Prediche volgari/Predica XXXV

Predica XXXV

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Predica XXXIV Predica XXXVI

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XXV.

Qui tratta delli tre peccati capitali,

Timete Deum (Item, ubi supra). Le prealegate,1 dilettissirni, so’ pure quelle di Giovanni nel suo Apocalisse a xiiij cap., e so’ parole di quello Angiolo il quale volava per lo cielo gridando:2 — Temete Iddio, temete Iddio: — e doppo questo sogiogne e dice la cagione: Quia venit dies3 iudicii eius: — Però che egli viene il dì del giudiciò;4 — e di qual iudicio! Credi tu che egli parli del giudicio generale? No, ma del giudicio particolare. Sai tu perchè egli manda questi suoi giudicii particulari? — Se tu nol sai, io tel vo’ dire; e mira se tu città di Siena ci se’ involta. Tre pecati sono quelli i quali fanno provocare Iddio a ira inverso i popoli, e so’ questi:

Primo è superbia.

Sicondo è lussuria.

Terzo è avarizia.

Ora io voglio che tu vega chiaramente che questi pecati dispiacciono più a Dio, che pecato che sia, nè potrai pensare il contrario con verità. Ode Giovanni ne la Canonica sua: Quidquid est in mundo, aut superbia vitae, [p. 108 modifica] aut concupiscentia oculorum, aut avaritia:5 — Tutto quello che dispiace a Dio e fallo muovare a ira inverso i popoli, perchè elli è offeso lui, si è superbia e lussuria e avarizia. — Sempre Iddio per questi pecati ha mandati e manda e mandarà grandissimi giudicii sopra a’ popoli. Or distendiamci a vedere se elli è vero.

Quando Iddio ebbe criata l’angelica natura,6 pose la legge, e subito la ruppero, e furono cacciati per lo pecato che commisero. Sai tu che peccato e’ fu? Elli fu el pecato de la superbia, chè Iddio voleva che l’angelica natura s’aumiliasse a Iesu ancarnato;7 e ellino non si volseno umiliare, anco si volseno esaltare e andare bene in alto sopra a Dio, se avessero potuto. Ma Iddio potentissimo subbilo li cacciò a terra co la potenzia sua, dove primamente fu cominciata quella alturità. Qui se exaltat, humiliabitur: — Colui che si esaltarà, sarà umiliato da Dio. — Se cerchi nell’Apocalipsa a xij cap. trovarai il modo come caddero, e dice così: — Et factum est praelium magnum in coelo: Michael et angeli eius praeliabantur cum dracone, et draco pugnabat, et angeli eius: et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in coelo. Et proiectus est draco ille magnus, serpens antiquus, qui vocatur diabolus et satanas, qui seducit universum orbem: et proiectus est in terram, et angeli eius cum illo missi sunt. Et audivi vocem magnam in coelo, dicentem: Nunc facta est salus, et viri tus, et regnum Dei nostri, et potestas Christi eius: — Elli fu fatto uno grandissimo romore in cielo: Michele [p. 109 modifica] angiolo e gli angioli suoi combattevano col Lucifaro dracone, e così combatteva il Lucifero e gli angioli suoi con lui. E la battaglia fu in sì fatto modo, che non si trovò il luogo suo in cielo, chè elli fu subito cacciato giù in terra quello dracone, serpente antiquo, el quale è chiamato diavolo e satanas; el quale seduceva le genti, e fu cacciato lui e gli angioli suoi con lui insieme. E una voce grandissima fu udita in cielo: Ora è fatta la salute e la virtù e il regno8 del nostro Iddio e de la podestà sua. — E come qui ne fu cominciata quella alturìtà — Qui se humiliat, exaltabitur: Colui che s’aumilia, sarà esaltato; — e qui fu finita: — Qui se exaltat, humiliabitur: Chi se esaltarà e leverassi in alto, sarà umiliato, e cacciato in terra. — E dico che quando elli cadde, ne menò seco tutti quelli che tenevano con lui. E però dice:9Et cauda eius trahebat tertiam partem stellarum caeli, et misti eas in terram: — Co la coda sua tirò con seco la terza parte delli angioli, e menolli dietro a sè. — Ove gli menò? Menogli nello inferno, dove lui fu umiliato da la potenzia di Dio. E qui puoi vedere come Iddio dà la pena sicondo la colpa commessa, e ’l Lucifaro che voleva andare su alto sopra agli altri, e elli fu posto sotto gli altri. E come tu vedi di questo peccato, così è la punizione delli altri pecati che si fanno nel mondo; chè tu vedi talvolta che uno che è in su altissimo, elli è cacciato giù al basso: colui che è grande, vedi diventare picolo: chi è rico, vedi diventare pòvaro. Colui che è qua, è posto là, e colui là, posto qua10: l’uno in altura, l’altro in bassura: l’uno in allegrezza, l’altro in tri[p. 110 modifica]steza. Qui diletto, colà dispetto: qui amore, colà odio e rancore. Oh, io incomincio a méttare mano! E però, o tu che stai a udire, nota il mio dire: a me m’incresce che tu l’hai a notare. Io tel dico, ma non vorrei che elli ti tocasse, ma io mi dolgo che elli t’averranno come io te lo dico. Credemi, credemi, ch’io so ciò ch’io mi dico. Tu hai veduto il pecato de la superbia come Iddio l’ha punito: vediamo gli altri.

L’altro pecato per lo quale Iddio manda i giudici suoi nel mondo, si è il pecato de la lussuria. Questo peccato si fa in questo mondo: quello della superbia, che io t’ho detto, si fe’11 nell’altra vita. Sai quando si cominciò a cadere in questo pecato? Va’, legge nel Genesis, nel primo cap. Quando Iddio ebbe fatto Adamo e Eva, che lo’ disse Iddio? Disse lo’: Crescite et multiplicamini, et replete terram: — Crescete e multiplicate, e riempite la terra. — Sai tu la cagione, perchè fu fatto l’uomo? La cagione fu per riempire la glòria di vita eterna de li spiriti che furono cacciati in dannazione: e’ luoghi dove essi erano, si dovevano riempire; e però fece l’omo, e fece lo’ quello comandamento. Or come io t’ho dimostrato del pecato de la superbia la punizione, cosi ti vo’ dimòstrare la punizione del pecato de la lussuria: la pena corrispondente a la colpa.

Vediamo prima che cosa è lussuria. Lussuria è altro che broda? — No. — Adunque, io ti vo’ dimostrare; questo peccato essere stato punito da Dio molto duramente. Quando Iddio vidde i pecatori12 tanto multiplicati in questo peccato de la lussuria e broda, allora e elli [p. 111 modifica] mandò quella punizione corrispondente al pecato loro; chè mandò una piova tanto grande di broda,13 che fu universale a tutto il mondo, e solamente quatro anime di uomini e quatro anime di femine camparo: tutti gli altri moriro. Che dico io? Tutti gli animali moriro, tutti gli ucelli, tutti i pesci, tutte le ferucole, e ogni criatura picela e grande morì; salvo quelli che furono riservati per seme nell’arca per comandamento di Dio. Or vede ora tu se questa fu punizione! Chè salendo la puza del peccato a Dio tanto vituperoso, elli el volse punire tanto aspramente; e con tutto che egli gli facesse tutti morire, come io t’ho detto, egli disse queste parole: Poenitet me fecisse hominem:14 — Io mi pento d’avere fatto l’uomo. — Sai perchè egli disse questo? Quia omnìs caro corruperat viam suam:15 — Ogni cosa era stata corrotta e diviata da la volontà sua. — E perchè a lui dispiaceva che l’uomo li facesse centra, elli dimostrò di pentirsi d’averlo fatto; e però disse: poenitet; e disfecelo, e anegò ogni criatura. E in questo modo fu punito il pecato de la lussuria e broda: co la broda che elli mandò da cielo, punì quella che era in terra: broda con broda.

El terzo peccato che fa muovare Iddio a ira contra a’ popoli, si è il pecato de la avarizia; e questo pecato Iddio il punirà affatto il dì del giudicio. Questa punizione s’aspetta di fare a quel tempo. L’uomo si chiama el mondo piccolo, el quale mai non si sazia: io dico di chi non si sa regolare. E a l’ultimo dì Iddio dirà: — O uomo, che ami tu? — Potrà rispondere: — Io amo terra. — Ami tu terra? E tu terra ârai. — E quello [p. 112 modifica] che elli amarà, quello ârà; e qui nel mondo hai âuto il pensiero, e non a Dio, e tu co le cose del mondo starai e senza Iddio.16 E per questa avarizia elli mandarà il fuoco da cielo; del quale è detto: ignis est usque ad consumationem, et devorans:17 — Quello è uno fuoco il quale ardarà e consumarà ogni cosa: — ardarà gli uomini con ciò che eglino hanno amato e disiderato. Hai disiderato oro? E tu coll’oro sarai arso. Hai disiderato pietre preziose o altre richeze? E tu con esse sarai arso. Quando quello fuoco sarà apicato a la terra, tu potrai ben gridare: al fuoco! al fuoco! al fuoco! che mai elli si spenga, chè non sarà possibile di mai poterne spégnare una luoia.18 Mai non fu fuoco in questo mondo simile a quello. Ignis sanctus est19: — Quello fuoco è santo; — però che elli farà la vendetta dell’ofesa che è stata fatta a Dio, e a Dio portarà odore di tal vendetta. Noi potiamo ben dire che quello fuoco farà vendetta di tutti i pecati, ma spezialmente dell’avarizia. Ode in santo Matteo a xxiiij cap.: Cum ergo videritis abominationem desolationis, quae dieta est a Daniele propheta ec. — Di che credi tu che egli vogli dire? Vuole dire del peccato de la carne.

O voi che mi state a udire, chi ha orechie da intèndare, sì intenda. Chi sarà involto nell’uno di questi tre vizi, sarà giudicato da Dio, se non si sarà amendato. E chi n’ârà due di questi vizi, che sia avaro e lussurioso, quanto starà peggio! E chi gli ârà tutti e tre, oh quanto starà pessimamente, essendo stato avaro, iniquo e lussu[p. 113 modifica]rioso! Oimè, oimè, che noi dovaremo tutti tremare di paura a pensare del giudicio di Dio! Non pensi tu che quella parola che elli dirà quando, esso ci giudicarà, quello âremo in sempiterno, o benedetti o maladetti che noi siamo da lui? Chè o noi âremo sempre bene, o sempre male. Deh, pensavi un poco o tu che se’ involto in questi vizii! Non hai tu mai posto mente a questi tre vizii? Elli sono tre che tu adori, e fai contra a la volontà e’ comandamenti di Dio. Diliges Dominum Deum tuum ex tota anima tua, et ex tota mente tua:20 — Amarai il tuo Signore Iddio con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.21 — Hallo fatto? — No. — E tu sarai punito. Questi so’ tre vizii, i quali se ne portò Lucifaro con seco nel profondo dello abisso. E questo è quello che dice; Et traxit tertiam partem stellarum cauda sua:22 — Tirò la terza parte de le stelle co la sua coda. — Due parti ne rimasero, e una parte ne tirò con seco.

Tu hai veduto come Iddio gastiga i popoli per due pecati: per superbia, come t’ho detto di Lucifaro, e per lussuria, come t’ho detto del diluvio. Per lo terzo pecato, cioè de l’avarizia, Idio mandarà il suo sterminio al giudicio generale, solo per questo idolo della disolazione. Elli verrà bene il giudicio per li altri peccati, sì; ma per questo sarà la fine di tutti, e darallo per punizione generale. Sai come la mandarà questa cosa? La superbia che vuole andare in su bene alto, e Idio la mandarà giù al basso, come fece al Lucifaro. La lussuria, che è broda e puza e vituperio, sarà punita con broda e puza [p. 114 modifica] e vituperio, come punì coloro al tempo dell’arca, che vi staranno dentro e non si potranno rilevare. L’avarizia sarà punita nello stremo dì del giudicio, quando farà ardere ogni cosa che è sotto al cielo.

Questi ch’io t’ho tochi, so’ stati giudicii di Dio generali: ora ti vo’ dire23 de’ particolari, e vòteli 24 mostrare, come per questi peccati vengono spesso guerre a’ popoli.

Prima, per umiliare la superbia manda guerra.

Per la lussuria manda pistolenzia.

Per gastigare l’avarizia manda la fame.

