Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo VII/Libro I/Capo IV

Capo IV – Accademie

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[p. 203 modifica]PRIMO Capo IV. Accadentir. I. Fin dal secolo precedente aveano alcune città italiane dato alle altre l esempio di letterarie adunanze, dette comunemente Accademie, nelle quali raccogliendosi in certi giorni gli uomini eruditi che le componevano, or disputavano tra loro di diverse questioni appartenenti alle scienze e alle belle arti, or producevano qualche saggio de’ loro studi, animandosi in tal modo con lodevole gara ad avanzarsi vie maggiormente nell intrapresa carriera. Roma, Napoli, Firenze erano state le prime ad avere cotali accademie, e il loro esempio si sparse presto e così rapidamente per tutte le altre città, che appena alcuna ve irebbe in Italia nel corso di questo secolo, in cui non si vedesser fondate e stabilite con certe leggi somiglianti adunanze. Fino al principio di questo secolo altro nome non era stato lor dato che quello di accademia e l'una dall'altra si distinguevano solo pel diverso lor fondatore, dicendosi, a cagion d esempio, l'accademia di Pomponio Leto, l accademia del Panormita, ec. Ma parve poscia che ciò non bastasse, e ciascheduna di esse volle avere il suo proprio nome, e poscia ancora l impresa sua propria. Quindi vennero que capricciosi e ridicoli soprannomi, altri di lode, come degl'Infiammati, de Solleciti, degl Intrepidi altri di biasimo, i. Molliiudi ne e «-arai Irrr ilrllr ar cailrmie «TI lalia in i|iie sio secolo. [p. 204 modifica]204 unno come degl’ Immaturi, de’ Sonnolenti, de Rozzi, ed altri di diversa origine, con cui veggiamo indicate quasi tutte Vaccademie. E quindi ancor venne il tanto scriver che in questo secol si fece sopra le imprese ch erano alle accademie, come alle famiglie le armi gentilizie. Il Giovio, il Ruscelli, il Bargagli, PAresi, il Contile, Camillo Camilli e più altri pubblicaron de’ gran volumi per farci ben intendere che fosser le imprese, come si dovesser formare, con quali leggi, con quali avvertenze. Ad esempio dell’accademie non v’ebbe uomo o donna di qualche fama, che non volesse egli pur aver la sua impresa, e per averla si consultavan con lettere i più dotti uomini che allor vivessero, e beato colui che proponeva la più adattata, o la più ingegnosa. Questo entusiasmo per le imprese e pei’ nomi rendette alquanto ridicole presso gli Oltramontani le nostre accademie, e il Menchenio non lasciò di prendersene giuoco nel suo libro de Charlataneria Eruditorum. Nè può negarsi che cotai frivolezze non fosser indegne d'uomini veramente eruditi. Ma questi eran finalmente difetti che non nascevan altronde che dall’universale vivissimo ardore con cui era allora tutta l'Italia rivolta al coltivamento delle belle arti. E appena mai avviene che un tal ardore non giunga all’eccesso, biasimevole, è vero, ma che viene da troppo bella cagione. E io non ardirei di decidere se sia più a bramarsi o che si vadano propagando e stendendo cotali inutili rami insieme col fruttifero albero onde hanno origine, ovver che troncandoli si esponga a pericolo d’inaridire [p. 205 modifica]PRIMO • 2o5 interamente l’albero stesso. Checchè sia di ciò, le accademie d’Italia giovarono mirabilmente nel secolo di cui scriviamo, ad avvivare e a promuovere Famor delle lettere, e noi perciò dobbiam qui esattamente cercarne l origine e le vicende. Molti hanno già scritto di tale argomento. Il P. Giambattista Alberti somasco pubblicò nel 1639 in Genova un discorso delFOrigine delle Accademie pubbliche e private. Più ampiamente prese a trattarne l abate Giuseppe Malatesta Garuffi, che nel 1688 diede alla luce in Rimini la prima parte dell’ Italia Accademica. Questa dovea poi esser seguita da tre altre (Giorn. de Lctter. (filai, t. 37, p. 399), le quali non sono mai uscite al pubblico. Abbiamo ancora di Marcantonio Jarckio tedesco Specimen Historiae Academiarum Italiae stampato in Lipsia nel 1725. Il Gimma inoltre ne tratta nella sua Idea della Storia dell Italia letteraria (t. 1, p. 47^)7 e due cataloghi delle accademie italiane ci ha dato il Fabricio (Consp. Thes. litter. It. p. 246). Finalmente, per tacer di altri le cui opere su ciò promesse non han veduta la luce, e del celebre co. Mazzucchelli, che ne suoi Scrittori italiani avea preso a trattare ancora delle accademie secondo la lor serie alfabetica, lungamente ha di esse trattato l’ab. Quadrio, disponendole secondo l’ordine alfabetico delle città in cui esse Furon fondate. Un tomo intero non basterebbe a esaminar minutamente ogni cosa, e per lo più io non farei che ripetere gli altrui detti. Perciò scorrendo ciascheduna provincia di'Italia, e accennando quelle che si eressero nelle loro città, mi [p. 206 modifica]2o6 libro tratterrò solo a esaminare ciò che in esse vi ha più degno d’osservazione, e a ricercarne lo spirito e l’indole, anzi che la semplice storia. 11. L’Accademia romana, cominciata già da Pomponio Leto, quindi travagliata e distrutta ^ nel pontificato di Paolo II, e risorta poscia

ancor più gloriosa di prima, fioriva felicemente

a’ tempi di Giulio II. Una elegante e leggiadra lettera latina di Fedro Inghirami a un certo Andrea Umiliato, ch era uno degli accademici, scritta da Roma nel dicembre del 1506, ci dà una bella idea delle loro adunanze e de’ loro scherzi; vi si nominano i Zebaldi, il Blosio, il Savoia e più altri accademici, si parla de’ comizii che doveano tenersi, e del dittatore che avea ad eleggersi, e vi si scorge il talento di proverbiarsi piacevolmente a vicenda, ch era lor proprio. Ecco come ivi si parla del detto Savoia: Advola obsecro, et accurre, si vis ridere, quantum et Democritus numqnam risit: Savoja unguenta tractat et Cyprium pulverem, pulverem, inquam, Cyprium et unguenta tractat Savoja. Qui antea bubulcitari tantum solebat, bubus equisque stipatus vadebat, nunc delicatus Myropolas adit, deque odoribus disputat. Nam quid ego narrem tibi Hispanicas manicas, Gallicas vestes, Germanas soleas, ec. (Marq. Guidii Epist. p. 140). Ma ella non fu mai in istato si fiorente e sì lieto, quanto a’ tempi di Leon X. Il fiore de’ più leggiadri ingegni italiani era ivi raccolto', che vivendo insieme in amichevole società sovente si radunavano or nella casa di alcuno dei’ loro splendidi mecenati, or in qualche ameno giardiuo, [p. 207 modifica]PRIMO 20" ora alla sponda del Tevere, o all' ombra de folti boschi; e col proporre erudite quistioni, col recitare a vicenda le lor poesie, e coll intramettere alle une e alle altre scherzi piacevoli e soavi ragionamenti, passavano lietamente i giorni e le notti. Bellissima è la descrizione che di tali adunanze ci ha lasciata il Sadoleto in una delle sue lettere, che non si può leggere senza un dolce sentimento d' invidia a tempi così felici. Scrive egli da Carpentras nel 1529) ad Angelo Colocci poeta coltissimo e splendido mecenate de' dotti, nella cui casa solea comunemente raccogliersi l'accademia (Sadol. Epist. fata il. t. 1, ep. io 67p. 3oi), ed. /?o/;i.), e gli ricorda que’ giorni cotanto lieti, e quelle cene, e quelle sì gradite conversazioni: Ac mihi recordanti, dic’egli, spatium praeteriti lenir poris, et vtera animo repetenti, cum et plures convenire - soliti eramus una, et erat actas nostra ad ornnern alacritatem animique hilaritatem longe aptior, quoties venire in mentem putas eorum coetuum conviviorumque, quae inter nos crebro habere solebamus, cum aut in hortis tuis suburbanis, aut in meis Quirinalibus, aut in Circo maximo, aut in Tyberis ripa ad Herculis, alias autem aliis in urbis locis conventus habebantur doctissimorum hominum, quorum unumquemque et propria ipsius virtus et comunis cunctorum praedicatio commendabat Ubi post familiares epulas, non tam cupedia multa conditas, quam multis salibus, aut poemata recitabantur, aut Orationes pronuntiabantur, cum maxima omnium nostrum, qui audiebamus voluptate, quod et sununorum [p. 208 modifica]208 libro ingenìorum in iìlis laus apparebat, et erant illa tamen, quae proferebantur, plena festivitatis et venustatis. Siegue indi il Sadoleto a far menzione di molti tra quelli che in tali adunanze ottenevano maggior lode, e dice che fra essi era vibrato e ingegnoso nei’ suoi componimenti il Casanuova’, più diffuso e sonoro il Cappella sublime il Vida, i cui versi & accostavano assai dappresso all’ antica eleganza j limato e giusto il Beroaldo j ubertosi e soavi Pierio Valeriano, Lorenzo Grana, il Mataleno, Blosio Palladio ] e molti altri egregi scrittori in prosa e in verso, come Girolamo Negri imitatore della Tulliana eloquenza j Antonio Venanzio e Gianfrancesco Bini eleganti in amendue le lingue) e Ubaldino Bandinelli e Antonio soprannomato il Computista, uomini amendue ingegnosi e acuti nel giudicare. Rammenta poscia con maggior lode Fedro Inghirami e Cammillo Porcio, già morti molti anni prima, e Paolo Giovio e Pietro Bembo e Baldassar Castiglione, morto poco innanzi in Ispagna, e Gianfrancesco Forni e Andrea Navagero, usciti anche essi di vita verso quel tempo, e Lazzaro Buona mici e Mario Boccabelli e lo stesso Colocci. Finalmente ricorda ancora gli scherzi coi quali eran condite cotai radunanze, e i dolci sdegni e l piacevole motteggiarsi l’ un l altro: Atque inter hos tot et tales viros, aliosque complures, quorum omnium nomina persequi non hujus est scriptionis, dulces quoque Corycii iracundias, et gratias ineptias Donati spectare haud displicebat, quos noster Savoja homo omnium facetissimus et provocare solebat studiose, et [p. 209 modifica]PRIMO 309 ridere. Di queste sì liete cene fanno menzione e Valeriano Pierio in una sua oda (carm. 74; ed ven. 1550), e il medesimo Sadoleto in altra sua lettera a Mario Maffei da Volterra, vescovo prima d’Aquino, e poscia di Cavaillon, e morto nel 153“j (l. cit. t. 2, ep. 246,p. 410)> perciocché essi tenevansi non rare volte presso di lui; ed egli n era uno de principali ornamenti; perciocchè, come lo stesso Sadoleto racconta altrove (Op. t. 3, p. i/[6,eil. Veron.)ì avea egli un sì raro ingegno, un’erudizion sì vasta e una sì seduttrice eloquenza, che di qualunque cosa si ragionasse, egli era ugualmente pronto a sostener ciascheduna delle opinioni tra lor più contrarie, e, a guisa di un altro Carneade, allettava insieme e avviluppava co' suoi discorsi per modo, che non ben sapevasi quando ei sostenesse il vero, e quando il falso. Il poc’anzi mentovato Coricio, o, come altri il dicon, Gorizio, soleva egli ancora imbandir cene agli eruditi, singolarmente nel giorno sacro a s’Anna. Ne abbiam la notizia in una lettera di Cristoforo Longolio a Lelio Massimo, che non ha data, ma debb’ essere scritta in uno degli ultimi anni di Leon X, in cui gli chiede se il Gorizio abbia in quell’anno celebrato il suddetto giorno con quel convito imbandito agli eruditi, a cui era solito d’invitarli; o se n'abbia interrotto il costume per non so quale contesa nel precedente anno insorta j o se facendo il banchetto, abbia lasciato d’invitare gli accademici, benchè, dic’ egli, sapendo io bene quanto sia splendido il Gorizio in tali Tnuuosciii, Voi X. 14 [p. 210 modifica]210 LIBRO occasioni, e quanto piacciano agli accademici cotali cene, io credo certo che si sarà dimenticata ogni antica inimicizia (Longol. Epist. l. 3, p. atig, al. ¿ugl i54a). Abbiali» parimenti alcuni versi latini di Pierio Valeriano! composti per una di queste cene coriziane nel dì di s’Anna (Valer. Carm, p. 32, ed. Ven. 1550). Il Gorizio era di nazione tedesco *, ed avendo in Roma fatta fabbricare a sue spese circa il 1514 una magnifica cappella nella chiesa di S. Agostino, molti poeti si unirono a celebrarne co’ loro versi la pietà e la magnificenza. Le loro Poesie furono pubblicate in Roma nel 1524 dal poc’anzi mentovato Blosio Palladio, e intitolate Coriciana. Di queste cene, e dei’ piacevoli scherzi che le accompagnavano, abbiamo un saggio in una lettera di un certo Blosio da Fabbriano al Colocci (Lancellotti, Mem, di Ang. Colocci, p. 79), e in alcune Poesie inedite di Paolo Giovio, nelle quali egli trae formalmente in giudizio il suddetto Blosio, accusandolo di aver mangiato egli solo un intero e ben grosso fagiano (V. Anecd. rom. t. 2, p. 181). Allo stesso fine io credo composti i molti epigrammi che abbiam del Colocci contro il Gorizio, di cui, benchè gli fosse amicissimo, ei si prende giuoco però, motteggiandolo singolarmente sul molto ber ch’ ei faceva, e sul costume che avea di pulirsi ad ogni momento i denti (Colocci, Poesie, p.). Così tra i bicchieri e gli scherzi si coltivavano lietamente le lettere, e i piaceri stessi servivano a promuoverne e ad avvivarne lo studio. [p. 211 modifica]P1UMO 21 1 III. Una sì illustre adunanza, a cui forse mai non v’ebbe l’uguale, meritava sorte più lieta e più durevole felicità, il sacco di Roma del 1527 fu ad essa fatale. Girolamo Negri, in una sua lettera scritta due anni appresso al Sadoleto, descrivendo i danni che n eran venuti, tra’più luttuosi annovera quello della dispersione dell’accademia, sicchè, dic’egli, appena uno o due io trovo al presente in Roma, co quali possa parlar latino, essendo quasi tutti o periti in quel funesto naufragio, o dispersi qua e là in lontani paesi, trattone il solo Savoia, ch’egli qui chiama Savoinorum Princeps, il quale, benchè spogliato egli ancor di ogni cosa, era tuttor nondimeno lieto in volto e faceto nel ragionare, come se fosse il più felice uomo del mondo (Sadol. Epist. famil. t. 1, p. 271, ed. rom.). Tentò Blosio Palladio di rinnovarla, e abbiam su ciò un epigramma di Pierio Valeriano, che incomincia: Vivimus en miserae post saeva incendia Romae, Totque neces, pestes, exitii omne genus; Reliquiae immanis Germani, immiti.-. Iben Vivimus, et nondum funditus occidimus. Extinctas siquidem Blosius nunc suscitat aras, Instauratque tuos docta Minerva cltoros. f'alcr. Htxamelr. Od., ec. p. r 1 o, ed. ven. 1550. Ma probabilmente fu questo un inutile sforzo. Non sì tosto però cominciò Roma a risorgere all’ usata magnificenza, e a ristorarsi da’ suoi gravissimi danni, che in vece della dissipata accademia, più altre nuove ne sorsero ad emulare l'antica, Io non so se appartenga a’tempi posteriori al sacco di Roma, o se ancor prima [p. 212 modifica]2 I 3 LIBRO ili esso esistesse quella che fu fondata da Giammai Leo Giberti datario di Clemente VII e vescovo di Verona; perciocchè altra notizia io non ne ho che quella che ce ne dà il cardinale Federigo Borromeo, il quale racconta (De fugienda ostentat. l. 1, c. 1) di aver veduta fiscrizione posta negli orti di Roma, ove essa solea radunarsi. Ma certo posteriore a quel tempo fu l accademia ivi fondata da Oberto Strozzi gentiluom mantovano. Essa fu detta de’ Vignaiuoli, e v'intervenivano Gian fra ncesco Bini, il Giovio da Lucca, Lelio Capilupi, Francesco Berni, Giovanni della Casa, il Fiorenzuola, il Mauro, il Molza, i quali dalle cose villarecce prendevano comunemente i lor soprannomi, dicendosi il Cotogno, l’Agresto, il Mosto, cc. < V. Quadrio, t. 1, p. 96). Un cenno di questa accademia fa il Berni in una sua lettera scritta al Bini nel i53.{ (.itanagi, Lettere facete, p. 30, ed. Ven. 1561). Assai più magnifico elogio ne fa Marco Sabino dedicando nel 1541 le Istituzioni di Mario Equicola al medesimo Strozzi: Non prima, dic’ egli, da Napoli a Roma foste venuto, che la vostra casa fu consagrata alle Muse, et diventò il diporto di tutti i più famosi Accademici, che fossero in Corte, i quali quasi ogni giorno facendo ivi il suo Concistoro, il Berni delle sue argute facezie, il Mauro delle sue astrattive piacevolezze, Mons. della Casa all' hora in minoribus dei' suoi ingegnosi concetti, M. Lelio Capilupo, l Abate Firenzuola, M. Gio. Francesco Bini, et l'ameno Giovio da Lucca con molti altri de’ loro dilettevoli capricci in presentia di V. S. nelli vostri [p. 213 modifica]PRIMO *l3 musici convivii dolcemente parlavano, riportandosi tutti al giudizio di due severi Censori, cioè del molto avveduto Sig. Pietro Chi micci, et del scaltrito M. Federigo Paltroni. Nè lascerò di dire., che. ivi i meravigliosi dicitori d improvviso Gio. Battista Strozzi, il Pero, Niccolò Frati ciotti, et Cesare da Fano sopra i soggetti impostigli all' improvviso et prontissimamente cantando, riempivano i petti di chi gli udiva non di minor piacere che di stupore. L’uso ancora de’ banchetti poetici fu rinnovato verso quei’ tempi, e uno ne troviamo descritto in una lettera del Mauro a Gandolfo Porrino da Roma a' 16 di dicembre del 1531: La sera di S. Lucia il Sig. Musettola fece cena alli Poeti, dove anch io per Poeta fui convitato f et altro vino non fu bevuto, che quello della vigna del Pontano fatto venire da Napoli a posta; il quale ebbe in sè tanto del vigor poetico, che tutti ci riscaldò non in vederlo, ma in gustarlo, et in beverne oltre a sette e otto volte per uno, et tal vi fu, che. arrivò al numero delle Muse. Vero è, che M. B. si bebbe più del v. d. p. olim Brusco, che d esso vino. Il nostro M. Marco da Lodi cantò nel fine della cena a suon di lira, la qual toccò a suonare a M. Pietro Polo, et egli cantò: Per me si va nella Città dolente. Se per avventura vi piacesse d intendere i nomi de convitati, io ve li sottoscrivo da capo a piedi, et prima il Sig Musettola, il Vescovo da Gambara, Pietro Paolo, il Blosio, il Sanga, il Segretario dall' Occhio, il Vescovo della Cava, M. Man:o da T,odi, il Molza, M. Bino, il Fondulio, il [p. 214 modifica]3l4 LIBRO Maestro Ferrante Siciliano. D'altri non mi ricorda, se non di me. Manco v vi il Giovìo et M. Claudio Tolomei toltici dal Cardinal de' Medici, et mancaste voi (ivi p. nH'J). l'oro tempo appresso forni ossi in Roma l’accademia della Virtù fondata da Claudio Tolommei sotto la protezione del cardinale Ippolito de Medici. Ne parla il Contile nelle sue Lettere, e nomina i principali accademici, cioè il Molza, il Longhena spagnuolo, il Cincio fiammingo medico di Margarita d’Austria, il Filandro francese, Marcantonio Flaminio, Francesco Atestini da Fabbriano e il Tolommei; e dice che solean radunarsi in due giorni di ciascheduna settimana, e che il loro principale esercizio era la spiegazione di Vitruvio (t. 1, p. 19). Più spesso ancora ne parla Annibal Caro, il quale descrive le feste che vi si celebravano, singolarmente nel carnevale, quando eleggevasi un re, il quale doveva imbandire agli accademici una cena, e al fin di essa ognun dovea presentargli qualche ridicolo donativo, e recitare a proposito di esso un poetico componimento (Caro, Leti, fami gl. t. 1, lett 16). Leggiadra è un’ altra lettera del medesimo Caro a M. Gianfrancesco Leoni, che fanno ¡535 era stato eletto re di quell’ accademia, perciocchè egli scherza piacevolmente con lui sul gran naso che gli ornava il volto, e in lode di cui scrisse lo stesso Caro la Diceria dei’ Nasi. Questi accademici solean prendere il titolo di Padri, come raccogliesi da molti passi delle lettere di quei’ tempi. Sembra che una tale adunanza avesse assai breve vita, poichè il Caro, in una sua [p. 215 modifica]primo ii5 lettera dello stesso anno 1538, il Regno della Virtù, dice, è sbandato (ivi, lett. 20). Ella nondimeno durava ancora nel 1540, come riceviam da una lettera dello stesso autore che scrivendo da Forlì al Leoni, scusatemi, gli dice, col Re passato, adorate la maestà del futuro, e raccomandatemi a tutti i Padri virtuosi, e sopra tutti al Padre Molza, ed a voi (ivi, lett.'j'ò). E probabile però, ch"essa si disciogliesse circa quel tempo, e che ad essa fosse sostituita quella dello Sdegno, la quale certamente già era formala nel i.”