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XXV.

Qui tratta delli tre peccati capitali,

Timete Deum (Item, ubi supra). Le prealegate,1 dilettissirni, so’ pure quelle di Giovanni nel suo Apocalisse a xiiij cap., e so’ parole di quello Angiolo il quale volava per lo cielo gridando:2 — Temete Iddio, temete Iddio: — e doppo questo sogiogne e dice la cagione: Quia venit dies3 iudicii eius: — Però che egli viene il dì del giudiciò;4 — e di qual iudicio! Credi tu che egli parli del giudicio generale? No, ma del giudicio particolare. Sai tu perchè egli manda questi suoi giudicii particulari? — Se tu nol sai, io tel vo’ dire; e mira se tu città di Siena ci se’ involta. Tre pecati sono quelli i quali fanno provocare Iddio a ira inverso i popoli, e so’ questi:

Primo è superbia.

Sicondo è lussuria.

Terzo è avarizia.

Ora io voglio che tu vega chiaramente che questi pecati dispiacciono più a Dio, che pecato che sia, nè potrai pensare il contrario con verità. Ode Giovanni ne la Canonica sua: Quidquid est in mundo, aut superbia vitae,

  1. Così nel solo nostro Testo: gli altri due Codd. hanno: Le parole prealegate.
  2. Il Cod. Pal., gridando ad alta voce. E difatti la Vulgata ha: dicens magna voce: Timete Dominum.
  3. La Vulgata vers. 7 del detto cap., dice hora.
  4. Il Cod. Pal., del suo iudicio.