Udisti mai dire morte e pistolenzia e guerra? Inde è: detto: Pro multitudine peccatorum erit plaga eorum: — Per la multitudine de’ peccati Iddio manda le sue piaghe, cioè guerre, pistolenzie e mortalitè25, fame, scandali, tribulazioni, persecuzioni, disagi, e in molti modi gastiga i popoli co’ suoi giudicii. E perchè i pecati so’ sempre ne’ popoli, è comandato a noi predicatori per boca del Salmista a Ixvij salmi: Increpa feras arundinis, congregatio taurorum in vaccis populorum, ut excludant eos, qui probatis sunt argento: — Increpa, cioè, riprende fiera salvatica la canna vota, cioè la congregazione de’ tori ne le vache de’ popoli. — Sai chi so’ le vache de’ popoli? O donna, sâlo tu? Se nol sai, odelo e fa’ che tu il tenga a mente. È la donna in vescovado26, quando ella si fa vagheggiare; chè non vanno per altro in Chiesa, che per farsi vedere in torma: come le vache stanno in torma, loro! E però dice: — Grida alli indiavolati tori, che van[p. 115 modifica]no quando in giù e quando in su, a ciò che elli si schiudano27 quelle vache del diavolo: — come dice più giù: Ut excludant eos, qui probati sunt argento: — Acciò che schiuda coloro che so’ provati coll’argento: — cioè, che schiuda da ogni benefizio e da lo usare con loro. Non fretta: pur piano, piano; perchè ci è comandato che noi predichiamo e che noi apertamente parliamo e spieghiamo le bandere, sì che noi ci facciamo intèndare. Or io voglio che voi udiate s’io vi parlo il vero stamane. Timete Deum, popolo sanese, timete Deum: che se io stamane non vi fo tocare che voi fate in su lo stremo del giudicio vostro, non mi credete. Come dice Davit a vij salmi: Nisi conversi fueritis, gladium suum vibrabit: arcum suum tetendit, et paravit illum. Et in eo paravit vasa mortis, sagittas suas ardentibus effecit. Ecce parturiit iniustitiam, concepit dolorem, et peperit iniquitatem. Lacum aperuit, et effodit eum; et incidit in foveam, quam fecit. Convertetur dolor eius in caput eius, et in verticem ipsius iniquitas eius descendet. Dice Davit: — O Sanesi, Iddio ha il cotello in mano, e squotelo, et ha l’arco teso per saettare i giudicii suoi; che ti mandarà guerre, pistolenzie, fame, sospetti, sterminii; e molte fortune ti so’ aparechiate. — Doh, voliamo vederle più spiegatamente? Fate questa ragione, che voi siate sotto la cappa del cielo, e che voi aspettiate di quelle cose che aspettano gli altri che fanno male: io ti dico che Idio manda i flagelli suoi per questi tre peccati, cioè per la superbia e per la lussuria e per l’avarìzia. Quatro pecati so’ quelli che discendono da la superbia, e quatro altri ne discendono da la lussuria, e quatro altri da l’avarizia. E’ primi de la superbia so’ questi, i quali fanno provocare Iddio a ira inverso coloro che [p. 116 modifica] gli fanno. E sapete che vi vo’ dire? Non temete se voi non avete questi pecati:

Primo pecato è bastemia di Dio.

Sicondo è incantamenti del diavolo.

Terzo è arroganza in altrui.

Quarto è parzialità in voi.

Per questi quatro peccati manda Iddio i suoi flagelli a’ popoli.

Primo, per lo peccato de la bastemmia di Dio. Raguna tutte le bastemmie che si fanno a Dio o a’ suoi Santi, o a Maria sua Madre, o a qualunque altro Santo o Santa si sia, per tutti i modi che biastemmi, in ogni modo che tu offendi Idio, per questi28 tu puoi aspettare giudicio da lui. E così vo’ dire che è biastemma quella di colui; che dice, ch’io rinieghi Idio: se non è così, se tu menti, tu l’hai rinegato. Così chi giura e spergiurasi, anco bastemia Idio. Tale giura per lo corpo, tale per lo sangue, chi in uno modo e chi in un altro. Io mi credevo che voi aveste tenuto a mente quello che io già vi predicai l’altra volta29. Ah, voi avete le vostre pene: che chi biastemia uno riseduto30, paghi cotanto. Or ditemi: Idio, non è da più di te? Non è Idio riseduto, che elli debbi essere riguardato più di te? Certo, sì. O se a te non si può dire nè questo nè quello che ti dispiaccia, se non [p. 117 modifica] si paga la pena, perchè non così di Dio? E, e, effe, non che e, e! Tiene a mente: se tu hai così a vile Iddio, che tu ti tenga da più di lui; vuoi che si paghi la pena se t’è stata detta villania, e non vuoi che si paghi la pena di chi lo dice a Dio; tu stai male. Inde hai in Iosue a viiij cap.: Iuravimus illis in nomine Domini Dei Israel, et idcirco non possumus eos contingere. Sed hoc faciemus eis: reserventur quidem ut vivant, ne contra nos ira Domini concitetur, si peieraverimus: sed sic vivant ec: — Idio s’adirarà con voi, se noi ci spergiuriamo31; però che tu li dai contra32. — Non è cosa peggiore che dare centra al sommo bene: queste so’ cose da farlo adirare centra a te, popolo sanese. Non vedi tu che tu fai contro al comandamento suo, dove t’ha detto: Non memorare Dominum Deum tuum in vanum:33 — Non ricordare il nome di Dio invano? — Se tu li rompi il comandamento, tu sarai punito di là, e forse di qua e di là. O tu che non temi nulla Iddio, anco hai la lingua tua e ’l cuor tuo a non considerare nulla che abbi comandato Iddio; non consideri come tu se’ tenuto a ubidirlo? Non sarai poi considerato tu da lui. David disse di tali34: Fructum eorum de terra perdes; et semen eorum a filiis hominum: — Perchè essi hanno detto male di te, dice Davit, cioè biastemiatoti, levarai il frutto loro de la terra; e che sieno senza figliuoli e che sieno senza roba. — Non ti dico nulla dell’anima, che sarà del diavolo. La cagione sarà principalmente per la biastemia di Dio. Sai che dice Isaia, nel primo cap., di questi biastemmiatori? Dereliquerunt Dominum, blasphemaverunt sanctum Israel, abalienati sunt [p. 118 modifica] retrorsum. Super quo percutiam vos ultra, addentes praevaricationem? — Ellino hanno abandonato il Signore, non osservando i suoi comandamenti: anco l’hanno biastemmiato lui e’ Santi suoi. — E questa sarà la cagione, perchè elli vi mandarà e’ fragelli suoi.

Tu vedi qui la colpa, perchè elli li manda: or vede ora la pena, quello che elli manda. Cerca poco poco di sotto a questo ch’io t’ho detto pure d’Isaia. Dice:35 Omne caput languidum, et omne cor moerens. A planta pedis usque ad verticem non est in eo sanitas: vulnus et livor et plaga tumens, non est circumligata, nec curata medicamine, neque fota oleo. Terra vestra deserta, civitates vestrae succensae igni: regionem vestram coram vobis alieni devorant, et desolabitur sicut in vastitate hostili. Et derelinquetur filia Sion ut umbraculum in vinea, et sicut tugurium in cucumerario, et sicut civitas quae vastatur. Per la qual cosa voglia Iddio che non tochi a voi, che so’ che avete biastemiato, e anco tutto dì biastemiate e Idio e’ Santi, che per la colpa vostra non vi seguiti questa pena. — La terra vostra sarà deserta; e la città vostra, cioè Siena, sarà accesa di fuoco, e le regioni vostre saranno signoreggiate e pelate del buono che vi sarà dentro: poi saranno disolate di coloro che v’abitano, e abandonate da chi le manteneva, e terrânole i soldati, e la figliuola di Sion come una ombra vota,36 come si vota la vigna del frutto suo. — Dirà Idio: — Io ho usato insino a qui l’ónto: io t’ho lusingata perchè tu ritorni a me: ora sarai in maggior pericolo che tu fussi mai, che rimarrai ora come uno ombracolo di vigna. — Non sai, quando è vendemiata la vigna, che vi rimane solamente lo spara[p. 119 modifica]vichio?37 Così saranno le vostre vigne: rimarrâno come uno ombracolo, che per le guerre non si saranno potute lavorare; e se pure saranno lavorate, vi sarà tolto il frutto. Le case vostre per li soldati rimarrâno senza palco, senza finestre, senza uscio: tale casa sarà meza cascata; quale sarà a terra uno palco, quale tutti. O come si chiamarà poi, quando sarà così guasta? Chiamarassi ombracolo. Doh, avete voi veduto quando elli si fa il capa— nello per li poponi, che sempre sta in ponto da potervi abitare dentro, mentre che vi so’ de’ poponi; ma poi quando i poponi so’ venuti meno, allora rimane come uno tegurio? Doh, cittadino, crede a chi ha veduto cogli ochi suoi,. Io mi so’ già ritrovato in luogo del mondo, che per le guerre che vi so’ state, ella38 è stata abando— nata, che non v’è rimaso se non tre o quatro frati; che v’abitano le bestie salvatiche, come se ine fusse statavi una selva; che prima era abitata da tante genti onorevoli, ora abitano le bestie salvatiche. Doh, immè, città di Siena, guarda, ben guarda! Hai mai udito quando la casa del tuo vicino arde, corre alla tua coll’aqua? O cittadini miei, non avete voi ochi? Se voi gli avete, apriteli un poco. O città di Siena, apre gli ochi, e ripara a quel che tu puoi ora, a ciò che tu non diventi come uno capanello o come uno ombracolo. Doh, io voglio che basti in quanto al primo peccato de la biastemmia. Come si chiama questa predica, o donne? Sapetelo? Questa si chiama la predica de la verità.

El sicondo peccato che discende da la superbia, si è il peccato de li incanti e de li indivinamenti, e per questo [p. 120 modifica] pecato Iddio manda spesse volte fragelli a le città. Altra volta so ch’io ne dissi, e dissene tanto, che a chi udì e a chi intese, ne dovarebbe venire paura; chè ne parlai tanto chiaro, che non credo che ne rimanesse a dire nulla. Chi misura a spanne, chi con brevi, chi con incanti, chi con malie, chi indivinamenti; che tal’è che, se gli fusse stati furati cinque soldi, elli è corso a l’incantatori e indivinatori. Sai quello che tu hai fatto? Tu hai fatto rinegare Iddio a le persone, e hai fatto adorare il diavolo. Oimmè, oimmè, el Signore del cielo e de la terra è stato anichillato, e ’l diavolo con cotanta39 iniquità essere adorato! E colui dice: — io non so come la cosa si sia, già io: io trovo che m’è stato detto il vero. — E io ti rispondo che tu non te n’avedi che tu se’ stato ingannato, e ètti stato mostrato una per un’altra. Doh, accecati, o non avete voi mai inteso de li inganni suoi, come elli sempre ci ha ingannati e sempre se n’è ingegnato? Va’, cerca nel Genesìs nel principio, quando elli cominciò a tentare e ingannare Eva e Adamo, quando inducendoli a rompere il comandamento di Dio, disse: Eritis sicut Dii, scientes bonum et malum40: — Voi sarete come Idii, e cognosciarete il bene e ’l male, se voi ne mangiarete; — tanto che gli fece cascare. O tu de le sorte, quanto mal fai, e quanti ci so’ di coloro che l’hanno seguite! Come t’insegnano il vero! E hannoti detto anco nulla, che tu vega che elle mentano? Nè anco l’hai volute lassare? Guai a te! O tu de la incanta dei tre buoni frati, quanto mal fai! O tu de l’ossa sconcie, e così a colui o colei che dice che è amaliata, e colei ti dà a crédare che e’ sia vero, ponete mente che le pri[p. 121 modifica]me percosse de’ fragelli di Dio saranno quelle che hanno41 seguiti questi incanti, e poi tocarà a quelle persone che no ne fanno giustizia. Non hai tu posto mente come Idio nel Testamento Vechio l’aveva tanto per male? Solo perchè elli è tanto dispiacevole a Dio, e dimostrollo chiaramente. Sappi che colei o colui che dice che le sa disfare, tiene che egli le sa anco fare42. Quando tali persone dicono di volerlo guarire, sapete che fate? Non vi so’ meglio dire: al fuoco, al fuoco!43 Oimmè! O non sapete voi quello che si fece a Roma mentre che io44 vi predicai? O non potrei io fare che così si facesse anco qui? Doh, facciamo uno poco d’oncenso a Domenedio qui a Siena! Io vi voglio dire quello che a Roma si fece.

