Prediche volgari/Predica XXXVI

Predica XXXVI

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Predica XXXV Predica XXXVII

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XXXVI.

Qui tratta de’ flagelli di Dio e de le locuste.

Timete Deum, timete Deum (Iterum, ubi supra). Dilettissimi, le parole prealegate so’ pure di quello Angiolo, el quale non si ristà di gridare volando per lo cielo, dicendo sopra a questa città: — Temete Idio, temete Idio. — Ben che già tre dì s’è detto sopra al propio tema, e perchè non si è anco detto tanto che basti, oggi passare più oltre. Noi vedêmo vénardì de le locuste che Idio manda nel mondo per li suoi giudici, dove ti mostrai sette loro condizioni, come elle so’ fatte. Nell’altra predica ti dissi che queste locuste saranno i soldati, i quali gastigano per permissione di Dio tutti i popoli che vogliono vivare male. Ieri vi dissi per che cagione Idio manda questi fragelli a’ popoli, e mostrâti che principalmente elli li manda per tre gravissimi pecati: per superbia, per lussuria e per l’avarizia; e di ciascuno di questi vedesti uscire quatro gravissimi pecati. Noi vedemo vénardì come erano fatte queste locuste sicondo natura: oggi voglio che noi le vediamo come son fatte sicondo la colpa. Dice Giovanni al viiij cap.: Et similitudines locustarum similes equis paratis in proelium: et super capita earum iamquam coronae similes auro: et facies earum tamquam facies hominum. Et habebant capillos sicut capillos mulierum, et dentes earum sicut dentes leonum erant, et habebant loricas sicut loricas ferreas, et vox alarum earum sicut vox curruum equorum multorum currentium in bellum. Et [p. 159 modifica] habebant caudas similes scorpionum, et aculei erant in caudis earum: et potestas earum nocere hommibus mensibus quinque. Et habebantl super se regem Angelum abyssi, cui nomen hebraice Abaddon, graece autem Apollyon, latine habens nomen Exterminans. Vae unum abiit, et ecce veniunt adhuc duo vae post haec: — Le locuste ch’io vidi, dice Giovanni, erano così fatte; erano simigli a cavagli aparechiati a combattere; e sopra al capo loro sì come corone non d’oro no, nè simili; ma a modo che [simili]1 a l’oro.E le facce loro a modo che come facce d’uomo o di bestia contrafatta: anco avevano i capelli loro, come stanno i capelli de le donne giù distesi, e i denti loro a modo ch’e’ denti di lione, e avevano le panziere indosso; e le voci dell’ali loro come voci di cavagli quando corrono, essendo in battaglia. Anco avevano le code simigli agli scarpioni, e a ogni coda avevano uno aculio, come è uno pugnarone2, e avevano possanza a nuòciare cinque mesi, (vuol dire che cinque [mesi] è buono campeggiare. E dice che avevano sopra sè il diavolo adosso, el quale aveva tre nomi: el primo in ebreo aveva nome Abadon, el sicondo in greco, Apolion, el terzo nome in nostra lingua, Sterminatore. E uno guai è andato; e ancora due guai doppo questo vengono. — Hâmi anco inteso? Non so: or veniamo a méttarci mano e farci intèndare. In questo sacro parlare noi vedremo tre misteri dichiarativi de’ manigoldi di Dio, i quali sono frate Bastone e frate Mazica, e’ quali hanno aûto possanza da Dio, che vi faranno fare per forza molte cose che voi non l’aspettate. [p. 160 modifica]

Prima, de’ manigoldi di Dio la condizione pestilenziale.

Siconda, de’ manigoldi di Dio la dominazione3 infernale.

Terza si è la duplicazione d’esso male.

La prima, de’ manigoldi di Dio la condizione pestilenziale. Piglia questo che è regola generale: sempre Idio gastiga uno popolo in quello modo che elli ha peccato. Se uno popolo ha seguitato uno vizio, uno peccato grandissimo e scellerato, e Idio grandemente il punisce: [se i è mezano, mezànamente il punisce]4: sicondo la gravezza sua, così la punizione. Or io voglio che stamane noi vediamo nove pecati che regnano ne’ popoli, e nove pene che Idio manda poi per punirli.

Primo peccato si è superbia: su, ben alto!

Sicondo è malizia di colui che ha del rincagnato.

Terzo si è falsità.

Quarto è carnalità.

Quinto è voracità.

Sesto, parzialità.

Settimo, mala compagnia e sazietà.

Ottavo, crudeltà.

E nono è iniquità. Non ce n’è già qui!

El primo è superbia di volere èssare sempre sopra al compagno. È questo pecato ne la città di Siena? Oh, oh, più che in niuna altra, se potesse! Non rimane se non per non potere. E sai che dice Idio per bôca del profeta?5 Vindicabo me de inimicis meis cum inimicis meis, [p. 161 modifica] dice Idio: — Io mi vendicarò de’ miei nemici. — Udisti mai che darò contra a duro si rompe? Uno che ha il capo duro, non l’ârà però sì duro che una pietra non li li rompa, se vorrà permutare l’uno co l’altro, però che la pietra è più dura che ’l capo. Che vo’ dire? Vodire che mai l’umile non gastiga il superbo: già credo che m’intendi! El superbo gastiga el superbo, chè è simile l’uno a l’altro. E però ha detto Giovanni nelle sopradette parole: Et similitudines locustarum ec. — La similitudine di queste locuste si è simile a’ cavalli aparecchiati a combattere6. — Che condizione è quella del cavallo? È superbo, e tu superbo. Ho udito che so’ molti cavalli che so’ allegri di natura, e quelli si dice che so’ buoni cavalli: quelli sempre si vorrebbero ritrovare le battaglie a gastigare, perchè so’ manigoldi di Dio. Così è propio colui che ’l cavalca, superbo; sì ch’è il cavallo superbo, colui che il cavalca superbo, e colui che ’l manda è superbo, il popolo a cui è mandato, è superbo. Pensa ora come andrà la cosa, essendo tanta superbia ragunata insieme! E inde disse Job.....7 Anco a un’altra propietà il cavallo, che è molto animoso: mai non si ritira adietro, perchè egli ha molto cuore a fare battaglia. Simele è anco il soldato, che mai non gli manca cuore a fare ogni male, ogni danno, ogni strazio che egli può fare. Anco ha un’altra propietà, che è atto a la battaglia; non è niuna bestia atta a la battaglia, quanto è il cavallo. Vedi che è atto, coragioso e superbo; chè so’ di quelli che come sentono una trombetta sonare, tutto si rallegra; e sicondo ch’io ho già udito, le quando si ritrovano in battaglia questi tali cavagli, [p. 162 modifica] dice che fanno per dieci uomini di scalchegiare8, di scagliarsi, di mòrdare e di fare ciò che possono fare. Donne, noi andaremo pian piano vedendo di queste locuste. Aspettate un poco, dico, che queste locuste so’ genti d’arme, so’ cavalli i quali gastigano i popoli per permissione di Dio; e’ quali vi dico che voi gli aspettiate, che una volta bisogna ch’e’ siano purgati i vostri peccati. E voi donne fate che voi non guastiate niuna de le vostre cioppe grandi, e anco vi dico che voi non le portiate: serbatele e fatene massarizia per loro! Doh, io vi vorrò provare una verità per parte di Dio, che v’averrà questo ch’io vi dirò, che le persone del mondo faranno fare, e questi tali soldati ch’io vi dico, co la volontà del diavolo tutte, io dico tutte, quelle cose ch’io v’ho detto. E così ho già detto in più luoghi come il dico a voi, e ello è intervenuto. O peccatori, o popolo cieco, ne’ pecati involto; voi non vedete che Iddio già vi tòlle il senno, che non cognoscete il bene che voi avete? Voi potreste fare la maggior parte di ciò che voi fate, e farlo senza pecato, con onore di Dìo. Sai che ti dico? Che tu farai poi de le cose per forza, che non l’hai volute fare per amore, e farai la penitenzia tua, senza averne merito; e credo che ce ne sia di voi forse migliaia che vorrebbono vivare a speranza di star meglio. Non so, non so come tu ti farai! Io t’ho detto e dico, che Idio gastiga i popoli superbi con superbia, l’uno superbo contra a l’altro. E sia detto per la prima condizione.

La siconda pestilente condizione e malizia si è quella di colui che va a la rincagnata9. E però dice Giovanni: [p. 163 modifica] Et super capita earum tamquam coronae similes auro: — E sopra il capo loro avevano corone come simili all’oro. — Non dice come oro, ma come simile. E però dice tamquam. Questo tamquam possiamo intèndarlo in tre nodi:

Primo, per sapienzia divinale.

Sicondo, per sapienzia naturale.

Terzo, per sapienzia infernale. Tamquam similes auro: — Come simile all’oro. —

Primo, sapienzia divinale. Questo è oro, che sempre ogni operazione si mette in bene. Sai dove il puoi vedere? Ne la Apocalipsa al iiij cap. di quelli xxiiij vechi. Procidehant viginti quatuor seniores ante sedentem in throno, et adorabant viventem in saecula saeculorum, et mittebant coronas suas ante thronum, dicentes: Dignus es, Domine Deus noster, accipere gloriam et honorem et virtutem; quia tu creasti omnia, et propter voluntatem tuam erant, et creata sunt: — Dice che xxiiij vechi stavano dinanzi al Signore, e inchinavansi co le corone loro, di capo traendosele, e adoravano Idio, e ponevano le corone loro dinanzi a la sedia di Dio, el quale è tutto pieno di sapienzia, dicendogli: Signore Idio nostro, tu se’ degno di ricévare gloria e onore e virtù, però che tu hai create tutte le cose co la sapienzia tua. — E chi credi che sieno questi xxiiij vechi? Sono xij patriarchi e xij apostoli, tutti pieni di sapienzia di Dionota che con tutto che si vedessro pieni di sapienzia, si riputavano non avere sapienzia a rispetto che ha Idio; cioè tenere, la sapienzia loro essere nulla apresso a quella di Dio. E però si traievano le corone, e ponevanle in terra, dicendoli: — Idio, Signore nostro, tu se’ solo quello che se’ degno di ricévare gloria e onore e virtù, però che ogni cosa è stata criata da la tua sapienzia co la volontà tua. — [p. 164 modifica]

Sicondo modo di sapienzia si è la sapienzia naturale. Sai quale è questa? È quella del naturale filosofo.10 Questa non si chiama oro;ma a modo che oro. Sai a che la potiamo assimigliare? All’atone,11 che vedi che ha la similitudine dell’oro. La prima che è la sapienzia divina, è oro; e questa che si chiama naturale, potiamo dire attone. Oh, quanto stanno bene a madonna d’avere queste due sapienzie! Avere la buona volontà, e seguitarla con senno! Non sta tanto bene a un’altra, avendo la buona volontà, e seguirla senza senno. Sai come potiamo dire che costei vada? Ella va come va uno cavallo co li speroni a’ fianchi, senza freno, cioè senza sapienzia naturale. Pone che ’l freno sia la sapienzia, che bisogna che sia ne la criatura: el quale si vuole méttare con regola nel ben vivere. Se tu hai di quello di Dio, e anco hai de’ buoni costumi del mondo; oh, tu vai tanto bene, che tu non potrai andare mai altro che a salvamento! E se tu se’ sentito, e eserciti il tuo senno in far male, oh, tu sarai il più pessimo e gattivo omo del mondo! Come colui l’essercita nel bene, avendo di quel di Dio diventa perfettissimo; così colui che ’l mette e aopera in male, diventa pessimo e iniquo. Sai a chi si può assimigliare? Propio a Satanas, che con tutto che avesse tanto nobile ingegno e intelligenzia, elli la misse in voler fare contra a Dio, e però diventò tanto pessimo: mai non fu la più pessima condizione che la sua. E questo è il sicondo.

El terzo modo di sapienzia si è la sapienzia infernale, la quale è in quello che ha il buono sentimento, e mettelo in male operare. Questo non è oro, nè a modo di [p. 165 modifica] oro, ma è come orpello; chè sotto l’orpello sta aguatala la magagna. E questa sapienzia è in quelli i quali aoperano malizie per ingannare l’uno l’altro, dando cotali modi, che non pare che vi sia niuno colore da dovere ingannare; anco dimostrano di portare uno amore grandissimo cotali bertine.... tu m’intendi! E perchè questi cotali omini furono veduti da Pavolo, però disse: Nemo circumveniat in negotio fratrem suum:12 — Niuno non inganni il suo fratello ne le cose che elli ha a fare con lui. — Doh, immè, che e’ so’ molti che tanto hanno bene, quanto e possono ingannare il compagno! O pârti carità ingannare? Vorresti essere ingannato tu? Come osservi tu detto de’ naturali, che dice: Fa’ quello altrui, che II volessi ricévare? Oh, quanta festa fanno anco quando possono ingannare una donna! Peggio, che come l’hanno gannata, così se ne vanno vantando fra’ suoi compagni, e vanno vituperando la buona donna. Oh, questi cotali si può dire che sieno càmara d’iniquità e di malizia! E sappi che mai non si può ingainnare niuno di questi cotali, perchè sempre sanno riparare co le malizie loro. Sai chi sarà quello che li punirà? Iddio; che ellino rimarranno ingannati. Non saranno ingannati da Dio, no; però che Idio non ingannò mai persona. Iddio non è altro che tutto purità; ma la sua malizia propia gl’ingannarà; chè Iddio talvolta permette che uno gattivo sia gastigato da un altro più gattivo di lui. Quanti popoli che so’ mal vissuti, so’ stati già puniti per lo mal vivare loro da qualche gattivo più di loro! So’ stati già 4 quelli che hanno âuti tanti affanni, che volentieri sarebbero voluti morire, prima che essersi condotti a quel ponto, dove son condotti. [p. 166 modifica]

Tu hai veduto dove è detto: super capita earum tam- quam coronae similes auro. Tre sapienzie: la prima sapien- zm è oro, e questa è la sapienzia divinale di quelli, i quali si cavare le corone di capo dando gloria a Dio, riputando sè medesimi a rispetto di Dio essere quasi nulla. E’ sicondi sono coloro che hanno la sapienzia na- turale, e questi so’ simili al loro attone, andando dietro al ben vivare. E’ terzi so’ quelli che hanno la sapienzia infernale, i quali stanno sempre involti nelle iniquità o ne’ pecati grandissimi; e questi so’ quelli i quali dice: tanquam similes auro: — Come simigli all’ oro. — Questo è orpello, chè dimostrano quello che non sono; che hanno in loro malizia, e dimostrano d’ essere buoni; le quali genti so’ più simili a costoro, che sònno italiani. La più iniqua gente che sia oggi al mondo, sì sono italiani e toscani. Io non so gente al mondo più maliziosa di loro; e benchè la condizione loro lo’ sia durata gran tempo, io so bene che quando Idio voleva mandare i suoi fra- gelli a questi tali popoli, che egli gli mandava. Sai chi furono? Hai mai udito di messer Giovanni Aguto? Hai mai udito delli Inghilesi e dimoiti altrii quali abil- niente si potrebbe sapere, chi andasse cercando? Dico il vero o no? Ècci chi se ne ricordi di niuno? Sapevano ga- stigare, eh?13 Oimmè, che voi non ci pensate! Non so che [p. 167 modifica] si voglia dire! Voi dovareste pure pensare in voi medesimi, voi sête cristiani, che Idio vi punirà per li pecati vostri, e così voi come gli altri popoli. Forse voi ne cavate un’altra ragione, che voi dite: — A tal manica tal coltello: se uno ci venisse per ingannare, noi siamo più atti a ingannar lui, che lui nui, chè noi sapiamo tutte le malizie che elli ci potrebbe esser fatte. S’è egli malizioso, e noi maliziosi: s’è egli gattivo, e noi gattivi più di lui. Malizia con malizia: non c’ingannarà, no! Se lui vorrà usare tradimenti, e noi tradimenti usaremo più a lui: affare affar vaglia. — Oimmè, non dite così, chè voi non intendete la legge che ha posta Idio. Io tl dico che mai non fu niuno che vivesse male, che in fine mai capitasse bene. Crede a me, ch’io so ch’io non mento. Oimmè, città di Siena, ch’io tremo di paura che tu non venga a mano di tale che ti punirà per vendetta permessa da Dio, però ch’io ti vego in tanti modi èssare scorsa a fare contra al voler di Dio, che mi pare che tuttavia tu sia a le mani d’èssarne gastigata. Credete voi ch’io non abbi udito? Credete voi ch’io non sappi i modi vostri? Credete voi ch’io non gli vega chiaramente? Aspettarà pure un poco di tempo, se tu non ti converti. Donne, sogno io? Quale è la cagione ch’io non so’ creduto? E non credendo a altro che a quello che io vi dimostro, che v’è intervenuto per lo mal vivare vostro de le punizioni passate? Già non ha posta altra legge Idio di nuovo! Sempre durarà quello che egli ha ordinato. Io dico che se tu vivarai pure involta ne’ peccati e nelle scellerazioni, tu sarai punita pure da qualche altro gattivo quanto tu o [p. 168 modifica] più. Questa è la sapienzia infernale. Molti so’ di quelli che fanno un altro tradimento, che si conducono insieme a fare una cosa, e quando vedono il pericolo, dànno uno cantone [in pagamento]14 al compagno, e lassanlo intrigato. O usanlo Italiani questo? Sì, pare. Videsi mai che questo adivenisse? Simile, quante imprese si so’ già fatte! Chè una voce talvolta verrà: — Che è, che è? — In tal parte v’è tanta brigata, e hanno già morti dieci miglia persone. — O promesso o non promesso che abi el toscano, egli s’ataca a fare quello che meglio gli mette. Oh, se elli ci fusse de’ soldati a udire, egli ingrassarebbero stamane a udire gl’inganni e tradimenti vostri!

