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Lv trando da quella porta, mirando la tavola lunga con su la tovaglia, e vino e pane che diceva: mangia; sviavano i pensieri da lui. L’oste li con- tava mentre passavano per la cucina, ottanta man- giatori fortissimi, uomini e donne; peccato che per quei boschi lassù non morisse un cristiano ogni giorno! Venivano al funerale con una fame da lupi, ed egli spacciava mezza botte di vino e un vitello ogni morto.

Fecero presto a mettersi coi gomiti sulla mensa e principiarono a mangiare e bere gagliardamente. A un certo segno tornò la curiosità della storia di Pellegro, e corse sommesso il nome di Nunzia. Doveva essere accompagnato a cose non belle, perchè le donne inarcavano le ciglia, e si strizza- vano l’occhio tra di loro, maliziose e contente. I due figli di Biagio, vedendosi guardati da tutti, si intenerivano, si sentivano i lucciconi, manco po- tevan mangiare per la compassione da cui pareva loro d’ essere oppressi. Qualcuno più crudele tor- nava a tormentarli, chiedendo di quel forestiero.

— Oh! insomma, sia un po’ chi vuole! — gridò il più vecchio della grossa brigata: — qui ci siamo per parlar del morto. Accendete le lan- terne...

Tutti si alzarono, ognuno accese la sua lan- terna, e la pose sulla tavola tra i bicchieri.

— Comincio io. Dio abbia preso Biagio, nel miglior punto dell’anima sua!

— Dio l’ abbia in glorial — rispondevano in coro. E poi ad uno ad uno: