Guida di Pompei illustrata/Guida

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Cenno storico
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LE RUINE

Si entra in Pompei per l’entrata sita sulla via che da Napoli mena a Salerno, prossima alla strada di ferro, e che mette capo alla Porta della Marina, la quale è costruita in pendio e anticamente conduceva verso il mare. Prima di entrare sotto l’androne della Porta a sin. eravi un’osteria ed in vicinanza un poggio, sul quale leggevasi il nome di una prostituta (Attica) ed il prezzo dei suoi favori; a dritta vedesi un’edicola, ove fu trovato un simulacro di Minerva in terracotta, Deità tutrice delle porte di Pompei, in prossimità della quale si rinvenne una lucerna di oro che si conserva nel Museo di Napoli.

PORTA DELLA MARINA.Regione VIII.


Questa Porta à un solo androne con due entrate, di cui una grande a destra lastricata con pietre vesuviane; l’altra piccola a sinistra di terreno battuto: [p. 8 modifica]la prima veniva chiusa esternamente con porta di legno a due battenti, la seconda con cancello di ferro.

Salendo la porta della Marina sotto l’androne a dr. si entra nel Museo pompejano.


* MUSEO


Giova far osservare che la distruzione di Pompei fu causata non solamente dal tremuoto, ma da una pioggia di lapillo che, accumulatosi, giunse all’altezza di più di tre metri, e poi da un’altra pioggia di cenere e di acqua cocente, la quale formò uno strato molto solido intorno ai corpi che si trovavano in essa avviluppati. I Pompeiani, caduti estinti in mezzo alla pioggia di cenere, perdettero col tempo le carni e le vesti, e nel posto di esse è rimasto un vuoto, in fondo al quale giacciono le ossa nella stessa posizione in cui erano i corpi moribondi. Per modo che versando in quelle cavità il gesso liquido, che col tempo indurisce, può ottenersi la forma del distrutto corpo. — Con tal procedimento si sono ottenuti tutti quei modelli che noteremo quì appresso.

Nella 1.ª sala a dr. osservasi il modello in gesso, ovvero il getto eseguito sull’impronta di una porta, alla quale stanno attaccate tutte le sue ferrature antiche. La porta di legno che sta presso della seconda sala, è una riproduzione moderna dell’anzidetto getto, munita delle stesse ferrature ad imitazione di quelle antiche. — Si osservano molti frammenti d’iscrizioni su marmo; non che il modello in gesso di un [p. 9 modifica]canestrino di vimini. Su d’altro modello è stato eseguito in legno moderno un’armadio, oltre ad una cassa munita della sua chiave. — In mezzo alla sala osservasi la riproduzione moderna di un pezzo di muro antico, con un finestrino garentito da cancello di ferro. — Due argani di ferro, uno dei quali restaurato col legno moderno.

Gli armadii laterali contengono tanti svariati oggetti di terracotta, cioè: salvadenari, bottiglie, tazze, arette, lagene, anfore, piatti, lucerne, antefissi, maschere per getti di acqua, e grondaie.

Si vedono conchiglie, teschi umani, fra i quali uno che conserva i capelli, diversi pezzi di pane, frutti secchi, colori, bicchieri, bottiglie, vasettini diversi, misure, vasi per acqua, lampade, fibule per cavalli, campanelle, bilance, lanterne, un ago saccaie su cui sta ravvolta una cordina, briglie di cavalli, forme di pasticceria, casseruole, strigili, pinzette, amo da pesca, patere, paniere, oleari, imbuti, bracieri, misura pel grano, ecc. ecc. Si vede una statuetta di Venere alla toletta, ed un’altra ornamentale.

Negli armadii a tavolino sono riposti i modelli in gesso di quelli individui morti nella catastrofe, e che furono ricavati dalle cavità rimaste nella cenere. È da ammirarsi il quarto, che contiene una giovine donna bocconi colla testa appoggiata sul braccio. Denudata in parte dalla veste che la copriva, ne serba qualche impressione sulla spalla, ed ha tuttora visibile una treccia col nodo dei capelli nell’occipite. — E da osservarsi anche il modello in gesso di un uomo morto di asfissia. Per la sua giacitura molto placida che sembra dormire, può dirsi che costui soffocato [p. 10 modifica]dalle mefitiche esalazioni delle materie eruttate dal Vesuvio erasi adagiato in terra privo di forze, e poi addormentato eternamente.

Osservansi varii tessuti di lana, tela, canape bruciati. Un cane, rinvenuto nella casa detta di Orfeo, scavata nell’anno 1874.

