Lettere dal fronte/Lettere a varii

Lettere a varii

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Lettere alla madre L'ultima lettera

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II.

LETTERE A VARII


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A Fernando Palazzi - Carpineti.

29 Agosto 1915.

Mio Fernando,

non son morto, come forse sospetti, e ti voglio sempre lo stesso bene, ma che vuoi? ho sulle spalle tre mesi di vita di caserma, prima come volontario, poi come sottotenente. Se tu mi vedessi ora, coi baffetti, con la zucca rasata, in divisa grigio-verde, ti meraviglieresti delle mie arie bellicose e del mio piglio militaresco. Sono irriconoscibile. Letteratura? Non ho mai conosciuto codesta signora. Finalmente, dopo tanto sospirare parto domani per il fronte. Raggiungo il 125° reggimento fanteria. Vado a Plava, nell’alto Isonzo. Aspettando l’ora della partenza mi ricordo a qualche amico e a te per il primo. Avrei parecchie cose da raccomandarti sul conto mio, ma non [p. 132 modifica]ho la testa al posto per farlo. L’idea che vado alla guerra mi esalta e mi riempie d’esultanza. Sono felice, felice d’andare a combattere. Chi m’avrebbe detto che un giorno sarei andato incontro alla morte come Mameli, Manara, Medici; che avrei combattuto in una guerra del risorgimento, con lo stesso animo dei garibaldini, con le loro stesse canzoni, contro lo stesso nemico! Ancora mi sembra un sogno. Ma poi non c’è niente di più bello che schierarsi contro questi orribili barbari che hanno premeditato per quarant’anni l’assassinio di tutta l’Europa. Bisogna punirli e ridurli alla impotenza. Ho il cuore ricolmo di sdegno contro questi mostri. Viva la libertà! Viva la giustizia! La nostra causa è santa.

Dal fronte ti scriverò, se avrò tempo, o in ogni modo ti manderò qualche saluto. Poi se tornerò, parleremo di tutto, rideremo, vivremo in pace, sereni, felici, e discuteremo di letteratura e anche di teologia. Perchè non ho rinunziato a persuaderti. Ho convertito già molti più duri di te. Tu sei buono, e questo è tutto, è il fondamento della verità.

Abbiti un lungo abbraccio. Bacia per me la [p. 133 modifica]Emilia, sempre amatissima, e la tua Simona, che ormai sarà una dama adulta. Parlale un po’ di me. Descrivimi come un guerriero tutto lucente. A rivederci. Pensa spesso al tuo

Giosuè.

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A Ettore Romagnoli - Padova.

30 Agosto 1915.

Ettore mio,

parto stasera per il fronte. Sono sottotenente di fanteria nel 125° reggimento. Sono diretto a Piava, sull’alto Isonzo. Spero di poterti salutare domattina al mio passaggio da Padova. Se non fosse possibile, ti mando in fretta questo mio saluto.

Sono felice d’andare e combattere. Da tre mesi sono sotto le armi e sospiro questo giorno. Al mio ritorno mi fermerò a raccontarti la 10 s tra entrata a Trieste.

Saluta caramente la tua buona mamma, ricordami a tutti gli amici. Mia madre è più intrepida d’una madre spartana, e mi vede [p. 134 modifica]partire con gioia, benedicendomi e dicendomi di fare tutto il mio dovere. Puoi figurarti se lo farò. Ho il cuore ricolmo di sdegno e di disprezzo per questi barbari abbietti che hanno affogato l’Europa nel sangue. Viva la giustizia, viva la libertà, viva l’Italia! Vedrai che vinceremo. Il Signore ci aiuterà.

A rivederci dunque, mio Ettore. Non ti dico nulla, perchè avrei troppo, troppo da dirti, e poi verranno i bei giorni, e lavorerò ancora al tuo fianco, e faremo tante cose.

Abbiti un lungo abbraccio dal tuo

Giosuè.

(82)

Al Cardinale Maffi - Pisa.

30 Agosto 1915.

Eminenza,

finalmente parto stanotte per la guerra. Vado a raggiungere il mio reggimento, 125° Fanteria, a Plava, sull’alto Isonzo. Se non l’avevo ancora ringraziato della Sua lettera, vorrà tenermi per iscusato, poichè questi [p. 135 modifica]ultimi giorni sono stati per me affollatissimi. Tra le altre ho dovuto vestire, armare ed equipaggiare per la guerra ben tre compagnie di richiamati.

Come dirle, Eminenza, la mia gratitudine? Le sue parole, anche dando una gran parte alla sua troppa indulgenza, basterebbero ancora a far insuperbire ben altri che me. Il Signore la rimeriti del conforto e del coraggio che m’infonde.

Spero, con l’aiuto di Dio e della Madonna, d’andare a combattere come un buon italiano, un buon soldato e soprattutto come un buon cristiano. Se tornerò, voglio che tutta la mia vita sia consacrata alla gloria e alla grandezza della Chiesa, la Madre da cui, lo sento, il mondo folle, perverso, sanguinoso e triste, avrà la sua salvezza.

Vorrei dirle tante cose, Eminenza. Ne ho il cuore ricolmo. Ma sta per sonare l’ora della partenza. Dal fronte mi permetterò di ricordarmi ancora alla Sua bontà paterna, perchè si degni di elevare per me al Cielo una preghiera. Per me il ricordo di Lei, della sua generosità così affabile e cordiale, del suo [p. 136 modifica]spirito così alto e illuminato, sarà uno dei miei conforti migliori.

Di tante cose che vorrei dirle, una sola non voglio tralasciare: raccomando alla sua bontà mia madre, che mi si è palesata in questi giorni una donna sublime. Chiamerei spartana la sua intrepidezza, se non sapessi che cristiana dice infinitamente di più. Forse essa verrà presto a Pisa, per genuflettersi dinanzi a Lei e per dirle da parte mia a voce quello che io stesso non saprei scrivendo.

Si degni. Eminenza, d’impartirmi la sua alta benedizione, e creda alla venerazione sconfinata, all’amore fedelissimo, all’ossequio immutabile del suo obbedientissimo

Giosuè Borsi.

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Al cav. Alceste Cristofanini - Pisa.

30 Agosto 1915.

Carissimo signor Alceste,

parto stasera per la guerra, dietro a un ordine improvviso. Vado sull’Alto Isonzo, a [p. 137 modifica]Plava, al 125° reggimento di fanteria. Sono molto dispiacente di non averla potuta salutare prima della mia partenza, perchè son certo che a voce avrei potuto dirle meglio tante cose.

Del resto tutte si possono ridurre a una: le raccomando mia madre, certo che non potrei affidarla meglio che al suo cuore e alla sua probità. L’altro ieri il Sindaco mi disse che ella gli aveva parlato di noi e del povero babbo con parole di affetto caldissimo, e di me poi, per bontà sua, con parole di stima sincera. La ringrazio: quello che ha detto mi permette di partire più serenamente, più pronto a fare lassù tutto il mio dovere d’italiano e di soldato, fino all’ultimo, a qualunque costo e senza pensare a nulla.

Uno dei più grandi dolori della mia vita è stato il lungo e doloroso malinteso che ci tenne per troppo tempo divisi, ed è un vero rimorso per me il pensiero che forse con un po’ più d’energia avrei potuto impormi e impedire che nascesse. Ma anch’io, caro signor Alceste, ero in parte scusabile: ero giovine, inesperto e mal consigliato. Comunque sia, le chiedo [p. 138 modifica]perdono dei dolori che le ho dato, in gran parte involontariamente, e le sono infinitamente grato delle tante prove che ella mi ha dato d’averli dimenticati. Oggi più che mai, in procinto d’andare incontro alla morte, vedo chiaramente quanto è stolta ogni contesa d’interessi. Tutte le cose di quaggiù presto o tardi bisogna lasciarle. Si muore, e non si sa nè come nè quando. A che serve lasciare dei retaggi d’invidia e di odio?

Dunque affido a lei, qualunque cosa accadesse, gli ultimi giorni di mia madre e l’avvenire di mio fratello. Intanto la ringrazio dal profondo del cuore di tutto quello che ha fatto per me. Spero di tornare presto, e allora, passata questa terribile tempesta. Iddio vorrà farmi la grazia di darmi il modo di dimostrarle meglio la mia riconoscenza e il mio caldo e sincerissimo affetto filiale. Nessuno più di me Io creda, cavaliere, ha ammirato la sua operosità, il suo ingegno, la sua tenacia, il suo volere.

Dal fronte, come combattente, non potrei scrivere articoli e corrispondenze in forme giornalistiche. Però scriverò a mia madre qualche [p. 139 modifica]lettera lunga e particolareggiata, che potrebbe essere riportata sul giornale o in tutto o in parte come lettera dal campo.

Avrei molte altre cose da dirle, ma il tempo stringe. Di lassù mi rammenterò a lei. Frattanto saluti caramente la sua Signora, tutti gli amici di Livorno, e per sè si abbia una mia calda stretta di mano.

