Lettere e testimonianze dei ferrovieri caduti per la patria

1921

Indice:Lettere e testimonianze dei ferrovieri caduti per la patria, 1921.djvu Ferrovie/Prima guerra mondiale Lettere e testimonianze dei ferrovieri caduti per la patria Intestazione 16 dicembre 2018 25% Da definire


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11 Novembre ’15. «È San Martino e questa festa è stata celebrata con vivo cannoneggiamento, preludio forse di una nostra avanzata, che come italiano e soldato, auguro possa esser condotta a buon fine. Baci infiniti. Arrivederci a presto. Viva l’Italia!...».

19 Novembre ’15. «Più ho bisogno di calma in questi giorni di lotta e più ricevo con dolore notizie circa la tua pace. Capisco: il dispiacere è grande, ma coraggio ci vuole e fiducia in Dio che possa, compiendo col suo santo aiuto il mio dovere di italiano, tornar presto tra voi».

Il 20 Novembre ’15, in occasione della morte dell’amico Pietro Sacchetti sull’Isonzo, scrive ai consoci del Circolo «Niccolò Martelli»:

«Nel dolore dobbiamo essere orgogliosi di avere avuto nel nostro Circolo dei compagni valorosi che hanno cooperato col loro sangue a redimere territori datici dalla stessa bontà del nostro Dio, a difesa della nostra amata Patria. Unisco le mie alle vostre preghiere perchè Iddio abbia misericordia delle loro anime, e conceda loro il premio dei valorosi. Viva l’Italia!»

24 Novembre ’15. «Ancora qui in attesa di partire. Sono consapevole del pericolo cui vado incontro, ma sono fiducioso che il Signore vorrà permettermi di compiere senza sacrificio il mio dovere di italiano. Speriamo di rivederci».

25 Novembre ’15. «Carissima. Questa sera parto definitivamente per le linee avanzate. Metti in opera tutta la tua forza d’animo per avvertire la mamma della mia entrata in azione. Speriamo che la bontà divina voglia risparmiarmi al vostro affetto. Viva l’Italia! Viva Trento e Trieste italiane!». [p. 19 modifica]BECHI Ubaldo, Applicato dell’Ufficio Ragioneria, Aspirante Ufficiale di Complemento 38° Fanteria

È anche lui un combattente del Carso; partito il 15 Maggio ’15 « aspirante cadavere » come si diceva atrocemente dei novellini che venivano a sostituire i compagni caduti.

Trasportato dalla quieta vita di casa al micidiale settore di Zagora, pregava pace nei cimiteri dove affiorano le membra rotte dei compagni sacrificati. Ma si batte stoicamente. Una prima volta ferito alla gamba, non lo fa neanche sapere a casa, per non fare impressione. Come tanti buoni figlioli scriveva sempre : « tutto va bene ». Son le parole anche dell’ ultima franchigia, datata 21 Ottobre, il giorno stesso dell’assalto a Zagora. « Tutto va bene. Niente di nuovo ». E dopo poche ore cadeva!

Racconta l’attendente: « Abbiamo sparato un’ora e dopo abbiamo dato l’ assalto alla trincea e il suo caro figlio molto coraggioso, era uno dei primi, ha scavalcato quel brutto reticolato e la trincea.... ». E un compagno (il tenente Oreste Baucchiero) : « Ubaldo è morto da eroe. Avuto l’ordine di occupare un tratto di trincea nemica, io col mio plotone e Ubaldo col suo in compagnia di altri 2 ufficiali, ci slanciammo con ardore verso la trincea e la occupammo facendo qualche prigioniero.

Ubaldo si trovava alla mia sinistra. Ci trincerammo nella nuova posizione conquistata e cominciammo a far fuoco verso il nemico che tentava di accerchiarci. Si attendeva l’ordine di avanzar nuovamente, quando vedo passare al mio fianco Ubaldo, ferito al braccio. Mi disse: stai tranquillo, caro Baucchiero, è cosa leggera; mi ritiro nella trincea austriaca per essere meno esposto ai tiri; ....ma una maledetta palla nemica lo colpiva mortalmente poco dopo ».

Alla sua memoria fu decretata la medaglia d’argento dei valorosi. [p. 20 modifica]«Bechi Ubaldo da Firenze, Aspirante Ufficiale di Complemento 38.° Reggimento Fanteria.

Guidava con mirabile slancio il proprio plotone all’assalto di una trincea nemica, occupandola. Ferito, non abbandonava il proprio reparto, e mentre per la seconda volta si slanciava alla testa dei propri uomini, cadeva gloriosamente colpito a morte». Zagora, 22 Ottobre ’15.


BENINI Leopoldo, Applicato dell’Ufficio Contabilità Prodotti, Soldato 127° Fanteria

Caduto dopo neanche un mese di fronte in un assalto sul Carso, appena balzato, primo, dalla trincea.


BIADI Egisto, Applicato del Servizio Materiale e Trazione.

Scrive il padre: «Io non ho nessuna lettera patriottica scritta dal mio povero morto; fu poco il tempo che visse al fronte e nelle brevi missive non mandava che le sue notizie. Son dispiacente di non poter collaborare a quest’opera».


BOCCONI Giuseppe, Disegnatore del Servizio Materiale e Trazione, Caporale pilota aviatore 115a Squadriglia, 5° Gruppo.

Un bel tipo di ardito, anelante al massimo rischio. Soldato del Genio Automobilisti, frequenta il corso di aviazione a Torino. Ottenuto il primo brevetto passa alla Malpensa (Novara) per il [p. 21 modifica]secondo. Alla Malpensa si piazza come brillante pilota e potrebbe rimanervi istruttore. Ma non è questo il suo scopo; vuol servire in guerra; non ha pace finché non riesce a farsi trasferire in una squadriglia d’osservazione nel cielo del Montello. Quando poi c’è, nemmeno gli basta. È zona attivissima e battuta; ma ancora non si sente soddisfatto; c’è un altro passo avanti da fare: il Nieuport, il «Caccia». Lo ha preso l’ebbrezza del volo più audace. Lo scriveva fin dalle prime prove:

23 Aprile ’17. «Sono salito a un po’ d’altezza; ivi l’aria è più leggera e la respirazione più conveniente. Tutto trasporta alle buone emozioni e alla matta soddisfazione di salire.

Io sono matto sapete? Tutti i piloti son matti, e perchè io non lo dovrei diventare? Già lo son sempre stato.

Un uomo calmo, un uomo che riflette passo per passo, non potrà mai essere eroe.

L’uomo, se è un uomo, non deve mai crucciarsi: se ha le fibre robuste sostiene le lotte morali e materiali, ma se anche le fibre son deboli, deve sopportare la lotta morale che è il fondamento della vita.

Chi sa rendersi ragione dei casi della vita vivrà cento anni.

Non ascoltare le prediche che vengono dal pulpito: il male all’inferno, il bene in paradiso. Sono immaginazioni dell’anima altrui che cerca di corrompere quella del prossimo.

Ma l’immaginazione deve essere una sola, la nostra. Mai scimmiottar gli altri per sperare. La speranza deve essere la speranza formata dal proprio corpo; dallo spirito stesso. L’uomo che è padrone di sè non avrà mai da lamentarsi. Io non credo nè a Dio nè ai demoni. Unica credenza la mia volontà».

Dalla squadriglia chiede ancora al fratello raccomandazioni per esser trasferito e abilitato al pericolo maggiore: sempre il Nieuport, il «Caccia». «Vedrai le mie gesta». Ma pochi giorni dopo la lettera, in un azzardoso volo di ricognizione al quale si era offerto volontario, col suo Capitano a bordo, è [p. 22 modifica]colpito da una granata. L’ala infranta dapprima non sconvolge il pilota; tenta l’impossibile: non perdere il governo, ricondurre l’apparecchio a terra. Ma precipita da un’altezza vertiginosa.

7 Agosto ’18. Il Maggior Generale Comandante Superiore di Aeronautica alla famiglia: «Con rammarico ed orgoglio a nome mio e di tutto il personale componente il Corpo Aeronautico in zona di guerra, invio alla famiglia le condoglianze più sentite per la morte del valoroso pilota Caporale Giuseppe Bocconi, vittima di fatale incidente aviatorio. Sia di conforto saperlo caduto da soldato, compiendo mirabilmente il suo dovere verso la Patria che di lui ricorderà perennemente le virtù e il sacrificio nobilissimo».


BORGHI Dott. Cesare, Applicato della Divisione Lavori, Ufficiale volontario di Milizia Territoriale, 70° Fanteria

Lasciamo che parli per lui la sua morte. Scriveva telegraficamente nel suo diario di Isonzo, quattro giorni prima:

6 Novembre ’15. «Mi alzo tutto indolenzito: piove al solito e il fango cresce».

7 Novembre ’15. «Tira vento e fa freddo. Il fango continua alto e noioso. Anche oggi bombardamento, ma ormai ci si è fatto l’abitudine. Alle 20 si pronunzia un accanito attacco nemico; si risponde con pari accanimento».

8 Novembre ’15. «Cielo coperto. Sono stato al Comando del Reggimento, preso a fucilate, ma è andata bene».

9 Novembre ’15. «Cielo coperto: bombardamenti. Nella notte si riceve l’ordine di portarsi avanti per un’azione che deve aver luogo l’11 mattina». [p. 23 modifica]10 Novembre ’15. «Sono le 3; piove e si parte; grande entusiasmo».

Non c’è altro. L’11 mattina è andato all’assalto, sulla collina di Oslavia. Non toccava neanche a lui quell’assalto; ma essendo un convinto della guerra, un volontario, ha chiesto ai superiori di prender parte, per il buon esempio.

Non è più tornato e con lui i suoi soldati. Morto? ferito? prigioniero? Scomparso, come tanti altri. E nessuno osa avventurarsi troppo oltre a cercarlo; il terreno antistante la trincea di partenza è sotto raffiche incrocianti di mitragliatrici. A curiosar troppo, si muore.

Solo dopo sei mesi un altro volontario, il soldato Armando Marraccini (caduto anche lui il 10 Ottobre del ’16) osa spingersi abbastanza sotto per trovare.

Là davanti ai reticolati austriaci, un corpo ormai scheletrito giace bocconi; il braccio steso in avanti, impugnando la pistola, lo indica come ufficiale; i fagotti motosi col fucile presso che gli giacciono dietro son suoi soldati, colpiti in avanzata. Impossibile identificare i visi, impossibile seppellire. Ma il Marraccini scioglie il cordone della pistola e, nella licenza, la riporta alla famiglia Borghi. E la famiglia la riconosce; è l’arma regalata al partente, non si può dubitare. Quello che giace più avanti di tutti, verso la vittoria, è proprio il suo eroico figliolo.


BRAGALLI Raffaello, A. Applicato della Divisione Movimento, Soldato 69° Fanteria

Fin dall’Aprile ’15, scrivendo da Sedico Bribano (Belluno), già avviato al passo di S. Croce di Comelico, ove doveva lasciare la vita, ha visto necessaria la guerra. [p. 24 modifica]«Io ho la convinzione che giammai l’Austria cederà pacificamente quanto l’Italia dovrebbe chiedere perchè le spetta di diritto. Io sono per la guerra, non per la sola conquista egoistica delle nostre provincie che, fatalmente, un giorno o l’altro son destinate a tornare a noi, ma per la guerra a fianco dell’Intesa contro la Germania, per non permettere oggi, in pieno secolo XX, il trionfo della forza bruta, la violazione dell’indipendenza dei popoli. È per questo che io vorrei la guerra, ispirata a quelle idealità che hanno condotto l’Italia ad essere una, indipendente e libera. In Francia si deciderà se il mondo dovrà essere una enorme caserma o se i miliardi che oggi si spendono in spese militari potranno essere adoprati in spese più proficue e civili. Sarà un beneficio di cui forse non risentiremo nulla, ma ne godranno i nostri figliuoli e nipoti».

A questa chiarezza mentale, così rara nel ’15, corrispondono i moti dell’animo generoso. Se la guerra è inevitabile, bisogna ripartir con giustizia i pesi della sventura necessaria, soccorrere quelli che dalla chiamata alle armi sono più danneggiati.

«Non mi mandate più soldi, chiede ai parenti il 7 Giugno, ve lo ripeto, come pure rinnovo la preghiera di dare parte del denaro che dovreste mandare a me. alle famiglie dei richiamati. Non tutti, anzi minima parte si trovano nelle condizioni di avere intero stipendio stando sotto le armi, e perciò chi ha questa possibilità deve contribuire a sollevare gli altri meno fortunati». Nel Luglio è in alta montagna, nuova per lui; sulle aspre creste di quel passo di S. Croce, senza tregua assaltato dal nemico. I suoi gli scrivono ammirati della sua resistenza, ma l’animo generoso schiva ogni lode.

24 Luglio ’15. «Non mi fo un merito della tranquillità e serenità colla quale dite che sopporto i molteplici disagi di questa vita; penso che vi sono molti altri che conducono una vita ben più disagiata della mia, e questo pensiero, unito alla convinzione di compiere un dovere necessario e sacrosanto mi fa accettare come cosa lieve i sacrifici. Del resto, non è una dote [p. 25 modifica]mia, ma di tutti quanti in questo momento sono in campo per la grandezza della nostra cara Italia».

Piuttosto vorrebbe aver fatto di più; è geloso degli alpini che sulle rupi sono a casa propria. Rivendica i meriti della povera «buffa» pianigiana, che ha fatto il miracolo di sapersi adattare. Calato 1000 metri sotto le fiamme verdi, tira un respiro di sollievo e, da buon fiorentino, fa voto, se tornerà a Firenze, di non affacciarsi più neanche alla finestra a riveder Monte Morello e le colline.

«Non potete immaginarvi la nostra contentezza nel poter camminare all’imbocco di questa valle! È la contentezza di chi si sente rimesso nel luogo a lui più confacente, dove sente di poter rendere di più di quel che non abbia reso fino allora. Di una cosa però voglio che vi convinciate: che in qualunque luogo e sempre avrei fatto quello che il mio dovere di soldato e di italiano mi imponeva, senza lamentele contro i superiori che hanno fatto di soldati di fanteria degli alpini. Colla differenza che di fronte a loro, nati e vissuti fra i monti, ben poco potevamo emergere come individui e come unità; e questo per quanti sforzi facciamo».

Ma gli attacchi nemici al passo crescono, accelerano; vengono giorni gravi. Presto non basta più difendere il valico; è indispensabile liberarlo dall’assedio. Avanzare. Rischiosissima sarà l’avanzata. Per chi ha in animo di prodigarsi, la morte è vicina. Lo sente alla vigilia dell’azione il Bragalli e scrive l’ultima lettera ai suoi, consegnandola a due compagni perchè la spediscano a casa quando la sua morte sarà sicura.

Le lettere passate ce l’han fatto conoscere buono; questa ce lo rivela magnanimo.

È uno dei più commoventi commiati di un eroe dalla vita.

3 Agosto ’15. «Carissimi,

Domani ci sarà l’avanzata. Comincerà, credo, nelle prime ore della notte, per svolgersi quindi prevalentemente nelle ore del mattino e seguenti. La mia compagnia, a quanto ho sentito, sarà di riserva, ma conosco le difficoltà dell’impresa che verrà iniziata [p. 26 modifica]fra qualche ora, e non dubito che sarà necessaria anche la nostra cooperazione. Nell’eventualità che le operazioni cui parteciperò pongano anche me nel numero dei gloriosi caduti, non ho voluto che foste privati del mio ultimo addio e questo poco tempo disponibile lo dedico a voi.

Ed una preghiera vi faccio. Che se io verrò a mancarvi (e questa lettera ne sarà la conferma) sappiate sopportare la notizia con animo fermo, come il momento che attraversiamo richiede, come essere italiano impone.

Siate forti, miei cari. Nell’immensità del vostro sacrificio vi sia di conforto e di orgoglio sapere che pure col vostro sangue si è contribuito alla grandezza della nostra cara Patria, della nostra amata Italia, sapere che con quello di altri molti il mio sacrificio ha contribuito a quella vittoria che verrà certo; grande, completa, gloriosa.

Noi tutti abbiamo un debito verso la nostra terra e questo debito io l’ho pagato. Voi pure. Muoio tranquillo, persuaso di aver compiuto interamente il mio dovere di soldato e di italiano, e, quel che più conta, con l’intima persuasione di aver servito una causa giusta.

Se non sarò fra i caduti del primo giorno continuerò a scrivervi come per il passato; se la scamperò, questa mia sarà stata inutile.

Ma è meglio tutto prevedere e questo mio addio non vi sarà inviato dalla persona cui consegnerò la lettera che quando essa avrà la matematica sicurezza che io non son più. Non vi illuda, quindi, la data forse anteriore di qualche altra lettera o cartolina che potrà arrivarvi perchè, naturalmente, non posso prevedere quale sia, dato che venga, il mio ultimo giorno.

Questo tenete dunque per certo: questa mia vi porta il mio ultimo bacio, il mio ultimo abbraccio.

Chiedo perdono a voi ed a tutti per tutto quanto ho fatto che possa avere arrecato dispiacere od offesa; niente ho da perdonare perchè nulla ho ricevuto che richieda perdono. [p. 27 modifica] Un addio affettuoso a tutti gli amici e conoscenti che mi onorano della loro amicizia, della loro stima, ed un bacio ed abbraccio ai cari amici, agli zii, ai parenti tutti. E tu, o mamma, tu papà, tu Maria, tu Olga, voi tutti che ho amato di un amore grande, appassionato, sacro, che ho amato e venerato con tutto l’amore e venerazione che si può concepire e di cui si può esser capaci, voi tutti abbraccio di un amplesso che possa dirvi tutto il mio affetto che è immenso, voi tutti bacio con tutto il trasporto di cui possa essere capace un cuore.

La vostra cara immagine, insieme alla radiosa visione della nostra Italia vittoriosa, sarà l’ultima che i miei occhi vicini a chiudersi vedranno passare davanti; i vostri dolci nomi insieme a quello glorioso d’ Italia, saranno le ultime parole che le mie labbra vicine a spengersi per sempre, mormoreranno.

Ricordatevi di quello che cantavano i fratelli Bandiera che furon gli iniziatori di quanto oggi si compie:

« Chi per la Patria muor, vissuto è assai ».

Il vostro Raffaele. BUGIANI Ciro, Applicato della Divisione Movimento, Tenente 84° Fanteria, Comandante la 16a Compagnia

« Era un ferroviere sindacalista, di fede irriducibile e di tempra ardènte, scriveva II Nuovo Giornale del 24 e 27 Novembre 1917, assiduo, attivo organizzatore del movimento sindacale ferroviario. Ma il suo credo politico avanzato non gli fece velo nè al cuore nè all’intelletto e quando la Germania e l’Austria scatenarono il terribile flagello, sentì che anche l’Italia doveva schierarsi dalla parte dei sopraffatti e degli aggrediti in difesa della civiltà e della libertà del mondo. Fu interventista con tutto [p. 28 modifica]28


il calore del suo animo entusiasta e partecipò con febbrile attività alle lotte di quel periodo. Appena dichiarata la guerra fece di tutto perchè gli venisse tolto l'esonero di cui beneficiava come ferroviere movimentista. Non volendo essere tra coloro che si ritraevano al momento dei fatti, dopo reiterate domande per ottenere di arruolarsi come Ufficiale di Complemento, ""rassegnò le proprie dimissioni da impiegato, rinunciando alla sua carriera, e pieno di fede partì per il fronte"" ».

Mandato in distaccamento per istruzione, i primi tempi. sbuffava di non poter esser subito in trincea.

S. Miniato, 13 Gennaio '16. « A questo maledetto distaccamento preferisco il fronte, anche in questa stagione, agli avamposti ».

Passato al fronte, le sue lettere sono tutte improntate al più invidiabile buonumore. Così, scherza a lungo sul prognostico di ferita alle gambe che gli ha fatto una fattucchiera interrogata da un collega.

27 Giugno ’16. « Ferita alla gamba sinistra o destra? Mi preme saperlo anche per non fare parzialità. Poichè la gamba sinistra da diversi giorni non gode più le mie simpatie e la trascuro abbastanza. Non mi fare avere dei rimorsi! Io sono agli avamposti e giorno e notte mi scambio, come ho detto, delle cortesie con l’odiato tedesco. Ad ogni modo o la gamba sinistra o la destra o tutto il mio corpo, sempre viva l’Italia ».

20 Luglio '16. « Non ti nego di essere stato per un certo tempo seriamente in pensiero per la mia gamba sinistra tanto più che era il luogo di convegno preferito dal pidocchino. Adesso che dopo 25 giorni di trincea dove i mangiasego non permettevano, non soltanto di lavarci, ma neanche di levare la zucca, sono salito ad aure ed acque migliori e mi son potuto dirocciare, son tornato ad amare anche la gamba sinistra e a credere di tornare tutto intero.... o non tornare affatto. Quì, benchè sempre in avamposti, sono diviso dal barbaro da un profondo vallone, per cui ho l'onore di ricevere non più l’esoso ta-pum, [p. 29 modifica]29


ma la quotidiana granata. Sono però sano e fresco e più che mai amante dell’Italia ».

29 Agosto '16. « Io sono sempre come dall'inizio, sano di corpo e di spirito, anzi adesso che l'aquila d'Italia va strappando l’ultime penne all’ austriaca gallina, sono, come puoi figurarti, più pazzamente allegro di prima ».

11 Ottobre '16. « L'altro giorno fui in appostamento e feci buona caccia. Presi un ufficiale tedesco. Ti canterò quanto prima la cosa in ottava rima ».

