Br., (Cat. n. 34); gr. 17,27, Imh. RI.; gr. 17,35, Löbbecke, Parigi, Monaco, Berlino (2 esemplari), Milano.

Tav. IX, n. 12.


La Ninfa sacrificante è in un atteggiamento più naturale degli altri; non poggia più su tutte e due le gambe, ma sulla destra soltanto, e la sinistra, leggermente piegata, tocca in terra solo colla punta del piede, in atto di riposo: l’espressione è più vera e ci ricorda l’arte di Policleto136. Gli artisti precedenti si erano sforzati di ottenere questa posa, e in qualche moneta anteriore si vede chiaro questo sforzo, ma senza risultato.

Le pieghe del chitone e del peplo non sono più parallele e quasi in linea retta, ma scendono naturalmente con ricchezza e grazia grandissima. Le vesti non sono più aderenti alle carni, ma le coprono pigliandone la forma solo nelle parti più sporgenti. In questo tipo l’arte trova mezzo di manifestarsi in tutta la sua potenza. Quale studio anatomico non v’è nella figura del piccolo Sileno! Nell’esemplare del Museo Britannico, che è il più perfetto ch’io abbia visto, è mirabile l’arte con cui sono modellate le costole, le anche, le braccia, le ginocchia: le labbra tumide, il naso schiacciato, la coda, tutto ci richiama il tipo che l’arte plastica adottò nel l’secolo in Grecia per [p. 442 modifica]i Sileni, i Satiri, i Fauni. E con l’arte finisce l’espressione di sensualità racchiusa nella figura itifallica. Il rovescio di questi tetradrammi è simile a quello dei numeri 71-76, e qualcuno è dello stesso conio137. Perciò questo e il precedente esemplare (n. 77) sono contemporanei, e vanno collocati immediatamente dopo il n. 76.

Quello che poi per raffinatezza di gusto, slancio artistico e perfetta esecuzione e degno dell’epoca dei grandi artisti siciliani, è il seguente tetradramma:


114. — Arg., mill. 24.

D/ — Simile al precedente, ma di stile diverso.
R/ — Uomo in quadriga veloce; una piccola Nike gli vola incontro porgendogli una tavoletta. Nell’esergo cavallo marino.
Grammi 17,08, M. Br. (Cat. n. 48); gr. 17,35, Löbbecke; gr. 17,43, Napoli (Fiorelli, n. 4430); Monaco. Tav. IX, n. 14.

Qui tutto è mutato, capigliatura della Ninfa, forma dell’altare138, posizione del Sileno, e può dirsi che l’artista abbia creato questo tipo, nonostante avesse tanti esemplari dinanzi a sè. Questo tetradramma è importante per parecchi rispetti. Si è sempre sospettato che la Nike portasse scritta sulla tavoletta la firma dell’artista139, e il Weil140 pensò ad un’influenza del tipo di Eveneto. L’Evans lesse per la prima volta le iniziali di un nome d’artista [p. 443 modifica]sopra un esemplare del Museo di Parigi: sulla tavoletta della Nike vide le tracce delle tre lettere M^' che egli crede iniziali del nome di un intagliatore chiamato MAEON141 ovvero MAEΘION142.

Il disegno di questa moneta, l’azione concitata dei cavalli sono sorprendenti per l’età in cui fu coniata, che non può oltrepassare il 409 av. C, anno della distruzione d’Imera. L’importanza di essa non è relativa alle sole monete d’Imera, ma anche a quelle di Siracusa, perchè, non potendo in niun modo oltrepassare il 409, ci obbliga a collocare almeno qualche anno prima la coniazione dell’esemplare di Eveneto143.

Vanno comprese in quest’ultimo periodo le monetine seguenti:


115. — Arg., mill. 15 (Triob).

ИOIAq∃MIH. Simile al n. 79.
Grammi 2,02, Imh. Bl.; gr. 2,15 e 2,04, Napoli (Fiorelli, n. 4134, 4435); Berlino (2 esemplari); Parigi. Tav. IX, n. 13.


116. — Arg., mill. 13 (Litra).

D/ — KPONO•Σ. Testa barbata di Saturno, con diadema, a destra.
R/ — NΩIAq∃MI. Fulmine fra due granelli d’orzo, in circolo di globetti.
Grammi 0,88 (Imh. Bl., Berlin. Blätter, 1869, pag. 44-45. taf. LIII, n. 9 .

Tav. IX, n. 16.

[p. 444 modifica]117. — Arg., mill. 12.

D/ — IMEPAIΩN. Testa di Ercole coperta della pelle di leone, a destra, in circolo di globetti.
R/ – Pallade in piedi, di fronte, vestita di doppio chitone, armata di egida ed elmo con tre creste. E in atteggiamento di assalto, nell’atto di stringere con la destra, che tiene sollevata in alto, un’asta, con la sinistra uno scudo circolare; globetti.
Grammi 0,70, M. Br. (Cat. n. 49). Tav. IX, n. 15.


118. — Br., mill. 13.

D/ – Testa di Ninfa, di fronte, ornata di ἄμπυξ e pendenti.
R/ – Gambero, a sinistra, sopra, sotto IME.
Grammi 1,81, M. Br. (Cat. n. 55). Tav. IX, n. 18.

La testa di Kronos del n. 116 riproduce esattamente la testa di Zeus delle monete di Agrigento144 e dell’Elide145, e prova ne sia il fulmine del rovescio.

Nella monetina n. 117 l’artista fuse gli elementi della legenda che attribuiva alla venuta di Ercole lo scaturire delle acque termali, con intervento di Atena. Ma le due divinità sono rappresentate indipendentemente dalla leggenda, secondo l’arte del V secolo in Grecia.

La testa femminile del n. 118 è una copia dell’Aretusa di Kimon, imitata anche a Catania, Motye, Camarina, ecc. E molto utile consultare, per lo sviluppo di questo tipo, il lavoro dell’Evans, Siracusan Medallions, 1892, pag. 70-71, passim.

[p. 445 modifica]

LITRE CON CONTROMARCA.


Resta adesso a far parola di alcune litre aventi gli stessi tipi di quelle già descritte e una contromarca, la quale è di somma importanza, perchè ci conferma un punto della storia del popolo d’Imera: essa consiste in una foglia di appio. Il Torremuzza ne pubblicò un esemplare appartenente al Carelli146 e il Salinas altri due, uno del Museo Britannico, l’altro della collezione di Monaco147, ai quali posso aggiungerne un quarto.


119. — Arg., mill. 12.

D/ — Mostro alato, a sinistra, come nel n. 90; sull’ala vi è una foglia di selino incusa.
R/ — Come il n. 90.
Grammi 0,77, M. Br., (Cat. n. 42). Tav. IX, n. 17.


120. — Arg., mill. 13.

Identico al precedente, se non che il mostro è a destra.
Grammi 0,70, Monaco. Tav. IX, n. 21.
Palermo (la contromarca è al rovescio, sotto il becco.

Tav. IX, n. 19.

M. Hunter (come l’esemplare di Palermo). Tav. IX, n. 20.

La foglia di appio (σέλινον) è l’arma parlante di Selinunte, la quale città, insieme col fiume che le scorre accanto, prese il nome da quella pianta148 e per questa derivazione la foglia di appio e tipo principale delle più antiche monete di Selinunte, simbolo in tutta la serie posteriore. Il Torremuzza [p. 446 modifica]non seppe dare la ragione storica di questa contromarca. Il Salinas ha il merito di averla trovata. Imera e Selinunte furono distrutte nello stesso anno da Annibale cartaginese, e i Selinuntini scampati dal ferro nemico, in parte esularono in altre città di Sicilia e di Grecia, in parte, ottenuto dal vincitore cartaginese il permesso di poter abitare la loro città distrutta, vi rimasero tributari degli Africani. Nello stesso anno Ermocrate recavasi a Messana e col denaro ricevuto da Farnabazo costruiva cinque triremi, assoldava mille armati e presi circa mille Imeresi esuli dalla loro città, poiché gli fallì il tentativo di ritornare in Siracusa, occupò Selinunte e fortificatane una parte vi chiamò gli antichi abitanti superstiti149. Quei mille Imeresi dovettero portar seco monete della loro patria, e i Selinuntini, decaduti dall’antica ricchezza, potendo coniare sol poche monete, si videro, nei primi anni, costretti a mettere in corso quelle dei loro compagni d’infortunio e loro nuovi concittadini. Affinchè avessero corso legale, dovettero ricorrere al mezzo d’imprimervi una contromarca che ricordasse, a prima vista, la loro monetazione: e nessun segno pareva più adatto della foglia di appio, per le ragioni esposte sopra.

Osserviamo da ultimo che la contromarca trovasi soltanto sulle litre: se ciò si debba attribuire ad una casuale circostanza ovvero valga a provare che i Selinuntini segnarono la contromarca solo sulle litre, non possiamo dire.

Per ora ci basta notare il fatto.


[p. 447 modifica]

ALFABETO.


Imera, colonia calcidica, usò l’alfabeto colo-dorico sulle monete. E a notarsi una varietà del segno adoperato per l’aspirazione , che dura dalle origini della sua monetazione fino al 460, perché appare sull’obolo n. 80 che è di quell’epoca circa. La forma più usitata sta solo sugli oboli n. 81-84, e quella rarissima I- è stata scoverta dall’Evans sul tetradramma di bello stile n. 114150.

L’α ha sempre la torma comune, ma sui primi oboli è che, secondo il Gardner, fu usata dal 480 al 460.

L’ε è scritto E sulle dramme e didrammi di Terone, sul tetradramma n. 62, sugli oboli n. 81, 87, nonché sulla litra n. 90.

L'ι ha la forma i nel n. 39.