Suo per sempre

Giosuè.

(81)

Alla Signora Antonietta Pagliani - Roma.

Firenze, 30 Agosto 1915.

Gentile amica,

è veramente troppo, e mi vergogno come un ladro della mia negligenza verso di lei, così Buona con me. Che avrà pensato di me? del mio silenzio? Davvero sono imperdonabile. E sono imperdonabile soprattutto perchè nessun dono poteva tornarmi più gradito e benefico di quel maraviglioso volume del Gratry. Certo [p. 140 modifica]è stata la Provvidenza a ispirarle d’inviarmelo. Les sources sono diventate il mio libro. L’ho letto e riletto avidamente una ventina di volte.

Ha fatto di me un altro uomo, mi ha come aperto gli occhi, mi ha fatto intravedere profondità di sapere e di verità che non sospettavo neppure. Ebbene è quello il libro che porterò con me.

Stasera parto per la guerra. — E con tutto questo, dirà, non ha pensato neppure a ringraziarmi? — Ecco, dirò: col cuore, con le preghiere, con la riconoscenza, Dio solo sa quante volte l’ho ringraziata. Ella non può immaginare quanto ho pensato a lei con insistenza in questo tempo. Ma i primi giorni non potei scriverle, poi pensai che non fosse più a Siena, poi sperai che ripassasse a Firenze infine mi arruolai volontario per andare alla guerra. Da allora ho dimenticato tutto il resto. Mentre stavo per partire per il fronte come soldato semplice, ebbi la nomina a sottotenente. Ho fatto due mesi di servizio, un mese fa chiesi d’essere mandato alla guerra, finalmente l’ho ottenuto, e stasera parto. Vado a [p. 141 modifica]Cividale del Friuli, donde raggiungo il mio reggimento, a Plava, sull’alto Isonzo.

Oggi è per me un giorno solenne o felice, perchè sono esultante d’andare a combattere, e l’ho desiderato con molto ardore. Ella è tra le pochissime persone care a cui mi preme rammentarmi con un saluto, a cui mi è caro inviare un arrivederci presto dopo la vittoria.

Cerchi d’essere serena e forte. Nella sua lettera da Siena mi accennava un grande dolore. Spero che il tempo abbia cominciato a lenirlo, ma io non le dico: cerchi di dimenticare, trovi conforto e distrazione, nel lavoro, nello studio, nell’arte. No, no, codesti conforti mi sembra che abbiano qualcosa di odioso.

Coloro che dimenticano presto i dolori sono frivoli, sono quei tali di cui parlava il Pascal, dicendo che un nonnulla li abbatte e un nonnulla li consola. E io le dico invece: sia forte e coraggiosa, umile e rassegnata, si nutra di dolore, accogliendolo come un amico.

Certo non è un amico del mondo, è un amico austero e fiero, di quegli amici che fanno piangere; ma è il grande alleato del Signore. Col dolore Egli ha riscattato il mondo. Egli [p. 142 modifica]ha detto: Beati qui lugent, beati quelli che piangono. Nel dolore noi diventiamo fratelli; unendo i nostri dolori a’ Suoi, noi li rendiamo fecondi, e fecondi di frutti eterni. Credo che, per mandare il mondo in perdizione, il Signore non dovrebbe fare altro che abolire il dolore, tanto esso è necessario alla salvezza degli uomini.

Vorrei scriverle molte altre cose, ma il tempo mi manca. Parto tra poche ore. Se potrò, di lassa mi rammenterò di lei, ma soprattutto mi auguro di rivederla presto, quando torneremo vittoriosi. Le racconterò la nostra entrata a Trieste, poi parleremo di tutto, di fede, di arte, di poesia.

Di lassù guarderemo il mondo lasciato dietro a noi un po’ come si guarda in agonia, come se già ne fossimo staccati per metà, come se fossimo sul punto di congedarci. A poche cose io penso con rimpianto, a nessuna con desiderio, ma pure riguardo con piacere a quelle che la morte non mi potrebbe togliere, e che sono le sole buone, come l’amore di mia madre e quello dei veri amici. Orbene, la sua amicizia, è una di queste belle cose, che non [p. 143 modifica]vorrei perdere a nessun costo, appunto perchè fa parte dei miei beni sicuri, di quelli che si ritrovano. In nome di questa amicizia, mia cara e buona amica, le invio il mio saluto più affettuoso e cordiale. Il pensiero di lei, della sua anima coraggiosa ed energica, della sua bella volontà, della nobilita del suo spirito sarà un pensiero a cui tornerò sovente e che mi aiuterà a far meglio il mio dovere di soldato.

Le stringo caldamente la mano. Sempre riconoscentissimo

Giosuè Borsi.

(85)

Alla signora Emilia Querci - Firenze.

12 Settembre 1915.

Cara e buona signora,

è vero, sono un gran villanzone, e non merito scusa di non averle mai scritto, almeno per ringraziarla dei saluti che Giorgio mi trasmette sempre fedelmente da parte sua. Ma che vuole? Ho molto da fare, a cercare questi benedetti [p. 144 modifica]Austriaci, di cui non m’è ancora riuscito vedere neppure l’ombra. Creda a me: la guerra non esiste, e gli Austriaci neppure. Per noi è una divertentissima villeggiatura e niente più. Giorgio e io non facciamo altro che ridere e scherzare col massimo buon umore. Giorgio è un angiolo, e gli voglio sempre più bene di giorno in giorno. Sta bene, ingrassa come un cignale domestico. Non facciamo altro che parlare delle nostre mammine. Saluti caramente la signorina Nella, dia per me un bacio fraterno a Gastone, mi ricordi con affetto all’Ines e all’Andreina. A lei, se permette, un rispettoso bacio filiale dal suo

Giosuè Borsi.

(86)

Alle signorine Ines e Andreina Querci - Firenze.

30 Agosto 1915.


abbiamo scritto a Gino. Stiamo benone. Pensiamo molto a voi, con riconoscenza e con affetto. La guerra per ora è divertentissima. State molto con mia madre. Grazie, e Dio vi [p. 145 modifica]benedica mille volte, care e buone amiche indimenticabili. Un saluto.

Giosuè

(87)

Al tenente Gino Mazzinghi

14 Settembre 1915.

Mio carissimo Gino,

grazie del tuo saluto. Hai poi fatto in tempo per il plotone? Potevi chiedere l’atto di nascita direttamente al Comune con un vaglia.

Qui sto benone, e mi diverto un mondo. Per ora da questa parte non c’è gran cosa, ma pare che si preparino grandi avvenimenti. Ho già fatto due ricognizioni piuttosto rischiose a pochi metri dagli Austriaci, di notte, che sono andate benissimo, non ostante alcune peripezie emozionanti. Ti racconterò. Non dir nulla a mamma, mi raccomando. Oggi lascio le trincee, e torno al campo.

Penso molto a te con infinita tenerezza. Abbiti un caldissimo abbraccio dal tuo vecchio

Giosuè.

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(88)

Allo stesso.

17 Settembre 1915.

Mio caro Gino,

la tua lettera, per quanto laconica, ci fa capire quanto sia dura e terribile la guerra per voi, e Giorgio e io viviamo in ansia continua per te. Forza, coraggio e prudenza. Son certo che sei un magnifico soldato, e sotto un certo senso non posso che invidiarti. Ma noi! Mi vergogno à dirlo, ma per noi la guerra non è che una villeggiatura, per quanto siamo in primissima linea. Ma pare che adesso si preparino grandi cose, forse un’avanzata su tutto il nostro fronte. Non vedo l’ora d’essere impegnato a fondo. Io sarò esploratore, e ho già fatto un paio di ricognizioni notturne molto divertenti, a pochi metri dagli Austriaci.

Ora sto facendo un corso di conferenze morali e patriottiche ai soldati: poveri figliuoli! come se la guerra non fosse già una discreta seccatura. [p. 147 modifica]

Scrivimi spesso, magari poche righe in fretta. Anche noi faremo altrettanto. A rivederci. Viva l’Italia I Tuo con tutta l’anima

Giosuè.

(89)

Allo stesso.

18 Settembre 1915.

Gino mio,

non mi aspettavo meno da te. Sono fiero e felice d’esserti amico, e d’una sola cosa mi dolgo, di non esserti stato a fianco. Ma, se Dio m’aiuta, spero col tempo d’essere degno di te. Il tuo esempio centuplica il mio fervore.

Speriamo che Dio ci assista tutti, e ci conceda di riabbracciarci. Intanto ti mando un caldo bacio fraterno, e ti stringo la mano con forza. Viva l’Italia!

Giosuè.