El terzo pecbto per lo quale Idio gastiga i popoli, si è per la falsità sua. Quante falsità si truova oggi nei popoli! Egli vi si truova ipocrisia, la quale inganna ogni criatura. Elli vi si truova simulazione, che anco inganna. Doh, vediamo se qui ce ne so’. A me mi pare di sì. Io ci vego assai di queste donne e anco degli uomini qui alla predica, che stanno tanto onesti, che è una cosa in apparenzia santa: questo si vede da la parte di fuore. O dentro come so’ fatti? Uh, uh, uh, hanno l’ònghie come hanno le galline, che se potessero farebbero dimolto male! O non ti pare che questo sia ingannare l’uno l’altro? Io mi credo che tu mi voglia bene, e tu m’uccidaresti volentieri. Di questi tali dice il Profeta:15 Loquuntur pacem cum proximo suo: mala [p. 169 modifica] habent in cordibus eorum: — Eglino dicono pace co la bôca in apparenzia di fuore, ma dentro nel cuore non v’è altro che odio, omicidio, tradimenti, inganni. — Così anco dico de la donna ipocrita con simulazione. Egli è vero che ipocresia e simulazione è quasi uno medesimo, sì che l’uno si può dire essere l’uno e l’altro. Simulazione dimostra una per un’altra16: così ipocresia. Adunque ti vò’ dire che tu miri dentro in te, Siena, se tu hai questo peccato, e se tu aspetti punizione da Dio di questo. Io dico di sì, e dico che non ci è criatura che non abbi di questa bella mercanzia, bella ma non buona. Doh, odiamo un poco se dico il vero in qualche cosa. O tu che hai una fanciulla e vuola maritare, vuoi tu che ella paia quella17 che ella è? No; e però l’aconci e adorni per farla parere quella che ella non è. Inganno è quello, sai. Così fa anco colui che ha a pigliare moglie:18 elli s’ingegna di non mostrarsi quello che egli è. Egli dimostra d’essere buono, e forse è altromenti: egli dimostra d’essere rico, e forse che non ha del pane in casa abastanza. Elli dimostra d’essere savio, e forse che non è Salamone. Di ciò che elli dimostra, elli è forse il contrario. O non ti pare inganno questo di mostrare una per un’altra? Certo sì, e ben . Or mettiamo mano all’Arti. Dimmi: non hai tu messa la voce, che la tua mercanzia è buonissima? È vero? No. Adunque, tu inganni, sì che tu e la robba inganna altrui, e fatti tenere quello che tu non se’. Questa voce è una tromba di simulazione. Vedi il peccato grande che tu fai! Io ti [p. 170 modifica] dimostro qui un poco di lume in tanta scurità e tenebre. E però dice Giovanni: Et facies earum tamquam facei hominum: — Le loro faccie parevano a modo d’uomo, Dice che parevano, non dice che erano faccio d’uomo, per lo inganno che era in loro; come di colei che ârà: la faccia nera, e co’ suoi inganni la mostra rossarda19. Questa è la vera simulazione, però che di sotto è altro che non si dimostra di sopra. La faccia è quella che si mostra dell’uomo e de la donna, e questa sola è quella; che dà notizia di tutto il corpo. A che s’acognosce l’uno dall’altro? Non quasi a altro che a la faccia. — O chi la falsa, eh? — Tu hai falsato tutto il corpo: però si può dire, la sua faccia era a modo d’uomo, cioè umana. Adunque debbi mostrare la tua faccia umana, pura, e non la guastare in apparenzia, nè in atti, nè in fatti: non ingannare. Elli so’ stati soldati che con uno ghigno hanno sapute condurre altrui in luogo, e che poi l’hanno amazzato: questo fu inganno con crudeltà d’omicidio. So’ anco stati tali che si so’ tanto dilettati d’amazzare altrui, che hanno preso il loro propio paggio e passatolo da l’un lato a l’altro; e poi diceva che voleva vedere in che modo ellino morivano; e così stavano a diletto a vederlo morìre. E credo dire il vero di questo ch’io dirò. Io mi credo avere parlato al più superbo omo del mondo, el quale aveva fatto tanto male, che mai non si direbbe. E nella faccia non dimostrava d’essere quello che egli era: che ne so’ molti che non dimostrano d’essere crudeli, e so’. Oh, questi so’ quelli che hanno la faccia loro a modo d’uomo! So’ maliziosi e gattivi, e la faccia umana è sì con falsità! Di questi Salomone a [p. 171 modifica] xviij cap.: Leo rugiens et ursiis exuriens, princeps impius super populum pauperem. Egli è uno lione rughiante sopra a’popoli: uno orso terribile, e affamato divoratore di chi egli truova: egli incatena e conduce quelli che egli lega, ora in qua, ora in là, nè mai non si ristà di martoriare. Simile fa uno capitano di giente d’arme: ora fa danno di qua, ora di là:|piglia questo, incatena quello; arde di qua, dibrugia di là; e simile anco interviene a uno popolo, il quale non si sa mantenere. Che n’adiviene? Che infine ell’è signoregiato da uno, che gli fa poi stare più a segno e più tristo che non stava prima; e questo interviene spesse volte per lo troppo bene stare. Vedi talvolta regnare uno ipocrito che è gattivo ed è tenuto buono. E questo perchè? Solo per lo peccato del popolo che non cognosce la verità: e come dovete sapervene guardare da questi tali! E perchè credi che Cristo il dicesse? amaestrandoci nel Vangelo di santo Matteo al vij cap: Attendite, attenditè a falsis prophetis, qui vennmt ad vos in vestimentis ovium, intrinsecus autem sunt lupi rapaces: — Guardatevi, figliuoli miei, da’ falsi rofeti, che vengono talvolta vestiti come agnelli mansueti, che paiono cotali santaregli, e dentro, oh, e’ v’è tanta malizia, tanti inganni, tanti tradimenti, tante crudeltà, che e’so’ peggio che non so’ i lupi rapaci, divoratori delle criature. —

El quarto peccato, perchè Idio gastiga i popoli, si è il pecato de la carnalità. Non ci si usa già a Siena questo, che mai non ci si fa altro! E però dice: Et habebant capillos sicut capillos mulierum: — Avevano i capelli come hanno le donne giù lònghi. — E che ti significa altro, o donna, che sempre ti sechi il capo per la vanità de’ tuoi capelli, ponendovi tanto studio che mai non hai il capo in altro, se non a fargli imbiancare! [p. 172 modifica] Peggio ci è. Che diremo di colei che non porta i suoi; anco ha fatte le code degli altrui, che saranno anco cagione di farti patire molta pena nell’altra vita? Oimmè, non fare, non fare; che se tu sapesse il grave peccato, che egli è, e tu non pensaresti di mai portargli più. I Ommè, se tu l’hai fatto, va’, confessatene, e va’ a omo intendente e di buona fama; che se tu sapesse quanto Alisandro ne parla del peccato grave che egli è, e quanto egli dispiace a Dio, tu non âresti mai più pensiero a portarli più. Adunque va’, e sì te ne confessa, e va’ a frate o prete, che non ti facci buon mercato; che i se elli t’assolve, avendo tu il pensiero a ricascarvi, tu te n’andarai con lui insieme a casa del diavolo. E però non andare a tali uomini.

Donne, fate che voi ci veniate domane, ch’io vi vorrò dire un poco del fatto de’ vostri vestiri quello che se ne potrà fare: che perchè vi sia stato assai predicato, non è per niente giovato. Se tu ci verrai, tu udirai come frate Mazica sarà più ubidito lui, che non so’ stati ubiditi tanti valenti uomini, quanti te n’hanno amaestrato. Questo viene forse da incredulità. Aspetta, e credaràlo poi. E credo che qualcuna ci sia di quelle che l’aspettano, che egli si farà ubedire, come egli farà uno cenno. O non credi tu che elli sia da tanto Idio, che elli si facci ubedire? Dico che sì, da lui, ma non da noi. Chè avendovi Idio mandati tanti valenti uomini per amaestrurvi de la dottrina sua, e voi non l’avete voluto crèdare: non aspettate altro ora se non la punizione che egli vi mandarà.