Il μ sull’obolo n. 81 ha la forma M.

Il ν ha la forma arcaica 1 sulle primitive monete (n. 16 e 39) e sui tetradrammi n. 72, 76, sui triboli n - 78, 79, sugli oboli n. 87, 88 e sull’hexas n. 109. Sulla litra n. 91 ha la forma A; talvolta é così f (v. n. 35).

Il ρ ha sempre la forma P o fl; soltanto nel n. 35 ha la forma fc; e nel n. 96 t, che è importante per fissare l’età delle prime emilitrc (verso il 450)151. L’altra forma che compare la prima volta sul n. 72, secondo il Gardner cominciò verso il 450. [p. 448 modifica] che nell’alfabeto eolo-dorico equivale a χ, negli esemplari n. 62, 63 ha il valore di Ψ.

Queste particolarità epigrafiche ci saranno di scorta nella classificazione cronologica che tenteremo nel seguente capitolo.


SISTEMA MONETALE
E CLASSIFICAZIONE CRONOLOGICA.


Vedemmo come Imera abbandonò il sistema eginetico ben presto, fin dal tempo di Terone, e adottò il sistema attico. In questo periodo poi sospese la coniazione delle dramme e coniò soltanto didrammi e tetradrammi. Così tre antiche dramme eginetiche furono scambiate con un tetradramma. La bellissima serie di questi si può suddividere in tre periodi: il primo, dal n. 62 a 70, va dal 470 al 450, nel quale il ρ ha costantemente la forma R e la leggenda è da sinistra a destra; il secondo (n. 71, 7 2 75 76) corre dal 450 al 415 e costituisce la serie più numerosa. Il terzo (n. 112, 114) giunge fino al 409. Contemporanei a questi sono i didrammi i quali secondo lo stile abbiamo classificati nei rispettivi periodi.

Vengono poi i trioboli, di cui riconosciamo tre serie distinte. La loro classificazione è fondata in gran parte sulla figura della Nike ch’è una copia di quella delle monete dell’Elide. Or le monete dell’Elide con la Nike sono del 480 av. C, sicché i n. 77 e 78, aventi manifesti segni d’imitazione da una parte e una forma arcaica dall’altra, dovettero essere coniati pochi anni dopo il 480, e non possono quindi oltrepassare il 460; anche perchè io li stimo [p. 449 modifica]contemporanei al tetradramma del n. 69, per il corpo e la capigliatura della Nike, somigliantissimi a quelli della Ninfa. Il n. 79 è contemporaneo, per lo stile ai tetradrammi e didrammi n. 72-76. 11 n. 115 non può essere anteriore al 410 per la finezza dell’arte con cui è lavorata la Nike.

Dopo i trioboli, gli oboli. Ma se i primi furono coniati fino al 409, i secondi furono aboliti verso la metà del terzo periodo. Questa opinione risulta dallo stile e dai dati epigrafici, come ed , che non oltrepassano il 450, secondo il Gardner. Questa abolizione si spiega agevolmente mediante la riduzione di peso della litra di bronzo. Se prima due oboli potevano in certo modo scambiarsi con una litra di bronzo, non potè più aver luogo tale scambio quando questa fu ridotta: di qui la necessità di sopprimerli. Ma la soppressione degli oboli segna il principio delle litro d’argento, che avendo il peso di gr. 0,87, fanno supporre una corrispondente litra di bronzo di 100 gr., e ci fanno risalire ad un’altra di 150 gr., contemporanea agli oboli.

Le monete di bronzo con la Gorgone cominciarono un po’ tardi e le più pesanti ci danno una litra di 72 gr., la quale non può essere contemporanea alla prima emissione delle litro d’argento.

Infatti è ragionevole supporre che il peso delle prime monete di bronzo sia derivato da un rapporto di valore esatto fra il bronzo e l’argento, e siccome le litre di gr., 0,87 ci danno una litra di bronzo di 100 gr., è chiaro che al tempo della prima emissione di litre d’argento, la litra di bronzo commerciale pesasse 100 gr. Ma non essendovi mezze litre di bronzo corrispondenti ad una litra di 100 gr., poichè le più pesanti ce ne danno una di 72 gr., dobbiamo ammettere che le prime monete di bronzo siano state coniate pochi anni dopo le prime litre [p. 450 modifica]di argento, quando la litra di bronzo era scemata di peso: la qual cosa è confermata dalla epigrafia152.

Ma la litra d’argento non fu mai ridotta, pur diminuendo sensibilmente quella di bronzo, fino a scendere nel 410 al peso di gr. 3,62.

Questo mi farò a dimostrare.

Vi è un pregevole lavoro dell’Imhoof Blumer153 nel quale questi ha studiato tutte le monete di bronzo d’Imera dal lato cronologico, e rivendica a quella zecca un gran numero di monete con la Gorgone, dai più attribuite a Camarina o a Selinunte. Le monete dei numeri 97-102 sono della medesima età, per la grande somiglianza e talvolta identità dei conii, e formano un gruppo costituito di hemilitra, pentonkia, tetrantes, triantes, hexantes, i cui pesi è necessario trascrivere:

Hemilitron n. 93   . Gr. 34,80 equivalenti a gr. 36
Pentonkion " 94   . " 26,52 " " 30
Tetras " 95   . " 20,20 " " 30
" " 96    . " 21,30
" " 96    . " 19.92 " " 24
" " 96    . " 19,14
Trias " 97    . " 16,40
" " 97    . " 14,85 " " 18
" " 97    . " 14,68
Hexas " 98    . " 12,05 " " 12


Si prenda come punto di partenza l’hexas di gr. 12,05 per calcolare il peso della litra di bronzo verso la metà del V secolo av. C., e ne avremo una di gr. 72,73. [p. 451 modifica]Segue a questa serie un numero stragrande di monete che hanno tutte lo stesso tipo, ed è costituito di hemilitra, triantes, hexantes. Mettendo in ordine discendente i loro pesi, si possono seguire le riduzioni cui andò soggetta la litra.


Hemilitra n. 99-100 gr. 29,03 Imh. Bl.
28,50 Napoli (Fiorelli, n. 4125).
27,70 (Imh. Bl. N. Zeit., taf. VI, n. 16).
26,85 Parigi (Six, De Gorg., p. 45, 11, δ, 7).
26,44 M. Br. (Cat. p. 39, 26)
25,92 M. Br. (Cat. p. 39, 27).
24,95 Haag (Six, p. 46, 11, δ, 8).
23,84 M. Br., n. 28.
23,– Imh. Bl.
23,— Berlino (Brandis, p. 587).
22,30 Berlino (Brandis, p. 587).
22,28 M. Br., n. 29.
21,54 (Leake, p. 53).
20,40 (Imh. Bl., N. Zeit., taf. VI, n. 17).
18,95 J. P. Six (p. 46, 11, ε, 10).
16,90 Berlino.
15.57 Parigi.
15.54 (Walcher, n. 432).
15,50 Imh. Bl.
14,90 M. Br. n. 30.
14.65 Atene n. 557 b.
13,– Berlino.
9,75 (Imh. Bl., N. Zeit., taf. VI, n. 18).


Triantes n. 101 gr. 10,70 M. Br. n. 32
10,70 Parigi (J. Six, p. 46, 11, δ, 9).
10,20 Berlino.
9,39 Imh. Bl.
7,87 Imh. Bl
 
Hexantes n. 102 gr. 7,40 Berlino.
7,38 Napoli (Fiorelli, n. 4135).

[p. 452 modifica]Possiamo con questo quadro constatare una lenta riduzione del peso delle emilitre da 30 gr. al terzo: e quindi la litra di gr. 60 può essere messa in continuazione della serie precedente.

Dalle emilitre con la Gorgone si passò a quelle colla figura virile a cavallo e la Nike, le quali, seguendo gradatamente la stessa riduzione di peso, ci danno una litra massima di gr. 14 e una minima di di gr. 11. Ecco la scala dei pesi:

Hemilitra n. 103-106 gr. 6,61 M. Br. (Cat. n. 50), (Imh. Bl., N. Zeit.,
n. 1, taf. VI, n. 5).
6,45 Berlino (Brandis, 588).
6,35 (Imh. Bl., Num. Zeit., n. 19).
6,12 Napoli, 4445.
5,96 (Imh. Bl., Num. Zeit., n. 19).
5,90 De Luynes.
5,73 (Leake, p. 59).
5,70 Napoli (Fiorelli, n. 4446).
5,30 Berlino.
5,15 (Imh. Bl., Num. Zeit., n. 19).
2,20 Imb. Bl.


Triantes n. 107-108 gr. 2,82 Collez. mia.
2,50 Landolina (Fasc. III, p. 12, n. 15).
2,45 Imh. Bl.
2,40 Imh. Bl.
2,33 M. Br. (Cat. n. 52).
2,20 Imh. Bl.
 
Hexantes n. 109 gr. 2,37 M. Br. (Cat. n. 53).




Ma la litra non s’arresta neppure al peso di 11 gr.; scende più giù, colle emilitre del n. 110, al peso di 6 gr. [p. 453 modifica]

Hemilitra n. 110 gr. 5,50 Berlino (Brandis, p. 588).
4,25 Napoli.
4,06 Palermo.
3.90 M. Br. (Cat. p. 82, 54).
3,85 Napoli.
3.75 Palermo.
3,70 Imh. Bl.
3,63 Leake, p. 59.
3,55 Imh. Bl.
3,40 Imh. Bl.
3,39 Berlino.
3.37 Berlino
3.33 Berlino.
3,20 Palermo.
2,60 Napoli.


A questo punto la litra non ha più valore reale ma nominale, e non deve far maraviglia che scenda al peso di gv. 3,62 nel 409 (n. 118).