29 Ottobre '16. « Come saprai, mi è stata già comunicata due volte la mia morte, ma poichè sono un incorreggibile scettico e cinico della scuola stoica, non ci ho voluto credere e persisto ancora a darmi per vivo. Non so se in questo pecco più di presunzione o di ingratitudine. Di presunzione, inquantochè i buoni vicini mangiasego, spessissimo portano nelle discussioni degli argomenti così persuasivi che talvolta (per quanto sia così caparbio) sarei quasi costretto a confessare che ho l'obbligo di morire! D'ingratitudine, perchè resto insensibile alla dolce e malinconica voglia di certi.... amici che vorrebbero con troppo commoventi premure cantarmi il Dies irae. Sono dunque vivo, ma talvolta mortificato.... di non esser morto.... Avevo debellato il pidocchino, non meno antipaticamente ostile del tedesco, e ora giunge, alleato ai mangiasego, un altro non meno temibile nemico: il freddo. Ma pazienza e avanti, poichè la vittoria è nostra ».

27 Maggio '17. « Ti annunzio, con orgoglio, che domani compio anch'io il mio anno di guerra. Sono ancora in prima linea, ma da diversi giorni, al contrario del fronte dell’ Isonzo dove il valore italico si afferma in modo così sublime, quì regna, tranne l’azione intermittente delle artiglierie, calma assoluta. Come avrai letto, Cecco Beppe ne tocca a morte; il martello italiano gli ha ammaccato la zucca, per quanto dura ella sia. Io sono molto triste per la morte del mio più che amico fratello, Armando Amadei che tu ben ricorderai. È morto, come puoi [p. 30 modifica]figurarti, da eroe, non molto lontano di qui. Mi sembra impossibile, e mi domando con angoscia: che faremo domani se tutti i migliori se ne vanno? Domani, quando vinti i nemici esterni della nostra dilettissima Italia, dovremo stroncare i non meno odiosi nemici interni? »

Il 7 Ottobre '17, ferito gravemente alla testa sull’Altipiano della Bainsizza, è sottoposto ad una dolorosissima operazione che deve costargli la vita. Dall'Ospedaletto da campo, il 16, ci viene la sua ultima parola serena.

« Ho avuto una palletta nel cranio che mi ha scheggiato l'osso fino alla meninge. Mi hanno fatto la trapanazione del cranio. Siccome la malerba non muore mai, l'ho scampata! Ne avrò per un mese e mezzo o due. Pazienza! Soffro assai ancora, ma coraggio e sangue freddo. Sono stato ferito in combattimento e ho l’orgoglio di essermi battuto bene. Forse troppo ho azzardato, ma, ad ogni modo, sono soddisfatto ».

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CANESCHI Alessandro, Frenatore, Arligliere 3° Artiglieria da Montagna, 50° Batteria

È un coraggioso: a 13 anni, veduto un giovanetto diciassettenne che rischiava di annegare, si gettava in Arno e riusciva a trarlo in salvo.

Ma gli orrori della trincea fan tremare anche i coraggiosi. Il Caneschi ne ha 17 mesi durissimi, davanti all’ Hermada; non ne può più, quando viene in licenza la primavera del ’17; parecchi compagni non torneranno. Lui si consiglia coi genitori prima di ripartire. Ma il padre, caldo socialista bissolatiano, che sente la serena bellezza dell'ideale per cui l'Italia ha rischiato la guerra, la madre diritta e fiera, hanno una risposta sola: meglio morto che disertore. Ritrova il coraggio, torna su ritemprato. [p. 31 modifica]Il 30 Maggio ’17 è ferito gravemente in una dolina di prima linea da un colpo che gli ha asportato il braccio sinistro; dopo qualche giorno muore nell’Ospedale di Soleschiano. Così ne scrive al padre il Cappellano del Reggimento: « Avevo visto il povero Caneschi tante volte su in linea sempre svelto e lieto e la sua immagine dolorante di povero Cristo ora mi sta davanti agli occhi e mi tormenta il cuore. Coraggio, mio signore. Le porgo i vivi sensi di condoglianza a nome del Colonnello Comandante il 3° Reggimento Artiglieria da Montagna e del Comandante la 50a Batteria ». CAPPUGI Luigi, Manovale del Controllo Merci, Soldato 13° Fanteria

In guerra dal 13 Maggio ’16, partì per il fronte ai primi d’Agosto, dopo la presa di Gorizia, e vi trovò la morte nei combattimenti per assicurarci il possesso delle colline circostanti. Caduto il 16 Agosto per ferita di arma da fuoco alla testa, dopo pochi giorni di trincea.

CASINI Guido, Applicato dell'Ufficio Contabilità Prodotti, Sergente 60° Fanteria

In guerra dall’Ottobre ’15. Sceso dal Grappa il 12 Giugno del ’18, fu colpito mortalmente, tre giorni dopo, mentre saliva in posizione al Montello. [p. 32 modifica] CERRI Catone, Frenatore, Artigliere da Montagna

Ha sopportato senza lamenti una prima ferita presa nell'autunno del '16 in Val d’Astico, ove le postazioni delle batterie da montagna, dopo l’offensiva trentina, sono tutte avanzate e scoperte per avere più ampia azione verso il nemico che occupa le cime. Anche a lui, come a tutti i combattenti italiani che han famiglia, quel che preme soprattutto è di non allarmare i suoi cari.

24 Ottobre ’16. « La mia mano comincia a guarire. Ieri vi ho scritto una lettera. È stato a trovarmi anche Scipione (probabilmente un fratello) e mi ha veduto anche dove sono ferito. Dunque vedete che non vi dico bugie. Non state in pensiero. È difficile scrivere da questo Spedale ». È triste, ma rassegnato al destino quando deve tornar su, diretto, senza aver ottenuto la licenza, senza aver riveduto casa.

27 Ottobre '16. « La mia salute è ottima, così credo della vostra. La ferita comincia a risanarsi e chi sa se passerò la fine del mese ancora all’Ospedale. Poi tornerò alla mia Batteria. Pazienza ».

Nell’Agosto ’17, dopo la licenza, gli tocca una posizione peggiore; è in piena battaglia, alla Bainsizza, ma ne parla poco. Vuol tenere alta la speranza.

« Questa volta in un posto peggiore delle altre. Spero che passi anche questa burrasca.... colla speranza che possa giungere quel giorno beato di poter tornare ancora in mezzo di voi ». Il 27 era caduto. [p. 33 modifica]CIRAVEGNA Francesco, Applicato del Controllo Merci Cumulativo, Sottotenente di Fanteria

Morto il 14 Luglio ’16, nella sala ricovero del 228° Reparto someggiato in Clama (Asiago) per ferita d’artiglieria.

COZZI Rag. Giulio, A. Applicato del Servizio Materiale e Trazione, Aspirante Ufficiale 215° Fanteria 16 Maggio '17. Dalla Scuola di Applicazione di Fanteria in Parma. « Non son triste perchè so che state bene, perchè son qua a compiere il mio dovere...... Anzi mi fa piacere esser soldato. E siate anche voi superbi di avere un soldato che cercherà di fare nel miglior modo il suo dovere ».

28 Maggio '17. « Abbiamo saputo la presa di Duino, vi lascio immaginare la nostra gioia. Non abbiamo potuto fare a meno di esultare con canti e grida di vittoria. Sono qui al Circolo in mezzo a canti, inni, gioia frenetica. Non potrò dimenticare questo giorno. È una notizia che una volta di più mi fa apparire l'Italia quello che fu ed è stata fino ad ora e ci fa sperare di arrivare a quel giorno tanto desiderato della nostra vittoria sulla barbarie tedesca. Fra breve il nostro vessillo sventolerà sulle torri di Trieste. I nostri martiri saranno vendicati ».

9 Luglio '17. « È una vita di lavoro, questa. Ho poco tempo da pensare, a ogni istante una cosa nuova da fare. Siamo sempre in moto, sempre occupati a qualcosa. I giorni passano e un giorno più dell’altro ci sentiamo diventare migliori, cambiamo carattere....

Ci prepariamo a tutto, siamo pronti a sopportare qualunque cosa e viviamo contenti. Sto benissimo; e tu, mamma, cerca di 3 [p. 34 modifica]star più tranquilla che puoi, perchè, te lo giuro, non ho nulla da desiderare. La vita borghese non la invidio no: questa è per me la vita, questo è il mio dovere, e mi preparo per compierlo nel miglior modo. Non dico questo perchè sia indifferente con te, non lo pensare perchè ti adoro: soltanto bisogna abituarsi anche a star lontano dai nostri cari. Quando poi si avrà la fortuna di ritornare, avremo piacere di aver vissuto una vita come quella del soldato. L’imboscato non proverà nessuna soddisfazione; si troverà a vivere quella stessa vita che tanto in tempo di pace come in tempo di guerra ha trascorso, senza aver poi l’animo in pace. Credi mia cara, son così contento di aver preso questo cammino, che non saprei quale altra vita invidiare».

24 Luglio ’17. «Tu desideri la pace; anch’io, non per me quanto per tante persone, per tutta l’umanità. Non possiamo farci niente per ottenerla; altro che vincere; più aspra sarà la lotta, più soddisfatti saremo dopo». 18 Ottobre ’l7. Zona di guerra. «Questa vita è molto meglio di quella come istruttore a Parma. Ho appreso più in questi tre giorni che in cinque mesi di corso: la realtà è tutt’altra di quel che uno si può immaginare....

Dio mi aiuterà sempre, lo spero con certezza. Credete, quésta è una vita che mi piace; non ci sono gli scaldaletti qua, non c’è l'ombrello, non c’è il lastricato alle strade, perchè andiamo fino a mezza gamba nella mota, ma queste sono tutte sciocchezze che ci vogliono per i signori cittadini che forse hanno gridato e poi....

Non state in pensiero: la nostra allegria è massima: sono in mezzo a un monte di compagni e per di più di amici.

Dunque allegri: tutto quel che vi ho detto è la pura verità».

Una settimana dopo, cadeva, resistendo impavido alla grande offensiva di Caporetto.

Alla sua memoria venne decretata la medaglia di bronzo al valore. [p. 35 modifica] «Cozzi Giulio, Aspirante Ufficiale 215° Fanteria M. M.

Attaccato ripetutamente durante una violenta offensiva nemica, oppose col suo plotone strenua ed accanita resistenza, finchè, colpito in pieno da una raffica di mitragliatrici, lasciava da prode la vita sul campo». Kolovrat, 25 Ottobre ’17.

CROCETTA Umberto, Applicato del Servizio Materiale e Trazione

Ufficiale degli Alpini, di un reggimento veneto (il 6°: Battaglione Monte Baldo) fierissimo di essere alpino e «in gamba» per punire i barbari che nel fiore della giovinezza l’han strappato all’abbraccio della sposa fiorente e delle creature. È un temperamento entusiasta di guerriero, animoso e sempre allegro. «Gente allegra Dio l’aiuta» è il suo grido di guerra, tra i pidocchi, il fango e le granate.

Ancora al Deposito del 6°, a Verona, aveva assistito, con raccapriccio, allo strazio di creature inermi fatto dalle bombe di aeroplano gettate in Piazza dell’Erbe nel Novembre del ’15.

«Un enorme colpo che si propaga nell’aria come un boato, mi ha fatto sussultare. Subito dopo urli e fuga di gente in tutte le direzioni. Mai avrei potuto immaginare che un ordigno potesse portare tanta rovina. Riavutomi dall’impressione, mi son diretto dalla parte dove avevo udito lo scoppio.

Giungo alla piazza delle Erbe. Questa è una magnifica piazza antica e caratteristica ove è il mercato principale delle verdure. Ogni banco di rivendita è sormontato da un grande ombrellone bianco; nell’insieme, donano un carattere strano e artistico alla piazza. In questo centro della più quieta e innocente vita cittadina i prodi guerrieri, gli eroi, hanno fatto la loro guerra! Guerra agli inermi e ai fanciulli!

Appena son giunto sulla piazza, questa era deserta e ancora [p. 36 modifica]avvolta da un denso fumo nero che si elevava da terra in un cantone. Un rapido c istintivo sguardo dato ai palazzi privi tutti di vetri e alle finestre tutte aperte, e ho compreso la potenzialità dell’esplosione. Ma la micidialità non potevo immaginarla. Da una parte della piazza, sull’angolo di un palazzo a porticato, un mucchio di cadaveri ammassati confusamente e terribilmente sfracellati.... giacevano per ogni dove nelle posizioni più strane, orrendamente mutilati. Varie teste staccate dal corpo erano in terra insieme a gambe. Sui muri si scorgevano masse di materia cerebrale, mentre in terra il sangue sgorgante copiosissimo da quelle enormi ferite, andava arrossando tutto il ciottolato. Tra le vittime varie donne e bambini. Dopo esser rimasto qualche momento davanti a quel macabro spettacolo quasi rimbecillito, sono corso all’Arena dove il picchetto armato faceva già fuoco. Sono salito su anch’io e, imbracciato un fucile, ho fatto del mio meglio, sia sparando che aiutando nel comando il mio collega.... Purtroppo la nostra caccia è rimasta infruttuosa: «ma la vendetta non tarderà».

A questa si vota colla devozione intera delle anime semplici; vuole che anche i figliolini sappiano e ricordino che combatterà per loro.

24 Novembre ’15. «Mimmina adorata, il tuo babbo che è soldato e fa il suo dovere per la Patria assicurando a te, al tuo fratellino e a tutti i bambini come te, un avvenire pacifico e calmo in cui rigogliosamente si svilupperà la tua gioventù, ti bacia tanto, sempre, pensandoti insieme al birichino del tuo fratellino caro».

Durante la nostra controffensiva trentina, la primavera del ’16, si trova nel settore di Val Lagarina i giorni memorandi che gli austriaci son ributtati e travolti in Vallarsa dai magnifici difensori di Passo Buole. La ritirata del nemico ci apriva le più grandi speranze.

«Inutile ch’io ti dica che mai come ora mi sono sentito uomo. Dai giornali apprenderete le tante cose che qui accadono e potrei certo dirti anche ciò che i giornali tacerebbero, ma le [p. 37 modifica]cose sono così buone e belle che sarebbe infamia se i giornali tacessero. Perchè tacerebbero le glorie più fulgide del nostro esercito, dei nostri soldati meravigliosi? Ieri sera abbiamo ricevuto l’encomio solenne del Sovrano e credi che abbiamo sentito tutta l’immensa soddisfazione di essercelo meritato. Gli alpini, i nostri alpini son colmi di gloria. Son diventati il terrore leggendario dei vigliacchi austriaci che non appena sentono il feroce e bel Savoia! fuggono o si arrendono. Fra gli austriaci si è sparsa la voce che gli alpini quando non hanno più il fucile si difendono con i denti. E questo sai perchè? In corpo a corpo i nostri soldati a morsi hanno ferito molti dei loro.

Qui il buonumore non manca. Cosa vuoi che facciamo? Gente allegra Iddio l’aiuta, e noi abbiamo bisogno di quest’aiuto affinchè le nostre armi siano sempre vittoriose e gli austriaci seguitino a scappare. Come sanno correre bene! Specialmente per la discesa, quando qualche punta di baionetta alpina punge il culo o le reni. Sembra che questi soldati nella vita loro non abbiano imparato che a correre..... indietro. Certo che questo avviene quando vedon gli alpini. Non hanno torto: ora specialmente siamo tutti così brutti che è giustificata la loro paura. Abbiamo la barba lunga, tutti siamo neri e sembriamo tanti briganti. Il cuore certo non trema e guai a quelli che ci capitano fra le mani».

A volte il desiderio di casa, il desiderio di licenza lo brucia. Ma si riprende subito.

29 Maggio ’16. «Sono animato da molta tranquillità e dalla sicura coscienza del mio dovere per la Patria, per la nostra cara Italia che in questo momento ha bisogno di tutti gli sforzi, di tutte le energie, le più giovani e le migliori. Con questa fede e con l'affetto vostro nel cuore io vivo sicuro e forte, nella speranza, quasi certezza, che dopo la vittoria mi è dato tornare fra voi per prendervi tutti, come prima, fra le braccia».

8 Giugno '16. «Per chi comanda, per l'ufficiale, non ci deve essere riposo. Sempre vegliare alla sicurezza dei bravi ragazzi che quando occorre sanno far tanto bene. Qui abbiam [p. 38 modifica]sempre da fare: riorganizzare la posizione, migliorarla, accomodarla, farci cose nuove. Sorvegliare la pulizia dei soldati, insomma fare e ordinare un mondo di cose che ci vietano di trattenerci molto tempo a scrivere..... Sappiamo che in questo momento i malvagi non mancano e quelli che nell’anno passato cercavano di montare l’opinione pubblica con timori, ora tentano riprendere il sopravvento propagando notizie false ed allarmanti. Ma tutti i cittadini, tutte le donne d’Italia devono aver fiducia sapendo che le migliori forze, le migliori energie sono quassù a fare insuperabile barriera a qualsiasi tentativo del nemico. Il nostro motto, ancora mai smentito, lo sapete: Di qui non si passa. E ne sanno qualcosa i nemici cui fu fatto vedere un cartello con questa scritta su una posizione. Il valloncello sottostante fu riempito dei loro cadaveri».

25 Giugno ’16. «Non credere per questa mia speranza di pace che il mio entusiasmo per la difesa della mia Patria sia svanito. Al contrario, aumenta sempre più, perchè ora si manifesta più chiaro il bisogno di vincere l’odiato nemico se vogliamo che le nostre case, il nostro focolare, i corpi delle nostre spose non sian lordati dalle loro mani. Sempre, sempre, viva l’Italia, viva la libertà! La fede nella vittoria ora che abbiamo veramente misurato la nostra forza è aumentata, si è propagata in tutti. Ora più che mai si desidera vincere, abbattere, andare avanti. Prepara pure il bruschino per il mio corpo, ma non occorre, te l’assicuro, per la mia coscienza. Occorrerà per coloro che a parole amano la famiglia, la sposa, e giunto il momento di difenderle coi fatti, col sacrificio anche della vita, hanno avuto paura e si sarebbero prestati a mercanteggiarle con lo straniero, pur di avere pace al loro corpo e qualche centesimo di più sul lavoro. No, questo non sarà di me. Tutto per voi, e per la Patria che tutte le famiglie racchiude».

4 Luglio ’16. «Io sto bene, e tanta è la fede che sento l'incolumità. Gioisci, gioisci pure per le nostre vittorie. Eravamo sicuri perchè consci tutti del dovere sacrosanto che ci spetta. A [p. 39 modifica]voi forse costà distanti è potuta penetrare nell’animo la sfiducia, ma qui nè ufficiali nè soldati hanno mai pensato a rinunciare alla vittoria sul nemico e questa è venuta. Se la vostra gioia è stata grande, la nostra è stata immensa. Ora siamo felici e lo saremo ancora di più fra breve. Stai tranquilla che il mio buonumore non mi lascia mai. Poi, se anche qualche volta qualche pensiero non lieto ci passa per la mente ci sono tante cose che ci fanno cambiare pensiero!..... Se vedessi con che passione andiamo a scrutare nelle cuciture della camicia e della maglia!».

16 Luglio ’16. «Affettuosamente ti scrivo questa cartolina, non perchè mi manchi la calma in un momento bello, magnifico e fors’anche terribile, ma perchè non ho tempo. Sono dove occorre scacciare ancora il nemico dal nostro suolo. Occorre la baionetta e noi l’abbiamo bene affilata e temperata. È di buonissimo acciaio; non vi è petto, anzi natica che resista».

È l’ultima lettera, diretta al padre. La seguente, appena una settimana dopo, è del Cappellano del Battaglione.

«Se lei considera come questo sacrificio era volenterosamente ed anche lietamente contemplato dal suo Umberto, l’intima unione d’animo e d’ideale tra padre e figlio deve rendere più leggero il suo dolore. Suo figlio Umberto, sempre fedele nell’adempimento del suo dovere fino al sacrificio, si rendeva amabile ed esemplare ai soldati, da attrarli con sè in qualunque occasione il dovere lo comandava. E circondato da essi, il giorno 22 del corrente mese cadeva, in prima linea, mentre conduceva all’assalto il proprio plotone. Un proiettile di fucile nemico lo colpiva al collo. Cadendo egli esanime, quasi nello stesso momento i soldati suoi, dei quali pure alcuni lo circondavano, caduti per lo stesso ideale, gli coprirono il viso col tricolore e il corpo con un telo....».

Alla sua memoria fu decretata la medaglia d’argento dei valorosi. [p. 40 modifica]DANTI Alfredo, Applicato della Divisione Lavori, Sottotenente Artiglieria da Fortezza

Morto, vittima del dovere, nello scoppio di Spezia (3 Luglio ’16).

DE DOMINICIS Francesco, Frenatore, Caporal Maggiore 70° Fanteria

Caduto sul Carso per scoppio di granata, mentre nelle trincee di Quota 219 pagava ai compagni la cinquina. Vittima del dovere.

FERRACCI Ivo, Frenatore, Soldato 89° Fanteria

È un altro di quei generosi, che, per incoraggiare i parenti rimasti nella preoccupazione, tralasciano di analizzare la vita del fronte e tengon sempre desta la speranza di tornare. Che sana gioia di vivere nei suoi propositi di avvenire!