Si osservano scheletri di cavalli, cani, gatti, un’osso deforme di una persona storpia, una conca di bronzo contenente un coniglio.

Uscendo dal Museo, oltrepassato l’androne, e camminando per la strada della Marina si osservano a dr. in un recinto alcuni marmi sparpagliati al suolo, capitelli, colonne ecc. e la fondamenta di un tempio in costruzione distrutto dal tremuoto prima dell’eruzione del [p. 11 modifica]Vesuvio. Forse era dedicato ad Augusto. Indi si passerò, a sin. a visitare la:

Bottega o termopolio N.° 7, in cui si vendevano bevande calde, la quale presenta di notevole soltanto un’edicola contenente un piccolo scudo adorno di due maschere tragiche e di due fiaccole posto sul pilastro, che precede la porta, contro il fascino.

Sul medesimo lato e nell’isola seguente si può osservare la:

Casa N.° 10 a sin. — Quest’abitazione è una delle più antiche della contrada: dal protiro o vestibolo si passa nell’atrio, ove osservasi l’impluvio per raccogliere le acque piovane, in vicinanza del quale havvi la bocca di una cisterna sottoposta. — Ai laterali sono quattro cubicoli o stanzette da dormire, e le due ale o corridoi per passare in altre camere da letto. — Dirimpetto è il tablino o sala da ricevere, ove è notevole il dipinto della lupa che allatta i gemelli, percui questa casa fu comunemente detta di Remo e Romolo, a sin. è la fauce che conduce nelle camere intorno al giardino o viridario: per la prima porta a sin. si accede alla cucina.

Nel giardino si osservano varî dipinti a fresco che rappresentano alcuni animali, cioè un serpe avvolto ad un albero, un elefante, un toro, un muletto, un caprio, un leone, una volpe, un orso, una veduta di un giardino con getto di acqua da un vaso, due statue muliebri in piedi, ed un pavone con alcuni uccelli intorno, e al di sopra il simulacro di Sileno sdraiato sull’otre. — Quest’abitazione à una porta postica che avea l’uscita nel vicoletto settentrionale.

[p. 12 modifica]Uscendo di nuovo sulla strada della Marina si osserva la casa seguente sullo stesso lato sinistro.

5.) seconda casa a sin. — Questa casa è quasi simile alla prima. — Di lato al vestibolo a dr. àvvi una bottega che comunica colla casa: a dr. dell’atrio osservasi una stanzetta che conserva ancora la volta antica ed a sin. dell’ingresso era un grande pezzo di travertino, su cui collocavasi la cassa di ferro pel peculio domestico. Il peristilio à il colonnato ben conservato; ove a terra in un angolo a sin. vedesi un anfora. Merita essere osservato il triclinio o sala da pranzo, che à un bel pavimento in musaico ed il podio dipinto ad imitazione del marmo. Vi si osservano diversi dipinti, ma son degni di attenzione quello che esprime l’arrivo di Venere in Pompei portata da un Tritone con un Amorino, che l’aiuta a discendere sul lido sollevandola pel braccio, ed una giovane donna che la riceve facendo libazione su di un ara irghirlandata; ed un’altro dipinto mal conservato che rappresenta Trittolemo che riceve le spighe del grano da Proserpina, perciò venne anche denominata casa di Trittolemo — Questa casa comunicava coll’altra per mezzo di una porta praticala nel muro del peristilio e formava una sola abitazione, mentre in origine era isolata ed indipendente.

Uscendo di nuovo sulla strada della Marina si osserva la Basilica sul lato destro

* BASILICA

Regione VIII — Isola I — Decumano Minore

Uno dei più importanti edifizi pubblici di Pompei era la Basilica, luogo destinato per amministrare la giustizia. Esso à un colonnato che lo divide in tre [p. 13 modifica]navate, quella di mezzo scoperta, le altre due coperte, con due ordini di colonne. Sul porticato girava una tribuna, dalla quale ciascuno poteva assistere alle pubbliche discussioni.

In fondo osservasi la tribuna pei magistrati, alla quale si ascendeva mediante scalinata di legno amovibile, ed al di sotto di essa esiste una cella, a cui si entra per due porte laterali, servita forse per deposito di suppellettili della sala superiore.

L’edificio oltre l’entrata principale, ha due altre porte laterali, l’una a settentrione, l’altra a mezzogiorno. L’ingresso principale decorato da due statue, di cui rimangono i piedistalli, aveva un vestibolo chiuso esternamente da cinque porte, dal quale mercè quattro gradini si montava nell’interno.