>f\ i. Trifone Benzi, in una lettera alPAlanagi de’ 10 di febbraio del detto anno, così scrive: Mi raccomando a voi, al Sig. Molza, al Sig. 7 o/o/neo, al Sig. Arcisdegnato, al Sig Segretario, al Sig. Cencio, al Sig. Poggio, et a tutta l honoratissima compagnia di quel nobile et leggiadro Sdegno (.Atanagi, Lett, facete, p. 274) *’ e in altra «le119 del medesimo mese: Che fa M. Marco Manilio? Che l unico M. Don Giulio Miniatore? Come si portano i miei Signori Sil'gnati, et particolarmente il Principe Spica, e il Segretario Palatino? ec. (ivi. p. 375). Allo stesso Tommaso Spica Principe deltAccademia dello Sdegno scrive un'altra lettera il medesimo Benzi a’19 di giugno del detto anno (ivi, p. 377). Di essa, e degli altri che ne furono fondatori, veggasi il Quadrio (t. 1, p. 97; t. 12, p. 22), il quale accenna ancor quelle del l’Amicizia e del Liceo, e quella che verso il 1540 raccolse Claudio Tolommei per divolgare la nuova foggia di versi italiani da lui introdotta, di che diremo altrove. [p. 216 modifica]quale accenna le iscrizioni per ciò poste negli orti di Giulio, scritte con molta eleganza, e delle quali si sospetta che fosse autore Romolo Amaseo (l. c). Queste Iscrizioni, nelle quali si contengon le leggi che osservar si doveano da chi ponea il piede in quegli orti, sono state date alla luce dal ch. sig. ab Scarselli (P ita Rorn. A mas. p. 82); ma in esse non si fa motto di letterarie adunanze che ivi si dovesser tenere. A più gravi studi fu destinata quella che fondò in sua casa a’ tempi di Pio IV il santo cardinale Carlo Borromeo. Questo grand’ uomo che nel più bel fiore degli anni, in cui allor ritrova vasi, sosteneva il peso de’ più gravi pubblici affari, quasi a sollievo delle cure e delle fatiche che Poccupavan di giorno, soleva alla sera adunar molti de' più dotti uomini che allor vi veano in Roma, i quali a vicenda venivano recitando qualche loro orazione, o dissertazione, o altro componimento appartenente per lo più alla morale filosofia. Ma dopo fanno 1562 in cui morì il co. Federigo Borromeo fratello del Santo, questi volle che sempre vi si trattasse di cose sacre. Il luogo e l'ora in cui soleansi tenere cotai radunanze, fece lor dare il nome di Notti Vaticane. Tutti gli accademici prendeano un nome finto, e S. Carlo volle esser chiamato il Chaos. Ogni anno, e ancor più sovente, sceglievasi tra essi il principe a cui toccava il proporre il tema di cui doveasi ragionare, e 216 LIBRO IV. Le accademie or mentovate fiorivano tutte ne’tempi di Paolo Ili. Di un’altra che fu istituita sotto il pontificato di Giulio III, fa menzione il cardinale Federigo Borromeo, il [p. 217 modifica]PRIMO ai •% il Jeslinare eli» avesse a fa\cllare in ciascuna adunanza. L’ eruditiss dott Sassi ha pubblicati molti de’ componimenti in tali occasioni recitati; e nella prefazione ragiona a lungo dell’origine e delle leggi di questa accademia, e annovera molti di quelli che la frequentavano, fra’ quali veggiamo Lodovico Simonetta, Francesco Alciati, Carlo Visconti, Francesco Gonzaga, Agostino Valerio, Silvio Antoniano, Tolomeo Gallia, Guido Ferrieri, Ugo Buoncompagni, che tutti poi furono cardinali, e l’ ultimo pontefice col nome di Gregorio XIII, e innoltre Carlo de’ Conti, Giovanni Delfino vescovo di Torcello, Sperone Speroni, Cesare Gonzaga, Conte da Landriano, Pietro Antonio da Lonate, Alessandro Simonetta e il barone Sfondrato, la maggior parte de’ quali ottenner non poco nome a que’ tempi col lor sapere. Una lettera dello Sperone de’ 16 gennaio del 1563 sembra indicarci che dopo la morte del co. Federigo essa venisse meno, perciocchè egli ragionando di essa così dice: posso dirvi, che questa è morta anch essa, poiché il Conte morì, e non è ancora risuscitata (Op. t. 5, p. 153, ed. Ven. 174°)- Ma ella dovette certo risorgere, poichè ne parla con molta lode il Poggiano in una sua lettera del 156 f al cardinale Truchfes, accennando insieme per qual ragione non avesse egli accettato l’invito fattogli di esservi ascritto: Borromaeus Cardinalis colit suoni Arade* miam, et in ficta quadam republica cum Gonzaga et alliis quibusdam latinas orationes habet saepissime de divinis et humanis rebus, in [p. 218 modifica]V. Gru» m^rn dì rad mi io liot'igna. LIBRO quibus et scribendis, et memoriae mandandis mirabiliter elaborat. Mecum omnes egerunt vehementer, ut adscriberer in eorum numero, quod ego ea tantum conditione factutum dixi, si vellent loqui ex tempore.: ìaborem mandai idi memo ri ae. orationes reservare veris actionibus; in fictis causis, et. in illa commentitia exercitatione nolle.mscipere; qtiare adirne co nude.?da carco (Pogian. Epist. t 3, p.'395) Delle altre accademie romane di questo secolo, delle quali ragiona il Quadrio (l. c.), cioè di quella degl Intrepidi, istituita circa il 1560, di quella degli Animosi, fondata circa il 1576, di quella degl’ Illuminati, a cui diede principio verso il 1598 la marchesa donna Isabella Pallavicina, e di quella degli Ordinati raccolta da Giulio Strozzi fiorentino i:i casa di Giambattista Dati pur fiorentino, eletto cardinale nel 1598, io non ho che aggiugnere a ciò ch’ egli e gli altri scrittori da lui citati ne dicono. V. Fra le altre città dello Stato ecclesiastico niuna ebbe in questo secolo accademie in mag,n gior numero che Bologna. In fatti Bartolommeo Ricci, scrivendo a Sebastiano Regolo dei vantaggi che da tali adunanze derivano, loda singolarmente le accademie in quella città istituite, mostra quanto copiosi frutti ne vengano alla letteratura, accenna insieme i danni che per avventura ne potrebbon nascere, e propone un metodo con cui renderle sempre più vantaggiose (Op. t. 3, p). 91). Di quella fondata nel 1511 da Gianfiloteo Adulimi, e delta del Viridario, io non trovo altra notizia che il cenno [p. 219 modifica]PRIMO JIQ che ne dà il Quadrio (t. i, j>. 55) sull* autorità dell* Orlandi <a). Più celebre fu quella che fu da Achille Bocchi raccolta circa il 1546. Il Quadrio (ivi p. 56), appoggiandosi alPautorità del Doni, la dice fondata dal dottissimo Cavalieri. Ma, come ottimamente ha osservato il co Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 2, par. 3, p. 1389)), nell accennato passo del Doni delibassero corso error di stampa, e dee leggersi dal cavaliere Achille Bocchi. Essa fu destinata particolarmente a prendersi cura della correzione de’ libri che si pubblicavano colle stampe; e a tal fine il Bocchi fabbricò una magnifica casa, di cui dice gran lodi Giambattista Pigna (Romanzi, p. 100), e in essa pose una nuova stamperia. Quindi in alcuni libri che abbiamo da essi usciti, si legge: in aedibus novae Accademiae Bocchianae. Di essa io credo che ragioni Ortensio Landi, ove dice: So, che nè ociosa starassi l’Accademia di Bologna, che almeno con lui Sonettuzzi et quattro ballatelle contro di me non garrischi; et molto più la temerei, se uscito non ne fusse. il gentilissimo Sig. Urbano / ~ige.ro con l acuto Strozza (Paradossi, l. 2, parad. 27). Questa è probabilmente quell accademia medesima di cui fa menzione Annibal Caro in una sua lettera a M. Vincenzo Fontana de’ 13 di luglio dell an 1555 (Lett, famigl. t. 2, lett 49), e a cui egli mandò la sua Apologia contro del Castello) Di questa <• di più altre accademie bolognesi più distinte notizie si possono avere ncIPoprra degli Scrittori cosentini del sig. conte Fantimi (t. 1, p. 1 >er.). [p. 220 modifica]320 LI URO vetro, ed ebbe il piacer di vederla approvata da quegli accademici (ivi, lett. 109, 126, 127), i quali ancor l’ onorarono con volerne il ritratto (ìVì’j lett. 175). Circa questo tempo medesimo, e non più tardi, come sembra credere il) Quadrio, fiorì (quella de’ Sonnacchiosi, di cui fa menzione il Domenichi ne suoi Dialogi stampati nel 1562 (p. 176). Annovera poscia il Quadrio, seguendo comunemente l'autorità dell’Orlandi, quelle de’ Sitibondi e de Desti, la prima delle quali, fondata nel 1554 occupavasi intorno alle leggi la seconda, istituita nel 1560, era rivolta alle arti cavalleresche; e quelle innoltre degli Oziosi, de’ Desiosi, degli Storditi, de Confusi, de’Politici, degl'Instabili, degli Umorosi (Quadr. t. 7, p. 7), de Gelati, l'ultima delle quali per saggio del valore de’ suoi accademici pubblicò nell’an 1590 le loro Ricreazioni amorose, e nel 1597 ^oro ^ltneMa celebre principalmente fu un’ altra accademia fondata nella stessa città, e dal costume de’ letterarj banchetti detta Convivale. Ce ne ha lasciata memoria il già citato cardinal Federigo Borrommeo (l. c.), il quale tra gli accademici nomina distintamente Francesco Bolognetti. Cammillo Paleotti, Fabio Albergati, Plinio Tomacelli, Lucio Maggi, Federigo Pendasio, Carlo Sigonio, Pompilio Amaseo e dice ch’ essi soleano radunarsi a un sobrio e onesto convito, e che poscia divideansi a sorte tra essi i diversi argomenti de quali dovea ciaschedun di essi ragionare, e che grande era il concorso che si facea ad udirli. E forse questa fu quella stessa che fu poscia detta degli [p. 221 modifica]PRIMO 331 Ardenti, fondata nel 1558 dal sopraddetto Paleotti, di cui parla dopo l Orlandi il co Mazzucchelli (Scritt. Ital. t. 1, par. 2, p. 976). VI. Molte altre furono le accademie in questo secolo istituite in diverse città del medesimo Stato ecclesiastico, delle quali io non farò che un sol cenno. Ravenna ebbe verso la fine di questo secolo quella degl’Informi, da cui poscia furon pubblicate non poche raccolte poetiche, quella degli Ombrosi fondata nel 1591 da l’asolino Pasolini, e quella de Selvaggi nell’an 1572 (Quadr. t 2, p. 93; t. 7, p. 20 ec.). In Forlì nel 1574 ebbe cominciamento (quella de’ Filergiti, delle cui varie vicende si posson vedere, oltre il Quadrio (t. 2, p. 72 t 7,p. 10), gli altri scrittori da lui citati. In Cesena forse nel 1559 quella dei’ Riformati (ivi t 2 p. 64), in Faenza quella degli Smarriti (ivi t. j7p.t)). Meldola ancora, terra della Romagna donata da Leon X ad Alberto Pio principe di Carpi. ebbe quella degl' Imperfetti fondata dal cardinale Ridolfo nipote di Alberto (ivi t. 2, p. 76). Furono al tempo medesimo i Catenati di Macerata (ivi p.;75), i Disuguali di Recanati (ivi p 94), i Disuniti di Fabbriano (ivi p. (67), i Fantastici d’Ancona (t 7, p 5), e, secondo il Quadrio (t. 2, p. 68), i Raffrontati di Fermo. Ma dicendosi altrove da questo autore medesimo (t, 7,p.9) che il fondatore ne fu Girolamo Alberti sanese, ed essendo questi vissuto verso al fine del secolo XVII e al principio di questo nostro (Mazzucch. Scritt ital. t. 1, par. 1, p. 306), egli è evidente che dee differirsi di molto il principio di quell"accademia. I vi. Oì quali» •Irli* itllr» • ili a tirila Strio enlr lÌMlilt. [p. 222 modifica]à VII. A.. 4.1. «II. I»«! Tr finii <1. ' i Dut Si. 233 L1DKO Rinvigoriti di Foligno (Quadr. t. 2, p. 71), gl Insensati, gli Scossi, gli Unisoni di Perugia, ove furono ancora più altre illustri accademie, e quella fra le altre detta Eccentrica rivolta al coltivamento delle scienze e dell arti (ivip. 90), e gli Ardenti di Viterbo (ivip. 112) appartengono a questo secol medesimo. Celebre fu ancora l’accademia di Spoleti, che si dice, non so con qual fondamento, istituita per consiglio dal famoso Pontano, e che prese poscia il nome di accademia degli Ottusi, (ivi p. 105). Io nominerò a questo luogo anche gli Assorditi di Urbino, benchè questa città avesse allora i suoi proprii signori. Il Quadrio (ivi p. 112) e dopo lui il co. Mazzucchelli (l.c.t 1, par. 2,p. 1176) si mostrano, e con ragione, poco persuasi della grande antichità che alcuni attribuiscono a questa accademia; e dicono che uno de’ fondatori e primo presidente di essa fu Federigo Gallo da Urbino, il quale fiorì verso il 1560 Ma non so come essi affermino poscia, che promotore j e protettore ne fu il duca Federigo, il quale, j come ognun sa, finì di vivere nel 1482, nè I più ebbe Urbino alcun duca di questo nome. I Per ultimo ebbe ancor Benevento l accademia dei’ Ravvivati fondata nel 1550 ((Quadr: t. 2, J p. 55) (a). Vir. Una delle prime città nelle quali nel • ! secolo xv si vedesser letterarie adunanze, era

  • stala Napoli, ove abbiamo a suo luogo veduto i

(.7) Fu anclie in Perugia una celebre accademia del 1 Disegno, l’ondata nel 1^71, di cui si può vedere la storia egregiamente illustrala dal sig. Annibaie Mari otti (Lettere pittar. Perttff. p. 234, cc.). [p. 223 modifica]PRIMO 323 quanto felicemente fiorisse quella che istituita dal Panormita, fu poscia sostenuta e promossa e. renduta sempre più celebre dal Pontano, dal Sannazzaro, dal Parrasio, dall’Attilio e da altri leggiadrissimi ingegni che ivi fiorirono sulla fine del secolo stesso e sui principii di quello di cui scriviamo, Io non trovo che avvenisse di questa accademia 5 ma è probabile che dividendosi essa in più corpi, se ne formassero quelle diverse adunanze delle quali trovi am memoria nel corso di questo secolo. I nobili singolarmente con una lodevol emulazione ne istituirono alcune, come quella de Sereni fondata da’ nobili del Seggio di Nido, e di cui fu eletto principe Placido di Sangro, e quella degli Ardenti formata da que del Seggio Capuano, e quella detta degl’incogniti. Ma circa la metà del secolo il vicerè don Pietro di Toledo, temendo per avventura che cotali adunanze de’ nobili non recassero danno alla pubblica tranquillità, con suo editto le sciolse e ne vietò l’assemblee (ivi.p. 82; Mazzuch. Scritt. ital. t. 1, par. 2, p. 977). Altre nondimeno poscia ne sorsero, come quella de" Segreti fondata da Giambattista Porta, indirizzata principalmente a promuover gli studi della fisica e della matematica, e quella degli Svegliati. E certo le Rime di diversi Signori.Napoletani, stampate in Venezia nel 1556, bastano a farci conoscere quanto fosse in quella città, e in particolar maniera tra’ nobili, il fervore nel coltivare la poesia toscana. Nè in Napoli solamente, ma in più altre città di quel regno fiorivano le accademie. Belisario Acquaviva conte e poi duca di Nardò, seguendo l'esempio del [p. 224 modifica]Pontano della cui accademia era stato membro egli pure, una ne istituì in Nardò, che fu detta del Lauro, e fu celebrata con suo epigramma dal Sannazzaro (l. 2, epigr. 38). Dell'accademia di Cosenza, cominciata in qualche modo da Giano Parrasio, poscia stabilmente fondata da Bernardino Telesio e da Sertorio Quattromani, e detta poi de’ Costanti, si posson vedere ampie ee’esatte notizie negli Scrittori Cosentini del sig. marchese Salvatore Spiriti (p. 7, ec.). Un’altra ne ebbe Lecce, che prese il nome de’ Trasformati, e fioriva verso il 1560 (Quadr. t. 1, p. 74; t. 7, p. 11, ec.); un’altra Aquila, detta de Fortunati (ivi, t. 1, p. 52, ec.), un’altra Rossano, detta de’ Naviganti, dalla quale per le discordie degli accademici una nuova formossene detta degli Spensierati, o degl’Incuriosi, che poscia insiem colla prima fra non molto si sciolse (ivi, p. 101). Salerno finalmente ebbe quelle ’degli Accordati e de’ Rozzi (ivi) ed è probabile che il favore di don Ferrante Sanseverino principe di quella città giovasse non poco a promuoverle ea’a sostenerle 1. Alle accademie del regno di [p. 225 modifica]Napoli uniamo quelle della Sicilia, ove nella sola città di Palermo ne trovo in questo secolo fondate alcune. La prima è quella dei’ Solitarii, che dal Quadrio si dice (ivi, p. 87) fondata da Paolo (Caggio nel 1549, e poscia rinnovata nel 1554 col titolo de’ Solleciti. Il Mungi!ore però non dà al Caggio la lode di essere stato il padre di quella accademia, ma dice solo (Bibl sicula, t. 2, p. 121) ch’egli ebbe gran nome tra’ Solitarii, e aggiugne di aver presso di sè una lettera dal Caggio scritta nel 1554 a don Vincenzo Bosco pretor di Palermo, nella quale lo esorta a far rivivere la detta accademia già da qualche tempo disciolta. Di quella degli Accesi fondata nel i5(>8 e protetta dal marchese di Pescara Francesco Ferdinando d’Avalos, parla il medesimo Mongitore (ib. t. 1, p. 1), a cui però non parmi che si debba concedere che fosse questa la prima in quell’ isola a coltivare l’amena letteratura, poichè quella de’ Solitarii, certamente più antica, aveali pur coltivati, come ne fan fede le opere stesse del Caggio. Il Quadrio aggiugne a queste accademie quella de’ Risoluti istituita nel 1570 da don Fabrizio Valguarnera palermitano, e quella degli Sregolati, che vi fioriva nel 1588, e ove, egli dice, si ha per fama che recitasse un discorso in lode della medicina Matteo Donia palermitano. Ma il Mongitore suddetto parlando [p. 226 modifica]226 LlbllO di questo medico afferma solo (l. c. t 2, p. 56) ch’ei fu ascritto all accademia degli Sfregiati, la cui origine, secondo il Quadrio, appartiene al 1606. Io non ho monumenti che rischiarin meglio le cose, le quali finalmente non sono di sì grande importanza, che dobbiamo trattenerci a lungo nel disputarne. Vili. Prima ancora che in Roma e in Napoli, - eransi lo scorso secolo vedute accademie in . Firenze, la qual città era stata la prima a darne all’altre l’esempio. La celebre Accademia platonica fondata già da Cosimo il padre della patria, poscia sostenuta e promossa da Pietro e da Lorenzo de’ Medici, dal Ficino, dal Poliziano e principalmente da Bernardo Ruccellai, che nelle sue case e negli ameni suoi orti le diede ricovero, era ancora ne’ primi anni di questo secolo fiorente per numero e per valor d’accademici, fra’ quali erano Francesco da Diacceto, Pier Martelli, Francesco Vettori, Niccolò Macchiavo!» li. Cosimo Rucellai, Jacopo da Diacceto, Luigi Alamanni e Zanobi Buondelmonti. Ma una congiura in cui alcuni di essi ebbero parte, ordita nel 1522 contro il cardinale Giulio dei’Medici, che fu poi Clemente VII, allora governatore della Repubblica di Firenze, la morte a cui fu perciò condannato Jacopo da Diacceto, la fuga che per salvarsi dovetter prendere l’Alamanni e il Buondelmonti, e la confusione e il terrore che si sparse fra tutti, fece disperdere e sciogliere interamente quell accademia. Di questo fatto ragionano a lungo tutti gli storici fiorentini di quell’età, e singolarmente il Nardi (Stor. fior. l. 7), e dopo essi il co. Muzzucclielii (Slrilt. [p. 227 modifica]¡uil. t. i, par. i, p. u.j(5) e il canonico llandini (Specimen Liberai, Fior. t. 1, p. <jG). Appena però Cosimo I fu pacifico signor di Firenze, e videsi a quella città renduta la tranquillità e la sicurezza, che tosto i molti uomini eruditi che ivi erano, ripigliarono il lodevol costume di formar radunanze, per animarsi a vicenda

