Nunzia

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Prefazione Le nozze d'Arcangela

[p. 39 modifica]NUNZIA. [p. 41 modifica]Fumavano le carbonaie da tutte la parti della montagna, silenziose come se si fossero formate e accese da sè. Nel fitto dei faggi e giù giù nei ca- stagneti profondi, parlavano delle voci che pare- vano di gente lontana e forse era vicina: potevano essere boscaioli, ma se fossero stati carabinieri? Pellegro si fermò sulla vetta. Aveva tanto sudato per arrivarvi, si sentiva le gambe così stroncate, che una rifiutata bisognava darla. Tanto a star un pezzo li piuttosto che altrove, egli non ci perdeva; che già, quasi da due anni, andava girando senza meta e senza far nulla. Eppure la vita che si era messo a fare, aveva il suo lato bello. Libero e sco- nosciuto, con un po’ di denaro in tasca, se non fosse stata quella gran paura dei carabinieri che gli faceva veder lucerne e tracolle bianche a ogni passo, sarebbe stato allegro anche assai. Pagando poteva mangiare qua o là, bene o male, ogni giorno; per dormire, i fienili e i boschi erano aperti e grandi; e finiti i quattrini, la Provvidenza avrebbe pensato [p. 42 modifica]— 42 —

anche a lui. All’ultimo, piuttosto che essere man- dato alla catena, o alla morte con otto palle nel petto, non era meglio morir di fame sotto uno di quei cespugli, come una bestia ferita? Ma che di- sgrazia era stata la sua! A Novara, dopo la bat- taglia, il suo capitano lo aveva abbracciato, e gli aveva dettato in piemontese la relazione dei fatti della compagnia, nella giornata. Egli aveva scritto traducendo in italiano, parola per parola, delle frasi che fischiavano, tagliavano, suonavano come co- perchi di tombe lasciati cadere su morti eroi. «Com- battevano con gran cuore, cadevano, si avvolto- lavano nel fango, e morivano senza badarci». Così finiva la relazione. Al capitano il linguaggio italiano era parso men forte, meno soldatesco di quello parlato da lui; ma la relazione voleva esser fatta in lingua, e i superiori avrebbero capito lo stesso. Egli intanto, caporaletto da nulla, aveva avuto da quel valoroso e semplice uomo una forte stretta di mano. Ma il tenente, quel pelo rosso, quella faccia che neppur il vaiolo l’aveva voluta rodere tutta, quel bastardo di signore che gli si era sempre mostrato astioso chiamandolo volontario fiaccona, s'era ingelosito a morte. E pochi giorni di poi aveva saputo aggirarlo, minacciarlo, insultarlo con un articolo del regolamento di disciplina alla mano. Egli avrebbe avuto cuore di ucciderlo; ma gli era parso meglio un ceffone, e su quel grugno glie lo aveva dato. Poi si era mescolato nella confusione del campo; chi lo aveva visto si ricordasse di lui, che quanto a rivederlo avrebbe potuto averne voglia. [p. 43 modifica]Sn Egli si era buttato disertore e addio bersaglieri. Adesso andava pei monti.

Erano tanto belli quei monti! Ne vedeva tutto intorno, lontano, lontano, gli uni di là dagli altri, più in là, sempre più in là, sino a una sfumatura tranquilla d’azzurro che tirava il cuore. Doveva essere il mare. Bianche come file di tende, laggiù erano le Alpi? Da qual parte: bisognava volgersi per guardare verso la sua Romagna? In quell’ora nella sua cittadetta, la gente si dava attorno a la- vorare pensando forse a quei che erano fuori raminghi; in casa sua la sua mamma, apparec- chiando la mensa, forse piangeva. Per lei, avrebbe voluto non essersi mosso mai; il resto del mondo non gli veniva neppur in mente. Aveva gustato le solitudini lunghe dei boschi d’abeti, dove le piante cadute per vetustà, infracidivano non toc- cate dall’uomo. Eppoi, quel ramarro che dianzi gli aveva fatto avere un brivido, venendo a frullo tra le foglie, e si era fermato quasi ai suoi piedi, e lo guardava con gli occhietti vividi e confi- denti ma con un po’ di batticuore; non era più bello di tante cose belle del mondo? Su d’una foglia di castagno trescavano due coccinelle, di quelle che dalle sue parti chiamavano pecorelline della Madonna.

Forse passò pel cuore di Pellegro un desiderio d’amore. Poichè non poteva più tornare neppur nella sua terra senza essere carcerato per ribelle; come sarebbe stato dolce lo starsene sempre li, amare, lavorare, e dimenticare! Fantasticava una [p. 44 modifica]— a casetta, dei prati, delle mucche, una donna; poi i suoi pennelli, la sua tavolozza.

Alfine sentì la fame.

— E ora dove vado? A quella casa laggiù. Mi ha viso d'essere di buona gente. Guarda come la segala sente questo po’ di vento. Come si piega, e torna! E che bel prato intorno alla casa! Ma la neve vuol venir alta un bel po’ su queste vette! Che cosa faranno d’inverno? E se uno muore quando la neve ha chiusi i passi? Se lo terranno in casa o lo copriranno in qualche luogo lì vicino. To! Si è fatta sulla porta una donna. Senti che voce, bili, billi, billi.. guarda che corsa di galline! Adesso vado.

Prese il bastone e giù di cespuglio in cespuglio, reggendosi, spenzolandosi, sbucò dal bosco nel prato. Sentiva la donna che avendolo veduto par- lava tra sè, ma per la distanza non ne poteva co- gliere le parole.

— Eccone un altro! Sarà anche lui un disertore; — diceva la donna: — ha il far da soldato. Non ci si vive più quassù. Sempre gente da sfamare. La- sciami pigliare il corno.

Rientrò, ed uscì di nuovo con sotto il braccio un nicchio marino, continuando a dire:

— Un po’ di bene anche a quei Signori laggiù del comune! Chi le vuol pagare cinque lire per tenere un cane? Intanto le volpi mangiano le gal- line e i birbanti vengono quando vogliono....

Pellegro aveva camminato per un sentiero tra il prato e il campicello, e all’ultime parole della donna era lì. Essa alzò un poco il tono. [p. 45 modifica]cm.

— Buon giorno. Venga pur avanti, signor sol- dato.

Alla voce, pareva una fanciulla. Ma quella faccia, quel petto, quei fianchi..... Certo era la donna del padrone di casa. Che fosse nata in quei boschi? A vivere di castagne e d’acqua, poteva una crea- tura essere venuta su così bella, e durare così fresca tanti anni? Colei ne doveva avere una qua- rantina. Di belle quanto lei ne aveva viste molte, dacchè girava per quelle parti; ma a quella che li come stavano bene i riflessi di bronzo dei capelli biondi, e quegli occhi neri come more! Ah!... vi doveva essere stato un tempo di peccatori per quei monti: le donne come quella erano sangue di feudatari. Già non vi si vedeva altro che rovine di castelli!

— Venga pur avanti, non abbia paura di nulla; — tornò a dire la donna, perchè Pellegro si era fermato e pareva non osasse: — Che cosa vuole? — Nulla. Sono un povero forestiero, e se avete qualcosa, pagando, mangierei. Ma riponete pure co- desto arnese; non sono nè un lupo nè un ladro.

Quella voce e quella faccia erano oneste, e la donna sorrise. Che denti! Non parve nemmeno bugiarda, mentre si scusò dicendo che il corno non lo aveva mica preso per lui.

— Le darò delle castagne cotte appena. Se tar- dava un minuto, trovava porta di legno. Stavo per portar da desinare ai miei uomini che sono laggiù a fare il carbone. Anzi se vuol venire mangierà là: sono a due passi. [p. 46 modifica]Seta — Andiamo. Ma non chiudete? Volevo ben dire che vi fidaste tanto.

— Vedo che è galantuomo; ma tanto non vi sa- rebbe nulla da rubare.

— Come è scaltra! — pensò Pellegro, metten- dosi a camminare a canto a lei: — e come vi chia- mate?

— Anna, mi chiamo.

— E siete nata in questa casa?

— No. Ci venni sposa. Vede là? Là in quella foce di monti, quel coso bianco nell’abetina nera?

— Pare una vela di bastimento.

— È il mio campanile. Prima che ci sposassimo, il mio uomo ci veniva ogni sera a veglia, tre ore di cammino...

— Di quelle che fa il lupo? E ditemi una cosa, ci capitano mai i carabinieri quassù?

— Ci capitano sempre. Ma c’è da nascondersi. Uno, come non dà noia, è più sicuro quassù che in chiesa. Mio suocero che disertò ai tempi di Na- poleone, visse degli anni in questi boschi cercato dai gendarmi, ma non fu mai visto.

— E vive ancora?

— Se vive! Lavora quant'uno dei suoi figlioli, e ha settant'anni. Lo vedrà.

Entravano in un sentiero, nel fitto d’una giovane. macchia, scoppiata dalle ceppaie antiche d’un ca- stagneto, che quando era stato abbattuto, tutte le donne dei dintorni avevano respirato. Non v'erano più le piante secolari, e le streghe non vi veni- vano più. Ora almeno si poteva passare. [p. 47 modifica]= — Ma tant'è, quelle maledette qualcosa ci han

lasciato! — gridò Anna, tirandosi indietro in punta di piedi: — Si guardi, signor soldato. — Madonna che schifezza! — esclamò Pellegro

alzando il bastone: — ma che biscia è quella che ha le zampe nella testa? ,

Una biscia attorcigliata in sè, a un po’ di sole che passava tra le fronde, se ne stava accidiosa tenendo tra le fauci un rospo già a mezzo ingoiato, e guardava. Il rospo annaspava colle zampine an- teriori, spalancando a tratti la gola, e con gli occhi strabuzzati faceva un dolore strano. Pellegro con tre o quattro mazzate stroncò la biscia che si torse rabbiosa e morì. Il rospo raccolte le ultime forze, uscì da quelle fauci lento, lungo, assottigliato; si trascinò al pedone d’un cespuglio e stette a guar- dare, pieno di stupore, quei due che passarono oltre, senza far male a lui.

— Mi ha fatto stomaco! — disse Pellegro.

— Cose delle streghe, signor soldato: una volta portavano disgrazia...

— Direte per ridere!

— Intanto badi ai piedi.

E tirarono via senza dir altro, sino a una ra- dura tutta luce e legna stagliata a cataste. In mezzo

| vera uno spiazzo dove lavoravano tre uomini sca- miciati.

— Eccoli là; — disse Anna — quello che fa le zolle.è mio marito, mio cognato le porta, il vecchio le mette al posto.

Erano tre persone gagliarde, ma quel vecchio [p. 48 modifica]ART

grigio, segaligno, ritto come un cero, nei suoi verdi anni doveva essere stato qualcosa di bello. Lavo- ravano silenziosi a fare la carbonaia; l’avevano già ricoperta di terra su su quasi tutta; se ne ve- devano appena le ultime grillande di legna avvolte a formar la vetta; e adesso stavano rifasciando di piote anche questa.

— Oh! ecco la profenda: — disse il vecchio che vide di sottocchio la nuora col forestiero. — E voi chi siete?

— È un povero disertore, — disse Anna accostan- dosi allo suocero: — perchè - gli date del voi? Un soldato potrebbe essere il figlio d’un barone...

— Lasciate, lasciate, Anna: — entrò a dire Pel- legro: — ilvoi fa comodo. Si, sono un disertore.

— Come? Sa già che si chiama Anna? — mu- gulò il marito della donna.

— Sento che foste disertore anche voi: brutta vita nevvero ? — soggiunse Pellegro.

— Io? — rispose aspro il vecchio: — io disertai e feci bene, e allora era allora e non volli servir Napo- leone; ma adesso, voi siete disertore del nostro re.

— Avete ragione. Ma se sapeste la mia storia...

— Già, già; tutti avete la vostra storia: da due anni non si sente altro. Ce la racconterete. Adesso, se volete mangiare con noi, animo. Andiamo, fi glioli, che se ci riesce voglio che diamo fuoco alla carbonaia prima delle ventiquattro.