6 Luglio '17. «Il tempo fugge, speriamo che presto venga questa desiderata pace; ora bisogna che ci si faccia coraggio. Io, cara mamma, me ne son fatto tanto. Bisogna che ancora tu te ne faccia. Non devi pensare a me, che io sto bene e sono al sicuro..... Io finora sono in faccia al mio mare. Speriamo che presto potrò proprio vedere il mio mare nel quale sono vissuto sempre. Quel mare che è quasi tre anni che non è sfruttato, figu[p. 41 modifica]riamoci i pesci che ci saranno! ma verrò io presto a levarceli col mio fanaletto da bicicletta!

Ho ricevuto una cartolina dalla bella città di Firenze, ma speriamo che presto la vada di nuovo a trovare, da buon ferroviere, per dare un’altra prova di esame da guardafreno; così proprio starò bene.

Cara mamma, fatti coraggio: io è dal primo giorno che son soldato che me ne son fatto, figuriamoci ora! Stai allegra e non pensare a niente: fai come faccio io: io piglio il mondo come viene, mangio e bevo, quattrini non ce n’ho più, ma oggi c’è cinquina! Fatica ne facciamo poca e il mangiare non c’è male! Coi soldi che mi ha dato la ferrovia comprateci la bicicletta, così quando tornerò faremo delle passeggiate».

Erano i soldati più pazienti e più coraggiosi, questi affettuosi figlioli che si dimenticavano nelle memorie e nei progetti di avvenire. Nel fango della trincea cantavano il « Mazzolin di fiori »; morivano colla stessa semplicità delle anime buone nella quale eran vissuti.

GATTI Pietro, A. Applicato del Servizio Materiale e Trazione, Soldato e poi Sottotenente 2° Granatieri

Caduto combattendo, il 30 Marzo del '16, in Val Peuma, presso Gorizia. [p. 42 modifica]GIANNELLI Vittorio, Frenatore, Soldato Genio Automobilisti.

Andato in guerra nel Maggio ’15, vi trovava la morte nel Giugno successivo sul fronte trentino, colpito in pieno da una granata durante il suo servizio di conducente automobilista. Vittima del dovere.

GIUDICI Gino, Applicato della Divisione Movimento, Tenente 69° Fanteria

In guerra dal Luglio ’16, fu dei primi a metter piede in Gorizia italiana. Il 10 Febbraio ’17, nel respingere un contrattacco che mirava a riprenderci la città, cadeva colpito al capo da pallottola nemica.

GIORGI Giovanni, A. Applicato del Servizio Materiale e Trazione, Soldato di Fanteria

Rimasto orfano nell’adolescenza è stato allevato da uno zio materno. Così gli descrive la vita del fronte un mese prima di morire:

«..... La guerra, dicono, è una cosa orribile. Sì e no! Secondo l’umore più o meno grigio di chi pretende descriverla. Come si forma il guerriero? Il guerriero non si forma; chi ha un fucile è già guerriero, provetto. Ecco, per esempio, un ricordo. Quando, borghese, vedevo passare per le strade di Firenze i can[p. 43 modifica]noncini da 75, io sgranavo tanto d’occhi ed avrei pagato un milione per vederli manovrare. Orbene: io mi sono, perchè stanco, appoggiato al gigante 149 ed al mostruoso 305 senza che il mio sguardo si degnasse guardarli, come se fossero vecchie conoscenze. Eppure non li avevo mai veduti. Nulla ci stupisce, nulla ci fa meraviglia; diveniamo indifferenti a tutto. Si trascorrono le giornate e le nottate in trincea sotto l’acqua che inzuppa, sguazzando le gambe entro la melma, si scruta, si osservano i movimenti nemici, si spara; c’è chi, senza aspettarselo, muore; chi, senza sapere, rimane ferito e tutto ciò è una cosa troppo abituale che non commuove nè scuote, come se fossimo abituati a tutto sin da fanciulli. Al disopra delle nostre teste fischiano le granate e gli schrapnels e non ci curiamo nemmeno di veder dove cadono; eppure hanno un bel raggio d’azione! Andiamo, varchiamo, giriamo, sempre di notte, per monti, carichi di roba, per sentieri ignoti, bui, dove talvolta il nostro piede non sa dove appoggiarsi, facendo mille capriole, senza mai romperci il collo, nè farci una sbucciatura, come fossimo vecchi abitatori delle montagne. Quando le forze reclamano il riposo, ci sdraiamo sul suolo melmoso e ci addormentiamo guardando il cielo. Mangiamo, se il signor nemico permette, sempre di notte e sempre di notte lavoriamo. Quando abbiamo la fortuna qualche notte di essere liberi, ci rintaniamo, come le talpe, nei buchi e ci addormentiamo pensando alle famiglie e non alle granate che cadono d’intorno. Alla mattina ci leviamo e ci diciamo: guarda combinazione, son sempre vivo! E via dinuovo al lavoro, aspettando sempre qualcosa, magari anche la Pace. La nostra toilette è molto semplicizzata; non ci laviamo mai e così la nostra pelle incartapecorita è più resistente. Infatti, se da borghesi è facile raffreddarsi, da soldati, anzi da guerrieri, è impossibile. E così trascorriamo tra l’indifferenza e la noncuranza i nostri giorni, sempre pensando a voi e mai alla nostra pellaccia, cui, diciamo, pensa il nostro destino. Sia buono, sia cattivo, lo sfidiamo e così sia. Amen..... [p. 44 modifica] Carissimo zio, scommetto che tu in questo momento non hai il buonumore che ho io, e perchè? Ma lascia, zio, le malinconie; la vita non è che un breve passaggio e questo passaggio fa bene chi cerca di passarlo meglio che può. Ma tu, cuore buono, pensi al tuo nipote che manca, a quel nipote che col tuo amore e col tuo sacrificio sottraesti alle sofferenze umane.....

Ora che il tuo compito era finito e potevi vedere i primi resultati dei tuoi sacrifici, ora che potevi sperar di avere nella tua vecchiaia un appoggio almeno morale, la Patria ti strappa il tuo affetto. Coraggio! Tuo nipote non disdegna morir per la Patria, ti ricordi? Fui sempre patriotta e tu forse godrai anche di questo mio sentimento, amando anche tu l'Italia.... ».

GORI Foresto, Applicato della Divisione Lavori, Tenente 2° Genio

In guerra dal Maggio ’15, percorse tutta la carriera da Aspirante a Tenente.

Nel Novembre ’17 fu destinato ai colossali lavori di fortificazione del Grappa.

Il pericolo stringeva e non si risparmiò il Gori.

Senza tregua lavorò, giorno e notte, per sistemare a difesa il settore che gli era affidato. Era sempre in moto, coi suoi uomini e i suoi materiali, per i sentieri difficili, già ghiacciati.

Per troncargli la volontà, la granata che lo colse dovè troncargli la vita. (Val delle Saline, Col Beretta 22 Novembre ’17). [p. 45 modifica]GRADI Nilo, Frenatore, Caporale 271° Fanteria, 1ᵃ Sezione Lanciatorpedini, prescelto per il Corso Allievi Ufficiali

Scriveva nei giorni della grande offensiva sulla Bainsizza:

26 Agosto ’17. «Qua si avanza a bracciarm. Non si trova nemmeno un austriaco. Sono molto contento e sto benissimo».

23 Agosto ’17. «Quando sarò a destinazione (doveva partire per il Corso Allievi Ufficiali) vi dirò quanti prigionieri ha fatto l’Italia. Uno sproposito! Gli austriaci tutti dormivano e gli italiani, senza quasi punte perdite, presero un mondo di prigionieri. Il giorno dopo venivano di rincalzo colle automobili e rimanevano prigionieri senza che se ne accorgessero. Siamo alla fine, perchè gli austriaci, quando possono, vengono tutti prigionieri».

In questa speranza si è sacrificato.

LEPRI Aldo, Applicato del Servizio Materiale e Trazione, Sottotenente 121° Fanteria

Era il più giovane ufficiale di quel 121° che fu decimato dagli assalti alla «trincea dei morti» sul terribile Carso del ’15, il più crudele di tutta la guerra. Ma là se ne consumavano tanti degli ufficiali, che a venti anni, il Lepri rimase perfino il più anziano e tenne comando di compagnia.

Del resto ne dimostrava anche meno; magrolino, di tratti dolci e sensibili, anima di fanciullo.

Giacomo Venezian fu suo Maggiore. Il glorioso volontario, quasi vegliardo, amò quell’ufficialetto ragazzo che aveva ancora il «viso di mamma» ma tanta devota maturità nelle azioni. E lasciò nell’animo del suo subordinato un ricordo incancellabile. [p. 46 modifica]Giacendo sul suo letto di martirio, il ragazzo che, dopo 8 assalti alla baionetta, doveva struggersi oscuramente, di tifo, all’Ospedale, richiamava spesso quell’affetto paterno, nato davanti alla morte, come il segno più prezioso del proprio valore. «Mamma hai visto la morte del mio Maggiore? Mi voleva tanto bene! Mi voleva sempre vicino. Diceva: Stai con me, stai con me, Lepri».

Era partito, sottotenente, da Livorno, il 25 Agosto ’15, col presentimento di accomiatarsi dalla vita. Quelle ultime feste girava accorato le passeggiate per accattare un supremo sguardo di addio femminile. Nel diario saluta tutte le incognite che han fermato l’occhio su lui; saluto che va all’amore dei venti anni, così duro a rinunciare.

«Vi ricorderete del tenentino biondo e magro? Chissà? Tutto passa e passerà l’ufficialetto, ma io non vi dimenticherò mai, perchè mi rammenterete la giovinezza, la primavera, i più bei giorni della mia povera vita. Era destinato: dobbiamo dare in olocausto alla Patria tutto quello che abbiamo di più caro, vita, affetti, tutto; e lo daremo con tutta la baldanza, con tutta l’energia dei nostri vent’anni. Viva l’Italia».

Tre giorni dopo è nelle trincee più infernali. Su undici ufficiali partiti di retrovia per raggiunger la prima linea, arrivano lassù in due soli.

Ma noi non lo avremmo mai saputo, se avessimo cercato informazioni sulle lettere ai genitori.

Per questo tenero figliolo i genitori van tenuti tranquilli. Debbono sapere soltanto che al fronte si mangia bene «braciole con patate fresche, spinaci, caffè molto buono». Che i soldati «son bravi ragazzi»; che «c’è una familiarità tra ufficiali e soldati che fa molto piacere», che «gli austriaci scappano e si va avanti bene».

28 Agosto ’15. «Gli austriaci sparano sempre notte e giorno, ma noi non abbiamo nessuna paura e si va sempre avanti». «Questi austriaci hanno una paura matta della baionetta; in trincea fanno un fuoco indiavolato: quando poi arriviamo là, alzano le [p. 47 modifica]braccia implorando «Bono taliano, bono taliano» e si danno prigionieri con una facilità estrema....», «Qui siamo già molto avanti e si spera di andare avanti ancora....». Che la salute regge: «Come state voialtri? State allegri che qui stiamo abbastanza bene..... scusate se scrivo male, ma sono sdraiato a terra perchè le pillole frullano per aria..... gli austriaci ne buscano che è un piacere..... Questo Reggimento è già da 40 giorni che si batte, ma il morale è sempre alto».

4 Settembre '15 (a riposo). «In quanto alla mamma bisogna che non s’impressioni perchè ora sono al sicuro. In quanto all’allegria tutto ci fa stare allegri; qui facce afflitte non ci sono. In quanto alla salute sto benissimo come mai non sono stato. In quanto al coraggio, qui non manca: ormai tutti sono veterani».

Solo dal diario intimo e da una lettera riservata a terzi, sappiamo la verità vera. Eccola.

30 Settembre '15. «Affogato nella tenda (dico affogato perchè la tenda è un lago: non so come mai ancora non vi siano venute le ranocchie) ti scrivo questa mia tanto desiderata lettera..... Partito da Firenze il 25, arrivammo a S. Pietro Isonzo nel pomeriggio (del 26); qui ci mettemmo la tenuta di guerra mentre il cannone rombava. Partenza in camion fino a Polazzo; di qui subito in trincea. La nostra posizione era fra Monte S. Michele e Monte Sei Busi; salimmo in undici su; soltanto io e un altro dovevamo rimanere incolumi. Gli austriaci ci scorsero e cominciarono contro di noi un fuoco d’inferno. Un certo momento sentii un colpo alla coscia: credetti di essere ferito; invece non era altro che una scheggia di rimbalzo. Le pallottole fischiavano in mezzo al miagolio degli schrapnels e gli schianti delle granate. Per fare un discorso corto: in prima linea arrivammo solo io e un altro. Gli altri: sei feriti, un morto, due pazzi, uno dei quali impazzì accanto a me: conservo sempre il segno dei morsi che mi dette: mi aveva preso per un austriaco.

Passai la notte in trincea; la sera dopo all’assalto. Questo non so raccontarlo perchè ci vorrebbe la penna di d’Annunzio; [p. 48 modifica]io sono incapace. Avanzammo cento metri; occupammo una trincea: due mitragliatrici, duecento prigionieri. Facemmo una nuova trincea sotto il fuoco nemico. Fino al 31 in trincea sotto continuo fuoco. La notte del 31, attacco austriaco con nostro contrattacco. La mattina dopo venimmo a riposo tutti rossi, perchè in quel punto del Carso quella poca terra che c’è è argilla rossa; poi tutta roccia. Scendemmo a S. Pietro; dovemmo scappare inseguiti dal fuoco dei 152 fino all’Isonzo..... Il 121° da 3200 uomini fu ridotto a circa 900. Ufficiali morti 9, feriti 60, prigioniero 1. Soldati morti 350, feriti 1425, prigionieri 200, il resto malati. Dice il nostro Generale di Brigata che abbiamo raggiunto «l’aristocrazia delle perdite».

28 Agosto ’15. «Il cannoneggiamento nelle nostre teste continua incessante. Tutta la notte è stato un crepitìo di fucileria. La guerra di notte fa un effetto stranissimo. Si vede tutta la collina illuminata tratto tratto dai bagliori e in mezzo al crepitìo della fucileria, al miagolio delle pallottole, si sentono i gridi mesti delle guardie: «All’erta, sentinella!» «All’erta sto!». Il pensiero vola alla famiglia lontana, ai bei momenti trascorsi che forse non torneranno più. Ci prende la malinconia, la voglia di piangere. Cerchiamo il sonno che non viene, ci rivoltiamo nella nuda terra, cercando un posto un po’ meno scomodo e finalmente, stanchi e colle membra rotte, ci appisoliamo pensando alla mamma.

Ore 17.30. Continua furioso il bombardamento; nella trincea di sotto è morto un soldato e un caporale rimasto ferito».

29 Agosto ’15. «Domenica triste. Domenica. A quest’ora lei va a messa tutta bianca nel suo abitino alla moda e chissà se pensa al povero tenentino sdraiato o per meglio dire rannicchiato in una trincea costantemente colpita dai 149, tormentato da un perenne mal di pancia, mezzo soffocato dal fetore dei cadaveri che marciscono su questo Carso inospitale. Isonzo, Carso, che parole lugubri! Quanti eccidi, quante stragi, quante vite umane giovani e piene di speranza furon troncate in questi paraggi! Ogni sasso, ogni zolla, ogni fosso rappre[p. 49 modifica]senta un sacrificio, forse un eroismo o una vigliaccheria. Tutto parla qui, ma tutto parla di morte. Quelli che non parlano più sono gli infelici travolti dalia corrente vorticosa di questo triste fiume e i valorosi morti sulle balze dove giacciono ancora scarniti, pasto alle mosche cadaveriche e ai vermi.

Tutto per la Patria. O Italia, come farai a ricompensare tanti eroismi? Non potrai mai, perchè bisognerebbe render la vita, che è il più gran tesoro, a questi giovani eroi.

Dobbiamo tornare sul Carso? Torneremo, ma le nostre ore saranno contate. Pugneremo, vinceremo: morremo per te, Italia: o Italia grande! O Italia bella!».

8 Novembre 15. «Ancora in prima linea. Da ieri non vado di corpo, non mangio, non bevo, non è venuto su neppure un gocciolo d’acqua. Stanotte quattro allarmi con fuochi accelerati. Non abbiamo più cartucce. Nella trincea non possiamo neppure stendere i ginocchi: dolgono maledettamente».

11 Novembre ’15 (ore 2 di notte). «Dio mio, che giorno, che notte, non ho il coraggio di mettermi a scrivere. Gnatelli, il buon Gnatelli è morto colpito alla testa mentre andava all’assalto della trincea dei morti. Dunque il 123 doveva andare all’assalto; ma dopo 4 ore di fuoco d’inferno non si è mosso. Alle 16½ è venuto l’ordine per noi di avanzare a tutti i costi. Siamo avanzati. Abbiamo cominciato a spingere i soldati per quel camminamento che mai dimenticherò. Intorno a me cadeva un diluvio di bombe a mano; le pallottole fischiavano maledettamente; morti, feriti, chi imprecava, chi si raccomandava, chi si lamentava. I soldati non avanzavano se non a colpi di moschetto e di baionetta. La 6ᵃ, con parte della 5ᵃ, 7ᵃ e 8ᵃ, ha conquistato il trincerone, per modo di dire, perchè è di 40 cm. Dopo aver tentato invano di mandare il resto del battaglione per il camminamento, sono andato a raggiungere il Capitano nella trincea nemica e lì, sdraiato a terra in una pozza, sotto una pioggia torrenziale siamo rimasti fino all’una di notte. Intanto il Maggiore coi soldati rimasti nel camminamento ha tentato di avan[p. 50 modifica]zare sulla destra contro la trincea dei morti, ma a causa di solidissimi reticolati è stato respinto 3 volte: è allora che Gnatelli è morto alla testa del suo plotone..... Nella trincea occupata era impossibile rimanerci perchè eravamo isolati. Gli Austriaci venivano avanti da tutte le parti. Dopo una feroce lotta corpo a corpo siamo stati obbligati a retrocedere nelle antiche posizioni. Tornati nella buca del Comando è stata una scena commovente: tutti piangevamo ».

14 Novembre ’15 (ore 19). «Dopo due giorni di febbre sono arrivato in trincea. Quale disastro! Il Maggiore è ferito gravemente alla testa; Verdiani è ferito; è stato trovato il cadavere di Zallocco morto la sera del 10..... sono solo ormai; non ho più una persona cara vicino a me. Ormai è destinato che debba lasciar la vita su questo Carso che tanto mi ha fatto soffrire..... Gnatelli dorme là nella buca; una croce con una piccola iscrizione ricorda come il nostro caro estinto sia morto gloriosamente alla testa del suo plotone contro ai funesti reticolati della trincea dei morti. Piove ancora. Brillerà ancora un raggio di sole in questa mia triste esistenza? Solo il rumore della pioggia e il crepitìo della fucileria, rispondono. Cosa faranno il babbo e la mamma in questo momento?».

Poi è di nuovo febbre. Ma bisogna reggere fino al cambio per non passar da vigliacco. Poi ancora assalto.

27 Novembre ’15 (ore 16). «Andiamo all’assalto. Che Iddio ce la mandi buona. Si vede che ancora siamo in troppi per andare a riposo».

Poi è di nuovo febbre.

«Ammalato, sempre con 39,5 di febbre».

E la scrittura si fa tremante e confusa. La malattia, trascurata, si dichiara grave. Ma ai genitori seguitano ad arrivare fino all’estremo le rassicuranti franchigie.

«Non è niente; i soliti affari intestinali che mi son capitati tante e tante altre volte». «I soliti disturbi intestinali e un po’ di strapazzi». «Non è niente. Sempre all’Ospedale con la feb[p. 51 modifica]bre, ma non è niente». «A causa della malattia chissà se potrò arrivare in licenza». «Sono ancora ammalato: non state in pensiero: scusatemi con tutti se non scrivo, ma mi stanco e da letto non posso».

Perchè non si allarmino debbono arrivar sempre franchigie di suo pugno, con la sua scrittura: anche nel delirio la mano, che più non regge la penna, cincischia, quasi indecifrabili i segni abituali.

«Sono sempre ammalato, niente di grave: sono le solite cose».

Alla fine arrivano i genitori. Ormai lo possono sapere, che la morte non ha misteri. Basta che mamma perdoni la bugia tanto prolungata; ora dovrà soffrire, ma prima non è stata in pena.

«Mamma, ti ho sempre tenuta tranquilla vero?».

MAESTRIPIERI Alberto,Applicato del Servizio Materiale e Trazione, Tenente 38° Fanteria, Comandante il 1° Reparto Lanciatorpedini

Faceva parte della gloriosa Brigata Ravenna (37° e 38° Fanteria). Chi entrava in quella doveva sposarne anche l’impeto aggressivo.