[p. 11 modifica]



THERMAE.

QUARTO PERIODO.

(407-252).


Volgeva l’anno 409, quando Cartagine affidava ad Annibale il comando di una flotta numerosa e di un esercito formidabile, affinchè si recasse in Sicilia per difendere, come dicevasi, gli Egestani continuamente molestati da quei di Selinunte. Ma l’ammiraglio cartaginese era animato in questa spedizione da un acerbo sentimento di vendetta che dovea compiere sulla infelice Imera. Egli era nipote di quell’Amilcare ucciso presso le mura di questa città nel 480 a. C., e bramava cancellare l’onta subita da Cartagine e dalla sua famiglia in quell’avvenimento luttuoso. Presa che ebbe Selinunte, dopo dieci giorni di assedio, la saccheggiava, ne abbatteva i templi e i pubblici edifici, e subito, attraversata la Sicilia, recavasi con l’esercito sulla costa settentrionale dell’isola, presso Imera. Gran panico assalse gli Imeresi, ma furono rinfrancati dall’arrivo nel loro porto di una flotta di [p. 12 modifica]venticinque triremi siracusane, e dalla notizia che un forte esercito siracusano era in cammino alla volta loro. Non valse però il coraggio di quei cittadini che respinsero il nemico, nonostante una parte delle mura fosse stata demolita per uno stratagemma di Annibale; non valse l’aiuto dei Siracusani e di altri alleati che in numero di 4000 eran dentro la città, sotto il comando di Diocle; non valse la posizione, quasi inespugnabile, a salvarla dallo sterminio. Un’astuzia del nemico bastò a farla cadere. Annibale sparse la voce che la sua flotta, rimasta a Motye, avea girato il capo Lilibeo e stava per assalire Siracusa che era allora senza validi rinforzi. I Siracusani dinanzi al pericolo della loro città natale, dimenticarono ogni sentimento di pietà verso le altre, e subito, abbandonando Imera agli assalti di quella terribile oste, si affrettarono a far ritorno in patria. Per così repentino mutamento di fortuna gl’Imeresi dovettero per forza appigliarsi al consiglio di Diocle, cioè abbandonare la città, non bastando essi soli a difendersi. Molti cittadini furon trasportati a Messana per mare, e molti altri seguirono Diocle. Il giorno dopo i Cartaginesi entravano in città. Dei prigionieri, le donne e i fanciulli furono mandati in Africa come schiavi, e gli uomini, circa 3000, furono immolati ai mani di Amilcare. La distruzione d’Imera fu invero più completa di qualsiasi altra città sicula che in questo periodo cadde nelle mani dei Cartaginesi: Annibale volle che fossero demoliti i templi e la città rasa al suolo (409 a. C). E quando non molto dopo Ermocrate ritrovò il sito d’Imera, essa era tale un mucchio di rovine, che fu costretto ad accamparsi fuori le mura154.

[p. 13 modifica]Ma nonostante questa forte città fosse stata distrutta, può considerarsi che sia continuata la sua esistenza, perchè i Cartaginesi stessi nel 407, quando si apparecchiavano per un’altra spedizione in Sicilia, raccolsero in Cartagine e nelle altre città soggette un certo numero di volontari e fondarono sul luogo delle sorgenti calde una nuova città che chiamarono Θέρμαι. Ai coloni africani si aggiunsero i profughi Imeresi155, i quali non dovettero esser pochi, giacche sulle monete la città ha il nome di Θέρμαι Ἱμερᾶιαι e gli scrittori antichi la chiamano talvolta col nome antico, Ἱμέρα156.

Nella nuova città fu istituita una nuova zecca, nella quale furono coniate monete greche sia per l’arte, degne, nei primi esemplari, dei migliori artisti del l’secolo, sia per il peso, che per un certo tempo appartenne al sistema attico.

121. — Arg., min. 23.

D/ — ΘΕΡΜΙΤΑΝ Testa di Giunone Lacinia, a destra, ornata di diadema con tre grifi; ha i capelli sciolti e alle orecchie, pendenti. Dietro, delfino; circolo di puntini.
R/ Ercole giovane, nudo, sedente a sinistra, sopra un poggio, coperto della pelle del leone. Nella destra tiene una clava, e colla sinistra si appoggia al sedile; dietro ha l’arco e la faretra; circolo di puntini.
Grammi 8,38, M. Br. (Cat. n. 1); gr. 8,35, Napoli (Fiorelli 4451); gr. 8,14, Imh. Bl.; gr. 8,10, Löbbecke; Parigi.

Tav. I, n. 1.


122. — Arg., min. II.

D/ — ΘΕΡΜΙΤΑΝ. Come il precedente, ma il diadema è ornato di palmette, e dietro la testa vi è il monogramma ΑΡ invece del delfino.
R/ Come il precedente. Termini (2 esempi.); Parigi; gr. 0,85, Imh. Bl., Palermo.

Tav. I, n. 2, 3.


[p. 14 modifica]

Sulle monete di Terme Ercole è il tipo principale, stante la leggenda antichissima che ora più che mai ebbe una grande diffusione. Senonchè la testa femminile del diritto e la singolare posizione di Ercole, ci richiamano alla mente le identiche monete di Crotone, sul diritto delle quali la testa della divinità femminile sta di fronte. Ed essendo questi esemplari di Crotone degli ultimi anni del V secolo a. C., o al più del principio del IV, le monete d’Imera debbono ritenersi un’imitazione di queste, principalmente perchè la testa del diritto non trova alcun riscontro nella numismatica imerese, e non si potrebbe spiegare altrimenti; laddove ricorrendo a Crotone, riconosceremo in essa la testa di Giunone Lacinia, che ha la stessa forma della Giunone Argiva, e che veneravasi sulle sponde del fiume Sele157.

Altrove dicemmo dei rapporti commerciali che passarono sempre fra Crotone, Agrigento e Imera, ed osservammo che furon coniate monete coi tipi delle due città. Ma ad onta di tali rapporti, non ci è dato di spiegare storicamente i presenti tipi. Ed in tal caso due sono le ipotesi da farsi: o che nella nuova città di Terme siano andati ad abitarvi, fra gli altri, anche dei coloni di Crotone, i quali prestarono il tipo delle loro monete; ovvero, come è più probabile ammettere, il governo dei Cartaginesi dovette interdire ai nuovi coloni la coniazione di monete coi tipi della distrutta Imera, e i profughi cittadini, amanti delle memorie della loro infelice patria, abbiano fatto ricorso ai tipi d’una città amica d’Imera fin da tempi remoti, nella quale predominò l’elemento calcidico e nelle cui credenze mitologiche aveva il principal posto Ercole, venerato quale fondatore [p. 15 modifica]della città158. Da ora in poi, per tutto il V periodo, i tipi delle monete d’argento e di bronzo sono su per giù gli stessi. Quelli. delle prime li abbiamo descritti: passiamo ora ai secondi.

123. — Br., min. 17.

D/ — Leggenda svanita. Testa di Giunone Lacinia, a destra, come il n. 121; circolo di puntini.
R/ — Testa di Ercole, a destra, coverta della pelle di leone.
Termini. Tav. I, n. 7.


124. — Br., mill. 18.

D/ — ΘΕRΜΙΤΑΝ. Come il precedente, a sinistra.
R/ — Come il precedente, a sinistra.

Parigi; gr. 8,74, Imh. Bl.

Tav. I, n. 6.


125. — Br., mili. 16.

D/ — ΘΕΡΜΙΤΑΝ. Testa di Ercole, a destra, come il prec.
R/ — Testa muliebre a destra; un nastro le avvolge tre volte i capelli, avanti ha una mezzaluna.

Grammi 5,15, Imh. Bl.; M. Br. (Cat. n. 4; la mezzaluna sta dietro il collo della testa femminile). Tav. I, n. 5.

126. — Br., mill. 14.

D/ — ΘΕΡΜΙΤΑΝ. Testa di Ercole, a destra, come il prec.
R/ — Testa di Giunone Lacinia a destra, come il n. 121.

M. Br.; gr. 2,20, 3,01, Imh. Bl.; gr. 2,59, 2,95, Vienna. Tav. I, n. 4.

Fra queste monete ve ne ha alcune che ancora mostrano una certa accuratezza di esecuzione; ma per quanta possa essere, si scorgono manifesti segni di decadenza anche in esse. Alcune poi sono addirittura rozze. L’Head le fa giungere tino al 350, ma nulla osta perchè noi le possiamo ritenere di un’età anche più bassa.

[p. 16 modifica]Del resto il periodo della dominazione cartaginese in Sicilia è assai oscuro, per tutte le città dell’occidente dell’isola. Nulla sappiamo della loro costituzione, nulla della loro storia interiore e del sistema monetale. Quanto a Terme si sa soltanto che si mantenne sempre cartaginese dalla sua fondazione sino alla conquista romana. Nel trattato che fu conchiuso tra Imilcone e Dionigi nel 405, dopo la distruzione parziale di Agrigento e Gela, rimasero sotto il potere dei Cartaginesi i Sicani, i Selinuntini, gli Agrigentini, gl’Imeresi (ossia Termitani). Nel 397-396, all’arrivo di Dionigi nell’occidente dell’isola, fra le altre città soggette a Cartagine, che si danno al tiranno, vi è Imera (Terme), ove furono fatte dimostrazioni anticartaginesi159. Ma nello stesso anno o nel seguente, passando l’ammiraglio Imilcone per la costa settentrionale della Sicilia a fine di assalire Messana, l’attirò di nuovo alla parte sua insieme con Cephalœdium160. Allo stesso tempo è da riferirsi uno stratagemma di Dionigi per prendere Terme, del quale parla Frontino161; ma ciò non esclude che questa fu sempre città cartaginese, e se per qualche poco fu rivendicata a libertà, tornò subito allo stato primiero. Infatti nel trattato del 383 conchiuso fra Magone e Dionigi, se non è fatto cenno di Terme, si sottintende che gli antichi dominii restarono ai Cartaginesi.