Mentre che andavano tutti e cinque a mettersi sotto uno dei castagni lasciati ritti, il marito d’Anna le disse sottovoce: [p. 49 modifica]Cia

— È capitato da un pezzo costui?

— Proprio mentre uscivo per venir qui,

— Dicevo, perchè sa già il tuo nome.

Pellegro avvezzo a star tutt’orecchi capi; e pen- sando che tutto il mondo è paese, e che di quella donna c’era invero da esser geloso, sedè con loro e cominciò a mangiare. Aveva una gran fame; ma dopo i primi bocconi si volse al vecchio e gli disse:

— Dunque nel tempo che quel bosco là era in piedi, ci venivano proprio le streghe?

— Tanto che non furono abbattuti i castagni vi stettero di casa. Ma poi fu lo stesso, e ce n’è an- cora pertutto... Cosa ridete?

— Ma io non ci credo mica alle streghe.

— E al diavolo?

— Poco anche a lui.

— Chi non crede al diavolo crede poco anche a Dio...

— Ma le streghe bisognerebbe vederle.

— Bisognerebbe? E non le vidi, io, che nella mia gioventù ne ammazzai tre?

— Sarà un modo di dire..... Eravate un bell’uo- mo, dovevate piacere alle ragazze; saranno state anche più di tre... »

— Vi dico che ammazzai tre streghe! — disse il vecchio facendo fiera la voce.

Pellegro lo guardò, per dirgli che non lo pigliasse così a canzonare, che non era un grullo: ma co- nobbe all’occhio che aveva detto di fede. Stupe- fatto non osò neppur chiedergli che narrasse come.

Arpa. — Cose vedute. 4 [p. 50 modifica]— so —

Ma il vecchio che era entrato nel suo discorso pre- diletto, seguitò:

— Sicuro! Erano tre. Gli anni che battevo i bo- schi, come adesso voi, o l’una, o l’altra, o tutte e tre me le trovavo a ogni poco tra i piedi. Mi da- vano da pensare più chei gendarmi. Di quei fran- cesi là me ne infischiava: quattro passi di vantaggio, e potevano correre; io volavo. Ma le streghe! Ve n’era una che lecompagnela chiamavano Catarinella. Compariva sempre in forma di pecora lei. Biso- gnava veder che lana, e sentire che belo! Una notte mi passò dinanzi, le tirai una schioppettata, credevo d’averla mandata in fumo. Bah! Essa belava lon- tano già cento passi. « O compare; o comare! » Da tutte le parti si chiamavano coi diavoli e schi- gnazzavano: una paura come quella notte non l’ebbi mai. Un’altra notte andavo da un amico; e avevo un cane volpino che per la malizia e pel fiuto era un diavolo anche lui. Sentiva i gendarmi a un mi- glio. Ecco che a un crocicchio mi si caccia tra i piedi. Non guaisce, dunque non sono i gendarmi, pensai. Tira via, Napoleone, va avanti. — Napoleone ob- bedi, andò un tratto: poi to! eccolo lì ancora, tra i piedi. Lo tocco; tremava come una foglia. Gli dò un calcio, lo mando, gli è inutile. Allora mi fermai. Altro che gendarmi! Dal fondo della valle, veniva in su una furia di cani. Scagnavano, schiat- tivano, e i cacciatori con delle voci che parevano fischi, li aizzavano alle poste, li chiamavano con dei nomi dell’anticristo. Eppure è mezzanotte, di- cevo tra me, chi può cacciare a quest'ora? Vedevo [p. 51 modifica]— st —

come dei lampi qua e là sulle vette, e nei lampi degli uomini grandi, con dei grandi schioppi, con dei carnieri grandi. Volavano. Tutto passò come un uragano dinanzi a me. E vi erano quelle tre maledette, e Catarinella belò sette volte, e le altre due gridavano: Buona caccia! — Allora capii che era la caccia del diavolo; quella che fanno per dan- nazione quei cacciatori che, al mondo, perdevano la messa le domeniche, o le altre feste comandate, per andare alla lepre. Ah! voi, tornate a ridere? Bisognerebbe che vi ci foste trovato voi, mentre che passata la caccia, mi sentii sulle spalle le zampe della pecora che ritta su quelle di dietro, fiutava nella mia nuca. « Catarinella dove vai? » — grida- vano le altre due, una per parte — « Vado a ca- vallo » rispondeva quella che avevo adosso... Non morii, perchè pregavo e Dio non volle... ma ne ho visti dei più fieri di voi che, dagli spaventi presi, morirono giovani come steli d’aglio...

— Via, non vi turbate, che io non rido per of- fendervi. — Raccontate così bene che par di vedere: vi credo, vi credo — disse Pellegro cominciando a pigliar diletto in quella testa strana.

— Del resto — proseguiva il vecchio gia infal- conito un poco: — se starete qui, vi farò toccar con mano.

— Ci avrò piacere: Ma per poco, che la mia idea è d’andarmene in America. Ì

— L’America? Per noi è la via dell’orto. Vi ca- pita alle volte un vicino, credete che venga a darvi la buona sera. Che! invece viene a dirvi addio. — [p. 52 modifica]Dove vai? — Ma... sin li, a Montevideo. E va. Se volete, troverete presto compagnia.

— - Ma per imbarcarsi ci vorrà il passaporto.

— Passano porti e mari i nostri senza tante carte. Di qui in tre salti si è in Provenza, a Marsiglia; e quei capitani là portano via magari il diavolo...

In quel momento, pel sentiero che veniva dalle fondure, spuntavano una dopo l’altra parecchie mucche, piccine, spigliate, di mantello biondo, di corna corte, con certe testine allegre; e dietro di esse una giovinetta alta, slanciata, bionda come una spica. Se ne veniva via, via, scalza, facendo la ma- glia. Il caldo, il verde, il silenzio da cui usciva quella fresca figura di giovane, fecero a Pellegro un senso di pace infinita. Essere già in America con una donna come lei, oppure star lì tutta la vita in quei boschi.

Il vecchio credè che guardasse le mucche e disse con piacere:

— E di bestie come queste che qui, ne avete ne’ vostri paesi?

— No. Da noi sono più grosse, più tozze, bian- castre, con delle corna larghe e lunghe così...

— Zitto...! Adesso vi dico di che paese siete. Ho capito: voi siete italiano.

— Oh! e voi non siete italiano?

— Ci chiamavano così sotto Napoleone, in Spagna, in Prussia; ma, volevo dire... voi siete romagnolo.

— Romagnolo, quasi.

— È vero. Che buoi, che buoi, figlioli, da quelle [p. 53 modifica]-=-93 = parti. Han delle corna che vi starebbero su de? pagliai. E che terre, che campi! A vista d’occhio, tutto come il palmo della mano, uguale, verde, con degli alberi grandi, delle viti grandi... Grano e vino, grano e vino da morirne; nevvero, voi? Dio dà proprio a chi gli piace.

Pellegro si sentì le lacrime venir su dal cuore. Udir quelle cose del suo paese, dette li ne’ boschi, tra monti tanto lontani, e non poterci più tornare! Guardava il vecchio negli occhi scintillanti di pia- cere; e appena gli si snodò la lingua per potergli chiedere quando, come fosse stato in Romagna.

— Del nove! — rispose il vecchio — Vi pas- sammo coi coscritti di Napoleone. Ci mandavano a Taranto nei dragoni. Sapete dov'è Taranto? Lag- giù, più in giù dei vostri paesi, e poi vi è il mare. L’ho fatta tutta a piede. Nei vostri paesi la gente vi voleva bene; ci avrebbero messa la casa in capo. Solo in un luogo fui trattato male. Per uno di noi che fece una carezza a certa ragazza, e io vo- levo difenderlo, mi fu tirata una coltellata...

— Naturale!

— Giuramento! Si ammazza un cristiano per nulla da voi? Eravamo in una città di mare; vi facevano la fiera, una fiera...

— Sinigaglia...

— Bravo! Sinigaglia...

— La mia città.

— La vostra? — disse il vecchio, mettendosi sulla vita, e guardando fiero Pellegro. — Per Dio! che mi vien voglia di tagliarvi il collo! Ma... sono [p. 54 modifica]=p= cose di quaranta e più anni, e voi non c’ eravate ancora. Però avete del coraggio. Qua la mano.

— La mano e il cuore. Mi par d’essere a casa mia. Anzi, prima d’andare in America voglio fer- marmi un pezzo qui per aspettar danaro. Mi vo- lete?...

— Ma si? — disse Anna che già si era spaurita,

e adesso si rassicurava: — perchè non vi dobbiam volere...?

— Se vi contentate! — aggiunse il marito di lei: — dico bene babbo?

— Sicuro | — rispose il vecchio.

— Io lavorerò con voi, imparerò a fare il car- bone. Oramai mi sono messo a una sorte che potrei anche aver bisogno di viver a pan sudato...

Pellegro aveva parlato commosso dalla. pronta pietà di Anna, che, come fan tutte le donne, si mostrava dolce al forestiero. Ma gli pareva d’aver dentro il birbante, perchè proprio il pensiero di farsi pigliare in casa da quella povera gente, gli era venuto sull’altro d’andare in America, nel mo- mento che quella bella fanciulla era spuntata dal bosco. E il marito di Anna che poco prima si era annuvolato per chi sa qual morso di gelosia, eccolo adesso li contento anche lui! Che quella ragazza non fosse sua? Lo volle sapere.

— Dunque le mucche son vostre; ma la pastora, è vostra figlia?

— È di mia moglie — rispose ridendo l’uomo cui egli si era volto.

— Si vede — soggiunse Pellegro. — La ragazza [p. 55 modifica]gore era lì. Che sangue felice in quelle carni del viso che le si accese un poco, forse per la sciocca ri- sposta del padre! Quei piedi nudi non glieli ave- vano potuti guastare nè i macereti ne gli spini delle piaggiate, dove stava tutto il giorno. Delle statue che parevano lei, egli ne aveva vedute tante Ora sì, se avesse avuto i suoi pennelli!

— Nunzia, sono satolle e puoi menarle nella stalla codeste muccherelle; — disse il vecchio: — e voi Anna andate a preparare un po’ di cena, che qui l’amico non si contenterà di due ca- stagne. Dalle sue parti dànno al forestiero pane, vino, carne...

— Oh! per me — fece Pellegro, un poco im- pacciato.

Le due donne si mossero dietro le mucche in- telligenti; e il giovane rimase a guardarle finchè furono entrate nel bosco. Allora si alzò allegro.

— Ora a me la marra! Vedrete che zolle.

Risero quei tre che parevano in gloria. Biso- gnava proprio che non avesse. mai visto marra, uno che la maneggiava in modo da darsela nelle gambe a ogni colpo, e guastava la terra! Eppure di zolle ne faceva, grosse e belle anche assai] Così tra celiando e lavorando a buono, impatticcia- rono e ricopersero di terra la vetta della carbo- naia; poi mandarono giù della legna quanta ne bisognò nella bocca per dar l’imboccata, e truc- cioli e stipa e foglie secche. « Adesso al fuoco! — disse il vecchio; e cavato l’acciarino, la pietra focaia, l’esca, il fosforo, batti ribatti, sagratava che [p. 56 modifica]= $6=

non gli riusciva che l’esca pigliasse. Ma Pellegro aveva già bell’e acceso un zolfanello.

-— Via, via! — gridò il vecchio dandogli una manata — via che io non ne voglio di codeste diavolerie, vado all’antica io! Mi parrebbe di ma- ledire la carbonaia e sino i boschil Ecco che ho bell’e fatto co” miei arnesi.

In un momento ebbe dato il fuoco da capo in giù; e continuava:

— Ecco. Ora comincia a bruciare: domani a quest'ora si passa, si trova che ha avvallato qua e là, e allora si rimbocca con altra legna. Così per due o tre volte. Come è vicino a esser cotta butta il fumo bianco; dopo, questo viene turchino, e allora la legna e bell’e incarbonita. Avete capito voi che volete imparare?

