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PRIMO 309 ridere. Di queste sì liete cene fanno menzione e Valeriano Pierio in una sua oda (carm. 74; ed ven. 1550), e il medesimo Sadoleto in altra sua lettera a Mario Maffei da Volterra, vescovo prima d’Aquino, e poscia di Cavaillon, e morto nel 153“j (l. cit. t. 2, ep. 246,p. 410)> perciocché essi tenevansi non rare volte presso di lui; ed egli n era uno de principali ornamenti; perciocchè, come lo stesso Sadoleto racconta altrove (Op. t. 3, p. i/[6,eil. Veron.)ì avea egli un sì raro ingegno, un’erudizion sì vasta e una sì seduttrice eloquenza, che di qualunque cosa si ragionasse, egli era ugualmente pronto a sostener ciascheduna delle opinioni tra lor più contrarie, e, a guisa di un altro Carneade, allettava insieme e avviluppava co' suoi discorsi per modo, che non ben sapevasi quando ei sostenesse il vero, e quando il falso. Il poc’anzi mentovato Coricio, o, come altri il dicon, Gorizio, soleva egli ancora imbandir cene agli eruditi, singolarmente nel giorno sacro a s’Anna. Ne abbiam la notizia in una lettera di Cristoforo Longolio a Lelio Massimo, che non ha data, ma debb’ essere scritta in uno degli ultimi anni di Leon X, in cui gli chiede se il Gorizio abbia in quell’anno celebrato il suddetto giorno con quel convito imbandito agli eruditi, a cui era solito d’invitarli; o se n'abbia interrotto il costume per non so quale contesa nel precedente anno insorta j o se facendo il banchetto, abbia lasciato d’invitare gli accademici, benchè, dic’ egli, sapendo io bene quanto sia splendido il Gorizio in tali Tnuuosciii, Voi X. 14