Da lungo tempo si disputa se alcune monete punico-sicule siano state coniate a Panormus, cioè [p. 17 modifica]nella principale stazione cartaginese, ovvero in altre città occidentali dell’isola. La serie delle monete di bronzo col gallo e sei globetti fu attribuita dall’Ugdulena ad Imera, dall’Head a Palermo, e dall’Imhoof-Blumer a Solocis; ma pel peso, questi le crede anteriori alla distruzione d’Imera162. Vero è che essendo la questione ancora sub judice, ogni giudizio sarebbe una presunzione e non apporterebbe luce. Ma io osservo pel gruppo delle monete punico-sicule in genere, che furono coniate in diverse città soggette ai Cartaginesi e che in ciascuna furono copiati i tipi delle sue monete autonome. Ad Egesta, p. es., fu imitato il tipo del cane, come a Terme, fu forse imitato il tipo primitivo del gallo. La questione del peso poi è tutta secondaria, giacché abbiamo notato un notevole aumento nelle monete di bronzo autonome di Terme, rispetto alle ultime d’Imera. Con tutto ciò io accetto l’opinione dell’Imh. Blumer riguardo alle mezze litre col gallo e leggenda punica, e mi limito a classificare fra le monete di Terme anche queste:


127. — Br., mill. 24.

D/ — Testa di Giunone Lacinia a s., come nel n. 125.
R/ — nell’esergo. Toro a volto umano, a s.; sopra, la testa radiata di Helios di fronte.
Grammi 12,96, Imh. 131. {Berlin. Blatt., 1869, p. 49,50). Tav. I, n. 8.


128. — Br., min. 21.

Simile al precedente.

Grammi 8,15, Imh. Bl.; Monaco (2 esempi.); Walcher n. 431 (Confronta Torrem., tab. LXXXI.K, n. 10).

È fuor di dubbio che il governo dei Cartaginesi abbia, in questo periodo vietato alle città soggette [p. 18 modifica]di coniar monete autonome; ebbero corso invece i tetradrammi dal tipo di Proserpina e la quadriga ed altre monete. In Terme però troviamo una monetazione di bronzo assai scarsa ed insignificante, e pare quasi certo che nella sua zecca siano state coniate anche monete colla scritta punica , come a Cephalœdium, Motye, Egesta163.

In questa condizione di città soggetta, Terme vide seguirsi la dominazione di Dionigi il giovane, Dione, Timoleone, Agatocle, sotto il quale neppure potè riscattarsi quando gli Agrigentini, i Geloi, i Messanesi passarono ai Greci per intercessione di Amilcare (314 av. C.)164. Ma già si appressaiva il tempo in cui Roma doveva dare il bando ai barbari africani dell’isola ed affermare la sua supremazia.

Ora comincia un nuovo periodo.




QUINTO PERIODO.

(comincia nel 252).


Nell’anno 266 i Mamertini, intolleranti del giogo cartaginese, fecero appello ai Romani per riscattarsi dalla servitù, e questi accolsero di buon grado l’invito per due ragioni: prima perchè poneva loro in vista ricca preda nell’isola, poi perchè pareva supremo interesse che i Cartaginesi non restassero in Messana padroni dello stretto, minacciosi alla terraferma vicina. Dopo la presa di Messana seguirono le splendide vittorie di Duilio e di C. Atilio Regolo.

[p. 19 modifica]Nel 254 la flotta romana, forte di trecento navi, si mostra alla costa nordica della Sicilia; con un assalto per mare, Palermo, la principale stazione cartaginese, cade in potere dei Romani, e poi le altre di Solocis, Cephalœdium, Tyndaris; sicché lungo la costa settentrionale non restava ai Cartaginesi che la sola Terme. Ma nel 252 anche questa era presa, ed infine C. Cecilio Metello riportava la strepitosa vittoria presso Palermo, Per la quale i Cartaginesi chiesero pace ai Romani. Da quest’anno Terme fu città romana, e quando nel 210 M. Valerio Levino dava assetto alla Sicilia, che fu la prima provincia romana, fu messa nel novero delle civitates decumanae165. Ma se già era decaduta dalla sua grandezza che aveva raggiunto prima del 409, come attesta Cicerone166, l’antica virtù ancor non era spenta. Quando dopo le guerre servili la lotta fu trasferita nelle mura della stessa metropoli tra Mario e Silla, un cittadino di Terme dette prova di animo generoso. In mezzo alle proscrizioni reciproche di Mario e Silla la Sicilia, straniera all’oggetto di quelle contese, divenne asilo per gli avanzi della fazione di Mario. Inviato da Silla, il giovane Gneo Pompeo in età di 22 anni appena, sbarcò allora per sopraffarli. Pure, malgrado le vittime del contrario partito immolate nell’isola, non era un tristo nè un violento costui; e a fronte di Stenio da Terme, il solo gran cittadino che si offra in quell’abbattimento della Sicilia romana, non ebbe a dimostrarsi minore nell’elevatezza generosa dell’animo. Venuto a Terme per punire la città dell’assistenza prestata ai seguaci di Mario, Stenio gli si parò incontro dicendo: " Non è giusto che pei rei soffrano [p. 20 modifica]gl’innocenti. Io solo ho persuaso i Termitani a secondare la parte di Mario, obbligando gli amici coi consigli, colla forza i nemici.„ E Pompeo ammirandolo perdonò a tutti e a lui stesso167.

Anche sotto la dominazione romana Terme ebbe la sua zecca e continuò a coniare forse quelle monete di bronzo autonome che abbiamo ricordate a tempo della dominazione cartaginese. Un’ultima emissione di bronzo, molto abbondante, comincia nella seconda metà del secondo secolo av. C., e comprende le ultime monete che noi conosciamo di questa città.


129. — Br., mill, 25.

D/ — Testa barbata di Ercole, a destra, coverta della pelle di leone; dietro, la clava; circolo di puntini.
R/ — ΘEPMA IMEPAIA. Figura muliebre di fronte, in piedi, volta a sinistra, col capo turrito, tenente colla sinistra un cornucopia, colla destra distesa una patera; in cerchio di puntini.

Museo di Termini; gr. 9,90, Imh. Bl.; Parigi; Lòbbecke; Santangelo.

Tav. I, n. 9.


130. — Br., min. 19.

Simile al precedente, se non che la leggenda del rovescio è ΘEPMI·TAN.

Grammi 6,85, Napoli; gr. 6,30, 5,25, 6,30, Id.; gr. 6,60, 6,30, 5,40, Imh. Bl.

Tav. I, n. 10.


131. — Br., mill. 24.

D/ — Testa muliebre turrita, a destra, dietro, cornucopia; circolo di puntini.
R/ – ΘEPMITAN IMEPAIΩN. Figura virile barbata, a destra, avvolta in un manto che scende fino alle ginocchia, poggiata ad un bastone. Ha uno stilo nella destra, col quale scrive su di un βίβλος che tiene con la sinistra; circolo di puntini.

M. Br.; gr. 11,36, Palermo; gr. 11,70, Imh. Bl.; gr. 10,45, Vienna (consumato); gr. 9,50, Napoli (Fiorelli, 4453).

Tav. I, nn. 12-13.


[p. 21 modifica]132. — Br., mill. 14.

D/ — Testa muliebre velata, a destra; circolo di puntini.
R/ — ΘΕΡ•ΜΙΤΑΝ. Capretta riposante a s.; circ. di puntini.
Grammi 2,30, Imli. Bi.; M. Br. (la leggenda è ΘΕΡΜ-ΤΑΝ).

Tav. I, n. II.


I tipi di queste monete sarebbero addirittura inesplicabili, se non fosse rimasta una validissima testimonianza di Cicerone che ce li chiarisce mirabilmente. In una delle sue Verrine, pigliando argomento per rivolgere una lode a Scipione Africano minore e contrapporre la nobiltà dell’animo di questo alla ferocia di Verre, dice: " Scipio, qui hoc dignum populo romano arbitraretur, bello confecto, socios sua per nostram victoriam recuperare, Siculis omnibus Carthagine capta, quac potuit, restituenda curavit, Himera deleta, quos cives belli calamitas reliquos fecerat, ii sese Thermis collocarant in eiusdem agri finibus, neque longe ab oppido antiquo. Hi se patrum fortunam ac dignitatem recuperare arbitrabantur, quum illa maiorum ornamenta in eorum oppido collocabantur. Erant signa ex aere complura: in his mira pulchritudine ipsa Himera in muliebrem figuram habitumque formata, ex oppidi nomine et fluminis. Erat etiam Stesichori poetae statua senilis, incurva cum libro, summo, ut putant, artificio facta ab eo, qui fuit Himerae; sed et est et fuit tota Graecia summo propter ingenium honore et nomine..... Etiam, quod pene praeterii, capella quaedam est, ea quidem mire ut etiam, nos, qui rudes harum rerum sumus, intelligere possimus, scite facta et venuste „ 168.

Ed ora diventa facile interpretare questi tipi, giacchè nella donna turrita, stante in piedi, dei nn. 129 [p. 22 modifica]e 130 ravviseremo la statua d’Imera, di cui parla Cicerone, il quale anzi tralasciò di ricordare il cornucopia, che trovasi dietro la testa muliebre del n. 131, la quale, secondo ogni probabilità, riproduce la testa di quella statua; non accetteremo quindi l’opinione del Torremuzza che voleva ravvisare la statua di cui parla Cicerone, non già in questa moneta, ma nei tetradrammi d’Imera. L’uomo che sta poggiato al bastone e che tiene colla sinistra un βίβλος su cui scrive, è la copia della statua rappresentante Stesicoro, poeta lirico d’Imera. E della capella che sta sul rovescio del n. 132, tanto ammirata da Cicerone, perchè scite et venuste facta, pare che ci dia un concetto abbastanza chiaro l’esemplare dell’Imhoof-Blumer, che ho sopra descritto.

