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Pa pe pianticelle che parevano animali strani. Seduti, non ebbero più nulla da dirsi; non sapevano neppur che pensare. Si guardavano, si tenevano per la mano; non avevano nemmen più senso del tempo che passava, passava: un momento che un cucculo venne di piombo per posarsi su d’un albero, toccò, volò via; credettero di essere stati veduti da tutto il mondo. Poi ricomposti sorrisero. Ma quando dall’alto scese la voce di Anna che chia- mava « Nunzia!» si strinsero paurosi tra loro, ed anche Pellegro ebbe una stretta al cuore.
— Lasciami andare, — diceva Nunzia — lasciami andare: non senti che par disperata?
E la voce gridava da un altro poggio e poi da un altro, da un altro. Per la vergine; non pen- sava Anna che tanti potevano udirla, e avrebbero poi sospettato della sua figliola?
Gli è che già ne sospettava anche lei, la povera donna. Le venivano a mente dei fatti di fanciulle belle come la sua; storie dolorose finite nei boschi dov'erano sepolti degli innocenti. Ne sapeva tante, e certi rischi gli aveva corsi anche lei. Pensava che si fa festa quando nascono delle femmine, perchè almeno quelle non dovranno andare a servire il re: ma meglio dieci maschi, diceva; quelli come hanno imparato a legarsi le scarpe ogni paura è finita, vanno a far tribolar gli altri..... come adesso quel forestiero..... oh! certo Nunzia è con lui...
Se ne tornava a casa stanchissima, senza voce, col cuore pieno di vergogna. Che cosa avrebbe detto Pilo?