[p. 14 modifica]Uscendo dalla porta settentrionale della Basilica sul lato sinistro della strada della Manna si entra nel tempio di Apollo.

* TEMPIO DI APOLLO

Regione VII — Isola VII

Nel santuario che si eleva nei mezzo, vedesi la base su cui fu supposto fosse la statua di Venere, ed è perciò che fin dalla sua scoperta, fu denominato Tempio di Venere. Ma mercè gli studi del Ch. Archeologo Prof. Mau, si è rilevato, che il tempio sia di Apollo. E così viene in appoggio il globo di pietra (omphalos) trovato nella cella, ed il tripode [p. 15 modifica]dipinto su d’uno dei pilastri, a dritto del porticato, non che le statue d’Apollo e di Diana, anche quivi rinvenute.

Il tempio è molto spazioso e ben decorato di marmi. Ha 48 colonne di ordine corintio, che formavano un porticato coperto da tetto, ed a destra osservasi la scultura di un erma in marmo bianco figurante forse Maia, ossia la Terra.

Innanzi al santuario è l’ara per i sacrifizii, e leggesi una iscrizione ripetuta in due lati di essa, da cui rilevasi che,

M. Porcio figlio di Marco, L. Sestilio figlio di Lucio, Cn. Cornelio figlio di Cneo, A. Cornelio figlio di Aulo, Quatorviri, dettero a fare questo monumento per decreto dei decurioni.

Altra iscrizione si legge sopra una colonna di marmo cipollino che trovasi a sinistra della scalinata, la quale serviva a sostegno di un orologio solare; ivi fatto collocare da

L. Sepunio Sandiliano figlio di Lucio, M. Erennio Epidiano figlio di Aulo, Duumviri per amministrar la giustizia. A proprie spese.

L’epigrafe di maggior interesse fu quella che oggi è al Museo di Napoli, dalla quale si rileva che M. Olconio Rufo, duumviro di giustizia per la 3.ª volta, e C. Egnazio Postumo duumviro giusdicente per la 2.ª volta, con decreto dei decurioni, hanno comprato il dritto di chiudere le finestre per 3000 sesterzi, ed hanno avuto la cura di fare elevare fino al tetto il muro particolare dei pompeiani.

Indi si passa al Foro

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* Foro Civile



Nel Foro, radunavasi tutta la popolazione per trattare i pubblici negozi, e gli affari di commercio. I marciapiedi erano coverti con un porticato sostenuto da colonne. Si osservano vari piedistalli destinati forse per le statue dei cittadini più illustri; il che è tanto più probabile, in quanto che ci restano ancora quattro basi con le iscrizioni, delle quali, due dedicate a Marco Lucrezio Decidiano Rufo, l’una per la statua erettagli vivente, l’altra dopo la sua morte; e due altre [p. 17 modifica]a Caio Cuspio Pansa padre, e Caio Cuspio Pansa figlio.

Però è da notarsi che dopo il tremuoto dell’anno 63 dell’e. v. questa piazza era in costruzione; poichè vediamo il pavimento incompiuto, e le mura grezze.

Il porticato dal lato di oriente veniva chiuso con cancelli di ferro, che lo rendevano inaccessibile ai cavalli ed ai carri.


MONUMENTI ED EDIFICI INTORNO AL FORO


Andando verso la parte settentrionale del Foro osservasi il tempio di Giove, in vicinanza del quale verso l’estremità occidentale si vede la mensa delle misure pubbliche, i posti per i venditori, perchè non occupassero il luogo delle popolari riunioni, una vasta e pubblica latrina preceduta da vestibolo, ed un locale basso ed angusto che credesi fosse stato il ripostiglio del pubblico tesoro, ovvero un carcere


* TEMPIO DI GIOVE


L’aspetto di questo tempio è imponente, ed è fiancheggiato da due grandi archi di trionfo costruiti in mattoni una volta rivestiti di marmi, preceduti da un breve tratto di suolo coperto di travertino.

Al tempio, che si eleva nel mezzo dei due archi, si ascende per una sontuosa scala che doveva essere decorata da statue colossali. Il vestibolo ha sei colonne di fronte, la gran cella è fiancheggiata pure da colonne e nel fondo sta la base pel simulacro della divinità, con tre piccole camere al di sotto, forse pel sacrarium, ove si riponevano gli arredi sacri, o eran destinate pel pubblico tesoro, a cui si entrava per una porticina dal lato orientale del podio. A sinistra [p. 18 modifica]delle prefate stanzette è una scalinata che mena ad un piano superiore, dove può godersi un sorprendente punto di veduta.