E dopo ciò, s’intende quel che dicevo innanzi, essere queste monete del II secolo av. C., e propriamente della seconda metà, perchè trovando in esse riprodotte quelle statue restituite da Scipione Emiliano ai Termitani dopo la distruzione di Cartagine (146 av. C), non possono essere anteriori a quell’epoca. Un altro indizio per la loro cronologia ci è dato trarlo dalla forma delle lettere nell’esemplare del n. 131, le quali essendo punteggiate alla estremità delle aste e negli angoli, perfettamente come quelle delle monete dei Seleucidi169 rispondono anch’esse all’arte del II secolo av. C.



Un ultimo gruppo di monete di bronzo e per la tecnica che ci richiama alla mente l’arte romana, e [p. 23 modifica]per la leggenda, credo che si possano assegnare alla fine della Repubblica; di esse conosco le tre seguenti varietà:


133 — Br., mill. 26.

D/ — Testa di Ercole coverta della pelle di leone; dietro, clava; circolo di puntini.
R/ — ʘЄΡΜΙΤΑΝ. Tre ninfe di fronte, con chitone e peplo; quella di sinistra tiene in mano un grappolo; quella di mezzo è turrita e velata; tutte e tre si tengono sollevato il lembo del peplo, con la mano sinistra.

M. Br., gr. 15,30, Palermo; gr. 12,33, Imh. Bl. (in questi due esemplari il θ è scritto Θ). Tav. I, n. 14.


134. — Br., mill. 20.

Simile al precedente.

Grammi 6,71, Napoli; gr. 9,20, Imh. Bl.; gr. 8,60, Id.; gr. 7,35, Collezione mia. Tav. I, n. 15.


135. — Br., mill. 18.

D/ — Testa muliebre velata, come nel n. 132; circolo di globetti.
R/ — ΘЄΡΜΙΤΑΝ. Pallade in piedi, armata di lancia e scudo, come nel n. 117; circolo di globetti.

Grammi 350, Imh. Bl. (Fraccia, nel Buonarroti, anni 1889-90, n. 219. — V. Catal. de la gr. collect. des monn. del Mr. Léopold Welzl von Wellenheim, n. 950). Tav. I, n. 16.

Le tre Ninfe non possono avere alcun significato, se non si mettono in relazione con le acque termali e con la leggenda che narrava l’intervento di esse per opera di Minerva. Che cosa vogliano indicare in quell’atto in cui sono rappresentate, non è dato rintracciare; ma io penso che queste tre Ninfe, le quali sono riprodotte costantemente alla medesima foggia, siano la riproduzione di qualche gruppo artistico restituito da Scipione ai Termitani.

E del pari io dico dell’ultima moneta. La Minerva è anch’essa riproduzione di qualche statua. [p. 24 modifica]Anzi per questa abbiamo ragione di sospettare così, perchè sopra una litra d’Imera, non anteriore al 410 abbiamo notato una figura di Pallade nell’identico atteggiamento170.

I cittadini di Terme si chiamarono, specialmente nell’epoca romana, Θερμίται Ἱμεραῖοι, nome che non dovettero avere fino a quando furono soggetti ai Cartaginesi, cui il secondo appellativo era odioso. Vero è che gli scrittori antichi, e specialmente Diodoro, chiamano talvolta Imeresi i Termitani e Imera la città di Terme171; ma questo invalse dal considerare Terme come una città nella quale si era raccolto gran numero d’Imeresi. Da questa dimenticanza degli storici e da altre prove, il Fraccia trasse argomento per dimostrare, non senza cadere in contraddizione, che vi fosse stata un’altra Imera sulla costa meridionale della Sicilia172.

Istituito il governo imperiale in Roma, Augusto mandò a Terme una colonia. In questo tempo dovettero aver corso le monete ultime da noi or ora descritte; del resto nulla sappiamo: sappiamo però che da Tiberio in poi le città di Sicilia non ebbero più diritto di coniar neppure monete di bronzo, e quindi la zecca di Terme dovè esser soppressa, se pure ciò non era stato già fatto da qualche tempo.

Circa il sistema monetale non voglio tentare di dir parola, perchè secondo il parere dell’Head, in questo periodo un vero e proprio sistema non vi fu.

[p. 25 modifica]

APPENDICE




MONETE FALSE O SOSPETTE


α) HIMERA.


La bellissima serie dei tetradrammi fu, più che mai, falsificata; ma chi abbia fatto l’occhio alle finezze dell’arte greca, non si lascia trarre in inganno dalla frode di falsificatori moderni che, o per difetto d’arte o per ostentazione di male interpretato arcaismo, vennero meno alle regole di proporzione e di disegno, con tanta maestria osservate dagl’incisori siciliani.

Le monete dei primi due periodi non furono, a quel che pare, tanto imitate nei tempi moderni, quanto i tetradrammi, dei quali ho potuto scovrire, se non mi sbaglio, sei contraffazioni.

1°). — Arg., mill. 26.

D/ — IMEPAION. Ninfa sacrificante, come nei nn. 64-68.
T/ — IMEPAI... Uomo in biga a s., ecc.

Grammi 16,75, Napoli Fiorelli, n. 44271.

Osservazione. — Le lettere della leggenda del rovescio sono quasi indecifrabili; la mano sinistra della Ninfa è informe, come pure la testa del leone e della Nike.

[p. 26 modifica]2°). — Arg., mill. 28.

D/ — Ninfa in piedi, sacrificante, come nei nn. 69, 72, 75; nel campo a s. vi è un granello d’orzo, a dr. una ruota.
R/ — IMEPAION (retrogr). Uomo in quadriga.

Grammi 16,77, Monaco; gr. 15,45, Napoli (Fiorelli, n. 4426).

Osservazione. — Questa contraffazione è delle più inesatte e grossolane. Basti vedere lo zampillo che sgorga dalla testa del leone e la forma delle lettere che costituiscono la leggenda. 11 doppio simbolo è strano.

3°). — Arg. mill. 26.

D/ — Ninfa sacrificante, come nel n. 113.
R/ — IMEPAI... Uomo in quadriga, ecc.

Parigi; Palermo.

Osservazione. — Questo tetradramma è una imitazione del n. 113, fatta abbastanza bene. La Ninfa è disegnata con esattezza; ma i difetti appaiono nella mano sinistra di essa, nella gamba sinistra del Sileno, appena accennata, nella testa dell’auriga, nello scudiscio che passa per mezzo alla corona della Nike ed infine nella leggenda. Si aggiunga che i due esemplari citati sono del medesimo conio.

4°). - Arg., mill. 25.

D/ — Ninfa sacrificante, ecc.
R/ — IMEPAION – Vittoria in biga, coronata dalla Vittoria.

Pellerin, Recueil de Médailles, pl. CIX, n. 31. Torrem., tab. XXXV, num. 2.

Osservazione. — L’Eckhel notò, come cosa singolare nelle monete d’Imera " Victoriam aurigantem ab alia Victoria coronari. „ Il Cavedoni (Spicil. numism., p. 27, Himera), sospettò che una delle due figure alate fosse il Genio Imero (ἵμερος) che si vede d’ordinario alato, con benda e corona, e che potrebbe [p. 27 modifica]qui alludere al Genio d’Imera. Questa moneta non esiste in nessuna collezione, che io mi sappia, e la credo una falsificazione moderna fatta sui tetradr. di Siracusa con la Nike (v. Head, Coinage of Syracuse). Nel dubbio, l’ascrivo alle sospette.

5*) Arg., mill. 25.

D/ — Ninfa sacrificante; ha l’altare a dr. e il Sileno a s.
R/ — IMEPAION... (retrogr.). Uomo in quadriga, ecc.

Torrem., tab. XXX V, n. 3.

6°). — Arg., mill. 10.

D/ — Testa barbata di Ercole a dr., coverta della pelle di leone.
R/ — Gallo a dr. in quadrato incuso.

Pellerin, vol. III, tab. CXV, n. 12; Torrem., tab. XXXVI, n. 8.




α) Thermae.



7°). — Arg., mill. 27.

D/ — ΘΕΡΜΙΤΑΗ. Testa di Proserpina a dr., ornata di monile e pendenti; attorno tre delfini.
R/ — Uomo in quadriga a s., coronato dalla Nike; nell’esergo, piccola ara.

Grammi 17,30, Parigi (Head, Hist. Num., Thermae. Torr., tab. XC, n. 1, 2 senza l’altare nell’esergo).

Osservazione. — Questo tetradr. mostra a chiare note l’arte moderna dal volto di Proserpina, nel quale le labbra sono modellate assai male, come pure l’occhio. La leggenda basta da sola ad attestare la falsità. Colui che lavorò questa moneta non ebbe [p. 28 modifica]forse un originale identico, ma pare abbia tratto il rovescio dal seguente tetradr. punico, di incerta at- tribuzione, posseduto dall'Imh. Blumer.



8°). — Arg., min. 20.

D/ — ΘΕΡΜΙΤΑΝ. Testa di Giunone Lacinia a dr., dietro, un delfino.
R/ — Ercole assiso su di una roccia, ecc. ; come nel n. 122.

Grammi 7,71, Napoli (Fiorelli, 4452).

Osservazione. — Il conio della presente moneta è fatto abbastanza bene, ma il metallo non è argento.