Così dicendo, il vecchio segnò la carbonaia fa- cendo col dito una croce sull’impatticciato, e di- scese allegrissimo.

— Allegri tutti! — continuò a dire: — Mi pare che abbiam fatto assai. A casa, figlioli; tanto la- vora, lavora, si muor lo stesso. Poi c’è da rigo- vernar la stalla, che domani è festa e vogliamo condur l’amico alla Badia.

Presero le marre, i roncoli, le scuri e si avvia- rono che parevano gente felice. Pellegro andava con essi, pensando ch’ esser montanari e viver semplici a quel modo, era ancora la meglio cosa del mondo. Intanto aveva sempre dinanzi agli occhi quella bella fanciulla. [p. 57 modifica]= pa

Ma nel bosco che era stato delle streghe, il vecchio tornò pronto sui suoi racconti.

— Ecco. Questo sentiero, bisognava passarvi quando dai lati aveva delle piante che manco in quattro le potevamo cingere, con le braccia a ca- tena. Certi tronchi dovevano passare i mille anni! avevano addosso tanta borraccina che parevano orsi: alcuni spaccati e vuoti parevano tane. Ebbene, proprio qui, la notte del venerdì santo, saran qua- rant'anni, mi vidi tra piedi Catarinella. Io tornava dalla processione di Savona.

Pellegro si annoiava, ma faceva le viste di star a sentire.

— Era in forma di pecora anche quella volta. « E le hai vedute le statue dei misteri? E l’ hai mangiata la torta pasqualina. E i malefiziati? Ce n'erano di quelli che furono stregati da me; e quelli non li libera barba di aspersorio. Un altr’anno a te ». E mi impediva il passo, e mi canzonava, e la aiutavano le altre sue compagne. Io sudavo, pregavo, era niente. Ah! dicevo tra me, se mi veniste a tiro lassù a casa! Ce l’avrei il negozio da servirvi!

Avete a sapere che già da un mese avevo un sacchettino di quadrettoni di piombo, tenuti per una settimana intera nell’acqua santa dal nostro parroco d’allora, proprio per quelle maledette.

Arrivai a casa; non avevo quasi cuore di chi- narmi a cercar la chiave sotto l’uscio; feci alla meglio, apersi, mi cacciai dentro di fianco, e diedi in fretta la stanga. Tremavo che mi entrassero in casa. Volevo mettermi a letto; ma to! Eccotele li [p. 58 modifica]tia

sull’aia tutte e tre. Mi chiamavano a nome. « Biaginol o Biagino!» Mi dicevano delle sconcezze che mi facevano vergogna, mandavano delle voci che pa- reva morissero d’amore per me; ed io avevo la moglie in letto. Fortuna che dormiva. Che feci? Misi nello schioppo quella manata di piombo del- l’acquasanta, mi raccomandai l’anima, mi affacciai pian piano, le vidi nell’ aia a dieci passi, tutte e tre. Ma adesso eran donne! Ballavano la giga, buttavano le gambe lanciando le gonnelle, facevano le ruote, intrecci, con un chiaro di luna che pareva mezzodì. Eppure era nuvolo. Tremavo. Ma un momento che mi vennero tutte e tre nella mira, tirai. Non ho mai udito un rimbombo di schiop- pettata così grande! pareva che tutti questi monti venissero giù uno addosso all’altro. Nell’aia silenzio; e le tre streghe giacevano a terra in fila. Lo cre- dereste? Ebbi il coraggio d’andar a vedere. Feci come il lampo; eppure non trovai più nulla. Non c’era neppure una goccia di sangue. Dicono che le streghe non ne hanno. Sia come si sia, non le ho rivedute mai più: ma per memoria piantai nel- l’aia tre croci; eccole. Avranno quarant'anni, e ne sole nè pioggia le han rifinite.

Proprio mentre il vecchio diceva così, mettevano il piede nell’aia.

— Sono cose tremende! — sbadigliò Pellegro, vedendosi negli occhi gli occhi di Biagio sgranati, interroganti. — Disse così per dire. Sulla porta vi era Nunzia, calzata, con al collo il fazzoletto della festa, e guardava lui. [p. 59 modifica]gie

— Dove sono le cose tremende! — gridò dalla finestra una voce piena e contenta.

Pellegro diè un guizzo, senza guardare in su, e balzò nella porta vicino a Nunzia che gli bisbigliò: Non abbia paura, è il signor curato.

— O don Teobaldo! — esclamò Biagino; — mi ha fatto quasi paura! Quest’ anno l’ abbiamo aspettato un bel pezzo!

— La benedizione arriva sempre in tempo, e una piglia l’altra; — rispondeva il prete dalla fi- nestra.

— Passa tutti gli anni a benedire; — seguitava Nunzia a Pellegro che era lì, non ancora ben ri- fatto dalla paura che quel vocione fosse stato d’un carabiniere. — Ed egli a lei:

— Ah! per questo vi siete vestita così, quasi dalle feste?

Nunzia chinò il capo e non disse nè si, nè no.

— Vediamo dunque le cose tremende! — disse don Teobaldo discendendo nella cucina, seguito dal sagrestano e da Anna: — siamo qui a posta

per scongiurarle. Oh! questo giovanotto non è mica della famiglia?

— No, sono di passaggio; — disse Pellegro — le cose tremende le raccontava Biagio.

E Biagio, come se ci pigliasse un gran diletto, si rimetteva al racconto dianzi finito appena.

— Sciocco, sciocco; — esclamava a ogni poco il prete; ma a un certo segno non ne potè più, e gridò addirittura: Bestia!

— Come bestia? Lo sapeva persino il parroco [p. 60 modifica]cao

vecchio, buon anima sua; che mi aiutò lui, mi diede il piombo benedetto...

— Bestia anche luil Guardatevi dai vivi, non dalle streghe! — disse don Teobaldo dando una occhiata a Pellegro: — e voi, qualcuno mi tiri fuori la giumenta, che non voglio farmi pigliare dalla notte a sentir scioccherie quassù!

Mentre che Anna metteva nella cesta del sagre- stano due dozzine d’ uova, la bestia fu menata li. Nessuno aveva più aperto bocca. Don Teobaldo si fece reggere, strisciando col petto e col ventre su per le barde, sinchè si potè mettere in sella. Il sagrestano con la cesta in ispalla s'era già avviato.

— Buona sera a tutti, e a rivederci a un al- tr’anno, se sarem vivi.

— Ah! don Teobaldo, mi lascia un gran di- spiacere! — disse Biagio tendendo le braccia al prete.

Gli altri rispondevano tutti la buona sera sber- rettandosi, e il prete a cavallo spariva tra i faggi.

— Tempi disgraziati, — seguitava Biagio quasi parlando tra sè; — neppur più i preti credono a nulla!

— Per carità non parli — bisbigliò Nunzia a Pellegro; — il mio nonno è in collera e guail

— Giàl Bestia io, bestia il parroco vecchio, bestie tutti; e quelle tre streghe le ammazzò lui, don Teobaldo! Quando si dice i preti... — E par- lando, Biagio guardava Pellegro di traverso. Si ve- deva che avrebbe voluto un appicco per litigare. Ma il giovane non lo dava; anzi, fattosi avanti,

A [p. 61 modifica]‘(Gp

diceva che, essendo omai sera, se ne voleva an- dare pe’ fatti suoi.

— Come pei fatti vostri? — gridò il vecchio infalconito: — avevate detto di volervi fermare con noi!

A Nunzia tremava il cuore.

— Ebbene, e io resterò: — disse risoluto Pel- legro.

— E parleremo insieme — soggiunse Biagio:

— ora è pronta la cena?

Diceva così, perchè appunto si sentiva la pentola che Anna levava dal fuoco. Una fragranza di mi- nestra, condita con rosmarino ed aglio, si diffon- deva per la cucina: Nunzia, lesta come una ron- dine, porgeva le scodelle alla madre che col cuc- chiaione dava dentro e riempiva. Uno qua, uno la, chi su d’un sasso chi su d’un toppo, si posero di fuori a mangiare; cercavano di dire delle fa- cezie, facevano i conti sul cammino di don Teo- baldo; Pellegro e Nunzia mangiavano con certa soggezione l’uno dell’altro. Ma Biagio taceva; guardava torvo or di qua or di là; mangiava di malavoglia.

Intanto le galline si avvicinavano venendo alla sfilata; il gallo rondeggiava austero, quasi con- tandole, mentre che si imbucavano nel pollaio; su nelle faggete cominciavano i gufi a chiamarsi; e da una foce di monte là sopra, si affacciava una lunaccia, che pareva bolsa.

— Chi dormirà nel fienile? — chiese il vecchio a un tratto, volgendosi ai figlioli. [p. 62 modifica]pes

— Nel fienile io — disse Pellegro; — se no, ve lo canto schietto, me ne vado.

— Veramente ci si sta meglio che nel letto. Bene: ci dormirete voi. Ma prima, mentre i miei figli danno un'occhiata alla stalla, dovete venir con me. Voglio farvi vedere una cosa.

— Andiamo pure.

— Nonno, vengo anch’io? — osò dire Nunzia.

— Non son cose da donne!

Così dicendo aspro, il vecchio si avviò, e Pel- legro dietro di lui, su pel sentiero che menava a un varco, di dove gli occhi del giovane si ficca- rono giù in un borro profondo, dal quale pareva montasse il silenzio e la notte.

— Laggiù — disse Biagio — c’è un luogo dove dopo l’avemaria non passò mai ghigna d’ uomo. Tempi antichi, vi portavano i morti, quelli che non credevano come voi. Li portavano quattro battuti incappati; li buttavano giù e fuggivano per non farsi pigliare dai corvi che si levavano a nu- voli. L'indomani non si trovava più nulla, nè corvi, nè morto, nè cassa; il diavolo nella notte portava via ogni cosa. Voi che non credete, ve la senti- reste d’andar laggiù?

— Ma ci vado subito!

— Giuramento! — bestemmiò Biagio.

— E quando sarò laggiù griderò al diavolo, lo chiamerò; mi sentirete. Per dove si va?

— Per quel sentiero. Lontano un mezzo tiro di schioppo, troverete tre rocce che sembrano case, un laghetto in mezzo, una palancola alta che par

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fatta d’ossa di morti. Badate bene che se vi capita male io non vengo.

— Restate pure.

Pellegro si mise giù nel sentiero e spari. Il vec- chio sedè su d’una ceppaia di faggio morto, ma- ravigliato dell'animo di quel giovane; e guardava con certo ribrezzo le fosforescenze d’altre ceppaie marcide là intorno. Quasi gli rincresceva d’aver messo il forestiero a quel cimento. Ascoltava il passo di lui già profondo; voleva chiamarlo che se ne tornasse indietro; ma dalla stizza tenne duro, e piuttosto si mise a pregare per lui. Adesso ci doveva essere.

— O Biagino, ci sono! — gridò dal basso il giovane: — le tre rocce, il lago, la palancola, un luogo di paradiso. State a sentire. O diavolo, se ci sei, vieni avanti, fatti vedere!

Biagio senti un fruscio dietro, diè un guizzo, si volse; il diavolo? No, era Nunzia.

— Che vuoi tu qui! -— urlò feroce, levandosi. — Nulla nonno; temevo che vi capitasse di- sgrazia.

— Sentilo quel disertore!

— Dunque, Biagino — seguitava Pellegro laggiù: — il diavolo non c’è. Volete venire?

— Giuramentaccio falso, ci vado! — disse Biagio quasi fuor di sè: e presa la nipote per la mano, rabbioso e mortificato, se la trascinò dietro ringhiando: E neppur tu hai paura?

Giunsero che Pellegro si balloccava com@ un fanciullo a rimestar la rena del fondo di quel-

A [p. 64 modifica]alba =

l’acqua cheta tra le rocce, attraversata dall’ ombra della palancola che biancheggiava in alto, tutta nel chiaror della luna.