Avendo io predicato di questi incantamenti e di streghe e di malie, el mio dire era a loro come se io sognasse. Infine elli mi venne detto che qualunque persona sapesse niuno o niuna che sapesse fare tal cosa, che, non acusandola, elli sarebbe nel medesimo peccato. Elli ce n’è uno verissimo testo che dice: Non cadit scrupulum facinoris, oculta qui manifeste non desinit obviare (a xxvj quistione, V: comincia il cap. Episcopi). E come io ebbi predicato, furono acusate una moltitudine di streghe e di incantatori. E per la tanta quantità de li acusati, elli venne a me el guardiano, e dìssemi: — Voi non sapete? Elli va a fuoco ciò che ci è!— Io domando: — Come? che ci è? che è? — Elli sono stati acusati una grande quantità d’uomini e di [p. 122 modifica] femine. — Infine, veduto come la cosa passava, elli ne fu fatto consiglio col papa, e determinossi che fusse prese45 le magiori, cioè quelle che peggio avessero fatto. E fune presa una fra l’altre, la quale disse e confessò senza niuno martorio, che aveva ucisi da xxx fanciulli col suchiare il sangue loro; e anco disse che n’aveva liberati lx; e disse che ogni volta che ella ne liberava niuno, ogni volta si conveniva dare uno membro al diavolo per sagrificio, e davane uno membro di bestia; e a questo modo facendo, continuò gran tempo. E più ancora confessò, che ella aveva morto el suo propio figliuolo, e avevane fatto pólvare, de la quale dava mangiare per tali faccende. E perchè pareva cosa incredibile46 che una criatura avesse fatti tanti mali, fu voluto provare se era vero. Infine fu domandato chi ella aveva ucciso. Ella diceva chi, e cui figliuoli ellino furono, e in che modo, e a che tempo ella li aveva morti. E andandosi cercando la prova del padre di coloro che erano morti: — Avesti mai uno figliuolo picolino, che al tal tempo ti fusse guasto, e poi morto?47 — Infine rispondenda di sì, e’ concordavansi in che dì, in che ora, in che modo la cosa era passata, non essendo meno nè piu che colei dicesse. E disse del modo come ella andava innanzi di in su la Piazza di Santo Pietro, e ine aveva certi bossoli d’unguenti fatti d’erbe che erano colte nel dì di santo Giovanni e nel dì de la Ascensione. Sai: tu m’intendi! Sècci? Anco forse ce ne so’ di quelle indiavolate maladette! Infine io li ebbi in mano,48 e ponendomegli al [p. 123 modifica] naso elli putivano per sì fatto modo, che ben parevano cose di diavolo,49 come erano. E dicevano che con essi s’ugnevano, e così come erano ónte, lo’ pareva èssare gatte, e non era vero; però che il corpo loro non si rimutava in altra forma, ma ben lo’ pareva a loro. Dice santo Agostino così: Non cadit scrupulum facinoris, oculta qui manifeste non desinit obviare. E Alissandro ne la xxvj quistione, V cap., Episcopi.

Dicono che il diavolo può ingannare queste femine, quando fanno tanto male, e così le inganna, che come so’ ónte, lo’ pare a loro medesime èssare diventate come gatte, e par lo’ andare ne le case a quelli fanciullini, e succhiar lo’ il sangue e guastarli e disertarli, come molte volle s’è veduto; e non è vero che elleno sieno loro, ma è il diavolo propio. Diciamo: o che faceva il diavolo di quello sangue? Vomicavalo, e ingannava coloro, e andava dimostrando lo’, che quelli fanciulli sarebbero stati morti di mala morte, o fatto qualche grandissimo male. Or mi di’; credi che ’l diavolo le sappi, quando èlli vuole ingannare altrui? Elli si dice che propiamente il diavolo va al fanciullo, e fa lui tutte queste cose ch’io dico, e talvolta lo stroppia per modo, che elli non è mai più libarp50. Elli so’ stati già di quelli che hanno veduta la gatta quando va a fare queste cose; e tali so’ stati tanto preveduti, che hanno âuto qualche cosa in mano e arandellato a quella gatta, e talvolta l’hanno giònta. E di quelle so’ state, che hanno riceuta tal percossa, che hanno rotta la gamba. E a chi credi che sia rimasa la percossa? Pure a la femmina indiavolata, none al diavolo. E in questo modo l’uno inganna l’altro. Gli [p. 124 modifica] ochi di tali femine so’ ingannati per la malizia loro e per lo essere quello ch’elle non so’. Oh, elli si vede questo visibilmente, parere delle cose che non so’, e rimangono gli ochi ingannati! Chè ho già âuto io trattato, che il diavolo può dimostrare che qui sia uno mare pieno di navi, e non sarà però vero. E per che modo i questo si ha di dimostrarlo? Dice che elli dimostrerà che così sia per li sviluppi dell’aria. Oh, se tu vuoi vedere che talvolta pare quello che non è, io so che io ho âuto già spechio, nel quale è parato a chi vi mira, che vi sieno due visi volti sotto sopra: questo pur non può essere vero. E con quello medesimo spechio avendotelo acostato un poco più a te, non se n’è veduto altro che uno, e quello col capo di sopra, come è vero. E acostandotelo un poco più, pareva che ’l viso fusse grandissimo, e’ peli che altri ha nel viso parevano grandissimi e grossi. E così ogni cosa parevano grandi: el naso e gli ochi e la boca. E di questo fare, che paia una per un’altra, donde è venuto? È venuto dal diavolo che n’è maestro, e dimostra lucciole per lanterne. Questo tale specchio ha âuto il suo petto a contrario degli altri spechi. Puossi fare? Sì, e vedi che rimane ingannati51 gli ochi nostri. E così dico che il diavolo inganna tali femine. Infine costei fu condennata al fuoco, e fu arsa, che non vi rimase di lei se non che la pólvare.

Anco ne fu presa un’altra che confessò d’aver fatte simili cose, e fu condennata pure al fuoco, e morì per altro modo costei; che quando si mise nel capanello52, non fu strozzata; anco vi fu messoli fuoco mentre che [p. 125 modifica] era viva, che non si vide di lei altro che cennere. E come fa fatto di costoro, così si vorrebbe fare dove se ne trovasse niuna. E però vi voglio fare questa amonizione, e avisovi, che dove ne fusse niuna, e qualunque ne sapesse o conoscesse niuna in niuno lato, o dentro o fuore, subito l’acusi a lo Inquisitore: o vuoi che sia ne la città o vuoi nel contado, acusala: ogni strega, ogni stregone, ogni maliardo o maliarda o incantatrici: fa’ quello ch’io ti dico, acciò che tu non abbi a rendere ragione al dì del giudicio, avendo tu potuto fare stroppiare dimolto male, che si sarebbe stroppiato avendola acusata. Anco vi dico un’altra cosa, che come niuno o niuna ne sarà acusata, se persona andarà per aitarla, a la sua casa sarà mandata la maladizione da Dio, e risentirassene sì ne la robba e sì nel corpo, e anco poi nell’anima. Doh, ditemi: parvi che abbi fatto tanto bene una persona che ârà fatti morire a’ suo’ dì in quel modo xx o xxx fanciullini, quando poi elle so’ acusate a la Signoria, che voi l’andiate aitare e pregare per loro? Se elli fusse locato a te, ch’ella ti avesse morto uno de’ tuoi figliuoli, che te ne parrebbe? Pensa da te a un altro! Pensa anco maggior fatto: non pensi tu che tali incantatrici, ogni volta che âranno fatto niuno incantesimo, hanno rinegato Iddio? Che peccato ti pare a rinegare Iddio, eh?53 Doh, sai che intervenne di questi incantatori, eh? Intriamo in pratica.

Elli54 fu a Roma uno famiglio d’uno cardinale, el quale andando a Benivento di notte, vidde in sur una aia ballare molta gente, donne e fanciulli e giovani; [p. 126 modifica] e così mirando elli ebbe grande paura. Pure essendo stato un poco a vedere, elli s’assicurò e andò dove costoro ballavano, pure con paura, e a poco a poco tanto s’acostò a costoro, che elli vidde che erano giovanissimi; e così stando a vedere, elli s’asicurò tanto, che elli si pose a ballare con loro. E ballando tutta questa brigata, elli venne a sonare mattino. Come mattino tocò55, tutte costoro in un subito si partiro, salvo che una, cioè quella che costui teneva per mano lui, che ella volendosi partire coll’altre, costui la teneva: ella tirava, e elli tirava. Elli la tenne tanto a questo modo, che elli si fece dì chiaro. Vedendola costui si giovana, elli se ne la menò a casa sua; e odi quello che intervenne; che elli la tenne tre anni con seco, che mai non parlò una parola. E fu trovato che costei era di Schiavonia. Pensa ora tu come questo sia ben fatto, che elli sia tolto una fanciulla al padre e a la madre in quel modo. E però dico che là dove se ne può trovare niuna che sia incantatrice o maliarda, o incantatori o streghe, fate che tutte siano messe in esterminio per tal modo, che se ne perdi il seme; ch’io vi prometto che se non se ne fa un poco di sacrificio a Dio, voi ne vedrete vendetta ancora grandissima sopra a le vostre case, e sopra a la vostra città56. E scrivarovelo ancora con le lagrime agli ochi, che la cagione de’ danni vostri sarà in parte questa. Doh, fate quello ch’io vi dico: datene un poco d’odore a Domenedio; non aspettate la vendetta di Dio. Se voi aspettarete il flagello di Dio e lo sterminio suo, voi me ne ricordarete. Sapete perchè io temo più di voi che di niuno altro luogo? Perchè mai non fui in paese57, che tanti [p. 127 modifica] € tante ne fussero, quanti ne so’ in questo vescovado. Per la qual cagione, se voi no ne fate qualche dimostrazione58, elli v’averrà quello che di voi dice Michea profeta al V cap.: Perdam civitates terrae tuae, et destruam omnes munitiones tuas, et auferam maleficia de manu tua, et divinationes non erunt in te. A te so’ dette queste cose, Siena: — Tu perdarai le tue terre, e guastarò le tue case ragunate, e torrò il sacrificio de le tue mani, e non saranno in te le cose divine. — E hanne già due, biastemia e incanto.

La terza cagione del pericolo de la tua città, Siena, si è arroganzia. E’ miei cittadini sanesi stanno troppo grassi, e però so’ cosi aroganti. Elli stanno con pace e con acordo fra loro: ellino hanno molte richezze, e di fuore molte possisioni,59 molto bestiame, e in molti modi si contentano. Ma tenete a mente e guardatevi che non tochi a voi quello detto di Giovanni ne la sua Apocalipsa al iij cap.: Dicis quia dives et magnus sum; et nescis quia pauper et nudus es.60 Guarda, guarda, dico guarda! Che se tu dici a questo modo: — Io so’ rico, io ho de la robba assai; io ho de le possisioni; io ho del bestiame; io so’ ben vestito e ben calzato; io ho de’ danari assai; io ho de’ figliuoli assai; io ho ciò ch’io voglio, egli non mi manca nulla; — sai che ti dico, o cittadino? Ora ti guarda, chè ora hai bisogno più che mai di guardarti. E se’ dici: — Elli non mi manca nulla; — e io ti dico che elli ti manca una cosa sola. Sai che ti manca? Elli ti manca solo l’ira di Dio. Se l’ira di Dio si versa so[p. 128 modifica]pra a te, oimmè, guardati, guardati, ti dico! Che poi ti si potrà dire: — tu non se’ più rico, anco se’ pòvaro; però che tu non hai la grazia di Dio. Tu se’ cieco, chè non puoi più vedere Idio. Tu se’ innudo, chè t’è stato tolto ogni cosa buona, che tu ingratamente tenevi; però che tu non se’ più vestito di quello che Idio t’aveva dato. Sta’ basso, gativello61, non ti levare in superbia: se tu ti levarai in alto, e Iddio ti bassarà.62Quia Deus superbis resisiit: humilibus autem dat gratiam:63 — A’ superbi Iddio dà pena, che gli fa stare bassi per forza, e a li umili dà la grazia sua. —

La quarta cagione che Iddio manda l’ira sua a uno popolo o a una città o a una provincia, si è parzialità. Io ho di questo tanto predicato, che voi ne dovareste essere già stanchi d’udirne più.64 Sappi che Iddio vede lume per la finestra ferrata. Perchè tu dica: — Oh! io non tengo parti più, come io facevo; — sappi che tu nol puoi inganare; elli vede il cuor tuo. — Sai che ti vo’ ricordare? Ricorditi del detto de lo Apostolo:65 Omne regnum in se ipsum divisum desolabitur, et domus supra domum cadet.66 Per le divisioni e parti io t’aviso del detto appostolico,67 — che ogni regno di divisioni si disfà, e l’una casa cade sopra a l’altra. — Anco se vuoi vedere il detto di Pavolo ad Galatas, a V cap: Videte ne ab invicem consumamini: — Voi vi magiate insieme, e abassate l’uno l’altro. — O non vi consumate voi l’uno l’altro? — Sì. — Cittadini, o [p. 129 modifica] cittadini, quanto più v’abassate tra voi, e quanto più vi date adosso l’uno contra l’altro, tanto sête meno forti; però che dove voi vi dovareste tenere insieme, e l’uno dice male dell’altro, e così venite a guastarvi tutti: che guastando l’uno l’altro, voi verrete a essere cagione voi medesimi del vostro danno, chè non bisognarà che altre genti ci ponghino mano68 a guastarvi. — E hai già le prime quatro: vediamo ora l’altre quatro.

