Prediche volgari/Predica XLIII

Predica XLIII

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XLIII.

In questa predica si tratta come Dio creò gli Angioli, e come gli uomini di qìtesto mondo participano di loro.

Facis Angelos tuos spiritus, et ministros tuos ignem urentem (Psalmus de Davit, ciij). Le parole prealegate so’ di Davit profeta nel salmo centesimo terzo, e vulgarmente in sentenzia dicono così: Tu Idio fai i tuoi Angioli spiriti, e ministri tuoi pure gli Angioli, fuoco ardente ’. Io ho cercati molti detti, i quali trattano de li Angioli, e non n’ho trovato niuno che parli tanto alto e bene, quanto questo; però che se tu raguardi in questo parlare, tu ci vedi

Primo, in quanto in Dio,

Sicondo, in quanto in loro, e

Terzo, in quanto in noi.

In quanto in Dio vedi, prima, de la criazione loro: Facis Angelos tuos spiritus.

In quanto in loro, quello che e’ fanno: vedi l’amministrazione: et ministros tuos.

In quanto quello che e’ fanno a noi: infocazione: ignem urentem: fuoco ardente1. In Dio creazione: a Dio ministrazione, e in noi infocazione.

E non fate come voi faceste ieri, e non mi pèrdare e non mi lassare; che se tu mi lassi, tu mi pèrdarai e [p. 392 modifica] non mi trovarai; però che questa è una materia sottile e gentile, ed è come una scala atta a volere salire a vita eterna. Chi ha la inteligenzia sottile2, cavi fuore e’ suoi feruzi, e stia attento. Quanto ch’è alla prima parte, che è de la criazione loro, noi la passaremo tosto e breve, però che altra volta ne dissi. E impararai quanta quantità d’Angioli so’, e fa’3 la ragione, se tu puoi, e terrai da mano dritta e da sinistra coll’abaco tuo de le dita e de la mano.

Prima, vediamo della criazione loro, come furono fatti da Dio: Facis Angelos tuos spiritus. Sai come e’ furo fatti da Dio? Dixit, et facta sunt: — Elli disse, e furo fatti. — Questo fu in quanto a la criazione. In quanto a la natura loro, egli gli fece tanto nobili, quanto mai si potesse dire. El modo che Idio tenne, non fu se non — fiat e furo fatti in tanto spazio, quanto a dire Pensa ora tu quanto brevissimo spazio fu lui — fiat. — quello della criazione loro.

Doh, sta’ atento, ch’io ti dirò stamane cose da lecartene le dita!

Elli vi fu anco un altro brevissimo spazio dal canto delli Angioli, chè Idio lo’ de’ libertà d’arbitrio di potere elègiare bene e male, come piaceva a loro. E se volevano fare bene e elègiare di consentire a la volontà di Dio, e Idio li voleva elègiare a tanto bene, quanto è la gloria di vita eterna. E se volevano essere contra a la volontà sua4, gli voleva sbandire e cacciare da tanta felicità, quanta egli l’aveva aparechiata, se avessero eletto l’ubidire a lui. Anco, vi fu un altro brevissimo spazio d’essere [p. 393 modifica] fermati ne la elezione loro: se elegevano d’essere contra a Dio, subito in questa elezione erano confermati. Se volevano elègiare d’essere ubidienti a la volontà di Dio, anco subito erano confermati: in uno stante come elessero, così furono confermati. Dicono e’ Dottori che brevissimo spazio fu la natura loro; breve spazio fu il loro elegere, e breve spazio fu essere confermati ne la elezione loro. E così fu fatto: chè come Idio lo’ diè la libertà dell’arbitrio, subito elessero; e fatta la elezione, di subito furono, confermati chi in grazia e chi in colpa, e brevissimo tempo fu, che ognuno fu posto ne lo stato suo: la parte che elesse la volontà di Dio, in gloria eterna, e la parte che elesse contra a Dio, in pena eterna.

Vediamo di tre stati che ebero5 i buoni:

Primo, de lo stato di natura.

Sicondo, de lo stato di grazia.

Terzo, de lo stato de la gloria.

Prima, de lo stato di natura. Come hai udito, brevissimo spazio fu quello di Dio quando li fece, e feceli tanto perfetti, che potevano cognoscere colla perfezione che era in loro, e co lo ingegno del quale erano pieni, la salvazione loro. Non dico però che non cognoscesse e intendesse e vedesse più uno che un altro: Idio a un tratto fece tutta la natura angelica, ne la quale vi furono Angioli, Arcangioli; e più intendevano li Arcangioli, che li Angioli; e più intendevano e’ Principati, che li Arcangioli; più intendevano e più erano illuminati le Podestà, che i Principati. Anco, più le Virtù, che le Podestà anco, più le Dominazioni, che le Virtù. Anco, più e’ Troni, che le Dominazioni. Anco più e’ Cherubini, [p. 394 modifica] ch’e’ Troni. Anco, più e’ Serafini, che i Cherubini. Questi Serafini hanno più notizia di Dio, che non hanno tutti gli altri. Anco, sopra a costoro creò il Lucifaro, più bello, più nobile, e più cognosceva e’ segreti di Dio, che niun altro che mai fusse creato da Dio. E a lui e a tutti gli altri fu dato quello spazio che bastava a eleggere quello che volessero seguitare co la volontà loro, o essere suggetti a Dio o ribelli a Dio, e sicondo la elezione loro. Idio gli voleva retribuire; e aûta la elezione, subito presero partito, quello che volevano fare; e come stabiliro, così di subito furo confermati. E perchè elessero in due modi, l’una parte essere contra a Dio e l’altra con Dio, furono quelli che tennero con Dio, confermati in grazia, e quelli che tennero contra a Dio, confermati in colpa. E quelli che ebero la grazia, ebero poi la gloria; e quelli che furono in colpa, ebero pena eterna, e quello che elessero, non si potero mai da esso tirare adietro. E qui hai veduto de la natura loro vediamo ora come ricevettero i buoni la grazia.

Vediamo ora come saliro in grazia, che è la siconda particella, e come ebero la disgrazia quelli che furo6 contra a Dio. A xij cap. ne l’Apocalipsis t’è dimostrato il modo; ma Alisandro de Ales tel dice per modo, che meglio il puoi intèndare che ne l’Apocalipsis. Dice che Idio fece e criò la natura angelica, perchè contemplasse la volontà sua e così di subito come furono criati, cominciaro a contemplare la volontà di Dio; e così essendo in contemplazione, e Idio lo’ rivelò come egli voleva pigliare carne umana, la quale era cosa bassissima, molto più bassa che la natura angelica. Come poi disse Davit, avendolo veduto per ispirito di profezia7: [p. 395 modifica] Minuisti eum paulo minus ab Angelis: gloria et honore coronasti eum et constituisti eum super opera manuum tuarum: — Tu l’hai diminuito più basso che li Angioli et hâlo incoronato di gloria e d’onore et hâlo costituito sopra a l’opere delle tue mani. Come costoro ebbero inteso che Idio voleva incarnare e farsi tanto basso, molto se ne maravigliavano. Allora Idio lo’ disse: — Io vi pongo in libertà questa legge: chi sarà quello che si vorrà umiliare al mio volere e adorare l’uomo unito con Dio, sempre starà in gloria in eterna pace; e chi non si vorrà umiliare a questo uomo, sarà sbandito e scacciato da tanta gloria, quanta âranno quelli che ’l vorranno ubidire e onorare e adorare; e chi gli darà contra, sarà messo in affanni e in tribulazione. Tutti quegli che consideraro la sua somma bontà, che a lui si voleva ubidire et umiliare, perchè lui era quel sommo bene da cui procedeva ogni bontà, e considerando che da lui avevano avuta la creazione, proposorsi di volerlo ubidire. E così umiliati accettaro la grazia che lui l’aveva aparechiata; e così ricevuta la grazia, furo confermati ne la volontà sua di sempre ubidirlo, e così data lo’ la grazia, furono confermati di mai non potersi8 pèntare, e così rimasero. Ma il Lucifaro fece l’oposito a costoro con tutti quelli che ’l volsero seguire; el quale non contemplava Idio umanato, ma contemplava sè medesimo, avendo il suo pensiero a l’amore propio, vedendosi tanto bello, tanto nobile, in tanta altezza, che era sopra a tutti gli altri, da Dio in fuore. E perchè si vide in sì nobile stato, ebbe invidia a la natura umana che doveva essere esaltata sopra di lui, ed inde venne considerando sè in peccato di superbia, chè disiderò d’essere sopra tutti gli [p. 396 modifica] altri. E per quella invidia che elli ebbe all’uomo, dice Bernardo che la morte entrò nel mondo: Propter invidiam introivit mors in mundo. Ed inde, salito in superbia, riputandosi essere più bello, più nobile e di più dignità che Idio incarnato, non si volse umiliare a lui; anco volse fare tutto el contrario, chè elli disse: Ponam sedem meam ab aquilone, et ero similis Altissimi:9 — Io voglio pónare la mia sedia da l’aquilone, e sarò simile all’Altissimo Idio. — Come costui ebbe così stabilito ne la mente sua, con tutti coloro che tenevano con lui, vennero a essere contrari a’ buoni; e per questo fu grandissima diferenzia fra e’ buoni, e’ gattivi. E però a xij cap. de l’Apocalipsa dice della quistione e battaglia che fecero insieme: Et factum est praelium magnum in caelo. Michael et Angeli eius praeliabantur cum dracone, et draco pugnabat et Angeli eius; et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in caelo. Dice che — Micael angelo, el quale è interpretato similis Deo, — simile a Dio, — avendo la volontà e lo intelletto sno tutto dato a onore e gloria di Dio, cominciò a gridare contra al Lucifaro e contra a tutti coloro che el seguitavano, e così gli altri Angioli che tenevano da la parte di Cristo Iesu; et avendo cominciato a fare grandissimo romore, subito cavò fuore la bandiera di Iesu, e rizzolla su in alto, gridando lui con tutti i suoi compagni: — Viva Iesu Cristo, Viva Iesu Cristo! — Come il Lucifaro udì quelle grida e vidde quella bandiera, s’aparechiò anco lui per combattere, e cavò fuore la sua spada, e così tutti e’ suoi seguaci; et in questo mode si fece la battaglia in cielo, per la quale battaglia el Lucifaro fu cacciato con tutti [p. 397 modifica] e’ suoi compagni. Et proiectus est draco ille magnus, serpens antiquus, qui vocatur diabolus et satanas, qui seduxit universum. orbem; et proiectus est in terram, et Angeli eius cum illo missi sunt. Et audivi vocem magnam in caelo dicentem: Nunc facta est salus et virtus et regnum Dei nostri:10 E fu gittato giù quello serpente grandissimo antico, el quale s’ingegnava di séduciare tutti li Angioli a suo volere; e quelli che con lui tennero, tutti furo gittati a terra. E come furo così vinti e atterrati, io udii una voce grandissima dal cielo, che diceva: — Ora è fatta la salute e ’l regno e la virtù da lo Idio nostro e dal suo Cristo. —

Dove, se bene riguardi, tu vedi nell’Angioli buoni intelligenzia di verità. Vedici, sicondario, de li Angioli buoni ardore co la buona volontà11. Vedici, terzo, de li Angioli la loro buona facultà.