— Dunque non c’è proprio nulla? — disse il vecchio dimesso e sgomento, cacciando gli occhi nel- l’ombre: — O voi avete qualche reliquia, qualche cosa benedetta, il libro del comando in tasca?

— Io non ho nulla. Su, chiamatelo anche voi il diavolo.

No, no; torniamo — rispose Biagio tremando; — torniamo. Il mondo è cambiato.

— Stiamo qui un altro poco; è così bello questo luogo. Non ci venite mai Nunzia?

— Andiamo, andiamo; — incalzò Biagio: ed egli avanti, poi Nunzia, poi Pellegro risalivano silenziosi. Quando furono in cima, il vecchio si volse a guardare in giù tanto sbigottito, che neppur s’'accorse del braccio con cui il giovane cingeva la vita di Nunzia. S’ affrettava a discendere verso la casa come pauroso di qualcuno che lo inse- guisse; pensava che come quel giovane non ve n’era uno in tutti i dintorni; peccato che non fosse stato al mondo nei tempi di Napoleone.

Sulla porta non trovarono che Anna. Rifatta la stalla e chiusala bene per via di quel forestiero, il marito di lei e il cognato, se m’erano andati a dormire.

Biagio menò Pellegro nel fienile.

— Se avrete bisogno chiamerete. Per di qua po- trete scivolar via, se per caso capitassero i cara- binieri: intanto copritevi bene di fieno, così.

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L’aiutò ad imbucarsi, e poi taciturno se ne andò in casa con le due donne, che non osarono aprir bocca.

Di quell’umore Biagio non s’era mai sentito. Avrebbe voluto prendere la via per camminare, non fermarsi mai più, Si affacciò alla finestra, guardò nell’aia: allora, quarant'anni addietro, le tre streghe, proprio come donne vere, erano li, a tiro. Gli pa- reva di rivederle, e fece l’atto di pigliar la mira. « Ubbriaco non ero quella notte, no. E tutti mi credettero...;, non come adesso che sin don Teo- baldo... Basta! Mi piace lui: Dice bestia anche al parroco vecchio! Ma se il Signore ha cambiato il mondo, cosa ve li lascia a fare i poveri diavoli come me? » Così tra sè, parlando e pensando, si lasciò andare di malavoglia, bell’e vestito, sul letto. Oh! se avesse potuto addormentarsi! Ma di sotto il guanciale di paglia sentiva levarsi, farsi grossi, dei rumori strani; rumori come d’una fiumana piena che passasse rombando sotto le fondamenta della casa; gli pareva di tener l’orecchio a una buca che desse nell’eternità. Chiudeva gli occhi, per non veder nemmeno le tenebre della stanzuccia; e invece ve- deva dei bagliori, delle lucciole come lune, dei ser- penti di fuoco verdi, azzurri, rossi. Si provò a pregare e gli parve di riposarsi, di prender sonno nel dire il rosario. Si era sempre addormentato alle prime avemarie; ma adesso aveva già detto due terze parti della coroncina, e si sentiva più desto che mai. Quei suoi figli, quella sua nuora, beati! essi dormivano, russavano. Nunzia? Quella, già,

ABÒÙa. — Cose vedute. 5

»* [p. 66 modifica]— 66 —

era l'innocenza in persona, e non si sentiva nep- pure il suo respiro.

A un tratto udì una mucca muggire sommes- samente. Gli parve una voce d’amico che gli ve- nisse in aiuto. Alzò la testa. Il muggito della mucca tornò più sommesso ancora, quasi carezzevole. « È la pomina, — disse — cos'ha? Oh! non ci avevo pensato! Che quell’amico, cheto, cheto, ci rubi le mucche?» Ne avrebbe avuto quasi piacere. Co- glierlo sul fatto, fare una barufta con lui, agguan- tarlo, legarlo, tutto da sè; e l’indomani trascinarlo per ladro ai carabinieri, lui che non aveva paura neppur del diavolo. « Animo Biagio! »

Zitto zitto si alzò, discese in punta di piedi, pas- sando in cucina prese tastoni la prima roncola che gli capitò sotto mano. Poche ore prima aveva chiuso lui, aveva messo il nottolino all’uscio, ma neppure si avvide di trovar questo appena acco- stato: girò la casa col cuore grosso, col pugno pronto, lì per gridare « Ci sei! » Senonchè la stalia era chiusa. Cos’era? Un’ombra di gonna bianca scantonava dalla parte del fienile... « Ah! disse Biagio, e non ci sono streghe? Soldato, soldato!

— Chi è? — gridò Pellegro, come uno che si desti improvviso.

— Nessuno, nessuno, son io, non vi movete, vengo da voi.

Biagio entrò nel fienile, si allungò vicino a Pel legro, e gli disse parlando basso basso :

— L'avete veduta?

— Che cosa? [p. 67 modifica]==

— Non l’avete veduta la strega? È uscita di qui come un lampo.

— Baie, baie, Biagio.

— Baie, baie, lui! Via, finiamola. Ditemelo, che tanto l’ho capito lo stesso: Voi avete qualche se- greto, insegnatemelo, cosa vi costa? Volete che io viva così, con settant'anni suonati, come se avessi addosso tutti i peccati mortali? Mi avete detto che streghe non ve ne furono mai, e allora cos’erano quelle tre che ammazzai, cos'è quella che ho vista qui... quella che era con voi...?

— Ma Biagio!..... Se mi avessero detto che al mondo c’è ancora un uomo come voi. gli avrei pre- gati d’andarla dar a intendere ai grulli.

— Un uomo come me, che non ha mai perduto una messa, che ha digiunato le vigilie, le tempora, la quaresima, sempre tranquillo nell’anima! Dunque sono uno sciocco? Ebbene chiamate il diavolo che mi porti via, o ditemi quel secreto, insegnatemi come si fa, fate ricomparir quella strega...

— Ve lo dirò domani.

— Bene, — disse Biagio levandosi — me lo di- rete, perchè altrimenti, qualcuno...

Pellegro, a quel po” di luce che già si faceva, gli vide in pugno la roncola e credè d’indovinare un sospetto del vecchio. Si alzò, lo segui, e uscito nel- l’aria purissima del primo mattino, senti allargarsi dal cuore qualcosa, un desiderio con cui gli parve d’invadere tutti quei boschi, tutti quei monti, le lontananze tutte del cielo. Nulla mai gli era pas- sato così dolce nell'animo come quella voglia: [p. 68 modifica]=

— ila > raggiunse il vecchio, gli si mise davanti e disse franco:

— Sentite, Biagio: se vi siete armato per am- mazzare, tirate a me; ma vi giuro che Nunzia ed io siamo stati qui a parlarci come fratello e sorella.

— Nunzia! — urlò il vecchio; — ma per la croce è proprio detto che io deva morir disperato! Giu- rate che era Nunzia...!

— Era Nunzia. E ora che lo sapete, finitela di fantasticar colle streghe. Non ve lo ha detto anche il prete? Avreste fatto meglio a dargli retta quando vi disse di badare a temer dei vivi. Ma io ve lo giuro, non le ho nemmen stretta la mano a Nunzia...

— Era Nunzia!... — mormorava il vecchio: dunque erano tre donne; quelle d’allora erano tre donne! — E si abbandonava a sedere in terra col capo tra le mani.

— Ma via, Biagio, tornate bambino ora?...

— Andate, lasciatemi qui, so io quel che dico! Andate giuramento falso!

Quando bestemmiava così, il vecchio diventava terribile; e guai chi parlava. Ma Pellegro non disse altro anche perchè, dal canto della casa, Nunzia gli accennava di star zitto e d’andare a lei. Egli fece quei pochi passi, temendo di far nascere qual- che gran guaio; essa, come l’ebbe vicino, gli si abbandonò, dicendo disperata: Perchè m'ha tradita?

— Non t'ho tradita, non temere... ci son io quil... e se mai, l’America è grande, verrai con me.

— Fuggi, i carabinieri! — disse Nunzia tra i denti, [p. 69 modifica]= ga

come se un guizzo di fulmine le avesse dato negli occhi.

Pellegro ebbe appena il tempo di dare un’oc- chiata in su. Discendevano due carabinieri con le lucerne di traverso, con gli schioppi a tracolla; pa- revano diviati a lui.

— Quel prete di ieri è una spia! — ringhiò Pel- legro; e tirata Nunzia in casa, le prese la testa, la baciò sulla bocca, le disse, oggi, domani, sem- pre, ti aspetterò al laghetto delle tre rocce. — Poi dalla finestra scivolò giù, lasciando la casa tra sè e i carabinieri; siimbucò nelle fagiolaie, uscì oltre nei prati, penetrò nel bosco; neanche un cane da lepre lo avrebbe giunto.

Nunzia restò che pareva non aver più senso di nulla; e i carabinieri entrarono come in casa loro.

— C'è un po’ d’acqua da bere, e fuoco per ac- cender la pipa?

— Padroni, pensino un pò; — rispondevano tutti insieme il padre, lo zio, la madre di Nunzia, ve- nendo a un tratto in cucina: — Sono molto mat- tinieri, signor brigadiere.

— E così dormiamo di giorno, tanto tutto è tranquillo.

Nunzia notava che i carabinieri non parevano neppur del mestiere. Parlavano senza ficcar gli occhi intorno; forse non s’erano accorti di Pel- legro, ed erano capitati, come spesso, per puro uf- ficio. Quando salutarono allegramente, per andar- sene, sulla porta si presentò Biagio stravolto.

— Un momento, signor brigadiere; loro girano [p. 70 modifica]— 70 —

per pigliare i birbanti; nevvero? Ah! ah! alle volte i birbanti.. Che sanno loro se uno non è un bir- bante?

— Ma questo povero Biagio è malato! — disse uno dei carabinieri pratico dei luoghi e di quella gente: — perchè non vi mettete a letto e non man- date pel medico?

I figli, la nuora guardavano il vecchio mara- vigliati e tristi: Nunzia tremava: egli divenendo sempre più strano seguitava :

— Ci andrò io dal medico, da quel medico che so io solo. Sarebbe meglio essere a letto colle gambe stroncate! Loro, ne hanno mai ammazzato delle donne con codeste carabine...?

— Buongiorno a tutti! — risposero ridacchiando i carabinieri; e pigliata la via erano già lontani che si sentivano ridere e dir tra loro che Biagio era briaco.

Nunzia, fattasi sulla porta, si consolò un poco vedendo che certo non si mettevano sulle peste del forestiero; ma aveva il cuore allagato di paura e di pianto.

— E questa mattina alla messa non ci si va? — disse Biagio cupo, cupo: — animo, perchè non date mangiare alle mucche? Tu e tu anderete alla Badia; voi donne pregherete da casa; io vado alla par- rocchia, e tornerò quando tornerò.

Anna osò rammentare il forestiero, per dire che non le pareva bene restar a casa due donne sole... Nunzia si senti un gelo alla vita.

— Ah quello là? Appunto, dov'è — disse Biagio, guardando Nunzia. [p. 71 modifica]gr

— È fuggito quando comparvero i carabinieri: — rispose la povera giovane.

— Tornerà, tornerà che è galantuomo; non te- mere di nulla. E ridono i carabinieri...! Dovrebbero esser buoni a spiegar le cose meglio dei preti; e invece son ignoranti. E poi vanno dietro solo ai poveri diavoli...

Quella faccia, quelle parole, quel fare di Biagio; nessuno ci capiva più nulla. Ma dalla tema di ve- derlo andare in bestia, ognuno badò a fare quello che aveva detto lui; il quale, senz'altro, pigliato il bastone di pruno che aveva lavorato colle proprie mani, nei tempi vissuti alla macchia da disertore, parti.

— Poi lo seguiremo — disse il marito d’Anna: — mi pare tutto la nonna quando principiò a darle di volta il cervello. Aveva anch'essa la sua età.

— Siamo a qualche brutto momento! sospirò Anna: — ah! quel soldato, quel soldato, ci ha por- tato disgrazia! Che hai tu, Nunzia, che sembri un avemaria infilzata?