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(90)

Alla signorina * * *

18 Settembre 1915.

Cara e gentile amica,,

mi riserbo di scriverle più a lungo, presto, perchè ella è cosi buona, da meritare queste e altro. Ho ricevuto la sua lettera e la sua cartolina, e non saprei dirle a parole quanto mi son giunte gradite. Bisogna essere qui per capire che cosa voglia dire una voce amica e cara che giunga dal mondo. Per adesso le invio in fretta il mio indirizzo preciso, i miei saluti più affettuosi e cordiali, i miei ringraziamenti più caldi e riconoscenti. Speriamo che il libro del Gratry mi giunga; l’aspetto con impazienza, quasi ansioso, e sarà per me una benedizione del Cielo. A presto una più lunga lettera. Ho tante cose da raccontarle! A rivederla, e che Dio l’assista sempre e la benedica. Suo

Giosuè Borsi.

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(91)

Al padre Biagio Cialdini del Monte alle Croci.

18 Settembre 1915.

Biagio mio,

ti ringrazio di gran cuore dei tuoi cari saluti. Avevo già letto l’articoletto del Bellonci, che mi pare un buon segno. Figurati quanto prego per lui.

Qui me la passo assai bene, come sentirai da quello che scrivo a mia madre. Penso molto a voi, e non vedo l’ora di tornarmene nel vostro refettorio a raccontarvi tante cose.

B;ingrazia P. Eletto dei saluti, che ricambio con tutta l’anima. Ricordami anche a P. Cantini, a P. Massimo, a P. Cipriano, al padre guardiano, a P. Cini, a tutti i buoni fratelli indimenticabili .

A te un abbraccio particolarmente affettuoso. Dio ti benedica sempre e ci assista tutti e protegga l’Italia. Tuo

Giosuè

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(92)

Al tenente Gino Mazzinghi

20 Settembre 1915.

Mio prode,

non ti credevo tanto eroe, ma ti credevo molto più intelligente. Quelle indicazioni di cui mi chiedi la spiegazione erano perchè tu confrontassi le date per farti un’idea delle nostre località. Sul conto nostro non abbiamo nulla da dirti. Domani sera lasciamo il campo, e andiamo un po’ indietro, purtroppo, ma speriamo che sia il preludio d’un’azione importante. Abbiamo saputo che sei proposto per la medaglia al valore. Bravo! Evviva! Spero che mi permetterai di darti ancora del tu. Lascio un po’ di posto a quel cialtrone di Griorgio. Un caldo, fraterno, esultante, entusiastico abbraccio. Evviva l’Italia!

Giosuè

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(93)

Al signor Gastone Querci.

24 Settembre 1915.

Caro Gastone,

un piccolo favore. Il caporal maggiore Guido de Zordo, che era furiere della mia compagnia al deposito del 69°, fece domanda di essere adoperato come interprete, perchè conosce molto bene il tedesco. Ora mi scrive dal fronte per sapere l’esito della sua domanda e per pregarmi di sollecitare presso il Comando. Potresti occupartene? Il suo indirizzo è 27° regg. Fanteria, 2ª compagnia, 32ª Divisione, Zona di guerra.

Grazie e scusami. Qua va tutto benone. Adesso siamo in riserva, e pare che andremo anche più indietro. Giorgio sta benissimo, felice, allegro e idolatrato da tutti. Saluta la mamma, la sorella e le cugine. Un abbraccio.

Giosuè

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(94)

Al signor Nistri.

24 Settembre 1915.

Caro signor Nistri,

grazie di tutto cuore dei suoi saluti e dei suoi graditissimi auguri. Sarei anch’io ben contento di poterlo incontrare e salutare, e chissà che in avvenire questo non possa accadere.

Qui va tutto benone. Sono in prima linea dal primo del mese. Adesso sono ufficiale esploratore, ma purtroppo sembra che presto andremo per qualche tempo tra le riserve in terza linea.

Le ricambio gli auguri. Viva l’Italia! Creda a tutto l’affetto del suo

Giosuè Borsi.

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(95)

Al Cardinale Maffi - Pisa.

25 Settembre 1915.

Eminenza,

che Iddio la benedica mille e mille volte delle preziose parole con cui si è degnata di assicurarmi ancora una volta della Sua benevolenza e della Sua paterna bontà a mio riguardo. Un solo pensiero, mi creda, è quello che mi fa trepidare: che non so davvero come farò a recedermene in qualche modo meritevole e degno. Ho subito spedito a mia madre la Sua lettera, ben sapendo di procurarle così una ben dolce consolazione, e frattanto l’ho incaricata di venire da Lei al più presto possibile, per dirle a mio nome tutta la mia riconoscenza.

Le Sue parole mi saranno di un grande aiuto per incoraggiarmi a compiere fortemente e coraggiosamente tutto il mio dovere di soldato, ora che ho la fortuna e l’onore tanto [p. 154 modifica]agognato di offrire il mio braccio e, se occorre, la mia vita per la mia patria. Intanto il Signore, nella sua infinità bontà, benedice più di quanto non osassi sperare i miei poveri sforzi con cui mi vado industriando di lodare il Suo nome tra i miei soldati. Molto mi aiuta la terribile eloquenza della guerra, molto la sete di giustizia, di verità e d’amore che Iddio ha saputo porre nel cuore di tanti suoi umili figli, ma adesso mi è caro pensare che debbo molto all’ausilio potente della sua preghiera apostolica, Eminenza. E infatti, come potrei dubitarne? Che cosa potrebbe negare il padre amoroso di tutti gli uomini a colui che ha chiamato Egli stesso ad essere sal terrae e lux mundi, e che sa obbedire con così strenua fedeltà al divino richiamo?

Preghi dunque ancora per me. Sento che in questo momento di orrore tempestoso si maturano le nostre sorti, sento che questa è un’ora decisiva per tutti, per la nostra Italia, per l’Europa, per la Cristianità, per il genere umano, e che tutti dobbiamo tendere ogni nostra facoltà a compiere il massimo nostro sforzo, perchè vinca il Bene, perchè sia fatto [p. 155 modifica]un passo verso il gran Regno agognato in terra, quello per il cui avvento Gesù stesso ci ha insegnato a supplicare ogni giorno il Padre nostro nei Cieli. Ah! che cosa darei per essere anch’io tra coloro che contribuiranno a questo moto di rinnovamento e di rigenerazione universale, sia pure l’infimo di tutti! Immagini quanto, quanto può giovarmi una sua preghiera, a sostenere e fecondare il mio piccolo e povero sforzo.

Ancora una volta grazie di tutto cuore. Il Signore saprà ricompensarla anche del bene che ha fatto a me. Mi conservi il suo affetto, che mi è tanto più prezioso, quanto meno sento di meritarlo, e creda ora e sempre alla piena e assoluta devozione del suo riconoscentissimo

Giosuè Borsi.

(96)

A A Ettore Romagnoli - Padova.

Craoretto, 3 Ottobre 1915.

Mio caro Ettore,

ti presento il mio giovine amico Giorgio Querci, di Firenze, mio commilitone al [p. 156 modifica]deposito del 69° e mio compagno d’armi da un mese sul fronte, alla sesta compagnia del 125°. Siamo stati insieme per ventisei giorni sufi a prima linea del fuoco a Nekovo, sull’Isonzo, dormendo sotto la stessa baracca. Ora egli viene con altri ufficiali della Territoriale a Padova, di guarnigione, ed io l’ho incaricato di portarti i miei saluti. Accoglilo, ti prego, come accoglieresti me. Ti accorgerai presto, conoscendolo, che è un giovine pieno d’intelligenza e di cuore. Per darti la prova più evidente della sua intelligenza basterà dirti che è un tuo caldo e profondo ammiratore.

Io resto qui al 125® come un effettivo, al comando d’un plotone, e per di più ufficiale esploratore del 11° Battaglione. Per ora siamo in riposo, e forse andremo anche più indietro, verso Udine, ma spero che presto torneremo in prima linea per prender parte a qualche azione importante, sul Carso, molto probabilmente.

Giorgio Querci ti darà notizie più diffuse sul conto mio. Ringrazia tua madre della cara accoglienza che mi fece al mio passaggio da Padova, dove fai desolato di non averti [p. 157 modifica]trovato. So che Adriano è sottotenente al mio Deposito a Firenze. Rammentami cordialmente a tutti gli amici di costà.

Un lungo ed affettuoso abbraccio del tuo

Giosuè.

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Al Giorgio Querci - Padova.

3 Ottobre 1915.

Mio caro Giorgio,

la cartolina vaglia che ti avevo pregato di spedire a Zanichelli ti è stata respinta dalla posta, perchè ci mancava l’indirizzo, da te tralasciato per distrazione. Eppure l’indirizzo, quando si vuole scrivere a qualcuno, non è del tutto superfluo. Ho completato io la cartolina. Per distrazione pure hai dimenticato qua il mio orologio da accomodare, mentre, come sai, per accomodare un orologio, occorre innanzi tutto avere l’orologio. Non faccio per iscoraggiarti, ma le frequenti e gravi distrazioni sono i primi sintomi della paralisi progressiva. [p. 158 modifica]

Basta, comprami tu un orologino da polso da una diecina di lire e spediscimelo col resto. Ti rimborserò il giorno della presa di Trieste. Guarda di non dimenticarti l’indirizzo mio sul pacchetto, perchè senza l’indirizzo il pacchetto non mi arriverebbe. A rivederci, Giorgio. Sono pieno di vedovanza. Saluta gli amici. Gli amici ti salutano. Si vales, bene est. Ego valeo.