Al primo, tu ci vedi per la intelligenzia loro uno splendore di verità. Queste furono le lancie e l’altre armadure.

Nel sicondo ci vedi ardore co la volontà tutta data a Dio, a volere sempre onorarlo e seguitarlo e adorarlo. Queste furo le balestra.

Vedi nel terzo facultà, cioè sempre volere stare sugietto a lui, nè mai partirsi dal suo volere. E queste furo le bombarde.

Se voliamo dichiarire bene, tu debbi sapere che ellino ricevettero da Dio grazia di poterlo cognosciare tutto buono; e questo cognoscimento rimase nelli Angioli buoni i quali considerando colui che gli aveva criati tanto puri, tanto lucidi, tanto atti a poterse tutti salvare, [p. 398 modifica] che essi volessero12 amarlo, riverirlo et onorarlo e fare ciò che potessero per lo suo amore. E così per opposito ne’ gattivi, e’ quali non volsero elegere l’ubidire a Cristo Iesu incarnato, lo’ rimase uno cognoscimento obscuro, chè non consideraro la verità, come fecero i buoni. Sai come fecero i buoni? Ellino cominciaro a considerare e a dire fra loro: — Come non doviamo noi umiliarei al nostro Signore, il quale ci ha creati con tanta purità, benchè lui vogli pigliare carne umana, venire in tanta bassezza? Per certo, noi siamo aparechiati a volerlo ubidire e adorare e tenerlo per nostro Idio, come è dovuto. O come âremo tanta ingratitudine? Noi aviamo aûto l’èssare: anco è tanta la sua benignità, che è aparechiato a darci la sua grazia, la quale grazia è di tanta perfezione, che chi ha, non può ma’ capitare altro che bene. Adunque, ubidiallo, e per certo, se noi il voremo ubidire, anco ci darà magior fatto che la grazia. Elli ci darà la gloria, chè possedaremo con lui ogni bene: egli ci farà parte d’ogni suo bene. Adunque, mettiamci a fare per lui ciò che noi potiamo fare. — E così disposti in questo, si fermaro, e questa era l’arme loro, di volerlo ubidire con purissima umilità. È gattivi fecero il contrario; chè quando eglino pensaro che Cristo Iesu voleva pigliare carne, essendo Iddio pigliare tanta bassezza, farsi mortale, volere essere sugetto a tante cose, a fame, a sete, a freddo, a caldo ec., non si volsero mai inchinare a lui; ma stando adunati contra al volere di Dio, così cominciaro a restargli le lancie contra per atterrario. — Oh, dice colui, come può essere che elli vi si [p. 399 modifica] strasse? — Or non ti paia gran fatto che egli giostrasse contra a Dio; però che egli gli era contra. Oh, e’ Dottori hanno giostrato insieme loro in questo mondo, e so’ stati quelli che hanno composto la santa Chiesa co la volontà di Dio! Quanti so’ stati di quelli che hanno giostrato per amore di Dio l’uno coll’altro! Non giostrò santo Augustino e santo Ambruogio insieme? Tu forse vuoi intèndare quando ell’uno era a la fede, e l’altro no? — Io dico quando ognuno era vescovo. — Meglio, chè giostraro per amore di dama. — O questa è ben bella: ellino giostraro insieme per amore dell’anima di Salamone13; che Augustino dice che elli è dannato, e santo Ambrogio dice che elli è salvato; e però giostraro insieme. Ma perchè questa non è cosa diterminata da la santa Chiesa, non ti può fare danno più a crédare el parere dell’uno, che dell’altro; però che questo tuo crédare più all’uno che a l’altro, non ti può fare nè pèrdare nè salvare. Ma di cosa che fusse diterminata da la santa Chiesa, e tu le desse contra, faresti peccato forse tale che tu ti potresti pèrdare. E però se tu credesse, o non credesse a questo o a simile cosa, non ti fanno danno all’anima14. E dico che se fusse stato bisogno a salute15, che e’ si fusse diterminato, si sarebero accordati insieme. Non ârebero mai lassate le cose dubie, anco le ârebero dichiarate. Così anco giostraro contra l’uno all’altro santo Pietro e santo Pavolo, e poi morirono insieme. Or così giostraro insieme gli Angioli buoni e gli Angioli gattivi contra l’uno a l’altro per amore di Cristo Iesu. Quelli che tennero con Iesu, avendo veduto [p. 400 modifica] che a lui si voleva ubbidire e a lui stare sugetto, come colui il quale aveva creatoli e dato lo’ l’èssare così disposti, e Idio gli confermò in quella grazia. E quelli che tennero con Lucifaro, non volendosi sottomettere a la natura umana et adorare Iesu il quale voleva incarnare d’essa, vedendo che ella era stata fatta di loto, dissero: Noi non ci voliamo inchinare ad adorare tanto vile cosa; et in questo stando fermi col pensiero loro, così furo confermati. E perchè i vederi loro furo contrari16 l’uno a l’altro, però stanno tanto contrario l’uno a l’altro. Se ben consideri, l’uno sta in alto, e l’autro in profondo: l’uno sta in colpa, e l’autro sta in grazia; l’uno sta in scurità, e l’autro sta in chiarità. E così hai veduto e inteso de la battaglia che fu fatta in cielo dalli Angioli per l’amore di Iesu incarnato: dove puoi avere compreso qui ne’ gattivi falsità, e di qua ne’ buoni, verità. A me mi pare già ritornata la state! A casa.

Sicondo, come furono i loro vederi, così furo i loro voleri; chè i buoni che erano co la volontà loro pronta, s’erano umiliati al Figliuolo di Dio incarnato e umanato. È gattivi furo contrari a costoro, chè hanno17 il vedere oscuro, così el volere oscuro, che volsero seguitare la volontà del Lucifaro18, il quale non pensava se non al ben propio. E queste furono le balestra, le quali balestra scrocavano contra a Dio: i cattivi co’ desiderii loro, e i buoni le scrocavano contra al Lucifaro. Ma perchè contra a Dio non si può fare nulla che gli possa nuociare, però che egli è somma [p. 401 modifica] potenzia contra a la quale non si può risistere, però che Idio rimase nella sedia sua, nella potenzia sua, cacciò a terra la volontà del Lucifaro e di tutti quelli che tenevano con lui, e dannòli a pena eterna. E i buoni i quali erano pieni d’umilità, volendo stare ubidienti sempre a la volontà sua (e nel pensiero loro era questo, che, se bisognasse, volevano morire per lo suo amore) e Idio li salvò, confermando lo’ questa grazia ne la volontà loro.

El terzo, de la loro facultà e volontà. Essendo i buoni fermi co la volontà umiliati al Figliuolo di Dio incarnato, e stando col capo basso, e quelli che tenevano col Lucifaro col capo superbo et alto, non volendosi umiliare, ne seguì questo effetto. Dice Idio: qui se humiliat, exaltabitur, et qui se exaltat, humiliabitur:19 Colui che s’aumiliarà, sarà esaltato; e colui che se esaltarà, sarà umiliato. E di subito si cominciaro a scroccare le bombarde, e fu fatta una battaglia grandissima con balestra, con lancie, con ispade e con bombarde. Factum est praelium magnum in caelo: — Fatta è la battaglia grande in cielo. — Praelium so’ le lancie: magnum furono le balestra: in caelo, furono le bombarde. Che vuol dire cielo? Cielo è detto a celando: vuol dire che le volontà loro erano contra l’uno a l’altro celate e occulte, che fra loro non si vedevano. Ma a Idio non erano già occulte, però che a lui non si può celare alcuna cosa. Caelum caeli Dominus. — El cielo de’ cieli è il Signore: — però gli è palese ogni cosa.

Praelium. Che cosa è praelium? A premendo dicitur: e come tu sai che si fa, quando voi fate a le pugna, sai, [p. 402 modifica] che l’uno pégne l’altro;20 così facevano costoro in cielo, chè l’uno pegneva l’altro con quanta forza e’ potevano. Prima, co la intelligenzia loro: sicondo, co la volontà, e terzo, co la facultà. Col volere, col sapere e col potere: ognuno ci si metteva con ciò che poteva chi coll’umilità, e chi co la superbia. Ma l’umilità vense la superbia, però che Lucifaro che aveva la volontà sua al ben propio, fu atterrato. E coloro che erano umili e volontarosi alla volontà di Dio, rimasero vincenti; però che doveva seguitare grandissimo frutto per la umilità che ebero. Per la qual cosa si levò21 su Micael umilissimo, el quale è interpretato similis Deo, e disse ad alte voci: — Chi è quello el quale sia tanto ardito, che si voglia assimigliare allo altissimo Idio? Chi è quello che sia tanto perfetto, che si possa adsimigliare a lui? Et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in caelo. Di subito cadde il Lucifaro con tutti i suoi che tenevano con lui, però che non vi fu luogo in cielo che ’l potesse sostenere; e così profondato, fu maladetto da Dio ne le pene eterne, in colpa e in pena con tutta la sua compagnia. E l’altra parte che rimase in cielo ne la volontà di Dio, rimase in benedizione et in gloria eterna. E qui hai veduto la battaglia che si fece in cielo.

Vediamo ora la confirmazione di ciascuno; una prima dei buoni. Dice Giovanni, che poi che e’ fu fatta la battaglia, seguitò che i buoni furono confermati in grazia, e i gattivi furono cacciati in maladizione di Dio. E inde [p. 403 modifica] è detto: Nunc facta est salus et virtus et regnum Dei nostri, et potestas Christi eius.22 Dice che, poi che la battaglia fu finita, fu fatta la salute e la virtù et il regno di Dio nostro, e la podestà e signoria di Iesu Cristo, suo figliuolo. — E seguita poco poco più giù de la vittoria sua, dove dice: et ipsi vicerunt praelium illud23 propter sangninem Agni et propter verbum testimonii sui, et non dilexerunt animas suas usque ad mortem. Propterea laetamini caeli et qui habitatis in eis.24 Dice che la potenzia di Dio vinse il Lucifaro: però dice: et ipsi vicerunt illum. E così cominciaro per la allegrezza che avevano tutti gli Angioli a cantare, a danzare e a giocondare, ringraziando l’altissimo Idio, nel quale era tutta la bontà, tutta la virtù, tutta la potenzia di fare tutte le cose; a la cui potenzia non si poteva risistere, e sentiro dentro in loro tanta letizia, tanto gaudio, che era cosa inestimabile. E sai perchè? Per tre cose che essi compresono in loro:

Prima, vedendosi campati dal male, per la illuminazione che avevano aûta.

Siconda, che per quella illuminazione s’erano umiliati a la incarnazione di Dio; per la qual cosa avevano acquistato ogni bene.

