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16 ettore gabrici

meglio ad essere chiarito è la quistione del nome. Varie ipotesi sono state latte, però nessuna fu mai sostenuta e dimostrata, nè si ebbe tanti seguaci, come quella dell’Ugdulena. Questi, che considerava il territorio di Imera come sede di un’antichissima colonia fenicia, rivendicò, com’ei dice, a questa città una serie di monete con leggenda punica che egli col Gesenius1 legge per ia, “isola„. Ma, mentre questi le attribuisce a Siracusa e propriamente all’isola di Ortigia, e il De Luynes le considera come monete della Sicilia in genere2, egli interpreta quell’ia in altro modo. " Io non dubito, egli dice, che quella voce (ia) non sia qui un nome proprio, essendo frequentissimi in tutte le lingue gli esempi di nomi appellativi passati in propri: ed avviso che, dovendo il fenicio ia, non altrimenti che l’ebraico i e l’indiano dsib significare non solo le isole propriamente dette, ma eziando le coste del mare, ed in generale la terra abitabile, in quanto ella s’oppone ai fiumi ed al mare (vedi Gesenius, Thesaur. ling. hebr., p. 88) potè ben dai Fenici o Peni che primi si stanziarono in Sicilia, appellarsi Ia una città edificata su la costa del mare: siccome ancora in greco l’antico vocabolo αἶα, terra, derivato senza fallo dalla nostra voce fenicia pronunziata in modo da rendere più sensibile il primo elemento vocale, fu altresì il nome proprio della patria di Medea su le rive del Fasi o dell’isola abitata da Circe nel Mediterraneo„3. Questa è l’ipotesi dell’Ugdulena accolta con entusiasmo ai suoi tempi. E tanto più grande appariva questa scoverta a lui e ai suoi se-

  1. Gugl. Gesenius, Scripturae linguaeque phoeniciae monumenta quotquot supersunt, 1837.
  2. Bullett. arch. nap., I, p. 171, 1853.
  3. Op. c., p. 32-33.