Nella estremità settentrionale del Foro e più prossimo al tempio di Giove, osservasi il

* PANTEON, CURIA DEGLI AUGUSTALI

(Augusteum)

7. e 8.) Questo nobile edifizio detto da alcuni anche tempio di Vesta, e comunemente Macello, ha due porte d’ingresso, le quali sono decorate di colonne, ed il vestibolo era assai splendidamente abbellito da molte statue, di cui ne restano quindici piedistalli di fronte alle porte.

Gli Augustali, che componevano una corporazione religiosa, qui tenevano le loro adunanze, celebrando le feste ed i sacrificii in onore di Augusto.

In centro al recinto veggonsi dodici are, ed a dritta una fila di stanzette, che prima erano coperte, forse destinate pei congregati, e per deporre ciò che abbisognava per la consumazione dei sacrifizi.

A sinistra dell’ingresso sono osservabili alcuni dipinti architettonici e due quadri, il 1.° rappresentante la Ninfa Io, custodita da Argo. Il 2.° quadro sull’altra parete presenta Ulisse che narra le sue avventure a Penelope.

Di fronte all’ingresso principale è posto un tempietto, preceduto da gradini e da due colonne che stavano sulla soglia; in esso stava la statua di Augusto; e nelle quattro nicchie laterali, erano altrettante statue, rappresentanti ritratti di altre persone della [p. 19 modifica]famiglia imperiale. Le due in gesso ivi collocale, sono le copie di quelle che si conservano nel Museo di Napoli; l’una di Livia moglie di Augusto, l’altra di Druse figlio di Tiberio.

Lateralmente si aprono due ampie sale; quella a destra destinata ai banchetti che si tenevano in onore di Augusto, l’altra a sinistra che contiene un oratorio (sacellum) con un altare pei sacrifizi cruenti, e un podio per deporvi le vittime immolate.

* SALA DEL SENATO, CURIA, ATRIO

3.) In prosieguo dell’anzidetto locale si osserva un fabbricato semicircolare, con nicchie che contenevano statue di Decurioni. Nel centro elevasi una base per reggere qualche statua. Iscrizioni non se ne sono rinvenute, ma si è supposto che poteva questo luogo essere destinato alle sedute pubbliche dei Decurioni.

Segue il

* TEMPIO DEL GENIO D’AUGUSTO

(Detto Tempio di Mercurio)

2.) Questo edifizio fu così detto per essersi quivi trovata una statuetta di Mercurio, ma era dedicato al Genio di Augusto.

Fu costruito a spese della Sacerdotessa Mamia, siccome rilevasi dalla epigrafe rinvenutavi, che conservasi al Museo di Napoli, concepita così:

mamia p. f. sacerdos public. genio aug.

solo et. pecunia sua

Sta di prespetto la cella a cui si sale per due scalette laterali. Nel centro del recinto vedesi un ara [p. 20 modifica]di marmo bianco, ornata di bassorilievo rappresentante un sacrifizio per un toro da immolarsi.

Le pareti di tutto il tempio erano rivestile di marmo.



Segue su lo stesso lato un edifizio importante del Foro detto

* EDIFICIO DI EUMACHIA, CALCIDICO

Questo edificio era preceduto al di fuori da un calcidico ossia da un portico coperto di un tetto, [p. 21 modifica]sostenuto su pilastri, ed aggiunto alla facciata d’entrata del fabbricato, proteggendo la porta di strada, e formando la grande entrata all’intero edificio.

Le costruzioni di tal sorta ebbero il loro nome dalla città di Calcide, dove furono da prima introdotte, ed occorrevano più spesso, aggiungendosi ai privati come ai pubblici [p. 22 modifica]edificii, non solo a modo di ornamento alla facciata, ma a fine di dar ricovero alle persone mentre aspettavano di fuori la lor volta di entrata, o vi trattavano i loro affari al coperto.

La cornice che vi ricorreva di sopra, i cui pezzi frammentati trovansi ora in terra innanzi all’ingresso, contiene la epigrafe, da cui si rileva che:

Eumachia figlia di Lucio, sacerdotessa pubblica, in nome suo e di Marco Numistrio Frontone suo figliuolo, il calcidico, la cripta, ed i portici della Concordia Augusta, con suo danaro fece, e dedicò alla Pietà.

