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predica trigesimaquinta 131


piene di vanità, mai non àran pace insieme, se ella non ha queste cose. E non v’avedete che voi vi disertate l’una casa e l’altra? L’una colle grandi dote, e l’altra co le vanità: pieni i goffani, che non se ne fa nulla, altro che male; che potreste stare ricamente, se voi vi provvedeste! Non vedi tu che i vestiri che tu fai, non vaiono1 quasi nulla a rispetto che ti so’ costati? E che ne fai tu? Come tu hai menato la donna, che ella è venuta a casa tua con quelli vestimenti, messeseli due o tre volte: poi il mette in cassa e tiello morto, e non se ne fa nulla se non per le tignuole, e talvolta ârà necessità d’un’altra cosa, che ne stenta. Che si vorrebbe fare a questi cotali peggio che si vorrebbe fare a colui che mette una mala usanza in una città. Colui che n’è cagione, si vorrebbe piantare2. Non pensate voi che peccato è a méttare una mala usanza? E poi che ella è cognosciuta, che si vorebbe fare a chi la seguita? Tale sarto è stato, che è stato cagione d’uno grandissimo peccato, e d’uno grandissimo danno d’una città per la mala usanza che elli mette; che si vorebbe fare cosa per essempro, che ella fusse sempre tenuta a mente. Elli si vede che la donna, non più che veduta una usanza nuova, perchè ella ha il capo voto, subito ella è al sarto, e diceli: — io voglio così e così; — e piglia il suo vestire. Se elli non può fare di nuovo, e ella il ritaglia e metelo a l’usanza nuova, e in uno punto ârà peggiorato il vestire uno terzo. Volete vedere quanto danno voi fate a voi medesimi? Ditemi, quanto danno si può fare a uno che ha solamente uno vestire? Puosseli fare dan-

  1. Negli altri Codd., non vagliano.
  2. Vale a dire, ficcare in terra a capo all’ingiù, a somiglianza di pianta: supplizio che fu usato co’ traditori e con gli assassini.