al coltivamento delle belle arti. Se non che ove

l'Accademia platonica era singolarmente rivolta ai’ filosofici studi, le accademie che in questo secolo si venner formando in Firenze, si occuparono, più che in altro, negli studi dell amena letteratura. La prima fu quella che nel 1540 cominciò a raccogliersi in casa di Giovanni Mazzuoli soprannomato lo Stradino, detta dapprima degli Umidi, poscia tre mesi appresso distinta col nome più onorevole di Accademia fiorentina. Tra’ primi che la composero, veggiamo oltre più altri Cinzio d’Amelia romano, Niccolò Martelli, Filippo Sai veti i, Anlonfrancesco Gruzzini detto il Lasca, Cosimo Bartoli, Pierfrancesco Giambullari, Giambattista de Ricasoli vescovo di Cortona, Giambattista Gelli, Filippo del Migliore ’, dietro a quali vennero poscia quanti ebbe Firenze nel corso di questo secolo uomini di leggiadro ingegno e di molteplice erudizione. Il principal fine di questa accademia fu l illustrazione e la perfezione della lingua toscana, e fu perciò stabilito che si facesse studio singolarmente sulle Poesie del Petrarca. Quindi ne vennero le tante lezioni che abbiamo su sonetti e sulle canzoni di esso e di altri autori toscani, e tanti altri discorsi intorno [p. 228 modifica]228 LIBRO alle leggi e alle proprietà della nostra lingua, usciti da quella accademia. Il culto, per così dire, d'idolatria che allor rendevasi al Petrarca, fece che molte volte si prendessero per argomento di tali ragionamenti alcune riflessioni frivole e puerili, e che si andassero investigando allegorie e misteri ove quel poeta non avea pur sognato di usarne. Ma ciò non ostante la lingua toscana per mezzo di tali studi divenne sempre più copiosa e più bella, e meglio si fissaron le leggi a parlare e a scrivere in essa più esattamente. E sarebbe stato di gran vantaggio all’Italia, se in ogni parte di essa imitandosi cotali esempii, si fosser sempre seguite le orme de’ primi scrittori toscani, che in tal maniera non sarebbesi introdotto quel depravato e pessimo gusto che all’italiana letteratura recò sì gran danno nel secolo susseguente. Cosimo I e gli altri gran duchi che gli succederono nel corso di questo secolo, onorarono della lor protezione l'Accademia fiorentina, e le concederono privilegi e favori, co’ quali ella potè sempre più felicemente distendersi e avanzarsi con frutto nelle intraprese fatiche. Io accenno solo ciò che appartiene a questa accademia; perciocchè due opere abbiamo, nelle quali di essa ragionasi assai ampiamente, cioè le Notizie delAccademia fiorentina stampate nel 1700, e i Fasti consolari della medesima scritti dal can Salvino Salvini, e dati in luce nel 1717; e innoltre ne tratta non brevemente il Bianchini negli altre volte citati Ragionamenti de’ Gran Duchi di Toscana. La troviamo ancor nominala [p. 229 modifica]flUMÒ 25(j più volle nelle Lettere di Pietro Aretino, il quale nel 1545 scrive agli accademici, ringraziandoli che l'abbiano ascritto nel lor numero (l. 3, p. 92). Questa scelta non fa molto onore a quella accademia; ma ella riparò presto il suo fallo, cancellando ndl'anno iÌ»48 quel pazzo e ignorantissimo uomo dal suo catalogo, di che egli menò gran rumore, ma inutilmente (l. 4 p. 161, i63). IX. L’esempio dell’Accademia fiorentina ne fece presto sorger più altre che però non eb- • bero nè durata nè fama uguale. Il Quadrio accenna quella degli Elevati che fioriva nel 1 f>47, quella de’ Lucidi fondata nel i5(io ila Frosino Lapini, quelle degli Oscuri e de’ Trasformati ch erano in fiore verso il 1575, quella de' Pianigiani fondata verso il 1590, quelle degl’ Immobili, degl’ Infocati e de’ Sorgenti verso la metà del medesimo secolo (t. 1, p. 70, ec.). Più celebre fu quella degli Alterati fondata nel 1568 da sette gentiluomini fiorentini, e ricevuta in sua casa da Giambatista Strozzi il Cieco. Da essa ancora abbiam avute Lezioni e Orazioni in gran numero, alcune delle quali ci mostrano l’ uso di accusar talvolta e difendere il reggente dell’accademia, allorquando deponeva l’ufficio, in cui durava sei mesi. Di questa illustre adunanza più ampie notizie si hanno ne’ Fasti consolari dell’Accademia fiorentina (p. 202, ec.; 247, ec.), e presso il co. Mazzucchelli (Seri II. ¿tal. t. 1, par. 1, p. 130). Il sig. Domenico Maria Manni ne ha illustrato il Sigillo, e ci ha dato insieme un lungo catalogo di tutti gli eruditi che vi furono ascritti [p. 230 modifica]a3o ‘ LIBRO (Sigilli, t, 18, p. 45 j t. 21 Giunte, p. 29). Fra tutte però le accademie fiorentine niuna è stata di sì gran vantaggio alla volgar nostra lingua, quanto quella che dicesi della Crusca. Ne furono fondatori nel 1572 Bernardo Canigiani, Giambatista Deti, Antonfrancesco Grazzini, Bernardo Zanchini e Bastiano dei' Rossi, i quali erano membri dell’ Accademia fiorentina, e a’ quali presto si aggiunse il cav Lionardo Salviati, a cui ella dovette principalmente la forma del suo regolamento (V. Zeno, Note al f'onLan. t. 1, p. 315). Il Vocabolario che da essa abbiamo avuto, stampato la prima volta nel 161 a in 1111 sol tomo, e poscia più altre volte fino all’ultima magnifica edizion di Firenze dell’anno 1 ^38 in sci tomi, basta esso solo a rendere quest’accademia immmortale. Perciocchè, comunque non voglia negarsi che vi siano ancora errori ed omissioni, esso nondimeno è opera di tal natura, che col mostrare i vantaggi di varietà, d’armonia, d’abbondanza che ha la nostra lingua su tutte le altre viventi, ci addita insieme in qual modo dobbiamo usarne per conservarle ed anche accrescerle ornamento e bellezza. Di un' altra accademia che verso la fine di questo secolo era in Firenze, e che da niuno, ch’ io sappia, viene accennata, si fa menzione in una lettera di Bonifacio Vannozzi, che non ha data, ma debb’ essere scritta in uno degli ultimi anni di questo, o de’ primi del secolo susseguente. Scrive egli a Bardo Corsi Lettere, t. 1, p. 101), e con lui si duole della morte di Jacopo di lui fratello, del quale all'erma che era conosciuto per tutta Italia, c [p. 231 modifica]PRIMO a3l predicato, e ammirato per tutto, e /,/ sua, dirò, Real casa tenuta per un sicuro ricovero di tutti i Letterati, sicchè non arrivava a Firenze persona di qualche valore, r/u? zìo// /jon dirittura andarsene, a casa del Sig. Jacopo, come, a suo proprio alloggiamento ed ospizio, dove ricevuti con carità erano subito sovvenuti di quel più, che faceva loro di bisogno.... Firenze ha perduto un grandissimo splendore, e i vertuosi un gran Mecenate; ed essi serrata un Accademia, nella quale non solo s'esercitavano i belli studi, ma vi si nudrivano e vi si premiavano gli studiosi. Quivi avean ricetto Musici, Sonatori, Poeti, e Letterati di qualunque, sorte si fosse, e di tutti il Sig. Jacopo era amico, z/i compagno y c di tutti padre. Il suo quotidiano esercizio era quello della liberalità, e della beneficenza, ec. X. Dopo Firenze non v’ ebbe città di Toscana che in numero e in fama di letterarie adunanze si potesse paragonare a Siena. Intorno ad esse, oltre gli autori al principio di questo capo citati, abbiamo un discorso nella Nuova Raccolta d’Opuscoli scientifici (t. 3, p. 1), in cui a lungo si parla delle tre principali, cioè di quelle degl’ Intronati, de’ Rozzi, de’ Fisiocritici, l ultima però delle quali appartiene al secolo seguente. La più antica di tutte fu quella de’ Rozzi; e di essa abbiamo una Storia particolare pubblicata in Siena nell’an 1775, ove sull’autorità degli scrittori di que' tempi e de’ monumenti della medesima se ne ricercano esattamente l’origine e le vicende. Verso la fine del secolo xv cominciò ella ad unirsi, e per lungo [p. 232 modifica]L1FR0 tempo ebbe il nome di Congrega. La recita delle lor rime fu dapprima l occupazione de Rozzi, ma poscia si rivolsero principalmente alla poesia teatrale, nel che ottennero tanta fama, che furono spesso chiamati a Roma da Leone X, perchè vi dessero saggio del lor valore, come altrove vedremo. Le loro assemblee tenevansi comunemente ne dì festivi dopo i vespri, e così nelle lor poesie, che in tali adunanze da essi si recitavano dopo la lettura di alcun antico scrittore toscano, o latino, come nelle loro rappresentazioni domestiche, essi usavano per lo più del linguaggio e dello stil popolare, inserendovi que’ proverbii e quei motti che presso il volgo sanese e presso i rustici della campagna erano in uso Le turbolenze, dalle quali fu sconvolta Siena a que’ tempi, recarono anche a Rozzi non leggier' danno. Poichè esse furon cessate, questi cominciarono a riunirsi e a formar nuove leggi pel ristabilimento della lor Congrega. Ma appena avean essi ricuperata in qualche modo l'antica lor fama, che i Medici, temendo forse che tali assemblee non fosser dannose alla pubblica tranquillità, l’an 1568 le divietarono severamente. Quindi cessarono per tutto il corso di questo secolo non sol quelle de Rozzi, ma quelle ancora degl’ Insipidi, degli Smarriti, de’ Selvatichi, de Raccolti, e più altre che in quella città sempre abbondante di leggiadri e vivissimi ingegni erano in gran numero. Nella suddetta Storia di questa Accademia vedesi un lungo catalogo di tutte le opere de Rozzi, che o sono stampate, o conservansi manoscritte. Alla [p. 233 modifica]PRIMÓ q33 stessa sventura fu allor soggetta l accademia degr Inti diati. Era essa stata fondata nel 1525 da Antonio Vignali, da Claudio Tolommei, da Luca Cortile, da Francesco Bandini Piccolomini, che fu poi arcivescovo della stessa città, da Lancellotto Politi, poi religioso domenicano e detto Ambrogio Catarino, e da Mariano Soccini il giovine. Nell' opuscolo sopraccitato intorno alle Accademie di Siena, si dice (p. 7, ec.) ch ella ebbe il nome d’Intronata singolarmente da Marcello II, e si cita la Vita di questo pontefice scritta dal Pollidori. In essa però io trovo bensì (p. 14? ec-) clie Marcello ancor giovine vi fu ascritto, ma non veggo farsi parola del nome ch’ egli le desse. Ed è certo che fin dal 1543, nel qual an Ortensio Landi stampò i suoi Paradossi, ella così appellavasi: Aspetto indubitatamente, dice egli, che gli Intronati di Siena mi muovino aspra guerra (l. 2, parad. 27). Questa accademia ancora occupossi principalmente nel coltivare e nell abbellire la lingua toscana; e si vuole che da essa uscisse la prima idea delle nuove lettere ad essa aggiunte, che il Trissino divolgò poscia come sua invenzione. Ma Apostolo Zeno dimostra che a torto hanno alcuni preteso di spacciare il suddetto scrittore come plagiario (Note al Fontan. t. 1, p. 31). Ben deesi a quella accademia, cioè al Tolommei che ne fu uno de fondatori, l'invenzion della nuova maniera della poesia italiana, di cui diremo a suo luogo. Non men che quella de Rozzi, si volse ancor questa accademia al teatro, ed ella ancor fu perciò ricercata da altre città, come direm nel trattare di questo [p. 234 modifica]a34 limo argomento. Dopo il divieto delle pubbliche adunanze, quelle degl’Intronati cessarono, e solo al principio del secolo! seguente cominciarono a rinnovarsi. Frattanto alcun altre private assemblee succederono alle pubbliche, tra le quali si nominano nell’opuscolo sopraccitato (p. 16) quella de’ Filomati fondata nel ida Girolamo Benvoglienti, e quelle degli Accesi, dei Travagliati, dei Sizienti, dei Cortesi e dei Desiosi. Oltre a queste, accenna il Quadrio (t 1, p. 103) le accademie degli Affilati, degli Svegliati, degli Accordati e degli Uniti, e più altre, delle quali non avendo io più distinta contezza, non giova pur ripeterne i nomi (*). Troviamo inoltre nel corso di questo secolo un’ accademia in Cortona, detta degli Umorosi (Quadr. I. rit. p. 64); quelle degli Ardenti e de1 Rozzi in Pisa (ivi p. ya), se pur questa non dee dirsi de’ Sordi, come la nomina Ortensio Laudi (l. cil.), e in Bibbiena quella degli Assidui (*) Di una nuova accademia di Siena ci dà notizia un codice ms. della libreria di S. Salvadore in Bologna. Esso ha per titolo Capitolo dell*Amicizia del fìat righino. Vi si leggono i nomi di quelli dell’Amicizia i quali sono Cristofano Tolommei, Scipione Bandini, Alessandro Tancredi, Callisto Cerini, Gì sin ondo Vi.moli, Francesco Patrizi (di cui si hanno ivi alcune leggi per l'accademia, mentre n era Duca). Cammillo Petrucci, Sallustio Mandoli, il Conte Annibale, Marcello Austini, Emilio Brogioni, Fabio Carli, Achille Fanzonio, Muzio Piccolomini, Fabio Spannocchi. Giulio Bardi, Marcantonio Placidi, Sallustio Venturi, Fabio Tancredi, Francesco Patroni. Sieguono poscia molte poesie italiane e latine di diversi, e fra esse un sanguinoso endecasillabo contro Cosimo I, che da alcuni credesi di monsig della Casa. [p. 235 modifica]PRIMO a3j (Quadr. t. 7, p. 7). 11 Quadrio non fa menzione di alcuna accademia che nel corso di questo secolo fosse in Lucca. Ma ch’essa ci fosse, ne abbiam pruova in una lettera di Pietro Aretino, che scrivendo nel 1549 ad Agostino Ricci, si duole che gli Accademici Lucchesi abbiano criticato il suo stile (Lettere, l. 5, p. i4;)» « il nome di essa ci vien indicato dal poc’ anzi mentovato Landi, ove dice: Temo grandemente i Balordi di Lucca, che de casi miei non facciano qualche Commedia (l. cit.) (*). E deesi (*) Oltre l’accademia de’ Balordi rammentata da me sulla scorta di Ortensio Landi, ebbe Lucca fino dagli ultimi anni di questo secolo quella assai più celebre degli Oscuri, benchè essa credasi comunemente nata solo nel setolo xvu 11 sig. marchese Cristofano Boccella coltissimo patrizio lucchese, e negli studj d" erudizione e ne" monumenti della sua patria egregiamente istruito, me ne ha cortesemente trasmesse belle ed esatte notizie, delle quali farò qui uso, quanto la natura di questa opera mi permette. Ei le ha raccolte dagli Atti dell’accademia medesima, ne'quali Giulio Marchini il padre, celebre medico, ne inserì le notizie tratte da un’orazione ms. da lui veduta, che aveva per titolo: Prolusio Academica habita secundo Jdus Qua il i lis iGop a Daniele de Nobilibus de Dallo Frigido Academico Obscuro. Gianlorenzo Malpigli, amico del Tasso, e daini giustamente lodato nel Dialogo al quale da lui diè il nome, ne gettò i primi fondamenti nel 1 584, accogliendo in una sua casa in letterarie adunanze i più scelti ingegni lucchesi, per rinnovare con più felice successo i tentativi già fatti a tal fine pochi anni prima da Silvestro Gigli, da Girolamo Guidiccioni e da Giuseppe Bernardini, che somiglianti adunanze, ma di poca durata, a vi ano già formato -y tra le quali quella del Bernardini avea richiamato con onorifico stipendio dalla Francia il dottissimo Ascanio Santini, perchè in essa esponesse la Sfera e la Morale di Aristotele. Quella del Malpigli [p. 236 modifica]236 Liimo pure aggiugnere quella degl’insensati dUPisinia, elle vedrcm rammentarsi ila Bonifazio Van, nozzi, ove parlèrem degl’Incogniti di Torino. e XI. La protezione di cui gli Estensi onoraron le lettere, diede origine a molte accademie in Ferrara non meno, che in altre città de1 loro Stati. Molte in Ferrara ne accenna il Borsetti (Hist. Gymn. ferrar. t. i, p. 2 3 2, ec.), e dopo lui il Quadro (l. 1, p. 68), e fra esse veggiam nominate quelle degli Elevati, ile’ Filaceli, la Ferrarese, c quelle de’ Partici (a\ de* accolta da quel senato sotto la sua protezione, fece tosto conoscere che avea rivolto le mire non solo a «'olii vare li poesia e Pamena letteratura, ma anche a formare ottimi cittadini e utili alla comune lor patria; perciocchè oltre alle pubbliche adunanze, almeno una volta al mese radunavansi privatamente gli accademici, e dopo un'orazione che recitavasi in lingua toscana, esercitavansi all’ improvviso o in disputare su qualche problema, o in fare discorsi convenienti a solenni ambasciate, o a gravi affari politici, e a niuna carica della repubblica potean essser promossi quegli accademici che non avessero dati tai saggi del lor talento. Poco dopo la morte del fondatore, cominciò quest’accademia ad adunarsi in casa Mansi, la qual antica e nobil famiglia ha sempre dato e dà tuttora le stanze alle adunanze di essa, che continuano lodevolmente a tenersi ad eccitamento degl’ingegni in alcuni tempi determinati: nè solo la stanza, ma anche un annuo legato perpetuo assegnò all accademia uno di questa famiglia, cioè il celebre giureconsulto Luigi Mansi. Di questa accademia ebbe molta stima Girolamo Gigli che nel 1717 le mandò in dono la sua edizione delle Opere di S Caterina da Siena con sua lettera piena di encomii. la quale conservasi negli Atti dell' accademia medesima, insieme colla risposta a lui fatta a nome di essa dal segretario Giulio Macchini. (a) L’accademia de’Parlici stabilita in Ferrara ebbe [p. 237 modifica]PRIMO 2O7 Sorelli, de’ Tergemini, de’ Nobili Concordi, degl’ingegnosi, de’Tenebrosi e più altre. Io dirò solo delle tre prime che fra tutte divenner più celebri. Quella degli Elevati ebbe a suo fondatore nel 1540 Alberto Lollio; e molto ornamento le accrebbe Celio Calcagnini, uno de’ più dotti uomini di quell’ età. Tra le Orazioni del Lollio una ve n’ ha da lui detta agli Accademici Elevati nell'occasione di eleggere il dittatore (Oraz. t. 1, p. 92), ed ivi mostrando loro gli stimoli e i mezzi che quella città loro somministrava agli studi, annovera fra le altre cose la verde e fiorita età vos tra atta a sopportar fortemente ogni fatica e disagio, gl' ingegni pronti e capaci di qualunque più alta e più sottile difficoltà, la città lieta, pacifica e tranquilla, lo Studio pubblico pieno d' uomini dottissimi ed elequentissimi, la copia de buoni libri Greci, Latini e Toscani, le molte e continue lezioni e dispute dell Accademia, la dilettevole e grata conversazione di tanti spiriti pellegrini, i quali mossi dal desiderio d acquistar la virtù, da tutte le parti d Europa quasi a stuolo in questa patria concorrono, ec. Ma a suo fondatore Buonaventura Angeli, il quale ne ili menzione nella sua Storia di Parma: Meco stesso mi ho proposto volere con la palienza calcare la miseria delia mia fortuna, che fieramente balestrandomi in guisa di Partirò, cognome per mia sciagura itifino da' miei pruni anni elettomi, et ad una Accademia da me 1 mutuila dato, mi fa hor qua hoc là gire (p. 3Ti). Pi questa e di più altre accademie