Giosuè.

(98)

Allo stesso.

4 Ottobre 1915.

Giorgio mio caro,

nella mia cartolina d’iersera mi dimenticai di rammentarti che tu non dimenticassi di rammentarti d’abbonarmi subito alla «Domenica del Corriere». E poi non fare il suino e scrivimi. Scrivimi se c’è Romagnoli, e, in caso di risposta affermativa, che impressione t’ha fatto. Scrivimi se è venuta tua madre, come sta, che ti ha detto, che notizie porta della mia. Scrivimi se hai adempiuto [p. 159 modifica]fedelmente agli incarichi del maggiore Boschi. Scrivimi che cosa diavolo fate costà, che impressione t’ha fatto la vista d’un letto vero, d’una stanza da bagno, d’un W. C. col pull. Ricordati di mandare il citrato a mia madre, la quale mi ha scritto ieri una lunghissima e bellissima lettera. Qui nulla di nuovo, salvo un altro palmo di fango. Il tempo si è messo leggermente al brutto. Tutti ti rimpiangono, lersera è arrivato il primo battaglione, col quale sono il tuo affezionatissimo s.ten. Borsi sig.

Giosuè

(99)

Allo stesso.

6 Ottobre 1915.

Giorgio mio caro,

tutti gli amici e specialmente il maggiore m’incaricano di mandarti i loro saluti più affettuosi. Se ti dicessi come sei rimpianto, la tua superbia, già tanto vanesia, diventerebbe insopportabile. Per dirti la mia desolazione [p. 160 modifica]senza di te, ti basti dire che la prima sera subii sotto la nostra tenda l’aspirante ***, cosa della quale fui molto imbestialito. Ora son solo, e forse è peggio. Però abbiamo cambiato posto. La nostra compagnia è venuta in un luogo tanto carino, dove stiamo soli soli, vicini al campo dove eravamo prima, in mezzo al verde.

Ricordati di dire al Brusa di leggere il commentario del Gratry, a pag. 315, rigo 12, e poi quel magnifico squarcio che comincia a riga 5 della pagina 181.

Di quelle cose che ti raccontai, mi raccomando, non dir nulla a nessuno. Un abbraccio più che fraterno dal tuo vecchio

Giosuè.

(100)

Allo stesso.

7 Ottobre 1915.

Caro Giorgio mio,

se non ti fosse già venuto in mente, ricordati di scrivere subito una bella letterina al [p. 161 modifica]maggiore, che ogni giorno alla mensa mi chiede di te con affetto e comincia a maravigliarsi del tuo silenzio. «E il Quercino? E il Quercino?» Comincio a seccarmi di sentirmelo ripetere mattina e sera. Ad onta dei nostri guai, sto benone, e ho altissimo il morale. Domani finalmente avremo la famosa consegna della bandiera. Gaspari ti saluta. Gaforelli non ti saluta, perchè si vergogna d’essersi dimenticato in tasca i tuoi guanti. Perdonalo. In un accesso di disperazione voleva uccidersi, bevendo un sorso di quest’acqua. Il tempo s’è rimesso al bello. Nella solitudine stiamo benissimo, dillo anche al Brusa, e facciamo un gran consumo di limoni. La nostra vita è una perpetua limonata, con contorni di grandi falò.

Spero d’avere oggi tue nuove. Saluta Prezzolini, P... Brigidi e Belimbau, ai quali respingo sempre la posta fermo in medesima. Un bacio.

Giosuè

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(101)

Alla signora Elena Pacciani - Firenze.

7 Ottobre 1915.

Gentile amica,

mi perdoni se non l’ho mai ringraziata della sua lettera, ma non creda che qua sia molto facile trovare il tempo. Spero però che mia madre le abbia sempre partecipato i miei saluti, espressi e sottintesi, in tutte le mie lettere. Non so come dirle la mia gratitudine per il pensiero gentile di avermi spedito la «Lettura». Le sue espressioni affettuose a mio riguardo sono molto esagerate e immeritate, ma non perciò meno lusinghiere. Tutta la nostra saggezza consiste nel fare semplicemente e umilmente il nostro dovere. Non possiamo pretendere di più da noi stessi, per non essere troppo superbi. Dio volesse che [p. 163 modifica]arrivassi a fare il mio dovere! Purtroppo sono ben lontano anche da quel minimo. Iddio la benedica sempre, e si abbia un cordiale saluto dal suo

Giosuè.

(102)

Al fratello Gino.

7 Ottobre 1915.

Mio caro Gino,

ho saputo tue notizie da mamma, che mi ha mandato una delle tue ultime lettere. Speriamo che ormai tu possa continuare regolarmente il tuo corso, senza difficoltà e senza ostacoli. Mi sembra molto improbabile che tu debba interromperlo. Quando sarai tra le truppe mobilitate, (speriamo di trovarci vicini) vedrai che la guerra non è poi brutta come si dipinge. Sarei felice che ti capitasse di venire alla nostra Divisione. Qui va tutto bene. Sono stato ventun giorno in prima linea. Ora siamo in riposo per i rifornimenti, e presto spero di tornare dove più fischia la serva, dove più [p. 164 modifica]merfe la vischia, dove... basta, la dirò un’altra volta a comodo.

Sta’ di buon animo, e passatela allegramente. Salutami l’Ugolini, a cui, credo, avrai dato tu il mio indirizzo. Mille e mille bacioni pieni d’immenso affetto. Tuo

Giosuè.

(103)

A Giorgio Querci.

9 Ottobre 1915.

Giorgio mio,

ho ricevuto una tua cartolina, della quale ti sono infinitamente grato. So bene di non meritare quel che mi dici, ma lo gradisco lo stesso. E allora che cosa dovrei dir io di te, a cui devo tante ore indimenticabili e una gratitudine fraterna? Il maggiore ricambia di tutto cuore i tuoi saluti. Parla di te con una tenerezza commossa e commovente. Così i due dottori, il gros e il cit, che in questi giorni hanno molto da fare, come comprendi, ma che trovano il tempo di pensare a te con [p. 165 modifica]immenso rimpianto. E così don Ezio, e tutti, compresi i graduati e i gregari. Un plebiscito d’affetto di cui sono amareggiatissimo. Tutti hanno osservato la mia mestizia e la mia malinconia. Credono che sia perchè mi manchi tu, ma non è che livida invidia, odio e rancore. Grazie della roba che mi prometti. Ieri ti arrivò una scatola di biscottini mezzi sbriciolati. Non te li ho respinti, perchè ti sarebbero giunti volatizzati, e perchè di qui è impossibile mandare pacchi. Li ho divisi fraternamente tra me, Maltagliati, Gaspari, Gaforelli e Stiffelino. Spero che sarai già andato a trovare il mio Ettore. Ti abbraccio con molta precauzione.

Giosuè.

(104)

Al padre Cantini, del Monte alle Croci.

9 Ottobre 1915.

Mio cariss.

sto bene: e puoi immaginare con che cuore accetto il tuo caro dono. Ho sempre il tuo libro a portata di mano, nella mia tenda, e l’ho [p. 166 modifica]portato anche a pochi metri dalle trincee nemiche; ma ti assicuro che non c’è bisogno della sua virtù perchè tu mi torni a mente con affetto profondamente e teneramente fraterno.

Però, prima di partire, una diecina di giorni prima, ne avevo ordinata una copia da Beltrami, che mi aveva promesso di farla venire. A quest’ora ci dovrebbe essere, e io avevo pregato mia madre di passare a prenderlo e dartelo nel caso che ti occorresse. In ogni modo sarei più contento che tu riavessi questo che è stato qui con me, e ti rimanesse per mio ricordo, sia che il Signore mi chiami subito all’appello, sia che mi voglia tenere ancora un pezzo sotto le armi.

Prega per me il nostro Serafico, il cui cordiglio è per me la migliore compagnia e la più valida difesa. Ricordami agli amici. Tuo aff.mo

Giosuè.

[p. 167 modifica]

(105)

A Umberto Fioravanti - Livorno.

14 Ottobre 1915.

mio caro Fiore, so che sei stato a Firenze. Me lo ha scritto mia madre, mandandomi i tuoi saluti. Per ora qua siamo tornati in dietro, dopo ventisei giorni di prima linea, ma tra pochi giorni torniamo a picchiare sodo, in un punto del fronte dove si fa sul serio. Tutto va bene. L’Italia è una gran nazione. Il nostro esercito è splendido. Siamo certi della vittoria.