9°). - Arg., mill. 23.

Come il prec, ma di modulo più grande.

Forcella, Numismata aliqnot sicula, tab. II, fig. 4.


Ettore Gabrici.                    

[p. 29 modifica]

APPENDICE PRIMA


MONETE D’IMERA DEL RIPOSTIGLIO VIRZÌ.


N. Met DIRITTO ROVESCIO Gram
mi
Pez
zi
1 Arg IMERAION Ninfa stante, di fronte, col viso rivolto a sinistra, vestita di chitone a maniche corte e peplo, il cui lembo cade sul braccio destro. Ha il braccio destro disteso al disopra di un altare, sul quale sacrifica; il braccio sinistro è anche disteso. A destra un Sileno itifallico che, poggiando le mani sopra una vaschetta, si piega indietro per ricevere sul petto uno zampillo d’acqua sgorgante da una fontana a bocca di leone. Quadriga al passo, a sinistra, guidata da una figura virile con lungo chitone, coronata da una Nike volante a destra; il tutto in circolo di puntini (V. n. 64. Tetrad Salinas 1
2 .. ERAION Come il precedente. Il Sileno è un po’ più abbandonato indietro col corpo (il conio è rotto a sin) Come il precedente (V. n. 66) 17.6 id. Virzì 1
3 Idem. Idem. id. Evans 1
4 IMERAION Come il precedente. Il sileno tenendosi colle mani alla vaschetta, si abbandona tutto indietro col corpo IMERAION (nell'esergo). Come il precedente. (V. n. 66 bis) 17.8 id. Virzì 1
5 Come il numero 2 IMERAION (nell'esergo) Come il precedente (V. n. 66 bis). 17.8 id. Virzì 1
6 Idem. Idem. id. Evans 1
7 IMERAION Come il numero 4 IMERAION (nell'esergo). Come il precedente. (V. n. 67 bis) 17.7 id. Virzì 1
N.B. Due esemplari dello stesso ripostiglio, non bene conservati, capitarono nelle mani di un antiquario di Palermo, e non li ho potuti rintracciare; ma certo non offrivano alcuna variante di tipo.
[p. 30 modifica]

MONETE D’IMERA DEL RIPOSTIGLIO SELTMANN.


N. Met DIRITTO ROVESCIO Gram
mi
Pez
zi
1 Arg AЯ∃MI Figura muliebre stante, di faccia, con la testa volta a destra e la mano sinistra sollevata. È vestita di un chitone a maniche corte e di un largo peplo che ella spiega con la mano diritta. PEΛO Pelope stante, in biga, al passo, a destra; tenendo lo sprone con la destra e le redini con la sinistra. Nell’esergo, un ramo di palma e un grappolo di datteri (V. n. 64). 16,32 Tetrad Löbbecke 1
2 . . ERAION Ninfa stante, di fronte, in atto di sacrificare, ecc. Il Sileno è un po abbandonato col corpo indietro; (il conio è rotto a sinistra). Quadriga al passo, a sinistra, ecc. (V, n. 66). 17,22 id. Berlino 1
3 Ninfa sacrificante. Un piccolo Sileno itifallico le sta a destra, in una vaschetta, rivolto a chi guarda. Ha la faccia dalla parte opposta di una fontana a bocca di leone, ond’esce uno zampillo che gli bagna le spalle; con la sinistra si mantiene presso l’orlo della vaschetta, la destra è poggiata.sulle anche. IMERAION Quadriga al passo, a sinistra (V. n. 69). 17.36 Tetrad Seltmann 1
4 Idem. Idem. 17,12 id. Löbbecke 1
5 Idem. Idem. id. Berlino 1
6 ΣOTHR Ninfa sacrificante, come nel precedente esemplare. A destra le sta un caduceo, eretto e adorno di nastri. Cavallo corrente a sinistra, con sopra un cavaliere che tenendosi nella corsa poggiato sulla groppa, giace col corpo penzoloni, nell’atto di smontare, stringe nella sinistra una sferza. Nell’esergo IMERAION; il tutto in circolo di puntini (V. n. 70). 8,63 Didr. Löbbecke 1
7 Idem. Idem. 8,34 id. Weber 1
5 Idem. Idem. id. Berlino 1