ferraresi ragiona il s»g. ali. Girolamo Barutialdi juniore nelle sue eludile Notizie delle medesime stampale iu Lei rara nel 1767. [p. 238 modifica]2 38 LIBRO poiché il Calcagnoli fu morto nel i5fi j ella si sciolse, e sarebbe del tutto perita, se Alfonso Calcagnini non l avesse fatta risorgere con altro nome appellandola de Filareti. Di questa abbiam più distinte memorie. Bartolonv. meo Bicci, di cui abbiam più lettere scritte ad Alfonso, in una di esse, che non ha data, si rallegra con lui che stando in campagna abbia dato principio alla sua accademia, a cui interveniva egli co suoi figliuoli, il Lollio, il Frizzolio ed altri; descrive le lor radunanze, i lieti loro passeggi e gli eruditi discorsi che vi si tenevano; e duolsi che non possa lasciar la città, per venirsene a star con loro (Ai, Op. p. 517). Invitato poscia da Tommaso Calcagnini ad entrare in quell accademia e a frequentarne le assemblee ne dì festivi, egli con altra sua lettera se ne scusa, arrecando a sua discolpa l’età avanzata ili ornai sessantucinque anni, e gli affari ne' quali dovea occuparsi (ib. p. 526). L’età del Ricci qui indicata ci fa conoscere a qual anno appartenga quest’ ultima lettera, perciocchè essendo egli nato, come a suo luogo diremo, nel ei dovette scriverla nel 1554 Abbiamo inoltre due orazioni dette da Alberto Lollio nella medesima accademia, e stampate la prima volta in Ferrara nel 1555, in lode della lingua toscana la prima, la seconda della concordia. Nell’ esordio di questa egli, dice, che veggendo che dopo la morte di Celio la nostra fioritissima Accademia degli Elevati era andata in ruina, e conoscendo le difficoltà che a formarne un’ altra si attraver-, savauo, appena egli sperava di vederla risorta; [p. 239 modifica]PRIMO pia che finalmente erasi ciò ottenuto per opera del Conte Alfonso Calcagnino lume ed ornamento di questa patria. Quindi al fine di essa egli annovera alcuni de più illustri accademici, cioè Vincenzo Maggi presidente dell accademia, Galeazzo Gonzaga, Ercole Bentivoglio, il co Ercole Estense Tassone, Orazio Maleguzzi, i conti Ercole e Tommaso Calcagnini, il Girali, il Pigna e il Ricci; e rammenta per ultimo la protezione e il favore di cui il duca Ercole II onorava quella sì dotta assemblea. L'Accademia detta Ferrarese si raccolse, mentre abitava in quella città Torquato Tasso, tra le cui Opere abbiamo l'Orazion da lui detta nell’ aprimento della medesima (Op. t. 4, p 519 ed. fir.). In essa spiegando egli qual fine si fosse prefisso quell’accademia: Qui non s’aspira, dice, non si' attende ad altro, che a coltivar gli animi, ed a mutar quei semi di virtù e di dottrina che la madre natura v' ha sparsi; qui si sforzerà ciascheduno d aguzzar l ingegno, d affinar il giudizio, di esercitar la memoria, e farla ricetto e memoria de' preziosi tesori delle scienze; qui s avvezzerà la lingua a spiegar ornatamente quelle forme che la mente avrà prima apprese e concepute, ec. Io non so quanto ella durasse ma è probabile che o la sventura del Tasso, o il cambiamento del dominio seguito non molto dopo, la conducesse a disciogliersi, e che dalla rovina di essa sorgesse poscia quella degl' Intrepidi, a cui si diede principio ne’ primi anni del secolo susseguente, e a cui tra gli altri fu ascritto Ferrante II duca di Guastalla, tra le cui Lettere mss. ve ne ha [p. 240 modifica]quanti ne può additare Modena. Quattro cardinali di s Chiesa, Cortese, Sadoleto, Badia e Bertani, tutti pervenuti a quell’alto grado d’onore pel loro sapere, un Sigonio, un Cas tei vetro, un Falloppia, Francesco Maria Molza e Tarquinia di lui nipote, Paolo Sadoleto, Antonio Fiordibello, Gandolfo Porrino e moltissimi altri, de’ quali diremo nel decorso di questa Storia, tutti uscirono da questa citi;» che potò in molle altre destare ammirazione ed invidia. Non è perciò a stupire che in essa ancora si aprisse una tal accademia che non fu inferiore ad alcuna delle più illustri d’Italia, e che anche per le vicende a cui fu soggetta, è degna di special ricordanza, e tanto più che benchè molto abbiane detto l’immortal Muratori nella Vita del Castelvetro, possiam nondimeno aggiungere ancor qualche cosa alle ricerche di sì dotto scrittore. Il primo a darne l’idea fu Giovanni Grillenzone cittadino e medico modenese, di cui bellissime son le Memorie lasciateci dal Castelvetro, e dal Muratori date per la prima volta alla luce (Vita del Castelv. p. 8, ec.). Erano sette fratelli, cinque de quali avean moglie e più figli, e pur tutti dopo la morte del padre, accaduta nel 1518, abitavano nella medesima casa, e per opera di Giovanni, il qual però non era il maggiore tra essi, viveano in ^4° LIBHO una degli 8 d aprile del iGi5, in cui rende grazie a quegli accademici clic l’abbiano ascritto al lor numero. Ma di essa diremo a suo luogo. XII. Poche fra le città italiane di questo secolo vantano un sì gran numero d’uomini per valor nelle lettere e nelle scienze eccellenti, [p. 241 modifica]PniMO 2^ sì perfetta unione, che il più tenero e il più leggiadro spettacolo non si vide mai forse di quello, di cui Modena fu allor testimonio nella casa del Grillenzone: sette fratelli e cinque mogli co’ loro figliuoli maggiori assisi tutti ad una medesima tavola; e presso loro nella medesima stanza i figliuoli più piccoli, che non erano meno di o 50, serviti dalle stesse loro sorelle alquanto maggiori di età. A vedere un sì dilettevole oggetto accorrevano molti e cittadini e stranieri, e singolarmente gli uomini dotti, de’ quali era la casa del Grillenzone quasi un pubblico albergo, ed essi ricevuti alla sua tavola da Giovanni, accrescevano sempre più l’allegrezza di quei’ conviti. Benchè le loro sostanze non fosser molte, e la famiglia sì numerosa, e sì facile l’accesso a tutti, l’industria però e l'attività de’ fratelli, e più d’ogni cosa l’attenzion di Giovanni e il buon ordine da lui introdotto, faceva che quella casa sembrasse una delle più splendide e facoltose. Avea egli coltivati felicemente gli studi, e in Modena avea udito Panfilo Sasso che privatamente in sua casa sponeva un libro latino. In Bologna poi avea appresa la giurisprudenza da Lodovico Boccadiferro, la filosofia dal celebre Pomponazzo, e la medicina da Girolamo Firenzuola. Avido di apprender la lingua greca, si pose sotto la direzione di un certo Marcantonio da Crotone, venuto a caso a Modena, e assegnatoli stipendio parte del suo denaro, parte di quel degli amici, fece ch’ei prima d’ogni altro in questa città tenesse scuola di quella lingua. Ottenne Tiraboscui, Voi. X. 16 [p. 242 modifica]liuro poscia clic dalla Comunilà fosse a tal line condotto Francesco Porto cretese, uomo assai dotto, di cui diremo a suo luogo. Ma avendo questi dovuto passare all università di Ferrara, il Grillenzone fece nella sua casa quasi una pubblica scuola, in cui ogni giorno teneansi due lezioni, una di lingua latina e l’altra di greca, e si andavano interpretando e illustrando i più difficili passi degli antichi scrittori dell’una e dell’altra. E perchè a que tempi le erudite adunanze appena mai erano senza lieti banchetti, fu da lui introdotto il costume di certe cene che a vicenda imbandivansi dagli accademici, sobrie nel numero e nella qualità de’ cibi, ma rallegrate da’ piacevoli componimenti o in prosa o in verso in ciascheduna delle tre lingue, e da’ proverbii e da’ motti e da’ piacevoli scherzi che alle vivande si frammischiavano. Tutto ciò può vedersi più ampiamente descritto dal Castelvetro presso il Muratori. E io aggi ugnerò qui l’elogio che di Giovanni e de’ figliuoli di lui ci ha lasciato nella sua Cronaca mss. di Modena Francesco Panini che scriveva nel 1567. Egli annoverando le famiglie illustri di Modena nomina i Grillenzoni, a quali, dice, hanno apportato molto splendore Giovanni et Bartolomeo ' fratelli, l'uno Medico eccellente, Valtro Giurisperito; ma non minore l apporteranno a quelli i figli di Giovanni, Hortensio con la f Hosofa, Paolo con l eloquenza Latina et volgare, et Servilio con le Leggi accompagnate dagli studi di Poesia, ne' quali è già tanto innanzi, che di lui si leggono Poemi degni d'ogni gran Poeta, et Leandro seguitando gli studi di suo [p. 243 modifica]rniMo 243 padre, ne (quali già molto giovine ha meritata la laurea, non sarà di minor luce a quella famiglia. X111. Queste adunanze del Grillenzone dierono la prima origine all'accademia che circa il medesimo tempo formossi in.Modena, a cui intervenivano il Castel vetro, Filippo Valentino, Alessandro Melano, Lodovico dal Monte, e quanti erano allora in Modena per valore nelle belle arti e nella letteratura più rinomati; e disputando tra loro, ed esaminando le opere degli antichi scrittori, e recitando i proprii loro componimenti, e facendone a vicenda la critica, si animavano e si aiutavan l'un l'altro ad avanzarsi vie maggiormente ne' loro studi. Di questa accademia era sì sparso il grido in ogni parte d’Italia fin dal 1534 che Antonio Minturno scrivendo da Palermo a Giannandrea Gesualdo, che allora trovavasi in Modena, Se vi rimarrete, diceagli (Mint. Lettere, /. \, Irte. 21), come è la vostra deliberazione, in Modena, la qual Città odo esser piacevolissima d'aere, (d acque, e di belle donne, ed ornata di bellissima gioventù; la quale datasi tutta agli studi delle Muse fa Accademia in ciascuna delle tre dotte e leggiadre favelle, avrete tempo e luogo di poetare. La lettera è senza data; ma parlandosi in essa di Giambattista Bacchini modenese, che di fresco erasi fatto frate, ed essendo ciò accaduto, come altrove vedremo, nel 1534 » egh ^ evidente che allo stesso anno appartien questa lettera. E alla stessa accademia sembra alludere Ortensio Landi, quando accenna l'infinito numero de’ studiosi giovani, studiosi, dico, [p. 244 modifica]LIBRO delle lettere Greche, Latine, Tose atte, sacre, et profane, ch erano in questa città (Paradossi, l. 1, parad. 5) (a). Ma mentre questa accademia così felicemente li ori va, avvenne cosa che la turbò e sconvolse, e la pose a pericolo d’intiera rovina. Veresie di Lutero e di Calvino, che anche in Italia andavano serpeggiando, minacciarono ancora d’infettare col lor veleno questa città, e parvero singolarmente rivolgersi a render loro seguaci quegli accademici. Il Muratori ha creduto (l. dtp. 17) che non fosse questo che impuro sospetto, nato per avventura da qualche disprezzo in cui gli accademici mostrasser di avere i preti e i frati, che certo a que tempi ne davan non rare volte occasione. Ma a dir vero, vi ebbe più che sospetto; e io non temerò di oscurar punto la fama di questa città, se riferirò qui schiettamente ciò che ne abbiamo negli scrittori di que tempi. Anzi mi sembra che tanto maggior gloria debbasi a' Modenesi, quanto maggiori l’uron gl’inciampi ne’ quali essi trovaronsi, e da quali uscirono nondimeno serbando incorrotta ed intatta la lor Religione. Ne abbiamo il racconto nella Cronaca ms. di Alessandro Tassoni, scrittore’ di que' tempi, di cui si ha copia in questa biblioteca Estense. Egli racconta (a) Più a lungo si è parlalo di questa e di altre accademie che di questo secolo furono in Modena, e così pure di quelle che lurono in Reggio e nelle altre città dell" Estense Dominio, nella biblioteca modenese (l. 1, p. 1, ee.; /fi,/?. 1), ove pure di Giovanni Grillenzone e di altri dotti «li questa nobil famiglia si sou date più distinte notizie (t. 3, p. a5). [p. 245 modifica]PRIMO lt,\ 5 che nel i54o (*) venne a Modena un cotal Paolo Ricci siciliano che faceasi nominare Lisia Fileno, il quale essendo in concetto d’uomo assai erudito, fu volentieri accolto in una città sì amante della letteratura. Sapeva egli che alcuni in Modena già inclinavano in favore delle nuove opinioni j e ad essi scopertosi, cominciò a fare altri seguaci, e raccoltigli occultamente in qualche casa, spiegava ivi le sue ree dottrine, e insiem con esse quell'ardito spinto di presunzione proprio de’ novatori, per cui i più rozzi ancora e le medesime donne alzavan cattedra e decidevano francamente del senso de' sacri libri: Et non solum homines. dice il Tassoni, cujuscumque conditionis docti et indocti, et ignari Litterarum sed et, mulieres, ubicumque occasio dabatury in piateis, in a potiiccis, in ecclesiis de fide et lege Christi disputabant, et omnes promiscue s ac ras scripturas lacerabant, allegantas Paulum, Matthaeum, Joannem, Apocalypsim, et omes Doctores, quos nunquam vide rant. Il Ricci qualche tempo appresso arrestato nella villa della Staggia per ordine del duca Ercole II, e condotto prigione a Ferrara, vi fece pubblica ritrattazione de' suoi errori, la quale dal detto Tassoni è stata inserita nella sua (*) Fin dal 1537 cominciò l'Accademia modenese a rendersi sospetta riguardo alla Religione all' occasione di un libro clic in questa città si sparse, c che condennnto come infetto delle nuove opinioni, dagli accademici nondimeno si volle difendere come sano e degno d1 approvazione. Di ciò basti aver qui fatto un cenno, perchè più « lungo se ne è pai lato nella suddetta Biblioteca degli Scrittori modenesi. [p. 246 modifica]246 LIBRO Cronaca. Ma il reo seme da colui sparso avea frattanto gittate profonde radici, e n era frutto il deridere e beffeggiare pubblicamente i predicatori cattolici, i quali pur troppo alla giustizia della lor causa non sempre univano allor quel sapere e quel tenore di vita che la rendesse più rispettabile. La cosa andò tant’oltre che, come narra Tommasino Lancellotto scrittore contemporaneo nella sua Cronaca ms. di Modena airanno 1538, quelli dell Accademia appuntavano ogni parola de Predicatori, e le interpretavano in mala parte, e han fatto scender di pergolo varii Predicatori per questo. E ciò sembra accennarsi ancora dal poc’anzi mentovato Ortensio Landi col dire: Troppo che fare mi darebbe quella (accademia) di Modena, se rivolti non avesse i studi suoi all' intelligenza delle divine scritture (l.2, parad. 27). Quindi il cardinale Morone, allora vescovo di Modena, scrivendo al cardinale Contarini a'3 di luglio del lò.fa., gli dice che omai non trovava più Religiosi che ivi volessero predicare: laltro jeri un Ministro dell'Ordine ingenuamente mi disse, che li suoi Predicatori non voleano più venire in questa città per la persecuzione, che gli fanno questi dell Accademia, essendo per tutto divulgato, questa Città esser Lutherana (V. Quirin. Diatr. ad vol. 3 Epist Paoli, p. 286). XIV. La nuova degli errori che cominciavano a spargersi per questa città, era giunta a Roma; ed ivi già si pensava a porvi Popporlnno riparo. Tra le Lettere del cardinale Sadoleto, due ne abbiamo su questo argomento scritte da Roma n M. Lodovico Caslelvelro c a’ suoi [p. 247 modifica]PRIMO compagni (Sadol. Epistfamil. t. 3 ì p. 317, ec. ed. Rom.). Nella prima, ch è dei’ 12 di giugno del 1542, gli spiega il dispiacere che il papa e i cardinali aveano sentito per le relazioni lor giunte della vacillante lor fede. Nella seconda de’ 15 di luglio dello stesso anno risponde alla lettera che il Castelvetro a nome ancora degli altri gli avea scritto, assicurandolo della loro innocenza e della loro ubbidienza alla Chiesa; si rallegra con loro di sì belle disposizioni, e gli esorta a scrivere una lettera al pontefice, in cui gli confermino cotai sentimenti. Ma il miglior mezzo sembrò lo stendere un formolario, a cui tutti si dovessero sottoscrivere, non solo quelli ch erano sospetti, ma quelli ancora che o per fama di erudizione, o per altezza di grado potean col loro esempio giovar non poco a tener gli altri in dovere. Fu dunque disteso il formolario; e all occasione che trovavansi in Modena al medesimo tempo i cardinali Sadoleto, Morone e Cortese, radunatisi nel primo di settembre del 1542 i conservatori e priori della città, ne ordinarono la sottoscrizione. Questo formolario disteso dal cardinale Contarini, tra le cui opere si ritrova, è stato di nuovo pubblicato di fresco nel primo tomo delle Opere del cardinale Cortese (p. 57, ec.), coll aggiunta delle sottoscrizioni di molti de principali tra Modenesi; e tra sottoscritti al formolario, oltre i tre cardinali suddetti, e oltre i superiori delle case religiose, troviam nominati il vicario del vescovo Giandomenico Sigibaldo, l’arciprete Andrea Civolino, il proposto Bonifacio Valentino, Lorenzo Borgomozzi, [p. 248 modifica]3*1$ LIBRO Teofìlo Forni e Andrea Codebò 'canonici, il co Giovanni Castelvetro, il cav Lodovico dal Forno, Giambatista Tassone, Girolamo Manzuoli, Angelino Zocchi, Bartolommeo Fontana, Antonio Grillenzone e Pietro Barenzone tutti del numero de conservatori, e il sindico generale Bartolommeo Marescotti, e innoltre Gianniccolò Fiordibello. Gaspare Rangone, Agostino e due Franceschi Bellincini, Alfonso Sadoleto, Lodovico Castelvetro, Giovanni Poliziano detto Berettario, di cui dovrem dire altrove, Elia Garandino, Filippo Valentino, Bartolommeo Grillenzone, Pellegrino Erri, Gabbriello Faloppia il celebre medico, e cinque altri medici, cioè Guglielmo Spinelli, Alessandro Fontana, Pio Tassone, Niccolò Macchelli e il soprannomato Giovanni Grillenzone. Il Muratori dice (l. c p. 20) che Francesco Porto trovavasi allora assente, e che cadde in sospetto di essersi allontanato per non sottoscriversi al formolario. Io veggo nondimeno tra sottoscritti un Francesco Greco, che forse è lo stesso Porto greco di nascita, perchè cretese. In tal maniera purgassi questa città dalla taccia che venivale apposta j e fece conoscere che se le arti de novatori aveanla alquanto turbata, ella avea però conservato il rispetto e l ubbidienza dovuta alla Chiesa romana. Essa si mantenne poi sempre ferma nella sua fede; e in fatti essendo nel 1544 venuti a Modena due Conventuali di S. Francesco, come narra il sopraccitato Tassone, detti l’uno il Pergola, l altro il Pontremolo, i quali nelle lor prediche si scoprirono infetti de nuovi errori, non ebber [p. 249 modifica]PRIMO 2/jl) sognaci, è furono anzi puniti del loro ardire. Egli è vero che Filippo Valentino e Lodovico Castel vetro ebbero poscia per cagione di somiglianti sospetti altre molestie. Questi però non caddero sopra l’accademia tutta, ma sol sopra essi, e noi ci riserbiamo a parlarne, ove direm di essi più a lungo. XV. Le vicende sofferte da quest' accademia dovettero probabilmente recarle danno, e cagionarne ancor poscia il totale di scioglimento. In fatti dopo la metà in circa di questo secolo non ne troviam più menzione. Ad essa un' altra ne succedette, che fu aperta in sua casa, come narrasi da Vedriani (Stor. di Mod. t. 2, p. 691), l'an 1589) dal co. Sertorio Sertorio, della quale fu ei medesimo dichiarato principe, e con lui ne fu eletto per protettore il co Ferrante Tassone che pel duca Alfonso II reggeva quella città. Era questa accademia destinata agli studi non sol delle lettere, ma ancor delle scienze, e vi si radunavano quanti erano in Modena eruditi coltivatori delle belle arti, fra* quali, dice lo stesso Vedriani, assai distinguevasi il co. Taddeo Rangone. Del co. Sertorio ci ha lasciato un bell" elogio il sopraccitato Panini nella sua Cronaca ms. dicendo: Ma Sertorio pur fratello di Giulio, et degli alt ri detti di sopra, ancorchè già molti anni sia privo della patria, et abbia avuta la fortuna molto contraria, nondimeno col suo bell ingegno dedito piuttosto alle Lettere che alle armi ha acquistato non poco di lode, mettendo insieme un sì bel studio et tesoro di libri antichi, di medaglie antichissime et rare, et di sì belle et tante xv. Allrr iltr»«Ifmii in Mollami. [p. 250 modifica]XVI. ArraJen«i.