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— Ma tant’è, quelle maledette qualcosa ci han lasciato! — gridò Anna, tirandosi indietro in punta di piedi: — Si guardi, signor soldato.
— Madonna che schifezza! — esclamò Pellegro alzando il bastone: — ma che biscia è quella che ha le zampe nella testa?
Una biscia attorcigliata in sè, a un po’ di sole che passava tra le fronde, se ne stava accidiosa tenendo tra le fauci un rospo già a mezzo ingoiato, e guardava. Il rospo annaspava colle zampine anteriori, spalancando a tratti la gola, e con gli occhi strabuzzati faceva un dolore strano. Pellegro con tre o quattro mazzate stroncò la biscia che si torse rabbiosa e morì. Il rospo raccolte le ultime forze, uscì da quelle fauci lento, lungo, assottigliato; si trascinò al pedone d’un cespuglio e stette a guardare, pieno di stupore, quei due che passarono oltre, senza far male a lui.
— Mi ha fatto stomaco! — disse Pellegro.
— Cose delle streghe, signor soldato: una volta portavano disgrazia...
— Direte per ridere!
— Intanto badi ai piedi.
E tirarono via senza dir altro, sino a una radura tutta luce e legna stagliata a cataste. In mezzo v’era uno spiazzo dove lavoravano tre uomini scamiciati.
— Eccoli là; — disse Anna — quello che fa le zolle è mio marito, mio cognato le porta, il vecchio le mette al posto.
Erano tre persone gagliarde, ma quel vecchio