Terzo, che per la umiliazione loro avevano aquistato fermeza per sì fatto modo, che mai non potevano cascare da la volontà di Dio. E per questo erano in tanta festa, in tanta giocondità, in tanta letizia, che non si potevano tenere che non la dimostrassero di fuore; chè ad alte voci cantando dicevano: Facta est salus et virtus et regnum Dei nostri, et potestas Christi eíus: — Egli è fatta la salute [p. 404 modifica] e la virtù e ’l regno del nostro Idio, e la sua podestà. e di Cristo suo; — cioè, ora et incarnato il Figliuolo di Dio e questo verso cantavano tutti gli Angioli per lo amore suo, vedendolo incarnato prima che elli incarnasse. Come si videro campati di tanto pericolo, tutti laudavano e benedicevano Idio che gli aveva aiutati. Eglino si ralegrano, come fece Davit profeta, el quale col suo Saltero cantava e diceva: Laqueus contritus est, et nos liberati sumus:25 El laçcio degli aversarii nostri è rotto, e noi siamo liberati da ogni male. E perchè a la battaglia era posto fine, anco avevano più allegrezza.

Sicondariamente, anco godevano e facevano festa da la grazia, la quale avevano ricevuta da Dio per la illuminazione de la incarnazione del Figliuolo di Dio, chè per mezo di Iesu Cristo ebbero la grazia dal Padre Eterno. Vuolo vedere perchè furono cacciati il Lucifaro e gli altri suoi compagni? Perchè non volsero essere di quelli di Iesu. Adunque, costoro che camparono da tanto pericolo, sì camparo per lo mezo di Iesu; che, perchè ebero fede in lui, e speranza in lui, e carità per lui, però so’ riservati in gloria co la grazia sua. E però è detto: Et facta est virtus. Per la virtù di Iesu sono benedetti e graziosi; che senza la virtù di Iesu ogni cosa è sgraziata26, sì che elli non potevano dire — se noi cantiamo e giocondiamo, noi il faciamo per amore de la grazia che noi aviamo avuta da Dio nostro Signore. — Colui che è in carità, è in grazia di Dio.

Terzo. Ellino godevano, perchè erano posti in pace: dove dice: Et regnum Dei nostri: — Elli è fatto el regno del nostro Idio, — perchè si videro in gloria eterna solo [p. 405 modifica] per l’amore, chè si diero tutti a la volontà di Dio, insegnandoti che tu impari a fare che la tua casa sia uno regno; e così tu cittadino, che tu facci la tua città uno regno, che tu la rega con amore e non con tirannia. Colui che rege con amore, è amato dal signore e dal suddito, dal povero e dal rico, dal cittadino e da il forastiero. O Siena mia, deh, regge con amore e per amore! Che se tu regiarai com’io ti dico, tu sarai amata da ogni criatura; e’ tuoi sudditi sempre ti portaranno fede. E dico così, ch’io mi credo che voi aviate i più fedeli sudditi, che patria ch’io sappi. Io ho cercati dei paesi assai,27 e so come in molti luoghi si fa; e quando io vėgo i vostri sudditi, mai non viddi e’ più fedeli che voi avete, voi. Io ho veduto voltare in altri paesi, per ogni picola cosa darsi a altre genti. Questo mi credo che sia, perchè voi lo’ portate amore. Non si vuole avere il pensiero sempre al pilucare, no. Io dico con amore, con amore. Io vi conforto, che come avete fatto per lo passato, e anco meglio voi facciate per li tempi avenire, acciò che voi andiate di bene in meglio. E se niuna cosa ci vedete male andare, riparate innanzi che ne segua niuno inconveniente. E se voi farete a contrario di quello ch’io vi dico, forse forse che la cosa non andarà bene. Quando io voglio, mi faccio fare intèndare!

Date a quel cane,28 mandatelo fuore, mandatelo di qua: dateli con una pianella. Forse che elli è di quelli che caddero da cielo? Vedi che ci ha voluto dare scandolo! Or così vuole èssare: quando uno cane perde, tutti gli altri gli so’ adosso. Or basta: lassalo andare. A casa. [p. 406 modifica] Al particulare. Vuoi tu che la tua casa sia uno reame? Fa’ che tu governi la tua donna, e’ tuoi figliuoli, e’ tuoi nipoti e chi tu hai in casa per modo, che sia prima laude di Dio, e poi con buoni costumi avezarli alla Chiesa, con timore di Dio, con costumi tutti amorosi. Non si vuole ogni volta pugna, bastone e calci, come molti fanno, no. Se tu avezi la tua famiglia co’ modi, tu farai più e meglio con una miratura29, che col bastone. Così dico a te cittadino, che reggi la città: non usare la tirannia al tuo suddito, ma fa’ che tu il tenga con amore, e lui ti servirà con amore; e così ârai fatto il tuo regno quagiù nel grado tuo, come fu fatto quello lasù nel grado suo. Et factum est regnum Dei: — E fatto è il regno di Dio, tutto pieno di letizia e di grazia e di gloria.

Tutti li Angioli per amore contemplavano Idio, per amore disideravano di fare la volontà di Dio, per amore possedevano la immensa bontà di Dio. Ogni cosa gridava amore, amore, amore, e per questo Cristo Iesu fu fatto loro re. Idio vuole la gente che il vuole seguire per amore, [non la vuole per forza; e così poi lui gli tiene per amore].30 È’t potestas Christi eius: — Fatta è la possanza e podestà di Cristo suo figliuolo. Per la possanza di Cristo ebbero la vittoria della battaglia. Tanta fu la possanza sua, che passò tutte le potenzie; e costoro essendosi umiliati, non tennero nè credettoro nè volsero mai apropriare niuna cosa a loro, ma ogni cosa a Dio, tenendo da Dio la grazia di natura, la grazia della grazia ricevuta e la grazia de la gloria: tre grazie, magiore l’una che l’altra. L’effetto loro era dato tutto a Cristo et in Cristo e per Cristo. Doh, che se io avesse agio, io vi mostrarei [p. 407 modifica] apertamente che tutti gli Angioli che si salvaro e tutti gli uomini che mai si salvaro o che mai si salvaranno, tutti sono salvati per amore del Figliuolo di Dio, cioè de la incarnazione sua.31 Doh, voliallo vedere? Or mi di’: merita Idio d’èssare amato et onorato dalla criatura la quale è stata fatta da lui? Certo, infinitamente merita d’èssare amato, solo per averci dato l’èssare. Ma dimmi: che cosa è più nobile che l’èssare? Sai che cosa ella è? Che senza esso non può èssare nulla. Or pensa tu quanto tu l’hai da ringraziar solo di questo; ma agiógne a l’èssare la grazia che elli ci ha data, quanto merita d’èssare amato più? O, o, o, in infinito!

Oltre. Pensa ora se oltre a la natura e a la grazia elli t’agiógne la gloria, quanto il doviamo più ringraziare? Sai quanto più? Quanto e’ non si può esprimere: più farai col pensiero, che co la lingua; però che la lingua manca: nè anco lo intelletto non è sufficiente a pensarlo; sì che non essendo l’uomo possente pure a considerarlo, pensa come elli è possente ad operarlo. E perchè elli è impotente, chè non può per niuno modo fare tanto bene, che elli possa rèndare grazie a Dio solamente della criazione, che è la minore cosa delle tre, come dunque credi potere rèndarli grazia di tutte e tre, della criazione e della grazia e della gloria? Or non vi pensare, chè mai non potresti fare, e per questo si convenne che Iesu incarnasse. Vedendo Idio che non era possibile che niuno gli rendesse le debite grazie che elli meritava, disse: — egli bisogna pure che e’ mi sia renduta tanta loda, quanta si confa a me, al benefizio ch’io l’ho fatto. Che modo ci è? Bisogna che chi m’ha a [p. 408 modifica] dare grazia, non mi sia obbligato nè di creazione nè di grazia nè di gloria. Non ci è via nè modo niuno, se non solo questo: che bisogna che chi mi vuole ristorare, participi l’umanità e la divinità; e allora questo tale potrà rèndarmi l’onore mio a suficienzia, però che l’uomo solo non è sufficiente. Adunque, io mandarò el mio Figliuolo, el quale è unito con meco, e farollo incarnare, e così incarnato potrà rèndarmi el mio debito, e voglio che elli sia capo di tutte le cose criate: lui sia capo, e li Angioli e li uomini saranno i membri. Tutti loro onoraranno questo capo Cristo Iesu, e Cristo onorarà me, el quale participarà me, e io lui; e per amore di questo Cristo potranno rèndarmi grazie. — Vedendo li Angioli questa volontà di Dio, subito col capo basso umiliati a questo Cristo Iesu incarnato, el presero e tennero e tengono e terranno per loro capo. Non ci era altro modo che questo, che bisognava che fusse uomo chi gli rendeva grazia. E dal canto di Dio bisognava la divinità, acciò che vi fusse la potenzia, e così fu. Adunque, così fatto, egli gli diè la signoria sopra a tutte le cose che egli aveva create, sì della terra e sì dell’aqua, dell’aria, del fuoco, de’ pianeti, de’ cieli, delli Angioli, delli Arcangioli, de’ Principati, de le Podestà, de le Virtù, de’ Troni, de le Dominazioni, dei Cherubini, de’ Serafini, de’ Patriarchi, de’ Profeti, delli Apostoli, de’ Martori, de’ Confessori, de’ Vergini, di tutti e’ Santi e di tutte le Sante e d’ogni cosa criata. Ciò che elli criò, criò per lui, acciò che esso ne fusse signore. Adunque, tu il vedi Signore de’ signori; e però ha tanta preminenzia, perchè elli participa umanità e divinità. E per questo disse Davit: Gloria et honore coronasti eum, Domine, et constituisti eum super opera manuum tuarum. Omnia subiecisti sub pedibus eius: [p. 409 modifica] Signore, tu l’hai incoronato di gloria e d’onore, e hâlo costituito e posto sopra a tutte l’opere de le tue mani, cioè sopra a la natura angelica e umana. Ogni cosa l’hai posto sotto de suoi piedi, e hâlo fatto signore maravigliosissimo. — E come ogni cosa è sottoposta a questo Cristo, così fu lui sottoposto a Dio in quanto a la umanita, e amò e onorò e ubidì Idio suo padre, in ogni modo, in ogni atto, in ogni tempo, come doveva. Et potestas Christi eius. La possanza di Cristo fu cognosciuta da li Angioli buoni, e che Idio voleva che ellino fussoro sotto lui e lui sopra a ciascuna criatura creata. E vedendolo in tanta altezza, in tanta potenzia, in tanta grazia, in tanta virtù, accomunata a lui tanta, quanta n’ha el Padre Eterno, tutti umili a capo basso gli stavano per ubidirlo. E perchè egli prese la natura umana volontario et ubidiente, e prese la grazia di chi l’aveva ricevuta, e prese la gloria di chi la possedeva, e d’ogni cosa rendė grazia al Padre Eterno, fu per questo a Dio datoli l’onore suo, e la criatura criata fece el debito suo al Padre. E Cristo fu solo quello che ebbe a fare questo; e però ebbe la plenitudine di tutte le cose. Et inde disse Giovanni nella Canonica sua, primo32: De plenitudine eius nos omnes accepimus: — De la sua plenitudine n’aviamo ricevuto tutti noi, gli Angioli, gli uomini e ogni criatura criața, per natura et per grazia, alcuni per natura e grazia e gloria. Chi non ha âuto criazione, non può avere nulla. Chi ha âuto criazione può avere grazia, chi ha natura e grazia, può avere gloria, e non può avere gloria chi non ha prima natura e grazia. Che credi che volesse dire Pavolo, quando disse [p. 410 modifica] Christo summo angulari lapide?33 Questo Cristo Iesu è come pietra angulare, non solamente atta a congiògnare il popolo Giudaico col Gentile, ma eziandio l’angiolo coll’uomo; che l’uno è stato fatto in cielo, e l’altro in terra, e lui gli ha condotti insieme, però che per la incarnazione sua ha tanto alzato questa natura umana, che l’ha posta al pari coll’angelica, sempre participando la divinità lui: In habitaculum Dei et Spiritus Sancti34: Ne la abitazione di Dio e dello Spirito Santo —, e per mezo di lui tutti siamo salvi, e angeli e uomini.