Saluta con affetto tua moglie, ed abbiti un lungo abbraccio dal tuo vecchio

Giosuè.

(106)

A Ferruccio Alessi - Firenze.

14 Ottobre 1915.

Caro Alessi,

ebbene, come la va? Ti ringrazio dei tuoi saluti, che mia madre mi ha fedelmente [p. 168 modifica]trasmesso più volte da parte tua. Qui va tutto benissimo. Ne avrò delle storie da raccontarti, al mio ritorno! Per ora non ho avuto ancora occasione di guadagnare avanzamenti, medaglie d’oro e d’argento, morte gloriosa sul campo, ecc., ma ho sentito fischiare molte pallottole e miagolare parecchie granate. Adesso siamo in riposo da varii giorni, ma torneremo prestissimo in prima linea. Ti spedirò alcune teste di Austriaci, come campione senza valore. Per ora, in questo momento solenne, t’invio i miei più fraterni e affettuosi saluti. Fanne parte anche a Gabrielli, Cinquini, a tutti gli amici di tipografia. In questo momento mi passa sul capo un aeroplano nemico, a cui danno la caccia. Abbiamo un draken italiano bellissimo nel cielo, all’orizzonte le alpi Giulie e il monte Santo, un gran fragore di camions e un cannoneggiamento lontano. A rivederci. Vado a fare una distribuzione di tabacco al mio plotone. Credi all’affetto del tuo vecchio

Giosuè.

[p. 169 modifica]

(107)

All’Ing. Soter Attal - Livorno.

14 Ottobre 1915.

Mio carissimo Soter,

grazie infinite e di tutto cuore dei tuoi saluti. Incarico te di ricambiarli cordialmente alla contessa B., ai suoi, alla Marchesa degli A. e alla signorina Ginetta. A quest’ultima devi dire, che per ora, di elmi austriaci, con tutta la mia buona volontà, non ne ho visto neppure l’ombra, sebbene sia stato a pochi passi dalle loro trincee, abbia sentito le loro voci (degli Austriaci s’intende e non degli elmi) e abbia sentito fischiar le pallottole dei loro Mauser. Presto però saremo impegnati a fondo, e allora spero d’avere, se non degli elmi, tutti i berretti che vorrò.

Qua ho molto letto, studiato e riflettuto. Quante cose avrei da dirti! Mi sono divorato gli scritti minori del Pascal, maravigliosi, e ho letto, con una commozione indescrivibile, il [p. 170 modifica]Commentario all’Evangelo di San Matteo del Gratry, un libro stupefacente, rivelatore. Anche quella è dottrina esoterica, dottrina del sovrasenso, e ti apre gli occhi nell’occulto, ma nello stesso tempo non ho mai sentito nulla di più rigorosamente ortodosso. Come lo spieghi? — Un abbraccio fraterno.

Giosuè.

(108)

Al tenente Gino Mazzinghi.

18 Ottobre 1915.

Mio carissimo Gino,

soltanto pochi giorni or sono, e con grande ritardo, ho ricevuta là lettera che tu mi scrivesti prima dell’attacco al Seikofel. Per quanto mi giungesse quando già avevo ricevuto da molto tempo notizie tanto rassicuranti, confortanti e fauste sul conto tuo, pure la tua lettera mi diede una grande commozione, per cosi dire, retrospettiva, e ho potuto rivivere trepidando con te quell’ora tanto solenne. Il fatto poi che, in quei momenti così gravi [p. 171 modifica]e decisivi, tu avessi voluto ricordarti di me, mi dimostrò una volta ancora il saldo e profondo affetto che ci lega, e ti avrei scritto anche prima d’oggi, per dirti tutta la mia riconoscenza per l’amicizia che mi hai dimostrato, e che io ricambio con tutta l’anima, se in questi giorni avessi potuto trovare il tempo di farlo. Invece, dopo essere stati per ventisei giorni in prima linea, dove non ci accadde nulla di notevole, gli ultimi di settembre ci ritirammo in riposo per i rifornimenti, poichè il nostro reggimento era assai mal ridotto, essendo tra quelli che presero parte all’azione di Piava. Il nostro riposo si può dir tale per ironia, perchè è stato invece un periodo poco lieto e sopra tutto di lavoro affannoso e febbrile. Cosi, quello di scriverti, è sempre rimasto per me un pio desiderio. Ora siamo tornati in prima linea. Avrai già saputo che Giorgio e tutti i territoriali, salvo Marpicati, Peruzzi, Roselli e io, furono chiamati dopo un mese al deposito di Padova, e io fui contento per Giorgio, che vedevo assai inadatto alle fatiche della guerra. Egli ebbe anche una licenza, e tornò a Firenze, poi tornò a Padova, [p. 172 modifica]donde insieme con gli altri ricevette l’ordine di tornare qua. Lo vidi ieri l’altro, prima della nostra partenza, ed era così abbattuto e indebolito, che il medico l’ha mandato alla compagnia di sanità. Spero che potrà rimanere un buon mesetto in riposo, e così eviterà di partecipare alla nostra azione, che promette di riuscire molto violenta e grave.

Poichè anch’io, mio caro Gino, ti scrivo in un momento molto solenne per me, in una condizione analoga alla tua del 5 settembre. Tra due ore leviamo il campo per una marcia d’avvicinamento, e tra oggi e domani saremo impegnati in combattimento. Il nostro reggimento dove puntare su Descla, e passeremo l’Isonzo per i primi, col secondo battaglione, con la quinta e la sesta compagnia, in prima linea. Io comando il secondo plotone.

Anch’io, grazie al Cielo, ho la gioia di dirti che non ho il minimo turbamento, e godo di una piena e assoluta serenità. Sono felice di rassomigliarti in questo. Sono animato da un ardore fiducioso e sicurissimo che andremo alla vittoria. Mi sono imposto il fermo proposito di fare tutto il mio dovere, fino all’ultimo, [p. 173 modifica]e d’essere un buon esempio per i miei soldati. Spero che il Signore mi aiuti, che i miei cari morti di lassù mi proteggano e veglino su di me, che le preghiere di mia madre mi giovino. Se sono certo della nostra vittoria e anche dell’immancabile trionfo delle nostre armi, non sono però altrettanto certo che vedrò di quaggiù tutte queste belle cose, anzi il mio presentimento mi dice che, movendo all’assalto, vado incontro alla mia liberazione. Non se perchè, ma quasi lo giurerei. Sono molto ben preparato al gran viaggio, sono quasi in pari con me stesso e col mondo, e ho tutto disposto nel modo migliore. Il momento dunque è buono per me. Mi sembra difficile che trovi in avvenire un momento e un’occasione più propizia. Ti giuro dinanzi a Dio — e non sono queste le ore in cui si può essere spergiuri — che non farò nulla per affrettare il destino. Grazie al Cielo non sono un fanfarone, nè un temerario esaltato, nè un maniaco. Credo che la prudenza sia, dopo il coraggio e lo sprezzo del pericolo, il primo dovere d’un buon soldato. Non commetterò dunque imprudenze nè pazzie, cercherò d’essere calmo, freddo e [p. 174 modifica]padrone di me, farò insomma tutto quello che è umanamente possibile perchè il mio presentimento non si avveri. Se invece Iddio vorrà che accada, spero anche che mi permetterà di cadere da forte, sorridente e pago del dovere compiuto. E dico a te, mio carissimo Gino, che sarò felice d’aver dato la mia vita alla patria, e più felice ancora se il mio sacrificio non sarà stato inutile. Se potrai, pensa tu a consolare mia madre, che in questi ultimi tempi ha trovato nelle. tue care sorelle due amiche amorevoli e premurosissime. Di’ a mio nome a quelle due sante e buone creature che il mio cuore nulla dimentica, e che il bene è sempre ricompensato a usura da Colui che può tutto, anche se io non posso fare altro che pregare per loro.

Del resto può darsi che la sorte se la rida di tutte le mie previsioni. E allora un’altra gioia mi sarà riserbata, quella di rivederci tutti insieme e raccontarci tante cose. E allora la nostra vita potrà essere spesa non meno nobilmente che sul campo di battaglia, tutta in prò dei nostri simili, per la giustizia, per la misericordia e per la libertà, in una [p. 175 modifica]parola per la Fede. E son certo che anche in quelle battaglie avrò in te il commilitone più esemplare. Ho potuto già ammirare abbastanza il tuo profondo senso del dovere e della probità, tutte le belle virtù di cuore che tu sai così ben nascondere sotto la tua semplice e laconica modestia. Abbimi per compagno ed amico, e cercherò di valerti. La nostra amicizia fraterna non potrebbe essere più saldamente cementata. Comunque abbia disposto di me la sorte, ricordati, Gino mio, che poche persone al mondo ti avranno apprezzato ed amato come il tuo

Giosuè.

(109)

A Umberto Fioravanti - Livorno.