- in Kcg|;*<i, w. £5o LIBRO altre cose, veramente degne d animo nobile, che. non pure i virtuosi, ma i Principi stessi desiderano di vederle. Il Panini scriveva nel 1 r'0-, cioè 22 anni prima che il co. Sertorio fondasse questa accademia, nè io so quai fossero le traversie alle quali egli era allora soggetto. Questo scrittor medesimo fa menzione d un altr'accademia che in casa sua avea aperta un altro nobile modenese, cioè Luigi Boschetti, che con altri giovani si esercitava nel disputare di diversi argomenti, e dava grandi speranze de’ più felici progressi singolarmente per la erudizione et cognizione delle discipline et delle lingue, che in così verdi anni avea già acquistata. Il Panini, che vivea in casa di questo cavaliere, ha inserito nella sua Cronaca un sonetto da sè composto in lode della stessa adunanza. Ma le liete speranze che di questo giovane si erano concepute, svaniron presto per l immatura morte da cui fu sorpreso in età di soli 22 anni Sansov. Orig. delle Famigl. p. 48; Vedriani, Dott. moden, p. io3). XVI. Emula dell accademia di Modena fu quella di Reggio, ch’ebbe l’onore d esser fondata circa il 1540 da Sebastiano Corrado professore di quella città, ed uno degli uomini più eruditi di questo secolo. Egli ne parla spesso e con molte lodi e nella lettera premessa a’ suoi comenti sopra Valerio Massimo, e nella prefazione a’ Dialoghi di Platone da lui recati in latino, e nel principio della sua opera intitolala E guati us, e rammenta il fervore con cui quegli accademici, a’ quali egli fece il nome di Accesi, si posero a coltivar ciascheduna [p. 251 modifica]primo a5i delle tre lingue, a scrivere e a perorare in esse, a interpretare e ad illustrare non solo i poeti, ma gli oratori ancora e gli storici, e gli scittori antichi di qualunque altro argomento; talchè questa accademia sotto la direzione di quel valentuomo rivolgevasi con uguale premura a qualunque sorta di seria e di piacevole letteratura, e in ciascheduna di esse davano a gara gli accademici felici pruove del loro ingegno. Circa il 1570, essendo essa per le consuete vicende ridotta a scarso numero, fu rinnovata, e, lasciato l’ antico nome, prese quello de’ Politici. Ad essa dedicò nel 1580 le Rime di Francesco Denalia stampate in Bologna L'iridio Vitriani, il quale nella lettera ad essa diretta ne fa grandi elogi. Finalmente verso il 1587 cambiò di nuovo nome, e a quel de’ Politici sostituì quello degli Elevati. Di quest’accademia, e di altri più illustri accademici di essa ha scritta la Storia Giovanni Guasco, stampata in Reggio nel 1711 (*). Aggiuguiamo a queste (*) l)i un'altra accademia eretta in Reggio, e detta de Trasformati, ci dà notizia un raro e curioso libro di M. Pietro Martire Scardova canonico reggiano, stampato in Parma nel 1550, e con titolo capriccioso intitolato l 8. Troppo, con allusione a una donna detta t) Itavi a da lui amata l‘!sso è dedicato dall autore alli Mag. Signori Trasformati, de’quali parlando dice: Sono già alcuni anni, che sulla pietra delle virtù fondaste la vostra dotta Accademia, la (quale e per le Lettere Greche e Latine, e per l altre infinite Scienze, che compiutamente sono in voi p e eh1 io non le potrei annoverare ad una, è divenuta tale, che ben può stare al paragone di quante hoggidì siano onorate da più elevati spiriti o dagli ingegni a più saggi e più [p. 252 modifica]accademie quella degli Apparenti di Carpi, la quale il Quadrio crede probabile che fosse in questo secol fondata, al tesa la protezione e il favore di cui i Pii, che al principio di esso erano ancor signori di quella città, onoravan le lettere, e il gran numero che ivi fu di colti ed eleganti poeti (t. 1, p. 61); e quella di Cento, che allora apparteneva a duchi di Ferrara, e ove nel secolo stesso era una fiorente accademia detta del Sole (ivi p. 63). XVII. Grande fu il numero di accademie ch’ebbe in questo secol Venezia, ove Aldo Manuzio, come si è detto altrove, aveane dato sul finir del secolo precedente il primo esempio. Io non farò che accennare quelle della compagnia della Calza, de' Platonici, de Pellegrini spesso lodata nelle opere di Antonfrancesco Doni che ne racconta ancora l origine (Libreria p. 63, ed. feti. i 55o; Marmi par. 2, p. 24, ec., ed. Veli. 1002) (*); degli Uniti, pellegrini. Dice che fu ad essa introdotto dal cavalier Gaziioli, e che ne vide l’insegna, cioè, Prometeo, che colla fiaccola anima la figura da se formata, aggiuntovi il motto: Per questo a miglior vita trasformati; e che ciò accadde nel 1543, mentre n’era principe il conte Tedaldo Canossa. Quindi lodando i loro esercizi, aggiugne: e di pili con leggiadre Comedie, con sontuoii Convili, e con famosissime composizioni.... cercate mai sempre di trattenere le nobilissime Reggiane, c fate la lor gloria più serena e più chiara del Sole. Ma il non trovarsi di questa accademia alcun’altra memoria. ci fa credere ch'ella avesse assai breve vita. {*) Un bel monumento dell’accademia de’ Pellegrini trovasi in questo ducale archivio. Esso è una loro lettera stampata e scritta da Venezia a’ 27 di aprile del 1 "(>3 [p. 253 modifica]primo a53 degl1 Incruscabili, degl Industriosi, de’Ricovrati, de’ Dubbiosi, e più altre, delle quali ragiona il Quadrio (l. c. p. 108, t. 7, p. 24). Ma più esatte ricerche si debbono a quella che quasi per eccellenza fu detta l’Accademia veneziana, o Accademia della Fama, e i cui principii sommamente lieti e gloriosi meritavano un esito più felice. Federigo Badoaro gentiluomo veneziano nato nel 1518, dopo aver sostenute ragguardevoli cariche nella Repubblica ed illustri ambasciate (V. Mazzucch. Scritt. ital. t. 2, par. 1, p. 31). ne fu il fondatore al principio del 1558. Qual fosse l’idea di questa illustre adunanza, e quanto felici ne fossero i cominci amenti, udiamolo da una lettera di Girolamo Molino a Bernardo Tasso dei’ 22 di gennaio del detto anno: A’ giorni passati s'è congregata insieme una nobile compagnia sotto titolo di Accademia Veneziana di alcuni dotti e fioriti ingegni, avendo intenzione di giovare a Letterati e al mondo col metter le mani così nei libri di Filosofia, come di altre facultà, e non solo purgar quegli degl infiniti errori e incorrezioni, che nel vero portano seco attorno con molto danno degli studiosi, ma farli insieme con molte utili annotazioni c discorsi, e scolii, e tradotti al duca Alfonso li, in cui lo pregano a permettere die facciano scolpire l'arme della Casa da Esle insieme con (ulte quelle degli altri Principi nel Teatro delf Accademia Pellegrina, che ora si Jnbbrica intorno all’Arca del Petrarca in Artptà, per illustrare gli scrittori di Italia. Aggiungono clic la puma statua sarà quella dcH'Anosto, e condìiudouo chiedendo (juakhe soccorso per tali spese. [p. 254 modifica]3^4 LIBRO appresso in diverse lingue, uscire in'luce nella più bella stampa e carta che si sia ancor veduta. Oltra di ciò intendono dar fuori opere nuove e non più stampate, sì per loro, come, per altri composte, e già (per (quel ch io n ho inteso) essi ne hanno gran numero apparecchiato. La qual impresa ancorchè paja grande, e difficile molto, tuttavia il conoscere il valore di quei che l hanno sopra di se tolta, e il buon polso loro, mi fa credere che ella anderà innanzi con felice corso senza dubbio. E già hanno tolta ad affitto la più bella bottega, e nella più bella vista, che sia in tutta la nostra Merceria, intendendo tosto d aprirla, e dar principio a rispondere all alta opinione concetta già in tutti dell' opera e sufficienza loro (B. Tasso, Lett. t. 2, p. 359, ec C(h Comin. 1733). Prega quindi il Tasso a voler mandare all’ accademia il suo Amadigi; poichè essa desiderava che fosse questa una delle prime opere che si pubblicassero, e nomina alcuni di quelli che n’erano i principali, cioè il Badoaro, Domenico Veniero elegante poeta, di cui diremo a suo luogo, e Paolo Manuzio (a). il Tasso ricusò di mandarlo, sì perchè non avealo ancor limato, sì perchè pensava di farne l’edizione a sue spese (ivi p. 362). Per la stima nondimeno ch’egli avea di quegli accademici, volle su certi passi di quel poema udire (a) Il eli. sig. abate Serassi ba pubblicato il catalogo de primi fondatori di questa insigne accademia, in cui però sembrati compresi qne’ soli che abitavano iu Venezia (Vila di T. Tasso p. 88). [p. 255 modifica]PRIMO 255 j| lor sentimento (ivi p. 366). L’anno seguente fu il medesimo Tasso ascritto al numero di quegli accademici, com’ ei narra in due altre .sue lettere (ivi p. 458, 460), ove dice gran lodi di questa illustre adunanza, e accenna le gravi difficoltà che dapprima le si erano opposte, ma ch eransi superate felicemente. Il Quadrio (t. 1, p. 109), e prima di lui il Zeno affermano che il Tasso ne fu cancelliere j ma di ciò non trovo memoria nè nelle lettere poc’anzi accennate, nè in verun altro scrittor di que’ tempi. Non vi era sorta alcuna di scienza di cui non avesse l’accademia il suo professore, e a renderla vie maggiormente famosa furono ad essa invitati ed ascritti alcuni sovrani ed altri cospicui personaggi. Quindi Luca Contile scrivendo a Filippo Zaffiro a 31 di ottobre del 1558, e dolendosi ch’ei non avesse ancora risposto alla sua lettera con cui aveagli dato avviso che l’accademia l’avea annoverato tra’ suoi, avendo, gli dice (Lettere, t. 1, p. 171), (questa onoratissima radunanza ricevute gratissime risposte da Mons. cardinale. Alessandrino, risposte et proposte del Sig. Duca di Savoja, proposta et offerta dal Sig. Duca di Ferrara, et offerta dal Sig. Giovatijacomo Foccari il primo ricco e l più dotto di Germania, risposta et fi rapo sta dal Magn. M. F. Buonvisi Lucchese, et non havendola ricevuta da voi... che vogliamo dir che pensino? Il suddetto cardinale Alessandrino, cioè il cardinale Michele Ghislieri, che fu poi Pio V, era stato eletto a principili protettore dell’accademia, e a lui perciò dedicò il Manuzio nel i558 il libro di [p. 256 modifica]2j6 LITRO Marcantonio Natta De Locutione Dei a nome dell’ accademia medesima. W 111. Ed era in fatti stato scelto il Manuzio a stampatore di essa; nè poteasi fare migliore scelta. Due catalogi furono pubblicati uno in italiano, l altro ancor più ampio in latino (Zeno, Note; al Fontan. t. 2, p. 1 a3; Foscarini, Letterat. venez. p. 79), de’ libri che l Accademia veneziana pensava di dare in luce; e da essi veggiamo che non v’ era sorta di scienza a cui essa non avesse rivolto il pensiero. Più libri in fatti si videro uscir da que’ torchi, che per la bellezza de’ caratteri, per la nitidezza della carta e per l esattezza della correzione, accrebbero all'accademia non poco nome. Si formarono al tempo medesimo, e in diversi tempi secondo le diverse occasioni si pubblicarono varie leggi pel saggio regolamento di essa; delle quali una compita raccolta avea presso di sè Apostolo Zeno (Foscarini, l. c. p. 80). Avea quest' accademia la sua propria biblioteca, di cui fa menzione il Sigonio in una sua lettera de’ 9 di ottobre del 1558: La Libreria dell Accademia s aperse Luni passato con gran fasto (Sigon. Op. t. 6, p. 999). In essa ancora a fomentare l’unione degli accademici, e ad avvivare le loro adunanze, s’introdusse il! costume d'invitarli a lieti conviti; e di uno dal Badoaro imbandito a tutta l’ accademia parla il Contile in una delle sue lettere de' 3 gennaio 1559 (t. 1, p. 184). Ma appena cominciava essa a dar saggio del molto che dà sì bella istituzione poteva aspettarsi, avvenne cosa che la condusse ad estrema rovina, [p. 257 modifica]rumo | c atterrò del tutto le grandi speranze che se n erano concepite. Come ciò avvenisse, non è ancora ben manifesto; e io non posso che osservare minutamente le diverse notizie che qua e là se ne incontrano. Il Contile in una ! sua lettera de'4 febbraio 1560: Nell' Accademia, dice, si è ritrovato Messer Federigo Badoaro haver fatto sotto il nome di questa honoratissima adunanza cosa, che gli torrà per giustizia l’ honore, et forse la vita. Et promettovi essere stata al mondo gran perdita, che in sì brutta maniera si sia annullata, perciocchè le tante opere promesse pubblicamente sarebbero senza alcun fallo condotte in luce { ivi p. 228). Qual fosse questo delitto del Badoaro, (qui non si dice; ma la maniera con cui favella il Contile, ci rende probabile ciò che il co Mazzucchelli afferma (l. c. p. 32) di aver udito da un ragguardevole personaggio, cioè ch’esso fosse per avventura l’aver intaccata la cassa dell' accademia. Questa nondimeno allora non si disciolse; perciocchè lo stesso Contile, in altra sua lettera de’ 2 d’aprile dello stesso anno, racconta che Consalvo Perez avea fin dall'anno innanzi offerto all accademia l’Omero da lui tradotto in versi spagnuoli, perchè ella il facesse stampare, e che nulla intorno a ciò si era ancora conchiuso (l. c. p. 23y) (*). Forse (*) Pare che il sig. ab Lampillas non voglia persuadersi che Consalvo Perez offrisse nel 1559 all'Accademia veneziana l’Omero da lui tradotto in lingua spagnuola; perchè il facesse stampare. Egli cortesemente Tiraboschi, Voi. X. '7 [p. 258 modifica]258 LIBIIO non si era allora divulgato per anche ti f,,u0 poc’anzi accennato. Ma esso dovette scoprirsi verso l’agosto del detto anno: Che sia successo, scrive il Contile che allora era in Milano a’ 21 d’ agosto (ivi p. 266), il fallimento de /ladoari, dofio/ni,- che ne fui profeta, et come reggente della scienza, che io era, me ne levai, et quello antiveder mio mi darà quel credito ch io desidero. Convien dir nondimeno che al Badoaro venisse fatto allora di riordinare i suoi affari e di provare la sua innocenza j perciocché veggiamo ch’egli sul finire dello stesso anno 1560 fu destinato dalla Repubblica ad andare alla visita di tutti i beni del pubblico e de’ particolari ancora in molte provincie di quello Stato; e ch’ egli prima di partir da Venezia fece il suo testamento, che si ha alle stampe (Mozzaceli. I. cit.), in cui fra le altre cose prescrive a Gianluigi e a Giustiniano Badoaro suoi nipoti il modo con cui volea che l’accademia si conservasse, e le spese che dovean farsi per mantenerla, e nomina ancor gli accademici che la componevano. Ma non durò molto protesta di non voler rivocare in dubbio il passo del (Contile da me accennato, della qual sua cortesia gli rendo distinte grazie. Dice però, ch’egli ha presso di se* quella traduzione di Omero stampata fin dal i553, nè io gliel contrasto. Certo c che il Contile dice ciò che io ho affermato, nè può sospettarsi errore nell' anno, perchè l’Accademia veneziana non fu fondata che nel i558. Forse il l’erez avea ritoccala e corretta quella sua traduzione, c bramava ch’ella fosse stampala; e di fatto nel Catalogo della libreria Smith si vede registrata l’edizione che ne fu fatta in Venezia presso Francesco Rampazzctlo nell'anno i56a. [p. 259 modifica]pi; imo 25 tempo questa tranquillità a cui pareva che l accademia fosse tornata. Il co Mazzucchelli, citando certe Memorie mss. inviategli dal P. degli Agostini, afferma che il Badoaro, per cag ou di questa accademia e per ordine del senato, a' 19 di agosto del 1561 fu chiuso in ¡ingioile, c die faccademia stessa per pubblico decreto fu annullata e disciolta. Questo è ciò solo che sappiam di un tal fatto, intorno al quale io desidero che si producano un giorno più esatte notizie. Certo è che il Badoaro, la cui prigionia non sappiamo quanto durasse, non morì che nel 1593. Ma non so s ei fosse dopo le accennate vicende adoperato di nuovo nei’ pubblici affari. XIX. Oltre a trent’anni passarono, prima che si vedesse quest accademia risorgere a nuova vita. Pur finalmente ella risorse col medesimo nome di Accademia veneziana, e sol per distinguerla dalla prima ebbe il titolo di seconda. Nove ne furono i fondatori che le dieder principio a 21 di giugno dell’ an 1593, cioè Giambattista Leoni veneziano, Vincenzo Giliani romano, Pompeo Limpio da Bari. Lucio Scarano da Brindisi, Giovanni Contarini veneziano, Teodoro Angelucci da Belforte nella Marca d'Ancona, Fabio Paolini udinese, Guido Casoni da Serravalle e Giampaolo Gallucci da Salò. A imitazion della prima, volle essa ancora avere la propria sua stamperia, di cui fu eletto a direttore Andrea Muschio, ed ella ebbe innoltre l'onore che a quella non era stato conceduto, cioè di esser presa sotto la sua protezione dal Senato veneto, il quale volle che nella pubblica [p. 260 modifica]\x. T*irr|*C • j'I'mie P.iJuva. 2^)0 LIBRO ducal biblioteca ella tenesse i suoi letterarii congressi, e nominò sei gentiluomini che ne fossero protettori. Ognuno de’ nove primi accademici ebbe il diritto di aggregare un altro al loro numero, e tra gli aggregati furono Ottavio Menini e Belisario Bulgarini, il secondo dei’ quali all’accademia medesima dedicò nel 1608 le sue Annotazioni sulla prima parte della Difesa di Dante di Jacopo Mazzoni. Queste son le sole notizie che di questa accademia io ho potuto raccogliere, tratte da ciò che ne scrive l’esattissimo Apostolo Zeno (Note al Fontan t. 1, p. 353; t 80), nè io trovo fin quando ella continuasse. XX. Il fiore in cui era l’università di Padova, e l numeroso concorso che a quella città facevasi de’ letterati d’ ogni nazione, diede occasione all*erezione di varie accademie; e tra esse fu la prima quella degl’ Infiammati (a). Leone Orsini vescovo di Frejtis, Daniello Barbaro e Cola Bruno ne furono i primi fondatori verso il i54o. Sopra tutti però sembra eli’ella molto dovesse al Bruno. Egli era nato in Messina, e conosciuto ivi dal Bembo, questi il volle poi seco in Italia, c l’ebbe sempre in conto di amico e compagno carissimo, come in molte sue lettere ci manifesta. Era il Bruno uomo di (a) Più copiose e più esatte notizie ci ha date intorno a questa accademia, agli uomini illustri che ne furono membri, e agli esercizi letterarii che vi si praticavano, l'eruditissimo sig. abate Giuseppe Gennari nel suo Saggio storico sopra le Accademie di Padova, premesso al primo tomo degli Atti della nuova Accademia della stessa città. [p. 261 modifica]PRIMO aGl finissimo intendimento, e a lui principalmente soleva il Bembo dare a esaminar le sue opere, perchè gli additasse se vi era cosa degna di correzione. Egli morì in Padova nel ibfj {V. ¡\lazzucch. t. 2, par. 4, p. 2224)} e una lettera scritta da Girolamo Quirino in tal occasione a M. Giovanni Cornelio principe degl Infiammati ci mostra quanto egli fosse benemerito di quell accademia; perciocchè egli lo dice meritissimo padre di essa, e aggiugne, ch era uno de più splendidi raggi, che la illuminasse, e la rendesse più d ogni altra famosa e chiara (Pino, Racc, di Lett. t. 2, p. 52(5). 