Dice che ha i capelli come hanno i capelli le donne, O donne, se voi sapeste quello che so io, se voi il sapeste, voi il crédareste, e credendolo, ve ne guardareste. Diciamo che voi non credete. Oimmèee, quanto è mai [p. 173 modifica] segno! Donne, pregate Iddio che vi tenga la sua mano in capo: pregate Idio che voi non siate sacomanate da tali genti che Idio manda. Doh, io so ben ciò ch’io mi dico! Pure che Iddio non ti dica queste parole, quando gli ârà aspettato quello tempo che piaciarà a lui: — Hai tu la rabbia, hai rabbia adesso, donna, hai pur la rabbia? E tu la rabbia âbi ne la tua malora. — Doh, basti per lo peccato de la carne e de la lussuria.

La quinta pena che Idio manda a uno popolo che mal vive, si è per lo peccato de la voracità di molti che divorano vedove e pupilli e pòvare persone, che non si possono aitare. E però è detto: Et dentes earum sicut dentes leonum erant: — E’ denti loro erano come denti di leone, — che sempre vorebbero divorare affamati, che mai non si saziano di bere il sangue de’ pòvaretti. Sempre colui che può poco, è divorato. Sai che seguita per divina giustizia? Che colui che divora, è poi divorato lui. E inde è detto nello Eclesiastico a xl cap.: Vir respiciens in mensam alienam, non est vita eius in cogitatione victus: alit animam suam cibis alienis: — Colui che mira nella mensa del compagno, cioè vede la pocissione o la casa del vicino e disidera, dicendo: — oh, ella mi starebbe bene e così il si affarebe questa casa; e la vigna del tale, oh, quanto mi s’atagliarebbe!20 — Simile: — o quella bottiga mi starebbe quanto bene! S’io la potesse avere, io l’aconciarei per modo, ch’io méttarei questa con quella, e non mi sarebbe in mezo persona! Così il tale orto ch’è allato al mio, io gli méttarei insieme. Non vedi pòvaretto che tu non vorresti avere vicino appresso, che tutto il mondo abbracciaresti! Di questi tali dice Isaia [p. 174 modifica] al primo capitolo: Numquid soli habitabitis terram?21 Voi volete agiógnere terra con terra e casa con casa e vigna con vigna, ingegnandovi di tòllarla al tuo vicino che t’è da lato. Io t’aviso che così sarà poi fatto a te, che verrà tale che come tu hai tolto tu, così torrà poi a te: come tu misuri, così sarai misurato tu per permissione di Dio.

Per lo sesto peccato de’ popoli manda Idio la sesta pena; el quale è per le sette e per le parzialità; chè per queste parti colui che è di fuore, s’intende con colui che è dentro, e quello che è dentro ha de’ compagni, de li amici, de’ parenti, e dice: — Aitame, e io aitarò te: teniamci insieme. — E così cominciano a portare odio a coloro che lo’ so’ contra, e vengono infine a le mani. Taglia a pezi questo;22 amaza quell’altro; è così si guastano le città fra loro medesimi. E però dice Giovanni: Et habebant sicut lorìcas ferreas: — Avevano le panziere di ferro. — Non ti significa altro la panziera se non sette, chè vedi la panziera fatta di molti anegli, e l’uno sta atacato all’altro. — Attenti a me, e io a te, e tu a colui, e io a questo e a quello; — et in questo modo dice che avevano le panziere di ferro. Io l’ho vedute fare a Milano, e fannole e’ fanciulli, e più lavorìo fanno, che non farebbe cinque omini; e stanno col capo basso basso, e col dietro stano alti23. Chi fa [p. 175 modifica] la maglietta, un altro la bacara, un altro fa il chiovo e mettelo nel buco, e mette questa con quella; l’altro sta co le tanaglie e serra insieme; l’altro la chiova e mazicale insieme, e mai non può essere fina, se ella non è chiovata. A proposito: sai che te significa la panziera? Ogni maglietta è la setta che tu hai: ognuno si serra: chi con costui; chi con costui e con colui, e così so’ bozati e tengonsi per modo, che per forza fanno capitar male o loro o ’l compagno24. Sai quel chiovo che fa? Oh, egli è la mala cosa! Quello è l’odio che l’uno porta all’altro; e con quello chiovo serra nel cuore una mala volontà per sì fatto modo radicata, che non ha potenzia niuno di farlo piegare: nè se è pregato per amore di Dio, nè per amore d’uomo, mai non si vorrà muovare: sempre è fermo in una opinione: — Non perdonarò mai; — e così portano le panziere; e per certo poi diventa la panziera del diavolo, chè mai non si porta panziera, che non seguiti poi nemicizia. E così vi seguitarà poi, infine che altri verrà contra a voi co le panziere; e verranno a cavallo e gastigarannovi, come voi avete fatto agli altri. Chè in uno subito voi sentirete: — Che è? Che è? — È certa gente a cavallo che va per lo paese, e voi vedarete che intenzione è la loro, udirete il segreto loro; che diranno: A Siena, a Siena! Chè ben che ellino non abbino fatto di lor mano, eglino hanno tenuto le mantella: andiamo a visitarli25! — E trovaranovi con tante vanità, che voi gli farete godere. [p. 176 modifica]

Voi cioppe grandissime con forgie nuove; voi ghiandarelle; voi avete dimolti ornamenti d’ariento, voi coll’ale a le cioppe, e col guaio da capo o giù giù a le maniche. Donne, fate che voi vi vestiate di nuovo, chè ci è venuta quagiù nel mal luogo una con una nuova forgia; chè ci è stata persona che ha mandato per lo vestire de la meretrice: perchè ha forgia nuova, e hallo messo in dosso a la figliuola, e mostratola al sartore, dicendo: — Io la voglio fatta a questo modo. — Oh, se io l’avesse a fare, ch’io fusse tuo marito, io te ne darei una pésta con calci e pugni per modo, ch’io te ne farei ricordare un pezo. Non ti vergogni vestire la tua figliuola de’ panni d’una meretrice, e portare il vestire a modo che lei? Ben dimostri di volere èssare meno che buona, a volergli a quel modo! O frate Mazica, o frate Bastone, venite, venite a punire questo peccato di costoro, che dimostrano d’èssare o di volere èssare meretrici. No, no, e’ può ben essere che tu sia buona; ma gli atti so’ assai gettivi: el tuo vestire grida pure altro, e non so’ però de le minori de la peza.

