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predica trigesimaquinta | 141 |
tà! Voglia Idio ch’io menta per la gola, come io mi credo che sia detto a te. Guai, guai a te, di cui io ho tanto detto! Doh, cittadino, fa’ che ella ritorni e diventi columba. Ora che tu puoi, non aspettare più oltre1. Non vedi tu come tu se’ minacciata da’ profeti, da li appostoli, da’ dottori, da Cristo e da tutti i Santi? Doh, apre gli ochi, e ripara, che questo sta a te. Non aspettare il giudicio di Dio!
Vediamo gli altri quatro.
Quatro altri peccati vengono dal pecato de la avarizia:
Primo, rapine e usure.
Sicondo, opressione di vedove e di pupilli e di pòvari.
Terzo, scomunicazioni di Dio.
Quarta, la ingratitudine di quello che ci dà Dio.
EJ primo pecato che esce dell’avarizia sì sono rapine, usure, inganni, forze di colui che può più assai, il quale sempre tira a sè, tira a sè, e mai non si sazia; tanto è grande quella sete che egli ha. O usuraio, o divoratore de’ pòvaretti, tu sarai anco punito del fallo tuo. O Isaia, che hai detto di loro a xxxiij cap.? Vae qui predaris; nonne et ipse predaberis? Guai a te che robbi! O non sarai tu anco robato tu? — Sì certo che sì, che tu sarai robbato. Tuoi te ne mostri una ragione? Or tòllela: cerca tutte le cose del mondo, che mai no ne trovarai niuna che sia stabile. E però dico che quello che tu hai o possiedi, tu nol possedarai sempre. vedene ora l’essempro. Se tu gitti una pietra in alto, ella va in su quanto ella può, e poi torna a dietro tanto, che ella manca e fermasi. Così fai tu, o avaro; tu raguni, raguni in ogni modo che tu puoi. Quando tu ârai bene
- ↑ Il Cod. Pal.: non aspettare più oltre, non aspettare.