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86 4~L terribile al militarismo invadente, ma battuto. Da essa dovrà sorgere una generazione nuova che apprezzerà il nostro sacrifìcio e seguiterà il faticoso cammino della redenzione umana. Tutti dobbiamo sentirci orgogliosi di essere all’altezza dell’ora storica che attraversiamo, di cooperare alla sublime fecondazione dell’uomo nuovo». Poteva essere ufficiale. Non volle. Preferì operare e patire senza privilegi, semplice fante, confuso nell’anonima massa gloriosa.’ Ma era uno di quei fanti che, nelle azioni, consigliavano, e, a volte, guidavano i loro ufficiali. «Assalto alla cima S. Michele. Avanziamo quasi di corsa, baionetta in canna. Giungiamo sulla cima. Nessuno, eccetto qualche vedetta che si dà prigioniera; più in basso molti tedeschi alzan le mani. Non li uccidiamo; li prendiamo a calci nel sedere. La mia compagnia è tagliata fuori dalla linea avanzante. Siamo plotoni avanzati e dispersi. Raccomando al mio tenente di informarsi cosa dobbiamo fare. Poco dopo ci giunge l’ordine di ripiegare per mancanza di rinforzi. Intanto gli austriaci si avvicinano; sparano avanzando in catena, concordi e coraggiosi. Sparo anch’io e prego i miei compagni di fare ugualmente. Ma ahimè! siamo 15, senza ufficiale, che ci comandi. Solo due sparano: gli altri gridano di fermarci, altrimenti gli austriaci ci uccideranno, invece di farci prigionieri. Vigliacchi! Erano già decisi a rendersi! Intanto quello alla mia sinistra viene ferito gravemente e cade; la mia borraccia è spaccata da una palla. Gli altri fermi e gli austriaci si avvicinano. Che fare? Darmi prigioniero? ’ No! Attaccare alla baionetta uno solo contro tutti? Follia! Ripiego come era stato ordinato. Sento dietro me uno scoppiettar rabbioso di fucileria. Mi sparano da 20 metri. Meno male che trovo un muro e mi nascondo. Sparo altre cartucce contro un gruppo e seguito il ripiegamento; finalmente trovo una trincea nemica profonda. Siamo in due e troviamo tre austriaci che alzano le mani. Si accompagnano al Comando....».