Uno dubio dichiariamo prima che passiamo più oltre. Come può elli èssare che li Angioli participassero dei meriti della passione di Cristo, che non era anco fatto nel mondo nè niuna criatura, se non l’angelica natura? Se tu vuoi ch’io tel dichiari, risponde prima a me quello ch’io ti domando, e poi rispondarò io a te. Io domando: quale fu la cagione che i Santi Padri andavano al Limbo, quando passavano di questa vita? Perchè non andavano ellino nello inferno? Io so la tua risposta: tu mi dici che non v’andavano, perchè non erano dannati. E io ti dico, se non erano dannati, dunque erano salvati. Or ti dico così: se ellino erano salvati, in cui virtù era, per li loro meriti? No. O se non era per loro meriti, per cui meriti credi? Non per altri meriti, se non per quelli di Iesu passionato; e per questo Iesu non erano scesi a lo inferno. Vuone vedere la figura di questo? Non hai tu nel Vangelo di santo Matteo, [p. 411 modifica] quando Iesu Cristo andava in Ierusalem la domenica innanzi a la sua passione, quando quelli fu ricevuto con tanta festa, Turbae autem quae praecedebant et quae sequebantur, clamabant dicentes: Hosanna filio Davit, benedictus qui venit in nomine Domini?35 ... La turba che andava innanzi e la turba che seguitava adietro, ognuno diceva: Tu sia benedetto, tu che vieni nel nome di Dio: noi ti preghiamo che tu ci salvi. — Queste due turbe non ti figurano altro che due popoli, cioè el Testamento Vechio e ’l Nuovo: quelli del Testamento Vechio dimostravano tutti coloro che erano innanzi, e quelli che erano con lui e dietro a lui dimostravano il Nuovo; sì che per la incarnazione e morte sua tutti si venivano a salvare. Tutti quelli che prima a la incarnazione erano stati criati e âuta la grazia, vennero a èssare salvi per la passione sua. E così dico delle criature che debono venire, o che so’ state poi, le quali si salvano: si salvano per gli meriti de la sua passione. Sì che per lui Angeli e uomini morti passati, e uomini vivi presenti, e uomini a nàsciare per li tempi a venire, se niuno se ne salva, tutti si salvano per mezo de’ meriti de la passione sua. I primi non si salvaro come venuto, ma come a venire: e’ secondi e’ terzi si salvarono come venuto e incarnato, e così si salvano al presente. Or come hai inteso che niuno si poteva salvare, se a Dio Padre non fasse stato renduto el suo onore, e niuno nol poteva sodisfare se non solo Iesu, participando l’umanità e la divinità, fu di necessità per salvarci che elli incarnasse; e per la pena che dovevamo patire per l’offesa fatta a Dio, lui [p. 412 modifica] la patì, cioè questo Cristo, per noi, e sodisfece e pagò per noi. Or piglia la passione di Cristo, la quale egli patì, e pólla tutta insieme a uno tempo. Fu tanto il merito suo, che si distese a quelli che erano passati, a quelli che erano presenti, e a quelli che dovevano venire, sì a Angioli e sì a uomini: ogni cosa è a lui presente: non sta in lui come sta in noi. Noi aviamo questi tre tempi: lui non ha se non el presente: ogni cosa gli sta presente dinanzi. Ma chi credi che patisse la pena di Iesu? Patilla solamente la carne: la divinità non patì pena nulla: la carne pativa e la divinità faceva che i meriti abondavano in lui per la unione che avevano insieme; e per questo essere unito uomo con Dio venne a meritare tanto, che si distese a tutti li Angioli, a tutti gli Arcangioli, a tutti e Principati, a Podestà, a Virtù, a Troni, a Dominazioni, a Cherubini e a Serafini. Distesesi anco a’ Patriarchi, a’ Profeti, alli Apostoli, a’ Martori, a’ Confessori, a’ Vergini e a tutti i giusti uomini passati, presenti e a venire. E qui vedi come i meriti suoi furo tanto accetti a Dio, perchè egli era Idio. E perchè era Figliuolo di Dio, e perchè era uomo, cioè Idio umanato, con seco aveva divinità e umanità. Aveva in sè divinità36; che sta di sopra all’umanità, che è questa carne. E per questo venne a meritare per tutte le criature criate, e per tuttį i tempi. E per questo sogiógne Giovanni37: Et ipsi vicerunt illum propter sangninem Agni et propter verbum testimonii sui, et non dilexerunt animas suas usque ad mortem. Propterea laetamini coeli et qui habitatis in eis. Dice che, gli Angioli vinsero el Lucifaro per li meriti del sangue dello [p. 413 modifica] Agnello, cioè di Iesu incarnato, per li meriti del suo sangue, e per la parola de’ suoi testimoni, cioè de le parole che disse in croce; e non amarono l’anime loro insino a la morte, cioè che si disposero di morire per Iesu, se bisognasse.

Per la qual cosa rallegransi e godono i cieli e chi abita in essi. — Dove vediamo qui la loro esultazione38 ei loro gaudii, e’ quali so’ tre:

Primo, propter sanguinem Agni.

Sicondo, propter verbum testimonii sui.

Terzo, et non dilexerunt animas suas usque ad mortem.

Doh, non dormire, donna: so’ queste cose da dormire?

Dico che gli angioli si ralegravano, perchè ellino avevano vinta la battaglia e avevano aûta la gloria per la virtù del sangue dell’Agnello, cioè di Iesu. O come può essere questo, che elli non era anco morto nè incarnato, e costoro dicono che hanno vento per la virtù del sangue suo? Oh, e’ non è39 anco stato fatto Adamo, come può questo èssare? Udirâlo più giù. Ma vediamo uno bello dubbio: se Adamo non avesse pecato, sarebbe morto Cristo? Però che qui dice che ne’ meriti del suo sangue costoro so’ campati da la battaglia, e hanno vinto lui. Elli si dice che se Adamo non avesse pecato, Cristo Iesu non moriva. Dunque, pare che Adamo non potesse fare che lui non pecasse, ma più tosto fusse costretto a pecare, e per lo pecato suo Iesu Cristo venisse a pigliare carne e morire. Or non ti partire, e dichiariremo questo dubio, che è bello.

Abbi per fermo e per regola generale, che Iesu doveva incarnare e doveva fare Adamo e dovevagli dare [p. 414 modifica] albitrio di potere fare bene e male, come piaceva a lui; e se elli pecava, doveva incarnare, e se non pecava, anco doveva incarnare: in ogni modo doveva incarnare. Del morire non dico così; che se Adamo non avesse pecato, non bisognava che Cristo morisse: se pecava, bisognava la sua morte. Elli fece Adamo, e dielli el libero arbitrio: col comandamento non si seppe mantenere: cascò in disubidienzia, e fu di bisogno la sua incarnazione per quella disubidienzia; e fu di bisogno anco che egli morisse, per la qual morte doveva tanto meritare, che quel merito si distendesse per insino a la salute delli Angioli. E però fu che dice, che elli volendosi umiliare al Figliuolo di Dio in carne, vennero a prevenire a’ meriti della morte sua: che come videro che, se bisognava, Iesu voleva morire per loro, così loro si missero a volere morire per lui, se bisognasse, e però si missero ne la battaglia. E come Idio si misse a volere morire per salvare gli Angioli, così si misse per la salute dell’uomo, che voleva diventare giusto; chè l’uomo giusto che si vuole salvare, ha quello medesimo nel grado suo, che ebbe l’Angiolo nel suo. L’Angiolo si misse a la morte per amore di Iesu così l’uomo si de’ méttere a la morte per l’amore di Iesu. Quando Idio vidde tanto amore èssarli portato da la natura angelica, pòrse l’ardore de la sua carità inverso loro tanto grande, che tutti inebriaro del sangue suo santissimo, nel quale trovarono40 somma vittoria. El quale sangue non è sparto ancora, ma nella sua volontà, se bisognasse; che come per ciascuno angiolo si sarebbe Iesu messo a la morte, così per ciascuno omo aveva desiderio di [p. 415 modifica] morire, se bisognasse. Ma se Adamo non avesse pecato, non bisognava che Iesu morisse, ma de lo incarnare era di bisogno la sua incarnazione: in ogni modo sarebbe incarnato.

Sicondo gaudio: propter verbum testimonii sui: — Per la parola de’ suoi testimonii. O pecatore, apre la mente tua. Apreti, apreti, apreti! Hai tu udito quando Egli disse quella parola in croce, gridando ad alta voce dicendo: Sitio? Io mi muoio di sete per la salute dell’anime: io muoio di sete per la loro salute? Anco vorria41 morire più migliaia di volte, che non so’ gocciole d’acqua sopra a la terra, [più che non sono fili d' erbe sopra a la terra]42: per ogni anima disiderava di morire per la salvazione sua; imperò che le portava tanto amore, che non curava la morte e la passione; e questo faceva per darle quello premio che lui le poteva dare. E questo vedendo Idio Padre, sì li Angioli e sì le criature umane disposte a gloria di Dio di morire, se bisognava43: però disse el Figliuolo unito al Padre che col corpo aveva la divinità in croce, disse: Sitio: — Io ho voglia di morire per ogni anima migliaia di volte, se ella si vuole salvare: però che chi s’aparechia co la volontà sua di volere morire per me, se bisogna; così io voglio morire per lei, se bisogna. — E in questo modo rende cambio d’amore l’uno all’altro.