La settima pena Idio manda per lo settimo peccato, cioè per la mala compagnia che s’usa e si fa l’uno colaltro. Così so’ cotali che âranno cotali amistà, pregando li amici dicendo: — Doh, tale, uno lupino26; io vorrei il tale uffizio. — Doh, quanto tempo si perde, e quanto male si fa per molti che vanno a uffizio! Quante pregarie, quanto s’andava dietro a molte persone! Io tengo che sia molto bene a cavagli per bossogli27, e mandarvi genti che sieno atte e buone. Non vi si vuole mandare [p. 177 modifica] gente che abbino il pensiero a piluccare i pòvari, le polpa e l’ossa del pòvaretto contadino e d’uno terrezzano28. Sai come si chiamano questi cotali? Chiamansi guasta-contado. Sai che merita questa tale compagnia e amistà a mal fare? Merita anco compagnia. E però dice Giovanni: Et vox alarum earum sicut vox carruum equorum multorum currentium in bellum: — E la voce dell’ale loro sì come voce di molte carra e cavagli correnti in battaglia. — Avennevi mai che voi sentisse gente29, dìe passare per lo contado? Oltre, manda il bando, che di subito a pena di cotanto ognuno abbi sgombro. Con tutto che voi l’aviate provato, anco non credo che voi crediate che v’avenga mai più; e già non cercano altro la gente dell’arme, che quando vogliono andare in uno lato, che e’ non si creda, pregano Idio che niuno nol creda, e talvolta è esaudito il prego loro, che quando ellino debbano passare per una contrada, subito vi si manda el bando, che a pena buono di tutto el mondo, che di subito ognuno abbi sgombro. E come coloro hanno sentito che elli si sa che e’ debbino andare inde, e eglino stanno viij dì, e non vi vanno. Poi riesce un’altra voce: — E’ debbano passare nel tal iato: faciamo sgombrare; — e manda il bando, che a pena di cotanto ognuno abbi sgombro, e eglino stanno poi [p. 178 modifica] xv dì, e anco non viene e non passa. E elli esce l’altra voce: — Oh, elli vuole andare per lo tal paese! — Anco si manda il bando, che di subbito ognuno abbi sgombro per quel paese, donde díe passare. E infine quando elli vuole passare, passa donde piace più a lui, e truova de la robba assai mal riposta, e diserto tutto el paese donde elli passa. Et vox alarum earum ec. Sai, donna: delle tue ale tiene a mente che elle ti faranno anco capitar male. Gli scredenziati so’ quelli che ne staranno peggio; chè se tu ti fossi riparato quando tu potevi, tu non aresti perduto quello che tu hai: che quando tu odivi i bandi che tu sgombarasse, e tu dicevi — Oh, e’ non verrà, no: oh, egli è andato il bando già tre o quattro volte, e anco non è venuto. — E allora essendo tu così scredenziato, e elli ti giógne con tutta la tua robba, e saccomanala, sì ti cava le penne de l’ale, e tu rimani poi spennazato, coll’ale a modo d’uno tristo, sai. E così dico de’ vestiri de la tua donna: egli se ne gli portarà, e d’ognuno nei farà quattro vestiri. Oimmè, ch’io mi so’ in sul desperare de’ fatti vostri, ch’io aspetto fermamente frate Mazica e frate Bastone che vi gastighi a buon modo; e credo infine Idio vi farà capitare male per li vostri peccati. Io credo bene che ci sia di quelli che fanno bene sì, ma quando io vego le cose fare, da le quali voi vi dovete guardare, non mi pare che quello bene sia a pena nulla. Auco mi pare che voi siate tanto di lònga da Dio per tanto mala vita, che io credo che come vi dilongate voi, così si dilonga Idio da voi. Voi non potete altro che capitar male; e però dice: — Come voce di molta aque.30[p. 179 modifica]

L’ottava pena che Idio manda si è per la moltitudine de le crudeltà. Io ci vego crudeltà infra vo’ de l’uno cittadino contro all’altro: simile l’una femina centra a l’altra. Ou, io stupisco de le cose particulari che mi vengono a le mani! El tale ha briga col tale: la tale non vuole stare col marito suo: l’uno fratello coll’altro hanno discordia; così suoro con fratello, padre con figliuolo, vicino con vicino: oh, io trasecolo! Or veràci dominica, che ti vorrò fare una predicoza de la pace: fate che voi ci veniate. — A casa. Dice Giovanni: per questo peccato Idio li manda la pena a uno popolo in questa forma: habebant caudas similes scorpionum, et aculei erant in caudis earum: — E avevano le code loro simigli a li scorioni, e i tormenti acuti erano ne le code loro. — Al morale intelletto sai che vuol dire? Udisti mai dire, ne la coda sta il veleno? Così vo’ dire di voi: voi avete il cuore pieno d’odio, di nimistà, d’accidia e di superbia. Non vedi tu che tu mangi e bei con colui, e volentieri l’amazaresti, se tu potesse! Vedi tu: questo odio è uno coltello che ti ferisce il cuore prima a te; e poi che tu se’ così ferito, e tu porti la spada per ferire e ucidare colui. Qui odit fratrem suum, homicida est31: Colui che odia suo fratello, il suo amico, il suo vicino, quello è omicida; — e se tu l’uccìdi in quel modo, si viene poi alle discordie e in ultimo si viene a le spade, al fare de le vendette. E così si guasta sè, el compagno e tutta la città. A l’ultima.

La nona pena manda Idio per lo nono pecato, cioè per la iniquità. Et inde dice Giovanni: Et potestas earum nocere hominibus mensibus quinque: — E la podestà loro era di potere nuocere agli uomini cinque mesi. — Sai che [p. 180 modifica] vuol dire? Vuol dire ch’egli lo’ dà possanza sopra a la vita sensuale. Prima vo’ dire degli ochi. Oh, quanto te guidi male, chè hai dati gli ochi tuoi in servizio del diavolo, andando ne le chiese a vaghegiare! Elli m’è detto che voi ve sête amendate assai. Io vi prometto che se io ci ritorno mai più, e egli v’intervenga che voi vi ricaschiate, io vi dirò quello che sarà da dire. Oimmè, dinanzi a Maria a fare mercato di tanto male, che ine si facci mercato de le femmine! Via quagiù, asine: andate quagiù dietro al Mercato, dove usa di fare tagli mercati. Così anco di molti e molte a’ balli co le vostre canzoni disoneste, in quanto all’udito. Anco al gusto, mangiare e bere a le corti e negli altri luoghi disonestamente. Così del tatto, in tocare mani; e in ogni modo che voi vi tocate, tutti e cinque i sentimenti so’ martoriati. E per questo puoi dire, cinque mesi so’ martoriati per cinque sentimenti dell’uomo. E poi quando Idio punisce uno popolo, il punisce in ogni sentimento co’ suoi fragelli che egli manda, dati a’ manigoldi suoi, come t’ho detto; sì che il viso, il gusto, il tatto, l’odorato e l’audito, tutti so’ puniti quando Idio manda i suoi fragelli. E questo sia detto per la prima parte principale de’ manigoldi di Dio la condizione pestilenziale,

