Nuovo vocabolario siciliano-italiano/DA

DA

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D DD

[p. 292 modifica] Da. Segno dell’ultimo caso, o preposizione removitiva: da. || Talora sta per sino e vale sin da, p. e. da gran tempu: da gran tempo. || In vece di per. p. e. da chiddu chi sugnu: da quel che sono. || Per a guisa, a modo, o qualità di persona: da. p. e. da parigginu: da Parigino. || Co’ pronomi mia, tia, , vale solo, senza l’ajuto altrui: da me, da te, da sè. || Davanti all’infinito, equivale al nominativo gerundio: da fari, ecc: da fare, ecc. Per tutti i detti usi però vuolsi da noi usare più volentieri, di.

Dabbenàggini. s. f. Bontà, semplicità: dabbenaggine. || In mala parte, sciocchezza: dabbenaggine.

Dabbeni. Aggiunto che si dà alle persone buone, oneste: dabbene.

Dàbbisu. s. m. T. bot. Pianta odorosa da cui stilla l’oppoponaco: panacea, panace. Thapsia asclepium L.

Dacapu. Da principio, di nuovo: daccapo, da capo.

Dacchì. avv. Poichè: dacchè. || Da quel tempo: d’allora che, da che.

Dacci dacci. V. in dari.

Dacinà. Così a S. Fratello. V. lattuca.

Daddabbanna. V. addabbanna.

Dadu. s. m. Pezzo di osso a sei facce quadre, uguali, in ognuna delle quali è segnato un numero; con due o tre di essi si giuoca a sorte: dado. || Ogni corpo di sei facce uguali: dado.

Daga. s. f. Spezie di spada corta e larga: daga.

Dagàli. s. m. Cintura che s’appende al collo per portar la spada: balteo, pendaglio. [p. 293 modifica]

Dàgali. add. Di terreno declive in sulle sponde de’ torrenti e fiumi soggetto ad inondarsi.

Daguara. v. culu, e propr. culo di porco (Pasq.).

Dagura. V. daura.

Daguredda. dim. di dagura: pertempino.

Dainna. V. linnira. Così a S. Fratello.

Dainottu. s. m. dim. di dainu: piccolo daino.

Dainu. V. addàniu.

Daja. V. deja. || Per dali dali V.

Dali, Dalia ca Dalia, Dalla-Dalla. avv. Su via, orsù. || dali dali, per esprimere un’azione continuata e celere: dalle-dalle. || Per levare rumor contro alcuno: dalli-dalli.

Dalmàtica. s. f. Paramento del Diacono sopra gli altri paramenti: dalmatica.

Dama. s. f. Donna nobile: dama. || Giuoco in sullo scacchiere con pezzetti di legno tondi, schiacciati: dama. || La donna amata: dama. || – di curti, donna nobile che serve in corte: dama di corte.

Damaju. V. dammaggiu.

Damascari. v. a. Tesser a opera: damascare (Mort.).

Damascaru. s. m. Fabbricatore di damasco.

Damascatu. add. Tessuto e lavorato a mo’ di damasco: damascato.

Damascheddu. s. m. Sorta di drappo a fiori d’oro e d’argento che si fabbrica in Venezia: damaschetto.

Damaschettu. V. damascheddu.

Damaschinari. v. a. T. art. Incastrare i filuzzi d’oro, e d’argento nell’acciajo preparato a riceverli: damaschinare.

Damaschinu. add. Dicesi del ferro o simile, che abbia la tempera di Damasco: damaschino. || Aggiunto ad una sorta d’uva, di albicocche e di rose bianche: damaschino. || Aggiunto di una sorta d’ago fino. || ’nfilarisi comu ’n’agugghia damaschina, insinuarsi, brigare.

Damascu. s. m. Sorta di drappo all’arabesca in seta di diversi colori, che dalla città di Damasco in Siria prese nome: damasco.

Damascuni. s. m. accr. di damascu.

Dameggiari. (An. M.) v. a. e intr. Concorrere ove sonvi dame, uccellar ad amori: dameggiare.

Damerinu. s. m. Vagheggino, inclinato a far all’amore: damerino.

Damicedda. V. damina. || V. damiggella.

