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132 predica trigesimaquinta

no cotanto, e chi n’ha due, arecagli pure a l’usanza, tanto più1: chi n’ha dieci, fa’ la ragione tu; che tal persona sarà che in uno punto farà recare a l’usanza sei o otto vestiri, e di subito si sarà peggiorato quaranta o cinquanta fiorini. Non vedi tu chi te n’è stata cagione? Io dico che si vorebbe piantarli! Ma, ne la vostra buon’ora, non considerate voi nulla? Vuoi ch’io ti dimostri anco peggio? Che sarà tale che non ârà vestiri atti a poterli recare a l’usanza, e ella li vorrà fare di nuovo, e forse che ella sarà impotente; e per fare il vestire a quel modo, si mettarà ella e ’l marito a fare cinquanta magli2. Ma poniamo questo caso, che forse ci sarà di quelle che diranno: — Frate Bernardino pur predica di questi nostri vestimenti, e dice che noi siamo andate molto vanamente oltre: noi aviamo assai vestiri; che ne potiamo noi fare? Costui non vuole che noi li portiamo a questo modo, e non vuole che noi li rechiamo a l’usanze, e anco non vuole che noi ne faciamo di nuovi; e quelli che so’ fatti a l’usanza, non vuole che noi li rivendiamo, perchè se ne pérdarebbe troppo. Che ne doviamo dunque fare? — Sai che ti vo’ dire? Dicoti che se se ne potesse fare fritelle, che noi ne facessimo e che noi ce le mangiassimo. Dice colui: — Oh, io li vendàrò! E a chi? A colui che n’ha di superchio?3 Pur qui rimarrebe però il tuo vestire; ma io vi dico così, perchè voi gli leviate via. S’io non potrò farveli levare, almeno non rimarrà per dirvelo. Siate certe che

  1. Cioè, gli si arreca danno a doppio
  2. Modo volgare: mali.
  3. A maggiore intelligenza di queste parole è bene il ricordare, che il vendere e comperar abiti muliebri usi di qualche lusso era nell’usanza dei tempi (Cf. Banchi, L’Arte della Seta in Siena nei secoli XV e XVI, pag. XIV).