15 Aprile ’16. «Sono a sedere sulla mia branda, dentro la mia baracchetta, mentre fuori sta per venire un acquazzone terribile. Anche i soldati non si trovano tanto male perchè hanno le loro baracche tutte coperte. Il nemico ci lascia stare abbastanza calmi. Col fucile, però, nel punto dove le trincee si trovano a 10 o 12 metri, specialmente di notte, ci getta bombe. Ma se loro ne gettano 10, noi ne gettiamo 20. Inquanto alle artiglierie nemiche sparano spesso, ma subito rispondono le nostre con tiri [p. 52 modifica]52 bene aggiustati e le riducono al silenzio. Se loro sparano un colpo j di cannone, ne ricevono 10». 5 Giugno ’ 16. «Sto benone. Siamo pronti a difendere a qualunque costo il nostro bel paese. So che gli austriaci ricevono continpamente batoste e tra pochi giorni spero anch’io di cooperare a batterli completamente». Nell’Agosto ha il comando di una sezione lanciatorpedini. La controffensiva trentina ha risollevato gli animi; non vede l’ora di adoprar le sue armi micidiali. 9 Agosto ’16. «Qua siamo entusiasti per il buon colpo dato agli austriaci. Speriamo di poterli schiacciare. Quando avrò ocI casione di fare un’azione con i miei pezzi voglio stordire tutte quelle canaglie, che nessuno metta più fuori il becco dalla trincea». E sì che si era battuto duramente! In una lettera retrospettiva son ricordati, tutti insieme, gli assalti di Piava, la resistenza formidabile sul Novegno di Val Posina e la successiva riavanzata da Monte Giove al Seluggio. 17 Agosto ’ 16. «A Piava stavo magnificamente; avevo una buona trincea che si trovava a pochissima distanza dal nemico. Di giorno quasi sempre calma; però la notte ci divertivamo a • «far lo scambio di bombe. Se gli austriaci ne gettavano 10, io ne facevo gettare 50. Una volta essendomi seccato perchè gli austriaci si tenevano più calmi del solito, pensando che gli venisse l’idea di farci qualche brutto tiro, mi venne in mente di gettargli una bomba incendiaria, la quale, non avendola appoggiata bene sulla trincea, mi ferì alla mano sinistra, però leggermente. Allora gli austriaci, vedendo quel chiaro, si fecero risentire e gettarono una diecina di bombe; ma appena mi fui fasciato mi volli vendicare. Fatte prelevare più di 100 bombe, seguitai, aiutato da un caporale, a buttargli quelle pillole per tutta la notte, dimodoché li costrinsi a non dormire. Là mi trovavo bene; ormai avevo fatto conoscenza coi nemici di fronte; con loro conversavo a lancio di bombe a mano [p. 53 modifica] Gli austriaci nella loro offensiva (della primavera ’16, dal Trentino) hanno fatto bombardamenti terribili: io ricordo solo quello del 18 Giugno sul Giove: non vi era palmo di terreno che non fosse battuto da granate di grosso calibro, ed io, come pure tutti gli altri, siamo stati per ben 13 ore senza muoverci da una roccia, attendendo che una granata venisse a colpir quella roccia la quale avrebbe sepolto molti e molti individui. Tutti gli altri giorni quella musica durava da 4 a 5 ore; però, infine, sono stati costretti a ritirarsi e noi alle calcagna di roccia in roccia ad altezze di più di 1500, sopra burroni di cento e più metri, li abbiamo inseguiti per ben cinque giorni senza sentire nè la stanchezza nè i disagi. Se mi era arrivato in tempo il materiale, sarei ritornato a quest’ora sull’Isonzo ed avrei preso parte anche io alla magnifica offensiva verso Gorizia. Appena arrivavano i Bollettini, tanto io come gli altri piangevamo quasi per non aver preso parte alla occupazione di Gorizia, non per la città, ma perchè per ben 12 mesi ci eravamo battuti continuamente per quella. Gli austriaci credevano di averci abrutiti compietamente con i loro bombardamenti, ma però facevano i conti senza l’oste perchè, tanto per darvi un’idea, dopo un bombardamento di quel genere, credendo che si fosse tutti morti, vennero all’assalto con i plotoni affiancati e cantando. Appena noi ce ne accorgemmo cominciammo a sparare e a lanciar bombe a mano; le mitragliatrici cominciarono a sparare, i cannoni da montagna che erano in linea con noi sparavano a mitraglia. Quella musica durò un bel pezzo; però furon costretti, quei pochi che rimasero, a ritirarsi lasciando sul terreno migliaia di morti, e da allora non gli venne più l’idea di ritornare all’assalto. Quando andavo a far le istruzioni colla mia sezione (lanciatorpedini), prima della famosa avanzata, tutti, ufficiali e soldati, ridevano vedendo quell’apparecchio semplicissimo e mi sbeffavano, ma quando hanno appreso l’efficacia di quelle trappole (così le chiamavano loro), han principiato a invidiarmi e tutti vorrebbero essere nel posto mio. [p. 54 modifica]Quando faccio un’azione, in meno di 10 minuti con 6 pezzi lancio addosso ai reticolati e al nemico più di 370 chilogrammi di alto esplosivo e più di 750 chilogrammi di ferro, il quale gli arriva in tante piccole lamine che tagliano più di un rasoio. Ogni torpedine ha uno scoppio così forte che sembra un trecentocinque. Non ti puoi immaginare il fracasso che faccio in quei 10 minuti!.... Sono orgoglioso di comandare un reparto così utile alla nostra Patria L’unico pensiero che ho è per te, babbo e mamma, e poi il dovere che in questo momento la Patria mi richiede». Tornato all’Isonzo, il 15 Febbraio ’17, è chiamato ad abbandonare il comando della sezione per sostituire, in combattimento, un Capitano del 37, caduto. Tre giorni prima di immolare la sua giovinezza alla Patria, scrive ancora, sereno: 11 Febbraio ’17. «Non state in pensiero, perchè presto tornerò alla mia sezione, però triplicata: cioè comanderò una Batteria (tre sezioni); così, tutte le notti, mi divertirò a salutare i signori austriaci che, a quanto pare, avrebbero delle idee molto belle; ma col fante della nostra gloriosa Brigata c’è poco da fare, perchè li accogliamo come si deve, cioè fucili, bombe, torpedini, mitragliatrici e cannonate, ridendo come pazzi quando la mattina vediamo sparsi sul terreno diversi corpi di loro che faranno da concime a queste terre. Avanti di noi vi era un’altra Brigata che forse aveva paura dell’austriaco e si faceva ogni tanto mettere il piede su qualche parte, ma adesso è tutto l’opposto: davanti ai signori austriaci si trovano i gloriosi fanti della Brigata Ravenna: prima di retrocedere un passo bisogna che reggimenti intieri di austriaci si distruggano contro le loro armi». [p. 55 modifica]55 MARTELLI Umberto, Applicato della Divisione Movimento, Sottotenente 248° Fanteria * * Era un carattere esuberante e appassionato. Fin dallo scoppio della guerra europea fu interventista convinto e a tale scopo fece propaganda attivissima che gli valse l’ammirazione di amici di fede e noie non poche da avversari implacabili. Al momento dell’intervento italiano, pur essendo esonerato come movimentista, chiese di prender parte alla guerra. Gli venne negato. Era il suo bisogno dominante, non soltanto per coerenza politica, ma per la sete che lo ardeva di redimersi di qualche trascorso giovanile, nella disciplina e nel sacrificio. Incidenti di servizio provocarono, più tardi, il ritiro della esenzione e potè soddisfare il suo sentimento arruolandosi nel 1° Granatieri (Settembre ’16). Parti, protetto dalle preghiere di mamma e della fidanzata. 19 Gennaio ’17. «se la fortuna non mi assiste, se l’amor tuo e di mamma mia cara non vegliano su me, se le vostre preghiere non mi proteggono, io potrei fra poco esser morto e se debbo morire, vorrei morire col sorriso sulle labbra Sapendomi amato, morrei sorridendo alle sacre immagini della mia adorata, di mamma mia, della mia Patria». 21 Giugno ’l7. « A me che, lontano, ho il duplice compito di lottare per vincere il nemico d’Italia ed il passato doloroso per formarmi una nuova vita..... fa che non manchi mai l’appoggio del tuo amore....». Nel Luglio ’17, dopo aver preso parte a vari combattimenti, era nominato sottotenente nel 248° Fanteria. Il 19 Agosto cadeva sul Monte Santo. [p. 56 modifica]56 MARTINELLI Nicola, Manovale del Deposito Combustibili di Pontremoli, Soldato 1° Reggimento Alpini *# Caduto il 20 Maggio del ’16, combattendo nel Trentino. MARTININI Gino, Portiere dell’Ufficio Ragioneria * * È morto nel Maggio '17 in un’azione sull’Hermada. Pochi giorni prima scriveva alla moglie, riboccante di affetto. 24 Maggio ’l7. «Da un momento all’altro potrei andare in trincea. Quel che mi raccomando: fatti più forte che puoi. Bacia tanto per me la mia cara ricciolina che mi par sempre di vederla e dille che il suo babbo non la dimentica mai. Coraggio e speriamo a bene». MENGOZZI Baldo, Applicato del Servizio Materiale e Trazione, Sottotenente M. T. 153° Fanteria «•* «*• Era uno dei migliori tiratori della Società di Tiro a Segno di Firenze; tiratori toscani e italiani «usi a vederlo sui campi di tiro, ricordano la bontà e la giovialità del suo carattere e la sua devozione alla Patria». Anche lassù, in trincea, si pensa a utilizzare la sua ottima mira nel tiro d’imbroccata alle feritoie nemiche, e il suo comandante ricorda che sparava mostrando tale letizia, quando i colpi entravano nelle feritoie avversarie, che i colleghi si divertivano. [p. 57 modifica]57 per farlo confondere, a negar che le avesse infilate. In realtà la sua indole generosa ne soffriva e scriveva a casa:

  • Mi ordinano di tirare alle vedette nemiche. Mi ripugna

tirare così a fermo; ma son comandato e nel compiere il mio •dovere il braccio non trema». È affettuosissimo, tutto famiglia. Le sue lettere son numerate progressivamente e altrettanto ha voluto facessero i suoi di casa per saper subito se qualcuna fosse smarrita e non stare in pensiero. Quando apprende che la mamma ha dovuto andare dall’oculista la prega di rallentare «tutta questa scritturazione con me» cioè proprio le lettere, il conforto più gradito al combattente lontano. Ricevuto dalla fidanzata un fazzoletto tricolore, alla vigilia •della grande offensiva trentina, lo careggia come una reliquia: «Sul mio cuore porterò sempre quel simbolo, e rinvoltato nel fazzoletto terrò il ritrattino che mi hai inviato: quello della persona più cara della mia famiglia. Solo a prezzo della mia vita potrebbe essermi tolto il dono che mi hai fatto». 15 Maggio ’16. «Che fortuna poter pensare a lavorar tranquillamente nella propria casetta! Nessun desiderio sento più forte che quello di poter un giorno godermi la mia pace domestica colla mia famigliola vicino a voi! Non pensiamo a tante belle cose. Ora sono apposta quassù per tutelare la sicurezza e il benessere presente e futuro di tante di queste famigliole, perciò non è il caso di pensar per me solo». È credente e la fede religiosa gli fa guardare con serenità al possibile sacrificio. • «Coscienza netta, sentimenti elevati possono avvicinare a Dio, spingere al sacrificio di sè stesso anche completo. Fortuna, attenzione, audacia, abilità possono risparmiarlo. Nulla è da rimpiangere anche se a danno proprio, quando è a beneficio di altri». Questi i suoi pensieri dominanti, in Val d’Astico, nel cuore dell’oflfensiva austriaca, la primavera del ’16. La ridente vallata fogazzariana è un vulcano; giù dall’ultimo orlo di montagne, dal Cengio, dal Paù, dal Summano che guardano la pianura vicen [p. 58 modifica]58 tina, straripano le divisioni della Strafe-expedition, ubriacate dalla speranza di vino, donne, Milano. È disperata difesa la nostra, allo scoperto, su montagne così arretrate, senza fortificazioni. E deve aver passate giornate orrende sull’Altipiano sopra. Cogollo, dove era già arrivata qualche pattuglia in ricognizione. Ma scrive, sempre calmo, che la prova lo perfeziona moralmente, lo migliora. 84. Cogollo, 24 Maggio ’16. Cara Mamma, «Sono sotto la mia tenda, perchè pioviscola, e non vi sto male. Vi è un calduccio straordinario perchè, come sai, insieme a me vi è Maestri e Tornasi. Come si fa presto l’abitudine a tutto! Mi par quasi che si possa vivere anche senza casa e senza letto. Mi manca ogni comodità, ma non le cose principali. Oggi mi sono fatto la barba: ho legato lo specchietto ad un alberino e per lavarmi mi facevo versare sulle mani l’acqua della borraccia. Per scriverti mi arrangio con una tavoletta sulle ginocchia, ma - credi è un affare serio. Per di più ho finito l’inchiostro della penna e la boccia l’ho nella cassetta. Nella cassetta ho tutte le mie care lettere, ho tutti i miei ninnoli e così sono, ovvero siamo, addirittura disperati per questo. I cariaggi non arrivano su queste ripide balze e così dobbiamo adattarci. L’essenziale è che ora siamo al sicuro, stai certa, e che si fanno tali opere di difesa, che se vengono fin qui i signori* austriaci troveranno un osso duro. Il nostro servizio è tuttavia gravoso. Si tratta di fare dalla mattina alla sera trincee ed opere di fortificazione. Ma non mi lamento più di nulla, avendo provato di peggio. Ora mi giungono vostre lettere alle quali più di prima risponderò a sbalzi, non potendo tener dietro all’ordine. Ne ho nel portafogli, per le tasche, nello zaino e prima di trovare quella che voglio mi ci vuole mezz’ora. [p. 59 modifica]5» Babbino mio, Da tutte le mie ciancie scritte a tutti voi, potrai apprendere che la mia vita è molto movimentata e zingaresca. Potrai pure vantarti di avere un figlio guerriero benché ciò sia, tengo a dichiararlo, per sola necessità brutta e non per volontà. Su ciò sono molto cambiato di opinione e cerco di formarmi un giusto criterio delle cose che assisto, vedo e faccio. Certo è che questo è un crogiolo dove si temprano le anime e le volontà, e quelle che ne potranno uscire non potranno più tanto facilmente esser piegate *. È lui che fa coraggio ai suoi di casa; la fede religiosa si fa più intensa e più vicina man mano che cresce il sacrificio. 29 Maggio ’16. N. 91. «Io, vedi, che ammetto quale calamità grandissima, per un genitore, avere un figlio in guerra; ma una volta successo questo, la ragione bisogna che detti la forza necessaria per subirne le conseguenze con freddezza e rassegnazione. Il giorno ch’io partii per il fronte sentii maggiore rincrescimento di ora che vi sono, e questo per la legge naturale di adattamento che già mi fa fare l’abitudine anche alla guerra. In quanto al resto, io sono pronto a tutto se dovrà avvenire qualcosa di più brutto; e così bisogna ragionare per vivere meno peggio. Aggiungere da noi stessi alle pene fisiche altre morali proprio dipendenti da noi, sarebbe una colpa. Ma ormai credo fermamente nell’esistenza di qualcosa di superiore a questa meschina nostra esistenza, che non mi appare proprio altro che una traversata più o meno lunga, più o meno scabrosa che l’uomo deve fare per innalzarsi ad una esistenza più perfetta. E tanto più in alto giungerà nella sua perfezione, quanto più faticosi saranno stati la via e i mezzi per raggiungerla. Ma già pare che le cose migliorino. Trinceramento rafforzato. Attesa che si cerca di allietare fra noi. Ci facciamo frequenti visitine fra amici, ci si racconta qualche curioso episodio, qualche buffonata. La mensa ha ripreso [p. 60 modifica]il suo regolare andamento, la posta spero abbia fatto lo stesso, i pericoli ed i disagi sono molto diminuiti dal primo giorno che sono venuto in questo luogo, quindi coraggio e speranza. Io ormai sono così rassegnato, pronto a tutto, che vo pian piano riacquistando la mia tranquillità. Però perchè sempre ho fiducia nell’avvenire. Mi sembra che le cose non debbano andare a finire troppo ornale. Ne ho il sicuro presentimento. Ora noi abbiamo una ottima linea di resistenza e il nemico, mi pare che senza l’appoggio dei formidabili suoi forti, valga proprio un fico secco. Dopo la visita di giorni or sono di Sua Maestà e di Cadorna, e dopo alcuni loro provvedimenti capitali la situazione è cambiata. Sono giunti rinforzi che non c’è da temere. Io l’ho vista brutta i primi giorni. Ora siamo tanti e l’unione fa la forza». Aveva visto felicemente i segni della riscossa italiana. Ma il giorno del premio lo trovò nella schiera dei sacrificati. Scrive il suo Comandante: «Egli cadde a pochi passi da me ed io accorsi subito, ma la morte fu istantanea. Non solfrì nulla, assolutamente, perchè la morte fu fulminea. Fra le reliquie vi era una bustina chiusa con la scritta: La tua mamma adorata. Vi è il fazzoletto tricolore col medaglione della sua fidanzata Il povero Baldo non pensava che a loro e alla sua fidanzata, ma seppe morire gloriosamente Il dispiacere di noi tutti fu intenso, conoscendo la bontà, la generosità sua. Fu una vera perdita per il Battaglione». [p. 61 modifica]6t MICHELAZZI Odolando, Manovale della Divisione Materiale e Trazione, Soldato 28° Fanteria **• In guerra dai primi del Giugno ’15; nell’Agosto ’16, sul Carso, prese parte alle avanzate sulle alture a nord di Gorizia per liberare la città sempre esposta. Sul S. Marco riportò un terribile squarcio alla gamba, da scheggia di granata. L’infezione sopraggiunta lo tenne per oltre un mese in alternative di morte e di vita che sopportò stoicamente. Morì il 26 Novembre successivo. i MINUTI Giovanni, Applicato dell’Ufficio Contabilità Prodotti, Sottotenente Comandante una Sezione Mitragliatrici sull'Isonzo •>* J* Di schietta famiglia mazziniana, è stato allevato nella religione del dovere. Ginnasta, campione di canottaggio, saldo di reni come di cuore, è bello vederlo sull’attenti in una fotografia della partenza: la testa ben diritta sul petto quadrato empie, senza resti, la vasta giubba di semplice fante; il suo moschetto è imbracciato con decisione, c’è il piglio ardito del volontario pronto a tutto nell’alta e fiera persona. Gli è che nell’ambiente domestico e in quello della Fratellanza Artigiana, che tanti martiri volontari ha dato alla guerra d’Italia, aveva già fatto le prime prove del sacrificio. Ai tempi della insurrezione albanese, nell’’11, partiva per raggiungere quei combattenti per l’indipendenza della propria terra. Nell’opera di soccorso ai terremotati della Marsica meritava una medaglia d’argento. Nel ’14, appena fatto evidente il piano tedesco di schiacciare la Francia, ardente di sdegno perchè è vie [p. 62 modifica]62 tato il passaggio delle Alpi, tentava con pochi amici, a Livorno, di organizzare una spedizione per mare che gli permettesse di toccare il suolo caro alle sue simpatie repubblicane e mettere le sue forze a servizio del popolo francese. Da Livorno partiti in un barco a vela verso la Corsica, presero un fortunale che per poco non capovolse la fragile imbarcazione: approdati a Capo Caso e per Nizza entrati in Francia, si concentrarono nel Battaglione Mazzini, sciolto poco dopo per intervento diplomatico. I tempi non erano maturi. Ma il 24 Maggio, trova Giovanni Minuti in grigioverde, felice di partir cogli amici. È Ja buona: «Finalmente si parte, finalmente si va a compiere il nostro dovere! >. Soldato obbligato alla gavetta, mentre era tanto più alto il tono di vita familiare, arruolato in quel 127 (Brigata Firenze) che i primi tempi preoccupava per la sua poca omogeneità, pure non c’è nelle sue lettere il minimo lagno pei disagi della nuova condizione di vita o il morale deficiente dei compagni. Servendo la buona causa non ha posto per la critica: è tutto azione, volontà di bene, fiducia. 26 Maggio ’15. «Il reggimento va pian piano assuefacendosi al pensiero della lotta prossima ed anche i più refrattari incominciano ad anelare di trovarsi al più presto sul fronte». 27 Maggio ’15. «Si dice che* la nostra destinazione sarà Udine, per quindi procedere alla occupazione di qualcuna di quelle località che i nostri già gloriosamente conquistarono. Ma infine giungerà anche per noi il momento di batterci ed è ciò che dopo tutto io desidero ardentemente, poiché ben triste sarebbe il ritorno a Firenze senza aver compiuto il mio dovere di italiano e di repubblicano». «29 Maggio ’ 15, Udine. «E da due giorni che piove: figuratevi lo stato delle nostre tende. Ma tutti i sacrifici sono sopportabili quando sono fatti per un fine nobile e patriottico quale quello che volentieri ho accettato, non ignaro di tutti i disagi da sopportare...». 12 Giugno ’15. * L’entusiasmo è nella gran massa nostra.altissimo; del mio morale non vi parlo chè non lascia nulla a desi [p. 63 modifica]63 derare Faccio parte del sistema di avamposti; stasera monterò, invece, nelle posizioni assegnate alle piccole guardie ed alle vedette. Maggiore onore non mi poteva toccare. Sono lietissimo. L’Isonzo, intanto, pare sia attraversato in più punti. Evviva! *. 17 Giugno ’15. «I paesi che attraversiamo sono abbandonati e deserti Malgradò tutto, però, non viene mai meno in me quell’entusiasmo e quell’ardore che mi hanno sempre invaso prima e che ora mi riempiono l’animo Sento dei grandi arruolamenti di volontari che hanno avuto luogo in questi giorni ed è bene che in prima linea figurino gli amici di fede. Io ero stato proposto dal Capitano per dattilografo presso il Comando della Brigata; ma tale incarico declinai "per il fatto che avrei abbandonato gli amici e disertato il fuoco. Ne ebbi, pertanto, l’elogfc) dello stesso Capitano che si mostrò meco lietissimo di avere così buoni soldati da adoperare per la difesa della Patria. Di tale elogio mi sentii soddisfatto. E spero che a voi tutti non dorrà una tale rinunzia». A quel suo ottimismo generoso i fatti dovevan dare ragione. 25 Giugno ’15. «Ho oltrepassato l’Isonzo l’altra notte, correndo però serio rischio di essere colpito dalle granate e dagli schrapnels nemici che ci bersagliarono poco dopo l’arrivo sulla sinistra del fiume, nel quale cadevano a migliaia schegge e pallottole. Non un momento di debolezza in nessuno di noi, che eseguimmo in bell’ordine tutti i comandi, il che ci permise di ripararci in appositi trinceramenti, ove ci trovammo al sicuro o quasi. Pochi furono così i feriti, e tutti leggermente. Aneli’ io «orsi pericolo e fu solo mercè lo zaino che mi salvai da una pallottola. La fortuna comincia ad arridermi. Avanti dunque! Viva l’Italia!». Passato il fiume, il reggimento si trincera in difficilissima posizione, a mezza costa dell’imprendibile Monte Cucco. Ma il Minuti considera il maggior rischio come un onore. 5 Luglio ’15. «Sono in trincea! Una trincea di primissima [p. 64 modifica]64 linea che serve, oltreché da estrema difesa delle terre conquistate,, anche di confine nuovo e provvisorio d’Italia. Un passo e possiamo dire di essere in territorio irredento. Le trincee nemichesono a breve distanza da noi. Però, malgrado tale vicinanza, da ambo le parti stasi guerresca. Solo il cannone col suo tonare frequente rompe il silenzio incantevole di questi amenissimi luoghi. 0 meglio: vi è anche «Cecchino il tiratore» che ogni tanto si fa vivo con qualche sua fucilata; ma gli effetti che raggiunge cominciano a esser più limitati. Poi lo scoveremo e gli faremo la festa....». 11 6 Luglio è il primo assalto. «Stanotte è stato dato un assalto alle nostre trincee; assalto che è stato vittoriosamente respinto. Il nemico si era spinto fin sotto i nostri reticolati,, ma scoperto in tempo dalle nostre vedette ha avuto quel che si meritava. Ha lasciato sul terreno parecchi morti e feriti. Da parte nostra due morti e quattro o cinque feriti. Impressione provata: potrei dire nessuna; soltanto sono stati eccitati i nostri sentimenti guerreschi già vibranti di per fee stessi e ci è voluto del bello per ottenere che il fuoco fosse cessato. Io fui al mioposto con una calma addirittura straordinaria che fece meraviglia a me stesso Sono un idealista perfetto e dico giusta e «» santa la causa della guerra che l’Italia combatte, non per i vantaggi immediati che ne trarremo, ma invece per il beneficio che i figli nostri e l’intera umanità ne trarranno in avvenire, anche se il prezzo da pagare sia il gettito, da parte nostra, della vita....». La sua devozione al dovere non poteva non esser notata;, fu prescelto per il corso Allievi Ufficiali e nell’Ottobre aveva il comando di un plotone e quindi di una sezione mitragliatrici e si dedicava anima e corpo alla preparazione morale dei suoi soldati e all’afforzamento della sua posizione. 8 Ottóbre ’15. «Ho già fatto ai soldati qualche lezione di morale e di disciplina e sono certo che i mici 60 uomini mi avranno compreso perfettamente ed eseguiranno fiduciosamentee prontamente tutto quanto comanderò loro, persuasi che solo [p. 65 modifica]65 dalla loro buona volontà e dal loro spirito di sacrificio io attendo il massimo aiuto. Per rendere più tacile l’accesso alle trincee dalla mia baracchetta, che trovasi più indietro di queste un centinaio di metri, mi sono messo coi.miei soldati a costruire delle vere e proprie stradicciole tutte inghiaiate e munite di camminamenti coperti che permetteranno a me ed agli uomini del mio scaglione munizioni, di portarsi con sicurezza e celerità agli appostamenti avanzati ove sono appostate le mitragliatrici. Di tali lavori io sono l’ideatore e il dirigente, non mancando altresì, come tu potrai immaginare, di essere ogni tanto anche l’operaio che si unisce agli altri e lavora con essi e come loro con il badile e il piccone. Inoltre ho dovuto provvedere alla costruzione ed alla blindltùra delle piazzole per le armi. Come vedi tutto un lavoro che porta via tempo immenso e che richiede la mia presenza continua sul posto, anche per consigliare e vigilare e per evitare che col farsi troppo vedere e sentire, i soldati debbano buscarsi qualche pallottola nemica tirata a bellaposta per impedirci i lavori. Ieri, mentre si era alla costruzione di una piazzola per mitragliatrici, furono varie le pallottole del genere che ci fischiavano d’intorno, ma nessuna colpì a segno e i lavori li continuammo finché una pioggia di schrapnels non ci consigliò altrimenti. E finimmo i lavori soltanto di notte. Oggi ho avuto incarico di costruire altre due piazzole per lo sbarramento eventuale di una strada, dove in caso di necessità io dovrei improvvisamente trasportare la mia sezione per impedire un’incursione nemica di fianco e alle spalle delle nostre linee. Così anche oggi non avrò da perdere inutilmente il mio tempo. E sono contento così *. 6 Gennaio ’16. * I miei dipendenti sono più che affezionati e fiduciosi e ti assicuro che il giorno del bisogno non uno, anche solo nella tema di dispiacermi, sarebbe vile o mi abbandonerebbe. Vivo o morto che fossi, saprebbero sicuramente fare il loro dovere verso di me e verso la Patria. Con tali soldati l’Italia non ha da temere». 5 [p. 66 modifica]Finalmente il campo trincerato di Nova-Vas è al completo; i comandanti incidono nel rifugio una iscrizione commemorativa: Nono mese di peregrinazione Campo trincerato di Nova-Vas 24 Febbraio ’16. «I Comandanti le sezioni mitragliatrici del 127° Reggimento Fante ma in questo luogo stabilirono il loro comando e la loro dimora, dopo di avere a vita nuova risanati questi ambienti, abbandonati e fatti squallidi dalle sciagure inevitabili della guerra contro l'oppressione e la barbarie austro-tedesca. Viva l'Italia e la libertà». E il Minuti, meno affaccendato, ritrova tempo per le preoccupazioni politiche generali sulla condotta della guerra; vorrebbe che l’Italia rischiasse tutto dichiarando subito guerra alla Germania e che gli sforzi degli alleati fossero più coordinati. «Credo che l’Italia si sia convinta o si debba convincere che la guerra deve esser fatta in comunione, con identità di scopi c di vedute. Guai a lei se pensasse o agisse diversamente. Oggi il 1866 non deve rinnovarsi, nè si rinnoverà». Il 19 Marzo, alla vigilia dell’attacco alle micidiali posizioni di S. Maria di Tolmino ove cadde da prode, scriveva ancora, calmo nell’attesa. «Sto sempre benone. Le solile speranze mi animano e comunque mi sorreggono l’entusiasmo e la fede». Non aveva altro da aggiungere. Il suo testamento lo avea mandato tanti mesi prima al padre: 20 Ottóbre ’16. «Vivi fiducioso sempre; non temere di me. Abbi, e ti sia di conforto in ogni eventualità, la sicurezza che il tuo figlio, che è il tuo sangue, farà onore al suo nome e alla causa comune». [p. 67 modifica]67 MOLONE Augusto, Operaio del Servizio Materiale e Trazione, Caporale 41° Fanteria jt jt Non ci manda dal sepolcro che una parola di dolorosa accettazione, come tanti umili ai quali le ragioni del sacrificio alla Patria, avendone ricevuto così poco, non potevano esser ben chiare. È alla controffensiva trentina sull’Altipiano di Asiago, nel Giugno ’16, sul Magnaboschi. «Sono stanco morto; son quattro giorni che non facciamo che andar su e giù per queste montagne assai ripide e molto tristi nel particolare. Credetemi, proprio mi sembra un sogno resisièrla questa vita. In ogni modo coraggio e avanti». Non si aspettava di andar così presto al fronte. «Che differenza da giovedì scorso ad oggi! * scrive, la prima settimana. Tre giorni dopo, nei terribili combattimenti di Monte Zovetto, uno squarcio di schrapnel al collo c al torace immola la sua giovine vita. Più compassionevoli di tutte, queste morti non confortate dalla consapevolezza di servire alla giustizia, dalla fede nella Patria immortale. Ma hanno avuto il loro peso nella vittoria; hanno uguale diritto alla gratitudine dei redenti e degli scampati. MORELLI Oreste, Applicato del 9° Reparto Approvvigionamenti, Soldato 148° Fanteria jt jt In guerra dal Maggio *15, la sua vita di combattente culminò nella presa di Gorizia. [p. 68 modifica]«8 Non resistette alle aspre azioni successive. Durante l’inverno anche la sua balda giovinezza era sacrificata alla Patria. MOROZZI Leopoldo, A. Applicato del Servizio Materiale e Trazione jt j* Scrive il padre: «Mio tìglio essendo stato purtroppo uno dei primi (1° Settembre ’15) a pagare con la vita l’amore che nutriva per la Patria, non ha avuto che poco tempo per scrivere e far conoscere i sentimenti che lo animavano». Ma è sufficiente la lettera che ci trasmette, scritta alla vigilia di un assalto al Monte Sei Busi. 13 Giugno ’15. «Prego voi tutti di stare allegri e contenti che io non mancherò di darvi, il più spesso possibile, come vedete, notizie a mio riguardo. Al momento che siamo, al posto in cui mi trovo, debbo ad ogni costo adempiere al mio dovere di cittadino e di italiano, ed, in verità, mi sento orgoglioso di potere in questo momento essere ùtile alla mia carà Patria. So che voi tutti, e specie la mamma, pregate per me il Signore, e questo mi farà andare più sicuro verso la vittoria e mi darà più forza per poter piantare il tricolore in Trieste nostra». NANNICINI Giovanni, A. Applicato del Servizio Materiale e Trazione, Sottotenente 34° Fanteria j* jt Era un ardente interventista e fu bastonato nel Maggio ’15 per la sua fede. Partito volontario, a 18 anni, il 10 Agosto ’17 [p. 69 modifica]69 sul Monte Cucco si alzò durante una radica di mitragliatrici per incitare il suo plotone a proseguire. Colto da tre pallottole micidiali, ricadde senza parola. La sua idea fissa dopo la presa di ■Gorizia era di entrare a Trieste.