Damiggella. s. f. Donzella, donna giovine di non bassi natali: damigella.

Damina. s. f. dim. di dama: damina.

Damincella. V. damiggella.

Dammaggeddu. s. m. dim. di dammaggiu.

Dammaggeri. s. m. Chi o che fa danno: facidanno, dannajuolo.

Dammaggiari. V. danniggiari.

Dammaggiu. V. dannu (A. V. ital. dammaggio). || Prov. nè gatta fu, nè dammaggiu fici, far le cose sono silenzio: far fuoco nell’orcio.

Dammaggiusu. V. dannusu.

Dammiciana. s. f. Grande bottiglione rivestito di vimini: damigiana, fiascone (Fr. Dame-Jeanne).

Danmmiru! Voce d’ammirazione: davvero! È quasi dicesse da in vero.

Dammusatu. s. m. V. dammusu.

Dammusatu. add. Fatto a volta.

Damusazzu. pegg. e accr. di dammusu.

Dammuseddu. s. m. dim. di dammusu: volticciuola.

Dammusiddaru. s. m. Custode delle segrete.

Dammusu. s. m. Coperta di stanze o altro, fatta di muro: volta. || Se è di legname: cèntina.|| Se di mattoni per coltello: volterrana. || – fintu, che non è di muratura, ma di legno o di canniccio, e serve per centina. || Prigione nella quale non è concesso ai rei di parlare con que’ di fuori: segreta: (Gr. δωμάτιον: tetto).

Dammusuni. accr. di dammusu: voltone.

Dananti. V. A. (Salom. da Lentini) V. davanti.

Dangaliari. V. catamiari.

Dannàbbili. V. cundannàbbili.

Dannàrisi e derivati. V. addannàrisi.

Dannificari e derivati. V. danniggiari.

Danniggiamentu. s. m. Il danneggiare: danneggiamento.

Danniggiari. v. a. Far danno, nuocere: danneggiare. P. pass. danniggiatu: danneggiato.

Danniggiaturi –tura. verb. Chi o che danneggia: danneggiatore –trice.

Dannu. s. m. Nocumento che venga per qualunque cosa sia: danno. || fari dannu: far male, si dice de’ cibi che recano male allo stomaco.

Dannusamenti. avv. Con danno: dannosamente.

Dannuseddu. add. dim. di dannusu: alquanto dannoso.

Dannusitati. V. A. (Salom. da Lentini). Danno.

Dannusu. add. Che arreca danno: dannoso. || Dicesi pure de’ cibi che apportano nocumento alla salute: nocevole. Sup. dannusissimu: dannosissimo, nocevolissimo.

Dantella. s. f. Lavoro di ricamo, merletto: dentello (Fr. dentelle).

Danti. V. addanti.

Dantiscu. add. Dello stile o maniera di Dante: dantesco.

Dantista. add. Chi studia o imita Dante: dantista.

Danza. (D. B.) Ballo: danza.

Danzaredda. (Mal.) V. danzicedda.

Danzari. v. a. Ballare: danzare. P. pres. danzanti: danzante. P. pass. danzatu: danzato.

Danzaturi –trici. verb. Chi o che danza: danzatore –trice.

Danzicedda. s. f. dim. di danza: danzetta.

Dapoi. avv. Di poi: dappoi. || dapoichì, posciachè: dapoichè.

Dappocu. add. Insufficiente a ragionare ad operare: dappoco. V. in lettu il prov. dov’è usato.

Darbu. s. m. Misura d’acqua che è la quarta parte della zappa V. zappa.

Dardiceddu. s. m. dim. di dardu: dardetto.

Dardu. s. m. Asticciuola di legno con punta di ferro, che slanciavasi coll’arco: dardo, freccia. || omu armatu di dardu: dardiero.