19 Ottobre 1915.

Caro Fiore,

ieri siamo finalmente tornati in prima linea, dopo una magnifica marcia, e stasera attacchiamo il nemico in un punto molto importante. Io sarò in prima linea, al comando di [p. 176 modifica]un plotone. Sono tranquillissimo e pieno di fiducia. Spero che il Signore mi conceda di farmi compiere da buon soldato tutto il mio dovere, fino all’ultimo. Qualunque cosa mi possa accadere, ti raccomando mia madre come la raccomanderei a un fratello. Conto su di te e sulla nostra profonda ed esemplare amicizia di tanti anni, a cui debbo tante tra le più belle gioie della mia vita.

Ricordami a tua moglie, a tutti gli amici a uno a uno. A te, mio caro Fiore, il mio più lungo, tenero e fraterno abbraccio.

Giosuè.

(110)

Alla signorina ***

19 Ottobre 1915.

Cara, gentile e buon’amica mia,

ho sempre ritardato a scriverle perchè ho sempre sperato trovare un po’ di tempo per iscriverle con calma e lungamente, ma l’ho sperato invano, poichè, per quanto abbiamo avuto una quindicina di giorni di riposo dopo [p. 177 modifica]essere stati quasi un mese in prima linea, questo riposo era tale soltanto per ironia, e l’abbiamo occupato in un lavoro febbrile e affannoso. Adesso non potrei tardare un minuto di più a scriverle, perchè ieri siamo tornati in prima linea, in un punto molto importante, e stamani abbiamo avuto l’ordine quasi inaspettato d’avanzare. Fra poche ore andiamo all’attacco, e io sarò in prima linea, al comando del secondo plotone. Sarebbe per me un vivo dolore il pensiero che, se non sopravvivessi a questa prova, potrei passare ai suoi occhi come per uno smemorato infingardo, o, peggio ancora, per uno sconoscente e un ingrato. E invece Dio solo sa quanta gratitudine le debbo. Ebbi i due libri stupendi del Gratry, li ho divorati avidamente sotto la mia tenda, approfittando d’ogni minuto libero. Il leggerne qualche pagina ogni sera è stata per molti. giorni la mia preghiera prima d’addormentarmi. E impossibile dirle il bene che mi hanno fatto: soltanto la Provvidenza può averle ispirato il buon pensiero di mandarmeli qua. Che dirle di me? Ringraziando il Cielo, pur sentendo tutta la solennità di questo momento [p. 178 modifica]non iscorgo in me la minima traccia di turbamento, mi sento sereno e tranquillo, fermamente deliberato di fare il mio dovere, fino all’ultimo, da forte e buon soldato. L’azione promette di riuscire bella, impetuosa e vittoriosa, preparata da ieri in modo formidabile dalle nostre magnifiche artiglierie. Tutti siamo pieni d’ardore, di fiducia e d’entusiasmo, tutti, fino all’ultimo soldato. Se è scritto in Cielo che io debba dare la mia vita, sono abbastanza ben preparato al gran viaggio per accogliere la morte con serenità, e non c’è pena o sacrificio che mi sia ripagato ad usura dalla gioia d’aver dato il mio braccio alla patria. Se tornerò, appena ritrovata un po’ di calma, le prometto che le scriverò a lungo, perchè ho proprio un’infinità di cose da raccontarle.

Debbo lasciarla. La mia compagnia si sta ordinando per la marcia d’avvicinamento, e debbo fare l’appello del mio plotone, un plotone esemplare, che mi seguirebbe anche all’inferno, se avessi voglia d’andarci. Si abbia un mio caldo saluto, il cui affetto profondo le è dimostrato dal fatto che è l’ultimo saluto che mando dal mondo, prima di andare [p. 179 modifica]allegramente incontro al mio destino. Si ricordi, gentile amica, che ora e sempre, quaggiù o lassù, le sarà difficile trovare un’anima più fedele, più devota, più riconoscente di quella del suo

Giosuè Borsi.

(111)

Al fratello Gino.

19 Ottobre 1915.

Mio caro Gino,

ieri siamo tornati in prima linea, e oggi abbiamo avuto l’annunzio quasi inaspettato che stasera andremo all’attacco. Io sono in prima linea, al comando del secondo plotone. Avrei voluto scrivere a te più lungamente, ma tra un’ora partiamo, e non mi resta che un minuto per dirti che vado avanti tranquillo, sereno, felice di compiere tutto il mio dovere fino all’ultimo. Non ti dico niente a proposito di nostra madre, perchè ho un’immensa fiducia nel tuo cuore e nella bontà della Provvidenza. [p. 180 modifica]

Speriamo del resto di poterci riabbracciare presto e allegramente, per raccontarci tante cose. Frattanto ti mando il mio più tenero bacio e il mio più lungo abbraccio, ardente come l’amore che ti porto. Viva l’Italia!

Giosuè.

(112)

A Michele Campana - Firenze.

19 Ottobre 1915.

Mio caro Michele,


ho saputo da mia madre dello stupido equivoco che è nato tra voi, e ne sono dolentissimo. Come puoi aver pensato, con l’amicizia fraterna che ci unisce, che ti abbiamo trascurato a disegno? Vai dunque da mia madre. Tu sei dei pochi amici miei sulla cui fedeltà e sul cui cuore ho maggiore fiducia.

Pensa che ti scrivo in un momento solenne per me. Stasera attacchiamo il nemico in una posizione importantissima, e io sono in prima linea, al comando del mio plotone. Non so [p. 181 modifica]come andrà per me, ma sta’ tranquillo che mi sento perfettamente sereno, e spero di fare tutto il mio dovere fino all’ultimo.

Ti affido e ti raccomando mia madre, qualunque cosa possa accadere. Ti prego di ricordarmi con affetto ad Antonietta e di avermi con un lungo abbraccio per il tuo vecchio e fedele

Giosuè.

(113)

Al padre Guido Alfani - Firenze.

19 Ottobre 1915.

Mio caro Guido,

ieri siamo tornati in prima linea, e Oggi abbiamo avuto l’ordine quasi improvviso di avanzare. Attaccheremo il nemico tra poche ore, e io sarò in prima linea, al comando d’un plotone. Ho appena il tempo di scriverti queste righe frettolose, mentre la mia compagnia leva il campo e passa ai ranghi. Caro Guido mio, grazie al Cielo, vado avanti perfettamente tranquillo e sereno, con la ferma speranza e [p. 182 modifica]col proposito incrollabile di fare tutto il mio dovere, fino all’ultimo. Anche spiritualmente sono pronto a tutto, e la morte, anche se mi sorprendesse, non mi troverebbe impreparato, per grazia del Signore, sempre e troppo buono e indulgente con me. Ho disposto che, nel caso, tu sia il primo ad averne notizia, cosicchè sarebbe affidato al tuo cuore e al tuo tatto l’incarico penoso d’annunziarlo a mia madre. E un compito difficile, e appunto per questo io credo che nessuno saprebbe assolverlo meglio di te. Ti raccomando quella donna veramente grande, sublime, un’anima delle più alte che il Cielo abbia creato e attende nella sua gloria. Assistila, confortala, sostienla, ecco quanto chiedo alla tua amicizia, mio caro Guido.

A te, che dire? Quello che ti debbo è troppo, perchè al tuo incontro debbo più che la vita. Mi spaventerebbe l’ingenza del debito di gratitudine contratta con te, se non sapessi che la ricompensa che dovrai averne è affidata in buone mani. Ti raccomando all’onnipotenza del nostro caro e dolce comune Signore e Padre. Che Dio ti benedica sempre, e [p. 183 modifica]ti conceda di fare ancora per lungo tempo il bene delle anime che ti sono affidate. Prega per me. Gesù e Maria ascolteranno le preghiere di te, che sei uno dei loro figli prediletti. Ricordami al tuo babbo, alla mamma, agli amici comuni, ai buoni padri, ai tuoi fratelli, a tua cognata, al tuo nipotino. Ricordami con affetto particolarmente fraterno alla L..., anima preziosa e privilegiata, che ho sempre altamente amata e ammirata. Dille che le sono infinitamente grato delle lettere che mi ha scritto qua, che mi sono state d’immenso conforto e di altissima consolazione.

Troppe altre cose avrei da dirti, e del resto questa lettera non è che un congedo problematico e condizionato. Speriamo anzi che il Signore ci riunisca anche quaggiù.

Frattanto ti invio un lungo, caldo, tenerissimo abbraccio, e sono ora e sempre, qua e lassù, il tuo fedele e riconoscente

Giosuè.

[p. 184 modifica]

(114)

A Ettore Romagnoli - Padova.

19 Ottobre 1915.

Ettore mio,

Giorgio Querci, che è dovuto tornar qui all’improvviso, e che perciò si scusa di non averti potuto salutare, mi ha portato tue notizie, e mi ha raccontato dell’accoglienza affettuosa che gli hai fatto, e di cui ti sono infinitamente grato.