Prima che questo luogo fosse stato destinato alla Pietà della Concordia Augusta, sembra che Eumachia lo avesse ottenuto in dono dai lavatori di panni (fullones), che quì prima tenevano le loro officine, e che costoro in attestato di gratitudine eressero a lei una statua, deponendola in fondo al secondo porticato chiuso (cripta) ove attualmente si è sostituita la copia in gesso, il cui originale fu trasportato al Museo di Napoli. Ciò rilevasi dalla epigrafe incisa sul basamento della statua medesima, ove si legge:

evmachiae. l. f. sacerd. pvb. fvllones.

La grand’area del tempio aveva nel giro un colonnato per reggere il tetto del portico, e nella magnifica nicchia di prospetto era collocato il simulacro della Concordia, di cui furono rinvenuti frammenti.

Nel corridoio al lato meridionale vi è una piccola discesa che mena sulla strada dell’Abbondanza ove è una seconda porta, sormontata da una lapide marmorea con iscrizione simile a quella dell’ingresso principale.

[p. 23 modifica]Traversata la via s’incontra un vasto locale detto

* SCUOLA DI VERNA

(Comitium)

Questo edifizio esisteva dal tempo dei Sanniti, e serviva ad uso publico, cioè per comizi popolari. Vi si osserva una tribuna o suggesto, ove sedeva il magistrato incaricato di ricevere i suffragi nelle urne. È forse per tal fine che si elevò il marciapiede della strada fino al livello della porta. Nei giorni delle votazioni si garentiva con una balaustrata di legno, le cui barre s’intraducevano nei fori che stanno sull’orlo del marciapiede. Vi si entrava per la porta che è sulla strada, e si usciva per le due porte, che sboccano nel Foro.

A mezzogiorno del Foro si osserva un’altro edifizio designato col nome

LE TRE CURIE, O SALE DEL CONSIGLIO

N. 6, 8 e 10. — È un pubblico edifizio diviso in tre sale o curie. Il fabbricato di mattoni che vedesi accosto all’entrata principale della Basilica, mostra una di quelle opere rifatte dopo il primo tremuoto. Formano queste Curie le dipendenze della Basilica, vale a dire le sale di consiglio dei duumviri di giustizia.

Venendo dal Foro e voltando a mezzogiorno si entra nella strada detta Delle Scuole, nella quale sonovi molte ricche abitazioni fabbricate allo estremo limite della collina, estese sino alla sottostante campagna. Fra queste è da osservarsi un piccolo stabilimento di Bagni, il quale è preceduto da una

[p. 24 modifica]PALESTRA, in cui si entra per l’ingresso segnato col N.° 23, fiancheggiato da un termopolio segnato col N.° 24. — Nel mezzo del pavimento dell’androne si osserva la lotta di due atleti in musaico nero. Entrato nel recinto della palestra si osservano sulle pareti diverse decorazioni rappresentanti esercizi ginnastici, che rivelano chiaramente l’uso del luogo.

Presso l’androne havvi lo spogliatoio per coloro che volevano esercitarsi nei giuochi della palestra, come eravene un’altro al lato orientale della medesima.

Al lato occidentale sonovi due stanze per chi voleva assistere ai giuchi ginnastici.

PICCOLO STABILIMENTO DI BAGNI

All’angolo sud-ovest della palestra è l’ingresso allo spogliatoio del bagno, nel quale entrando si vede a destra la vasca del frigidario. A sinistra dello spogliatoio eravi il tepidario, di cui appena esistono alcuni avanzi. Segue il calidario, di cui ne avvanza meno del tepidario. Sulla via fra il n.° 24 e 25 è addossato al muro esterno un sedile, su cui i servi seduti aspettavano i loro padroni che uscivano dal bagno.

Ritornando all’ingresso della palestra si esce di nuovo sulla strada DELLE SCOLE, e dopo pochi passi verso oriente si volta a sinistra per un vicoletto detto dei dodici dei e si entra nella strada dell’Abbondanza.

* STRADA DELL’ABBONDANZA

Così denominata per la figura dell’Abbondanza scolpita sul pilastro della fontana che s’incontra a sinistra.

La continuazione delle botteghe dall’uno e l’altro lato della strada, ha dato occasione di credere che questa fosse una contrada pei negozianti.

[p. 25 modifica]Al lato destro è da osservarsi la

* CASA DEL CINGHIALE

8.) — Il musaico del vestibolo di questa casa esprime un Cinghiale, cui si avventano due cani, perciò fo detto del Cinghiale.

Nel mezzo dell’atrio vi è l’impluvio ed il pavimento in musaico. Il tablino è decorato di musaico ed il peristilio ha un colonnato ionico con capitelli.