11 Quadrio tra questi accademici annovera Alessandro Piccolomini, Emanuel Grimaldi, Benedetto Varchi, Galeazzo Gonzaga, Vincenzo Maggi (t. 1, p. 85), ai’ quali Apostolo Zeno aggiugne Sperone Speroni, Luigi Cornaro e Bernardino Tomitano Note al Fontan. t 1, p. 103; Lettere, del Bonfad. p. 46). Il celebre Luigi Alamanni desiderò egli pure di esservi ascritto, come raccogliam da una lettera che il Dolce scrive a Pietro Aretino (Lettere allAret. t. 1, p. 377), ed egli ottenne ciò che bramava (Mazzucch. t.1, par. 1, p. 253). Ottenne questo medesimo onore, benchè non ne avesse alcun merito, il suddetto Aretino, e abbiam le lettere che egli scrisse agli accademici a’ 29 di marzo dell anno 1541 rendendo lor grazie di averlo ascritto al lor numero (Aret. Lett. l. 2, p. 199). Assai breve però fu la vita di questa accademia, e al principio del 1545 par ch’ essa fosse già sciolta. Così ricaviam da un’altra lettera dello stesso Aretino scritta nel gennaio di quell anno, ove dice: Fui nel [p. 262 modifica]2^2 LIBRO numero della Sanese grande Accademia; </; y„,, w /a catir\'a de la Padovana Infiammata; ma una non conobbi per colpa della gioventù vagabonda, dell altra non gustai per causa del chiaro antivedere del suo disfarsi (l. 3, p. 92). Nondimeno convien dire che in qualche modo ella ancor sussistesse, perchè ne fa menzione il Pigna in un libro composto e stampato nel 1554 (Romanzi, p 99)). Il Quadrio a quella degli’Infiammati aggiugne quella degli Ele\ali, e ilice che Sperone Speroni recitò in essa le orazioni in difesa della sua Canace l. c.); ma Apostolo Zeno ne ha corretto l’errore, mostrando che non ebbe Padova un’accademia di questo nome, e che lo Speroni recitò le dette orazioni in (quella degl’Infiammati (Note al Fontan. t 1, p. 472 J Speroni Op. t 3, p. 251) (n). Di (juella degli Stabili, cli’ei dice fondata nel i555, e di quella de’ Costanti (tì) 11 sig. ab Gennari, poc'anzi citato, ha poi con certissimi argomenti provata l'esistenza di questa accademia degli Elevati in Padova, ed ha mostrato che in essa veramente recitò lo Speroni le sue Lezioni in difesa della Canace; e ci ha data la notizia di più uomini illustri che ad essa furono ascritti. Ma essa fu di assai breve durata. Egli ci ha date innoltre più esatte notizie di quella degli Stabili, che fu fondata circa il 1580. e sussisteva ancora circa il 11> 14- Quella de’ Costanti osserva egli ancora che a poco sicuri fondamenti si appoggia. Parla a lungo di quella degli Etcì ci, e di quella de’ Ricovrati, e più brevemente di alcune altre accademie che furono in Padova. Egli osserva per ultimo che l accademia che volevasi nel i5(>3 risuscitare, era quella degl Infiammati, la qual di fatto in quell'anno risorse col nuovo nome di Eterei, e se ne fece il solenne aprimento nel seguente anno i564* [p. 263 modifica]PRIMO 263 circa il i566, io 11011 ho accertato notizie, Bidello solo che della prima abbiamo menzione in un’orazione che in essa recitò l’an 1601 Vincenzo Contarini in morte di Giovanni Savio (Zeno, l. c. p. 441), il che mi fa dubitare ch’ ella nascesse più tardi; poichè se avesse avuta sì lunga vita, parmi che se ne troverebbe più frequente menzione. Di quella poi de’ Costanti vorrei che si producessero testimonj più degni di fede, che non sono il Beyerlinch accennato dal Quadrio, e il Brancaccini che fiorì alla metà del secolo seguente, citato dal Facciolati (Fasti Gymn. patav. pars 3, p. 210). È certo però, che qualche tentativo, si fece in Padova per rinnovare una non so quale accademia; perciocchè lo Speroni scrivendo a’ 16 di gennaio del 1563 a Bartolommeo Zacco a Padova, mi piace, gli dice, che risuscitiate la vostra morta Accademia (Oper. t 5, p. i53, cd. Veri. 1740). XXI. Più distinte notizie posso io dare dell’accademia degli Eterei, che nella stessa città fu fondata l’an 1563 da Scipione Gonzaga, che fu poi cardinale, e che ivi allor ritrovavasi per motivo di studio. Ne’ Commentarii! inediti della sua Vita, scritti da lui medesimo, il cui originale è presso il P. Ireneo Affò Minor Osservante da me lodato più volte, ei parla a lungo di essa, e del modo con cui la medesima si regolava; e io prego i miei lettori a permettermi di riportarne qui questo passo, anche per dar qualche saggio dell' eleganza con cui egli scrivea: Quoniam vero, dice egli parlando di se stesso in terza persona, humaniores, quas [p. 264 modifica]~£>4 î.ibuo oc ant, li tie ras non i Jetreo sibi ormino deserendas existimabat, commodissimum statuii pri. va!am Academiarn instituere, in qua non sibi solum sed ali is plcrisque da tv tur fàcullas funi stjrli excrccndi, timi quae didicerant, ex Moralibus praesertim, interpretandi, tum denique aliquid et soluta et metrica oratione scribendi. Itaque ad eam rem ex omni studiosae ¡aventi iti s multi Indine ac citi s viri ti ni, et select is iis, qui ingenii acumino, al que ebgantia praecelltre visi sunt, brevi effecit, ut vi girili nobiles adolescentes, quorum postea numeros in dies va Id e auctus est. sua in cani rem dare.nl nomina? seque iisdem le gib us oh striti gì patcrentur. Praccipuum Acadrmicorum institu turn illud erat ut singulis hebdomadis ad Scipionem bis convenirent die Dominil o; itemque eo, qui per hebdomandam Gymnasii professoribus ad animi remissionem d iri consuevit. Ibi ab uno ex Academicis, cui aut sors aut. Academiae praefectus id muneris injunxisset, vel aliqiia Indirbutur O ratio, ut in creaiulis magistrati bus, quod tertio quoque fiebat. mense, vel aliquid more docrorum e suggestu explicabatur eo idiomate j et iis de rebus, quae dicenti cuique maxime piacilissent, diinunodo ab iis disputatipnibus abstineret, quae vel quidpiam obsceni maledictive continerent, vel in scholis ab aliis tradi solerent. Peractis iis, quae ad graviora pertinerent studia si qua carmina latino aut etrusco sermone conscripta in arculam quandam ad hoc ipsum majori cathedrae appositam injecta fuerant, extrahebantur, et elata voce ab eo qui Acadcmiae crai a secretis, Ccnsorum [p. 265 modifica]PRIMO 265 lanieri permissu, recitabantur. Quae res » ufi aiutiton1 s, qui ferme aderant frequentissimi, non mediocriter oblectabat sic tandem aliquod sui monumentum posteris relimquendi universae Acadcmiae occasionem praebuit. Cum enim id al ¡quando in consultationem venisset, viderenturque orationes aliaeque tractationes ab Academicis habitae diligentiorem atque exactiorem postulare censuram, quam quae brevi temporis spatio adhiberi posset statuerunt edendas esse poeticas tantum lucubrationes, ex iisque non Latinas, sed quae Tusco sermone constabant. Itaque selectis paucis quibusdam eas quam emendatissime typis cudendas curarunt Extat libellus sub hoc titolo: Academicorum Aethereorum Carmina, in quo licet nonnulla perlegere quae Sci pio ipse j uven is con seripsit Ncque vero /Etìter cor uni Academiae illud tantum cj'stat vesti fumi, sed ex nonnuilis etiam eruditorum virorum libris Academiae ipsae dicatis licet existimare, quam Celebris praestantium adolescentum coetus ille fuerit. At haec aliquanto post acta sunt Questa narrazione del Gonzaga scuopre l' errore del Quadrio che afferma (t. p. 85) questa accademia non essere stata composta che di undici accademici; mentre da essa veggiamo che venti furono i primi, a" quali poscia se ne aggiunsero più altri, i nomi de quali veggonsi in gran parte raccolti nella Dedicatoria delle Pitture del Doni stampata nel 1564 Tra essi due singolarmente furon poi celebri pel raro loro valore, Battista Guarini e Torquato Tasso. Fu ancora del loro [p. 266 modifica]I.1BJ10 numero Gioachirno Scaino da Salò famoso giureconsulto, a cui dedicando il suo poema latino sulla cultura degli orti, stampato nel Giuseppe Millio Voltolina rammenta una eruditissima dissertazione sul Tempo, da lui in due giorni detta in quell'accademia. Secondo lo stesso Quadrio, quest'accademia durò fino al j<> io. lo non debbo qui favellare di quella degli Oplosofisti rammentata dal medesimo autore; perciocchè essa non si occupava che degli eser cizi cavallereschi. Ma non dee tacersi quella dei’ Ginnosofisti aperta a tempo dello Speroni la quale, benchè propriamente fosse essa pure rivolta all arti cavalleresche, impiegavasi però ancora nelle liberali, e specialmente nelle matematiche, come raccogliamo da un discorso dello stesso Speroni (Op t 3, p. 456). Ad essa debbon aggiugnersi quella degli Animosi fondata nel 1537 da Ascanio Martinengo bresciano, di cui il Riccoboni, che in essa recitò due orazioni, parla con molta lode (de Gymn. patav. l. 5, c. 3) (a), e quella de’ Ricovrati istituita nel 1^99 (Facciol. Fasti Gymn. patav. pars 3, p. 31). La prima di esse, a cui fra (<7) Dell’accademia degli Animosi, e del (fondator di essa Ascanio Martinengo, parla il ch. sig. ab Baldassare Zamboni nella sua erudita, ma poco conosciuta operetta stampata in Brescia nel 1778, che ha per titolo: La Libreria di S. E. il N’. U. Sig. Leoparedo Martinengo (p. 61, ec.) ove degli altri uomini dotti di quella illustre famiglia si hanno scelte ed esatte notizie. Di essa ha ancora esattamente ed eruditamente trattato il soprallodato ab. Gennari. [p. 267 modifica]rnmo a(>7 pii altri furono ascritti lo Speroni, Bernardino Tomitano e Francesco Piccolomini, era più che ad ogni altra cosa rivolta alle serie e gravi scienze; ma ebbe essa ancora breve durata. Finalmente due accademie ci mostra il Quadrio in Este castello del Padovano, dette l'una degli Eccitati, l’altra degli Alesimi (7. eìt. p. Gy). XXII. Tre accademie ci addita il Quadrio in Vicenza (ivi, p. 112), quella de’Costanti fondata nel 1556, a cui Fausto da Longiano dedicò nello stesso anno il suo Dialogo intorno al modo di tradurre, pregiandosi di essere stato ascritto al lor numero, e annoverando i fondatori di essa; quella degli Olimpici, che da lui si dice fondata verso il 1590, ma di cui crede Apostolo Zeno (Note al Fontan. t 1, p. 230) che si trovi menzione in una lettera di Paolo Manuzio de’ 20 di maggio 1555, in cui rallegrasi con Bernardino Partenio, che da quella accademia abbia avuta un’annual provvisione; benchè, a dir vero, il Manuzio nomina ivi in generale l’accademie di Vicenza, e par che debbasi intendere di quella de’ Costanti (Manuz. Lett p. 21); finalmente quella de’ Secreti, della quale io non ho altra notizia. Fra queste tre accademie la prima fu quella che sorse con maggior grido. Il Ruscelli, dedicandole nel 1557 il Dialogo dell'Eloquenza del Barbaro, ce ne dà una magnifica idea, mostrandoci quaranta galantuomini d una stessa Città, tutti nobilissimi, tutti virtuosi, tutti valorosi, tutti amati, et riveriti universalmente, esser mossi ad unirsi insieme, et a fondare un Accademia, nella quale non si faccia altra cosa che esercizii virtuosi XXII. Affjlr«1*10 «li Vlf tiu, di VrtOttf», «I» Brrwu,«. [p. 268 modifica]sC8 libro et nobili, così nell arme, come nelle Lettere, nella Musica, ri iw o^/w o/lra honorata professione et degna donoratissimi et di virtuosissimi Cavalieri. Loda innoltre quell’ accademia, per havere condotti con honorati partiti tanti rari homini in lettere, in arme, in pittura, et in musica, che già abbiano oltre a seicento scudi d oro di salariati ordinarii fuor del numero degli Accademici, et tuttavia sieno in pratica et in maneggio di condurvi degli altri i più famosi che sia possibile. Aggi ugno ancora che trattandosi pochi mesi prima di condurre a Vicenza un letterato di chiaro nome, e di far recitare in quell’anno una commedia, una nobil gara erasi eccitata tra gli accademici. parendo a ciascheduno che troppo tenue fosse la somma del denaro per questi due usi dagli altri proposta; e rammenta per ultimo la solennissima pompa con che fecero celebrare l ottava della Pasqua, alla quale è già vicinissimo a tornare l anno, che fu il dì primo della fondazione della loro Accademia. Questa lettera è segnata a’3 di aprile del 1557, e ci pruova che l’accademia de’ Costanti fu fondata solo nel i55(5, e non nell’anno precedente, come dal Quadrio si afferma. Verona ebbe quella de’ Filarmonici, di cui fu uno de’ primi padri Alberto Lavezzola, che a lei fè’ dono di tutti i suoi libri (Maffei, Ver. illustr. par. 2, p. 405). Essa ebbe principio nell’an 1543, e le diedero origine due congregazioni, emule dapprima nell’esercizio della musica, una detta de" Filarmonici, l’altra degl’Incatenati, le quali nel detto anno si unirono insieme. Nel i54y aua [p. 269 modifica]rumo 2O9 musica si congiunsero gli altri studi, e per promuoverli vie maggiormente, furono a spese dell'accademia condotti con lauto stipendio tre professori, Pietro Beroldo per la filosofia, Pietro Pitato per la matematica, e Matteo dal Bue per le lettere greche; e quindi questa adunanza divenne tra poco una delle più illustri (ivi, p. 389)). In fatti da essa uscirono alcune opere astronomiche del detto Pitato,’e si videro ancora composte per essa prelezioni sopra il Petrarca e sopra Dante, e drammi da recitarsi nella medesima (ivi, p. 385). Salò ancora sul lago di Garda ebbe non una solo, ma due accademie. Jacopo Bonfadio fu il primo a concepirne l'idea. I castelli, ch io fabbrico col pensiero, scriveva egli da Padova a 24 di novembre del 1543 (Bonfad. Lett. p. 66), sono, che io vorrei fare un Accademia sulle rive del Benaco o in Salò o in Moderno ovvero in Toscolano, e vorrei essere il Principe io, leggendo principalmente l Organo d yf ristatile e le Morali, poi attendendo alle altr'c cose pulite, ed a quelle Lettere, che son da Gentiluomo. Così al Benaco vorria onore, ed a me onore ed utile, e quella contentezza insieme, la qual fin quì non ho potuto ritrovare nè in Corte, nè in palazzi de’ signori. Egli non eseguì il suo disegno, ma quasi al tempo medesimo ch’egli ideava un’ accademia, ella fu eretta in Salò col titolo di Concorde, e già fioriva felicemente nel 1545. Circa venti anni appresso, cioè a’ 20 di maggio del 1564, ebbe cominciamento un’altra accademia in Salò detta l’Unanime, a cui poscia [p. 270 modifica]27° LIBRO nel 15^5 si unì ancor la Concorde, intorno alle quali cose veggansi le Note del ch ab Sambuca alle citate Lettere del Bonfadio (p. 113). Il Quadrio pone in Brescia l’accademia de’ Dubbiosi (t 1, p. 59), ec.) fondata dal co Fortunato Martinengo. Ma egli stesso ha poi avvertito e corretto il suo errore, dicendo ch'essa fu da lui aperta in Venezia (t 7. p. 8, i.\). F11 bensì celebre in quella città l’accademia degli Occulti, nel cui nascimento scrisse una canzone Bartolommeo Arnigio bresciano, uno degli accademici, stampata ivi nel 1564 Alberto Lollio ancora vi fu ascritto, e abbiamo un'orazione intorno al fuggir l’ozio da lui in essa recitata e data poi alle stampe. E forse ella è. quella stessa di cui fa menzione Jacopo Lanteri da Paratico bresciano, dedicando il secondo de’ suoi Dialoghi sulla Fortificazione, stampati nel 1557, a Giambattista Gavardo, il quale, dic egli, già da più anni si affaticava a formare in Brescia un’accademia di eruditi. Di questa accademia, e del valore di coloro che la componevano, abbiamo un bel monumento nelle due Raccolte, l una di Poesie latine, l’altra di Rime italiane, stampate amendue in quella città, la prima nel 1570, la seconda nel 1578, a cui si aggiunsero le loro imprese, e i discorsi sopra esse del suddetto Arnigio. Questa accademia, al pari di molte altre, non si sostenne gran tempo; ed essa era già decaduta verso il 1586, nel qual anno una nuova accademia ivi frattanto formatasi, detta degli Assidui, pubblicò una Raccolta di Poesie per la venuta del vescovo [p. 271 modifica]pniMO 3~I Ginnfrancesco Morosini (Quirin, de Litterat. Brix. pars 2, p. 248; Mazzucch. Scritt. ital. t. 1, par. 2, p. iofò) (*). XXIII. Più altre città dello Stato veneto troviam nominate dal Quadrio tra quelle in cui gli uomini eruditi si unirono insieme in cotali assemblee. Egli ci assicura, ma non ci dice su qual fondamento, che un’accademia fu in Belluno l'ondata dal celebre Pierio Valeriano (l. c. p. 54). Così pure ei fa un sol cenno di quelle degl’Illustrati e dei’ Composti raccolte in Adria (ivi, p. 51), la prima delle quali elesse a suo principe Luigi Groto detto il Cieco d’Adria, benchè assente. Ei rammenta ancora quella degli Sventati di Udine (ivi, p. 107), e quella che il co Giovanmaria Bonardo istituì nella Fratta, castello del Polesine di Rovigo, detta de Pastori frattegiani, in cui, oltre più altri, furono ascritti il Domenichi, il Ruscelli, il Dolce, l’Udine, il Toscanella e i conti Sartorio e Francesco Tiene (t. 7, p. 11). Il celebre Bartolommeo Alviano generale de Veneziani, e uomo fra ’l tumulto dell’armi amante ancor delle Mi ise, fu istitutore egli pure di un’accademia, come si afferma dal Giovio nell’Elogio di Giovanni Cotta, il quale dice che’ ei la fondò in agro Tarvisino ad Portum Naonem, cioè, come dal Quadrio s’interpreta (Li,p. 84), in Novale (*) Di queste e di alcune a'tre accademie bresciane di questo e del seguente secolo, più distinte e più esatte notizie si posso» vedere in una erudita dissertazione del ch. sig. (Viiiiubaiista Chiaramonti nel primo tomo delle Dissertazioni recitate nell’adunanza del conte Mazzucchelii, e stampate in Brescia nel 1765. [p. 272 modifica]a73 LIBRO terra del Trevigiano. Ma il co Federico A.1taii di S;d\arolo sostieue che questa accademia ebbe la sua sede in Pordenone nel Friuli (Nuova Racc. d Opusc. t. 1, p. at>8, alni). Checche sia di ciò, alcuni de’ più illustri poeti la onorarono col loro nome, e tra gli altri il suddetto Cotta, il Navagero, il Fracastoro e Girolamo Borgia (4). Trivigi per ultimo ebbe alcune accademie, fra le quali la prima, di cui il Quadrio non fa menzione, fu istituita, coiup narrasi dal Bonifacio (Star. di Trev. ¿.12, ad an. 1S19), l'anno 1519 col favore di Alternerò A vogare degli Azzoni Filosofo, e di Ortensio Tiretto Dottor delle Leggi; e in essa per mezzo di abili professori a tal fine condotti non sol collivavansi le lettere, ma le arti cavalleresche (*) Su questa accademia l'ondata itali’ Alviano, secondo alcuni, in Pordenone nel Friuli, secondo altri, in Noale castello del Trivigiano, alcune sue erudite ed esatte riflessioni mi ha comunicate il sig ab Giambattista Rossi cancellier vescovile di Trevigi poc’ anzi da me lodato. Egli osserva dapprima che dicendosi dal