Prima cagione dell’altre quatro si è lussuria e carnalità viziosa.

Sicondo si è il pecato contra natura.

Terzo è il mancamento del senno e di buono consiglio.

Quarto è il mancamento della santa giustizia.

Al primo: dico che è il pecato de la lussuria e de la vita carnale: del quale vizio e peccato dice Nahum profeta a iij cap.: Vae, civitas sanguinum, universa mendacii dilaceratione plena! — Guai a la città sanguigna, carnale e piena d’ogni vizio, mancando virtù a tutti, e l’uno dare contra all’altro, pieni di lussuria e di fornicazione. — Io vi dissi e vi promisi ieri cosa che non vorrei che vi venisse, delli sterminii: ma sapete che vi vo’ dire? El fatto vostro è tanto troncato, che fra voi non bisogna se non solo uno solfinello: non vi bisogna altra ésca. E però dico, cittadini miei, che io mi credo ch’e’ saranno più tosto ch’io non pensavo.69 Elli ve li mandarà subbito, chè non aspettarà molto tempo. Vox tonitrui tui in rota: — La voce del tuo tono è nella ruota. — Io vel dissi eri, che noi siamo a lato a lo sterminio. Doh, voliamo noi vedere più chiaro el detto di Nahum? Vediamo quello che vuol dire, quando disse: Vae, civitas sanguinum! [p. 130 modifica] Vediamo se elli disse de la città di Siena. O città viziosa, cerca ne lo Eclesiastico al viiij cap.: Ne respicias mulierem multivolam, ne forte incidas in laqueos illius: — Non mirare donna che non sia stabile e che non è tua, però che tu forse cadresti ne’ suoi lacciuoli. — E questo e gli altri vizi fanno muovare Idio a ira inverso di voi. Guai, guai a la città del sangue! Voglia Iddio che Siena non sia essa. Dice Osea nel iiij cap.: Sanguis sanguinem tetigit: — El sangue s’involle nel sangue. — Voi minate nel sangue per lo vostro mal fare e mal pensare l’uno contra all’altro. Credetemi che Iddio vi mandarà sterminio. Tu il vedi per alturità e anco il vedi co la ragione. O omini, se Dio vi benedica, e anco a voi donne, dico a tutti insieme, e sturatevi gli orechi e gli ochi; io dico gli ochi de lo intelletto e l’orechie del corpo. Doh, attendetemi parecchie parole con effetto70, e tenete a mente, giovani e vechi, omini e donne, fratelli e suore mie. Udiste mai che Siena stesse involta in tante lussurie e in tanti vizi e in tante richezze, con tanti ornamenti di vestiri, quanto ella sta oggi? Questo dimostra tutta la scorza de la vita carnale vostra. Io vi voglio mostrare che questa città è ornata de le più belle donne e più ornate, che luogo ch’io sappi. So’ di quelli e di quelle che adornano tanto le loro figliuole e le loro donne, che non hanno altrettanto in casa, quanto hanno in vestiri. E talvolta interviene questo solo per la mala usanza. Tale menarà la sua donna novella a casa sua, e se ella non ne va ornata con panni atrascinanti, con; ariento, con pietre preziose, con ghiandarelle, con ghirlande di seta, con perle e con cinquanta zacare71, tutte [p. 131 modifica] piene di vanità, mai non àran pace insieme, se ella non ha queste cose. E non v’avedete che voi vi disertate l’una casa e l’altra? L’una colle grandi dote, e l’altra co le vanità: pieni i goffani, che non se ne fa nulla, altro che male; che potreste stare ricamente, se voi vi provvedeste! Non vedi tu che i vestiri che tu fai, non vaiono72 quasi nulla a rispetto che ti so’ costati? E che ne fai tu? Come tu hai menato la donna, che ella è venuta a casa tua con quelli vestimenti, messeseli due o tre volte: poi il mette in cassa e tiello morto, e non se ne fa nulla se non per le tignuole, e talvolta ârà necessità d’un’altra cosa, che ne stenta. Che si vorrebbe fare a questi cotali peggio che si vorrebbe fare a colui che mette una mala usanza in una città. Colui che n’è cagione, si vorrebbe piantare73. Non pensate voi che peccato è a méttare una mala usanza? E poi che ella è cognosciuta, che si vorebbe fare a chi la seguita? Tale sarto è stato, che è stato cagione d’uno grandissimo peccato, e d’uno grandissimo danno d’una città per la mala usanza che elli mette; che si vorebbe fare cosa per essempro, che ella fusse sempre tenuta a mente. Elli si vede che la donna, non più che veduta una usanza nuova, perchè ella ha il capo voto, subito ella è al sarto, e diceli: — io voglio così e così; — e piglia il suo vestire. Se elli non può fare di nuovo, e ella il ritaglia e metelo a l’usanza nuova, e in uno punto ârà peggiorato il vestire uno terzo. Volete vedere quanto danno voi fate a voi medesimi? Ditemi, quanto danno si può fare a uno che ha solamente uno vestire? Puosseli fare dan[p. 132 modifica]no cotanto, e chi n’ha due, arecagli pure a l’usanza, tanto più74: chi n’ha dieci, fa’ la ragione tu; che tal persona sarà che in uno punto farà recare a l’usanza sei o otto vestiri, e di subito si sarà peggiorato quaranta o cinquanta fiorini. Non vedi tu chi te n’è stata cagione? Io dico che si vorebbe piantarli! Ma, ne la vostra buon’ora, non considerate voi nulla? Vuoi ch’io ti dimostri anco peggio? Che sarà tale che non ârà vestiri atti a poterli recare a l’usanza, e ella li vorrà fare di nuovo, e forse che ella sarà impotente; e per fare il vestire a quel modo, si mettarà ella e ’l marito a fare cinquanta magli75. Ma poniamo questo caso, che forse ci sarà di quelle che diranno: — Frate Bernardino pur predica di questi nostri vestimenti, e dice che noi siamo andate molto vanamente oltre: noi aviamo assai vestiri; che ne potiamo noi fare? Costui non vuole che noi li portiamo a questo modo, e non vuole che noi li rechiamo a l’usanze, e anco non vuole che noi ne faciamo di nuovi; e quelli che so’ fatti a l’usanza, non vuole che noi li rivendiamo, perchè se ne pérdarebbe troppo. Che ne doviamo dunque fare? — Sai che ti vo’ dire? Dicoti che se se ne potesse fare fritelle, che noi ne facessimo e che noi ce le mangiassimo. Dice colui: — Oh, io li vendàrò! E a chi? A colui che n’ha di superchio?76 Pur qui rimarrebe però il tuo vestire; ma io vi dico così, perchè voi gli leviate via. S’io non potrò farveli levare, almeno non rimarrà per dirvelo. Siate certe che [p. 133 modifica] se io vedesse che e’ fusse bene che voi le riteneste, io non vi direi quello ch’io vi dico. Ma perchè io vego e toco che voi fate male, però ve n’amonisco. So io bene che voi dovete attèndare con fede a’ predicatori, se voi sête cristiani. Pavolo te n’amonisce, e anco tutti e’ Santi hanno speculato e veduto che questo è male e vanità e cosa da fare pèrdare l’anima e ’l corpo, e consumamento de la robba. E perchè hanno così veduto, hanno lassato per iscritto per nostro amaestramento. Non vedi tu, che come tu hai menato la donna, hàla vestita d’assai vestimenti, e’ portali forse uno mese, e poi li mette nel goffano, e tielli morti quasi tutto l’anno, che non se li veste una volta o due in quell’anno? Non cognosci tu? Elli ci so’ di quelle che dicono: — Oh, io non me gli méttarò più! Io gli vo’ lassare stare, ch’io vego e cognosco ch’egli dice il vero. — E quanto tempo gli lassarai stare? Che di chi a uno mese o due si faranno noze, e tu ritornarai al medesimo modo come hai fatto. L’altra pensa e dice: — E io che ne farò dei miei? — Dicotelo: fuore non gli mandarai tu, nel contado. Non è però che non gli volessero volentieri, e che non gli paia77 meritargli meglio che tu: ognuna fa il suo pensiero. Doh, immè, io vo’ bilanciando sempre di queste tali cose per vostro ben vivare; e vo’ misurando ciò che voi fate, e vego tanti pecati! I’ vego tanti disordini: io toco tante vostre cose scorrette! E hovene tanto detto, e anco so che per altri che per me anco v’è stato detto! Eziandio Cristo, io dico Cristo con tutti i Santi, non hanno âuto potenzia di farvi amendare! Non è valuto lusinghe, non è valuto prieghi, non [p. 134 modifica] giurazioni, che mai non vi sête voluti recare a ben vivare. Ma credetemi, credetemi, che infine voi trovarete ch’io vi dirò il vero: che elli ci verrà uno o due fra voi, che vi farà mutare modo; chè ârà più forza frate Mazica o frate Bastone, che non ha âuto Cristo, o’ Santi, o niuno predicatore. Tenete a mente, tenete a mente, che cosa vi farà fare frate Bastone, che non l’ha potuta far fare78 frate Bernardone79. Sai tu che medicina si fa a colui che è ripieno d’omori? A volere guarire gli bisogna el flusso o argomenti o medicine per dare uscita a le sue collora. 80 Sai che medicina bisogna a te, Siena? Bisogna il bastone: cotali bastonate saranno atte a poterti fare dirizare. Io non so’ s’io so fuore di me! O donne, so’ io fuore di senno? Tenete voi che io sia impazato? Sapete che io tengo di voi?81 Io vi tengo tutti pazzi; voi con vi cognoscete ancora, vi dico. Donne, le vostre giorneie vi faranno ravedere: chè verrà tempo, e non è82 troppo da la ònga, che voi sarete trovati con sì buono fornimento in casa vostra, che a voi medesimi ne incresciarà d’avergli, però che ai vostri ochi vegenti vi saranno tolti, e non ve ne potrete aitare: sarete sbudellati, e pure la robba andarà via. Credetemi, credetemi, che voi sête presso al giudicio di Dio! Elli è di bisogno che ’l vostro ripieno sia purgato, o per andata o per rogna, o per postema: qualche uscita dovete voi avere. E però fate pure che voi n’araguniate assai, chè quanti più n’ârete, più ne spèndarete. E questa sarà la [p. 135 modifica] prima cagione, per che Iddio vi mandarà il suo giudicio: per la superbia e per la vita viziosa83. All’altro.

El sicondo peccato si è quello che è contra a natura. Questo non si fa già a Siena! Doh, cittadini, non considerate voi nulla? Per certo ch’io non so se voi vi séte impazati. Doh, immè, non avete voi l’essempri di Sodoma e di Gomorra? Non temete voi Idio? Non senti quello che sente il cielo del peccato tanto multiplicato nel mondo? Quanto ch’è a me, io mi credo che tu nol senta; chè se tu il sentisse, tu terresti altri modi. Sai la cagione perchè tu non senti questo? Perchè tu hai le orechie tutte piene di càcola. Perchè dunque non le sturi? Perchè tu non vuoi udire: vuoi più ratto84 aspettare il giudicio di Dio. Iddio versarà l’ira sua e ’l giudicio suo sopra di te, città di Siena. Credetemi, credetemi85 che io aspetto anco di sapere i guai vostri. Oimmè, che a me me ne ’ncresce, e non so io stesso che farmi. Io ho fatto dal canto mio ciò ch’io ho potuto per trarvi de la mala vita, poi ch’io v’ho dimostrato come voi dovete lassare il vizio, nel quale voi sête, e no ne volete uscire. Conviemmi ora dire e dimostrare86 il giudicio vostro co’ vizi insieme, poi che voi volete stare indurati nel maladetto vizio sodomitico. O indiavolati sodomiti,87 ode che dice Ieremia di te al vij cap. O città di Siena, quanto stai male! Dice: Filii colligunt ligna, et patres succendunt ignem, et mulieres conspergunt adipem, ut faciant placentas reginae coeli, et libent diis alienis, et me ad iracundiam provocant. Che dici tu, o Ieremia, che dici? A chi dici [p. 136 modifica] tu? — A’ sodomiti dico. — O sodomitta, apre gli orechi ora che è il tempo. Sodoma che viene a dire? Sodoma è interpretata pecora che non bela; Gomora ciechità. Dice: — I figliuoli colgono le legna e....88 (A la palla gonfiata sento che si giucca, e qui si predica eccetera, ecceterone). E’ figliuoli colgono le legna, e’ padri mettono il fuoco. — Sai che vuol dire? Vuol dire che come tu hai questo pecato sodomitico tu, così anco il tuo padre89; sì che ’l padre e ’l figliuolo so’ involti90 in questo peccato. Doh, udisti tu mai quando il granchio fu domandato, perchè elli andava così a l’adietro? La risposta che elli fece, e notala, la risposta fu questa: — Così andava anco il mio padre. — Così mi pare che possine dire i vostri figliuoli quando fanno tal peccato: — El mio padre fu sodomito anco lui; — sì che i figliuoli colgono le legna, e’ padri accendono il fuoco: peggio, che le donne l’atizano! O donna che hai il figliuolo già grandicetto, fallo ben bello, adornalo, perchè elli piaccia bene! Chè t’ingegni anco tu di fare ciò che tu puoi, e sènne contenta, perchè tu vedi che elli torna poi col farsettino al bellico a casa, e talvolta co la giornea, e anco col fiorino in borsa! E sai che è? Che non v’è pericolo: non v’hai a mèttare nulla, sai! Elli è maschio: se fusse femina, forse non faresti così, perchè ingravidarebbe; e perchè elli non ingravida, e tu ne se’ contenta, e fai la schiacciata a la reina del cielo! E tanto farai così e così tu, che tu provocarai Idio a ira; e Idio [p. 137 modifica] vedendo questo e gli altri vizi, ti minaccia e dice: — Elli verrà l’ira mia sopra di te. — Sai che farà? Elli ti mandarà guerra, pistolenzia e caristia per gastigare i sodomittì; che non vi rimarrà nè bestiame, nè pocissioni, nè giardini, nè denari, nè eziandio persone: in ogni cosa dimostrarà l’ira sua, dicendo: — Sopra d’ogni cosa disscendarà l’ira mia. —