Dari. v. a. Trasferir una cosa da sè in altrui: dare. || Per assegnare: dare. || Per vendere: dare. || Detto di strade, porte, finestre, corrispondere in un luogo: mettere, guardare. || aviri a dari, esser debitore: aver a dare. || Battere, picchiare: dare. || Trattandosi di colori, accostarsi, p. e. dari ntra lu russu: dare nel rosso. || Detto di medicine V. ordinari. || Detto di fanciulle, dar in isposa: dare. || dari lu tu, lu vui ecc.: dar del tu, del voi ecc. V. parrari. || rifl. Arrendersi, sottomettersi: darsi ad uno. || darisi a Diu, dedicarsegli: darsi a Dio. || [p. 294 modifica]darili, percuotere: darle. || darisinni centu a un cardu, fig. affacchinarsi inutilmente, dover sottomettersi a forza al voler altrui. || darisilli, percuotersi a vicenda: darsele. || dari chi diri, tribolare, vessare. Rendere, fruttare, detto di capitali: dare. E detto di case agricole, fare, produrre: dare, p. e. il grano ha dato undici per uno. || prov. cu’ havi a dari, havi a pagari, chi ha debito deve pagare, per non perder fiducia: chi paga debito fa capitale. || darisi a la bacchittunaria e simili modi: darsi al bacchettone ecc. || nun arristari a darinni, fig. dicesi del contraccambio che si dà sia in parole sia in percosse a chi ci abbia offesi. || Noi scambiamo nell’uso il tempo di questo verbo col verbo donare che non usiamo; e quest’uso ci viene da’ provenzali p. e. duna (dona) per , dunirrìa per darìa. || darisi a fari una cosa, prender a farla: darsi a far una cosa. || prov. a cu’ ti duna lu cudduruni nun ci dumannari la guastedda, i regali si prendono come sono: a caval donato non gli si guarda in bocca. || dari per donare, regalare. || darisi di fari: darsi da fare, acciapinarsi. || e duna ca ti dugnu, si dice di chi sempre parla o fa una cosa con insistenza: dagli, picchia e mena. || prov. lu cchiù filici (o riccu) è chiddu chi nun havi a dari: chi non ha debito è ricco. || quantu v’haju a dari di chistu, domanda chi vuol comprare al venditore: quanto v’ho a dare di questo? (Giusti). || dacci dacci, suol dirsi ad uno che metta in opera ogni espediente per far bene una cosa, reiterando più volte la diligenza: dagli. Ma tal volta si usa nel senso anche di mal fare del continuo: dalle dalle. || dari lu gaddittu e pigghiari lu cicirittu, riprender più che non si sia dato: riprendere un dattero per un fico. || a cu’ duna a cu’ prumetti, di chi vessa, dà travaglio a tutti, o chi fa lo smargiasso: a chi ne dà a chi ne promette. || darisi lu casu, la cumminazioni, avvenire: darsi il caso, la combinazione. || pò darisi, si dice per ammettere la possibilità che una cosa avvenga: può darsi. || datu chi...: supposto che: dato che... P. pass. datu: dato.

Darrè, Darreri. avv. Indietro, dietro, addietro. || lu darreri, la parte dietro: il dietro, il deretano. || darreri lu cannizzu, fig. per esprimer un luogo umile, riposto, dimenticato. || jittarisi ’nn arreri o pidd’arreri una cosa, dimenticarsela, non farla: mettere di dietro. Nel Tesoretto vi è: E l’amico di vetro L’amor gitta di dietro. || a lu darreri, situazione contraria di avanti: al dietro (A. V. ital. di rieri).

Darreruliddu. dim. di darreri: un po’ indietro.

Dàrsina. s. f. La parte più interna del porto, per lo più chiusa: darsena.

Dasciala. (Mal.) s. f. Campo vicino un fiume.

Dassari. Idiotismo per lassari V.

Data. s. f. Le parole o il numero che esprimono in una scritta il luogo e il tempo in cui fu fatta: data. || Convenzione, accordamento segreto: appuntamento. || Tempo dal quale è cominciata una cosa, p. e. la data del mio diritto è anteriore al vostro. || a tanti jorna data. T. comm. da tal dì dopo tanti giorni: a tanti giorni data.

Datari. v. a. a datari di..., a cominciar a contare da..: a datare da... (ma non è bel modo), a contare da...

Datarìa. s. f. Ufficio prelatizio nella Corte Romana, così detto dalla data delle suppliche segnate; e dicesi anco del luogo dove si fanno tali spedizioni: dataria, dateria.