* Al lato sinistro N.° 9, Decumano minore, Regione VII, Isola XIV, in un dormitorio servile, posto in fondo al giardino si può osservare uno scheletro di un uomo giacente nel sito, ove fu sepolto nel momento della distruzione di Pompei.

Poca importante offrono gli scavi del 1881 e 82. È un aggregato di tre isole V, VI, e VII della Regione VIII. — Nell’Isola V, casa N.° 9 notasi il modo di fabbricare dell’epoca primitiva, cioè di adoperare la pietra di Sarno posta in filare sottoposti alla pietra di Nocera, incassandole senza cemento. — In questa casa fu scoverta una cassa contenente 80 tazze di terracotta ornate con figure e bassarilievi portando la marca del fabbricante OF MOMV. — Quivi fu scoperto un deposito di carboni vegetali, quelli stessi usati oggidì.

Nel Decumano minore Regione VIII, Isola VI, Casa N.° 6, nella quale fuor di dubbio un Alessandrino vi dimorava e ne era il proprietario, poichè nel piccolo giardino furono scoperti tre dipinti che servivano di decorazione al muretto che s’interpone alle colonne, i cui soggetti due di essi accennano a cacce di coccodrilli fatte nella spiaggia del Nilo.

[p. 26 modifica]Tutti però in caricatura avendo l’autore messo in iscena non altro che pigmei.

Il terzo di essi quadri poi ha dato molto da studiare agli archeologi pel suo soggetto. Vi è rappresentato un solenne giudizio, somigliante a quello di Salomone.

Nel salone all’angolo sud ovest di questo stesso giardino, fu rinvenuto uno strumento di chirurgia molto interessante, quello cioè adottato come speculum uteri.

Isola V. e VI — Regione VIII — Via II.

Altro trovamento fu fatto nel vicolo che costeggia l’isola 7ª dal lato nord, ove la strada discende verso levante. Quivi all’altezza di circa quattro metri dal lastricato ed in corrispondenza di una finestra, furono rinvenuti due scheletri, l’uno di donna, l’altro di un fanciullo.

Nella stessa via

CASA N. 37

Vedesi nel suo atrio l’edicola per i Dei Lari. Il suo tetto è sostenuto da due piccole colonne di stucco imitante il marmo. Il fondo di color giallo, contiene la pittura dell’Abbondanza innanzi all’ara, fra due Lari. Sul suo piano, in ottobre 1882, furono trovate sei statuette di bronzo, cioè, Apollo, Esculapio, Mercurio, Ercole, due Lari, e una lampada.

Proseguendo per poco il cammino verso levante, può osservarsi a mezzogiorno il

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* PORTICO DELLE CENTO COLONNE, O FORO TRIANGOLARE, ED IL TEMPIO DI ERCOLE


Il vestibolo è decorato da colonne, notevoli per bellezza ed eleganza, alcune delle quali sono restaurate.

La parte interna contiene il Tempio di costruzione greca, consacrato ad Ercole. È di forma triangolare ed è delimitato da scalini. Vi si osserva un puteale circondato da piccolo tempio, eretto per cura di Numerio Trebio magistrato supremo.

A poca distanza è un sedile semicircolare, sulla cui spalliera eravi un orologio solare.

Questo edifizio è situato sul culmine di una [p. 28 modifica]collinetta, che credesi era bagnata dal fiume Sarno, allorchè scorreva molto dappresso a Pompei.

Ad oriente del Tempio trovasi una lunga scalinata, per la quale si discende nella

* CASERMA DEI GLADIATORI


Dapprima credevasi che questo luogo fosse stato un quartiere di soldati. Ma poscia fu riconosciuto per il Ludo Gladiatorio, ossia la scuola gladiatoria.

L’area è circoscritta da un porticato con molte celle all’intorno; ed in quella verso l’angolo sud-est si trovarono i ferri ed i ceppi per castigo, cogli scheletri di quegl’infelici, che vi erano attaccati. Presentemente si è sostituito l’antico ceppo con un altro di legno, per darne un’idea all’osservatore.

Da questo pianterreno si ascendeva al piano superiore per mezzo di una scalinata all’angolo presso la prigione.

Dal ludo gladiatorio salendo tre scalini dalla parte settentrionale si passa al

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* TEATRO MAGGIORE, TEATRO TRAGICO

Questo grande edifizio fu trovato in uno stato di degradazione, forse perchè volevasi restaurarlo.