Terzo, che per questo vizio vi manca ogni buono e dritto consiglio. Che bisogna a chi ha a règiare e goverrinare? Bisogna che elli consigli, e conviene che elli abbi senno per sè e per gli altri. Egli bisogna aver senno per picoli e per grandi, per pazi e per savi, per pòvari e per richi, per femine e per maschi. Se tu sarai involto in questo vizio, elli ti sarà tolto il senno, però che questo vizio tel tòlle più che niuno altro peccato. Vuoi vedere come questo vizio tòlle ogni buon consiglio? Tale sarà che darà uno consiglio none a bene comune, ma a suo bene propio e a sua volontà e a suo contento propio: elli non pensa in altro. Oh, quanto sta male quella città, la quale segue tali consigli! Questi tali non pensano se non a loro medesimi: non può durare. De la quale91 dice Isaia a xxvij cap.: Civitas enim munita desolata erit, speciosa relinquetur, et dimittetur quasi desertum: ibi pascetur vitulus, et ibi accubabit, et consumet summitates eius: — La città che sarà viziata di tali consigli, sarà disolata se ella non si amendarà, imperò che la città che ha i buoni consigli, si fortifica. — Adunque, avendo i gattivi consigli, díe subito mancare. Siena, Siena, o Siena, io temo, io temo che tu non sia disolata! Per certo io ne ’temo, se tu non t’aconci con Dio. [p. 138 modifica]

Quarto. Sai di che t’amonisco? Non fare centra a Dio; che se tu li farai centra, elli ti dice che non ârà poi misericordia di te, quando tu gridarai. Tu vuoi essere ingrata, non ricognoscendo tanto bene, quanto elli t’ha dato: tiene a mente, che tu sarai punita. Vuoi tu altra chiosa, se non che chi mal farà, male ara? No: non bisogna altro che questo. Che dice Davit profeta Propter iniustitias enim suas humiliati sunt:92 — Per le loro ingiustizie ellino sono umiliati. — E âio detto! Vuoi ch’io ti dica quello ch’i’ ho veduto e vego, e anco tu il puoi vedere? Mai non trovai terra dove mancasse la giustizia, che mai sia bene capitata. Cerca tu s’io dico il vero. E dove è più morta la giustizia che a Siena che quasi è morta a fatto? Se voi la volete pur morta, fatela almeno bandire, acciò che le sia fatto qualche poco d’onore: fatela bandire per Siena in tutti i luoghi: — La giustizia è morta: li angioli vi mandano pregando, che voi la veniate a sotterrare, se a voi piace. — Oimmè, cittadini! Non favoreggiate mai contra a la giustizia, per quanto voi avete cara la grandeza vostra: non la voliate cacciare fra morti; non l’atterrate, non l’atterrate, ch’io so bene quello mi dico, eccetera. Doh93, io [p. 139 modifica] vi vo’ dire cosa che forse vi parrà un gran fatto. Io udii che ’l re Luigi fu uomo molto di Dio, e fu molto savio: certi uomini furono che volevano adomandarli una grazia: volevangli adomandare uno, il quale era ne la prigione per la persona; e composersi costoro d’andare a chièdargli la grazia il vénardì santo, e così fecero. Andati,94 disse uno a chi era istato imposto il dire: — Santa corona, noi v’adomandiamo una grazia per amore del nostro Signore, il quale in tal dì quale è oggi. volse morire per la salute de la umana generazione, e per tralla del legame col quale era legata ne le mani del nimico suo. — E feciorli quine uno grande e uno piacevole dire. In tutto, venuti alla conclusione, dissero: — Dateci il tale, el quale voi avete in prigione. — Elli rispose e disse; — Voi siate i ben venuti; io non vi rispondo ancora, però ch’io voglio vedere come questa cosa díe andare. — E fecesi recare il suo breviario, e aperselo a caso, e cominciò a leggiere; e la prima cosa che gli venne a le mani si fu: Beatus vir qui custodit iudicium, et facit iustitiam in omni tempore:95 — Beato l’uomo che mantiene il giudicio, e fa la giustizia in ogni tempo. — E come ebbe veduto questo verso, subito comandò che colui fusse tratto di prigione, e che ne fusse fatto giustizia: — e così fu fatta di subito il vénardì santo. — Ou, oe! Bene il vénardì santo! — Io ti dico che ogni volta è bene a mantenere e fare la giustizia. E dico che costui usò giustizia e misericordia a farlo in tal dì, che non guardò se none a la ragione96. Come [p. 140 modifica] o perchè si fanno li Statuti? Quando uno ha fatta cosa per la quale elli merita che di lui sia fatta giustizia, perchè non è bene che ella sia fatta? Doh, cittadini, non la guastate, chè ella è tanto santa cosa! Mia è tanto necessaria ne le città, che non si può bene vivare senza; e ogni volta che ella manca, e Iddio si commuove a ira inverso di quelli che la fanno o lassano mancare. Vuoi vedere come ella piace a Dio? Guarda pure quello97 che dice el Profeta98: Calix in manu Domini vini meri plenus misto. Et inclinavit ex hoc in hoc:... bibent omnes peccatores terrae99. Se voi fate contra a questo, che voi guastiate e atterriate la giustizia, solo per questo Idio vi mandarà grandissimi flagelli, però che Iddio ti dà essemplo come tu debbi fare tu. Dice che il calice di Dio, che elli tiene in mano, che elli l’empie di quello che altri fa; se fa male, elli l’empie del male, e poi il dà bere. A chi credi che ’l dia? Pure a’ pecatori; chè quello che hanno fatto, quello lo’ conviene, bere. Haifatto male? — Sì; — e tu così berrai. E che fa? Fa che chi era alto, diventa basso; chi era rico, diventa pòvaro; chi era amato, è odiato; chi era contento in casa sua, è iscontento in casa altrui; chi era sano, diventa infermo; chi aveva gente assai con seco, non ha ora persona. E questo è che dice: Inclinabit ex hoc in hoc: che quello che egli aveva non l’ha ora più. La cagione non è se non per fare contra a la ragione, contra al volere di Dio, contra a la santa giustizia. Ode se il canta Soffonia profeta al iij cap.: Vae provocatrix, et redempta civitas, columba. Guai a te, [p. 141 modifica] città! Voglia Idio ch’io menta per la gola, come io mi credo che sia detto a te. Guai, guai a te, di cui io ho tanto detto! Doh, cittadino, fa’ che ella ritorni e diventi columba. Ora che tu puoi, non aspettare più oltre100. Non vedi tu come tu se’ minacciata da’ profeti, da li appostoli, da’ dottori, da Cristo e da tutti i Santi? Doh, apre gli ochi, e ripara, che questo sta a te. Non aspettare il giudicio di Dio!

Vediamo gli altri quatro.

Quatro altri peccati vengono dal pecato de la avarizia:

Primo, rapine e usure.

Sicondo, opressione di vedove e di pupilli e di pòvari.

Terzo, scomunicazioni di Dio.

Quarta, la ingratitudine di quello che ci dà Dio.

EJ primo pecato che esce dell’avarizia sì sono rapine, usure, inganni, forze di colui che può più assai, il quale sempre tira a sè, tira a sè, e mai non si sazia; tanto è grande quella sete che egli ha. O usuraio, o divoratore de’ pòvaretti, tu sarai anco punito del fallo tuo. O Isaia, che hai detto di loro a xxxiij cap.? Vae qui predaris; nonne et ipse predaberis? Guai a te che robbi! O non sarai tu anco robato tu? — Sì certo che sì, che tu sarai robbato. Tuoi te ne mostri una ragione? Or tòllela: cerca tutte le cose del mondo, che mai no ne trovarai niuna che sia stabile. E però dico che quello che tu hai o possiedi, tu nol possedarai sempre. vedene ora l’essempro. Se tu gitti una pietra in alto, ella va in su quanto ella può, e poi torna a dietro tanto, che ella manca e fermasi. Così fai tu, o avaro; tu raguni, raguni in ogni modo che tu puoi. Quando tu ârai bene [p. 142 modifica] ragunato, e tu tornarai adietro perchè la cosa che è mal guadagnata o male aquistata, non può pigliare altro che mala via; perchè è detto: Nullum violentum perpetuum: — Ninna cosa violentemente avuta non può essere perpetua posseduta. — Or mettiamo mano a quello che tu possedi di male e contra a la volontà di colui che l’ha guadagnata e aquistata. Doh, dimmi: quanti testamenti so’ stati fatti da coloro che so’ ora passati, e hanno lassato che si facci tale e tal cosa, e tu esci fuore dela volontà del testatore? Oh, quante anime sono in purgatorio che gridano vendetta di coloro, a cui hanno lassato che adempiano la loro volontà! Ellino gridano sempre: — Guai, guai, guai all’anime e a’ corpi di coloro che ci lassano stentare in tanta pena, non volendo adempire quello che noi lassàmo che facessero per noi! — Oimmè, non pensi tu in quanta pena ellino stanno? Tu forse il provarai, e credarai quello che è ad aspettare chi facci bene per l’anima de’ passati! Non consideri tu che egli ha lassata la sua roba perchè tu ne facci tale e tal cosa per la salute dell’anima sua, e tu ti godi il suo e non ne fai nulla? Sai che ti vo’ dire? Tu se’ più obligato a fare la volontà di costui che t’ha così lassato, che fare la volontà del più santo omo che sia vivo oggi nel mondo. Rende, rende a chi ha lassato colui che è morto! E anco ti dico per te: se tu hai a rèndare, non aspettare che un altro renda per te, chè tu vedi come si fa. O tu che t’è stato lassato che tu facci tale e tal cosa, e così hai promesso di fare al tuo padre e a la tua madre, al tuo fratello, al tuo amico, e poi nol fai, si può dirti che tu sia uno traditore al tuo padre e madre e marito e moglie e frategli e parenti. Oimmè, non vedi tu che male è questo, che tu pigli la sua robba con quella condizione, e poi ti fai beffe di lui come [p. 143 modifica] elli è morto e sotterrato? Sappi che Idio è giusto indice: elli ti gastigarà a tempo che tu non l’aspettarai; e sarai gastigato e non saprai la cagione. De’ quali pure Isaia dice: Propterea despiciet Dominus civitates et viros101: — Per la qual cosa Idio dispergiarà quelle città e quelli omini, i quali hanno rubbato crudelissimamente — O usuraio, o rubatore, o usurpatore dei pòvaro e del rico, vuole Idio, e puonvi mente, che quello che tu hai robato in robarie, díe tornare [in mala via]: di mala via venne il pepe, e mala via prese. Chi robba coll’usura, chi robba per forza, che può più che quell’altro. Chi robba ne le mercanzie, vendendole più a credenzia che a contanti; chi con falsi e gattivi contratti; chi a un modo e chi a un altro. Oimmè, ch’io ci sento fra voi mille modi illeciti di robbarìe! O città di Siena, guardati ora, ti dico; però che Idio quando non vorrà più aspettare la tua conversione, e elli dirà a uno de’ suoi manigoldi: — Capitano di gente d’arme, te’102 questa città ne le tue mani, e fa’ che tu la spogli, sì che ogni cosa che hanno mal guadagnata, ti venga ne le mani tue. — Io non so s’io so’ stato anco inteso da voi: io m’intendo bene io; come colui che dava a la moglie col saco. E questo è il primo pecato.