  • Pensa, mamma, ripeteva in licenza, se potessi essere il

primo a entrare a Trieste! Poi, non importa morire». NATALI Dante, A. Applicato della Divisione Materiale e Trazione, Sottotenente 140° Fanteria jt jt Ventidue anni. Sale in linea il 26 Ottobre ’15. Il 2 Novembre, a S. Martino sul Carso, la sua luminosa giovinezza è già spenta. Senza rimpianto; è luì stesso che con sublime gioia ha voluto donarla alla Patria. 25 Ottobre ’ 15. «Domani sera, Martedì 26 c. m., parto per il fronte con destinazione ignota. Viva, viva, carissimi; non angustiatevi per me, perchè se mi poteste vedere, se mi poteste essere accanto, non potreste ricordare giorno in cui Dante sia stato così allegro. Io davvero non rammento giorno in cui sia stato così contento. Forse andiamo al fronte? Macché, ci divertiamo. Un monte •di amici, colleglli fiorentini più allegri di me: compagnia spensieratissima. Giovanotti sui venti anni, aperti a tutte le allegrie, -cinque o sei o più, tutti sottotenenti scapoli, pazzi. Così va presa la vita, così si affronta la morte; consci del nostro dovere, ma anche della nostra gioventù Mi dispiace per voi che non potete godere di questa piena e gioconda spensieratezza. Tutto seguiterà così fino alla fine dei secoli e così sia. E ora allegri pure voi, come lo sono io. Me lo accertate nev [p. 70 modifica]70 vero? Benissimo, grazie. Se quei poveri tedeschi ci vedono cosi — pazzi, crepano dalla bile. Giocondissimi dunque!». 28 Ottóbre ’15. «Si parte ora, avvicinandosi a Gorizia. Si sente l’artiglieria; si vedono aeroplani nostri e nemici e conseguenti bombardamenti. Si sta ottimamente». 29 Ottóbre ’15. «Per ora tutto va ottimamente. Intorno a. me non vi posso dare che buonissime notizie. Sono ben riposato e di mente e di corpo. Si è piantata cucina per conto nostro presso un privato e ora si va a tavola con pasta a cacio e burro, bracioline e patate fritte. Va bene eh? Il lavoro non è troppo: un po’ d’ordini da eseguire e un po’ da fare eseguire. Bombardamenti continui di notte e di sera, fucileria, mitragliatrici, razzi luminosi, riflettori, ecc. L’allegria non manca. Le strade sono terribilmente infangate. Ci si riduce sporchissimi in cinque minuti. Un po’ di desiderio di partire per partecipare alle azioni di combattimento». 1 Novembre ’15 (in trincea). «Sto benissimo, i disagi son molti, ma la fibra resiste benissimo. I bombardamenti dall’una parte e dall’altra continuano ininterrottamente, ma in trincea siamo quasi sicuri Bacioni da Dante». Le altre notizie ce le dà un. suo compagno: il tenente Rostand, dello stesso 140° Fanteria. Nel Dicembre del ’20, a Portoferraio, sentito per caso nominare un Natali (era il fratello, aneli’ esso ferroviere) chiede se è parente del caduto e, avuta conferma, può finalmente sfogare con uno della famiglia l’ammirazione che gli ha destato l’eroe. «Dante Natali giunse al Reggimento e fu assegnato alla mia Compagnia in prima linea. Eravamo in trincea da molti giorni e si attendeva il cambio. Natali si comportava magnificamente. Dotato di grande amor patrio, infondeva in noi del coraggio, che, lo confesso, data la lunga permanenza in trincea, ci era venuto meno. Era un ottimo militare e, naturalmente, come succedeva in quasi tutti i novizi, un po’ troppo spinto. E per questo, anzi, abbiamo avuto qualche dissenso sul modo con [p. 71 modifica]71 cui T ufficiale doveva comportarsi sia in trincea che in azione. Anzi ricordo che la sera precedente l’attacco ci leticammo un po’ perchè io gli dicevo che durante un assalto l’ufficiale doveva star dietro a tutti, onde poter vedere tutte le mosse dei suoi uomini, ma lui insisteva neH’affermare che l’ufficiale doveva sempre servire d’esempio a tutti ed essere primo in ogni punto anche dove c’era il pericolo. La discussione continuò, e, purtroppo, non riuscii a persuaderlo. E si giunse all’ora di uscir dalla trincea. Egli volle uscire per primo insieme ai suoi soldati perchè, diceva, quello era il suo compito e il suo dovere. E così andava avanti, avanti, sicuro del fatto suo, primo fra i primi, ardimentoso, coraggioso, sublime. Giunse così al reticolato nemico. Ocjf correva cercare il varco donde poter passare ed egli, da solo, volle assumersi questo grave e pericoloso compito; e cercava il punto vulnerabile. Ad un tratto si voltò indietro per cercare i suoi soldati; questi erano ancora lontani da lui, ma egli, esempio di coraggio e di abnegazione, non si ritirò, non attese gli uomini; volle continuare a cercare, a indagare. Ma ben presto il nemico si accorse della sua presenza e cominciò a tirare. Pareva un infèrno; le pallottole fischiavano da tutte le parti, mentre il povero Natali continuava imperterrito nel suo ardimentoso lavoro. Nell’infuriare del fuoco, si vedeva Natali calmo, sereno, correre, saltare di qua e di là onde riuscire nel suo scopo. Ad un certo punto lo si vide cadere e rovesciarsi sul reticolato. Qualche pallottola doveva averlo colpito. Non si potè nemmeno andare a liberarlo, tanto era insistente il fuoco. Così dovette rimanere per ben tre giorni. Alla terza notte, finalmente, i suoi soldati’ che quel mattino lo avevano abbandonato, vollero riabilitarsi e riprendere il corpo del loro mirabile superiore. Nell’azione, anzi, morì un soldato. Così fu riconquistato il suo corpo e sepolto nella dolina di Boscolancio, sopra a un casone che si vede benissimo dal Castello di Sdraussina». [p. 72 modifica]72 Là progetta di andarlo a ricercare la famiglia. Non per riprenderlo, attesta la nobilissima madre: per inginocchiarsi sulla sua fossa, nel luogo santo della sua fede. PICCHI Marcello, Assistente 2 a classe della Divisione Movimento, Soldato 3° Genio jt jt In guerra dall’Aprile ’17. Silurato, nel Mar Rosso sul «Volpar aiso». (Ottobre ’17). PONZ ANELLI Rag. Nello, Applicato della Divisione Movimento, Capitano 92° Fanteria jt jt Carattere serio e riflessivo, ha lasciato la moglie e i due piccoli perfettamente cosciente delle difficoltà, delle angoscie, dei rischi ai quali andava ad esporsi. Ha accettato la guerra come una dura necessità che non chiede grandi parole, ma grandi sacrifici. Il 25 Maggio ’15 oltrepassa, esultante, il confine cadorino. «State tranquilli, vi raccomando. Noi è da ieri sera che si beve al grido: Viva l’Italia». E lo ricambia la famiglia che scrive: «Anelo sempre di sentire le nostre vittorie e adesso che sei costà chissà cosa farei per essere al tuo fianco e sterminar tutti cotesti infami austriaci, causa di tanti affanni in tante desolate famiglie». [p. 73 modifica]73 Ma è sfortunato nella posizione: gli tocca quel terribile •Col di Lana che, nel ’15, si è insanguinato di tanto sangue italiano. Quando ci arrivano dei volontari dilettanti scatta: «Certa gente crede di venire alla guerra come a fare una girata. Si infiammano in qualche caffè, fanno il bel gesto di offrire spontanea la loro vita, e quando poi si trovano di fronte alla dura realtà si accorgono di essersi illusi e allora o soffrono •di cuore o hanno l’asma, o la bronchite e così via. Di questi «acritici ci s’infischia. Ci vuol della gente che abbia poche parole, ma fegato molto». Lui, colle poche parole e col fegato molto, si acquista pre«to 1* autorevolezza e la stima: il 19 Settembre è promosso Capitano.|jrLa promozione gli ha fatto grandissimo piacere, ma la considera come un accrescimento di doveri. «Comandare in guerra circa 300 soldati non è cosa lieve, ma cercherò di disimpegnare nel miglior modo possibile il mio nuovo compito. Almeno questo è quanto mi propongo. Iddio mi aiuterà». Sempre calmo, padrone di sè, quantunque sensibilissimo ■come indicano i tratti fini del viso che è mesto, quasi segnato dal destino, aveva scritto in un appunto, davanti alla morte: Dalle trincee del mio plotone a Coserà Colrondo: 16 Giugno ’15 (ore IO). «Per il caso dovessi morire tengo a che la mia cara famiglia sappia quanto segue: non temo affatto la morte. Mi auguro di evitarla ora per rivedere la mia adorata famiglia e non dare a Questa il colpo mortale che la mia morte porterebbe». Invece, il 29 Ottobre, durante un assalto, è ferito a morte da pallottola micidiale che, forato il petto, ha leso il midollo spinale. «Quando fui colpito mi sentii come tagliato per metà», racconta lui stesso al medico, con la sua lucida precisione. E infatti, la lesione midollare ha causato la paralisi degli arti inferiori e della vescica. Così finisce la sua vita di combattente. Ma comincia quella di eroe. [p. 74 modifica]È nel suo letto d’ospedale, nella terribile condizione del paralitico, che da un giorno all’altro può morire, ma si può anche salvare. I suoi tempestano di domande ansiose per più di un mese. Scrivendo la verità, potrebbe rivederli, aver la compagnia del suo sangue nello squallore dello spedale. Ma non vuole che la famiglia partecipi al martirio delle alternative; ha deciso di soffrir solo. Scrive che la ferita è a una gamba: cosa leggera; nelle rare franchigie che le forze gli lasciano vergare, parla di tornar a educare i figlioli, di miglioramenti sicuri. «Il valoroso e carissimo Nello bisogna avvicinarlo per apprendere a stimarlo e ad amarlo Ha sempre un sorriso per chi gli si avvicina e non ha mai mosso un lamento. Consulti si succedono a consulti», informa il dottore. E il Cappellano: «Sopportò il male terribile con fortezza e rassegnazione esemplare. Eppure sapeva che il suo male non perdonava». Proibiva perfino all’attendente di far conoscere a casa le sue vere condizioni. Invano lo interpellò la famiglia; quando, a un tratto, venne l’annunzio di morte imminente, nessuno di casa fu più a tempo ad accorrere. Rimase a vegliarlo soltanto l’attendente fedele. Ma anche a quegli occhi semplici l’uomo si trasfi«* gurò nell’eroe: «Mi stringeva la mano, mi guardava. Mai un momento di impazienza; sicché io lo considero come un vero eroe della Patria». Per il suo contegno in combattimento aveva meritato la medaglia d’argento al valor militare. Ponzanelli Nello da Norcia. Con tenacia e coraggio mirabili, alla testa della propria Compagnia si slanciava più volte nello stesso giorno e nel successivo all’assalto di un ben munito fortilizio nemico, valorosamente combattendo finché cadde colpito a morte». Monte Sief, 28-29 Ottobre ’15. [p. 75 modifica]ROSSINI Romeo, Usciere del Controllo Viaggiatori e Bagagli, Soldato 71° Fanteria j* j» Caduto in un assalto alla baionetta, sul Carso, il 18 Ottobre ’16. RUI^LI Guido, Operaio di 3 a classe del Controllo Viaggiatori,e Bagagli, Caporal Maggiore 238° Fanteria jt jt Caduto in un’assalto alla baionetta, sull’Ortigara, il 19 Giugno ’17. Così ne scrive un compagno: 5 Luglio ’17. «In questo fronte il mattino del 19 vi fu un combattimento e il mio carissimo amico Rulli soccombette subito dopoché si iniziò l’assalto. Fu colpito da pallottola di fucile e vi cadeva da vero eroe. La notizia addolorò tutti noi camerati; ci sembrava impossibile ch’egli fosse morto. Ma il fatto è stato accertato da parecchi e poi sono stato anch’io attore di cosi orribile dramma. Il caro estinto fu portato via ed ora riposa in pace nel cimitero improvvisato da noi militari. A Lui, prode eroe italiano, il mio reverente saluto». Il Sergente Furiere, Bravi Umberto. [p. 76 modifica]76 RUSSO Rag. Angelo, Applicato del Servizio Materiale e Trazione, Sottotenente 4* A rtiglieria Pesante Campale jt jt In guerra dal Gennaio ’17. Colpito in pieno da granata nemica, mentre ritornava a riposo, seduto sopra un cassone. (Notte del 20 Luglio ’18). SANTINI Giuseppe, Manovale della Divisione Materiale e Trazione, Soldato 7° Artiglieria j* j* In guerra dal 24 Maggio ’15 sempre sull’Altipiano di Asiago, dove cadde e fu sepolto con onore il 15 Novembre ’16. STRAZZULLO Antonio, Disegnatore del Servizio Materiale e Trazione, Soldato 13 7° Fanteria jt jt È anche lui dei primi sacrificati del terribile ’15, partito «olla più alta fede nel cuore. Due «franchigie * degli ultimi di Luglio ce ne portano l’eco: 25 Luglio ’ 15. «Carissimi genitori, credo che sarete contenti ora nel ricevere spesso notizie mie. Vi comunico oggi, che noi andremo più avanti, andremo a veder nuovi luoghi, forse le nostre terre irredente. Immaginate benissimo come sono contento, come sono allegro per tale notizia; perciò mi risparmio di darvi notizie riguardo allo stato dell’animo mio >. [p. 77 modifica]77 «Carissimo fratello, da territorio austriaco ed a pochi chilometri dalla linea di fuoco, mentre il cannone romba continuamente e furiosamente, t’invio i miei saluti. Oggi ci è stata consegnata la bandiera; puoi immaginare la solennità della cerimonia. Mi sono sentito commosso alle poche parole dette dal Comandante del nostro Reggimento e poi dai Comandante della nostra Brigata. Essi hanno asserito che mai cerimonia uguale è avvenuta al suono della fanfara del Reggimento e al tuono del cannone. Siamo pronti a prestar l’opera nostra; s’aspetta l’ordine di muoversi. Dovevamo partire questa mattina presto; finora nessun ordine è pervenuto. È da arguire che la nostra marcia d’avanzata procede bene. Saluti e baci *. SUSINI Galileo, Applicato del Servizio Materiale e Trazione Caporale artigliere, prima nel 20°, poi nel 40° Artiglieria da Campagna, che partecipò alla presa di Gorizia, ci ha lasciatomeglio che lettere. Ci ha lasciato il suo diario, la parte più intima del suo spirito, perchè espressa per sè solo. IO Maggio ’16. «Al momento di partire per il fronte mi propongo di registrare brevemente tutto ciò che potrà accadermi durante il periodo che starò in guerra. Sentimenti, emozioni, fatiche, pericoli, passerò tutto in rivista e sarò sincero. Starà in. me non registrare mai una viltà, un’azione cattiva. Ma ad ogni modo registrerò tutto, chè questi appunti devono servire esclusivamente per me. Saranno in seguito il più bel ricordo; da. vecchio rileggendo queste pagine, ritroverò l’anima e lo spiritodei vent’anni; voltandomi indietro, ricostruirò tutto il passato e sarò contento di non trovarvi mai un’azione disonesta». [p. 78 modifica]78 Promessa mantenuta. In questi diari, due libretti a copiativo sgualciti dall’uso e rosi dal sudore, c’è proprio l’anima e il candor dei vent’anni, quella sete generosa di prodigarsi, quella smania di novità e di avventure. C’è perfino la grazia del primo amore. Veramente l’amore, la guerra avrebbe preteso che lo saltassero i ragazzi della nostra generazione, destinati a compito così austero. Ma qui ci si arrangia nelle retrovie, da buoni figlioli, all’italiana: cogli sguardi sentimentali, il mazzolin di fiori, l’idillio abbozzato tra un arrivo e una partenza, tra il governo dei -cavalli e l’ansia di andar avanti a assaggiar guerra per davvero. Il 13 Maggio ’16 l’artigliere passa con orgoglio il confine. 13 Maggio ’ 16. «A mezza strada tra Cicigolis e Caporetto s’incontra il vecchio, ingiusto confine italo-austriaco. Per mutuo sentimento di tutti, facciamo una breve sosta non senza provare un po’ d’emozione. Entrando in quella che prima era Austria, si pensa involontariamente ai compagni che ci hanno preceduti vincitori nella nostra strada, e proviamo un senso intimo d’orgoglio

