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gg perchè a terreno ci stava di casa il becchino. Per un finestrello riquadro, traverso a tre inferriate v'entrava un po’ di luce bieca; e Pellegro, per re- spirare, si era messo con la fronte appoggiata ai ferri. Veniva la sera e gli allagava il cuore. A un tratto senti. Che cosa?

Alla voce fessa, mandata in su tra le mani a conca, riconobbe subito Pilo. L’ avrebbe ricono- sciuto alle parole.

— O prigioniero, o galeotto, vuoi venire con me sui monti? Vado a consolar Nunzia, poverina; t'aspetto, vieni?

Pellegro agguantò le sbarre come volesse schian- tarle, ma non rispose. E l’altro da fuori:

— La troverò sai; le porterò i tuoi saluti, e le dirò quella cosa allegra, sai bene? Sta pur costi, che fra tre ore io sarò lassù; e poi ti farò saper tutto. Addio, galeotto.

Pellegro si tirò in un canto, si sdraiò, e stette cogli occhi fissi in una commessura dell’ammatto- nato; ma col pensiero volò lassù lassù, dove gli pareva di veder Nunzia trovata da Pilo, afferrata, oltraggiata; oh! se avesse potuto piangere!

Giornata eterna per la povera Nunzia, che a sera aveva fatta venti volte la vetta vicina, per sentire se venisse gente pei boschi. Alfine, a notte. chiusa, affacciatasi ancora alla soglia della casetta, udì delle voci giù per la china. Ma non parevano che di due, del padre suo e dello zio. Soli? E lui? Ascoltava con l’orecchio nell’aria : sicuro! anche le pedate non eran che due.