— Lasciala stare, povera figliuola: vuoi che balli quando ha il suo nonno in quello stato?

Nunzia si tirò in disparte. Il padre e lo zio, fatte in fretta le cose, si incamminarono taciturni e col- l’animo in pena,

— Per carità non vi fate vedere da lui! — rac- comandò Anna di sulla porta; e poi dentro, alla figliola che seduta sur una panca piangeva:

— Cosa piangi ora? Non è mica morto, non è.

Nunzia si alzò stizzita ed usci. [p. 72 modifica]— 72

— E tu va, va pure, piangi quanto vuoi! Eh quelle che han voglia di maritarsi! Non ci pen- sano! Meglio far la serva finchè dura la pelle! In- vece figlioli, figlioli e duoli! Adesso doveva capi- tare anche colui...

Diceva e si dava attorno per le faccende di casa; e intanto dalla finestra, affacciandosi un poco, te- heva d’occhio Nunzia. La quale passo passo, come andasse dietro alle mucche, girò tutto il prato, tutte le fagiolaie, guardando e non trovando dove an- darsi a porre. Passò dell’ore e dell’ore, poi un mo- mento che pose gli occhi in terra e non vide la sua ombra, si rivoltò tutta stupita — « Che è già mezzogiorno ? » — disse, come per interrogare qual- cuno. Si scosse; guardò la casa sonnolenta nel tedio meridiano della domenica; tutta la boscaglia in- torno taceva; le carbonaie fumavano. — E lui dove sarà? Altro che Pilo, lui! Questo non sa far altro che tirarmi dei fuscelli, a veglia: per salutarmi mi dà delle manate sulle spalle. Lui invece che belle cose mi diceva! Mi pareva d’essere una regina.

Così girando si trovò sulla vetta là dove la sera innanzi aveva raggiunto il suo nonno. Giù giù, si sprofondava il borro selvaggio, e alla macchia si indovinava il luogo del laghetto.

— Nunzia! — chiamava da casa Anna, sbigottita perchè non la vedeva più nei prati — Nunzia, Nunzia!

Sforzava la voce, si volgeva ora a un vento ora a un altro; pareva che gridasse sciagura a lei, che la vedesse perduta in qualche luogo della foresta. [p. 73 modifica]ceo gia

Nunzia udiva, capiva quelle chiamate, ondeg- giava; ma vinta da una forza cui non potè resi- stere, si cacciò nel sentiero che menava giù al la- ghetto. Due o tre volte udì ancora il suo nome gridato di là dalla cresta; poi la voce non le arrivò più. Si senti sola, col cuore amaro, con una gran paura; capì ancor più di far male, ma tirò avanti.

Pellegro era al posto già da un par d’ore. Si era messo a sedere sulla palancola, sopra il bel laghetto, colle gambe spenzolate; e si specchiava nell’acqua limpida, pigliando certo diletto a mirare la propria immagine riflessa a rovescio, giù tante braccia sotto la superficie. Il sole scottava, eppure pareva a lui di sentir la frescura del bagno. Pen- sava che qualcuno vedendolo avrebbe dato voce di chi sa quale diavoleria nuova; ma questo ed altri erano pensieri di traverso che andavano e venivano; il pensiero fisso era Nunzia. La sentiva. Avrebbe giurato ch’essa era vicina, che a chiamarla con un fil di voce avrebbe risposto. E difatti la giovinetta era lì. Lo aveva visto, le si era allargato il cuore, ma non osando di più, s'era fermata sul margine del laghetto, nei cespugli fitti. A mirarlo lassù così accidioso, le parve uno di quei santi del deserto, ai quali i poveri uccelli portavano da nutrirsi, co- me aveva sentito predicare in chiesa, e credeva che ci fossero stati davvero. Ora le piaceva tanto di più. Era così bello, così coraggioso, così fore- stiero! Egli aveva detto che l'America era grande; e le pareva di essere con lui in quei paesi remoti, sola... Ma come mai ancora non la vedeva? O [p. 74 modifica]= x fingeva di non vederla? Forse era meglio tornar indietro... Sua madre, chi sa come in quel momento si disperava sua madre!

Nel volgersi per tornare, scosse i cespugli. Al frullo, Pellegro balzò ritto sulla palancola, cacciando l'occhio pertutto, e la vide.

— Ah c'eri! — esclamò, lanciandosi come uno scoiattolo: e le fu sopra, la abbracciò, la strinse. — Non aver paura, vieni, non mi vuoi bene? Ho trovato dei luoghi che neppur Dio ci vedrebbe.

— Perchè bestemmia? — disse Nunzia metten- dogli una mano quasi sulla bocca.

— Vieni!

— Ma prima mi giuri che non anderà mai via di qui.

— Mai! o ti condurrò via con me.

— Giuri, così: — e messi gli indici in croce li baciò.

Pellegro fece come lei, baciò, giurò, sorrise, ti- randola seco.

— Ora sono sicura! — disse Nunzia. — E sa? i carabinieri non cercavano mica di lei. Passarono e se ne andarono. Vede che don Teobaldo non fece punto la spia? Ma il nonno, ha visto? Povero nonno com'è venuto da ieril

— Lo guariremo tuo nonno; ha dei pregiudizi, glie li leveremo. Qui, mettiamoci qui, siedi. Non ti par d’essere lontana, lontana dal mondo, di non sentir più nulla, di non ricordar più nulla?

Si misero in un viluppo di cespugli di corniolo, a piè d’una roccia che dalle fenditure gittava delle [p. 75 modifica]Pa pe pianticelle che parevano animali strani. Seduti, non ebbero più nulla da dirsi; non sapevano neppur che pensare. Si guardavano, si tenevano per la mano; non avevano nemmen più senso del tempo che passava, passava: un momento che un cucculo venne di piombo per posarsi su d’un albero, toccò, volò via; credettero di essere stati veduti da tutto il mondo. Poi ricomposti sorrisero. Ma quando dall’alto scese la voce di Anna che chia- mava « Nunzia!» si strinsero paurosi tra loro, ed anche Pellegro ebbe una stretta al cuore.

— Lasciami andare, — diceva Nunzia — lasciami andare: non senti che par disperata?

E la voce gridava da un altro poggio e poi da un altro, da un altro. Per la vergine; non pen- sava Anna che tanti potevano udirla, e avrebbero poi sospettato della sua figliola?

Gli è che già ne sospettava anche lei, la povera donna. Le venivano a mente dei fatti di fanciulle belle come la sua; storie dolorose finite nei boschi dov'erano sepolti degli innocenti. Ne sapeva tante, e certi rischi gli aveva corsi anche lei. Pensava che si fa festa quando nascono delle femmine, perchè almeno quelle non dovranno andare a servire il re: ma meglio dieci maschi, diceva; quelli come hanno imparato a legarsi le scarpe ogni paura è finita, vanno a far tribolar gli altri..... come adesso quel forestiero..... oh! certo Nunzia è con lui...

Se ne tornava a casa stanchissima, senza voce, col cuore pieno di vergogna. Che cosa avrebbe detto Pilo? [p. 76 modifica]gi

Fosco, stava a aspettarla un bel giovane, vestito di velluto, col fazzoletto rosso annodato lento al collo, con sul cappello fiammante la penna di pa- vone. A_ giudicare dai mozziconi sparsi intorno al toppo su cui sedeva, doveva esser li da parecchio tempo a fumar sigari per rabbia. Aveva sentito Anna gridare, gridare; e il nome di Nunzia man- dato a quel modo pei boschi gli era spiaciuto ama- ramente. Voleva dirlo ad Anna, rimproverarla; ma quando gli fu vicina, la guardò negli occhi pieni di tristezza e tacque.

— Mah! povero Pilo, voi aspettate, e Nunzia è forse andata alla Badia per sentirvi la messa. Non ha mai fatto una cosa come questa; ma, ve lo dissi, il caso del suo nonno ci ha confusi tutti.

Bel conforto per lui che, tutta la settimana, vi- veva della gioia sperata, di quelle poche ore che veniva da Nunzia!

— Già, — rispondeva mortificato: — la messa è una bella cosa... ma... quand'è finita anche il prete dice: Andatevene. Ora poi è quasi sera..... e una ragazza sola...

— Oh! per codesto chi non vuol fare il male...

— Zitta! Eccola là.

Anna quando vide Nunzia venir giù con certa aria selvatica e libera; non ebbe cuore nè di bra- varla, nè di guardarla in viso. Si sentiva impac- ciata. Un po’ che la figliola si fosse fatta ardita, a rimproverarla d’aver tanto gridato il suo nome per le vette; essa le si sarebbe umiliata. Credè di capire che non era più tutta sua. [p. 77 modifica]iu

Pilo, in quanto a lui, si sentiva soverchiato da qualcuno che non sapeva dove fosse; e si confon- deva a sciupare certi garofani che aveva tra le mani: avrebbe voluto dire delle fiere cose, ma, non le trovando, se ne stava li quasi ingoffito. Nunzia avrebbe pur dovuto parlare! Ma la giovane passò la madre, passò lui, entrò in casa superba. Egli ed Anna si guardarono. Cosa voleva dire quell’aria?

— O Nunzia, — disse Pilo, entrando anche lui; — vi pare una bell’azione?

— Cosa? — rispose Nunzia voltandoglisi contro: — cosa volete da me?

— Voglio, che sono dei mesi che vengo in casa...

— E chi v'ha detto di venire?

— Oh! per questa croce di Dio, — gridò Pilo, trovando alfine sè stesso: — non sono mica un grullo io; tutti sanno che voglio sposarvi!

— Sposarmi? Ah!

— Come? Allora perchè m’avete lasciato venir a trovarvi...

— Ma le ho prese le buccole che volevate re- galarmi?

— Non le avete prese perchè allora eravate onesta...!

— E adesso non lo sono più? — disse infuriando Nunzia; e con le fiamme negli occhi, si lanciò a una delle scuri che pendevano dalla parete.

— Brava, mia figlia! — gridò Anna, entrando fiera in quella briga: — e voi credete di poter la- varvi la bocca di qualche cosa? A noi non importa [p. 78 modifica]pe SC eri nulla dei vostri boschi, dei vostri prati; se siete ricco meglio per voi; abbiamo il nostro onore, noi, e ci basta. Noi di certe morte non ce ne ab- biamo mai avute in casa: parlino pure tutti gli al- beri di questi monti, morticini nostri, sepolti ai loro piedi, non ce ne sono...

A quella scossa d’ingiurie, Pilo fu li per avven- tarsi accecato. Anna gli offendeva una sorella, morta l’anno prima. Stritolarla bisognava! non c’era altro. Ma si rattenne, contrasse le braccia, si morse gli indici e proruppe in pianto.

— E ora cosa c'è? — disse Pellegro, apparendo sulla porta improvviso.

Pilo guardò il forestiero, poi Nunzia, poi di nuovo il forestiero. Capi. Per la miseria! quei due si amavano, colui gliela aveva rapita! Che grazia! Lo aveva li, poteva azzuffarsi sotto. gli occhi di Nunzia, strozzarlo.

— Indietro! — gridò -- fuori di qui!

— Fuori chi? — rispose Pellegro senza punto mutarsi.

— Voi, e vi caccio; guardate!

Pilo si aggomitolò, crebbe, si avventò contro Pel- legro che ricevè l’urto urtanto anche lui col petto sporto, colle braccia piegate avanti, e le pugna strette. Il montanaro diede tre passi indietro cion- doloni e cadde riverso. Strillavano le donne; ma « non è nulla » — diceva Pellegro — « lasciate che si rialzi. Vuoi altro giovinotto? Se tu hai qualcosa a perdere, non ti buttar così, vattene pei fatti tuoi ».

L’altro, disperato, si lanciò di scatto la seconda [p. 79 modifica]bs

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volta, ma con uno stramazzone mancino, Pellegro gli fece dare un tuffo di fianco, come a un sacco di cenci, fuor della porta. « Vedi che non ce la puoi? To, piglia il tuo cappello » seguitava Pellegro, aiu- tandolo a tirarsi su e facendogli sentire le strette delle sue mani di ferro. — Ci rivedremo, — ringhiò Pilo.

— Subito! — gridò Pellegro lanciandosi. — Oh no! no! non andare! — gridava Nunzia avvinghiandosi a lui: — no, no!

Fu il momento più amaro che Pilo avesse avuto nella vita. Il cuore aveva indovinato: colui era l’uomo di Nunzia. Ma di dove veniva, chi era, il diavolo? Alla forza, si.

Se ne andava dolente, tirando certi sagrati da lasciare il segno nell’aria. « Oh scellerata! La sua sorella che era stata così buona, gliela avevano tradita, ed era morta per l’onore perduto: in vece lei che avrebbe meritato d’essersi imbattuta in uno... Avrebbe potuto esser lui, se non fosse stato un grullo, in quel tal bosco, in quel tal prato, quella tal domenica, grullo, grullo, grullo! Adesso era finita. Ma chi era mai quello sconosciuto? Uno dei luoghi là intorno, no di certo: alla parlata pa- reva... saetta! ci voleva tanto a indovinarlo? Do- veva essere uno dei tanti disertori, che da due anni passavano e ripassavano per quei monti. Bei sog- getti! Ma da quando era li?

Di pensiero in pensiero, e fantasticando sulla maniera di ricattarsi, era ancora nei boschi che già faceva buio. Trovarsi solo nelle faggete gli era cosa [p. 80 modifica]Se

solita ed anche cara, perchè gli venivano dal cuore delle canzoni che immalinconichivano fino i tronchi; ma ora, se avesse potuto empirle della sua dispe- razione, incendiarle tutte! Che se ne faceva ormai della vita, lui? Smarriva il pensiero, e forse per quelle selve la via.

Ma Anna, Nunzia, Pellegro erano rimasti così contenti, che quasi non ricordavano più gli altri di casa ch’eran fuori. Anna parlava di Pilo, della famiglia di lui, di certe faccende che sapeva. In confidenza, e nell’orecchio a Pellegro, diceva che in quel fatto della sorella del giovane, c’era entrato un boscaiolo che poi era fuggito in America, una donnaccia che conosceva la virtù di cert’erbe, e poi e poi... Pensasse un po’ lui, se avrebbe voluto lasciar andar la sua figliola, sposa in quella casa. Sfogata si era messa a cuocere la cena.

Pellegro e Nunzia passeggiavano nell’aia, e si dicevano delle cose tenerissime. Non pareva lor vero di trovarne tante lì, dov'erano in soggezione; e laggiù, dov’erano stati da soli, non avevano avuto nulla a dirsi.

— Ma dimmi una cosa, Nunzia, come hai fatto a volermi tutto questo bene?

— Che vuoi? Avevo sempre pensato a uno che fosse forestiero, forestiero; e quando ti vidi dalla carbonaia, mi paresti quello che aspettavo.

— Però quel giovinotto ci veniva a trovarti...

— Lo credevo di volergli bene, ma quando vidi te, capii che non sapevo neppure cosa volesse dire il voler bene... [p. 81 modifica]Pa

— Povero disgraziato! — disse Pellegro abbrac- ciando Nunzia e pensando a Pilo.

— Maria Vergine come l’hai buttato! Ma con queste manine così piccine dove l’hai pigliata la forza? Appunto, che mestier facevi a casa tua?

— Il pittore.

— Pittore? dunque facevi le Madonne, i Santi, e anche gli uomini?

— Sicuro; e anche le donne.

— lo non mi lascierei fare.

— Perchè?

— Ho sentito dire a predica che si fa peccato, e che... Ah! tu ridi? Non son cristiani nel tuo paese?

— Altro! Ci comanda il papa.

— Senti, il papa! E il padre, la madre, delle so- relle ce n’hai?

— Taci! cosa sono quei fischi?

— Niente, niente: — disse Nunzia — è il carro dello zio Babacco. Non dà mai unto alle ruote lui, e cigolano che si conoscono a un miglio... Mal a quest'ora... di domenica... dove va col carro?... Che ci sia qualche disgrazia?...

— ON! come fai presto tu...

— Ma non vedi che ci hanno anche la lanterna? Mamma, mamma!

— Oh Dio, cosa porta Babacco ? — esclamò Anna facendosi sulla porta.

Il carro arrivava. Con la testa su d’un fascio di paglia, vi giaceva il povero Biagio; e alla luce della lanterna che lo pigliava di striscio, si vedeva

AgBa. — Cose vedute. 6 [p. 82 modifica]n — 82 — “

il suo corpo tutto torto da un lato, Pellegro notò subito che il vecchio aveva la bocca, l’occhio si- nistro, la guancia, tutto, tirato a traverso; e capi che il pover’'uomo era stato colpito d’apoplessia. Ma le due donne credevano che fosse briaco. Tal- volta, negli anni andati, era stato portato a casa, ridotto in quella maniera. Solo quando i due figli di Biagio si misero a levarlo dal carro, sospetta- rono che non fosse scherzo del vino, e comin- ciarono a singhiozzare. Biagio non vedeva, non udiva, aveva la bava e a momenti si lagnava sbuf- fando. Lo portarono nel lettuccio.

— Ci vorrebbe un flebotomo; — disse Pel- legro — questo pover’uomo ha tutto il sangue nel capo.

— Flebotomo? Il più vicino sta a tre ore di qui.

— Tre o quattro, si va a chiamarlo lo stesso.

— Oh che disgrazia, con queste annate grame!

Pellegro guardò in faccia il padre di Nunzia. Gli pareva che non avesse potuto dire così per la spesa; ma tuttavia, voltosi al fratello di lui, soggiunse quasi con aria di comando: — Andate a chiamare il flebotomo: qualcheduno pagherà.

Colui andò. Tanto gli pareva meno strazio che lo starsene li, a veder patire il padre.

— E voi, Anna, — continuò Pellegro — scaldate dell’acqua, molta; gli faremo delle bagnature ai piedi e alle mani.

Anna e Nunzia, sbigottite com’erano, corsero al fuoco.

— Ora spogliamolo e diamo sotto a fregarlo. [p. 83 modifica]. 188 =

Voi, vi chiamate Babacco nevvero ? Voi dalle gambe, noi dalla vita... Animo!

Pellegro diceva e faceva come uno spedalino; e quando vennero certe grosse scodelle d’acqua fumante, vi tuffò dentro le mani del vecchio; poi ne tirò le gambe un po’ fuor del lettuccio, e ne tenne i piedi in un secchio pur pieno. Nunzia guar- dava quei piedi larghi e nocchiosi del nonno, e le pareva che Pellegro fosse un santo. Altro che il cappellano della Confraternita! Questo, quando la- vava quei piedi con quelli degli altri Apostoli, nella similitudine della settimana santa, faceva scorgere che aveva schifo. Mah!

A poco a poco Biagio rivenne, spalancò la bocca a uno sbadiglio da far paura; parve guardasse in- toro; ma aveva gli occhi invetriti, e nell’aria del viso uno stupore mortale.

— Lasciamolo in pace; a star qui gli leviamo l’aria: — disse Pellegro: — una di voi, donne, resti a vegliarlo; se mai, chiamerà.

Uscirono lui, il padre di Nunzia. Nunzia con essi. Babacco che, al primo rammentarsene, era corso a riporre i bovi che non pigliassero la guazza, rientrava, a far gruppo con essi, in cucina.

— Ora com'è andata? — chiese Pellegro.

— Ditelo voi, zio, — sospirò il padre di Nunzia. E Babacco alla meglio:

— Ecco. Stamattina Biagio passò da me. Mi ac- corsi che aveva qualcosa pel capo, e non mi feci pregare quando mi disse di accompagnarlo alla par- rocchia. Tra via, volle passare da Paino il vecchio [p. 84 modifica]sn [I

per sentire se proprio li aveva visti quegli spiriti che, come narrò sempre, saran quarant'anni, quando portava il sale di là dai monti, una notte lo leva- rono dal carro e lo buttarono in una siepe di spini, presso la cappella dei quattro frati, dove si scari- ficò tutto. Paino, stamattina, chi sa perchè, ha detto che la verità è una sola, che sempre raccontò quella fandonia per far ridere. Biagio lo guardò male, ma. ce n’andammo senza guai. Passammo da Ga- murrino alla Costa del monte; e Biagio, così, ri- girando il discorso, lo tirò a dire d’aver trovato tante volte i cavalli del marchese con le criniere e le code intrecciate dagli spiriti, quand’egli ser- viva da cocchiere; ma che giurasse. Gamurrino non volle giurar nulla; disse che erano scioccherie dei tempi antichi. Si presero a parole, e Biagio lo lasciò gridandogli che lui con gli altri erano tutti birbanti. Nel borgo andammo subito in chiesa, ed egli voleva confessarsi dal parroco. Questo lo bravò, dicendo se non sapeva far altro, se non si ricor- dava d’aver fatta la pasqua poche domeniche avanti. Ma poi entrò nel confessionale; e cominciarono a parlar forte, più forte, si stizzivano, tutta la chiesa sentiva e rideva. Alfine il parroco saltò fuori dal confessionale brontolando, e se ne andò tutto in collera. Biagio, mortificato, stette ancora un poco; poi alla meglio, guardato da tutta la chiesa, se ne venne via con me. Andammo all’osteria; man- giammo, mangiò e bevve molto lui, sempre più stralunato. A ogni poco mi diceva: Animo, Ba- bacco, mangia, bevi e non pensar a nulla, che nor [p. 85 modifica]la ==

v'è più spiriti, nè streghe, nè diavolo, nè Dio; peccato non esser ancora giovani, che vorrei fare tanti peccati da subissare il mondo! — Chi lo capiva ? Poi siete arrivati voi, e hai visto. Nevvero che pa- reva un biscione? E come venne, quando torna- vamo, e incontrammo il signor parroco che pas- seggiava con quell’ebreo, sul ponte!

— Che ebreo? — chiese Pellegro.

— Un signore ebreo che venne a stare nel borgo, un vecchio ricco come il mare. Ebbene, Biagio vo- leva gettarli tutti e due nel fiume. Ce ne volle a tenerlo! Forte come un erpice! Diceva che quando si vedono di quelle cose, un parroco con un ebreo, è inutile stare al mondo. Batteva sempre li, mentre, bel bello, tirandolo, pregandolo, siamo arrivati a casa mia. Prima di entrare s'impunta, e mi dice: « Babacco, senti. Ti ricordi che quarant'anni fa, siano mancate delle donne da queste parti? » Io, dopo che tutti gli avevano contradetto, non ebbi cuore di dir di no; e risposi che sì, che veramente una donna del Ponte ai prati era mancata, e non se n'era mai più risaputo nulla. Allora egli ghignò fiero fiero, venne rosso rosso, muggi come un toro e stramazzò per terra, come se gli avessero data una mazzata sul capo, così...

— Fra tutti l'abbiamo ammazzato! — disse Pel- legro quasi tra sè.

— Presto, presto! — si mise a urlare Anna spa- ventata: — gli torna, gli torna!

Corsero tutti. Biagio dava già i tratti. Non valse che gli si affannassero intorno, : che accendessero [p. 86 modifica]tutti i ceri della candelora, serbati in tanti anni che nessuno era morto in quella casa; lo spruz- zarono d’acqua benedetta, col ramoscello d’ulivo della recente domenica delle Palme; ma spruzza- rono un morto. Signore! che ingiustizia era quella che avesse a morir senza un po’ d’agonia e senza prete, un uomo come lui, che non era stato malato un’ora in vita sua; che non era mai man- cato alle funzioni sacre! Gli erano venuti tre o quattro sbadigli larghi, ed era rimasto stecchito, come uno morto gelato nella via.