E arrivato davanti a Monte Nero, e, assistendo di lontano -a un combattimento, ha le prime emozioni. «I primi colpi di cannone mettono in cuore un leggero senso di sgomento e la nostalgia della cara famiglia lontana; ma «l’infuriare del primo combattimento al quale assisto da vicino -senza prendervi parte, mi fa provar le vertigini. Vorrei battermi aneti’ io, dovessi pure morire *. 15 Maggio ’16. «Il combattimento di iersera sul Monte Nero mi ha fatto impressione; stanotte ho dormito malissimo, sognando sempre stragi e morti. Stamani son passati degli alpini -e ho approfittato della fortunata combinazione per domandare loro qualcosa. Del combattimento non sanno niente, ma mi descrivono il Monte Nero; mi affermano che in cima ci sono batterie da montagna italiane e mi raccontano come 45 alpini del battaglione dividale s’impadronirono da soli di tutto il monte. [p. 79 modifica]Mentre il Battaglione dividale pronunziava un violento attacco -di fianco, sul Pliha, 40 alpini comandati da un caporal maggiore si arrampicarono di notte, per mezzo di corde, sulla vetta del Monte Nero: sorprese le sentinelle addormentate, le gettano nell’abisso, e quindi irrompono negli accampamenti nemici, uccidendo e facendo prigionieri quanti incontrano, compresi alti ufficiali austriaci. Cari e valorosi i nostri alpini! Adesso sono in collera colla fanteria perchè riperde sempre tutte le trincee che essi hanno conquistato». 19 Maggio ’16. «Desidero sempre più di andare ai pezzi per provare davvero l’emozione del combattimento. Si dice che anche il nostro reggimento si porterà nel Trentino. Come sarei contento se fosse vero!». 22 Maggio ’16. «Stanotte, notte tragica. Alle due son partiti alcuni uomini per raggiungere i pezzi della 5 a batteria. La quinta ha avuto delle perdite in questi giorni e questi uomini vanno a riempire i vuoti. Come vorrei andare con loro! Stare ad un passo dalla guerra e rimanere inoperosi è cosa insopportabile per il mio carattere». 26 Maggio ’16. «Stanotte ho dormito con la sella affardellata sulla mia branda, aspettando da un momento all’altro T ordine di partenza, ma per ora niènte. Intanto la batteria ha già ultimato i preparativi per la marcia. Siamo tutti lucidi. Vogliamo che entrando in Italia il popolo, specialmente la parte femminile, si accorga che la guerra non ha depresso lo spirito degli artiglieri italiani». Ricominciano le marce: 30 Km. al giorno, e le dormite alla bella stella. Finalmente si arriva in pieno concentramento •della nostra controffensiva trentina: sarà questa la buona? «Intanto, molti compagni sono cambiati; ce ne sono di morale basso, che fan masticare amaro al povero caporale. «Sembra impossibile che questi lavoratori, socialisti di ieri, siano così accaniti nel molestare un compagno solamente perchè è [p. 80 modifica]80 di una regione differente dalla loro o perchè ha avuto la disgrazia di passar caporale. E voglion la soppressione della guerra!». E viene un altro disinganno: la batteria, postata nel luogoscelto dal suo occhio sperimentato, sembra destinata allo Sbarramento antiaereo. «Ed eccomi nuovamente imboscato, contrariamente alla mia volontà! Perchè nasconderlo? Veramente e sinceramente avrei desiderato di andare a battermi nel Trentino, ma sembra che il destino si studi di tenermi sempre lontano dalla guerra, se 13 mesi di ardenti desideri mi hanno condotto solamente in una batteria antiaerea! Pazienza e avanti; qui come altrove farò sempre il mio dovere e niente altro». Monotona vita di guarnigione. ’Son ricominciati perfino i segnali di tromba, le consegne. 1 Luglio ’i6. «È domenica. Il dolce suono delle campane che ci giunge dal paese vicino e il sole che ride limpido in cielo, mi fan rimpiangere la mia perduta libertà. Cara piccola T.! La domenica era festa d’amore per noi. Ricordi? E pensare che così dovrò passare la parte più bella della mia giovinezza. Perchè allora darci tanta ricchezza di vita e di desideri, quando non. la si può utilizzare? Questa la poesia. La prosa è che sono consegnato per 8 giorni per aver perduto la fascia di lana». Finalmente il desiderio è appagato. Il 1° Agosto si parte sul serio. Non senza cercare qualche occhio femminile che si. vela di pianto quando la batteria traversa il paese. «Dovrà svolgersi fra breve nel settore di Gorizia una grandenostra azione offensiva* Secondo racconti di soldati del 7° Campale che ha i suoi pezzi in posizione sul Sabotino, in questo settore sono piazzati migliaia di cannoni italiani pronti a vomitar sugli austriaci un fuoco infernale. Andremo anche noi a portare il nostro contributo all’azione? Ne sarei contento». 3 Agosto ’16. «Il caldo insopportabile di questi giorni mi la maggiormente desiderare di andar presto in prima linea tantopiù che sono stufo, arcistufo dei cavalli». [p. 81 modifica]81 4 Agosto ’ló. «A giudicare dal bombardamento continuo, mi sembra che l’artiglieria italiana cominci la grande azione offensiva. Sembra che noi siamo destinati ad avanzare colla fanteria in caso che la nostra offensiva debba sortire risultati favorevoli. Che siamo destinati a dormire in Gorizia italiana?». 7 Agosto ’16. «Giornata davvero indimenticabile! Circa le 3 di notte ci viene l’ordine di partenza. In pochi minuti si prepara tutto e si parte verso la guerra. Finalmente! Passato Cervis si entra nella zona delle artiglierie da fortezza. È una scena indimenticabile. Dovunque batterie di grossi calibri indirizzano un fuoco infernale contro le posizioni austriache del Monte Santo. I bravi artiglieri dicono che stanotte sono stati presi il Podgora e il Sabotino con un numero ingente di prigionieri. Se ne incontra, infatti, poco più avanti, una colonna di circa 200. Un 305 mi spara così accosto che mi fa spaventare il cavallo, facendomi correre serio pericolo di precipitare in un burrone. Dopo un’ora di marcia tacciamo alt in un vallone che io chiamo diabolico. Tutta la valle è seminata di cannoni che fanno fuoco tutti insieme producendo un frastuono che mi stordisce. Alla rabbia dei cannoni da campagna si unisce la calma dominatrice dei fratelli maggiori in un accordo perfetto. Mentre con la batteria attaccata attendiamo ordini, ho l’onore di ricevere il battesimo del fuoco: quattro o cinque colpi nemici scoppiano vicinissimi a me. In seguito a questo ci mettiamo in marcia per andare ad accamparci provvisoriamente in un campo riparato dietro i grossi cannoni italiani». 8 Agosto ’16. «Stanotte ho dormito malissimo, ma mi sveglio contento. Il fragore continuo delle artiglierie, lungi dall’essermi monotono, mi dà invece una piacevole sensazione di forza e di vittoria e poi verso le otto viene l’ordine di avanzare per la batteria di manovra. Finalmente andremo in posizione, a cooperare alla nostra offensiva! Siamo completamente in mezzo alla guerra: colpi che arrivano e che partono, dappertutto, senza un momento di tregua. 6 [p. 82 modifica]82 Dal mio osservatorio che è situato in cima della collina di San Floriano, scorgo un grande spazio di orizzonte. Alla mia sinistra il Sabotino, occupato fino da ieri dalle truppe italiane; di seguito il Monte S. Gabriele e, nascosto da questi due, il Monte Santo in questo momento battuto accanitamente dalle nostre batterie più grosse. Davanti a me un paesaggio quasi pianeggiante, rotto da dolci pendìi. Mi dicono sia la vallata dell’Isonzo nel tratto dove riposa Oslavia. Alla mia destra il Monte Podgora, pure occupato da poche ore, mi nasconde la vista agognata di Gorizia. Più lungi il Monte S. Michele su cui si elevano dense colonne di fumo». Ore 4 pomeridiane. «Nelle trincee abbandonate dalla fanteria nelle successive avanzate, nelle quali abbiamo installato il nostro osservatorio, si vive di minuto in minuto una vita intensissima. Il telefono ci porta notizie strepitose. Gorizia occupata con 6000 prigionieri e la nostra fanteria che avanza vittoriosa preceduta sempre da un cerchio di fuoco. Intanto il castello di Gorizia viene colpito dalle nostre granate e cominciano ad arrivare proiettili austriaci. Pochi però e mal diretti. Giù nella valle dell’Isonzo scoppiano vasti incendi nelle case più volte colpite dalle opposte artiglierie. Esultiamo di gioia». IO Agosto ’i6. «Quello che ho veduto stanotte mi ha dato F impressione più terribile della guerra. Partiti a mezzanotte da S. Floriano si ritorna a Cervis per prendere poi la strada che dalla collina di Oslavia mena verso Gorizia. La più orrenda visione di rovine si incontra sulla collina di Oslavia. Ma quando si passa le macerie del paese si ha la visione più terrificante. Una • squadra di soldati seppellisce i morti del giorno prima, mentre sulla strada giacciono ancora insepolti cadaveri di nostri e di nemici che appestano l’aria. Noto con raccapriccio che la ruota di un pezzo passa sul corpo di uno di questi sventurati. Le poche ore di permanenza in Gorizia le ricorderò con angoscia. In una collina antistante al Castello di S. Pietro si combatte accanitamente fino dalla mattina. Dalla strada dove [p. 83 modifica]83 siamo fermi in attesa di ordini passano continuamente feriti. Eppoi rovine e morti insepolti ancora». 11 Agosto ‘16. «Come ieri, si spara tutta la mattinata contro lo stesso obbiettivo. Come esploratore attraverso a cavallo due o tre volte tutta la città col ponte sull’Isonzo per portare ordini. Gorizia è tutta al buio; lungo i marciapiedi sono sdraiati per passarvi la notte, soldati di ogni arma e di ogni specialità. Quà e là cavalli morti e un immenso andirivieni di feriti, di cannoni, carretti, muli». 12 Agosto ’16. «Dalla posizione che abbiamo preso stanotte si spara tutto il giorno contro le trincee austriache che son lontane non più di due chilometri. Scoperti come siamo si corre dei momenti di serio pericolo: ci arrivano continuamente proiettili di fucile, mentre d’intorno scoppiano schrapnels e granate....». 1 14 Agosto ’16. «E il primo giorno di lutto per me e per la mia batteria. Mentre i nostri pezzi indirizzano un fuoco violento contro i trinceramenti nemici, siamo presi sotto il fuoco di una batteria austriaca. Disgraziatamente un colpo a tempo ferisce tre serventi del secondo pezzo al quale mi trovo vicinissimo. Trasporto io stesso il puntatore fino al più vicino posto di soccorso, e torno subito al pezzo a prendere il suo posto. Contemporaneamente, una granata scoppia vicino all’accampamento e ferisce altri tre uomini della seconda». 15 Agosto ’16. * Sembra che ormai resterò effettivo puntatore del secondo pezzo, lasciando il goniometro all’altro mio compagno goniometrista. Ne sarei contentissimo. Dopo 39 ore di lavoro continuo, stanotte abbiamo lavorato a fare i blindamenti; ho il piacere di riposare qualche ora in un letto comodissimo che trovo in una casa abbandonata vicino alla Stazione. Ci piovono le granatine, ma in guerra il pericolo non conta più ed io riposo tranquillamente». 25 Agosto ‘16. «Le fatiche intensissime di questi giorni mi hanno fatto trascurare il mio diario. In 6 giorni si cambia due [p. 84 modifica]84 volte di posizione. Questi continui spostamenti ci portano un lavoro immenso di ripari, piazzali, riservette. Peraltro, dall’ultima posizione si gode un paesaggio magnifico; tutta la pianura su cui riposa Gorizia, nella quale l’Isonzo scava un nastro’ azzurro. A giudicare dagli immensi preparativi e anche dalle voci generali si svolgerà presto in questo settore una nuova azione offensiva. Attendiamo quindi con ansia, nella speranza che questa seconda sia ancora fortunata come la prima». 27 Agosto ’16. «Domenica. La calma di quest’oggi prelude alla violenza della prossima azione. Speriamo di ottenere colla nuova offensiva i risultati ottenuti con l’altra». Sono le ultime parole. TACCONELLI Enrico, Applicato del Controllo Viaggiatori e Bagagli, Sottotenente Artiglieria da Fortezza jt jt Morto, vittima del dovere,,.nel lo scoppio di Spezia (3 Luglio ’16). TOGNETTI Pietro, Applicato della Divisione Materiale e Trazione, Soldato di Fanteria, promosso Caporale per merito di guerra ji & Al Reggimento, a Pistoia, era scritturale. E le zie che lo avevano amorosamente allevato, così forte e così buono che non ebbe mai un nemico, cercavano di dissuaderlo dal ripetere le insi [p. 85 modifica]85 stenze per andare in trincea. Gli dicevano: «Guarda se la puoi scansare, Pietrino». Ma la sua risposta era sempre la stessa: «Non vedete che ci son tanti padri di famiglia? Lasciatemi fare il mio dovere». Come intendesse ii suo dovere è lì a provarcelo il suo diario. Agosto ’15. «Marce faticose, sonni profondi sulla paglia. Si vive a forza di canti che non fanno pensare». Agosto- Settembre ’ 15 (dall’infermeria del Corpo). «Gente che cerca tutti i mezzi più vergognosi pur di sottrarsi all’obbligo sacrosanto. Simulazioni di malattie, raccomandazioni comprate chissà a qual prezzo; tutto un cumulo di vergogne che ti intossicano il sangue. Si vive in un’atmosfera satura del più ributtante cinismo. 0 quanto meglio farebbero gli uomini a dar meno valore alla vita materiale! Per fortuna ci son sempre molte unirne generose nel mondo». 2 Ottobre ’15 (ore 24). «Sono di sentinella, tutto bagnato, i piedi completamente nell’acqua. Non un rumore. I soldati dormono il sonno profondo della stanchezza. Guardo i razzi luminosi del nemico che illuminano la notte nera. Quanta differenza tra coloro che lassù sul Carso s’immolano per l’ideale che li anima, e quelli che nelle città gozzovigliano! Perchè tutti non ubbidiscono alla voce santa della coscienza?». 12 Dicembre ’ 15. «Partiamo per S. Michele. Man mano che ci avviciniamo gli schrapnels fischiano sopra di noi. Mi accompagna un caro amico del mio paese. Rievochiamo un mondo di ricordi: gite campestri, serate a veglia nella modesta bottega del mio paese, figure di donne più o meno care, ma che risvegliano palpiti d’amor giovanile Quella che ora sto per vivere è una vita ben diversa. Tutta sacrificio, ma tutta soddisfazione. Si soffre, si lavora, si comba tte, ma questa lotta combattuta con l’energia di una generazione, dovrà fondare il sacrosanto principio di nazionalità; dare un colpo [p. 86 modifica]86 4~L terribile al militarismo invadente, ma battuto. Da essa dovrà sorgere una generazione nuova che apprezzerà il nostro sacrifìcio e seguiterà il faticoso cammino della redenzione umana. Tutti dobbiamo sentirci orgogliosi di essere all’altezza dell’ora storica che attraversiamo, di cooperare alla sublime fecondazione dell’uomo nuovo». Poteva essere ufficiale. Non volle. Preferì operare e patire senza privilegi, semplice fante, confuso nell’anonima massa gloriosa.’ Ma era uno di quei fanti che, nelle azioni, consigliavano, e, a volte, guidavano i loro ufficiali. «Assalto alla cima S. Michele. Avanziamo quasi di corsa, baionetta in canna. Giungiamo sulla cima. Nessuno, eccetto qualche vedetta che si dà prigioniera; più in basso molti tedeschi alzan le mani. Non li uccidiamo; li prendiamo a calci nel sedere. La mia compagnia è tagliata fuori dalla linea avanzante. Siamo plotoni avanzati e dispersi. Raccomando al mio tenente di informarsi cosa dobbiamo fare. Poco dopo ci giunge l’ordine di ripiegare per mancanza di rinforzi. Intanto gli austriaci si avvicinano; sparano avanzando in catena, concordi e coraggiosi. Sparo anch’io e prego i miei compagni di fare ugualmente. Ma ahimè! siamo 15, senza ufficiale, che ci comandi. Solo due sparano: gli altri gridano di fermarci, altrimenti gli austriaci ci uccideranno, invece di farci prigionieri. Vigliacchi! Erano già decisi a rendersi! Intanto quello alla mia sinistra viene ferito gravemente e cade; la mia borraccia è spaccata da una palla. Gli altri fermi e gli austriaci si avvicinano. Che fare? Darmi prigioniero? ’ No! Attaccare alla baionetta uno solo contro tutti? Follia! Ripiego come era stato ordinato. Sento dietro me uno scoppiettar rabbioso di fucileria. Mi sparano da 20 metri. Meno male che trovo un muro e mi nascondo. Sparo altre cartucce contro un gruppo e seguito il ripiegamento; finalmente trovo una trincea nemica profonda. Siamo in due e troviamo tre austriaci che alzano le mani. Si accompagnano al Comando....». [p. 87 modifica]«Oggi, 31, è Domenica. Penso a chi si diverte. Con gli ultimi raggi del sole che si corica nell’oro, invio tanti baci a mia madre. A quest’ora son certo che sta in una chiesetta sull’alto del monte a pregare per me. Povera mamma! Speriamo che Dio mi faccia la grazia di poterti riabbracciare». 2 Novembre ’15. «Giorno dei morti. Quanti ce ne sono ’quest’anno e quanti ce ne saranno!,... Questi poveri morti, re^ti 0 macabri di corpi umani, ci mostrano quanto poco valore abbia la vita umana quando è spesa per idealità di valore più grande. Essi hanno consacrato all’Italia il suolo dove sono caduti e ci indicano la strada da seguire, la mèta da raggiungere. Poveri morti, forse inconsapevoli dell’importanza della lotta, cui, nonostante, avete dato la vita. Noi adempiremo al nostro dovere per l’Italia e per l’umanità». 3-10 Novembre ’ 15. «Attacco generale di Cima S. Michele. A mezzogiorno ci moviamo. Intanto le granate nemiche cercano di impedirci di raggiunger la cima. La raggiungiamo ugualmente. Ma non la oltrepassiamo. Non siamo in condizione di oltrepassarla. Che temporale! Il fragore del tuono si confonde con quello delle granate; l’acqua ci bagna completamente. Io non sono ancora asciugato di quella presa due giorni fa. Ho i ’ piedi nell’acqua da dieci giorni e stento a camminare. Nonostante in certi momenti cerco di correre, ma non ci riesco. Viene la notte. Temiamo il contrattacco che, fortunatamente, non viene. Non ho mai visto un buio così profondo. Piove sempre. Devo portare un ordine al Comando. Prendo l’ordine e mi incammino, ma non vedo dove andare. Inciampo in qualche cosa che deve essere un cadavere; rimango attaccato ai reticolati nemici, non del tutto distrutti. Torno un po’ indietro perchè ho perduto il camminamento. Intanto le pallottole fischiano. Speriamo bene; altrimenti rimarrei qui, anche se la ferita fosse lieve. Finalmente trovo un’altra trincea e mi riposo un momento. Riprendo la via, ma a un certo punto cado entro una buca piena di acqua e di mota. Mi ci trattengo un momento, sfinito, ma subito mi rialzo [p. 88 modifica]88 e seguito. Procedo aspettando i lampi e i razzi luminosi nemici. Finalmente giungo vicino al- Comando, ma entro la valletta che devo attraversare sembra che corra un torrente. Decido di attraversarlo e ci riesco, appoggiandomi ad un fucile, ma l’acqua mi è arrivata fin sopra ai ginocchi. Riporto l’ordine indietro, facendo il medesimo calvario. Arrivo dopo quasi un’ora. Nonostante, il Capitano è soddisfatto.