Datàriu. s. m. Ufficio nella Corte Romana: datario.

Dativu. s. m. T. gramm. Il terzo caso della declinazione: dativo. || Prov. lu dativu, di tutti veni fattu ottativu, da tutti si desidera avere e non mai si vuol dare: il dativo è da per tutto ottativo.

Dàttula e Gràttula. s. f. T. bot. Frutto della palma: dàttero, dàttilo, Phoenix dactilyfera L. || dattuli marini, conchiglia di sapore squisito, che s’annida ne’ sassi, così detto per certa somiglianza al dattero: dattero di mare. Mytilus lithophagus L.

Dattulina. V. grattulina.

Dattulu. V. dàttula.

Datu o Datu chi. V. in dari.

Datu e per lo più dati pl. Le condizioni e gli accidenti noti del problema e questione per arrivar alla soluzione: dati.

Datura arbòria. s. f. T. bot. Pianta grande che fa be’ fiori grandi a campanello, il giorno stanno chiusi e la sera aprono mandando soave odore: datura. Datura arborea L. Brugmansia candida.

Daturi. verb. Chi o che da: datore.

Dàucu. s. m. T. bot. Erba simile al finocchio, più bianca, la radice è buona a mangiare: dauco cretico, pastinaca selvatica. Arthamanta cretensis L.

Daùra. avv. Sul far del dì: pertempo. Sup. daurissima: pertempissimo. Composto da da e ura.

Davanti, Davanzi. avv. di luogo. Davante, davanti. || Alla presenza: davanti, innanzi. || livarisi davanti, detto d’uomo: ucciderlo, detto di cose, disfarsene. E rifl.: togliersi dinanzi. || lu davanti: la parte di prospetto: il dinanzi. || a lu davanti o pidd’avanti, posto avv.: al dinanzi, dinanzi, davanti.

Davanzu. V. avantaggiu. (d’

Daveru. avv. Veramente; in effetto, effettivamente: davvero.

Dazziàriu. s. m. Chi ha uffizio di riscuoter il dazio: daziere.

Dazzioni. s. f. Il dare: dazione. || T. leg. Trasporto di proprietà in altrui, che gli tenga luogo di pagamento: dazione in paga.

Dazzia. V. grazia.

Dàzziu. s. m. Gravezza, quel che si paga al Governo per ciò che s’importa od esporta: dazio.


Supplemento

[p. 1145 modifica]Dacantu. V. in cantu (supplemento).

Dàgala. s. f. La terra declive in sulle sponde dei fiumi. La terra coltivabile in mezzo alla lava, come una isola.

Dagiarda. V. lucerta (In Nicosia).

Dali. dali a diri, a fari ecc., non ostante...

Dalloi. V. oggi doppu pranzu (In Licata).

Damanti. V. diamanti.

Dangia. V. ramurazza (In S. Cataldo) (Verdone).

Danisi di chiazza. s. m. Sorta di uva ad acini grossi e grappoli lunghi, gialla e buona a mangiarsi.

Dannu. Prov. cu’ ad autru procura dannu, a se stissu pripara affanni: chi altri tribola se stesso affanna.

Dardanu. s. m. T. bot. Sorta di albero: frassino orniello. Fraxinus ornus L.

Dari. Per attribuire e simili, p. e. quantu anni mi dati: quanti anni mi date (Monti). || Prov. cu’ duna e leva la morti nni lu leva: chi dà o ricoglie il diavol lo raccoglie. || cu’ duna chiddu chi havi avanti chi mori, a tempu poi bisogna suppurtari: fate ben a Nato che il tempo gli è avanzato, di chi sciupa tutto e non si riserba nulla pel poi. || cu ti duna ti insigna a dari, in tutti i sensi, ovvero: cu’ nni duna nn’aspetta, che somiglia all’altro: chi la fa l’aspetta. || megghiu dari ca riciviri, per non rimaner obbligato. || dari si chiama piscari: quel che si dona, luce, quel che si mangia, pute.

Darrìa. V. darreri.

Dattulidda. s. f. Sorta di uva bionda, buona a mangiarsi, di acini bislunghi. [p. 1146 modifica]