La siconda parte principale si è de la dominazione infernale. Et habebant super se regem angelum ahyssii: E avevano sopra a sè el re angelo dell’abisso, cioè lo Sterminatore. — Sono luoghi nel mondo che âranno uno capitano tanto iniquo, tanto crudele, che si potrà dire uno diavolo, simile a quello dello inferno. Oh, che cosa debba ella essere! Io non vi fui mai, ma io ho considerato più volte come debbano fare quando e’ vanno a quel modo. Se ellino giongano gente, e pigliale, chi bastonato, chi è ferito: a chi è stretto il capo con funi [p. 181 modifica] e arandellato; a chi è tratto i denti. Io passai già per via, che di queste tali cose vi si facevano assai. Chi aveva la febre, chi moriva di fame, chi biastemiava: uine s’ardeva colui che era morto; chi gridava, chi mangia, chi stenta, chi scrive a’ suoi. Or questi so’ coloro che hanno il re dell’abisso: il capitano è il diavolo, sì del mondo e sì dello inferno. Job: Diabolus qui est rex super omnibus filiis superbiae.32 Abyssus che vuol dire? Ab a, quod est sine, et bissus, lux quae est a longe.33 È cupo senza lume: così è il dimonio: è di lònga da la chiareza di Dio. Idio è ogni bene, e il dimonio è ogni male. Questo maladetto re è chiamato sterminatore di ogni bene: egli è sterminatore d’arti; egli è sterminatore di mestièri, sterminatore di mercanzie, sterminatore di scienzie, sterminatore di figliuoli, e generalmente sterminatore d’ogni cosa buona. E qui hai veduta la sua dominazione infernale per la siconda parte.

La terza parte principale dissi che era la duplicazione d’esso male. El giovane che passa e’ trenta anni, e così la giovana, m’intèndarà: chi n’ha meno, non m’intèndarà. Dice Giovanni: Vae unum abiit, et ecce veniunt adhuc duo vae post haec: — Uno guai è andato via; e eco che vengono due guai doppo questo. — Uno guai n’è andato via, quando s’è passato già di quaranta anni de le fartune passate; ma di quelle di già trenta, anco ci so’ di quelli che li duole il capo, ma poco dura, chè si va [p. 182 modifica] via. Quelli da venti anni in qua, sarà l’altro guai che è come d’una donna che ha partorito, che ha âuto il duolo, e non se ne ricorda più. O cittadini, e voi donne, ricordatevi voi di quelli guai antichi che se ne so’ iti, di quelle guerre, di quelle fami, di quelle mortalitè passate? Tu noi sai tu, o giovano:34 elli il sa bene chi si ricorda già quarant’anni: se forse tu eri nato, tu non te ne ricordi, perchè tu eri picolino.35 Oimmè, che ora i guai radoppiano! Ecce veniunt adhuc duo vae post haec: — Egli ne vengono doppo questi guai passati due altri guai maggiori, che non furono quegli. — Oimmè, amendatevi, amendatevi, amendatevi! Se voi non v’amendarete, se voi non ritornarete a Dio, se voi non farete penitenzia, nisi poenitentiam egeris, peribitis omnes, et veniet gladius suus super vos. Se voi non ritornarete a penitenzia36del pecato vostro, voi sarete tutti martoriati dal maladetto Sterminatore, e verranno sopra a voi i guai raddoppiati. Duo vae: — Due guai. — Oimmè, non aspettate più; tornate, tornate a Dio; che se voi vorrete tornare, egli v’abraciarà e ârà misericordia di voi: e se non, guai, guai a voi! Timete Deum, timete Deum.

Cogli insieme. Tu hai veduto stamani ne le tre parti principali: la prima de’ manigoldi di Dio, la condizione pestilenziale; dove avêmo nove iniquità che regnano nei popoli che mal vivono; e nove punizioni le quali Idio manda per suo giudicìo. Per lo primo che fu superbia, è gastigato dal superbo: dove dissi el cavallo è ’l più [p. 183 modifica] superbo animale che sia, con tre condizioni: superbo, animoso e atto a battaglia. Sicondo peccato fu malizia di colui che ha del rincagnato: dove vedêmo tre sapienzie: l’una divinale che fu oro: siconda sapienzia fu naturale del filosofo, e questa è simile all’oro: terza sapienzia fu la infernale; questa è come simile all’oro. El terzo peccato fu falsità: dove ti mostrai tanta falsità quanta hanno italiani; e eziamdio le donne quando hanno a maritare una fanciulla, la dimostrano quella che ella non è, e così ingannano col falsare la loro mercanzia. E così fa anco l’uomo, dimostrandosi in apparenzia quello che non è. El quarto peccato fu di carnalità: dove dissi di quanto studio si pone in lisci, in seccare e mollare capi di voi donne; e la punizione si è che poi vengono a le mani di genti che ne fa strazio. El quinto peccato si fu voracità degli uomini, e la punizione si è che poi so’ divorati loro: come tu fai, così sarà fatto a te. El sesto peccato fu sètte, parzialità; e la punizione si è che vengono poi le parti che è di fuore; manda de le brigate che guastano, robbano, ardono e fanno ogni male. El settimo peccato fu mala compagnia, e la punizione fu che come tu hai pregato, sai, del lupino, e vai a robbare i pòvaretti contadini, poi se’ robbato tu. L’ottavo peccato, crudeltà: dove vedesti che l’uno amaza l’altro. El nono peccato fu iniquità, e la punizione fu che cinque mesi so’ martoriati; che ogni sentimento ne pate pena; e questa fu la prima parte principale. La siconda parte de la dominazione infernale: Et habebant super se regem angelum abyssi: dove vedêmo èssare la pena uccisioni, rubbarie, pregioni, stenti, cavar denti, e in molti martori stare le creature mal vissute. Tanta fu la potenzia che Idio gli aveva data, che gli condusse a tanta pena come tu hai udita. La terza parte principale [p. 184 modifica] fu la punizione d’esso male: dove ti mostrai di tre guai, uno passato e due ne vengono. E però, cittadini, padri, e voi donne suoro mie, temete Idio, pregando che vi campi da tanto sterminio e da tanta pena: che se voi il pregarete coll’operazioni, voi vi camparete e a l’utimo ârete la gloria di vita eterna, dove abitarete, in saecula saeculorum, amen.