In quali condizioni devo passare tutta la notte! Trovo un telo da tenda e me lo metto sulla testa per non sentire più l’acqua nella faccia, ma batto i denti tutta la notte. Finalmente arriva giorno: il 4 Novembre. Scendiamo nelle trincee di seconda linea; ma anche quelle son piene d’acqua. In che condizioni siamo ridotti! Il Capitano si raCeo manda a me di dargli una mano per camminare. E ha 25 anni come me!». E alle 14.30 dello stesso giorno, nuovo ordine di attacco a cima S. Michele! «Arriviamo sulla cima con qualche perdita procurataci dall’artiglieria. A un certo punto il mio Tenente rimane colpito da uno schrapnel alla guancia destra; gli frattura il mascellare inferiore. Mi butta le braccia al collo pregandomi di accompagnarlo. I porta feriti non c’erano; faccio un ultimo sforzo e lo portiamo giù». Dopo il Carso, cambiamento completo. L’offensiva trentina lo trova, passato nel Genio Motoristi, alle perforatrici. Rassicui’ava le zie che il pericolo ormai per lui era finito; non ci sono più assalti; soltanto le cannonate. E quelle le conosce; non gli fanno paura. Invece proprio una granata in pieno, che arriva, coperta dal rumore delle perforatrici, lo abbatte sull’altipiano di Asiago (20 Maggio’ 16). All’annunzio, tutto il suo dolce paese (Spicchio d’Empoli) sull’Arno, uscito fuori dalle case, piangeva. [p. 89 modifica]TRONCI Giuseppe, A. Applicato del 7° Reparto Approvvigionamenti, Capotai Maggiore 83 0 Fanteria jt jt In guerra dall’Aprile ’15. Era un gigante taciturno e buono, stato scelto per i corazzieri. Andò, invece, in Fanteria e per tre anni, soldato di prima linea, nulla o quasi nulla seppero della sua condotta i genitori e gli amici. Al posto di tanti che raccontavano quel che non avevano fatto, il Tronci faceva quello che non raccontava. L’11 Luglio ’18 a Malga Zugna, mentre scherzava col suo Capitano sulla agognatissima licenza, una granata lo colpiva mortalmente alla testa. Aveva lasciato a casa un diario della sua vita militare, ma coll’impegno alla mamma di distruggere anche quello. E la mamma, fedele, adempì la consegna. Sola resta a testimoniare di lui la proposta per la Croce di guerra fatta dal suo Capitano: 7 Maggio ’18. «Il Caporal Maggiore Tronci Giuseppe ha preso parte a tutta la campagna dal 23 Maggio ’15. Si distinse in tutti i combattimenti cui prese parte il Reggimento e specialmente in quelli del Carbonile, S. Osvaldo, Novaledo, Civaron, Prima Lunetta e sulla Bainsizza, dando continue prove di ardimento e di coraggio, tanto da acquistarsi la fiducia e la stima dei superiori. Lo si propone per la Croce al merito di guerra con- la seguente motivazione: «Durante tre anni di campagna ha tenuto condotta esemplare in trincea ed in combattimento, dimostrando attività e coraggio, specialmente nei momenti diffìcili e nei fatti d’arme cui prese parte il Reggimento». [p. 90 modifica]bò VANNUCCINI Dott. Tito, Applicato del Servizio Materiale e Trazione, Sottotenente 21° Fanteria jt Raccogliamo la testimonianza del padre. «Il mio povero figlio Tito, sebbene nel ’15 si fosse arruolato volontario, fu, pochi mesi dopo, richiamato come milite della classe 1886 ed assegnato l’anno dopo al 21° Fanteria col grado di Sottotenente. Partì per il fronte nel Luglio del ’16. Dopo soli quattro mesi, senza aver preso parte a nessun combattimento, fh ucciso dalla scheggia di una granata austriaca. Nelle sue lettere e cartoline, sempre affettuose per i suoi cari, non ebbe mai occasione particolare d’esprimere i sentimenti patriottici che certo nutriva nell’animo suo. Fece sempre modestamente, ma con intelligenza e patriottico zelo, il suo dovere e morì rassegnato come un martire dopo cinque ore di sofferènze atroci. Fu questo il suo olocausto per la Patria che onora la nostra famiglia. E ciò basta». ZAMBRIN1 Alfredo, Applicato dell’Ufficio Ragioneria, Sottotenente 2il° Fanteria jt Caduto in combattimento sul S. Michele, l’11 Agosto ’16, dopo soli 25 giorni di fronte. 15 Luglio ’i6. «La nostra partenza è prossima. Per dove, non sappiamo. Si dice che alla nostra Divisione (43*) sarà riservata un’azione in un punto tale, che, se riuscirà, passeremo alla [p. 91 modifica]di ■u: -J- 1-1 ■» i-i *-»... ■ -1 t t»l 1 «,-4 * «■ •»-»» t * storia. Ne ho quasi piacere, anzi io desidero dal momento che mi trovo a combattere. Speriamo che anch’io possa avere la.soddisfazione di vedere il risultato». 1 30 Luglio ’16. * E arrivata la notizia ufficiale della nostra partenza. Questa avverrà probabilmente stanotte. Si dice che andremo nel basso Isonzo State tranquilli, perchè io parto per il combattimento, pieno di fiducia e di coraggio....». ZOPPI Rag. Vittorio, Applicato dell’Ufficio Sanitario, Sottotenente 138° Fanteria In guerra dal Luglio ’15. Decorato di medaglia di bronzo al valore. «Durante l’assalto di una trincea nemica, vista compromessa la riuscita dell’azione pei’ la tenace resistenza opposta in un punto della linea avversaria, sotto fuoco violento, vi conduceva di rinforzo il proprio plotone e, benché gravemente ferito, al grido di «Savoia!» incitava ancora i propri uomini all’assalto». Lokvica, 1° Novembre ’16. [p. - modifica] I nomi che precedono, di ferrovieri stabili caduti per ferite riportate sul campo, sono quelli incisi sulla lapide commemorativa. A questi si uniscono oggi nella memoria quelli che si spensero qier malattia contratta in guerra e gli altri molti caduti per ferite riportate in battaglia, dispersi in combattimento, periti di estenuazione nei campi di concentramento prigionieri che, non ancora accolti nei ruoli ferroviari, testimoniano pur essi del sacrificio fatto dai ferrovieri alla Patria.

Sappiamo che molti furono valorosi e rimpiangiamo che i pochi atti ai quali ha dato luogo la loro breve vita amministrativa, la difficoltà di rintracciare famiglie disperse e disfatte dalla morie dell' uomo e i limiti imposti a questo libretto, non permettano di indicarne che i nomi.

Molti dei più alti eroismi della guerra e della vita son destinati a rimaner sconosciuti.

Ogni nostra gioia di uomini è pagata in qualche parte dell'universo con qualche oscura rinunzia e fatica.

Possano gli scampati che vedranno l'aurora della nuova Italia, sentire, scorrendo questi nomi, che son nomi di uomini morti anche per loro. [p. - modifica]ALBONETTI Fortunato, Avventizio straordinario, cantoniere. BALDINI Giuseppe, Applicato della Divisione Trazione, Caporal maggiore 126° Fanteria, disperso il 1° Novembre ’i6 in un j combattimento a Monte Pecinka j» BALLER1 Orazio, Avventizio straordinario, supplente frenatore jt BALLINI Bruno, Cantoniere avventizio jt BANCHINI Giuseppe, Cantoniere avventizio jt BARDI Gino, Operaio del Controllo Prodotti, Soldato elei Genio jt BEGANI Giuseppe, Cantoniere avventizio jt BELLI Gastone, Manovale avventìzio a funzioni continuative della Divisione Movimento, Soldato del ’ 99, caduto V 11 Ottobre’ 18 per ferite jt BENIGNI Natale, Cantoniere avventizio jt BERNI Alfredo, Cantoniere avventizio & BERTOLACCINI Giovanni, Cantoniere avventizio a funzioni continuative. Soldato 89 0 Fanteria, caduto il 1° Marzo ’ 17 sul Nad Bregòm per ferite in combattimento ji BIAGIONI Duilio, Cantoniere avventizio straordinario j» BIANCHI Ferdinando, Applicato jt BIANCHI Pietro, Cantoniere avventizio straordinaiHo jt % BIANCIARDI Ermanno, Aiutante applicato della Divisione [p. 96 modifica]96 Movimento, Soldato 69° Fanteria, cadutoti 15 Ottobre’ 15 per ferite in combattimento. Compagno inseparabile del magnanimo Bragalli, figli entrambi di ferrovieri, caduti entrambi nell’alto Comelico, sulle stesse alture. Oggi riposa accanto all’amico, nel cimitero di Candide, in faccia alla cerchia dolomitica del suo sacrificio, per delicato pensiero del Bragalli padre, Conduttore Capo Bragalli Mauro j» BONCINELLI Bruno, Applicato jt BOSCHI Giulio, Manovale avventizio a funzioni continuative della Divisione Movimento, Soldato di Fanteria, disperso il 3 Luglio ’ 16 in un combattimento a Monfalcone jt BRILLI Eugenio, A iutante applicato in prova della Divisione Lavori, Soldato di Fanteria, caduto il 1° Novembre ’ 15 per ferite in combattimento jt BRILLI Francesco, Cantoniere avventizio jt BROGI Guido, Cantoniere avventizio straordinario jt BRUSCOLI Ettore, Usciere di l a della Cassa di Firenze, Sergente 7 9° Fanteria, morto il 17 Gennaio ’18 nel lazzeretto del Campo di Concentramento di Hammelsbourg jt BUTELLI • «Vittorio, Manovale avventizio a funzioni continuative della Divisione Movimento, Caporat maggiore 83° Fanteria, disperso in combattimento il 27 Giugno ’ 16. CAMPOLINI Vieri, Aiutante applicato avventìzio jt CAMMILLI Dott. Vittorio, Applicato dell’Ufficio Legate, Capitano di Fanteria j* CAPANNI Arturo, Cantoniere avventizio jt CAPURRINI Italo, Cantoniere avventizio straordinario jt CASTELLUCCI Remigio, Cantoniere avventizio jt CA [p. 97 modifica]97 VALLINI Olimpio, Cantoniere avventizio straordinario ^ CAVIGLIOLI Natale, Cantoniere avventizio jt CAVINA Francesco, Cantoniere avventizio j* CECCANTI Metello, Cantoniere avventizio straordinario CECCaRELLI Fosco, Cantoniere avventizio straordinario CIOCI Gino, Cantoniere avventizio straordinario CIONCOLONI Agostino, Manovale CIONI Giovanni, Cantoniere avventizio straordinario jt CORDELLI Angiolo, Cantoniere avventizio. DEL BUE Ricciotti, Cantoniere avventizio & DONATI Faustino, Cantoniere avventizio.

FALASCHI Ovidio, Cantoniere avventizio straordinario ^ FALCIANI Paolo, Manovale avventizio straordinario & FANALI Bruno, Cantoniere avventizio straordinario FANTECHI Virginio, Manovale in prova della Divisione Trazione, Caporale 41 0 Fanteria, ferito il IO Novembre ’ 15 a San Martino del Carso e disperso in combattimento j* FANTI Stefano, Cantoniere avventizio jt FEDI Ermenegildo, Avventizio straordinario, supplente frenatore jc FORNACIARI Geom. Alfredo, Assistente tecnico a funzioni continuative della Divisione Lavori, Tenente mitragliere 69* Fanteria, Comandante una sezione mitragliatrici. Un convinto della guerra, partito nel Maggio ’15, cantando colla fede dei ventanni Fior della gloria il nostro canto è un canto che non varia è sempre un inno alato di vittoria [p. 98 modifica]98 e caduto, sereno, nella stessa fede, dopo 15 mesi di battaglie su tutti i fronti, invocando la mamma. Le sue lettere, per lo più indirizzate al diletto fratello Raffaele, anch’egli ferroviere, e raccolte in un quaderno a stampa dedicato alla famiglia dai suoi stessi compagni ufficiali del reggimento, sono documenti di bontà, oltreché di coraggio e amor patrio. Vengono dal Comelico, dall’Isonzo, dall’Astico, dal Trentino. Dal Comelico, 27 Agosto ’ 15. «Una piccola spiazzata fra gli alberi alti, due tavolini e qualche penna, un casotto di tronchi d’albero; lì c’è il comandante, più indietro un’altra capanna che sembra quella di qualche pastore di un pascolo alpino dove dormono i subalterni, vicino un paio di tende della guardia e basta. Quando arrivo io, il Signor Capitano dorme sempre; attendo qualche minuto ed ecco che esce fuori dalla sua camera(). Mi presento: Ben arrivato, mi dice, e subito dopo prosegue: Sarà bene che faccia un girétto nelle trincee per rendersi conto delle nostre posizioni; stia attento però che il primo plotone è scoperto. Non me lo faccio dire due volte e dopo aver ringraziato mi incammino con un mio collega che mi accompagna verso le nostre difese. Eccomi dunque in quelle trincee di cui tutti • «si parla con vago senso di terrore, quando ne siamo lontani, in quelle trincee dove da tre mesi i nostri soldati soffrono,