La terza particella: et non dilexerunt animas suas usque ad mortem. Intende, che quando eglino videro Cristo volere morire per ciascuno Angiolo, se bisognava, dissero in loro: — Con tutto che noi non siamo mortali e non [p. 416 modifica] potiamo essere anichillati, non dimeno noi desideriamo di morire per te migliaia di volte, se bisogna, come tu desideri per noi. — E così fa una anima innamorata di Dio: non può dire maggior fatto a Dio, che dire: — Signor mio, se è di tuo piacere, anichilami. — Questo disse Davit, quando disse: Ad nichilum redactus sum44: — A nonnulla son redutto. — Però che la sua volontà si misse in tanta bassezza, che non faceva nulla riputazione di sè. E per queste cose sopradette dice Giovanni, seguitando il suo dire: Propterea laetamini coeli et qui habitatis in eis: — Godete cieli e voi che abitate in essi. — Chi sono i cieli? Sono li Angioli tutti: ognuno è cielo: ogni coro è uno cielo. Però è detto: Pater noster qui es in coelis: — Padre nostro, il quale se’ ne cieli. —

Come so’ varî i cori, così sono varî i cieli. Vario è quello de li Angioli da quello delli Arcangioli: vario è quello de li Arcangioli da quello de’ Principati. Simile, è vario quello delle Podestà. Così de le Virtù e Troni e Dominazioni e Cherubini e Serafini: tutti questi cori so’ Beati in gloria. E però Laetamini coeli et qui habitatis in eis: — Ralegratevi, Angeli, e chi abita in essi. — Rallegrisi el cielo de li Arcangioli e chi abita in esso. Rallegrisi el cielo de’ Principati e chi abita in esso. Simile, si rallegrino le Podestà, le Virtù, Troni, Dominazioni, Cherubini e Serafini: rallegrinsi tutti i cieli e chi abita in essi. Anco vi so’ altri cieli. Èvi el cielo delli Appostoli, de’ Martori, de’ Confessori e di tutti gli altri beati. Adunque, rallegrinsi tutti gli spiriti beati; e così è che l’uno gode de l’altro. Li Angioli godono di loro Angioli e di tutti gli altri. Così godono gli Arcangioli di loro e di tutti gli [p. 417 modifica] altri cori, et sic de singulis tutti godono de loro propii e anco degli altri che e’ vegono che godono. E quanto più godono loro, più godono; e quanto più vegono godere gli altri, più ne godono: tutti godono del bene che vegono l’uno a l’altro. E questo vo’ che basti quanto a la prima parte principale, de la loro criazione, come Idio li fece et come lo’ dè il libero arbitrio; e come avendo’ aparechiato la grazia, chi la volse ricèvare l’ebbe, chi non la volse, non l’ebbe. E chi l’ebbe, gli fu confermata, e chi non l’ebbe, fu confermato in dannazione; e chi fu confermato in grazia, possiede la gloria, e chi non ebbe la grazia, possiede la pena etternale. Vede ora la siconda.

La siconda parte principale è della loro ministratione: Spiritus et ministros tuos. O fanciulli che state a l’abaco a imparare, imparate stamane e attendete de la ministrazione che gli Angioli fanno a Dio. Dice questa siconda: et ministros tuos: - E i ministri tuoi. - Guarda in Daniel profeta al vij cap., dove per albaco discrive li uffizî degli Angioli: Millia millium ministrabant ei, et decies millies centena millia adsistebant ei: cioè, - migliaia e milioni ministravano alla mensa di Iesu Cristo; e dieci migliaia e centonaia di migliaia stavano dinanzi a la sua mensa cortese. - El milione è mille migliaia. Io non ti posso se non con ingegno conduciare, che tu m’intenda.

Or fa’ ragione che e’ sia com’io ti dirò. Tre sono i nùmari de la gloria.

Primo nùmaro è lòngo.

Sicondo nùmaro è largo.

El terzo nùmaro è alto.

El primo nùmaro che è lòngo, si è dieci.

El sicondo che è largo, si è cento.

El terzo che è alto, si è mille. [p. 418 modifica] Piglia el primo che è dieci, e pòllo per lo lòngo e agiógne el secondo a quello, e pòllo per largo, e sarà poi cento. Pone poi el terzo per alteza, e sarà mille.

Perchè m’intenda meglio, el primo che e’ dieci, sono l’operazioni che si fanno in questo mondo, o vuoi bone o vuoi gattive, e questo è il nùmaro de’ dieci lòngo.

L’altro si è dilettazione in ciò che ti diletti o in bene o in male, e questo è il nùmaro di cento, largo. El terzo si è cognizione, o buona o falsa, e questo è il nùmaro di mille, alto. E se considari, ogni anima ha queste tre cose: sapienzia, volontà e potenzia.

Vediamo agevolissimamente da intèndare.

La prima è operazione: el nùmaro lòngo che fa dieci. Questo dieci ti dimostra e’ dieci Comandamenti de la Lege, e’ quali tu se’ tenuto di’ seguitarli per comandamento di Dio; e’ quali se non gli aôperi, mal per te. Udisti mai dire che Adamo ebbe da Dio dieci grazie nel tempo de la sua innocenzia, le quali per lo pecato le perdè?

La prima fu che elli sapesse fare bene.

La siconda, che volesse fare bene.

Terza, che potesse far bene.

Quarta, discernesse el far bene.

Quinta, premeditasse di far bene.

Sesta, operasse il far bene.

Settima, vedessesi insufficiente a far bene da sè.

Ottava, che temesse Idio, se non facesse bene.

Nona, che egli amasse Idio che gli aitava a far bene.

E decima, che tutto il suo ben fare che egli il dirizzasse in Dio, cioè che elli il facesse per suo onore. Le quali grazie per lo pecato de la sua disubidienzia tutte le perdè, però che elli fece il contrario di quello che Idio gli comandò. [p. 419 modifica]

Or vedete queste dieci grazie a voltarle a contrario, cioè che quello che è di Dio, tu l’attribuissi a te, e vedrai come la cosa andarà. Oh, egli è il gran pecato l’amor propio! Se tu aôperi queste cose a onore e gloria di Dio, mai non puoi errare: se l’aôperi a tuo ben propio, mai non puoi fare ben niuno. Tu debbi comprèndare che Idio sommo bene, dal quale vengono tutti i beni; e se tu avessi il pensiero e tenesse che niuno bene venisse da te, non vedi tu che tu t’atribuisci quello che è suo? Da te so io bene che non può venire altro che male, e da lui non può venire altro che bene. E però ogni bene che ti viene fatto, fa’ che tu ne renda grazia a lui, chè da lui venne. Così dico d’ogni bene de la terra che tu hai, o vuoi guadagnato o non guadagnato; in ogni modo che tu l’hai, rendene grazia a lui. Quale credi tu che fusse la cagione che Idio comandò che a lui si desse la Decima? Vuolti dimostrare che ogni cosa viene da Ini, e vuole che tu la riconosca da lui. E però vuole ogni cosa la Decima. Ode Davit, se ogni cosa viene da lui: Domini est terra et plenitudo eius45: Del Signore è la terra ciò che in essa è. — Però t’aviso che tu dia la Decima; ricognoscendo da lui el bene che tu hai.46 Se vuoi che ogni cosa ti vada prospera47, che d’ogni bene che tu hai, che tu ringrazi Idio, e ogni bene che ti viene, ricevelo da lui; e come tu il ricevi da lui, così ne dà, e come lui ha ordinato, così mette ad effetto. E se tu non la dai, a casa calda n’andarai.

O cittadini, oh, voi avete si condutta la decima, che [p. 420 modifica]

non decima, no, nè quinquagesima, nè centesima parte non ne rendete! O credete voi che Idio ve ne facci di meglio? Peggio, che io ho intesa cosa che io non la sapevo, e volentieri l’ârei detta ne la sala del Consèglio, quando io vi predicai. Ho udito che so’ certe chiese, che so’ tanto venuto al debile, che non possono pagare quello che l’è stato imposto che paghino per lo Studio48. Io vi dico che voi non fate bene a fargli pagare, e saretene anco pagati per iudicio di Dio; chè non che voi le doviate fare pagare, ma eziandio sete tenuti di trarle di debito. Sapete che vi dico? A la barba l’avete! O se elle so’ tanto debili, che elle non possono reggere el prete, come lo’ ponete anco graveza? — Or passiamo via.

Hai el nùmaro longo ch’è dieci. Vede el nùmaro largo che è dilettazione, che fa el nùmaro di cento. E sai come tu farei questo cento? Fa’ che d’ognuno tu ne facci dieci, cioè che ogni cosa dirizi a Dio, e fa che tu ne facci due parti di questo dieci, cinque e cinque: e’ primi cinque so’ in quanto a la innocenzia e gli altri cinque in quanto a la giustizia. Prima vediamo e’ primi cinque, e intendeli bene, e poi vedremo gli altri cinque.

Prima vediamo i primi cinque. Bisogna che tu oda el comandamento di Dio e volontà di Dio. Non sai tu quello che Idio t’ha comandato? — No. — Or va’ e odelo a la predica, però che questo è il fondamento [p. 421 modifica] la tua salute. Poi che tu l’hai udito, e tu entri nel sicondo. El sicondo è, che udito che tu hai quello che piace a Dio, che tu proponga di farlo per lo suo amore. Terzo, che poi che tu hai proposto in te di volerlo fare, che tu preghi Idio che ti dia grazia di farlo e di mantenerlo in opera.

Quarto, che poi chè tu hai fatto contra al volere di Dio, che tu te ne penta, che âresti potuto fare dimolto bene, e tu hai fatto dimolto male. Quinto, che poi chè tu hai udito el comandamento di Dio, e proposto di fare ciò che ti comanda, e pregato Idio che ti dia grazia di oprarlo, e pentutoti del mal fatto, che tu t’astenga per lo advenire e che tu non caggi più per malizia: se pure cadi, e tu ti rileva. E questi so’ i primi cinque, che apartengono a la innocentia. Vede gli altri cinque che apartengono a la giustizia49.

Primo, oprare la volontà di Dio, poi che tu la sai, e in quello avere il pensiero solo per suo amore. Sicondo, che tu perseveri nel bene, il quale tu hai principiato, infino a la tua fine. Terzo, che tu sia nigrigente50 a fare o voler fare contra al comandamento di Dio. Quarto, zelare nel volere e nello onore di Dio, e per lo suo amore non potere sofferire di vedere nè udire niuna cosa che sia contra a la volontà sua.51 Quinta, dilettarti con dolceza grandissima in tutti i suoi Comandamenti; e più essere contento d’oservagli l’uno di che l’altro. E perchè meglio tu m’intenda, ridicialli e dicialli e sopradicialli.

A ognuno de’ Comandamenti di Dio si possono ponere questi dieci ordini. Se ci sarà niuno che vogli [p. 422 modifica] essere di quelli di Dio, li metterà in opera. Tu hai udito il primo comandamento, el quale dice, crede in uno Idio solamente. O servo di Dio, sècci?. Dice colui che è servo di Dio: — Io voglio solamente crèdare in lui e non voglio credare alli incanti nè a le fantasie: io voglio tenere quello che tiene la Santa Chiesa; s’io ho fatto per adietro cosa che sia contra a Dio o a la Chiesa, nol farò più. Non porro più el maio per calendi magio a l’uscio o a la finestra, e sappi che chi sel pone, pecca mortalmente.52 Se non credi a me, và cerca Agostino nel Dicreto, dicendo che questo è venuto da’ pagani e è cosa erronia e mortalissimo peccato. E così avendo il primo comandamento, e tu vieni al sicondo. El sicondo dissi che, come tu sai quello che Idio ti comanda, che tu ti proponga a farlo e a observarlo. Terzo, che sempre tu preghi Idio che ti dia grazia che tu gli metta in opra. Quarto, che tu ti penta del malfatto e del bene non fatto. Quinto, che tu t’astenga per lo avvenire di non fare contra al volere di Dio; e questi so’ i primi cinque: gli altri cinque.