Allora fu un pianto, e Pellegro solo taceva. Quell’andarsene d’un’anima, nella solitudine di quella povera casa quasi selvaggia, gli destò un senso di religione nuovo nel cuore. Tante basiliche, tante cattedrali, tanta pompa di culto pel mondo, e per certa povera gente nulla! Ma Dio gli pareva più li. Per altro, quel vecchio quanto avrebbe durato an- cora sereno e contento, se non gli fosse stato turbato il mondo in cui credeva d’aver vissuto! Pellegro capì la tempesta che aveva suscitata in quello spi- rito semplice, e gli parve d’aver fatto in due giorni, più male che in tutta la vita. Guardava Nunzia, e sentiva che se anche fosse stato padrone di tutti quei boschi, e tutti glieli avesse donati, tanto non si sarebbe levato dal cuore l’amarezza che gli ve- niva su a fiotti. Intanto gli altri lo guardavano con occhio smarrito, poi guardavano il morto, poi an- cora lui. Stare a quello strazio che gli veniva da dentro e da fuori, non potè: uscì, andò a sedersi nell’aia, dove gli passò tra gli altri per la mente [p. 87 modifica]==

il pensier della fuga. Egli lo strozzò. In una città forse non ci avrebbe neppur badato; lassù dove aveva trovato tutto, così povero e bello, si sentiva legato a quella famiglia, a quella casa, a quei beschi.

— Vile! — diceva tra sè: — già sarebbe una bella forza! E che bella memoria quella d’essere passato quassù come un lupo, lasciandomi dietro dei morti e degli offesi.

Si alzò travagliato; e dall’aia, ai prati, ai lembi della selva, andando e tornando, si trovò stanco vicino al fienile. Perchè non si sarebbe messo un po’ a giacere? Si gettò disteso sul fieno, chiuse gli occhi e dormi. Ma quanto? Nel momento che si destò, tra le fessure delle pareti, vide certe stelle vedute già la notte avanti, nel punto che Biagio era venuto a disturbar lui e Nunzia improvviso. Dunque era la stess’ora? Ne provò uno sgomento grande. Di lor tre, uno era già morto! Ma subito lo distrasse un bisbiglio che veviva da fuori. Stette a sentire. Parlavano il padre e lo zio di Nunzia.

— Sorte che il flebotomo non c’era! Non sa- rebbe venuto a far nulla, e intanto a pagarlo come avremmo fatto?

— Poveri o avari? — pensava Pellegro. Gli altri seguitavano a dire, e allora capi che pigliavano delle misure. Si alzò, discese, e li vide ginocchioni su delle assi. Diceva il padre di Nunzia:

— Così... ti par corta?

— Io dico che ci dovrebbe stare.

— Allora piglia la sega e i chiodi. [p. 88 modifica]RE el

— Che volete fare? — esclamò Pellegro acca- pricciato ?

— Facciamo la cassa.

— Ma non sapete che il morto ha da stare în casa tre giorni?

I due fratelli si guardarono sgomenti.

— Andate piuttosto dal parroco, e poi dal sin- daco, che mandi a vedere come vostro padre è morto...!

— Da queste parti non vengon mica a veder i morti...

— Allora si può portar giù una cassa di pietre, e dir che v'è un tale morto, una tale...

— Oh!

— Oh? E magari quel tale o quella tale po- tranno essere stati ammazzati, e si faran passare per morti di malattia.

— Al!... birboni così non ce ne sono...

— Potreste aver ragione — disse Pellegro: — ma tra sè pensava che, anche da questo lato, grande è l’ingiustizia del mondo.

Essi invece pensavano ai tre giorni, che, col morto in casa, sarebbero stati eterni.

Eppure passarono anche quelli... Il primo ozia- rono tutti; nel secondo Nunzia usci con le mucche, senza dirsi nulla con Pellegro, il quale andò nel bosco con gli altri. Così fecero il terzo; mentre il povero Biagio, con la cassa a piè del letto, gia- ceva; e la carbonaia, cui egli aveva messo fuoco il sabato avanti, incarboniva. La notte dormivano tutti nel fienile; in casa andavano gli uomini ogni [p. 89 modifica]=1890= tanto, si affacciavano alla stanzuccia, guardavano, tornavano muti, nulla di nuovo.

Ma il mattino del quarto giorno, prima che fosse l'alba, nell’aia c'era già la cassa lunga, lunga, coperta con un lenzuolo bianchissimo. In terra, dalla testa, ardeva la lanterna. Arrivavano da tutti i sentieri dei boschi, alla sfilata, uomini e donne; davano un giro intorno alla cassa, poi si mettevano a gruppi, in disparte. Come tutto fu pronto, acce- sero le lanterne, quattro uomini levarono la cassa a spalle sulle stanghe; ed era l’ora in cui il po- vero Biagio soleva uscir, con la scure sul braccio, per avviarsi a’ suoi lavori nei boschi, nella buona aria che tira prima che s’alzi il sole.

Il più vecchio dei boscaiuoli principiò il rosario, gli altri risposero; alla prima avemaria quei della cassa partirono, e in due file dietro di loro, tutti salirono la costa.

Tutti salvo che Nunzia ed Anna. Esse guarda- rono finchè poterono vedere gli ultimi della fila tra i faggi; poi col cuore schiantato si sentirono venir adosso qualcosa, come se i boschi mandas- sero vento, e una gran voce gridasse dalle pro- fondità dei valloni: Mai più?

E se anche Pellegro non fosse tornato mai piu?

Non c’era stato verso a tenerlo. Lo avevano pregato, scongiurato, badasse a non andare in gola al lupo, che i carabinieri l'avrebbero preso. Egli aveva risposto che tutta la vita si sarebbe sentito rimordere, di non aver accompagnato al sepolcro quel povero Biagio, morto per cagion sua: stes[p. 90 modifica]— 90 —

sero di buon animo, nessuno lo conosceva, sarebbe stato prudente. Si era messo in quel corteo di semplici, ed era sparito anche lui.

Ma il pensiero lo aveva lasciato lassù. Nella discesa dai monti e poi in chiesa, per quanto durò la messa da povero, non pensò che a Nun- zia, alla Provenza, alle vie per arrivare a Mar- siglia, a quei capitani di mare dei quali Biagio aveva parlato; una nave, l'oceano, l'America dove avrebbe potuto vivere in pace lavorando ed amando. E se anche non avesse avuto maniera d’ andar sì lontano, non v’ era in Italia un cantuccio di terra libera, nella Romagna? Dall’ alto di San Marino godeva già coll’immaginazione tutto quel trionfo di campi, e di città, tra l'Appennino e il mare; la patria dove si poteva arrivare camminando per le creste dei monti, e Nunzia era di forza da farlo con lui. Così volava lontano e felice; ma nel momento che il parroco venne dall’altare, nel bel mezzo della navata, a benedir la cassa; egli con la coda dell’occhio si vide alle spalle due ca- rabinieri che, non pareva, ma erano lì per lui. Più indietro lo guardava di traverso quel Pilo, che aveva tanto offeso e umiliato alla presenza di Nunzia. Si sentì tutto il sangue in un cavallone dal cuore alla testa: capi la spia: ma che fare? In chiesa non avrebbero osato mettergli le mani addosso; ma uscendo?

— In paradisum deducant te angeli...

Come aveva fretta il parroco! Lanciava quei bei versetti a furia, come se non ne avesse capito [p. 91 modifica]== il senso; spruzzava la cassa, finiva in un lampo, bisognava uscire. Un'idea! Parve a Pellegro d’esser salvo. Fattosi animo, si mise coi portatori a una delle stanghe, ed uscì franco col morto. I carabi- nieri, un po’ stizziti, si ammiccarono tra loro, ma pazienti gli si misero accanto, camminando al passo del corteo. Dunque non c’era più dubbio; ancora il tratto dalla chiesa al cimitero, poi la sua libertà, il suo amore, forse la sua vita, tutto sarebbe perduto. Veniva al pettine lo schiaffo dato al tenente, e vi veniva con quell’altro dato a Pilo. Pazienza! Meglio così che spia, come quel montanaro. Oh! se l’avesse potuto aver da solo in un boscol

Camminava immaginandosi lotte strane con colui; entrò nel cimitero quasi senza avvedersene: e chi- natosi con gli altri a depor la cassa sull’orlo della buca, si rizzò risoluto, dicendo:

— Ci vuol poca forza, signor brigadiere, mi arresti pure,

Dispiacque al brigadiere l’atto di Pellegro, perchè aveva fatto conto di coglierlo appena usciti dal cimitero, e di far una mezza tragedia con quel bandito, che ora si dava da sè in quel sagrato. Peggio per Pilo che, appena ebbe visto Pellegro preso, si lanciò per menargli alle spalle. Il briga- diere gli diede con tal rabbia, che il boscaiolo andò a batter la schiena sulla cassa di Biagio, e poi rivoltoloni rovinò nella fossa. Fu una risata repressa che non potè coprire la voce di Pellegro.

— Me lo lasci seppellir vivo, signor brigadiere, poi se sarò fucilato, addio! [p. 92 modifica]= 9g =

Gridava Pellegro e faceva forza per avventarsi, ma i carabinieri lo menavano via, lasciando gli altri nello scompiglio, a tirar su Pilo che usciva dalla buca, levandosi dalle labbra, dagli occhi, dai panni la terra di morto entratagli un po’ per tutto. Intanto la cassa fu calata giù, tutti si affollarono a buttarvi sopra una manata di terra; dissero l’ul- timo requiem impazienti, soffiarono sulle lanterne; oh! alfine potevano chiedere chi fosse quel fore- stiero che, dalla casa di Biagio sino a quel mo- mento, s'era tanto adoperato pel morto, e pareva si conoscesse con Pilo, e aveva detto: Sarò fu- cilato.

A gruppi, a coppie, uscivano dal Cimitero, inter- rogando i figli di Biagio, ai quali non pareva vero quel che avevan visto, quel che avevan fatto, che in quella cassa lasciata là dentro coperta di terra, ci fosse il loro padre. Rispondevano sbalorditi, di malavoglia; ma Pilo, richiesto, faceva i misteri, sapeva lui: immaginassero che soggetto quel fo- restiero |

Così prima che fossero nel borgo, quella gente aveva già tessuto venti storie sul fatto. Quel gio- vane era forse, doveva essere, era di certo un tale cercato per omicidio, e famoso dalle parti del ge- novesato; ma poteva anch’essere della masnada di Val di Tanaro, che mandava per tutto de’ suoi, a scoprire luoghi da farvi le sue ribalderie.

Avrebbero fatto di Pellegro chi sa che mostro, fantasticando a quella maniera; se l’ osteria non fosse stata vicina, nelle prime case del borgo. En[p. 93 modifica]Lv trando da quella porta, mirando la tavola lunga con su la tovaglia, e vino e pane che diceva: mangia; sviavano i pensieri da lui. L’oste li con- tava mentre passavano per la cucina, ottanta man- giatori fortissimi, uomini e donne; peccato che per quei boschi lassù non morisse un cristiano ogni giorno! Venivano al funerale con una fame da lupi, ed egli spacciava mezza botte di vino e un vitello ogni morto.

Fecero presto a mettersi coi gomiti sulla mensa e principiarono a mangiare e bere gagliardamente. A un certo segno tornò la curiosità della storia di Pellegro, e corse sommesso il nome di Nunzia. Doveva essere accompagnato a cose non belle, perchè le donne inarcavano le ciglia, e si strizza- vano l’occhio tra di loro, maliziose e contente. I due figli di Biagio, vedendosi guardati da tutti, si intenerivano, si sentivano i lucciconi, manco po- tevan mangiare per la compassione da cui pareva loro d’ essere oppressi. Qualcuno più crudele tor- nava a tormentarli, chiedendo di quel forestiero.

— Oh! insomma, sia un po’ chi vuole! — gridò il più vecchio della grossa brigata: — qui ci siamo per parlar del morto. Accendete le lan- terne...

Tutti si alzarono, ognuno accese la sua lan- terna, e la pose sulla tavola tra i bicchieri.

— Comincio io. Dio abbia preso Biagio, nel miglior punto dell’anima sua!