Il prim’ordine di scalini di marmo bianco, era destinato per i Decurioni, gli Augustali, e coloro che avevano il privilegio del bisellio (sedia di onore che il popolo concedeva a qualche magistrato.) Nei due lati erano due divisioni, l’una per i Magistrati, l’altra per i Duumviri. Veniva in seguito il posto per i militari ed i cittadini, che facevano parte di qualche corporazione. I terzi ed ultimi posti erano occupati dal popolo.

Nel centro dei gradini eravi una statua di marmo di M. Olconio Rufo, potendosene leggere l’iscrizione sul piano d’uno scalino concepita nel modo seguente.

m. holconio v. f. rugo. ii. v. i. d. quinqviens iter qvinq. trib. mil. a. p. flamini avg. patr. colo. d. d.

Dai vomitorii o porte superiori, il popolo discendeva nella cavea per prender posto. Questi vomitorii corrispondono al corridoio coperto che ha l’entrata dal porticato superiore del Foro triangolare. Per lo stesso corridoio si ascende alla terza cavea per una scala interna, e quì eravi una ringhiera di ferro, che prendeva tutta l’estensione dell’emiciclo.

Nei due estremi dei primi gradini vedonsi due tribune di tufo vulcanico, assai danneggiate.

Entrasi nell’orchestra per due passaggi spaziosi con porticati. Queste due entrate nominavansi anche vomitorii, dai quali si aveva il doppio vantaggio, che [p. 30 modifica]servivano di passaggio per gli uditori, e di ritirata in caso di pioggia, poichè non eravi tetto; a quale oggetto si costumava di coprirlo colle tende.

Il proscenio corrisponde in direzione di detti porticati a pianterreno. La scena si compone di un frontespizio a tre porte, innanzi alle quali è uno spiazzo per gli attori, con altre due porte laterali. La sua prospettiva offre decorazioni architettoniche costruite in mattoni una volta rivestite di marmo.

La scena nel davanti era chiusa da una tela egualmente che i nostri teatri, colla differenza che invece di salire in alto, scendeva in giù, scorgendosi il vuoto nel pavimento.

Si osserva ancora dinanzi al proscenio il posto per la musica con sette divisioni.

Uscendo per il porticato a dr. verso il lato orientale, e scendendo verso mezzogiorno rifacendo la stessa strada si volti a sin. prima della porta di uscita del ludo gladiatorio e si entri nel

* TEATRO COPERTO, TEATRO COMICO

Una delle particolarità di questo teatro, si è che in costruzione era coperto da un tetto. Però stava in rifazione dopo il tremuoto del 63.

Quivi eseguivansi gli spettacoli musicali, le commedie, le rappresentazioni mimiche e satiriche, e spesse volte le dispute filosofiche.

È degno di essere ammirato il pavimento dell’orchestra, che è di marmi greci disposti in varii quadrati, ove si legge in grandi lettere m. holconivs m. f. vervs ii. vir. pro lvdis.

[p. 31 modifica]Lo stesso pavimento termina nell’una e l’altra parte dell’emiciclo in due zampe di leone di tufo vulcanico.

La cavea o platea è terminata inferiormente con quattro gradini più spaziosi degli altri, ove si collocavano i sedili portatili e sedevano i Decurioni e gli altri magistrati. Dopo di questo prim’ordine, segue un parapetto di separazione, con un gradino più largo: indi sono altri 18 gradini, fra i quali era altro parapetto, per dividere la seconda cavea dall’ultima, dove sedeva il popolo. Intersecano la media cavea dall’alto in giù sei strette scalette, che partono dai vomitorii o porte superiori, corrispondenti al corridoio coperto, queste servivano per dar adito al popolo onde ciascuno prendesse il posto, che venivagli assegnato per mezzo della tessera o biglietto di entrata, consistente in un pezzo di osso ove era marcato il numero del posto.

La scena è costruita in mattoni ed opera reticolata; essa consiste in un gran frontespizio a tre porte con piccolo spiazzo nel davanti, elevato dal pavimento, che aveva un tavolato, potendosi scorgere i fori della travatura che lo reggeva.

Dall’una e l’altra parte del proscenio si osservano due tribune, che dovevano essere rivestite di marmi, ascendendovisi per due gradinate corrispondenti all’interno della scena. Esse erano addette a ricevere il Pretore, il Proconsole ed altri personaggi ragguardevoli.

Finalmente sulla porta che sporge alla Strada di Stabia si legge una iscrizione, dalla quale si rileva che i Duumviri Caio Quinzio Valgo figlio di Caio, e Marco Porcio figlio di Marco, per decreto dei decurioni dettero a fare il teatro coverto, e l’approvarono.