Giovio nell’Elogio del Cotta, che ella fu fondata
    i3, e eli essi in premio a lui ne diedero la signoria; che perciò l’ accademia non potè ivi essere fondata che dopo la morte del Cotta, e che in conseguenza, se questi fu accademico dell' Al viano, prima che in Pordenone, dovea l accademia aver avuta altra sede; e che questa probabilmente fu il castello di Noale. [p. 273 modifica]PRIMO * 2-3 ancora. Quindi nel 1585 si fondò quella de' Solleciti, di cui fu primo principe Fioravante Avogaro degli Azzoni, ed essa ancora abbracciò parimente le scienze e le arti, come la prima (id. ad un. ¡585; Bure Imi. Commenti Hist. Tarv. p.); c al tempo medesimo Bartolommeo Burchelati eresse quella de' Cospiranti, che solo occupavasi nelle lettere (Barc/iel. I. citi). Ivi fu ancora quella degli Anelanti, fondata non molto dopo, in cui, non già Girolamo, come scrive il Quadrio (t 1, p. 106), ma il detto Bartolommeo Burchelati fu ammesso, e ne fu dichiarato primo orator pubblico (Burchel. p. 716). XXIV. Lo stesso entusiasmo nello stabilire cotali adunanze si sparse ancora in Milano, e nelle altre città che formano quello Stato. L’accademia de’ Trasformati ebbe cominciamento circa il 15 ¡6, e tra poco diede pruove del valore de' suoi accademici, pubblicando nel 1548 alcune lor poesie col titolo di Sonetti degli Accademici Trasformati di Milano. I nomi de;' primi membri di questa accademia si posson vedere presso il Corte (Notizie de Medici milan. p. 83), e presso il Sassi (De studis mediol. c. 10). Ma o un'altra accademia prima di questa fiorì in Milano, o questa era già in fiore prima del i5.j3, e i detti scrittori non ne hanno conosciuto il vero fondatore. Perciocchè Ortensio Landi ne suoi Paradossi, stampati nel 1543, dice: Nè minor spavento mi sento haver nel petto di quella (accademia) di Milano, nuovamente per opera del Sig. Renato Trivulzo fondata (l. 2,parad. 27). Memorie ancor più gloriose abbiamo di quella de’ Trasformati in tre Tjhaboscui, Voi. X. 18 [p. 274 modifica],j74 udrò orazioni di Marcantonio Maioraggio, che n era uno de’ principali ornamenti, dette all’occasion di ricevere nella medesima alcuni ragguardevoli personaggi. Egli la esalta con sonin e lodi, dandole il nome di nobilissima adunanza, in cui il più bel fiore degli ingegni venivasi raccogliendo • rammenta i fin pe’ quali era stata fondata, cioè d’intendere profondamente, di eloquentemente discorrere, e di operare prudentemente; e coll accademia medesima si rallegra che vada ogni giorno crescendo in fama che ogni giorno vieppiù s'accresca il numero degli accademici; e che molti uomini dottissimi di ogni ordine e d ogni grado bramino e chieggano istantemente d’ essere ascritti al lor numero. Non.sappiamo fino a quando continuassero le loro adunanze. Ma sembra che non fossero di lunga durata, e che questa accademia fra non molto venisse meno. Di un'altra accademia formata in Milano ragiona Bartolommeo Taegio nel suo Liceo ivi stampato nel e dice che in essa dieci volte ogni mese si adunavano gli accademici; e che divisa in quelle dieci sessioni ogni sorta di scienze, di tutte ragionavasi partitamente, e sempre in lingua italiana. Di quest’ accademia però, non mentovata dal Sassi, nè dall*Argelati, io non trovo altre memoria. Io lascio in disparte quella de Fenicii in), la Eliconia, ed altre, e quella della della Valle (a) Dell’accademia milanese de Fenicii si posson vedere distinte notizie nel tomo secondo »lei (‘aialogb della Biblioteca Crevenne stampato in Amsterdam nel 1775 (p. 40, ec.). [p. 275 modifica]PRIMO 2-5 ili Bregno, di cui fu principe Giampaolo Lomazzo, e in cui recitavansi componimenti poetici nella lingua propria di quella valle, che volgarmente dicevasi Facchinesca, delle quali abbiamo scarse ed incerte notizie) e quelle che nelle scuole, ne’ convitti, ne’ seminarii furono istituite, delle quali ragiona il Quadrio (t. 1, p. 78). Degna di più special ricordanza è quella che in sua casa eresse Muzio Sforza Colonna marchese di Caravaggio. Ebbe principio a 10 di maggio del i5i)4> c fo detta degl’inquieti. Radunavasi essa ne’ giorni di giovedì, e gli accademici vi recitavano o dissertazioni, o altri componimenti sì latini che italiani; furono ancora scritte e pubblicate le leggi con cui essa dovea regolarsi, e in poco tempo si videro alla medesima ascritti i più dotti uomini che ivi allora viveano, e fra gli altri Giovanni Tosi, Giambattista Visconti, Giulio Arese, Gherardo Borgogni, Giampaolo Casati, Lodovico Settala, Annibale Guasco e più altri, i cui nomi si registrano dal Morigia, che di questa accademia assai minutamente e lungamente ragiona (Nobiltà di Mil. lib. 3, c. 34). Un bell’elogio ne ha fatto ancora il Borgogni, uno degli accademici: Io brevemente vi dirò, che questa (accademia) già due anni sono compiuti fu dal molto favore e della gratia dell illustrissimo et magnanimo Sig. Mutio Sforza Colonna Marchese di Caravaggio in casa sua fondata, con l intervento di molti Cavalieri et altre letteratissime persone, e fu l detto Signor degnamente il primo ad esser creato principe nostro per sei mesi, dopo i (quali gli successe Mons. Toso, [p. 276 modifica]» 2 7^ Libro persona letteralissima. e dopo lui seguì il S ig. Lodovico Riccio, Cavalier di mollo meri lo e di gran valore; e dietro a questi seguì il 'Sig Giulio Aresi de Signori della Pieve di Seveso, e Cavalier di raro e nobilissimo ingegno, e di dolce e affabilissima natura, sotto il qual principato fu egli e l Accademia insieme favorita dalla presenza dei già due. suddetti illustrissimi et eccellentissimi principi, & finito il suo termine gli è di nuovo successo l illustrissimo Sig. Marchese di Caravaggio. Il ora dopo la fondatione fu con molto matura considera fio ne e col consenso di tutti gli accademici pubblicata e stabilita l impresa generale, il cui corpo è quell' istrumento da acqua, che da Maestro Giannello Cremonese fu già in Toledo fabbricato per innalzar l acqua del fiume Tago alla Città, il quale è composto di molti doccioni o vero canaletti, che mossi da un fiume per mezzo d' una ruota l uno dopo! altro alzan l acqua sopra l pi mio <f un monticello, il qual essendo inaffiato dalla detta acqua, si rende oltre modo fiorito, e verdeggiante, e questo è il corpo. Il motto poi è questo: Labor omnibus unus; e l nome degli Accademici è Gl Inquieti (Fonte del diporto p. 26). XXV. Celebre al par di ogni altra accademia fu quella degli Affidati in Pavia, fondata nel i5(3u. Ne parla a lungo il Contile (Ragionamento delle imprese degli Affidati), il quale ancora in diverse sue lettere ne descrive l origine e i felici progressi: Qui si è creata, scriv egli a’ 3 di agosto del i5(Ì2 (Leti. t. 1, p. 389) j un Accademia detta degli Affidati, [p. 277 modifica]prnro iiq ove sono i primi Letterati d Italia, com è il Branda, il Cardano, il Delfino, il Lucillo, il Bobbio, il Corti, il Cefalo, il Berretta, il Bili as chi, il 7.afjiro, e molti altri non men dotti di questi, ma non di così gran nome. Monde* ravvi il modo, che si tiene, le leggi, che si osservano, le /acuità, c/ie.v/ leggono. c/ti ìo«0 j Lettori, e i giorni, che si radunano. Il Sig. Marchese di Pescara è fatto Accademico, ed il Sig. Federigo Gonzaga, e venendo il Sig. Duca di Sessa, si crede che ancor egli vorrà il suo luogo. E in altra lettera de’ 10 settembre dell’anno stesso (ivi, p. 411,): Ringraziato sia Dio, al quale è piaciuto di farmi ricevere nell Accademia degli Affidati, fondata in questa Città già quattro mesi passati, la quale ha sparso in sì poco tempo sì alto nome, che senza paragone si può esaltare per maravigliosa. Siamo più di quaranta: di Jurisconsulti eccellenti e famosi sette, di Filosofi dieci, d altri dotti in più scienze circa quindici; di Cavalieri molti; de Principi alcuni, fra' quali è il Sig. Marchese di Pescara. E a’ 10 di dicembre del medesimo anno (ivi, p. 4 18): In questi giorni sono entrate molte persone degne nell' Accademia, et fra gli altri due Signori Tedeschi nobili e ricchi, l a veramente. crescendo in ogni cosa. Ciò che abbiamo udito dal Contile accennarsi, cioè che alcuni ancor trai principi vollero esservi ascritti, confermasi più chiaramente da una lettera del p ab. Grillo, in cui scrivendo al cardinale Ascanio Colonna, onorato della porpora l’an 1586, lo prega a permettere che gli Affidati lo ascrivano [p. 278 modifica]278 T.THTIO
    il catalogo de’ loro accademici, non fra l numero (delle persone private, ma in compagnia
    delle prime porpore di Roma, de principali scettri d'Europa, e delle supreme Corone dell Universo, delle quali va questa felicissima radunanza fra tutte l altre celebre e gloriosa (Grillo Lett. t. 1, p. 141, ed. ven . 1608) Tre anni soli dappoichè fu fondata quest accademia, cioè nel i.r»65, si stamparono in Pavia le Rime degli accademici Affidati; e altri somiglianti saggi diedero essi de loro studi in altri tempi Quadr. t. 1, p. 80 j t. 7 p. 19 >; e, ciò di che poche accademie posson vantarsi, ella è venuta successivamente durando fino.a dì nostri, e fiorisce tuttora col medesimo nome, e un pregevol monumento del valore di questi accademici abbiam di fresco avuto nella bella ed elegante raccolta di poetici componimenti per la morte del maresciallo Botta, premessovi un eloquente elogio di esso dell' ab Michelangelo Vecchiotti novarese, magnificamente stampata in Parma nel 177.*». Nella stessa città furono le accademie de Desiosi, degl Intenti ed alcune altre adunanze, delle quali si può vedere il Quadrio (ivi) (*). Questo scrittore (*) Dell'accademia pavese degli Affidati, e di quella ancor degl’ Intenti trovasi in questo ducale archivio una informazione stesa non so da chi, e scritta, per quanto sembra, verso!la metà del secolo scorso, la quale, perchè ci dà idea del fiorente stato in cui era principalmente la prima, ho creduto opportuno l inserirla a questo luogo: In Pavia fu anticamente eretta l’Accademia Affidata, nella quale si trova scritta la Maestà del Re Cattolico Filippo secondo. È stata fiorita sempre, fiora [p. 279 modifica]PRIMO 271) medesimo ci dò notizia di quella degli Animosi fondata in Cremona (ivi, t. 2, p. GG) nel i5Go, e delle vicende a cui fu soggetta j di quella che istituì in Como Giambatista Passalacqua gentiluomo di quella città, che dal vicin lago prese il nome di Accademia Laria (ivi, p. G5 j t. 7, p. 9), e a cui dedicando il Minturno la sua Poetica la esalta con somme lodi, e tra i più illustri accademici nomina Alessandro Giovio nipote dello storico Paolo, Benedetto Volpi, il cavalier Luigi Raimondi e Francesco Porta. sono alquanti anni, che non sìe aperta. Di questa ne tratta diffusamente il Sig. Luca Contile, ove spù'ga V impresa di tale Accademia Fioritissima ancora è stata nella medesima Città Vintenta, e in un medesimo tempo fiorivano a mentine, et gareggiavano fra di loro. Questa parimenti cessa al presente. Si facevano in quelle frequenti discorsi, et Orazioni ogni quindici giorni, e molte volte anche più sovente in pubblico, et spesso si facevano private ni una me, et massime per accettare qualche soggetto, quale si proponeva in una raunanza, et poi nella seguente s accettava. Mentre s accettavano Principi, si facevano Orazioni in sua lode. I Discorsi si facevano sopra li Sonetti del Petrarca, Tasso, et versi d'altri Poeti, ovvero sopra altri soggetti. Si componevano nel medesimo tempo versi Latini et volgari, in lode del dicitore o d*altri. Si facevano Orazioni funebri in lode degli Accademici morti. Si mantenevano conchiusioni, alle quali s invitavano talvolta le Dame. S eleggeva un Principe, Viceprincipe, Consiglieri, et altri Ufficiali, Hanno queste raunanze le sue Leggi particolari, delle quali ne darà a V. S. pieno ragguaglio il Sig. Flavio Belcredi, in casa del quale è stata trasferita l Affidata t ed Signor Giulio Sannazzaro. [p. 280 modifica]2^0 LIBRO XXVI. Dell'accademia degl Invaghiti fondata in Mantova nel 1562, e non nel 1550, o nel 1565, come altri hanno scritto, si è già detto nel ragionare di Cesare Gonzaga signor di Guastalla, che ne fu fondatore. Il Castellani scrivendo da Mantova a’ 7 di novembre del! 1562 al cardinale Navagero: Non ignoras#, gli dice (f'pist. I. 1, p. 14)» in hac antiquissima et nobilissima urbe omnes ingenuas# artes#... ac in primis Poeticen mire semper floruisse. Quamoh rem ex praestantioribus ingeniis# ac eruditioribus viris in Principis mei aedibus Academiam ereximus, in qua cum in utramque partem disserendo, tum varios Rhetorum ac Poetarum locos explicando, maxima cum nostra laude ac progressu alternis diebus exercemur. Abbiamo accennata la Raccolta di Poesie che da essa fu pubblicata nel i5(>4 in morte del cardinale Ercole Gonzaga, nella cui prefazione si fa un magnifico elogio del detto Cesare. Gli accademici in quella Raccolta compresi sono Giulio Castellani, Silvio Calandra, Scipione Gonzaga, Gianfrancesco Pusterla, Silvio Pontevico, Giulio Cesare Gonzaga, Stefano Santino, Carlo Valenti, Alessandro Andreasi, Ercole Udine, Ippolito Alterica, Giambattista Susio, il cavalier Nuvoloni, Stefano Guazzo, Marcello Donato, Massimo Fanoni, Carlo/affaldi, Dionisio Preti,, la maggior parte de’ quali son noti ancora per altre opere da essi date alla luce. Il favore di cui costantemente onorolla il suo fondatore, la rendette ne primi anni gloriosa e fiorente al pari e forse più d’ ogni altra d Italia. Moltissime sono le lettere [p. 281 modifica]PRIMO 28l clic si conservano nel segreto archivio di Guastalla, o dal corpo degli accademici, o da alcuni di essi scritte a D. Cesare j perciocché quest1 ottimo principe voleva essere minutamente informato di qualunque cosa in essa accadesse. Quindi troviamo in essa menzione e delle adunanze che si teneano, e delle lezioni che vi si recitavano, e de’problemi, proposti talvolta dallo stesso D. Cesare, che vi si scioglievano, e de’ dispareri che nascevan talvolta fra gli accademici, e de' nuovi accademici che in essa si ammettevano. Alcune di esse appartengono a’ privilegi che ad istanza di d). Cesare concedette loro il pontef Pio IV, e a quello tra gli altri del titolo di conte, o di cavaliere, di cui essi potean venire ono» ati/'Esse ancora ci mostrano l affollato concorso che ad udir le lezioni degli accademici si facea non .solo da’ cavalieri, ma ancor dalle dame della città: Lunedì, scrive Giulio Castellani a D. Cesare a 10 di febbraio del 1564, mentre si metteano la maschera al volto più di xxr Gentil donne per venire alla lezione del Susio, et era quasi piena l Accademia d altri Gentili in ioni ini, fu levata dal Sig. Duca la maschi ra per l' archibugiata tirata al Tal arella la sera innanzi, la quale se di nuovo si concederà da S. E..... si farà la lezione, e spero, che averemo la medesima udienza, essendoci molte, che di desiderio si muovono di venire nell Accademia. I forestieri più illustri che venivano a Mantova, conducevansi, come a raro spettacolo, all'accademia degl'Invaghiti. Il! medesimo Castellani scrivendo a D. Cesare a u5 [p. 282 modifica]di febbraio dello stesso anno della venuta del Conte Geronimo da Montecuccolo col Conte Gasparo Fogliani suo nipote mandati dal Signor Duca di Ferrara per cagion del Battesimo, dice: Io gli condussi Lunedì alla lettione del Dott. Susio, alla quale era similmente il / Vescovo d' Osaro con altri XXV o XXX Gentil huomini di questa Città, la quale tanto piacque loro, che poi hanno voluto intendere minutamente tutti gli ordini della nostra Accademia, et ch'io ci dia alcuni componimenti volgari et latini degli Accademici, come ho fatto, per fargli vedere in Ferrara. L'impegno che avea d). Cesare per questa accademia, era sì grande, ch essendosi veduta una lettera manoscritta del Ruscelli, in cui pareva disapprovare il nome ch essi avean preso degl Invaghiti, egli spedì per ciò solo a Venezia uno degli accademici, cioè Stefano Santini a farne in suo nome con lui doglianza, e a chiederne soddisfazione, e tra le accennate lettere una lunga ne ha del Santini, in cui racconta il suo discorso fatto su ciò col Ruscelli, e cio che da lui avea felicemente ottenuto: Il conflitto nostro, dic egli tra le altre cose, durò più di due ore, nel quale il Ruscelli disse tanta robba, che iti un altro la direbbe in un giorno; et s'io volessi ora raccontare la quinta /iurte de le cianca, eh' egli, per contrappesare a l errore et per difesa sua, spese per celebrar la Casa Gonzaga, mi bisognerebbe passar la misura non sol di una lettera. ma d un libro maggior del suo de le imprese, che sarà come un antifonario. E io ancora mi stenderei troppo a [p. 283 modifica]PRIMO 283 lungo, se tulle riferir volessi le belle notizie che intorno a questa accademia ritrovansi nelle dette lettere, delle quali, come altre volte ho detto, io son debitore alla gentilezza e alla erudizione del P. Ireneo Affò Minore Osservante, che non ha perdonato a diligenza e a fatica per raccoglierle. Fu poi ad essa ascritto Bernardino Marliani, il quale, come da alcune lettere di esso raccogliesi, ne fu rettore negli anni 1574 e 1589) (Marl Lett. p. 139, 128), e in questo secondo anno egli ottenne da d). Ferrante figliuolo e successor di d). Cesare, che a rimettere l accademia nell' antico splendore, da cui sembrava allor decaduta, egli le concedesse di radunarsi nel suo palagio di Mantova. Infatti fra le Lettere mss. di D. Ferrante una ve ne ha de 23 di febbrajo del 1590 agli accademici Invaghiti, nella quale rende lor grazie delle liete nuove che scritte gli aveano della loro adunanza, e si congratula del felice rinascimento della medesima, con altre dello stesso anno e del precedente, nelle quali ordina che ad essa si assegnino alcune stanze del suo palazzo di Mantova, e che le si concedan gli arazzi necessarii ad addobbarle. Del Marliani fa menzione FArgelati (Bibl. Script, mediol, t. 2, p. 864) j Din egli ne ha avute assai scarse notizie, ed ha ignorata l edizion delle Lettere di questo scrittore fatta in Venezia nel 1601, ch è in fatti rarissima. Assai più copiosa e più esatta è la Vita che'io ne ho veduta scritta dal suddetto P. Ireneo Affò, la quale io desidero che venga postatila luce, perchè più altri lumi [p. 284 modifica]LIBRO se ne trarranno e ini orno al Marlianì e ¡ni orno alla mentovata accademia [a). XXVII. Nè privi furono di accademie gli Stati di Parma e di Piacenza. In Parma troviamo gl Innominati verso la metà del secolo xvi, e fino al! cominciar del seguente (*), e tra essi veggiamo ascritti i più dotti uomini e i più valorosi poeti che allor vivessero, come Torquato Tasso, Giambattista Guarini, Bernardino Baldi, Pomponio Torelli, Tarquinia Molza e più all ri (V. Pico, Append. degli Uom. ill p 210; Quadr. t. 1, p. 89). Quest adunanza meritò di essere specialmente lodata dal Tasso con quel suo sonetto che comincia:.Innominata, ma famosa schiera, ec. Un’altra ne fu fondata in Piacenza, che con capriccioso nome fu detta degli Ortolani. Di essa troviamo onorevol menzione in una lettera del Doni, scritta da quella città a’ 3 di giugno del 1543: Di Poeti, dic egli, ceri FAccademia degli Ortolani, nella quale si fanno di belle cose. Lascio andare il legger Rettorica da un giovane dottissimo, il quale si chiama M. Giambatista Boselo. Vi si legge Filosofia, Poesia latina e volgare. Ma Iimportanza c questa, che non ci ha giovane, il quale non faccia opera da per sè, e in sei o otto mesi, ch io sono qui, si trova in essere due libri di lettere, due di Rime amorose, (<i) Questa \ ila è poi stata pubblicata l'anno 1-80. (*) L’accademia degl’ Innominati di Parma non In eretta che verso il i5"4i come ha provato ¡1 chiarissimo -P. Allò nelle sue memorie ilei co. Pomponio I orelli (Nuovo Giorn. de* Leder, d U di. t. 18, p. 1 ^9, ec.). [p. 285 modifica]PRIMO 2^5 un libro dell amor santo delle Monache, quattro gran Dialogi in diverse materie, sei Commedie, e un ì olume di composizioni in generale latine e volgari al Dio degli Orti, e tale, che non basterebbe a portarlo il Cavallo Pegaseo, s’ egli avesse il basto da Mulo (Doni Lett. ed. Ven. 1543, p. 38). Ma ella fu di poca durata, come altrove narra lo stesso Doni (Zucca, Ven. 1565, p. 135). A queste due accademie un’altra ne aggiugne il Quadrio (t 1, p. 53), ch' ei dice fondata in Arquato castello del Piacentino dal cardinale Guidascanio Sforza detto il Cardinal di Santa Fiora, mentre quella famiglia n era signora. Il fondamento a cui egli si appoggia, sono i componimenti latini di Lodovico Cerri medico piacentino, che si leggono in un codice a penna, che fu già del P. Stanislao Bardetti gesuita, ed ora è nell Ls le use. Tra essi uno ve ne ha al detto cardinale, in cui il Cerri loda altamente un'accademia da lui fondata, e descrive quanto felicemente vi si coltivassero gli studi della poesia. Ma da que versi, ch’io pure ho letti, non si ricava che quella accademia fosse in Arquato. Il Quadrio dice inoltre che nelle Rime italiane di alcuni altri scrittori piacentini che si hanno alle stampe in lode di quel cardinale, si fa menzione del torrente Arda, alle cui sponde è posto Arquato. Io non ho vedute tai Rime; e converrebbe osservare se ivi si parli non solo di quel torrente, ma ancora dell’accademia alle sponde di esso raccolta. Altrimenti non parmi che sia abbastanza provata l’esistenza di quest' accademia. [p. 286 modifica]XXVIII. Arcadi-mie di Oeonvu: divinili SleUuu Salili. 