— Dio l’ abbia in glorial — rispondevano in coro. E poi ad uno ad uno: [p. 94 modifica]=- 6% =

— Biagio era un galantuomo, povero Biagio!

— Sì può giurare che non ebbe un quattrino di mal acquisto!

— Non fece mai male neppur a un pulcino!

— Beveva qualche volta, ma beveva anche il parroco vecchio!

— Aveva le sue idee, ma un consiglio buono sapeva darlo sempre!

— Quando lo incontravamo solo, sempre diceva il rosario!

— Morto lui non vi sarà più chi sappia dire: Nel tal bosco ci si vedeva, nella tal casa ci si sentiva!

— Sapeva dove passò Napoleone!

— E chi dei nostri morì in Spagna e chi in Russia!

— Diceva i primi che dai nostri monti anda- rono in America!

— Ora non si saprà più nulla... più nulla... più nulla!

E così, quasi salmeggiando, dicevano vita e mi- racoli del morto: poi intonarono il rosario, e ogni terza parte di corona libavano largamente. Intanto le teste si scaldavano, le ore volavano; credevano essi d’aver fatto il mezzogiorno, e già l’oste stava per venire coi lumi.

— In quanto a Pellegro, pel momento, nessuno più ci pensava, salvo che Pilo. Sapeva costui che i carabinieri lo avevano chiuso in un piano della torre feudale, assalita di fuori dalle orticacce che scoppiavano su grasse dai fossati, a piè delle mura del borgo; e buia dentro, umida, anche maluriosa, [p. 95 modifica]gg perchè a terreno ci stava di casa il becchino. Per un finestrello riquadro, traverso a tre inferriate v'entrava un po’ di luce bieca; e Pellegro, per re- spirare, si era messo con la fronte appoggiata ai ferri. Veniva la sera e gli allagava il cuore. A un tratto senti. Che cosa?

Alla voce fessa, mandata in su tra le mani a conca, riconobbe subito Pilo. L’ avrebbe ricono- sciuto alle parole.

— O prigioniero, o galeotto, vuoi venire con me sui monti? Vado a consolar Nunzia, poverina; t'aspetto, vieni?

Pellegro agguantò le sbarre come volesse schian- tarle, ma non rispose. E l’altro da fuori:

— La troverò sai; le porterò i tuoi saluti, e le dirò quella cosa allegra, sai bene? Sta pur costi, che fra tre ore io sarò lassù; e poi ti farò saper tutto. Addio, galeotto.

Pellegro si tirò in un canto, si sdraiò, e stette cogli occhi fissi in una commessura dell’ammatto- nato; ma col pensiero volò lassù lassù, dove gli pareva di veder Nunzia trovata da Pilo, afferrata, oltraggiata; oh! se avesse potuto piangere!

Giornata eterna per la povera Nunzia, che a sera aveva fatta venti volte la vetta vicina, per sentire se venisse gente pei boschi. Alfine, a notte. chiusa, affacciatasi ancora alla soglia della casetta, udì delle voci giù per la china. Ma non parevano che di due, del padre suo e dello zio. Soli? E lui? Ascoltava con l’orecchio nell’aria : sicuro! anche le pedate non eran che due. [p. 96 modifica]Co

— O babbo! — chiamò sgomenta.

Anna corse e gridò: — e il soldato?

— L’han preso!

La donna si diede una manata in fronte: ma Nunzia non disse parola, nè si mosse. Aspettò. Poi, arrivati quei due, levò di sotto al braccio del babbo il lenzuolo che aveva servito a coprir la cassa del nonno; e stringendoselo al petto, stette a sentire il racconto del fatto, che Anna cavava al marito e al cognato, provando dei crucci forti come di persona tradita. Nunzia invece pigliava forza. Quel giovane che le aveva parlato così bene, sarebbe tornato: se no, avrebbe voluto dire ch’era morto. Allora, sapeva lei quel che avrebbe fatto. Laggiù, nel cimitero, c'era posto per tutti: e il suo nonno intanto ci passava la sua prima notte.

Chi vive si dà pace, massime tra la gente di monte che se ne sta tutta nella natura. Oggi, do- mani, ogni giorno un po’, tutto ritorna; dal sor- riso al riso, dal ricordo raro all’oblio; passano le settimane; chi morì giace, e meglio per lui.

Ma Nunzia non sorrise più. Di Pellegro non aveva risaputo nulla, salvo che l’indomani del fu- nerale del suo nonno, due carabinieri lo avevano menato via dal borgo legato su d’una carretta; e

ga carretta, nella sua mente, andava ancora, andava che non finiva mai. Tuttavia essa viveva in una pace sicura. Lavorava, usciva con le mucche, non parlava in casa, ma da sè e nei boschi faceva dei lunghi discorsi. Cominciò poi a provare una certa noia delle donne che, dai casolari vicini, [p. 97 modifica]=. ga= quatte, quatte, ora colla scusa della cucchiaiata di sale, della goccia d’ olio, della gugliata di refe; venivano, la guardavano, la volevano far parlare. Crebbe la molestia quando s’ accorse che le do- meniche, in chiesa, tutti le ficcavano gli occhi nella vita. Pilo c’era sempre, e sebbene facesse viso di non guardarla, essa sentiva in cuore che tutto veniva da lui. Più tardi capitò lassù, nella casetta, Farinello, il messo del comune, dicendo che doveva andar di qua, di là, che si fermava a ripigliar fiato; ma trovò maniera di stare, tanto ch’essa fu tornata con le mucche. Pareva che avesse aspettato proprio lei. Che cosa voleva quell'uomo del sindaco, che tanto l’aveva osser- vata, e anche le aveva fatto delle domande scioc- che? La sua mamma doveva saperlo, perchè mentre colui se n’andava, lo aveva accompagnato alcuni passi, e, pur parlando con certa tema, gli aveva detto che dicesse al signor sindaco che prendeva un abbaglio e ben grosso.

Finalmente, un giorno, ch’erano passati più di tre mesi dalla morte del suo nonno, essa se ne stava a guardar le mucche libere tra i cespugli, là, intorno al laghetto delle tre rocce, dove aveva goduto, quella volta, con Pellegro, gioie di parole non mai sentite. C’ era un silenzio da far paura Solo pareva viva l’acqua del rigagnolo che, tra- boccando dai piccoli ringorghi, mandava dei suoni strani che a lei parevan singhiozzi di creature. Un caldo nell’aria, una frescura nel verde dei boschi, in quel laghetto un invito! tutto le par-

ABBA. — Cose vedute. 7 [p. 98 modifica]desi

lava all’animo, di maniera ch’essa non si sentiva più nè dei suoi, nè di sè. Di chi dunque doveva essere la sua vita, poichè Pellegro più non tor- nava? Quella volta che lo aveva veduto lassù, seduto sulla palancola, come aveva fatto presto a balzar giù! Sentiva di nuovo la stretta delle sue braccia, la sua voce, i suoi baci. Le passavano per la vita dei fuochi, si sarebbe spogliata volon- tieri per gettarsi a sguazzare in quell’acqua, tuf- farsi, star sotto, morire. A un tratto senti un fruscio, si rizzò, si volse, le avevan gridato: Ci seil

— Ah! sei tornato! — gridò col cuor che scop- piava esultando.

Non era Pellegro.

Con la giacca su d’una spalla, grondante sudore, acceso come un basilisco che fosse scivolato laggiù per abbeverarsi; Pilo era saltato da una delle rocce alle spalle di Nunzia, e piantato sull'erba, con la testa e il busto un po’ innanzi, la bruciava. con

. gli occhi.

Nunzia si vide perduta.

— Ah! tu non ci sei più tornata nei boschi di là? Da tre mesi ti ci aspetto! Chi poteva sognare che tu venissi qui? Una ragazza che non ha paura qui! Già, te l’ha levata lui la paura; la paura, la vergogna e tutto, nevvero? Ebbene, ora ci sei...

o ti ammazzo!

La giovine si senti presa per la vita, scossa, quasi levata da terra, prima di rinvenire dal colpo. Si raccomandò a Maria Vergine, e le parve di ve- derla tra boschi e cielo, perchè nel dibattersi le [p. 99 modifica]RE venne agguantato il roncolo che Pilo portava a cintola sulle reni.

— Non farti strangolare! — diceva lui: — per carità, non farti ammazzare da me... t'ho voluto tanto bene, ho tanto patito per te! Cosa vuoi che ne faccia d’una morta ?... Ah! no? Morta; allora, sì, magari morta, sei mia!

— Voi, morto! — gridò Nunzia, brandendo il roncolo alla gola di Pilo.

— E taglia, taglia pure, meglio così! — rug- giva il giovane — taglia, ma hai da morire con me, li dentro, affogata con la creatura che hai...

— Prendi allora, prendi per tutti quelli che mi guardavano, ed io non capiva, ed ero innocente, prendi! prendi! prendi!...

— Ah! perchè m’uccidi? — disse Pilo, allen- tando le braccia, e strisciandole giù per la persona alle ginocchia, che avvinghiò ancora e più forte.

Nunzia, spinta dal peso, vacillò sulla proda ca- lante del laghetto; tentò di agguantar qualcosa per reggersi, ma diede riversa delle spalle e della nuca nell’acqua, affondando con le mani tese a respingere la testa di Pilo, che, stringendola rab- bioso, spirò e le giacque grave sui piedi. Essa venne su cieca, dimenando il capo e spingendo per liberarsi; mon potè, tornò sotto, peo *


Ri P i 8 galla mezza la testa, e già quasi morta, sentì g

dare dall’alto :

— . Nunzia, o Nunzia!

Gorgogliò qualche parola; forse potè ancora pensare che quella voce aveva gridato così un’altra [p. 100 modifica]a ie

volta; ma la sua bella testa, il suo bel petto spa- rirono sotto l’acqua cheta che il sangue di Pilo, sgorgando a fiotti, tingeva, tingeva...

Pomina, la sua mucca più cara, muggiva: dal- l’alto la voce d’Anna gridava ancora:

— Nunzia, corri che passa il re!

Miracolo, che cavalleria di gente lassù per quei boschi!

Venivano da Montenotte, e innanzi a tutti ca- valcava un signore pallido, bello, d’un’aria dolce e severa. Certo il re era lui, perchè un vicino, passando a corsa, aveva detto ad Anna di star attenta che veniva il re. Tutti gli altri che tenevan dietro a quel cavaliero, erano personaggi grandi, dai panni orlati di colori vivi, con dei bottoni che splendevano come stelle. Così Anna aveva visti nei sogni passar i Re Magi. S’inginocchiò. E quando quel signore, arrivando a lei, le accennò di levarsi, la povera donna chinò la fronte quasi a terra, come per ricevere la benedizione, guar- dando di striscio, finchè quella gente fu tutta passata.

Uno che veniva dietro a piede, al trotto del cane, la salutò.

— OH! siete voi, Farinello?

— Mi vedete? — rispose il messo del Sindaco: — allegri Anna, che in settembre avremo dei gran soldati, a far le battaglie finte per questi monti. Saran come quelle di Napoleone...

— Ma che bell’uomo quel re!

— Il re? Ma quello è il duca di Genova, suo [p. 101 modifica]ng AO a

fratello! Sono stato con lui tutti questi giorni. Oh! appunto; e la vostra figliola perchè non è qui? Non era poi vero nulla, eh? Meglio! Tutto per quel disertore. Sapete cosa n’è stato ?

— Cosa?... lui?

— M'ha confidato uno di quei capitani là, che al corpo fu giudicato e impiombato con otto palle nel petto.

— Oh! esclamò Anna, mettendosi le mani alle tempia e pensò che per fortuna non v'era Nunzia a sentire,

— Così avrà imparato a ammazzare i superiori! — seguitava Farinello. — Oh! addio Anna, se non ci son io quei signori si perdono, addio.

E parti al trotto del cane, ma cogliendo tut- tavia il lamento d’Anna; povera donna che non sapeva che si dicesse, e andava gridando alla faggete:

— Quando lo saprà Nunzia!