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98 e caduto, sereno, nella stessa fede, dopo 15 mesi di battaglie su tutti i fronti, invocando la mamma. Le sue lettere, per lo più indirizzate al diletto fratello Raffaele, anch’egli ferroviere, e raccolte in un quaderno a stampa dedicato alla famiglia dai suoi stessi compagni ufficiali del reggimento, sono documenti di bontà, oltreché di coraggio e amor patrio. Vengono dal Comelico, dall’Isonzo, dall’Astico, dal Trentino. Dal Comelico, 27 Agosto ’ 15. «Una piccola spiazzata fra gli alberi alti, due tavolini e qualche penna, un casotto di tronchi d’albero; lì c’è il comandante, più indietro un’altra capanna che sembra quella di qualche pastore di un pascolo alpino dove dormono i subalterni, vicino un paio di tende della guardia e basta. Quando arrivo io, il Signor Capitano dorme sempre; attendo qualche minuto ed ecco che esce fuori dalla sua camera(). Mi presento: Ben arrivato, mi dice, e subito dopo prosegue: Sarà bene che faccia un girétto nelle trincee per rendersi conto delle nostre posizioni; stia attento però che il primo plotone è scoperto. Non me lo faccio dire due volte e dopo aver ringraziato mi incammino con un mio collega che mi accompagna verso le nostre difese. Eccomi dunque in quelle trincee di cui tutti • «si parla con vago senso di terrore, quando ne siamo lontani, in quelle trincee dove da tre mesi i nostri soldati soffrono,
rassegnati alla sorte loro e tutti con il pensiero rivolto ad una cosa lontana e cara quanto mai che qualche volta rende un po’ più penosa la loro vita di disagi: la famiglia. «Se non avessi quei ragazzi non mi importerebbe nulla», si sente esclamare dalle boeche di quasi tutti, e noi, che comprendiamo quanto sia nobile ed alto il legame che li unisce alla loro casa, non sappiamo altro che risponder loro che bisogna aver pazienza, che sarà ancora per poco Ieri l’altro mattina ho combattuto la mia prima battaglia. Troppo lungo ed impossibile, per più sensi, sarebbe il descrivere quello che ho provato, che ho visto, Che ho dolorato.