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senta un sacrificio, forse un eroismo o una vigliaccheria. Tutto parla qui, ma tutto parla di morte. Quelli che non parlano più sono gli infelici travolti dalia corrente vorticosa di questo triste fiume e i valorosi morti sulle balze dove giacciono ancora scarniti, pasto alle mosche cadaveriche e ai vermi.

Tutto per la Patria. O Italia, come farai a ricompensare tanti eroismi? Non potrai mai, perchè bisognerebbe render la vita, che è il più gran tesoro, a questi giovani eroi.

Dobbiamo tornare sul Carso? Torneremo, ma le nostre ore saranno contate. Pugneremo, vinceremo: morremo per te, Italia: o Italia grande! O Italia bella!».

8 Novembre 15. «Ancora in prima linea. Da ieri non vado di corpo, non mangio, non bevo, non è venuto su neppure un gocciolo d’acqua. Stanotte quattro allarmi con fuochi accelerati. Non abbiamo più cartucce. Nella trincea non possiamo neppure stendere i ginocchi: dolgono maledettamente».

11 Novembre ’15 (ore 2 di notte). «Dio mio, che giorno, che notte, non ho il coraggio di mettermi a scrivere. Gnatelli, il buon Gnatelli è morto colpito alla testa mentre andava all’assalto della trincea dei morti. Dunque il 123 doveva andare all’assalto; ma dopo 4 ore di fuoco d’inferno non si è mosso. Alle 16½ è venuto l’ordine per noi di avanzare a tutti i costi. Siamo avanzati. Abbiamo cominciato a spingere i soldati per quel camminamento che mai dimenticherò. Intorno a me cadeva un diluvio di bombe a mano; le pallottole fischiavano maledettamente; morti, feriti, chi imprecava, chi si raccomandava, chi si lamentava. I soldati non avanzavano se non a colpi di moschetto e di baionetta. La 6ᵃ, con parte della 5ᵃ, 7ᵃ e 8ᵃ, ha conquistato il trincerone, per modo di dire, perchè è di 40 cm. Dopo aver tentato invano di mandare il resto del battaglione per il camminamento, sono andato a raggiungere il Capitano nella trincea nemica e lì, sdraiato a terra in una pozza, sotto una pioggia torrenziale siamo rimasti fino all’una di notte. Intanto il Maggiore coi soldati rimasti nel camminamento ha tentato di avan-