Mio caro Ettore, non so quando ti potrò scrivere ancora, e se ti potrò scrivere mai più, perchè oggi ci moviamo per andare all’attacco, e saremo impegnati a fondo. Io sarò in prima linea con la mia compagnia, di cui comando il secondo plotone. Per quanto senta la solennità di quest’ora, sono, grazie a Dio, perfettamente tranquillo e sereno. Ho la ferma speranza di fare tutto il mio dovere. Tu sei tra i pochissimi a cui mi voglio rammentare. Ti raccomando caldamente mia madre. Sarà un [p. 185 modifica]altro degl’infiniti obblighi che ho contratto con te senza speranza di sdebitarmi, ma o qui lassù non mi scorderò mai che alla tua amicizia preziosa debbo molte delle più alte gioie della mia vita. Un tenero abbraccio.

Giosuè

(115)

A Massimo Bontempelli - Milano.

19 Ottobre 1915.

Mio caro Massimo,

tra poche ore andiamo all’attacco, e io sono in prima linea, al comando del secondo plotone. Sono sereno e tranquillissimo, e spero di riuscire a compiere tutto il mio dovere, fino all’ultimo. Quante cose avrei da dirti! Mi pare di non averti mai espresso abbastanza l’affetto, l’ammirazione, la riconoscenza che ho sempre nutrito per te. A rivederci; ma se accadrà qualcosa, ti raccomando mia madre. Ti incarico di ricordarmi agli amici, ai Dà, a Gius., a Fernando, a Chiesa, al divino Emilio, [p. 186 modifica]a Pino, Calò, Marialù, come io ho pensato teneramente a tutti, a tutti.

Bacia il tuo Mino, Meletta, l’Emmina, e per te abbiti il mio abbraccio piú fraterno. Viva l’Italia! Viva la libertà!

Giosuè.

(116)

Alla contessa Franquinet - Firenze.

20 Ottobre 1915.

Mia buona e gentile Signora,

mi perdoni se non ho risposto prima alla Sua lettera, tanto cara e gradita per me; ma, mi creda, sono abbastanza scusabile, poichè il tempo mi è sempre mancato. Ormai non potrei tardare di più, perchè siamo in piena avanzata, e forse tra poche ore andremo all’attacco. Saremo impegnati molto a fondo, in un’azione importantissima. Non dubito del suo esito vittorioso, perchè si è fatta una preparazione veramente formidabile, e perchè tutti nei, fino all’ultimo soldato, siamo pieni d’ardore e d’entusiasmo, ma dubito di poterle scrivere più tardi. All’attacco io avrò l’onore d’essere in [p. 187 modifica]prima linea, al comando d’un plotone, e non c’è nulla di più facile che il destino mi riserbi la sorte, invidiabile e bella, del resto, di raggiungere i nostri cari scomparsi.

Mi affretto dunque a ricordarmi a lei, Signora, tra le poche persone a me care a cui ho voluto pensare in modo speciale in questo momento tanto grave e solenne per me.

La notizia della scomparsa immatura e sventurata del povero Giuseppe fu per me un dolore tra i più grandi della mia vita. Soltanto le sue parole, Signora, hanno potuto in qualche modo mitigarlo, perchè la speranza della sua salvezza eterna è divenuta per me un’assoluta certezza. Dunque si conforti. Signora, e trovi conforto e serenità in quella speranza che soltanto la Fede può dare. Quella cara anima, di cui ho potuto fraternamente apprezzare tutta la profonda generosità e tutta la bontà, ci protegge e ci ama di lassù, al sicuro dalle miserie e dalle tristezze del mondo. Egli saprà ispirarle la rassegnazione, la fiducia e la pace, egli le saprà impetrare da Dio la forza di vivere e di lottare ancora.

Per quanto indegnamente, anche nelle [p. 188 modifica]angustie febbrili della guerra, ho cercato come meglio ho potuto di giovare in qualche modo all’amico fedele scomparso. Feci dire per il suo suffragio una messa, alla quale volli partecipare in unione con la bontà infinita del nostro Signore. Al caro suffragato non chiedo in compenso che una grazia: quella di pregare Iddio per me, perchè mi conceda, nel prossimo cimento, di compiere fortemente fino all’ultimo tutto il mio dovere da buon soldato, come egli ebbe la compiacenza di compierlo in vita, combattendo per la libertà.

Dia per me un bacio ai miei buoni amici Carluccio, Ermanno e Alessandra. A Lei ormai, Signora, il compito non lieve di educarli all’amore del bene e della giustizia, di farne dei buoni cittadini di questa Italia per cui è bello vivere e morire. Non dubito che Ella avrà cuore e ingegno e forza per raggiungere questo alto e nobile scopo, affidato al suo cuore di madre.

Mi ricordi alla sua signora Madre, ed accolga con una rispettosa stretta di mano tutte le benedizioni del suo devotissimo

Giosuè Borsi.

[p. 189 modifica]

(117)

Alla Signora Anna Andrè

20 Ottobre 1915.

Mia buona amica,

le scrivo in mezzo al rombo infernale delle artiglierie che stanno preparando la nostra avanzata. Con ogni probabilità, tra poche ore leviamo il campo, e scendiamo all’attacco. Doveva essere ieri sera, come ci fu annunziato, quasi all’improvviso, cosicchè ebbi appena il tempo di prendere alcune disposizioni frettolose, prima di mettere in marcia il mio plotone. Invece fu una semplice marcia d’avvicinamento, e da iersera siamo accampati in attesa degli ordini ormai imminenti. Mi rallegro di questo breve ritardo, perchè mi permette di preparare con più calma i soldati che mi sono affidati, e perchè mi dà agio di mandare a lei un saluto, prima di muovere incontro alla mia sorte. Grazie al Cielo mi sento tranquilissimo e pieno di serenità. Spero di fare tutto il mio dovere, [p. 190 modifica]fino all’ultimo, da forte e buon soldato. Tutti siamo pieni di fiducia e di speranza e di ardore. I miei soldatini ripongono in me una fiducia ingenua e illimitata, che mi commuove. Questi bravi ragazzi mi seguirebbero anche all’inferno, se avessi la pessima idea di condurmi fin là. Il mio compito è veramente tra i più onorevoli e invidiabili, perchè, sono tra le forze di prima linea, al comando d’un plotone. Dio voglia che io sia veramente degno di questo onore. Poche gioie al mondo valgono quella di combattere per la patria, e in questi momenti d’attesa me ne sento come inebriato.

Vorrei scriverle tante cose, amica mia, tante cose, ma mi limito a una, quella che mi sta più a cuore. Nel caso che non sopravvivessi, sono assai ben preparato al gran viaggio, e son certo che accoglierò la morte con animo intrepido e con perfetta serenità; ma un solo pensiero mi angustia: quello di mia madre. L’ho raccomandata a Dio, e ho una fiducia illimitata nella sua bontà onnipotente. La raccomando anche a lei, mia buona amica, la raccomando alla sua tenerezza e al suo affetto. [p. 191 modifica]Le stia a fianco, l’assista, l’aiuti a sopportare il colpo che il destino può riserbarle. Le rammenti che il Signore sa quel che fa, che ogni suo decreto è divinamente buono e misericordioso. Egli poi saprà ricompensarla degnamente della sua opera pietosa.

A lei che dire? Io non posso che augurarle pace. Ami, creda, speri, preghi, e avrà la pace. Tutta la saggezza umana è in questo. Ali ’infuori di questo tutto è vano, inutile ed effimero. Si ricordi queste parole, che le scrivo in un momento molto solenne per me, forse sul limitare dell’ignoto, quando l’anima è più chiaroveggente. Mi ricordi a sua madre, a suo padre, alla sua sorellina, a suo marito. Dia per me un bacio al suo bambino, e lo educhi sempre all’amore del bene, della giustizia e della libertà. Ne faccia un buon cittadino di questa adorata e bella Italia, di questa gloriosa Italia, per la quale è altrettanto bello vivere e morire.

A lei, Anna, tutte le mie benedizioni.

Giosuè

[p. 192 modifica]

(118)

Al fratello Gino

23 Ottobre 1915.

Gino carissimo,

sono in piena azione da tre giorni, ma per ora va tutto bene. Ti scrivo da una trincea avanzata, dove sono cadute parecchie granate, ma senza risultato. Abbiamo avuti parecchi feriti. Le artiglierie austriache fanno compassione, mentre le nostre sono maravigliose. Se tu vedessi gl’incendi, le trincee nemiche sconvolte!

Aspettiamo l’ordine per avanzare ancora. Se posso, ti scriverò ancora ogni giorno, ma in ogni modo stai tranquillo. Oggi ho ricevuto una lettera di mamma, che mi informa che tu fra giorni sarai aspirante. Benone. Viva l’Italia! Il tuo reggimento di Spezia è qui vicino a noi. Se tu sapessi come è buffa la vita di trincea! Dopo l’avanzata, se me la cavo, avrò [p. 193 modifica]anch’io una licenza di qualche giorno. Speriamo di trovarci insieme a Firenze. Dio lo volesse! Abbracci infiniti.