El primo, che con operazione tu facci la volontà di Dio, e a questo sempre il tuo pensiero estia attento. E da questo tu vieni al sicondo, proponendoti d’oservarli sempre, nè mai da essi partirti, non andando dietro a li incanti ne a’ brevi, che dicono che chi il vede, non. è cieco: tu m’intendi bene.53 Da questo entri nel terzo, che tu ti fuggi da questi tali pensieri, ma sempre stai [p. 423 modifica] fermo nell’onore e gloria di Dio. Da questo vieni al quarto, che diventi zelante ne le cose che so’ gloria di Dio, e non puoi sofferire cosa che sia contra all’onore suo. E da questo salti nell’ultimo, che tu ti contenti ne’ Comandamenti suoi più l’uno dì che l’altro, nè mai da essi ti vuoi partire, ma sempre seguitarli con fede e con purità. E così hai veduto dieci ordini e modi sopra al primo comandamento.

Hai tu posto mente a questo ordine? El primo fu udire, e per quello udire credesti. Dal crèdare ti venne il desiderio: fu anco meglio. El terzo, che invocasti l’aiutorio divino: meglio. Quarto, ti pentiste del mal fatto: anco fu meglio. Quinto, che tu t’astieni d’ogni male fare: anco è meglio. E avuti questi, e tu hai la fede dentro in te. Vieni agli altri cinque, anco migliori. Primo, tu aôpri la volontà di Dio: buonissimo. Sicondo, perseveri in essa volontà: anco è meglio. Terzo, stai saldo a non voler mai farli contra; meglio. Quarto, quando tu se’ qui al zelo di Dio, tu ti fai beffe d’ogni cosa mondana: quando tu odi che niuno usa la incanta, tu t’infiami per amore di Dio, scacciandolo; non potendo nè udire nè vedere, perchè elli tolle l’onore a Dio. E così giògni all’ultimo che è la dolcezza, chè ogni cosa ti pare dolce de’ fatti di Dio. E come vedi el primo Comandamento, cosi è il secondo. Che dice il sicondo Comandamento? Non assumes nomen Domini Dei tui in vanum54: — Non ricordare el nome di Dio invano. — Ogni volta che tu ricordi il nome di Dio invano, ogni volta el bastemmi; e però guardatene, e tu ti guarda di non ricordarlo. Come tu se’ insino a’ qui, che tu sai [p. 424 modifica] che tu non lo debbi nominare invano, allora e tu ti prepari e proponi di volerlo fare; e da quello e tu vieni a pregare Idio, che ti mandi la grazia. E da quello e tu vieni a l’altro, cioè del mal fatto ti penti e confessitene, e duolti che non hai fatto del bene. E da questo tu vieni a l’altro, che tu ti guardi di non cascare più in cosa che sia contro a Dio; e come tu se’ venuto insino a qui, allora e tu se’ nella innocenzia. E da questo vieni alla giustizia delli altri cinque.

Prima, vieni a la volontà.

Da la volontà vieni a perseveranzia.

Da la perseveranzia vieni al cognoscimento di nigrigenzia.

Dal cognoscimento di nigrigenzia vieni al zelo di Dio; chè udendo nulla contra a Dio, non lo puoi sofferire. E dal zelo vieni all’ultimo, che ogni cosa che tu fai, tu n’ai dolceza per lo amore di Dio. E così hai veduto l’ordine del primo e del sicondo Comandamento di Dio.

Vieni ora al terzo che dice: Memento ut diem sabbati santifices: — Che vieni a guardare el dì de la festa comandata.

Sicondo, ti proponi.

Terzo, ti racomandi a Dio.

Quarto, ti confessi, se se’ stato trasgressore.

Quinto, t’astieni per l’avenire e te ne guardi.

E questi so’ quelli della innocenzia.

Gli altri de la giustizia.

Tu guardi la festa con volontà.

Perseveri non otto dì, no, ma sempre.

Stai saldo e fermo nel volere di Dio.

Hai il zelo in ciò che comanda.

E poi godi e ralegriti di ciò che t’ha comandato, e fâlo volentieri a sua loda e gloria. [p. 425 modifica] Così come hai questi tre Comandamenti veduti per ordine, nel medesimo ordine piglia tutti gli altri; e se fai bene la ragione, tu giògni al cento.

Vediamo ora el resto che è mille.

Questo va in sù! El mille significa intelligenzia. Se vuoi trovare el mille, piglia una de le cento, qual tu vuoi; che come tu n’hai una, così l’hai tutte.

Prima udire la sapienzia de la fede cristiana, la quale fede viene da lo intelletto, chè non si può imparare, se prima non s’ode.

Siconda, levar via tutte le passioni de la mente.

Terza, levar via le cose sensibili, e andare cercando le insensibili e spirituali.

Quarta, cognoscere le cose spirituali da le cose sensuali.

Quinta, conoscere el vero dal falso. Queste apartengono a la scienza del vero.

Queste altre apartengono a cognoscere per visione.

Prima, dilettarti de la verità.

Siconda, empirti di quella verità.

Terza, quietarti in quella verità.

Quarta, illuminarti con cognizione in essa verità.

Quinta, crèdare con ferma fede in essa verità.

Donna, se mi vuoi intendare, voca virum tuum. Intende, e sta’ atenta; e se tu mi lassarai, io lassarò te, e non m’intendarai. El nostro intelletto a volere che egli abbi cognoscimento d’intèndare, conviene che prima egli oda, e poi che egli ha udito, e egli lo impara: che se non avesse udito, nol poteva imparare. E però è detto: Fides ex auditu percipitur. — La fede si riceve per udire. — E perchè la mente nostra è involta in tre cose, dolore, godere e temere, quando colui studia e egli ha dolore, [p. 426 modifica]che si ricorda della sua smemorata55. Simile, colui è in dolore e affanno in casa sua, e così a la bottiga, e colei l’ha al filare. Se tu levi via queste cose a la mente, ella viene subito ne la quiete e pace. Come tu hai questa mente levata da queste cose basse, subito tu la puoi mandare a le cose alte; e levandola tu a esse, subito vieni nella sapienzia perfetta e vera56; chè con tutto che tu oda coll’orechia tua, subito lo intelletto va a considerare le cose più alte, che quello che hai udito o veduto qui in questa basseza. Quando io vi predico, dimostrandovi talvolta, per essempro, de le cose visibili, e lo intelletto alza su alto a le cose invisibili. Così quando e’ si parla del Corpo di Cristo, dell’ostia consecrata, el quale non si vede, anco vedi solamente l’ostia bianca e tonda, non vi vedi altro: ma colui che gusta di quella vera sapienzia, di subito alza su lo intelletto, non avendo il pensiero solo a quello che si vede, ma a quello che è nascoso sotto quella spezie; e non adora quello come si vede, ma adoralo come quello che è invisibile a noi e non si vede, guardandosi di non cadere in idolatria, non adorare mai quella biancheza nè quella tondeza nè el sapore: così non adorare quella lucidezza che vedi del calice, non adorare il sapore del vino nè l’odore; e ma va dietro a le considerazioni di quello che sta dentro in quelli accidenti. Sursum corda: — Aviate il cuore57 in alto a Dio; — non aviate il cuore basso a le cose mondane. Quante so’ di quelle che vanno a la messa, che lo’ pare mille anni che il prete l’abbi finita58; e quando il prete dice [p. 427 modifica] [al popolo] Sursum corda: — Levate i cuori vostri a Dio e all’ alte considerazioni, — e elleno forse hanno il cuore al pignatto che elleno hanno a casa. L’altro è che bisogna avere el pensiero e la mente a premeditare le cose spirituali; e non sempre a le cose terrene. Questi che so’ in questa grazia, hanno compreso quel detto di Pavolo: Nostra conversatio in coelis est:59 — La nostra conversazione è in cielo. E però si dilettano più ne le cose celestiali de lo spirito, che ne le cose sensuali de la carne. E da questo vieni a cognoscere il vero dal falso, però che quando elli pensa l’avere aúto il pensiero suo a le cose basse e vane, ne gli duole e incresce, e per lo avenire si leva da essi, e atacasi al pensare le cose divine, però che queste truova essere più vere e più sicure e più perfette. Doh, vede dove io vo? Hai tu veduto donde venne el principio? Solo venne perchè elli udì la verità, cioè quello che piace a Dio; per lo quale udire elli comprese che quello che aveva udito era vero, e levossi da quelli che erano vani pensieri, e seguitò i veri. Poi venne, che si misse nel pensiero de le cose superne, e poi cominciò a cognoscere queste cose spirituali a intendarle. Quanta letizia ho io talvolta in me medesimo nel mio predicare! Qual credete voi che sia la cagione che talvolta io dico: — caccia via quel cane! - o, io dirò chi toca qui! — Non pensate che il cane mi facci uno grande affanno a me per vederlo; ma io il fo perchè voi siate spicati da quelle cose che vi possono noiare lo intelletto a non intendarmi, e che vi possono. fare vagare la mente. E come la mente è così libera senza altro impedimento, ella m’intende chè non mi perde mai. Ella ha aperto lo intelletto per modo che [p. 428 modifica] sempre saglie in su, e vede molto ben lume. Ella cognosce il bianco e cognosce il nero: cognosce il bene, e cognosce il male. Ella cognosce chi fa e’ leciti contratti, e chi non gli fa. Ella cognosce ciò che egli fa lui, e anco cognosce ciò che fa un altro. Credi tu che ’l mercatante cognosca se elli fa male quando elli vende più la sua mercantia, più a credenzia che a contanti? — Certo no. — Sai perchè? Perchè elli non ha meditato.

El vero gli pare falso: el falso gli pare vero. Se avesse fatto come doveva, non sarebbe stato ingannato come elli è chè infine n’ârà a rendere ragione al sommo giudice.

E qui hai potuto comprendere cinque atti di discrezione i quali ti dimostrano el vero dal falso, cioè:

Prima, udire.

Sicondo, levar via le passioni.

Terzo, andare da le sensibili cose a le insensibili.

Quarto, sempre ne le cose spirituali pensare. Vieni al quinto poi, e ’cognosci il vero dal falso. E inde santo Agostino riprendendo la mente, la quale è più gentile, dice che quanto è più atta a le cose superne, meno si diè impacciare a le cose basse e carnali.

Queste che seguitano so’ da tocarle con mano: come tu sai chu molte cose si dicono in predica le quali si tocano con mano.

El primo è dilettarsi nel vero che altri ode; el quale elli senza fallo cognosce essere così. Io cognosco tal volta colui che m’ha inteso, quando io dico una cosa: e vegolo negli atti di fuore quando egli la toca con mano. Questo solamente è per l’aumentare de le ragioni, che vego che tanto gli piacciono che ne piglia diletto, e intendemi a ciò ch’io il voglio induciare.

Sicondo è, chè poi che egli ha udito e inteso, e’ egli [p. 429 modifica] s’empie60 la mente di quella verità radiosa, come facevano i dottori che se n’empivano tanto di dentro e di fuore, che volevano che ella radiasse in ciascuno. Chi era capace, subito intendeva; chi non era tanto capace che potesse intendere, l’era dimostrato con assempli tanto chiari, che abilmente potevano poi intendere.

El terzo. Riposarsi in quella tal verità senza cercare alcuna contradizione per paura di non tornare a la casa antica de la scurità, ma sempre avere il pensiero a quella vera felicità e requie e consolatione; e in quella godere, non tornando mai a la casa dove prima abitava.