Sicondo peccato che esce de l’avarizia si è opressione di vedova, di pupilli e di pòvare persone; chè molti so’ che non sanno dire la loro ragione; molti altri che bene che la sapessero, non possono dire nè favellare una parola. Io t’aviso che Idio non l’ha per bene. Doh, vediamo primo de la vedova e del pupillo. Che dice [p. 144 modifica] Isaia a xxxiij cap.?103 Lacryma viduae ec. — La lagrima de la vedova opressa straziata e non voluta odire nè intendere la sua ragione dagli uomini quand’ella si lamentarà, sarà udita e intesa da Dio, il quale si muovarà a piata lui; e per la offesa che ella riceve, Idio la esaudirà nel priego suo, e mandaratti de’ suoi fragelli, perchè tu l’hai dato contra, e vedevi che elleno avevano la ragione. — Eimè, che voi non considerate all’affanno e a la fatiga di tali pòvarette orfane, senza quasi niuno conforto!

Terzo pecato che esce de la avarizia si è la scomunicazione di Dio, e avegomi che oggi non è intesa. La scomunicazione che credi tu che ella sia? Sappi che la scomunicazione è il maggior fatto che si possa fare in questo mondo. Ella ti fa serrare la porta di vita etterna, che non vi può entrare niuno scomunicato. Oh, quanto è grande fatto a chi la fa e a chi è cagione che ella si facci! O tu che la fai fare per cinque soldi, quanto se’ mal consigliato! Non si vuol fare per ogni picola cosa, no. O donna, sai tu che cosa è una scomunicazione? La scomunicazione non è altro che il furore di Dio che si versa sopra di te, e questo furore viene sopra di te per la grande moltitudine de’ pecati. Sai che fa Idio? Elli non dice: Io ti do questo per quello, ma dottelo perchè tu te l’abbi. — Vuoi tu vedere che cosa ella è? Or legge nel Decreto, questione xj, cap. iii, comincia Omnis; e anco al secondo cap. Audit, e saprai che cosa ella è. Non è altro in sustanzia se non dare l’anima sua al diavolo. E uno dottore dice queste parole per coloro che sono scomunicati, [p. 145 modifica] i quali so’ ne le mani del diavolo: come no ne fa il diavolo a suo modo di queste tali anime, benchè elle sieno co’ corpi? Dice che volendo, elli104 ne farebbe molti pericoli: ma per guadagnare più anime, le lassa stare nel mondo, però che essendo uno scomunicato, elli non la cura, nè anco un altro che non si guardi dei favellarli, di praticare, d’usare e mangiare e bere con lui; e però gli lassa per la pratica che altri ha con lui, chè quanti più so’ che gli favellano, tanti ne sono scomunicati. E così per lo lassarli, guadagna dimolte anime, che non se l’avegano, e accieca l’anime e’ corpi; chè ognuno cade su quella scomunicazione. Sâmi tu assegnare la ragione perchè elli s’accieca il colombo? Nol sai? Per pigliarne più. Così fa il diavolo: gli lassa stare per pigliarne più: non però che Idio non gli abbi data possanza, che ne ci potrebbe portare in anima e in corpo; e cosi il lassa nel mondo; e talvolta diventa alto e grande, ma poi la cosa va pure dove ella díe andare. E però è detto105. Vidi impium superexaltatum et elevatum, sicut cedros Libani. Et transivi, et ecce non erat: — Io vidi uno impio scolunicato, esaltato e levato in alto come uno cedro nel Libano. E stato così un poco, e’ non fu veduto, perchè fu mortaghiado. — Che è a uno, che sia scomunicato? come uno suono che di subito va via: non pare che ne curi, e elli se ne va ne le mani del diavolo, dove sempre starà ne la puza e nel vituperio e in pena eternale. Quale è il più sozzo suono che facci l’uomo, sâlo? È quello che pute, che di subito va via, e lassa la puzza agli altri. Così è di colui che è scomunicato: lassa la puza, e va via, ed è tagliato poi a pezi lui nell’altra vita, [p. 146 modifica] essendo tenuto in pena eterna, dove mai non può morire. Sai che lo’ manda Idio a tutti quelli che sono scomunicati? Idio lo’ manda uno animo pusillo, che non sa lui a pena quello che lo’ bisogna. De’ quali dice Davit: Illic trepidaverunt timore, ubi non erat timor. Idio lo’ dà uno fragello in questo mondo, che non è picolo; chè bene che eglino abbino il timore de la scomunicazione, nondimeno hanno più timore de la robba loro, che non la vogliono rèndare; e così stanno legati ne le mani del diavolo. Pur niente meno non ha però bene lui che elli viva, chè Iddio vuole pure che la robba mal guadagnata abbi quello fine che ella debba avere. E per questo disse Davit:106 Scrutetur foenerator omnem substantiam eius, et diripiant alieni labores eius. L’usuraio scomunicato manda a cercare la sua roba, e li strani faranno bene della robba sua, e anco n’hanno talvolta bene i soldati e altre persone strane, chi in uno modo e chi in un altro. Talvolta ancora adiviene che la sua roba andarà a saco; talvolta sarà prese e imprigionato, e molti mali seguitano dal suo principio del prestare a usura; chè colui gli ròba la robba, chi lo sforza, e così l’uno pecato sta atacato all’altro. Ognuno di questi fa contra al comandamento di Dio che disse:107 Non furaberis. Tu furi a colui, e colui fura a te. Or in nomine Domini ognuno andarà col suo fastelluccio. Doh, io vorrei sapere se qui fra voi ci è niuno che non sia scomunicato. Io mi credo che pochi pochi ci sieno, che non sieno scomunicati de la magiore scomunicazione. Vuoi vedere se voi dovete essere tutti scomunicati? Oh, io vel vo’ dire e sì v’annunzio la cagione. Qualunche persona si truova a tòllare, e chi è cagione di fare tòllare alcuna cosa de [p. 147 modifica] la Chiesa, dico che tutti chi ci è impacciato, è scomunicato de la magiore scomunicazione. Noli mictere falcem in messe allena: — Non méttare la tua falce ne le biade altrui. — O cittadino, hâmi inteso? Or io mi scarico me, che so’ tenuto a dirtelo: se niuno è caricato, il consiglio che si scarichi. Se ci è di quelli che questo abbino fatto, cerchi di trarsi adietro e di non farlo più; e ripara ora che se’ vivo: non aspettare il pònto de la morte, chè forse vi se’ presso e nol sai. E anco ti voglio agiógnere più: io non dico questo nè per odio nè per niuno modo di voler male a persona, e nol dico per nominare persona: dico solo il caso: se voi sête concorsi in questo, che il Giudeo per vostra cagione o per vostro aiuto presta a usura qui a Siena, colui che ha consentito col suo lupino, elli è corso in questa scomunicazione magiore108. Hâmi inteso? — Sì. —

Ora ti vo’ mostrare quello che ne seguita a tenere il Giudeo a casa vostra. Due cose ne seguita: primo, elli è guastamento de la vostra città, e secondo ci è la scomunicazione del papa, che non ti puoi salvare con essa.

Prima: perchè è guastamento de la vostra città109. Io ti domando prima prima, se tu credi ne la legge di Dio. — Sì. — Or ti dico che se tu ti parti da questa fede, tu se’ uno eretico. Idio ha comandato che non si presti a usura. O perchè l’ha vetato? Perchè elli ha veduto che egli è bene a non prestare. Non vedi tu come elli ci ha fatti cotanti comandamenti negativi, [p. 148 modifica] fra’ quali tu vi vedi questo: — Non furaberis110: — Non furarai? — El prestare a usura che credi che sia? E furto e anco peggio. Se elli non te l’avesse comandato, del prestare forse ch’io direi altro ch’io non dico. Dice colui: — Oh, io lasso111 poi, che elli si dia per li pòvari, quando io morrò, o per maritare fanciulle, o fare chiese o spedali, o altre opere piatose a gloria di Dio! — E io ti dico che come tu consenti di prestare a usura, subito hai fatto contra al comandamento di Dio. Idio te l’ha negato, e però ti dico che per niuno modo puoi prestare a usura, e tu non li debbi dare nè consiglio nè vigore, nè con parole nè con fatti, che mai sì presti. Se tu dicesse: — Oh, e’ non si può fare di meno che non sia chi sovenga i pòvari! Se non si fa cosi, non ci è altro modo. — Sai che tu fai, se tu dici — e’ non si può fare altro? — Tu dai contra a Domenedìo, el quale ha ordinato ogni cosa del mondo per aiuto dell’uomo; al quale ha comandato che tu non presti. E tu dici: — io non posso fare di meno! — Viene a dire: Idio m’ha comandato quello che io non posso fare. Oimmè, non fare, non prestare, e non consentire che mai niuno presti! Non ti lassare acciecare a’ detti di persona. Se ti fusse detto: — Oh, questo è bene de’ pòvari! Elli è utile per molti bisognosi, che stentarebbero, se non ci fusse chi prestasse; — non fare, dico; non consentire col tuo lupino, se mai tu ti truovi a rèndarlo. O vuoi che tu sia de’ Signori, o che tu sia per niuno modo che a te apartenga, mai non consentire nè dare aiuto che si presti. Quia non sunt facienda mala, ut inde veniant alla bona: — Non consentire che mai si [p. 149 modifica] faccia niuno male, dal quale possa riuscire alcuno bene. Sai perchè? Perchè sempre il peccato t’è vietato. E però non consentire che mai si presti a usura, o vuoi giudeo, o vuoi cristiano; e se tu hai consentito, ne le mani del diavolo se’. E anco ti ci vo’ dare uno codicillo. O tu che desti il lupino che si prestasse, e èssi prestato per quello lupino, tu ne se’ tenuto a restituzione, e forse nol sapesti mai. Qui occasionem damni dat, damnum dedisse videtur: — Chi è cagione di dare o aver dato niuno danno a persona, díe restituire a colui a chi è stato fatto il danno e fassi. — E però vedi che ne va a casa del diavolo colui che presta, e anco colui che n’è cagione. E la robba che via piglia? Che ne va in sterminio per giudicio di Dio. O usuraio, che hai prestato e furato già cotanto tempo, e bevuto il sangue de’ pòvari, quanto danno hai fatto, e quanto peccato contra al comandamennto di Dio! Tu non t’avedi che tu se’ fitto e fondato ne le pene infernali? Tu dici forse: — io me ne confessarò. — Doh, pòvaretto, che perchè tu vada al confessore, sai, al fratachione che t’asolve, se elli t’asolve, con lui insieme vi vai. O confessori, quanti di voi ci so’ che so’ stati ingannati da molti che hanno promesso di rèndare, e poi si fanno beffe di Dio e de’ Santi? Non li voliate asolvere più! Se mai più ellino tornano a voi, siate savi: fate almeno sì che l’anima vostra non si perda con la loro insieme. Se tu li confessi, e essi ti dicano: — io rendarò, e vogliomi amendare per lo tempo a venire, — fa’ che tu vega, eglino il voglino fare con operazione, e poi l’asolve. E a voi che sête state cagione che tal pecato sia fatto, fate che voi ripariate, e che voi siate asoluti anco voi. Da l’altro lato non condesiderate voi che questo è uno disfacimento de la vostra città e del vostro Comuno? Non vedete voi quanta [p. 150 modifica] robba lo’ capita ne le mani? Amate il bene comuno, e non fate centra a Dio. E però dico a te: non prestare e non dare vigore a chi presta; e a te confessore dico: non gli asolvere, se non se ne rimane e non sodisfa di quello che e’ può.