rassegnati alla sorte loro e tutti con il pensiero rivolto ad una cosa lontana e cara quanto mai che qualche volta rende un po’ più penosa la loro vita di disagi: la famiglia. «Se non avessi quei ragazzi non mi importerebbe nulla», si sente esclamare dalle boeche di quasi tutti, e noi, che comprendiamo quanto sia nobile ed alto il legame che li unisce alla loro casa, non sappiamo altro che risponder loro che bisogna aver pazienza, che sarà ancora per poco Ieri l’altro mattina ho combattuto la mia prima battaglia. Troppo lungo ed impossibile, per più sensi, sarebbe il descrivere quello che ho provato, che ho visto, Che ho dolorato. [p. 99 modifica]99 Si resta fanciulli per tanto tempo e non si sa che cosa sia la vita, poi un bel giorno ci accorgiamo d’essere diventati giovani e vecchi ad un tratto; la sola parte della vita che abbiamo vissuto è stata la fanciullezza, ma basta solo questa per averci latto vivere la maggior parte della nostra esistenza. Così è successo a noi che ci è toccato a vivere la sera dal mattino senza passare per il crepuscolo, così tocca più particolarmente a me per le contingenze in cui mi trovo». 12 Settemòre ’15. < Immagina una capannuccia di frasche e di tronchi di abeti, un letto delle medesime, io sopirà di esso con la testa fra le mani ed i gomiti appoggiati alla cassetta d’ordinanza, sopra una candela dalla luce fioca e melanconica: il mio pensiero rivolto a voi, alla mia Firenze, al ritorno». 17 Settembre ’ 15. «Domani l’altro il mio battaglione, e quindi anche io, parte per il Seikofel ad occupare le trincee avanzate di primissima linea alla distanza di poche diecine di metri da quelle nemiche, con le vedette avversarie che si scorgono appena, acquattate dietro agli alberi, e pronte a far fuoco su qualunque soldato si mostri anche per un istante in uno spazio di terreno scoperto. Perchè devi sapere che in questo luogo è una vera caccia all’uomo isolato che impera: ciascuna vedetta cerca di freddarsi reciprocamente tanto il giorno che la notte, durante la quale gli austriaci gettano continuamente razzi Ma non stare in pensiero per questo, sai, poiché in questi luoghi, sebbene non ti abbia detto mai niente, ci sono stato più volte ed oramai la cosa passa con una indifferenza unica. Perchè in tutte le cose, e per tutte le cose succede così: ci si fa l’abitudine e, come diceva l’altro giorno un mio collega alla mensa, alla fine l’essere in guerra si considererà per noi la cosa ordinaria e quella straordinaria il ritornare alla solita vita borghese di buona memoria». 25 Settembre ‘ 15. «Quando nella vita comoda e placida della famiglia tutte le piccolezze ci paiono contrarietà, quando le quisquilie, le insulsaggini, le vacuità ci sembrano im [p. 100 modifica]100 mense preoccupazioni e grandi noie, quando ogni più piccola cosa che ritardi il completo ed immediato sodisfacimento dei nostri desideri ci appare come l’ostacolo più insormontabile dell’universo; potessimo aver pensato un poco alle contrarietà, alle preoccupazioni, agli ostacoli che noi viviamo quassù dove a tante cose più importanti e più necessarie dobbiam rinunziare e ad una fra tutte le altre, più bella, più santa, inviolabile o almeno che lo dovrebbe essere: alla vita! Oh! come saremmo stati più filosofi allora! E ci saremmo abituati a considerare le cose molto diversamente da quel che le consideriamo adesso! Per noi ufficiali la vigilanza e la preoccupazione è aumentata parecchio. Di notte facciamo il turno di servizio al plotone con il sergente, mezza nottata per ciascuno, ed è un continuo girare nelle trincee per vedere che tutto proceda regolarmente specie il servizio di vigilanza che è quello più importante di tutto: visitare continuamente le vedette, dare ordini ai graduati, ricevere le novità e nello stesso tempo tener tanto d’occhi spalancati e orecchi ritti e tesi bene, specialmente verso il reticolato. Tu sapessi Raffaello il pensiero di avere in mano un plotone di soldati sparsi in tre o quattro trincee con un fronte discretamente esteso! È una tensione infinita e continua che mi fa stare desto anche nei momenti che potrei riposare. Ma nondimeno ognuno sembra soddisfatto di compiere il proprio dovere. Bisogna vedere il soldato per sua natura brontolone e incontentabile che su tutto trova da ridire e da criticare, specie quello toscano, assolvere il compito affidatogli con la piena coscienza di sé stesso e con la visione chiara e netta dell’importanza del suo servizio! Quando il suo caposquadra lo chiama è sempre pronto. Piove, nevica, è freddo, che importa? deve montar di vedetta e monterà. Sa che quello è il suo dovere più grande, per tutto il tempo che è di guardia ha in mano la sicurezza e la vita di tutti, e conscio di tutto questo scruta, osserva, intende e nulla gli sfugge e di nulla teme, con il fucile carico accanto [p. 101 modifica]il fido compagno che non lo abbandonerà mai! Nel silenzio di quelle ore di ansia e di attesa germoglieranno e rifioriranno i suoi pensieri e i suoi ricordi più soavi Poveri oscuri eroi di tutti i giorni, senza che nessuno lo sappia, senza che nessuno apparentemente apprezzi, essi sono meritevoli di tutta la nostra ammirazione e la nostra stima e bisognerebbe che per tutti brillasse eternamente non una semplice medaglia d’argento o d’oro sul petto, ma la riconoscenza e la gratitudine di ogni generazione Quando la mattina del 1° Ottobre sporsi fuori la testa dal mio ricovero restai meravigliato e anche contento di trovare la neve: la sera innanzi nulla aveva fatto prevedere una sua possibile apparizione, quindi la sorpresa fu completa. La notte dopo, verso le 3, il bosco era ancora più bianco. E feci l’ispezione. Provai allora un senso di stupefazione e di contemplazione e mi ritornò a mente qualcosa: mi parve la notte della nascita del Signore e gli abeti, gli alberi di Natale! Ma sui rami robusti e bianchi non c’erano i ninnoli, non c’erano i dolci, non c’erano i lampioncini colorati Quando andremo più in là colla stagione, la neve apparirà in tutta la sua terribile potenza demolitrice: silenziosa ed inavvertita sarà quella che ridonerà alla terra il primitivo aspetto di pace e di tranquillità. Trincee, reticolati, ricoveri, ridottini, blindamenti, tutto sarà sotterrato, tutto scomparirà ed il silenzio sarà l’unico sovrano regnante in questi luoghi: ma non sarà un silenzio di morte o di oblìo, ma di raccoglimento e di concentrazione; sotto quella pesante cappa di candore avvolgente e sovrastante ogni cosa, pulserà ancora il continuo e ritmico succedersi della vita, estrinsecata in un’attività febbrile di preparazione per un nuovo e più terribile risveglio di forza, di pensiero, di sentimento che uniti insieme ci daranno quella tanto augurata e sperata vittoria che il mondo civile ha desiderato ed auspicato, come la condizione indispensabile per una più giusta valutazione di quello che si [p. 102 modifica]109 p.hiama. libertà, giustizia, eguaglianza, fraternità! Ed anche l’uomo scomparirà forse dalla candida superficie. Ce ne saranno sempre alcuni preposti alla sicurezza dei più e saranno coloro che risentiranno i maggiori e più terribili sacrifici: qualche volta li sorprenderà la tormenta e il mattino li troverà assiderati e forse già sotterrati. Sarà un dito, sarà un piede, sarà una gamba che dovrà essere amputata, e forse sarà con la vita che dovrà essere pagato il tributo di dovere alla Patria, ma il dovere sarà compiuto!.... La maligna insinuazione e la bassa invidia di quelli che sono rimasti a casa e dei futuri critici della nostra guerra, cercheranno di demolire l’edificio costruito dai nostri soldati col valore e coli’ abnegazione spinta finir al sacrificio, e forse la dimenticanza e l’oblìo saranno degne ricompense a quanto essi donarono con la sicura ed entusiastica baldanza dei loro anni migliori perchè un’idealità fosse compiuta ed un sogno realizzato. È così ingrato il mondo e se ne hanno purtroppo tanti esempi! In quanto a me, preso separatamente (non per inalzarmi sugli altri e vantarmi di aver fatto più degli altri), non mi importa la gratitudine; a me basta l’intima soddisfazione del proprio io come conseguenza diretta di un semplice dovere compiuto e l’affetto delle persone che fino a qui mi hanno voluto sempre bene. Non vi è ricompensa più bella di avere la coscienza tranquilla! Dall’Isonzo, 7 Novembre ’15, «Nuovi aspetti di guerra, nuove visioni, nuovi panorami. Stamani nello sfondo vaporoso di una magnifica giornata di autunno, ho visto la città contesa, e le strisce argentee del fiume santo d’Italia 14 Gennaio ’16. «La prima lettera che scrivo da quando sono sulla fronte dell’Isonzo! Da quando sono giunto in questo paese mi pare d’essere [p. 103 modifica]103 un altro, mi pare d’essere uscito fuori da un altro io chg prima viveva perchè respirava e perchè mangiava Mi par di non esser più alla guerra. Lontano dal solito indispettito scoppiettìo della fucileria e dall’arrabbiato rombo del cannone, si vive una vita direi quasi patriarcale che fa meravigliare tutti coloro che, come me, scendono da luoghi infernali. E pensare che è la vita della parte più grande di coloro che fanno la guerra! Tu vedessi, Raffaello, la quantità di gente che s’incontra nelle retrovie, tutti con la loro monturina aggiustata e pulita, il berretto e le scarpe fuori ordinanza! Ma non basta. Una camera ariosa ed un soffice letto saranno adeguata ricompensa alle dure fatiche di guerra! Saranno loro gli eroi quando torneranno a casa, perchè, non ti confondere, torneranno tutti, e vigliacchi gli altri, quelli che han fatto veramente la guerra, e si faranno protagonisti dei fatti più ardimentosi e più difficili. È inutile; per sapere veramente, per conoscere veramente, non basta essere al fronte: è una parola troppo generica, troppo estesa, una parola che esprime una zona troppo grande dove ci sono naturalmente compresi tutti i panettieri, i macellai, gli automobilisti, i calamai, i volontari della Croce Rossa, di questo mondo. A me piace parlar franco e sincero in omaggio a quei sentimenti che furono la più bella dote di coloro che questi sentimenti c’ispirarono. Tutti gli stamburamenti e gli entusiasmi del momento possono fare effetto sulla moltitudine, ma in fin dei conti la sostanza è poca. Il proprio’ dovere non si compie perchè altri lo scrivano sui giornali e lo spifferino ai quattro venti, ma solo per quelV interno sentimento che in questo momento deve o almeno dovrebbe guidare tutti gl’Italiani». Dall’Astico, durante l’offensiva trentina, 30 Aprile Iti. «Ed ora eccoci qua, nella meravigliosa valle dell’Astico, fra queste montagne, le mie montagne di un tempo, quelle che mi [p. 104 modifica]104 fecero ^apparire così bella la guerra! Comincerò a rivivere i bei giorni del Cadore, e per me sarà una nuova èra di vita guerresca, una di quelle poche pagine belle che si scrivono durante il suo corso.. Sento da queste montagne elevarsi un inno che già conobbi ed udii prorompere dalle gole selvaggie delle Dolomiti..... Di fronte alla natura esuberante tutto si può sacrificare, anche la vita, purché la fronte sia rivolta verso le cime di quelle montagne candide e indomite, che il sole arrossa quando le bacia coll’ultimo raggio». 7 Giugno ’16. «Passò una settimana e la trincea nuovamente ci accolse. Venne l’alba del 16 Maggio Non voglio rievocare, no, non voglio Tutto passò in quel giorno, tutto fu spezzato! Adesso torneremo in trincea, torneremo perchè abbiamo da vendicare i nostri Eroi, torneremo perchè dobbiamo arrestare la rabbia sanguinaria di coloro che vorrebbero opprimerci di nuovo, torneremo perchè non ci colga l’obbrobricf dei nostri focolari distrutti, delle nostre case profanate, del nostro suolo calpestato. Dall’alto di queste montagne mi è grato, e al tempo stesso melanconico, fissare lo sguardo sulla pianura che si perde nella caligine. Laggiù è la Nazione che pulsa trepidante e fiduciosa. Noi dovremo fare uno sforzo, dovremo combattere l’ultima grande battaglia, e allora saranno decise, forse, le sorti della guerra». 1° Luglio ’16. «Nel bollettino del 14 scorso troverai rammentati Monte Giove e Montè Brazome. Lì, il 10 passato, ei*avamo andati in trincea. La mattina del 12 prestissimo una tempesta di granate di tutti i calibri, ma massimamente di 305 e anche di 420, si rovesciava sulle nostre posizioni. Dopo circa quattro ore di questa deliziosa sinfonia il nemico lanciava all’attacco, dal Pria-Forà che aveva occupato giorni avanti, masse di fanteria inebriate. Fallito il colpo, ricominciava il bombarda* mento e quindi il conseguente attacco delle fanterie.» [p. 105 modifica]105 Il giorno 13 è stato lo stesso bombardamento tremendo, attacchi violentissimi. Sono arrivato al 14 mezzo istupidito. In quel giorno calma completa: ii nemico aveva rinunziato alla conquista di Monte Giove. Furono due giorni terribili, caro Raffaello, giorni nei quali le mitragliatrici hanno funzionato meravigliosamente. Una ha smesso di funzionare dopo avere sparato migliaia di colpi: l’ho allora sostituita con l’altra che ne ha sparati altrettanti. Immagina che in due giorni, in tempo brevissimo, se ne sono andate un quattordicimila cartucce buona parte a destinazione come ho potuto constatare col mio binocolo, che mi ha dato la suprema soddisfazione di vedere gli austriaci già quasi penetrati in trincea, volgere rapidamente in fuga ruzzolando per il costone, inseguiti dai tiri della mia mitragliatrice egregiamente maneggiata dal mio bravo e sfortunato cap. magg. Pellizzoni ucciso l’altro giorno 26 Giugno da una granata austriaca, scoppiata a un metro da me che mi trovavo accanto a lui. Era il perno principale della sezione e ne ho provato immenso dispiacere. Dopo tre giorni di trincea, di fronte al Parmesàn in Vallarsa, fra il Coni Zugna a sinistra e il Pasubio a destra, è venuto l’ordine di avanzare. E questo la sera del 25 per la mattina del 26. Nella notte che ho passato, sempre sveglio e sempre girellando, abbiamo visto dietro le posizioni nemiche svilupparsi grandi incendi: erano gli austriaci che ritirandosi davano fuoco ai paesi che dovevano forzatamente abbandonare. La mattina del 26 il nostro esercito (perchè l’azione è stata simultanea su tutto il fronte) marciava con passo sicuro alla riscossa. Per chilometri e chilometri abbiamo avanzato, passato una enorme quantità di trincee austriache con grande quantità di munizioni, bombe a mano, granate, oggetti di vestiario, fucili. Ho sentito gli entusiasmi che ha suscitato in Italia la nostra vittoria. Speriamo una buona volta che la Nazione riconosca quello che per Lei fanno i suoi figli!». [p. 106 modifica]106 16 Luglio ’16. «Ieri ho avuto da fare la relazione sull’azione svoltasi fra il 9 e il 10 a Monte Corno, azione alla quale 10 ho preso parte e di cui parla anche il bollettino Cadorna dell’11 e quello del 12 e quindi non ho potuto scrivere. Lo laccio oggi che mi rimane un po’ di tempo disponibile sebbene l’artiglieria nemica molesti continuamente il luogo ove ci troviamo. Ti dirò subito che il Tenente Battisti era proprio in quell’azione quale comandante di una compagnia di Alpini del Battaglione Vicenza che operava insieme al nostro l.° Battaglione. Oggi si compiono undici mesi dacché la mia persona si staccava dalla mia città natale fra gli evviva, gli auguri, i saluti degli amici, dei parenti, forse, perchè non dirlo? la mal celata tranquillità d’animo dei miei-fratelli. Fino a qui mi accompagnò sempre la provvidenza, ma oggi sento qualcosa di diverso in me, sento qualcosa che mi opprime; una nostalgia continua si rende padrona del mio animo, tutti i miei pensieri finiscono per fissarsi in una cosa che è un punto, che è un nulla, che è un sogno ’ Sono stanco, caro Raffaello, di avere un tascapane per capezzale, un po’ di foglie, quando ci sono, o la nuda terra spesse volte bagnata per letto, ed una Mantellina fradicia per coprirmi, senza che nessuna mano affettuosa mi inghirlandi quel capezzale di rose, senza che nessuno sappia raccogliere da vicino lo sfogo interno dell’animo mio!....». È l’ultima lettera e rispecchia una stanchezza e uno scoramento che oggi possiamo spiegarci, sapendo che, mentre egli tenne contegno valorosissimo (tanto da meritare l’encomio) nell’azione in cui fu catturato Battisti, il suo reparto, sfinito, si portò male. Era 11 martirio, per chi si prodigava! Poi la lotta ristagnò anche in Vallarsa, si congelò sulle posizioni. E nella notte del 22 Ottobre una fucilata di vedetta in agguato lo abbattè su un sentiero. Era proposto per la promozione per merito di guerra e per una ricompensa al valore. [p. 107 modifica]Dopo l’azione di Monte Corno, l’Ordine dei giorno gli aveva portato l’Encomio solenne del Comando di Divisione, con la seguente motivazione: «Comandante di una Sezione Mitragliatrici, accanto all’arma A 7. 0 2 battuta dal tiro dell’artiglieria avversaria che la prendeva quasi d’infilata, dirigeva con calma il tiro, assolvendo così degnamente il compito suo». FORNARI Giuseppe, Applicato della Divisione Movimento, Te• nente aviatore, perito per disgrazia aviatoria sul Campo di Cervetere il 20 Agosto ’18 jt FRATI Giovanni, Supplente frenatore jc FROSINI Sante, Avventizio straordinario, supplente frenatore j* FRUSCHELLI Antonio, Manovale in prova della Divisione Movimento, inviato in missione a S. Giovanni Manzano, catturato dal nemico e morto in prigionia il 6 Settembre ’17. GABBRIELLI Italo, Cantoniere avventizio straordinario jt GELLI Ferruccio, Avventizio straot’dinario, supplente fre% natore j* GHELARDUCCI Grisante, Manovale avventizio a funzioni continuative della Divisione Movimento, Sol» dato di Fanteria del ’98, disperso in combattimento il

23 Dicembre ’17, su Monte Valbella jt GIANETTI Costantino, Cantoniere avventizio jt GIUSTI Adolfo, Cantoniere / avventizio js GORILLI Emilio, Cantoniere avventizio jt GUERRIERI CamiJlo, Cantoniere avventizio straordinario js GUERRIERI Guido, Cantoniere avventizio straordinario. [p. 108 modifica]108 IERI Atride, Frenatore avventizio jt ISERANI Arturo, Cantoniere avventizio straot’dinario. LACHI Giorgio, Aiutante applicato avventizio della Sezione Lavori. Partito fanciullo, assetato di immolarsi, lasciando nella sua solitaria cameretta il ritratto di Mazzini infiorato jt LARI Ettore,. Usciere di 2. a dell’Ufficio Contabilità Prodotti, Soldato di Fanteria, impazzito al fronte jt LENZI Archimede, Cantoniere avventizio straordinario jt LENZI Rolando, Scritturale avventizio straordinario jt LOLLI Orlando, Cantoniere avventizio straordinario. MANNUCCI Nazareno, Avventizio straordinario, supplente frenatore jt MANNUCCI Raffaello, Cantoniere avventizio jt MARCHI Aurelio, Manovale avventizio a funzioni continuative della Divisione Movimento, Soldato 150° Fanteria, •» morto il 30 Ottobre ’ 18 per ferite in combattimento a Alano Fenèr (Piave) jt MANZINI Ernesto, Cantoniere avventizio jc MARCHETTI Umberto, Cantoniere avventizio jt MARTINETTI Pietro, Cantoniere avventizio straordinario jt MATTEUCCI Nicola, Cantoniere avventizio straordinario jt MEI Guido, Avventizio straordinario, supplente frenatore jt MICHELOZZI Dino, Avventizio straordinario, supplente frenatore jt MORETTI Giuseppe, Cantoniere avventizio. [p. 109 modifica]100 NATI Giuseppe, Cantoniere avventizio NATI Oreste, Cantoniere avventizio NANNINI Antonio, Cantoniere avventizio jl NICCOLI Niccolò, Assistente di 2. a NICCOLI Olinto, Avventizio straordinario, supplente frenatore. ORIOLI Nello, Cantoniere avventizio straordinario. PACCIARDI Arduilio, Avventizio straordinario, supplente frenatore jt PALLI Luigi, Cantoniere avventizio j» PANCONI Gino, Avventizio straordinario, supplente frenatore jt PAPINI Giuseppe, Manovale avventizio straordinario jt PARENTI Gino, Manovale PASQUALI Francesco, Manovale avventizio straordinario m PAZZAGLI Giulio, Aiutante applicato avventizio PIANIGIANI Bruno, Avventizio straordinario, supplente frenatore jt PIETRINI Enrico, Aiutante applicato avventizio PINI Lorenzo, Aiutante applicato avventizio straordinario j» PIPPARELLI Alberto, Manovale avventizio straordinario jt POGGIANTI Gino, Manovale avventizio straordinario jc PUCCIONI Andrea, Cantoniere avventizio jt PUZZOLI Gino, Cantoniere avventizio. QUERCIOLI Adimaro, Cantoniere avventizio. [p. 110 modifica].RAUGEI Florindo, Avventizio straordinario, supplente frenatore jt RICCI Lelio, Manovale avventizio straordinario jt ROMANELLI Angelo, Cantoniere avventizio jt ROSSELLI Alessandro, Cantoniere avventizio jt ROSSETTI Sestilio, Cantoniere avventizio jt ROSSI Pietro, Cantoniere avventizio straordinario jt ROSSOTTI Aldo, Applicato della Divisione Trazione, in guerra dai i5 Maggio ’15, da presumersi morto per ferite nell’Ospedale di Udine il 17 Dicembre ’15 jt ROVINI Nello, Avventizio straordinario, supplente frenatore. SANDRONI Francesco, Cantoniere avventizio straordinario jt SETTESOLDI Gino, Avventizio straordinario, supplente frenaiore jt SIGNORINI Angelo, Cantoniere avventizio straordinario jt SIMONELLI Giuseppe, Manovale avventizio a funzioni continuative della Divisione Movimento, Soldato 90° Fanteria, caduto il 23 Maggio ’Il sul Nad Bregòm jt SIN ATTI Angiolo, Cantoniere avventizio jt SODI Nello, Cantoniere avventizio jt SONETTI Elmedo, Cantoniere avventizio straordinario. TASSINARI Ezio, Aiutante applicato della Divisione Movimento, Soldato 1 0 Genio, morto di peritonite da tifo, contratto in [p. 111 modifica]ili trincea, il 17 Agosto ’15, a S. Giorgio di Nogaro. Soldato del Genio, sul Carso dal ’15, quando le «grandi avanzate» eran balzi micidiali di qualche metro e il Genio si accompagnava al fante combattendo e lavorando, se pure non lo precedeva a gettargli ponti e passerelle sull’acqua, a coordinare i suoi sforzi cogli stendimenti di filo, a preparargli la casa e la tomba nella spietata petraia. 23 Giugno ’ 15. «Sono a lavorare sopra un ponte; è un continuo sibilar

di proiettili. Una granata scoppia a pochi metri e ferisce 4 compagni > 24 Giugno ’i5. «Alle 6 torniamo al lavoro.

  • 25 Giugno ’15. «Ci alziamo di buonora come il solito

e andiamo nell’Isonzo a fare una diga onde impedire all’acqua del fiume di passare per una rottura latta, dal nemico e allagare il paese di Fogliano. Io son comandato di corvée per trasportare la gelatina con altri miei compagni. Dovendo camminare a distanza uno dall’altro, a un certo punto io con altri o compagni perdiamo la strada. Ne segue un continuo correr pei campi senza saper dove, tra zaini abbandonati e qualche cadavere;.... 26 Giugno ’15. i < Stendiamo una linea telefonica da Castelnuovo a Viliesse. ’Qualche obice da 305» 27 Giugno ’15. «Dopo aver riposato appena 2 ore son costretto a partire per fare un altro stendimento. Son proprio stanco sfinito.» 30 Giugno ’15 € I nostri tentano un’avanzata e sono già a buon punto. Hanno varcato parte dei reticolati nemici e sono quasi sulla collina. A un tratto i nostri ripiegano, scompiglio generale, tutti corrono», ma il soldatino del Genio non si scrolla «io carico il fucile e mi preparo a opporre là mia resistenza» Quando anche facendo il telefonista a un Comando di Brigata «si sentiva benissimo il grido Savoia [p. 112 modifica]112 lanciato dalle nostre fanterie che assalivano alla baionetta.... > e «le pallottole vengono a cadere davanti alla porta dove siamo ricoverati, schegge di granate e schrapnells vengono tal volta sul nostro tetto; dormiamo appena 2 ore per notte malamente poiché tutte le notti il nemico tenta un contrattacco Ma se pensiamo a quei disgraziati di fanteria che son da 30 giorni in trincea sotto il sole cocente e sotto 1* acqua, se pensiamo a quei poveri soldati che non possono tirar fuori la testa dalla trincea noi siamo signori» 13 Luglio ’15. «Ma se ci aiuta la Russia dalla sua parte quanto prima scriverò da Trieste. Eppoi anche senza il suo aiutaci andremo lo stesso a qualunque costo. Se non ci arriverò io, ci arriveranno i nostri fratelli!» jt TELLESCHI Pietro, Cantoniere avventizio straordinario TENTI Agostino, Cantoniere avventizio jt TENTI Geremia, Cantoniere avventizio jc TESI Raffaello, Manovale jt TIBERI Luigi, Applicato dell’Ufficio Contabilità Prodotti, Sottotenente di Fanteria je

TURBINI Fioravante, Manovale avventizio straordinario. «UGOLINI Pietro, Cantoniere avventizio straordinario. VANNUCCHI Bruno, Avventizio straordinario, supplente frenatore jt VENTURINI Giuseppe, Manovale, Soldato di Fanteria jt VERDIANI Pietro, Cantoniere avventizio [p. 113 modifica]113 straxn’dinario jt VETTORI Vito, Aiutante Applicato della Divisione Movimento, Aspirante Ufficiale 153° Fanteria. In guerra dal Maggio ’15, combattente del Sabotino, degli Altipiani, del Carso. Caduto per ferita di scheggia di grat nata al capo, nelle trincee di Castagnevizza (28 Maggio *17). ZAMBRI Zeno, Cantoniere avventizio straordinario jt ZOPPI Ettore, Cantoniere avventizio.