Quarto. Quando la mente è venuta in tanta inluminazione di verità, et intende de’ fatti di Cristo e de la fede sua, e de le sue operazioni d’ogni atto, e d’ogni fatto che mai elli fece, e del Nome suo santissimo che è di tanta alta amirazione, allora questo tale è quasi in beatitudine in questa vita: elli specula la gloria di vita eterna, e ine si riposa.

Quinto, è credare con fermissima fede. Tenga quello che di sopra ha veduto, e non vada cercando più in là, se si vuole salvare; ma sempre stia cor una fermeza d’animo, che prima che Elli61 voglia tenere o credare a cosa che sia contra a la fede, o cosa che abi lassata Idio che si facci; prima volere andare a l’inferno, che lassarla. Quello è il vero fedele e servo di Dio, il quale sempre sta fermo in sino a la fine, facendo sempre i comandamenti suoi senza nulla dubitare, come fece santo Pietro e santo Paolo. E chi sta in questa fermeza, riceve uno dono da Dio tanto maraviglioso e grande che ’l fa vivere molto lieto e baldanzoso. Che gli nasce uno [p. 430 modifica] lume di verità tanto grande nell’anima che mai non può dubitare, ma sempre essere certo de la fede sua62. De’ quali dieci vederi e grazie el sommo di tutti è la fede. E come hai veduto di questo uno, così puoi pigliare nel predetto modo ognuno de’ cento con queste dieci perfezioni, e ârai fornito il numaro di mille: intelligenzia.

Tu hai veduto il numaro alto, e ’l numaro largo, el numaro lòngo.

Chi fusse quello che volesse andare abbacando in ciò ch’io v’ho detto, elli trovarebbe tante faccende e tante mirabili cose che sarebbe una cosa innumerabile. Sai quanta intelligenzia potrebbe aquistare chi volesse ampliarcisi? Hai a memoria el detto di Cristo quando egli parlò al Fariseo dicendoli de’ cinquanta talenti e de’ cinquecento? Duo debitores erant cuidam feneratori; unns debebat denarios quingentos, et alius quinquagenta.63 Erano due debitori: uno che aveva debito cinquecento talenti, e l’altro cinquanta; e non avevano modo a pagare. Il Signore ’l donò a ognuno. — Chi era più obligato al Signore? E chi era più amato? — Pure colui a chi era più donato. — Sai che volse dire Cristo? Vuolse dire che molto meglio era la vita di Maria Maddalena che quella del Fariseo. Però che al Fariseo gli fu rilassati cinquanta denari; dimostrando che la vita sua era buona. — Ma sai che faceva? Elli si guardava di non fare niuna cosa contra al comandamento di Dio. Ma a Maria Madalena le fa rilassati cinquecento talenti, dandole Idio co tanto più, perchè ella non solamente si guardava dal male; ma passava molto più oltre, chè, ella [p. 431 modifica] operava il bene in ogni modo che sapeva o poteva con tutti i suoi sentimenti del corpo e de la mente. E questo ha voluto dire Daniello. Milia milium ministrabant ei et decies milies centena milia adsistebant ei.

Che ci vedi tu in questo numaro? Non ci vedi se non tre numari. X., C. e M. Dove potiamo vedere che in questi tre numari è ogni perfezione che si può dire. Prima è X, significa le cose naturali. Sicondo è C, significa le cose umanali. Terzo è M, significa le cose divinali. Questi so’ tre cognoscimenti che può avere la criatura sì de le cose del mondo, e sì de le cose superne, e anco de la filosofia. Idio ha creato tutte le cose naturali e umanali e divinali. — Or guarda nel dire di Daniello che dice milia milium, vedi che due volte ci ricorda el mille, dimostrandoti due perfezioni di vita: vita attiva e vita contemplativa. Ognuna per se è numaro di mille. Ne la prima potiamo considerare di questi elimenti, aria, terra, fuoco, aqua, e ciò che è in questo mondo. Che ciò che tu ci vedi, vengono per mezzo di questi elementi. Queste cose so’ naturali, e nel numaro di Daniello e posto che sia el X. Ne la siconda potiamo avere il sicondo cognoscimento de le cose virtuali, cioè: tutte le cose che so’ atte all’aiuto dell’uomo: C. Nel terzo cognoscimento puoi intendare chi si leva a le cose spirituali, e questo è il M. Anco dimostra questo detto che sia nelli Angioli, Milia milium ministrabant ei et decies milies centena milia adsistebant ei, col perfetto intelletto loro. Nel primo numero è da intendare la divina sapienzia. Nel sicondo la divina clemenzia. E nel terzo la divina potenzia a contemplare Idio: questo, centena milia.

Vedi tu questi tre numari, X, C. M? El amarc Idio, è X; el operare le virtù, è C; el contemplare e godere Idio, è M.

Hai reduto che tre volte c’è dentro M. [p. 432 modifica]

Racogliendo insieme ogni cosa sono mille milioni in questa vita, e quando noi saremo lassù, allora sarà deces milies centena milia adsistebant ei. E diciamo che basti per la siconda parte principale, dove hai de la loro ministrazione, et ministros tuos. Vediamo la terza particella principale.

La terza particella principale aviamo a vedere, cioè: quello che li Angioli operano in noi: ignem urentem, la infocazione loro, fuoco ardente. Vediamo tre condizioni del fuoco, breve breve.

Prima, vedi vigore operante.
Siconda, vedi calore riscaldante.
Terza, vedi splendore radiante.

Prima vedi el vigore che auopera il fuoco inverso chi v’è presso, che fa riscaldare. Oh quanto più fa il fuoco di sopra che questo! Non si può dire più perfetta cosa che quella del fuoco di Dio. Che vi venga el fuoco di santo Antonio a tutti quanti; e anco a tutto voi donne: e sia si’ fatto che tutti vi bruci! — O voi non sputate, chè ho ricordato el fuoco di santo Antonio. — Doh! pazarelle, che anco sputano. — E che fuoco credete che fusse quello di santo Antonio? Fu questo fuoco delli Angioli. Sai perchè? Perchè elli fu nella grazia di Dio. Così so’ gli Angioli, ignem urentem: tutti so’ uno fuoco ardente nell’ardore di misser Domenedio. Quello è uno fuoco tanto maraviglioso

Che arde e non incende,
Da cui non si difende
Ne fredo, nè calore.

Tutta la natura angelica è partita in tre parti e gerarchie. La prima gerarchia so’ anco in tre parti.

Primo coro, hanno in loro vigore operante, i quali infondono le grazie. El sicondo coro, hanno calore [p. 433 modifica] riscaldante, anco infondono più perfezione. El terzo coro hanno splendore radiante, anco hanno più perfezione di grazie.

Il primo coro d’Angioli ci inducono a operare64 bene, e a questo ci danno vigore. Il sicondo coro di questi Angioli, ci danno la volontà buona a far bene con calore. Il terzo coro, più perfetto, ci danno splendore a cognòsciare el bene.

Or vediallo per ordine a uno, a uno. Quello che a opera in noi la prima gerarcia, la quale a tre colori, e quali ricevono le grazie a uno a uno da quelli che so’ di sopra a loro, e come le ricevono così le danno. Perchè Idio pose ab eterno ogni cosa con ordine del cielo e de la terra, così anco volse ponare ordine a la natura angelica, che so posti a ordine in nove cori, i quali ricevono la grazia da Dio, e da Dio a coro, a coro, discendendo giù di grado, in grado, vengono a noi.

Ha voluto la somma sapienzia che noi receviamo le grazie sue dalli Angioli, i quali le ricevono loro dalli Arcangioli, e così vengono in noi. Li Arcangioli le ricevono da’ Principati, che so’ più su, e dannole a li Angioli che so’ più giù. I Principati le ricevono da le Podestà, che so’ più su, e dànnole a li Arcangioli. Le Podestà le ricevono da le Virtù, e dànnole a Principati. Le virtù le ricevono da le Dominazioni, e dànnole a le Podestà. Le Dominazioni le ricevono da Troni, e dànnole a le Virtù. I Troni le ricevono da’ Cherubini, e dannole a le Dominazioni. I Cherubini le ricevono da Serafini, e dànnole a Troni. I Serafini le ricevono da la Vergine Maria, e dànnole a’ Cherubini. La Vergine Maria le riceve da Iesu e dalle a’ Serafini. Iesu le riceve, in quanto uomo, [p. 434 modifica] dal Padre Eterno e dâlle a la Vergine Maria. E questo è l’ordine in che modo le grazie si spandono da Dio Padre, e discendono in noi per mezo dell’ordine che hai udito: ma a noi vengono dalli Angioli senza altro mezo. E sai che fanno questi Angioli in noi? — Fannoci operare il bene che noi facciamo, con vigore, mostrandoci uno lume di chiarità per sì fatto modo, che noi conosciamo el bene dal male, per lo quale cognoscimento s’aòpara il bene. Eglino ci dimostrano questo è bene, e questo è male; questo ti conviene fare, e da questo ti conviene guardare. E per questo modo sempre ci aiutano a campare da quelle cose, le quali possono dare all’anima nostra impedimento de la sua salvazione. Gli altri che so’ più in su, ci fanno anco più, meglio.

Li Arcangioli ci fanno uno benefizio magiore; che, poi chè li Angioli ci hanno dimostrato che quello che bene noi el facciamo, e quello che è male noi ne guardiamo, e ellino c’infiamano a questa buona volontà; anco aoperano in noi maggiore fatto, quelli che so’ più su.

I Principati ci fanno un altro benefizio: che, poi che tu hai udita la’ spirazione delli Angioli, e la infiammazione de li Arcangioli, ellino ci aiutano a fare quello che tu hai desiderio di fare co’ la tua buon volontà: e questo è quello che noi aviamo da la prima gerachia, che so’ tre cori, e vengono a operarsi tre cose. Volere oparar bene; Angioli col vigore. Sapere oparar bene; Arcangioli con infiamarci. Potere oparar bene; Principati coll’aiuto loro.

La siconda gerachia, che so’ altri tre cori, ci fanno riscaldare ne le buone oparazioni, e quali so’ Potestà, e Virtù e Dominazioni.

Le Podestà ci fanno cognoscere quelle cose le quali so’ la volontà dell’Altissimo Idio, per lo quale [p. 435 modifica] cognoscimento tu vedi tutto quello che è salute dell’anima tua però che molte cose paiono a noi che sieno buone, e che sia bene a farle e che sia volontà di Dio, che poi è tutto il contrario, e so’ cagione de la dannazione dell’anima: e però costoro ci fanno conosciare il bene dal male.

Le Virtù, so’ gli altri e quali aoperano in noi, che avendo noi il cognoscimento vero di quello che piace a Dio, e quello che è bene, c’inducono a mettarlo a operazione mettendoci nell’animo la tal cosa si vuol fare, e Elli si vole perdonare la ingiuria che tu ricevesti: volsi rendare pace, e non portare odio a criatura niuna, vuolsi dispregiare il mondo, e seguitare il volere di Dio: e così ti inducono a mettere in opera le buone volontà.

Le Dominazioni hanno grandissima signoria e buona per noi; i quali ci danno questo aiuto, che le buone volontà conosciute, e quelle aver vedute essere de la volontà di Dio, ci inducono in noi ferma deliberazione di non voler mai partirsi da esse, nè mai tirarsi a dietro. Questi so’ quelli, i quali ci riscaldano al bene operare.