Doh, immè 1 Quando io penso a le cose ch’io odo che si fanno fra voi, tanto credo che voi potiate campare dal giudicio di Dio, quanto io potrei vivere senza mangiare. Quanti sête che avete consentito contro al comandamento di Dio, e sapete in che pregio è salito chi ha consigliato e aitato che l’usuraio presti! Non vale suo testimonio? E’ non può avere uffizio di Comuno, ed è scomunicato da Dio e da la santa Chiesa. Oimmè, oimmèe112! Doh, donne, piagnete con meco! Oimmè, quanti scomunicati avete voi in questa vostra città! Pure del fatto dei Munisteri quanti ce n’ha113! O genti indiavolate, che avete tolte le cose sagrate a Dio, e fattoli tanto oltraggio, e postoli le corna! Oimmè, oimmè, ch’io ho sentito che mai non si fece peggio che ora! I figliuoli, i figliuoli, i figliuoli; oimmè, i figliuoli gridano vendetta del padre e de la madre loro propia inverso Idio! Oimmè, che ho io udito! O non pensi tu omo, chi pigliasse la tua donna e usasse con lei, quanto grande peccato sarebbe, e quanta onta e vergogna tua sarebbe? Non considari tu che la monaca è sposa di Dio? Còme ha tu tanto ardire, che tu li facci tanto oltraggio? O tu che dài licenzia che vi si possa andare, che forse se’ cagione di quello pecato, anco tu arai la parte tua del [p. 151 modifica] giudicio di Dio. Or piglia e nota e intende e impara questo verso:

Moritur arreptus monaca quicumque potitur:

— Muore col diavolo adosso colui che s’impaccia co la monaca sagrata a misser Domenedio. — O cittadini, per che io dica, io non so s’io mi fo altro frutto, io: pure mi scarico la mia coscienzia a dirvelo. Non posso far meglio: s’io potesse far meglio, meglio farei. Io non posso far meglio che far bene. O monache, sòccene? Io t’aviso che tu ha’ a venire a le mani del tuo sposo qualche volta: pensa con che viso tu gli parrai 114 innanzi, se tu gli hai fatto fallo! Se tu l’hai fatto, fa’ almeno che tu t’amendi: se non l’hai fatto, nol far mai.

La quarta malizia e peccato che esce de la avarizia, si è ingratitudine. La ingratitudine è una cosa che secca la fonte de la misericordia di Dio. È niuna città atorno atorno che sia più tenuta di pregare Idio e di ringraziarlo, quanto voi ne sête tenuti voi? Non considerate voi quanta grazia voi avete? La qual grazia l’avete per nezzo de la Vergine Maria: se voi no ne sarete cognoscenti, fate ragione che essa l’habbi detto a me, e io da lei avendolo udito, il dico a voi. Voi trovarete che infine vi sarà tolto ogni vostro bene. Ode quello che santo Luca disse per bôca di Dio, a xviiij cap.: Videns Iesus civitatem, flevit super illam, dicens: quia si cognovisses et tu, et quidem in hac díe tua, quae ad pacem tìbi, nunc autem abscondita sunt ab oculis tuis. Quia venient dies in te; et circumdabunt te inimici tui vallo, et circumdabunt te, et coangustabunt te undique; et ad terram prosternent te et [p. 152 modifica] filios tuos qui in te sunt, et non reliquent in te lapidem super lapidem; eo quod non cognoveris tempus visitationis tuae: — Vedendo Iesu la città di Siena, pianse sopra a lei. — E così voglio dire di me che anco la vego. Se voi mi vedeste il cuore, voi vedreste le lagrime a quatro a quatro. E così vo’ dire: o città di Siena, se tu cognoscesse quello che io cognosco io, e tu anco piangniaresti, che le lagrime tue verebbero a sette a sette; però che tu pur dici — pace, pace — co la bôca, e nel cuore non è pace. Tu dici — pax, pax, et non erat pax: — Tu dici pur — pace, pace, e in te non ve n’è punto. — Sai perchè? Excaecavit enim illos malitia eorum115. El diavolo v’ha aciecati ne le vostre malizie, e parvi avere pace, e voi sête pieni d’odio. E però io vi dico, che se voi non fate pace con Dio, mai non ârete pace fra voi. Non vedi tu che tu non cognosci Idio, perchè tu se’ aciecata, e non cognoscendo Idio non puoi cognoscere nulla che ti sia buono? Essendo privata del cognoscimento di Dio, tu non puoi andare se non drieto a’ vizi e a’ peccati, come tu vai. Tu non vai cercando altro che furti, usure, inganni, tradimenti, rapine, incantamenti, lussurie, sodomie, biastemie di Dio, parzialità, arroganzie, mancare giustizia, abassare la ragione, inalzare il torto. Oimmè, non consideri tu in quanti pecati tu se’ involta? Tu se’ stata accecata da ogni pecato, e oltre a’ peccati ci è la ingratitudine, che non è picolo peccato. Oimè, città di Siena, tu se’ stata tanto accecata, che tu non vedi più lume! Ogni vizio t’acieca, e però io temo che elli verrà tempo (voglia Idio che non sia vero) che le tue richeze ti verrano meno, che te le converà pónare su116, o [p. 153 modifica] per forza o per amore. Peggio, che i tuoi figliuoli ti saranno levati dinanzi, e le tue figliuole, e forse ti saranno sforzate e ultimamente morte, e a te toltati la sanità, sì che a poco a poco ti sarà tolto ogni tuo bene. Non hai saputo ricognósciarli da Dio? Or va’ a la malora, e in questo modo sarà disfatta la città per modo, che non ci rimarrà pietra sopra pietra, che non senta de’ fragelli di Dio. Doh, vuoi vedere come e’ vi debba pigliare bene niuno? Or guarda. Voi avete tre scalzi in prigione, senza niuno bene di Dio o di mondo. Elli vi soleva una volta stare uno capellano, el quale gli confessava, gli comunicava, solevavi dire la messa, consolavagli ne le loro tribulazioni. Ora l’è mancato ogni bene: egli non hanno limosina, eglino non hanno aiuto, eglino non hanno niuno amaestramento di ben vivere, eglino non hanno niuna consolazione: anco so’ stati tanto abandonati, che per insino a non avere del pane, nè avere da dormire. Peggio, che sento l’è stata tolta l’aqua, che no ne possono avere a lor posta. Ma voi avete fatta buona operazione, che voi l’avete data a le meretrici!117 Or considerate voi come la vostra città stà! Oimmè, non considerate voi che non si possono aitare di nulla! Se lo bisogna pane, si conviene che lo’ sia porto: così vino, aqua, fuoco e ogni cosa lo’ viene di fuore. E però, o donne, io ve gli racomando che voi n’aviate qualche piatà; che voi lo’ mandiate qualche lettiera, qualche ma [p. 154 modifica] taraza, acciò che quando eliino so’ stati martoriati, almeno ellino abino qualche poco di luogo da potersi riposare118. Simile anco vi prego, che voi lo’ mandiate qualche panicello, qualche paio di mutande, qualche camicia, che so’ che voi ne sête fracide119: tante n’avete in casa che non ne fate nulla, e loro n’hanno necessità grandissima. Anco ho udito che vi sono di quelli che vi so’ per picola cosa: io ve gli voglio racomandare. Questa è delle sette òpare de la misericordia; e però aviatene misericordia e piatà. Così cotali volte mandar lo’ un poca di cucina, chi un poco di vino, chi una cosa e chi un’altra. Non voliate essere crudegli di loro: che se eglino hanno fatto niuno male, eglino ne patono ben la pena, e so’ bene gastigati a essere inserrati come e’ so’; e e’ se lo’ vuole pure avere compassione e averne misericordia. Iudicium enim sine misericordia illi, qui non fecit misericordiam120: — El giudicio senza misericordia sarà a colui, il quale non usa misericordia. — E perchè tutti aviamo bisogno de la misericordia di Dio, usiamo anco misericordia noi. Se voi ârete piatà di loro, voi lo’ mandarete qualche panicello, qualche poco di vestimento per ricuprirli: voi dovete credere che ellino non sono quine se non per miseria. Fate ch’e’ vi siano racomandati.

Non voglio che m’esca de la memoria che domenica che viene io vi vorrò dire una predicoza de la pace: [p. 155 modifica] chè bene mi credevo che infra voi fosse concordia e pace, ora vego che non pare ch’e’ sia vero; e però fate che voi ci veniate. Anco vi vo’ dire qualche cosa di me. Egli è vero che, perchè ci è stato alcuno poco di scandolo fra maestro Gabriello e me per parole che so’ state predicate, e chi ha predicato ha detto bene, ma non è stato inteso nel modo come è stato detto; sì che è stato colpa de l’uditore e non del dicitore; però che alcuni che hanno udito, hanno subito parlato e detto: — questo toca qui, e questo toca colà; — e sallo Idio che di cosa ch’io abbi detto, io non l’ho detta con intenzione di nominare persona121. E perchè alcuno bisbiglio fu per le mie parole ch’io avevo dette, e un altro aveva detto anco lui — ho saputo che ’l suo dire non è stato per darmi centra; — e però dico che elli ha detto bene, e io bene; e tu non hai saputo intendere. Nel suo dire elli ha tenuto altra via ch’io non tenni io, ma tutto il nostro dire ha auto uno fine: tutto il suo e ’l mio dire è stato detto a laude e gloria di Dio; ma è entrato per altra via l’uno che l’altro. Come colui che vorrà venire qui in sul Campo122 essendo fuore di Siena, che può entrare per la Porta a Camollia e per la Porta Nuova o a Fontebranda; per molti luoghi si può entrare, e infine tutti venire in questo luogo. Simile aviamo fatto noi. Elli è venuto a questo effetto, come so’ venuto io: el difetto non è di chi ha predicato, ma di chi ha udito e non ha inteso, che ha raportato quello che non è stato [p. 156 modifica] detto. Egli non ha inteso lui, ma noi intendiamo ben noi. Benchè ’l nostro dire in apparenzia paia al contrario l’uno dell altro, non è però altro che uno medesimo effetto. E perchè tu sappi come noi stiamo insieme, elli venne123 a visitarmi. E quando egli venne a me, io l’ho ’nvitai a le pugna, profferendonegli venticinque vantaggio124; e perchè voi crediate che quello ch’io v’ho detto sia bene, io vi confermo e afermo, e dico e ridico, che voi teniate quello ch’io ho detto, e quello che ha detto lui a gloria e onore di Iesu benedetto, e che voi vi racomandiate al suo Nome santissimo, e non pensate nè crediate che fra noi sia niuna diferenzia: e dico ch’io mi tengo lui per padre, e riverir lo voglio come díe fare il figliuolo; però che mai egli a me, nè io a lui demmo contra. E perchè io ti dissi uno di questi dì tanto di questo Nome, ora ti dico com’altre volte t’ho detto. Se nella messa, quando il prete dice el vangelo, elli dicesse: Dixit Iesus Christus discipulls suis; e anco di colui che dice ne la Avemaria: benedictus fructus ventris tui Iesus Christi125; tengo io e credo che sia peccato grande e grave: non t’afermo però che e’ sia peccato mortale. La cagione perchè io credo che sia pecato, si è perchè la santa Chiesa non ha posto che si dica altromenti; e però non avendolo posto, tu nol debbi dire. Non vedi tu [p. 157 modifica] che e’ pare che tu vogli sapere più che non ha saputo la santa Chiesa? Or diciamo che basti.

Coglie insieme il mio dire. O cittadini, timete Deum, timete Deum; temete Idio, però che voi avete da temerlo! Tu hai veduto stamane che tre so’ i pecati per li quali Idio manda suoi giudici: primo, per lo pecato de la superbia; sicondo, per lussuria, e terzo per avarizia. Centra a la superbia manda guerra; contra a la lussuria manda pistolenzia; contra a la avarizia manda fame: de’ quali peccati di ciascuno nasce quatro pessimi pecati. De la superbia escono questi quatro pecati: primo, biastemia di Idio; sicondo, incantamenti di diavoli: terzo, aroganzia in altrui: quarto, parzialità infra voi. Quatro altri so’ de la lussuria: primo, carnalità viziosa de le vostre donne: sicondo, el pecato contra a natura: terzo è mancamento del senno e d’ogni buon consiglio in Comuno: quarto è mancamento de la ragione e de la giustizia: e questo è del peccato de la lussuria. Del pecato deill’avarizia nascono questi altri pecati: primo, rapine e usure e ma’ contratti: sicondo, opressione di vedove e di pupilli: terzo, scomunicazione di Dio, quarto e ultimo, ingratitudine. E però, cittadini miei, per l’amor di Dio guardatevi da questi pecati126 per lo amore di Dio e per salute de l’anime vostre, acciò che voi campiate in questa vita da’ giudici di Dio e da le fortune che elli manda a chi seguita questi vizi, e infine vi dia vita eterna, ad quam ille vos et me perducat per infinita saecula saeculorum, amen.



