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figurarti, da eroe, non molto lontano di qui. Mi sembra impossibile, e mi domando con angoscia: che faremo domani se tutti i migliori se ne vanno? Domani, quando vinti i nemici esterni della nostra dilettissima Italia, dovremo stroncare i non meno odiosi nemici interni? »

Il 7 Ottobre '17, ferito gravemente alla testa sull’Altipiano della Bainsizza, è sottoposto ad una dolorosissima operazione che deve costargli la vita. Dall'Ospedaletto da campo, il 16, ci viene la sua ultima parola serena.

« Ho avuto una palletta nel cranio che mi ha scheggiato l'osso fino alla meninge. Mi hanno fatto la trapanazione del cranio. Siccome la malerba non muore mai, l'ho scampata! Ne avrò per un mese e mezzo o due. Pazienza! Soffro assai ancora, ma coraggio e sangue freddo. Sono stato ferito in combattimento e ho l’orgoglio di essermi battuto bene. Forse troppo ho azzardato, ma, ad ogni modo, sono soddisfatto ».

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CANESCHI Alessandro, Frenatore, Arligliere 3° Artiglieria da Montagna, 50° Batteria

È un coraggioso: a 13 anni, veduto un giovanetto diciassettenne che rischiava di annegare, si gettava in Arno e riusciva a trarlo in salvo.

Ma gli orrori della trincea fan tremare anche i coraggiosi. Il Caneschi ne ha 17 mesi durissimi, davanti all’ Hermada; non ne può più, quando viene in licenza la primavera del ’17; parecchi compagni non torneranno. Lui si consiglia coi genitori prima di ripartire. Ma il padre, caldo socialista bissolatiano, che sente la serena bellezza dell'ideale per cui l'Italia ha rischiato la guerra, la madre diritta e fiera, hanno una risposta sola: meglio morto che disertore. Ritrova il coraggio, torna su ritemprato.