L’ultima gerarchia, che so’ pure tre cori, ci danno un altro dono, che ci mandano uno splendore rilucente, dove l’anima si specchia raguardando per quello splendore e vede la volontà di Dio. E sono Troni, Cherubini e Serafini.

E Troni adoperano in noi, che noi ci mettiamo in contemplazione di Dio pensando l’altre65 cose de la sua potenzia; e la spelagata sua sapienza, per la quale si vede fatte tante mirabili cose, quante si vegono e umane [p. 436 modifica] e celestiali; e la sua clemenzia tanto benignamente operata per la salute dell’anime. Dove contempla, essendo lui sommo, potente, sapiente e clemente, s’aumiliò tanto, e tanto si chinò per noi, che volse farsi mortale, essendo immortale, mettendosi ne le mani de’ peccatori per la salute umana. E in questo contemplando, si viene a spichare da le cose del mondo e apicharsi a le cose alte de la gloria, in speculazioni di vita eterna.

E Cherubini aoperano un’altra virtù in noi, che infondono nell’anima una chiarità di Dio tanto grande, che ella vede insino dentro ne lo spechio del cospetto di Dio e in esso vede tutte le cose che piacciono a Dio e non può pensare altro che ne la sua sapienzia infinita; e raguardando in esso, sta affiso e fitto. Elli vede quine dentro quello pelago smisurato d’ogni virtude. Là dove vedendovi tante cose elli ha tanti riguardamenti; elli ha il pensiero suo in tante cose a un tratto, che elli vi rimane dentro profondato e alagato, e non sa che dirsi vedendo tante cose, se non che egli s’atacha a queste parole: O, O, O, Magnus dominus et laudabilis nimis: terribilis est super omnes deos66. Oh magno signor mio grandissimo, e degno d’essere laudato in tutte le tue operazioni che hai fatte e in cielo e sopra al cielo e sotto il cielo, e in terra e sotto terra, che ogni cosa hai fatta co la infinita. sapienzia tua! Tu se’ degno d’essare esaltato sopra a tutte le cose. Tu se’ sommo bene; Tu se’ vera requie; Tu se solo la speranza e gloria di tutti i fedeli. — E così stanno in tanta maraviglia e gloria, che non si ricordano altro che di Dio, vedendo in lui tutta verità67 perfetta e gloriosa. [p. 437 modifica]

E’ Serafini contemplano l’alteza e la profondità e latitudine d’esso Idio. L’alteza, vedendolo in tanta signoria. La basseza, essarsi messo a la morte per amore68 de’ suoi fedeli. La largheza, vedere la smisurata sua carità; e ispechiansi in quello vivo e abondante e soprabondante fonte di sapienzia, el quale sparge le grazie sue a tutte le criature create. E così contemplano la incarnazione che Elli fece in Maria sua dolce madre, la quale, senza alcuno mezo, riceve tutte le grazie da Lui, e Lei le porge a’ Serafini per mandarle quagiù a noi: e così essendo innanzi al cospetto e di Maria e di Iesu unito al Padre, so’ illuminati per tal modo che non hanno alcuna scurità, nè dentro nè di fuori, ma tutti radiosi e ardenti di carità, riceute le grazie, le mandano a noi, acciò che noi veniamo a ricevare quel dono el quale esso ha aparechiato a chi fa la volontà sua. E il loro operare non è altro che gridare a Dio: Amore, amore, amore, amore.

Or coglie insieme. Tu hai veduto stamane sopra al nostro tèma de la creazione de li Angioli, come furo criati da Dio. Facis angelos tuos spiritus. Ne la prima parte, dove vedesti come rimasero ne la grazia di Dio per la umiliazione che fecero al figliuolo di Dio umanato: e Lucifaro vedesti andare in perdizione co la maladizione di Dio. Ne la siconda parte vedesti la loro ministrazione: et ministros tuos, dove vedesti in Daniello la quantità che stanno dinanzi a Iesu Cristo unito al Padre; tanta quantità che non si può nominare. Ne la terza parte hai veduto la loro infocazione, dove hai assai ben compreso come le grazie di Dio discendono69 in noi per mezo di nove cori [p. 438 modifica] d’angioli di grado, in grado, pure per la salute nostra. Le quali grazie se le saperete ricevare, possedarete quella eterna patria dove si vive in secula seculoram, amen.

Io vi ricordo la vostra Compagnia de la Morte, che per l’amore di Dio, voi non la lassiate venire meno. E non sia niuno che si vergogni d’èssarne, però che voi non avete considerato di quanta perfezione ella è. Non pensate voi, quando uno va a la giustizia, quanto conforto se gli dà: che forse, se non fusse quello, morrebbe disperato; e per l’aiuto loro, porta la morte pazientemente.70 Or siavi ricomandata per l’amore di Dio.



Note

  1. L’antica Bibbia Volgare: Tu fai li angeli tuoi essere spiriti; e gli ministri tuoi fuoco ardente (T. V, pag. 442).
  2. Praferiamo la lezione del Cod. Pal. Invece nei Codd. Sen., intelligenzia gentile.
  3. Nel Cod. Pal. e nel Cod. Sen. 6, farane.
  4. Il Cod. Pal 'di Dio.
  5. Il Cod. Pal., ebbeno.
  6. Il Cod. Pal., che erano.
  7. Salmo viij, vers. 6.
  8. Il Cod. Pal., non partirsi nè potersi ec.
  9. Isaia, cap. xiij, vers. 14; ma il passo è da correggere così: Ascendam super altitudinem nubium, similis ero Altissimo.
  10. Apocalisse, cap. xij, vers. 9 e 10.
  11. Invece nel Cod. Pal. si legge: de li Angioli buoni ardenti la buona volontà.
  12. Il Cod. Sen. 6, volsero: lezione che non giova a rendere meno irregolare la sintassi.
  13. Nel Cod. Sen. 6 le parole dell’anima si vedono abrase.
  14. Il Cod. Pal., non ti possono fare danno, ec.
  15. Il Cod. Sen. 6, a bisogno di salute.
  16. Cioè, tanto contrariamente.
  17. Il Cod. Pal., avevano.
  18. Intendasi gli Angioli cattivi, avendo oscuro e il vedere e il volere, seguitaron Lucifero.
  19. angelo di S. Matteo, cap. xxiij, vers. 12.
  20. Costumava in Siena, come esercizio ginnastico per la gioventù, il giuoco delle pugna, continuato finɔ a tempo non molto lontano da noi. Pignere, sanesismo, che vale Spingere.
  21. li altri Codd., di subito si levò.
  22. pocalisse, cap. xij, vers. 10.
  23. La Vulgata, vicerunt eum propter ec.
  24. Apocalisse, cap. detto, vers. 11 e 12.
  25. Salmo cxxiij. vers. 7.
  26. Intendasi, priva della grazia divina.
  27. Cioè, ho corso, ho visitato molti paesi.
  28. Sospende momentaneamente la Predica pel disturbo cagionato da un cane.
  29. Oggi si direbbe, con una occhiata.
  30. Mancano queste parole ad ambedue i Codd. senesi.
  31. Nel Cod. Pal. si legge, per amore della incarnazione del Figliuolo di Dio.
  32. Anzi, nel Vangelo, al cap. primo, vers. 16.
  33. Correggasi, san Pietro, Epist. prima, cap. secondo, vers. 6: dove si legge: Ecce pono in Sion lapidem summum angularem, electum, pretiosum ec.
  34. San Paolo, ad Ephesios, cap. secondo, vers. 22, e dice: et vos aedificamini in habitaculum Dei in Spiritu.
  35. Qualche inesattezza dei Codd. fu corretta col raffronto della Vulgata.
  36. Diversa e forse migliore è la lezione del Cod. Pal., che dice: Aveva in se l’umanità e simile la divinità, ec.
  37. Apocalisse, cap. xij vers. 11 e 12.
  38. Il Cod. Sen. 6, assunzione.
  39. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6, era.
  40. Il Cod. Sen. 4, trovavano.
  41. Negli altri Codd., vorrei.
  42. Parole mancanti al solo nostro Testo.
  43. Il solo Cod. Pal., se bisognasse.
  44. Salmo lxxy, vers. 20.
  45. Salmo xxiij, vers. primo.
  46. Negli altri Codd., ciò che tu hai.
  47. Il Cod. Pal., prosperosa.
  48. La presta non altro era che una imposizione, generale o speciale, che aveva a fondamento la Lira, portava quell’interesse e veniva restituita in quel tempo, che era ordinato nell’atto della sua decretazione. Si ha più d’un esempio di Preste imposte al Chiericato con o senza il consenso del Vescovo, e non di rado quelle imposte al chiericato si raccoglievano, come appunto questa a cui allude il Santo, in favor dello Studio.
  49. Nel solo Cod. Pal., a la giustizia e innocenzia.
  50. Il Cod. Pal, negligente.
  51. Il detto Cod., contra a la volontà di Dio.
  52. Antica e forse nelle nostre campagne non ancor del tutto dismessa usanza di collocare fuor delle finestre o sull’uscio di casa un mazzo di fiori campestri per calende di maggio a scongiurare infortuni dai campi o dalla famiglia; stregonerie che il Santo avversava con grande animo.
  53. Allusione a qualche stregoneria fatta in que’ giorni o con brevi o in altro modo, che doveva aver cagionato rumore tra ’l volgo.
  54. Esodo, cap. venti, vers. 7 Al qual cap. rimandiamo per tutte le citazioni del Decalogo, che seguono.
  55. Che equivale a dire, come altrove vedemmo, della sua amante.
  56. Invece nel Cod. Pal, perfetta e vera.
  57. Nel solo Cod. Pal., aviate il pensiero.
  58. l Cod. Pal., fornita.
  59. Epistola ad Philippenses, cap. terzo, vers. 20.
  60. Nei Codd. Pal. e Sen. 6, sempre ha la mente.
  61. Che Elli, manca al Cod. Pal.
  62. Nel Cod. Pal.: di tutti.
  63. Vangelo di San Luca, cap. settimo, vers. 41.
  64. Il Cod. Sen. 6, ha far bene.
  65. Nei Codd. Pal. e Sen. 6: alte.
  66. Salmo lxxxxy, vers. 4.
  67. Virtù, legge il Cod. Pal.
  68. Nel Cod. Pal. e nel Cod. Sen. 6, per la salute.
  69. Il Cod. Pal. ha, si distendono.
  70. Nel Cod. Pal. è aggiunto: O non ti paia poca cosa, questo che io ti dico. O, nell’altre città elli n’è tanta gente, che è una maraviglia, sì a Bologna e sì a Firenze. Or siavi racomandata, e non la lassate venire meno. La Compagnia di S. Giovan Battista decollato, detta volgarmente della Morte, ebbe origine sul finire del sec. XIV. Il pietoso ufficio dei fratelli di questa Compagnia era di assistere i condannati nella vita e di seppellirne i corpi. Le esortazioni di S. Bernardino furono fruttuose, e in quell’anno moltissimi cittadini si ascrissero tra i fratelli.