Note

  1. Bullett. della Commiss. d’antich. e belle arti, 1864, n. 2, p. 5.
  2. Il Fazello ne fissa giustamente la situazione ad ovest del Fiume Grande, l’antico Imera settentrionale; ma il Cluverio deviò dal retto sentiero e con lui errarono il Parthey e i cartografi moderni, cosicchè nel più gran numero degli atlanti dell’orbe antico, anche in quello di Kiepert, Imera è segnata dalla parte sinistra del fiume di Termini, cioè fra Soloeis e Thermae. Ma essa invece trovavasi ad occidente del Fiume Grande che imbocca nel mare a Bonfornello. Che esso sia identico all’Imera settentrionale, ce lo provano gli avanzi d’antica città ivi rinvenuti, che non possono appartenere se non alla città di Imera; la quale opinione è avvalorata anche dalla tradizione locale. I contadini ancor oggidì chiamano l’altipiano ad occidente del fiume, piano d’Imera. — Cfr. O. Hartwig, Cenni topografici intorno ad Imera in Bull. di corr. arch. Anno 1864, p. 15.
  3. Gregorio Ugdulena, Sulle monete punico-sicule. Palermo, 1857. Questa monografia trovasi negli Atti dell’Accademia di Lettere e Scienze di Palermo, vol. III, 1859.
  4. VI, 5.
  5. VI, 62.
  6. Gugl. Gesenius, Scripturae linguaeque phoeniciae monumenta quotquot supersunt, 1837.
  7. Bullett. arch. nap., I, p. 171, 1853.
  8. Op. c., p. 32-33.
  9. Fra questi ricorderemo il Salinas, allora giovanissimo, che scrisse: Appendice alla memria sulle Monete punico-sicule dela’Ab. Gregorio Ugdulena. Palermo. 1858: Lettre a Mr. le Prof. Greag. Ugd. sur deux pièces d’argent portant le nom Phenicien et les tvpes de Zancle et d’Agrigente. (Estr. dalla Revue Numism., N. S. Anno IN., 1864.
  10. Ateneo chiama il gallo ἡμερόφωνος. – Plin., X, 21 " diemque venientem nunciat cantu „. Per più ampie notizie vedi Minervini, in Bull. arch. nap., 1854.
  11. Plat. Crat., 31: οἱ μέν ἀρχαιότατοι ἱμέραν τὴν ἡμέραν ἐκάλουν, οἰ δὲ ἑμέραν, οἱ δὲ νῦν ἡμέραν
  12. F. D’Ovidio, Di un luogo di Platone addotto a prova dell’antichità dell’itacismo, in Atti dell’Acc. di Sc. m. e p., 1890, p. 221-237. " Il D’Ovidio esamina con magistrale competenza tutto il brano di Plat., nel quale il filosofo cita l’esempio di ἑμέρα, e sopra varie prove fonda la sua congettura assai felice ed ingegnosa, che la forma arcaica ἱμέρα addotta da Platone come la più antica di questa parola, sia uno “degl’ingenui e maliziosi parti della sua fantasia „.
  13. Mommsen, Gesch. des Rom. Münzwesens, p. 91. — Giova osservare che questa leggenda non si trova, nel modo come la riferisce il Mommsen, su nessuna delle tante monete d’Imera da me esaminate.
  14. Geschichte Siciliens im Altert., I p. 95.
  15. I, p. 136.
  16. History of Sicily, I, Addit. and correct., p. xxxiii.
  17. Aeschyl., Fr. Glauc. — Diod. Sic., IV, 23; V, 3. — Pind., Pyth., I, p. 152.
  18. Holm., O. c., I, p. 47. — Freeman, O. c, I, p. 182.
  19. Diod., IV, 23; V, 3.
  20. Accenno alla fondazione di Thermae, fatta per opera dei Cartaginesi dopo la distruzione d’Imera nel 407 a. C.
  21. V. nota 4.
  22. Strab., VI, 272.
  23. Freeman, Op. c., I, p. 411 e seg.
  24. Francesco di Giovanni pubblicò una diecina di anni addietro una sua memoria intitolata La topografia dell’antica Imera, nella quale e in varii argomenti combatte l’opinione comune, che la città fosse collocata sull’altipiano della collina, allegando che lo spazio di esso era troppo angusto per contenere 60000 abitanti nel periodo in cui era fiore (secondo i calcoli dell’Holm, II, p. 83, 4231. e traendo altre prove degli assedi ai quali fu sottoposta nel 480 e nel 409. E conchiude che Imera si stendesse sulla pianura che è tra il colle e il mare. II suo lavoro è fondato sopra ipotesi; nessuna prova diretta, tranne le rovine del tempio di Bonfornello e qualche avanzo di altra costruzione sul dorso della collina. Ma la cosa è facile a comprendersi, quando si ammette che la città fosse costruita in origine sull’altipiano della collina. Dopo la vittoria del 480 dovette crescere il numero degli abitanti, in guisa che Cicerone la chiamò oppidum in primis Siciliae clarum et ornatum (Verr., Act. II, L. II, c. 35) e allora dovettero essere costruite delle case appiè della collina, che col tempo formarono forse una borgata. Di certo gli avanzi di costruzioni esistenti nel piano della collina sono una prova diretta che la città propriamente detta doveva sorgere ivi.
  25. Curtius, Stor. gr., p. 488.
  26. Freeman, I, p. 414.
  27. Holm, I, p. I77.
  28. Ael., V. H., II, 33 “Αἰγεσταῖοι δὲ τὸν Πόρπακα καὶ τὸν Κριμισὸν καὶ τὸν Τελμησσὸν ἐν ἀνδρῶν εἴδει τιμῶσι„. Egesta era città capitale degli Elimi, popolazione che, per concorde testimonianza degli antichi, era affine alle stirpi marinare dell’Asia Minore (Curt., St. gr., I, p. 465).
  29. Holm., I, p. 28; Beleg. u. Erläut., p. 374. — Freeman, I, p. 154. — Head, H. N., p. 11. — Salinas, Le monete delle antiche città di Sicilia, Tav. XVI, n. 12.
  30. Head, H. N., p. 111.
  31. Sulle monete è rappresentato il fiume Παλαγκαῖος. H. N., p, 109. — Salinas, Op. c. n. 376, 377, Tav. XV, n. 3 bis.
  32. Era quivi venerato il fiume Hypsas. H. N., p. 119.
  33. Holm., I, p. 177.
  34. Vib. Seq., ediz. Orbelinus, 17, p. 11 (1778).
  35. Steph. Byz., s. v. Ἀκράγαντες “... φησί γάρ Δοῦρις ὅτι αἰ πλεῖσται τῶν Σικελῶν πολέων ἐκ τῶν ποταμῶν ὀνομάζονται Συρακούσας, Γέλαν, Ἱμέραν, Σελινοῦντα καί Φοινικοῦντα καί Ἐρύκην καί Κάμικον, Ἀλυκόν τε καί Θερμόν καί Καμαρῖναν ὡς καί ἐν Ἰταλίᾳ„.
  36. Per l’Italia abbiamo i seguenti esempi: Λᾶος;. Her., VI, 21; Diod., XIV, 101; Strab., VI, 253. — Ἀρίμινον. Strab., V, 210-240; Ptol., 3, 1, 22; St. B. — Πυξοῦς –. Strab., VI, 253; Plin., 3, 5, 10; Mel., 2, j. — Σῖρις. Archil., ap. Ath., 12, 523 d.; Et. M., s. v.; Strab., VI, 264; Plut., Pyrrh., 76; St., B.; Plin., 3, 11, 15; Flor., I, 18. — Σύβαρις. Strab., VI, 262, 263; VIII, 386; St. B.; Plin., 3, 11, 15; Thuc., VII, 35. — Θούριοι. E. Curtius, Über Quellen und Brenneninschtiften, p. 28. — Πισαῦρον. Plin., 3, 14, 19. Per la Sicilia: Ἔλορως; Pind., N., 9, 96; Her., VII, 154; Hesych; St. — Γέλα, Σελινοῦς, Ἐρύκη, Καμικός, Καμαρῖνα, v. St. B. s. v. Ἀκράγαντες.
    Per le altre parti del mondo, v. Plin., De Fluv.; Vib. Seq., De Flum.
  37. Plut., De Fluv.
  38. Ibid.
  39. Steph., Byz. s. v. Ἀκράγαντες.
  40. Come l’Arar e il Sagaris. Plut, De Fluv.
  41. Però non sempre l’appellativo originario restò inalterato; il più delle volte fu interamente mutato, ed è notevole che questo secondo e quello di qualche eroe o personaggio storico che vi morì o lo attraversò, (Plut., De Fluv. passim) laddove il più antico ha un’origine naturalistica. In tal caso è vana ogni nostra ricerca etimologica. A giudicare dagli esempi che abbiamo, sembra che il passaggio dell’appellativo del fiume alla città sia avvenuto, com’era naturale, col nome più antico, Gela, secondo lo Schubring (Rhein. Mus., XXVIII, p. 81 seg.) fu così chiamata dal fiume omonimo che in lingua degli Opici e dei Siculi significava brina (Steph. Byz. s. v. Γέλας) Selinunte, la città del Selino, ebbe nome dal fiume vicino che anche così chiamavasi. Questi nomi di fiumi sono antichissimi, non andarono mai soggetti ad alterazioni, e però gli antichi ne conoscevano l’origine trasmessa col nome proprio, e i moderni filologi possono, con qualche probabilità, stabilire dei confronti.
  42. Holm., I, p. 63.
  43. Holm, I, p. 209.
  44. Cfr. Notizie degli Scavi di Ant. Marzo, 1893, p. 128. — Klein, Die Griech. Vasen. mit Meistersignaturen, n. 2, p. 74.
  45. Esych., ediz. dello Schmidt.
  46. Paus., VI, 26, 2.
  47. Ael. V. H., II, 28.
  48. Jambl., Vita Pythag., e. XXVII. — Eliod., Aethiop., e. 3. — Suida, s. v. Πυθαγ. — Plut., De Pyth. orac-, XII, p. 400, c. Luc. in gall. 16.
  49. Fischer ad Plat., Phaedon, p. 498. Nell’Asclepieion ateniese eranvi galli sacri (στρουθοί); v. Ael. V. II., 10, 17. Riscontra il frammento di una pietra votiva, ivi trovata nel 1876, col gallo; v. Roscher, Ausführlich Lexicon, s. v. Asclepios.
  50. Ad Pind., Olymp., XII.
  51. Lexicon rei numariae, s. v. Gallus.
  52. D. N., t. I, p. 211 e seg.
  53. Cfr. Aquinum (Garrucci, Le monete dell’Italia antica, LXXXII, 30, 31), Suessa (Garr., LXXXIII, 1), Teanum (Garr., LXXXIII, 12), Cales (Garr., LXXXIII, 16, 17, 18), Neapolis (Garr., LXXXV, 28), Caiatia, Venafrum, Telesia (Garr. LXXXVIII, 16), Camarilla (Mionnet, I, p. 223, n. 124), Dardanus Troad. (Mionn. II, p. 654, n. 168, 172), ecc.; Aes signatum italico (Garr., XIX).
  54. E. Curtius, Üb. d. religiösen Character d. griech. Münzen, 1869.
  55. IV, 23; V, 3.
  56. Schol ad Aristoph. Nub. 1047 (1050).
  57. Aristid., Orat., II, p. 62. — Esych. , s. v. Ἡράκλεια λουτρά.
  58. Decharme, Mythol, p. 481, 482.
  59. Hippocr., Epist. ad Philop., p. 909.
  60. Bouchè-Leclerc, Hist. de la Divin., III, p. 310.
  61. Idem, III, p. 308.
  62. Idem, III, p. 308.
  63. Istit. di corr. arch., Anno 1838, p. 196, 1841, p. 25.
  64. Bergk, Poetae lyr. gr., p. 771: Simon. Fr., 81.
  65. Freeman, Op. cit, I, p. 411.
  66. Cfr. Lenormant, La monn. dans l’antiq., p. 54.
  67. Introd. à l’ètude des monnaies de l’Italie ant., I, p. 79
  68. Poll., IV, 174. ": Ἀριστοτέλης δὲ ἐν μέν Ἀκραγαντίνων πολιτείᾳ προειπών ὡς ἐζημίουν πεντήκοντα λίτρας ἐπάγει: ἡ δὲ λίτρα δύναται ὀβολόν Αἰγιναῖον ἐν δὲ Ἱμεραιων πολιτείᾳ φησίν ώς οἱ Σικελιῶται τοὐς μέν δύο χαλκοῦς ἐξάντα καλοῦσι, τόν δὲ ἕνα οὐγκίαν τοὐς ὁ τρεῖς τριάντα, τοὐς δὲ ἕξ ἡμίλιτρον, τόν δὲ ὀβολόν λίτραν, τόν δὲ Κορίνθιον στατῆρα δεκάλιτρον δὲ ὅτ δέκα ὀβολούς δύναται„