Note

  1. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6 suppliscono questa parola, mancante al solo nostro Testo.
  2. Intendasi pungiglione.
  3. Il Cod. Sen. 6, la condizione.
  4. Le parole che sono tra parentesi, mancano al solo nostro Testo, e certo per omissione del menante.
  5. Isaia, cap. primo, vers. 24. La Vulgata dice: Heu, consolabor super hostibus meis, et vindicabor de inimicis meis.
  6. Il solo Cod. Pal., a battaglia.
  7. Lacuna in tutti e tre i codici.
  8. Cioè, a furia di tirar calci. Nel solo nostro Testo, scalsegiare.
  9. Di colui, cioè, che opera con astuzia, maliziosamente.
  10. Filosofo naturale chiamasi quello che studia le leggi, le cause e i fenomeni della natura.
  11. Il Cod. Sen. 6, attone, ottone.
  12. Epistola prima ad Thessalonicenses, cap. quarto, vers. 6. La Vulgata dice: Ne quis supergrediatur, neque circumveniat ec.
  13. Il Santo accenna a dolorosi avvenimenti, che i più vecchi dei suoi ascoltatori potevano ricordare come reminiscenza giovanile. Difatti L’Aguto: (Giovanni Hawkwood) principal condottiero della Compagnia degli Inglesi, detta di San Giorgio, ed anche Compagnia Bianca, dopo sanguinosa zuffa sconfisse nel marzo del 1366 presso Montalcinello le milizie senesi. Tornato poi in Val di Chiana vittorioso da Perugia, e presovi stanza con gran danno di quelle popolazioni, non consentì ad uscir dallo Stato finchè non gli furon pagati dalla Repubblica 10,000 fiorini. Due anni prima n’ erano stati pagati per ugual cagione 12,000 alla Compagnia della Stella, capitanata dall'Anichino, senza contare le robbarie e i guasti fatti in Val di Chiana dalla Compagnia del Cappello, messa in rotta dai Senesi nel 1363. presso Guardavalle. Di questa vittoria resta il ricordo nella Sala del Mappamondo nel Palazzo pubblico, in un dipinto notevole di m.° Lippo di Vanni.
  14. Le parole in pagamento mancano al nostro solo Codice. Cantone qui è usato in senso metaforico; e con la frase, Dare un cantone in pagamento l’Autore ha inteso di significare che taluno, visto il pericolo cui s’era esposto, inganna con qualche astuzia il compagno; e lo lascia nell’intrigo o nell’imbarazzo.
  15. Credo che volesse di riferire il passo di Geremia (cap. nono, vers. 8), che dice: in ore suo pacem cum amico suo loquitur, et occulte ponit ei insidias.
  16. È sottinteso, cosa. Così poco sotto.
  17. Nel Cod. Pal., e nel Cod. Sen 6, quello. Cosi appresso.
  18. Il solo Cod. Pal. ha questa diversa lezione: Così fa anco colui. Che fac elli? Inganna anco di non dimostrarsi quello che egli è. E coilui che ha a pigliar moglie? Egli s’ingegna ec.
  19. Lo stesso che, rossastra. Il Cod. Sen. 6 legge mostrarrà invece che mostra.
  20. Costrutto irregolare, ma uguale in tutti i Codici.
  21. Correggi, cap. quinto, vers. 8; che nella Vulgata così dice: Nmnquid habitabitis vos soli in medio terrae?
  22. Nel solo Cod. Pal., si legge: Taglia a pezi questo, taglia a pezi quello; amaza ec.
  23. Questa fabbricazione di armi in Milano è ricordata dal Santo anche nella Predica decimaseconda. Se non che, mentre qui parla delle panziere di ferro, già descritte a pag. 259 del primo Voi., nella surricordata Predica ragiona delle buone corazze che in quella città si facevano (Vol. 1, pag. 299).
  24. Bellissima e verissima rassomiglianza questa della maglia di una panziera con le sette e le parti politiche; rassomiglianza anche meglio dimostrata dal Santo a pag. 259 del Vol. I.
  25. Così in tutti i Codd.; se non che nel Cod. Pal. seguono, dopo anamo a visitarli queste parole: a sapere come eglino stanno. e salutaregli.
  26. Cioè: O tale, ti chiedo per amistà che è fra noi un lupino, vale a dire, il tuo voto nel Consiglio del Comune; io vorrei ec.
  27. Intende dire: che sarebbe meglio cavare a sorte dai bossoli i nomj dei cittadini che debbono avere officio di Comune.
  28. Erano e per lungo tempo si mantennero continui i lamenti de’poveri abitanti delle Terre dello Stato per le angherie che subivano dai Vicari e lì Podestà e da qualunque Officiale che la città mandava a governare que’ sudditi e ad amministrar loro giustizia. Questo stato di cose peggiorò, quando per giovare allo stremato erario della repubblica s’introdusse la vendita degli uffizi dello Stato: dal che avvenne che ricchi e potenti cittadini, comperato un ufficio, lo rivendevano per maggior somma a persona, e si recava ad esercitarlo, piluccando fin le polpe e le ossa, come dice il Santo, de’ contadini e de’ terrazzani per rifarsi della somma sborsata, e rivarne il maggior guadagno possibile.
  29. È sottinteso: a dire, ad annunziare.
  30. Così in tutti i Codici, ma considerato il passo dell’Apocalisse, riferito dal Santo, è da sospettare che debba invece leggersi, di molte ale.
  31. Vangelo di San Giovanni, cap. terzo, vers. 15.
  32. Nella Vulgata il passo corrispondente, che è il vers. 25 del cap. xlj del Libro di Job, parlando di Leviatan, cioè del diavolo, così dice: Omne sublime videt: ipse est rex super universos filios superbiae. Nel Cod. Pal., dopo il passo di Job seguono queste parole: E l’angiolo che è fatto per la superbia diavolo.
  33. Aveva detto altrove: „Abisso dicitur ab a, quod est sine, et bissus quod est candor, cioè luogo dove non è niuno lume „ (V. in questo a pag. 57).
  34. Il Cod. Pal. ha questa variante: Tu non te ne ricordi di già tu, o giovano.
  35. Credo che alluda alla cacciata de’ Riformatori dal governo e dalla città di Siena, avvenuta nel 1384, ed alle alterazioni che ne derivarono tra’ cittadini.
  36. Il Cod. Pal., se voi non farete penitenzia.