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voi forse costà distanti è potuta penetrare nell’animo la sfiducia, ma qui nè ufficiali nè soldati hanno mai pensato a rinunciare alla vittoria sul nemico e questa è venuta. Se la vostra gioia è stata grande, la nostra è stata immensa. Ora siamo felici e lo saremo ancora di più fra breve. Stai tranquilla che il mio buonumore non mi lascia mai. Poi, se anche qualche volta qualche pensiero non lieto ci passa per la mente ci sono tante cose che ci fanno cambiare pensiero!..... Se vedessi con che passione andiamo a scrutare nelle cuciture della camicia e della maglia!».

16 Luglio ’16. «Affettuosamente ti scrivo questa cartolina, non perchè mi manchi la calma in un momento bello, magnifico e fors’anche terribile, ma perchè non ho tempo. Sono dove occorre scacciare ancora il nemico dal nostro suolo. Occorre la baionetta e noi l’abbiamo bene affilata e temperata. È di buonissimo acciaio; non vi è petto, anzi natica che resista».

È l’ultima lettera, diretta al padre. La seguente, appena una settimana dopo, è del Cappellano del Battaglione.

«Se lei considera come questo sacrificio era volenterosamente ed anche lietamente contemplato dal suo Umberto, l’intima unione d’animo e d’ideale tra padre e figlio deve rendere più leggero il suo dolore. Suo figlio Umberto, sempre fedele nell’adempimento del suo dovere fino al sacrificio, si rendeva amabile ed esemplare ai soldati, da attrarli con sè in qualunque occasione il dovere lo comandava. E circondato da essi, il giorno 22 del corrente mese cadeva, in prima linea, mentre conduceva all’assalto il proprio plotone. Un proiettile di fucile nemico lo colpiva al collo. Cadendo egli esanime, quasi nello stesso momento i soldati suoi, dei quali pure alcuni lo circondavano, caduti per lo stesso ideale, gli coprirono il viso col tricolore e il corpo con un telo....».

Alla sua memoria fu decretata la medaglia d’argento dei valorosi.