Note

  1. Così nel solo nostro Testo: gli altri due Codd. hanno: Le parole prealegate.
  2. Il Cod. Pal., gridando ad alta voce. E difatti la Vulgata ha: dicens magna voce: Timete Dominum.
  3. La Vulgata vers. 7 del detto cap., dice hora.
  4. Il Cod. Pal., del suo iudicio.
  5. Non così peraltro la Volgata al vers. 16, cap. secondo della prima Epistola, dove si legge: Omne quod est in mundo, concupiscentia carnis est, et concupiscentia oculorum, et superbia vitae.
  6. Il nostro Testo dice, ala: ma ci parve lezione da non poter accettare.
  7. Solecismo: incarnato.
  8. Ambidue i Codd. senesi leggono, pegno.
  9. Nello stesso cap. xij, vers. 4 dell’Apocalisse.
  10. Meglio nel Cod. Sen. 6, e colui che è là, è posto qua.
  11. Il Cod. Pal., fu: ma il nostro Testo, si fu. Accogliemmo la lezione del Cod. Sen. 6.
  12. Il solo nostro Testo, i pecati.
  13. Invece il Cod. Pal. legge, tanto corrispondente di broda.
  14. Poenitet enim me fecisse eos (Genesi, cap. vj, vers. 7).
  15. Omnis quippe caro ec. (Ivi, vers. 12).
  16. Il Cod. Pal., e non cum Dio.
  17. Libro di Giobbe, cap. xxxj, vers. 12; e nella Vulgata così dice: Ignis est usque ad perditionem devorans..
  18. Cioè, favilla. E voce d’uso sanese.
  19. Nel Cod. Pal., contra alla volontà di Dio et al comandamento suo.
  20. Deuteronomio, cap. vj, vers. 5.
  21. Il Cod. Pal.: Amerai il tuo Signore Idio cum tutta l’anima tua, cum tutta la mente tua e cum ogni sentimento.
  22. Non dice così la Vulgata, ma come può vedersi innanzi a pag. 109.
  23. Il Cod. Sen. 6, mostrare.
  24. Meglio il detto Cod. vòti.
  25. Così in ambidue i Codd. senesi; il Cod. Pal., e morte.
  26. Cioè, in duomo; e con tale significato trovammo usata questa voce anche innanzi.
  27. Così nei Codici: escludano. E così poco appresso.
  28. Il solo Cod. Sen. 6, per questo.
  29. Cioè, nel 1425, nel qual anno durò il Santo gran fatica a lasciare Siena per l’entusiasmo che avea suscitato con le sue predicazioni negli animi della moltitudine. Al qual proposito è da vedere la singolare lettera che i Priori del Comune scrissero al Cardinal di Bologna il 2 Maggio del detto anno, pregandolo di concedere a frate Bernardino licenza di potersi trattenere in Siena qualche altro tempo, essendone già stato assente per più che dieci anni.
  30. Un cittadino, cioè, che avesse esercitato l’ufficio di Priore o Governatore del Comune (V. Vol. 1, pag. 334 in nota).
  31. Il Cod. Sen. 6, ci spergiuraremo.
  32. Il Cod. Pal., però che noi li diamo contra.
  33. Esodo, cap. venti, vers. 7; ma nella Vulgata dice così: Non assumes nomen Domini Dei tui in vanum.
  34. Salmo XX, vers. 11.
  35. È il seguito del vers. 5 sopra riferito del primo cap., con più i versi. 6, 7 e 8.
  36. Il Cod. Sen. 6, I.
  37. Intendi, lo spauracchio: voce che trovammo altra volta.
  38. Così in tutti i Codici, ed è manifesta la mancanza di qualche parola, a meno che non dovesse correggersi, esso è stato abandonato, con riferimento alla parola luogo.
  39. Negli altri Codd., con tanta.
  40. Cap. terzo, vers. 5.
  41. Il Cod. Pal., âranno.
  42. Le sorti, cioè, l’incantesimo, o come il Santo ha detto, l’incanta.
  43. Quel che segue, fino al termine del racconto di questi incantamenti e di streghe e di malie,, fa parte del cit. opuscolo Le streghe in Roma, da pag. 3 a pag. 10 che è l’ultima.
  44. Il Cod. Pal., quando io.
  45. Il Cod. Sen. 6, che fussoro prese.
  46. Il solo Cod. Pal., impossibile.
  47. Invece nel Cod. Pal., si legge: Avesti tu morto uno figliuolo piccolino, che a tal tempo ti fusse stato guasto?
  48. Cioè, i detti unguenti d’erbe.
  49. Negli altri Codd., di diavoli.
  50. Il Cod. Pal., non è mai più buono nè libero.
  51. Il Cod. Sen. 6, e l’edizione Zambrini: e vedi che si può ingannare ec.
  52. Vale a dire, sul rogo. E così resti corretto quel che scrivemmo nella nota 2 a pag. 140 del secondo Volume.
  53. Qui ha termine il cit. opuscolo Le streghe in Roma.
  54. Questo che segue è il vigesimoterzo del Racc. di S Bernard., pagg. 58-59, edit. da F, Zambrini.
  55. Scritto, tochò; nella stampa: toccò.
  56. Qui ha termine il detto Racconto.
  57. Gli altri Codd., in luogo nè in paese.
  58. Nel Cod. Pal., qualche cagione di dimostrazione.
  59. Come altrove il Cod. Sen, 6 legge, pocissioni.
  60. Questo vers., che è il 17 del detto cap. terzo, nella Vulgata sta così: Dicis, quod dives sum et locupletatus, et nullius egeo: et nescis quia tu es miser et miserabilis et pauper et caecus et nudus.
  61. Negli altri Codd.: Sta’ basso, sta’ basso, gattivello.
  62. Negli altri Codd.: t’abassarà.
  63. Epistola prima di san Pietro, cap. v, vers. 5.
  64. Sono infatti da vedere nel primo Vol. le bellissime Prediche x, xi e xii su questo argomento delle divisioni e parzialità dei cittadini.
  65. Il Cod. Pal., dello Vangelo.
  66. Vangelo di san Luca, cap. xj, vers. 17.
  67. Il solo Cod. Pal., evangelico.
  68. Il Cod. Pal., s’impaccino.
  69. Vuol dire, gli sterminii verranno prima ch’io non pensassi.
  70. Lezione comune a tutti i Codd.
  71. Nei Codd. scritto, zachare e zachere: figuratamente per Taccolo, Bagattella.
  72. Negli altri Codd., non vagliano.
  73. Vale a dire, ficcare in terra a capo all’ingiù, a somiglianza di pianta: supplizio che fu usato co’ traditori e con gli assassini.
  74. Cioè, gli si arreca danno a doppio
  75. Modo volgare: mali.
  76. A maggiore intelligenza di queste parole è bene il ricordare, che il vendere e comperar abiti muliebri usi di qualche lusso era nell’usanza dei tempi (Cf. Banchi, L’Arte della Seta in Siena nei secoli XV e XVI, pag. XIV).
  77. Negli altri Codd. più correttamente, non lo’ paia, che vuol dire agli abitanti del contado.
  78. 1 Gli altri Codd., non l’ha potuto fare.
  79. Scherzevolmente, invece di Bernardino e per far rima con Bastone.
  80. Voce poco usata, e meno ancora al plurale, per Collera
  81. Cioè, quello che io penso di voi.
  82. Nel Cod. Pal., non sarà.
  83. Gli altri Codd. hanno, per la vita carnale e viziosa.
  84. Il solo Cod. Pal., più tosto.
  85. Il detto Cod., Credimi.
  86. Negli altri Codd., dimostrarvi.
  87. Negli altri Codd., e talvolta pur nel nostro, sodomitti.
  88. Interrompe la traduzione del passo di Geremia per redarguire taluni che giuocavano in Piazza alla palla.
  89. Il Cod. Pal., e così l’ha il tuo padre.
  90. Invece nel Cod. Pal.: sì che il padre è involto, e simile il figliuolo sono involti ec.
  91. Intendasì, della quale città.
  92. Salmo cvj, vers. 17.
  93. Questo che segue è il vigesimo quarto dei Racc. di S. Bernard., pagg. 60-62, editi da Zambrini. Il quale incontrandosi in quel monosillabo, che il Santo usa spessissimo, e che nei Codd. è scritto Do, così ne ragiona: „Questo monosillabo, tanto comune al nostro autore, cui oggidì si suole aggiungere l’h finale, scrivendosi doh, i Vocabolaristi dicono esclamazione che denota garrimento o cordoglio. Sarà, ma non sempre però; io mi avviso che il più delle volte non sia che semplice interiezione esclamativa, alla foggia di deh, e che abbia luogo pur tale altra di rierapitivo. L’anonimo pubblicatore delle dieci Prediche di S. Bernardino vuole anche, a buon dritto, che equivalga a deh oh.» Noi che in questi tre Volumi delle Prediche trovammo questo monosillabo di continuo, facciamo proprio il giudizio datone dal chiarissimo Zambrini.
  94. Gli altri Codd. e la stampa: Andati a lui.
  95. Salmo cv, vers. 3, e così dice nella Vulgata: Beati qui custodiunt ec. et faciunt ec.
  96. Qui ha fine nella stampa il detto Racconto.
  97. Negli altri Codd.: Ode pur quello.
  98. Cioè, il Re David nel Salmo Ixxiiij, ai verss. 9 e 10.
  99. Segue nei Codd. una breve lacuna: manca infatti la consueta versione dell’allegato testo latino.
  100. Il Cod. Pal.: non aspettare più oltre, non aspettare.
  101. La Vulgata bensì dice: proiecit civitates, non reputavit homines (cap. xxxiij, vers. 8).
  102. Cioè, tieni, prendi.
  103. Citazione errata: il passo appartiene all’Ecclesiastico (cap. xxxv, verss. 18 e 19) e così dice: Nonne lacrymae viduae ad maxillam descendunt, et exclamatio eius super deducentem eas? A maxilla enim ascendunt usque ad coelum ec.
  104. Intendasi, il diavolo.
  105. Nel salmo xxxvj, vers. 35 e 86.
  106. Nel salmo xiij, vers. 5.
  107. Salmo cviij, vers. 11.
  108. Senza l’approvaziooe de’ Consigli della repubblica non potevano gli Ebrei venire in Siena ad esercitarvi l’usura. Il Santo allude a qualche recente deliberazione di simil fatta. In Siena ne’ Consigli popolari le leggi si vincevano co’ lupini bianchi, respingevansi co’ neri; usanza che tuttora rimane.
  109. Il Cod. Pal., della tua città: il Cod. Sen. 6, de la vostra città.
  110. Non furtum facies, dice l’Esodo al cap. venti, vers. 14.
  111. Meglio negli altri Codd., io lassarò.
  112. Prolungato per maggior efficacia il suono dell’ultima vocale.
  113. Cioè di scomunicati, per avere infrante le leggi ecclesiastiche che governavano i Monasteri.
  114. In cambio di, apparirai o aparrai, come dice il Cod. Sen. 6.
  115. Sapienza, cap. secondo, vers. 22.
  116. Vedi in questo Vol. a pag. 99 la nota 2.
  117. Bisogna intender questo, che il governo della repubblica aveva privato le carceri del beneficio d’esser fornite d’acqua, derivatavi da condotti delle fontane pubbliche: beneficio concesso, come sembra, alle case prossime delle meretrici. Questi condotti, in Siena comunemente appellati bottini, sono stupenda e grandiosa opera, iniziata fin dal secolo decimoterzo, e portata al suo compimento alla metà del decimoquinto. Per mezzo di tali condotti, che raccolgono acque di stillicidio, si alimentano tuttora le fontane pubbliche e i pozzi di molte case private.
  118. Pietosa allusione ai patimenti cagionati dalia tortura. Non è poi chi ignori che in quei tempi al mantenimento de’ carcerati non provvedeva lo Stato; ma sibbene essi medesimi provvedevano con le sostanze proprie, potendo, o altrimenti con le elemosine lasciate da la pietà de’ viandanti, ed anche co’ mezzi somministrati da coloro stessi che ne avevano provocato la condanna. Di qui le grandi sofferenze de’ carcerati, e la compassione che per tempo destarono in ogni cuore umano e pietoso.
  119. Cioè, sazie.
  120. Epist. di san Giacomo apostolo, cap. secondo, vers. 13.
  121. Nella vita del Santo e nelle Cronache di quegli anni non trovo verun ricordo di questo fatto, nè menzione di sorta di un fra Gabriello, forse domenicano, che sembra con qualche predica o discorso aver contradetto la devozione al Nome di Gesù, promossa dal Nostro; il quale per effetto di carità cristiana qui s’adopra a cancellar dello scandolo ogni traccia.
  122. Cioè, sulla Piazza allora detta del Campo.
  123. Negli altri Codd., viene. Insiste nel ripetere che le dottrine esposte dai due Oratori eran conformi, se pure in apparenza paresse diversamente, non volendo dar malo esempio di polemica e di discordia in materie concernenti alia religione.
  124. L’esercizio del pugilato era la giunastica del tempo, a cui s’addestrava con passione la gioventù popolana, come la nobile. Qui l’invito sta a dimostrazione di confidente amicizia.
  125. Cioè, ha aggiunto in que’ passi la voce Christus dopo l’altra Jesus.
  126. Il Cod. Pal., da qaesti tali peccati.