  69. Herod., VII, 165. — Holm., I, p. 205.
  70. Attorno al gallo vi è una patina verde, la quale ci fa conoscere che questa è una moneta suberata. Non si sa a che attribuire questa frode del governo; forse alle strettezze pecuniarie dopo la battaglia d’Imera.
  71. Holm., I. p. 144.
  72. Grote, V, p. 79 (trad. franc.).
  73. Herod., V, 39 e seg.
  74. Brit. Mus. Cat. Italy., p. 343, n. 16.
  75. Lenormant, La Grand Grece, v. II, p. 222.
  76. In Crotone era molto venerato Ercole che era tenuto come eroe nazionale, e la sua immagine ricorre frequentemente sulle monete di quella città, col titolo di οἰκιστής (v. Sambon, Monn., ecc.; Garrucci) ossia fondatore. La leggenda mitologica rannodava l’origine del nome di Crotone ad un episodio del viaggio di Ercole attraverso l’Italia (v. Lenormant, La Grand Grece, v. II, p. 2, 3. — Pausania, (III, 19, 11) riferendo una leggenda di Achille, dice che in essa gl’Imeresi sono d’accordo coi Crotoniati. Questa coincidenza non dev’essere casuale, ma fa presupporre una certa unione fra i due popoli.
  77. Il Sambon (Monn. de la Presq. ital., p. 325–29) le crede invece della seconda metà di questo secolo. Il Minervini suppone siano del 396 quando Dionigi invase la Magna Grecia [Bull. Arch. Nap., An. V, p. 48).
  78. Secondo il Garrucci (t. CVIII, n. 35, 36) accennano ad alleanza con Imera altre due monete di Crotone con la leggenda IA.
  79. Bouché-Leclerc, Hist. de la Divin. III, p. 210.
  80. Reinach, Traite d’Epigr. grecq., 76-77.
  81. Hersch und Gruber, Encycl. s. v. Astragaloi.
  82. Marchi, La stipe tributata alte divinità delle acque Apollinari, pag. 17.
  83. Curtius, St. gr., II, p. 531.
  84. Holm., I, p. 242.
  85. La storia ricorda il nome dello scultore Demofilo, maestro di Zeusi. L’Holm crede che questi sia lo stesso che Danofilo, ricordato da Plinio, XXXV, 61.
  86. Già vantavano un famoso atleta, a nome Ischyros (516 av. C, Imhoof-Blumer, Flügelgestalten, p. 24).
  87. Olymp., XII.
  88. Paus., VI, 4.
  89. Plat., De Leg., VII], Protag.
  90. Diod., V, 3.
  91. Diod., XIII, 4, 12.
  92. Iust., Hist., IV, 3. — Oros., II, 14, 4.
  93. Nella prima edizione di questo mio lavoro manifestai, ad arte, un mio dubbio sull’autenticità di questo tetradramma di Arolsen, salvo poi a modificare o no questa mia idea, dopo d’aver udito il parere di coloro che hanno potuto studiare l’originale di quella importante moneta. Il mio dubbio nasceva anzi tutto dalla capigliatura della Ninfa, poi dalla mano sinistra ed infine dal peso di gr. 17,47 che non è raggiunto quasi da nessun tetradramma d’Imera, anche dei meglio conservati. Avendo richiamato così l’attenzione dei dotti, ho potuto in tal modo constatare che l’esemplare in quistione è genuino. Quelli che mi hanno dato il loro autorevole parere sono il de Sallet e l’Imhoof-Blumer. Entrambi ne sostengono l’autenticità, ma quest’ultimo, pur ammettendo ciò, conviene meco nel ritenere che esso è il peggiore dei tre esemplari che si conoscono; ecco le sue parole: " .... Le poids de gr. 17,47 du tétr. d’Arolsen ne doit pas vous surprendre; au reste, l’exemplaire est authentique et frappé du même coin de revers que les deux autres exemplaires; son état de conservation est parfait, mais le dessin de la figure négligé ou maladroit...."
  94. Spicil. numism., pag. 27. Cfr. Revue numism., 1876-77, pag. 121.
  95. Imhoof-Blumer, Die Flügelgest., pag. 24.
  96. Gell., 3, 6, 2, 3. — Teophr., H. P1., 5, 7, 1. — Plin., 16, 81.
  97. Philargyrius ad Virg., Georg., II, 67.
  98. Paus., VIII, 48, 1.
  99. Paus., VI, 23, 4.
  100. V. Bötticher, Ueber dem Baumcult, der Hellen und Röm., pag. 413
  101. Müller, Monn. d’Alex., pag. 11, 344.
  102. Avverto che nella disposizione cronologica di questi primi tetradrammi non mi trovo d'accordo col sig. Seltmann (Zeitschr. für Numism., anno 1891 , pag. 165-182) , perchè crede che il tetradr. n. 64 sia più antico dell'altro n. 62 e 63.
  103. V. appendice n. 1.
  104. Il Sig. E. J. Seltmann comperò questo ripostiglio e ne pubblicò i tipi più importanti, fra cui un didramma inedito (Zeitschr. für Numism., anno 1891. pag. 165-182. V. appendice, n 2)
  105. Cfr. Grasberger, Erziehung und Unterr. im klassisch. Altert., III, pag. 261, 263. — Paus., Eliac., I, 5, 9. — Plut., Alex., c. 6.
  106. Numism. Zeitschr., taf. VII, n. 1.
  107. De Luynes, Choix, pi. XI, n. 2.
  108. C. J. G., n. 5747. Inscr. gr. Sic. et Ital., (falsae), n. 2.
  109. Raoul Rochette, Mém. de numismat., pag. 14. Non così opina l’Imhoof-Blumer (Num. Chron., 1892, p. 187) il quale riferisce l’epiteto σοτηρ alla Ninfa che sagrifica, dimostrando che la forma maschile di questo aggettivo trovasi riferito anche a nomi femminili (cfr. Aesch. Agam., 642, Kirchoff: τύχῃ δὲ σωτήρι; Soph. Oed. v. 81). Il Kinch in una sua nota dal titolo iaton [Zeitschr. für Numism. XIX, p. 135-143) che ho avuto occasione di leggere, in questi giorni, accetta l’opinione dell’Imhoof.
  110. Herod., IV, 91.
  111. Salinas, Le grondaie del tempio d’Imera.
  112. Raoul Rochette, Mém. de Numism., tab. II, n. 10.
  113. Sestini, Mus. Fontana, II, tav. III, f. 9.
  114. Ist. di corrisp. arch., anno 1862, pag. 15; Monum., vol. VI-VII, tav. LXIV.
  115. Raoul Rochette, Mém. de Numism., pl. III, 25.
  116. Imh. Blum., Monn. grecq., tab. A, n. 11.
  117. Imh. Blum., Die Flügelgestalten, pag. 24.
  118. Salinas, Monete delle auliche città di Sicilia, tav XVI e XVIII.
  119. Head, H. N., pag. 114, Cat. Br. Mus., pag. 41. - Gardner Sicil. Stud., pl. IV, n, 14. — Salinas, Op. cit., tav. XVIII.
  120. Imh. Blum., Berliner Blätter, LIII, n. 6. — Cat. Br. Mus., pagine 37, 38.
  121. Il nome di Sileno pare appartenga alla medesima radice dell’italico Selcimi, e significa acqua che scorre bollendo. (V. Preller, Gr. Myth., T. I., pag. 452. — Decharme, Mythol., pag. 443.
  122. Curtius, Plastik der Griechen, ecc., pag. 162.
  123. Cfr. le monete di Camarina.
  124. Numismatica di alcune monete imeresi, 1865.
  125. Diod., III, 61.
  126. Diod., XV, 16.
  127. Berlin. Blätt., LIII, pag. 46.
  128. Op. cit., pag. 243, nota.
  129. Curtius, Plastik der Hellenen an Quellen und Brunnen, p. 147. — Helbig, Bullett., 1865, pag. 234. — Ersch und Gruber, Encycl., s. v. Gorgo.
  130. Salinas, Mon. delle antiche città di Sicilia, tav. XVIII, n. 11 e 14.
  131. Holm, I, pag. 177. — Salinas, Op. cit., tav. XVI, n. 25.
  132. Imh. Bl., Monn. Grecq., pl. B, n. 5.
  133. Roscher., Anführlich. Lex., s. v. Himera (Drexler).
  134. Numism. Chron., 1890: Some new Artists’ signatures on Sicilian coins (Evans).
  135. L’Evans dice che questo tetradramma, eccettuato quello con la ruota (n. 68), dev’essere riguardato come la più antica emissione di monete imeresi nell’epoca di transizione. Ma se ci vogliamo affidare soltanto all’arte, dobbiamo ammettere come anteriori a questa emissione tutti i tetradrammi da noi collocati prima di questo.
  136. Gardner, Sicil. stud., pag. 31.
  137. L’esemplare del Löbbecke ha il rovescio dello stesso conio del n. 76 (Löbbecke).
  138. Salinas, Sul tipo dei tetradrammi di Segesta, pag. 10.
  139. Von Sallet, Die Künstlerinschriften auf Griechischen Münzen, pag. 49.
  140. Weil, Die Künstlerinschr. der sicilischen Münzen, taf. I, n. 14.
  141. C. I. G., 2855.
  142. C. I. G., 4437.
  143. L’Evans nell’esemplare del Musco di Parigi lesse sotto la Ninfa, nell’esergo HI (= hi); vedasi quanto egli ha scritto sul proposito (pag. 9-10).
  144. Salinas, Le monete delle ant. città di Sicilia, Tav. XI, n. 7-10.
  145. Gardner, The coins of Elis, Pl. XIV, n. 7, 8; XV, n. 4.
  146. Auctar., II, tab. III, 5, pag. 8.
  147. Numismat. di alcune monete imeresi, nelle Nuove mem. d. Ist. di corrisp. Archeol. in Lipsia, 1865.
  148. Reinganum Selinus und seine Gebiet, pag. 61 seg.
  149. Diod. XIII, 63; cfr. Holm, II, pag. 85.
  150. Evans, Op., cit., pag. 9, 10. Questa forma di aspirazione è propria delle monete di Taranto e di Eraclea. Cfr. Kirchhof, Studien zur Geschichte des griechischen Alphabets, 1887, pag. 146. — Larfeld, Griech. Epigr., nell’Handbuch di Iwan Müller, Band I, tav. generale.
  151. Gardner, Sicil. stud.
  152. Vedi pag. 76.
  153. Zur Münzkunde Grossgriechenlands, Siciliens, Kretas, ecc., nella Num. Zeitschr., 1886, pag. 205-286; questo lavoro è stato da me innanzi più volte citato.
  154. Diod. XIII, 73.
  155. Cic., Verr. I, 35.
  156. Diod. XIII, 79. — Scylacis, Periplus, 13.
  157. Garrucci, Monete dell’It. ant., tav. CIX, 36-39; tav. CX, I. – Carelli, tab. CLXXXIV.
  158. Lenormant, La Grande Grece, II, p. 222.
  159. Diod., XIV, 47.
  160. Diod., XIV, 56.
  161. Stratag., III, 4.
  162. Numism. Zeitschr., 1886, p. 248.
  163. Ihm. Bl. nella Numism. Zeitschr., 1886, p. 246.
  164. Diod., XIX, 71. — Agatocle la soggiogò nel 307 (Diod., XX, 56).
  165. Cic., Verr., Act. III.
  166. Oppidum in primis Siciliae clarum et ornatum (Verr., Act. II, L. II, c. 35).
  167. Plut., Pomp., 10. - Cic., Verr., loc. cit.
  168. Cic., Verr., II, 35.
  169. Head., H. N., p. 637-649.
  170. V. pag. 73, n. 117.
  171. Diod., XIII, 20; XIV, 9; XIV, 10, XIV, 47, ecc. — Scylacis, Periplus, 13.
  172. Fraccia, Preventiva sposizione di taluni monumenti egestani.