Giosuè

(119)

Allo stesso.

30 Ottobre 1915.

Caro Gino,

ebbene? Hai ricevuto le mie cartoline? Che fai? Quando sarai aspirante? Scrivimi un rigo, perchè la posta mi giunge anche in piena avanzata. Per ora le cose qui sono andate bene, tanto per i nostri reparti quanto per me personalmente. Adesso siamo in trincea da due giorni, e aspettiamo da un momento all’altro l’ordine di ripigliare l’avanzata. Le difficoltà sono molte, ma noialtri siamo pieni di fiducia, e le artiglierie seguitano ad essere meravigliose. A dicembre probabilmente avrò un congedo per il periodo invernale. Spero che prima di allora avremo conquistata solida posizione. Un forte abbraccio dal tuo

Giosuè.

[p. 194 modifica]

(120)

A Umberto Fioravanti - Livorno.

30 Ottobre 1915.

'Caro Fiore,

ebbi tutte e due le tue cartoline, ed ho ricevuto adesso quella del 25. Per ora qua va tutto bene. Siamo in piena avanzata dal 18. Fanteria e artiglieria hanno fatto miracoli, e non saprei dirti chi è stato più sorprendente. Adesso mi trovo in una trincea avanzata oltre l’Isonzo, in attesa dell’ordine d’andare avanti. Nelle nostre ricognizioni vediamo le posizioni abbandonate degli Austriaci, con le trincee sconvolte e ricolme di cadaveri. Quante cose avrei da raccontarti! Ma spero di dirti tutto a voce e presto, perchè forse avrò un congedo per il periodo invernale, dopo l’avanzata, quando avremo conquistato qualche bella e solida posizione.

Saluta caramente, e rassicura sul conto mio [p. 195 modifica]tutti gli amici di costà. Ricordami con affetto alla tua signora, e abbiti per te il mio più caldo, fraterno e affettuoso abbraccio. Tuo sempre

Giosuè.

(121)

Alla signora Lina ***

30 Ottobre 1915.

Buona e gentile amica,

siamo stati in piena avanzata fino dalla sera del 18, avanzata molto energica e altrettanto efficace, in cui l’artiglieria e la fanteria hanno compiuto a gara dei vari prodigi. Adesso le scrivo in un momento di sosta, che forse ci terrà fermi per qualche giorno, mentre continua l’opera magnifica delle nostre poderose artiglierie. Quante cose avrei da raccontarle! Ma il tempo e l’ozio mi manca, e mi limito a rassicurarla sulla mia sorte e a ringraziarla con tutta l’anima della sua buona lettera, tanto preziosa e confortante per me. La mia fiducia incrollabile nella vittoria è oggi centuplicata, [p. 196 modifica]perchè ho visto all’opera i nostri soldatini. Altrettanto imperturbabile è rimasta la mia tranquillità, con cui mi rimetto pienamente alla volontà del Signore. Le scriverò presto qualche altra mia frettolosa notizia. Creda intanto all’affetto profondo del suo

Giosuè Borsi.

(122)

A Ettore Romagnoli - Padova.

Ognissanti del 1915.

Ettore mio,

siamo ancora in piena avanzata dal 18 d’ottobre, e anzi oggi l’azione ha ripreso con grande violenza. Salvo alcuni bombardamenti furiosissimi, non ho corso altri rischi notevoli, perchè il mio reparto non è mai stato impegnato sinora, quantunque siamo stati più volte in procinto d’andare all’attacco. Siamo in uno dei punti più aspri e difficili, ma i nostri soldati si portano meravigliosamente per coraggio, tenacia e pazienza, anche dinanzi a difficoltà che parrebbero insormontabili. Gli Austriaci si [p. 197 modifica]arrendono facilmente, e in pochi giorni abbiamo fatto un numero immenso di prigionieri. Insomma le cose vanno abbastanza bene, e la fiducia e l’ardore ci rimangono incrollabili. Ti manderò ancora qualche mia frettolosa notizia, ogni volta che mi sarà possibile. A dicembre avrò un congedo per il periodo invernale, e passerò a Padova per abbracciarti. Continua a volermi bene, perchè ti ricambio con tutta l’anima mia. Tuo sempre

Giosuè.

(123)

Alla signorina ***

2 Novembre 1915.

Cara e gentile amica,

quanto, quanto è buona! Io non so proprio quanto le son grato della premura che mi dimostra e che, del resto, ricambio con tutto l’animo.

Vorrei scriverle più a lungo e con una fretta meno scellerata, e avrei da raccontarle cose [p. 198 modifica]che la riempirebbero di meraviglia e d’entusiasmo per i nostri soldati, ma come si fa? L’azione ha ripreso con molta violenza, soprattutto da parte delle artiglierie, e per molti giorni ancora non possiamo contare nè sperare sopra un attimo di calma e di riposo. Cercherò in ogni modo di non farle mancare inie notizie, più spesso. Per ora le cose vanno molto bene, ad onta delle difficoltà inaudite, dei disagi indicibili, del clima diabolico contro cui dobbiamo lottare. In questi giorni abbiamo fatto un numero enorme di prigionieri. La calma è inalterabile, la fiducia è incrollabile e son certo che Iddio ci assisterà fino all’ultimo; si abbia un saluto fraterno.

Giosuè Borsi.

(124)

A Gastone Querci - Firenze.

2 Novembre 1915.

Mio buon Gastone,

grazie, grazie di cuore della vostra cara cartolina. Avrei gradito anche notizie di Giorgio [p. 199 modifica]del quale non ho più saputo nulla, la qual cosa mi ha messo in imbarazzo per la sua corrispondenza, che non sapevo dove respingergli. So adesso da mia madre che è in un ospedale vicino a Padova, e che avrà una visita della mamma e della sorella. Ti assicuro che può ringraziare il Cielo, che gli ha risparmiato disagi e pericoli molto gravi, tali che non so se la sua fibra sensibile avrebbe potuto sopportare impunemente. Ma perchè non mi ha mai fatto sapere nulla di sè? Egli sa che lo adoro come un fratello, e che le fatiche dell’avanzata non mi hanno impedito di vivere in ansia per lui, poichè, quando lo lasciai, senza poterlo neppure salutare, lo vidi veramente molto abbattuto. Qua le cose vanno assai bene, e facciamo prigionieri su prigionieri. L’azione ha ripreso, dopo una breve sosta, con estrema violenza. Tutti i miei saluti più cari e cordiali a tua madre, a tua sorella, alle tue cugine, e a te un lungo e tenero abbraccio fraterno.

Giosuè

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(125)

Al ten. Gino Mazzinghi.

2 Novembre 1915.

Gino mio,

per ora tutto è andato bene, e, ali ’infuori di qualche violentissimo bombardamento, non ho corso altri rischi notevoli, poichè, il nostro reparto non è mai stato impegnato, sebbene sia stato quasi ogni giorno in procinto d’andare all’attacco. Adesso, dopo una breve sosta, l’azione ha ripreso con estrema violenza, e pare che continueremo ad avanzare. Tutto ci è propizio, nonostante un tempo da lupi e le difficoltà del terreno, che parrebbero insormontabili. Anche qui i soldati sono meravigliosi, e io ho un plotoncino da leccarmene le labbra, che mi seguirebbe anche all’inferno, disciplinato e obbediente come una macchina. Ho avuto agio d’ammirare anche le nostre artiglierie, che sono addirittura stupefacenti. [p. 201 modifica]

Vorrei scriverti a lungo, ma ti assicuro che non è il momento. Spero d’avere un po’ di calma e di tempo tra qualche giorno, e ti prometto solennemente un’epistola eterna. Ma tu avrai il congedo per il periodo invernale? Sarei felice che in un modo o nell’altro ci rivedessimo, perchè nessuno al mondo, credimi, ti può volere un bene ardente e profondo come il tuo vecchio e fedele

Giosuè.

(126)

Alla Signorina ***

9 Novembre 1915.

Cara e buona amica,

le ripeto dunque che per adesso tutto va bene, che ho preso parte a due avanzate vittoriose, che forse ne faremo una terza in questi giorni. Ora le scrivo a venti passi dagli Austriaci. I nostri soldati si portano sempre stupendamente, sopportano disagi insopportabili, e sormontano difficoltà insormontabili, con semplicità, con allegria, con slancio. Ella non [p. 202 modifica]potrà mai immaginare fino a che segno essi meritano la nostra ammirazione e la nostra riconoscenza.

Quanto a me il Signore mi ha sempre protetto, del che. sono certo che debbo essere grato alle sue preziose preghiere. Grazie dunque, mia buona amica. Mi auguro e spero di rivederla presto.

Giosuè Borsi