286 LIBRO XXVIII. Niuna letteraria adunanza ci addita il Quadrio in Genova (ivi. p. 72), fuorchè quella detta de’ Galeotti, ch è accennata dal Doni. Ma io debbo rammentarne unaitra, clic sehbeu iu di troppo breve durata, dee nondimeno, pel valore di quelli che la composero, aver luogo tra le più illustri. Ne fu fondatore Stefano Sauli patrizio genovese, fratello del cardinale Bandinello che fu celebre a tempi di Leon X, sì per le lettere da lui coltivate non meno che protette splendidamente, coinè pelle avverse vicende a cui fu soggetto pel sospetto in cui cadde di aver avuta parte nella congiura dal cardinale Alfonso Petrucci ordita contro il detto pontefice. Stefano seguì gli esempii di Bandinello, in ciò ch è del proteggere gli uomini dotti, e dell!esercitarsi negli studi delle seria e dell amena letteratura. Egli trattennesi per lungo tempo in Padova, affine di coltivarli con suo maggior agio e quiete, ed ivi amò principalmente il Longolio, cui volle in sua casa, e di cui fu sempre liberalissimo benefattore: Quod ad me atti net, scriveva il Longolio verso il 1517 (Long. Epist. l. 2, p. 269;) ed. Lugdun. 1.542), vivo hic in studis nostris cum Stephano Saulio, viro ea erga me. liberalitate ac benevolentia, ut in re fahi'diari sua nihil suum esse malit quam meum; ea animi moile rat io ne, ut cum me hospitio rece pi nt., inde magnam se arbitiv.trir, atipie edam praeseferat, existimationem accipere; ea porro in litteris vel industria, ut non multum ingenio, quo tume.11 vaici piiirimunì, debere videa tur, vel felicitate, ut incredibile sit, quo jam [p. 287 modifica]PRIMO 287 processerà, et paucis annis perventurus existimetur. La stessa amorevolezza mostrò egli verso di Marcantonio Flaminio, e abbiamo una lettera a lui scritta da Giannantonio padre del detto poeta nel maggio del 1552, in cui gli rende grazie, perchè già da gran tempo tenea presso di sè il figlio (Jo. si ut. Flarnin. Epist. p. 503 ed. Bonon. 1744)* L’amore e la stima ch egli avea per gli uomini dotti, il condusse verso il 1518 all’isola di Lerins, affin di conoscervi Gregorio Cortese, poi cardinale, che ivi era allor monaco; ed è leggiadrissima la descrizione che in una delle sue Lettere ci ha lasciata il Cortese medesimo del piacevole scherzo con cui il Sauli tentò d ingannarlo, spacciandosi per mercante genovese, del modo con cui Gregorio venne a scoprirlo (Cort. Op. t. 2, ep. 24 ed. Patav. 1774)* Quindi la stretta amicizia tra essi, e le molte lettere del Cortese al Sauli (ib. ep. 25, 28, 29), 30, 35, ec.), e una assai elegante del Sauli al Cortese (ib. ep. 46). Ei fu amicissimo ancora di Paolo Manuzio, tra le cui Lettere tre ne abbiamo a lui scritte, che ben ci scuoprono qual concetto avesse Paolo del Sauli (l. 1, ep. 3, 4> r>)• i|1 nna di esse ci rammenta coloro che in Padova solean frequentarne la casa, cioè il Flaminio, Lazzaro Buonamici, Giulio Camillo, e il Longolio; e in un’ altra accenna un opera intitolata de Nomine Christiano composta dal Sauli, di cui egli dice gran lodi, e aggiugne che il cardinale Polo solea pareggiarla a qualunque più pregevole opera degli antichi. Or questi, presi seco il I* ìammio, il Camillo, e Sebastiano Deho 7 e [p. 288 modifica]288 LIBRO condottigli a Genova, e quindi in una sua villa, passò con essi tutta un'intera state, formando un accademia in cui a vicenda venivansi esercitando ed ajutando l’un l'altro nei’ buoni studi. Di quest'accademia parla Bartolommeo Ricci nel suo Dialogo intorno al Giudizio (Op. t. 3, p. 170), e in una delle sue Lettere, ove dice: Quod genus Academiae Stephanus Saulius vir in hisce nostris studis elegantissimus in amoenissima villa sua in agro Gannerisi rum Manti Antonio Flaminio, cumJulio Camillo, ac Sebastiano Delio aliquot menses exercuit, atque exercere perrexisset, si per 1‘ì<u ni ni 1 invaletudinon licuisset (ib. t 2, p. 95). A questo tempo e a queste piacevoli adunanze par che alluda il Flaminio con que’ suoi elegantissimi versi in lode del Sauli, co’ quali io conchiuderò ciò che a lui e a questa accademia ap partiene. Asl tu quein virtù«, generis quem antiqua superbi Ad summos jam nobilitas tollebat hunores, Vi tasti sapiens urbana negotia: mine le Lauricomas inter silvas citriosque nitentes Musarum placidae traducunt otio vitae. Tu gelidam stratus formosi fontis ad undam, Qua leviter cullis iuununmirat un la viretis, Occultas rerum caussas coelique meatus, Quid deceat, quae sint fugienda sequendaque, tractas. Tu magni eloquium Tulli numerosque secutus Condis perpetuis mansura volumina chartis. Nec tamen irriguos hortos ornare colendo. Nec citrium serene, aut buxum tondere coinantem Negligi«  -,. Te juvenis venerande sequar, quantumque benigni Di dederint vitae, contentus paupere tecto Jam vivam mihi secretis inglorius arvis. -, Carm. I. a, canneti 1. [p. 289 modifica]pnuwo 289 XXIX. Rimane a dire delle accademia fondate nelle città che ora costituiscono il dominio della real casa di Savoia. Il Quadrio accenna quelle de’Solinghi e degl’Impietriti in Torino. Ma nè egli, nè alcun altro scrittore, ch’io sappia. di questo argomento ha avuta notizia di un’altra assai più rinomata che verso la fine del secolo si raccolse nella stessa città per opera del duca Carlo Emanuele figliuolo e successore di Emanuel Filiberto. Io ne ho trovata menzione in una lettera di Bonifacio Vannozzi scritta da Torino circa il i585 {a): L'Altezza di questo Serenissimo di Savoia, scrive egli (Leti. (a) Prima di questa accademia un’altra aveane avuta Torino, sconosciuta essa pure finora, e scoperta pochi anni sono dal ch. sig. Vincenzo Malacarne ora professore di chirurgia nell’università di Pavia. Di essa si parla a lungo in un opuscolo del celebre Atanasio Germonio intitolalo Pome ridianae Sessioncs stampato in Torino nel 1580, di cui si è dato un lungo estratto in questo Giornal modenese (t. 39, p. 193, ec.). Avea essa dal famoso giureconsulto Papiniano presso il nome; e benchè fosse principalmente diretta a coltivar gli studj legali, non trascurava perciò que’dell’amena letteratura, e opponendosi ad alcuni i quali avrebbon voluto sbandir dalle scienze la lingua latina, avea fatta, legge che di essa sola si facesse uso. Era essa fondata almen fin dal 1573, come ha poi scoperto lo stesso sig. Malacarne in un altro libro in quell’anno stampato, che contiene alcune Poesie latine dello stesso Anastasio, di Rodomonte di lui fratello e di alcuni altri in lode dell’ Accademia papiniana. Uno de principali ornamenti dell’accademia era Guido Panciroli, allora professor di legge in Torino, e forse dopo la partenza ch’egli ne fece nei 1 '>82, essa venne meno e cessò, poichè non ne troviamo più alcun’altra menzione. Tìrahoscui, Voi X. [p. 290 modifica]39° LIBRO 1 i; p- 112), fui desiderato, che si dia principio a fondar un*Accademia in questa sua Augusta Città di Turino, et n ha data la cura a tre Padri del Gesù di questo insigne Collegio, i quali non so da che allucinati, soliti però a non s abbagliare, hanno fatto gran fondamento nella persona mia 7 caricandomi d'una machina da incurvar le spalle, quantunque gigantesche. S. A. se n è fatto Principe, e Protettore, e Capo, per tirarvi buon numero de' suoi Cortigiani, tanto culti e fioriti nel resto, che, se vi aggiugne l’ornamento delle belle e delle pulite lettere, non sarà Corte in Europa più rilucente di questa, il nostro nome è degli Incogniti, e l'impresa è un Quadro di pittura coperto d'un velo verde: l anima è tale: Proferet aetas, levata da Orazio. Ed a me fu imposto il dover farne una lezione, ec. Nomina poscia il sig. Tesauro nostro Padre o Presidente, ch è probabilmente il co Lodovico, di cui si ha alle stampe qualche operetta in difesa del Marino. Indi soggiunge: Il numero degli Accademici fin qui è più specioso 3 che numeroso; ma si cammina innanzi a gran fretta, e con grandissimi progressi, de’ quali HA. S. mostra sentir tanto gusto, che questo solo ci stimola, e ci sprona a far quasi miracoli. Siamo tre eletti a distendere e formar Capitoli, co quali dovrà reggersi e governarsi l'Accademia; e perchè mi parvero molto acconci quelli della nostra Accademia degl Insensati di Pistoja (il Vannozzi era di patria Pistojese) prego Vostra Signoria a mandarmene una copia quanto prima. E per dirle anco questo qui il mio nome [p. 291 modifica]PRIMO 2y| o cognome o soprannome è de It Abbozzato. Il non trovare però altrove menzione di questa accademia, mi fa credere che qualche sinistro accidente ne arrestasse i più felici progressi. Due accademie troviamo in Casale di Monferrato, la prima detta degli Argonauti, fondata verso il 1540 che prese in ispecial maniera a coltivare la poesia marinaresca, e frutto degli studi di que’ valorosi accademici furono i Dialoghi marittimi di M. Gio. Jacopo Botta zzo, ed alcune Rime marittime di Niccolò Franco, e d altri diversi Spiriti dell’Accademia degli Argonauti, stampati in Mantova nel 1547 Del Bottazzo veggansi le notizie presso il co Mazzucchelli (Scritt ital. t. 2, par. 3, p. 1888), il qual però è a correggere, ove il fa natio di Casal Monferrato. Il Bottazzo era nato in Monte Castello, luogo poco lontano di’Alessandria, e feudo del co Massimiliano Stampa, come egli stesso afferma nella dedica al detto conte de’ suoi Dialoghi, e nel terzo di essi. L’altra ebbe il nome degl’ Illustrati, e se ne dovette la gloria principalmente a Stefano Guazzo, il quale ne ragiona sovente e nelle sue Lettere e ne' suoi libri della Civile Conversazione, e descrive le leggi colle quali reggevasi quella illustre adunanza (V. Guazzo, Lett. p. 314, 368, ec.; Ci vii. Convers. p. 104 ed.Bresc. INel 1567 essa pubblicò una Raccolta di Poesie in morte di Margherita Paleologa duchessa di Mantova e marchesana del Monferrato, e tra gli accademici autori di esse veggiam nominati Annibale Magnocavalli, Annibale Guasco, Gianfrancesco Gambara, il Bottazzo, il Guazzo, Giorgio Carretto [p. 292 modifica]LIBRO e Silvio Calandra. Alcuni altri accademici con altre particolarità intorno a questa accademia si accennano dal Jarchio Specimen Acad, Ital p. 11 ec.). Il Quadrio aggiugne (t. 1,p. 51) che anche in Alba, città essa pure del Monferrato, circa ranno »5^0 fiorì l'accademia degl Inquieti, a cui fu annoverato Gherardo Borgogni. Ma il Borgogni fu certamente nell'accademia di questo nome eretta in Milano dal marchese di Caravaggio, di cui sop» a abbiam fatta menzione (V. Mazz. Scritt. ital. t. 2, par. 3, p. 1596 E io penso perciò, che il Quadrio abbia qui preso equivoco, credendo che l’accademia di cui il Borgogni fu membro, fosse nella patria stessa di questo scrittore che fu natìo di Alba; e questo è pure il sentimento del ch. sig baron Giuseppe Vernazza da me più volte lodato, il quale, benchè cittadino di’Alba, mi ha però sinceramente avvertito ch’ ei non crede ben fondato l’onore che il Quadrio le attribuisce. Nel i5t)6 ebbe cominciamento quella degl Immobili in Alessandria, e in quella occasione Niccolò dal Pozzo fece recitare una sua commedia intitolata lo Scolare, che fu ricevuta con sommo applauso (Ghilini, Ann. dAlcss. ad li. ari.) (*). Finalmente in Novara fiori in questo f*) Alcune più esatte notizie dell’accademia degl’ Immobili fondata in Alessandria mi ha di colà trasmesse il sig. marchese Carlo Guasco. Ella ebbe principio fin dal 1562 per opera di tre di que’ cittadini Guarnero Trotti, Emilio Mantelli e Gianfrancesco Aulari; e ne fu allor direttore il co. Teodoro S. Giorgio di Biandrate podestà della detta città. Fu poscia a miglior forma ridotta nel i5«)6 all’occasione che ivi trovavasi [p. 293 modifica]PRIMO 2,^3 secolo l’accademia dei Pastori fondata da Bartolommeo Taeggio, di cui il Quadrio (t. 1,p. 84), seguendo l’autorità del Cotta, fissa l’origine al 1550. Ma l’edizione delle Rime di M. Gio Agostino Cazza, ossia Caccia, gentiluom novarese, ed uno dei' principali ornamenti della medesima, fatta in Venezia nel 1546, in cui egli si vede aggiunto il soprannome di Lacrilo nel?Accademia de Pastori, ci mostra che se ne dee anticipare il cominciamento di qualche anno. XXX. Così appena vi ebbe città in Italia in cui gli uomini più eruditi e i più colti poeti non formassero cotali adunanze; e l’emulazione che per esse destavasi trai’ cittadini, è certo indizio del grande ardore con cui allora in ogni parte si coltivavan!! le lettere. Il fine che le accademie si proponevano, non poteva esser migliore. Animarsi col vicendevole esempio allo studio, fomentar cogli applausi e ricompensare ancora co’ premj le dotte fatiche, il Cardinal Michele Honclli detto il Cardinal Alessandrino, pronipote «lei santo pontefice l'io V. Ebbe a sua impresa il globo della Terra verdeggiante col motto ner iners senza l’aggiunto d’ immota intrusovi dal Quadrio; e ne fu celebrata solennemente la pubblicar!one il primo di decembre del i5q8. Circa il 1601 fu essa accolta nel suo palazzo, e coi! premura avvivata da monsignor Pietro Giorgio Odescalchi vescovo di Alessandria; e continui» fin verso la fine del secolo scorso a fiorire felicemente, e ad annoverar tra’ suoi soci uomini assai dotti. Essendo poi essa venuta meno, fu rinnovala l'anno 1751 alfoccasion «Iella nascila del reai principe «li Piemonte Carlo Emanuele Ferdinando; eJ ha poscia seguilo a tener le sue adunanze e a vedere in esse raccolto il più bel fiore degl’ ingegni di quella città. [p. 294 modifica]394 LIBRO scoprir sempre meglio i pregi e le bellezze degli antichi scrittori greci e latini, abbellire e perfezionare la volgar nostra lingua, ricercare e additare agli altri il sentiero che più sicuramente conduca alla lode di colto scrittore, di valoroso poeta, di orator eloquente, indagare le leggi e scoprire gli arcani della natura, sgombrare le tenebre fra cui giacevano le antiche memorie, togliere in somma dallo squallore e ricondurre a nuova vita le scienze tutte e le arti. E i cominciamenti di tutte queste accademie furono comunemente tali, che poteano a ragione sperarsene lietissimi frutti. Ma tutto ciò che richiede disagio e fatica, non può sostenersi per lungo tempo, se non si aggiungano stimoli che ne rendano più dolce il peso e più soffribil la noja. Finchè mantennesi vivo quel primo ardore, gli esercizii accademici si rimiravano come un giocondo sollievo delle pubbliche e delle domestiche cure. Ma esso, come suole avvenire, andò scemandosi di grado in grado, e in più luoghi si estinse del tutto. Trattene quelle accademie le quali ebber la sorte di ritrovare nel zelo e nella magnificenza de principi o de magistrati tal sostegno ed appoggio, che la speranza de premii facesse intraprendere con piacere qualunque ancor più penoso lavoro, le altre col volger degli anni o si sciolsero interamente, o non conservaron che un’ombra dell’antica lor forma. Gli sforzi che talvolta si fecero per rinnovare sì giovevoli istituzioni, ebber lo stesso successo; c famor della patria che mosse non rare volte alcuni privati a risvegliare ne’ loro concittadini un lodevole [p. 295 modifica]PllIMO entusiasmo nel coltivare le lettere, non ebbe forza comunemente, che finchè visser coloro i quali con raro esempio n eran compresi. Ma noi qui parliamo de tempi in cui fioriron gli studi, e non dobbiam funestare sì dolce e.sì gloriosa memoria con importuni confronti.
  1. Del fiore in cui erano le accademie di Napoli prima della metà del secolo xvi, abbiamo una bella testimonianza nella Jatrapologia di Gianfilippo Ingrassia scritta nella stessa città nell’anno 1547: Qualis est nunc, dice egli (p. 225), Urbium nobilissima Neapolis, pluribus vel patristorum (praeter publica Gymnasia) proborumque virorum Aradrmiis referta, a adeo ut parietes etiam ipsi, tum Graece, tum Latine (praesertimque potioris Academiae principe, raro naturae miraculo, Francisco Brancaleone tum medico tum philosopho doctissimo) loqui videantur, omnigenam doctrinam virtutemque redolentes, ut ne dum ratione praedita, sed bruta quoque animalia ad disciplinas excitentur.