[p. 32 modifica]Dalla porta di questo teatro (N. 19) si esce sulla strada di Stabia e scendendo verso mezzogiorno trovasi la porta di Stabia


* Strada di Stabia


PORTA DELLA CITTÀ

Regione Prima


Questa è la prima e più antica porta della Città fiancheggiata dal muro di cinta, per la quale si usciva alla via di Stabia oggi Castellammare.

[p. 33 modifica]Sotto l’arco della porla sul suolo a destra di chi scende, trovasi il cippo terminale con iscrizione sannitica del tenore seguente:

Magio Suttio, figlio di Maggio, Numerio Ponzio, figlio di Magio, edili, misurarono questa via innanzi alla porta Stabiana. La via fu misurata per dieci pertiche. Gli stessi misurarono la via pompeiana per tre pertiche innanzi la cella di Giove Melichio. I medici pompeiani lastricarono questa via e gli edili l’approvarono.

Più innanzi al di fuori della porta leggesi altra iscrizione, posta accanto ad un sedile pubblico, concepita nel seguente modo:

L. Aviano Fiacco Ponziano, figlio di Lucio, della tribù Menenia. Q. Spedio Firmo, figlio di Quinto della tribù Menenia, Duumviri Giusdicenti, fecero col loro danaro la via dal MILLIARIO ai CISIARII (conduttori di carri) per dove si estende il territorio dei Pompeiani.

Salendo la strada e voltando nel primo vicolo, che separa l’isola I dalla II vedesi la via in pendio per lo scoscendimento delle acque, la quale è priva di selciato, e la gente dovea transitarla sui marciapiedi.

Verso la metà evvi un ponte di fabbrica per la traversata.

Presso il ponte, a dritta salendo, può osservarsi un grande opificio di pelli.

Regione I — Isola V — Via III.

CONCERIA DI PELLI

N. 2. — L’edifizio che forma gran parte dell’isola, è un opificio destinato alla conciatura delle pelli.

Dopo il vestibolo trovasi un piccolo atrio, ed a [p. 34 modifica]sinistra l’alloggio del padrone, composto di una sala di udienza, ed un’altra da dormire.

Di fronte all’ingresso principale si ha un vasto peristilio, ove sul lato destro sono i tre letti di fabbrica del triclinio con la tavola in mezzo per le vivande; sul cui piano fu rinvenuto il pregevole musaico del teschio umano, sotto al quale vi è una farfalla con le ali aperte, di sopra al teschio un archipendolo (ora nel Museo di Napoli).

Come luogo destinato al lavoro, questo locale non mostra alcuna traccia di decorazione; ma il grande uso che quivi facevasi dell’acqua, ed il rinvenimento di istrumenti destinati a radere, e conciare le pelli, inducono maggiormente a credere qual mestiere esercitavasi in questo locale.

Nell’edificio accanto al descritto, che è tutto in rovina, fu rinvenuto lo scheletro di quell’infelice trovato nell’anno 1874, il cui modello in gesso è già stato indicato nel Museo Pompeiano.


Uscendo nuovamente sulla strada principale, si ha sul lato sinistro salendo una bottega N. 8 tenuta da un tal Marco Sura, il quale nel cubicolo, ove dormiva, conservava la copia del decreto imperiale con cui gli si accordava la cittadinanza romana dopo 26 anni di servizio militare.

Nella stessa strada è a sin. salendo si volti nella 2ª. strada (Reg. VIII Isola VIII) per osservare il

* TEMPIO D’ISIDE

N. 28. — Pel commercio che questa città aveva cogli Alessandrini, vi si trova stabilito anche un tempio dedicato ad una delle principali divinità dell’Egitto.

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Sulla porta di entrata leggesi una iscrizione: dalla quale si rileva che Numerio Popidio Celsino, in nome di suo figlio Numerio e col danaro dello stesso, restituì dalle fondamenta il Tempio d’Iside caduto pel tremuoto; per la quale generosità, i Decurioni l’aggregarono gratuitamente al loro ordine. L’area sacra era circoscritta da porticato, e le sue mura erano rivestite di stucco con le immagini delle egizie divinità. In fondo è il santuario isolato, ove stava collocata la statua d’Iside su di un alto basamento, sotto a cui stanno duo repositori per serbare le cose sacre. Vi si osservano due Are verso il lato sinistro; e il pilastrino lateralmente alla scala, conteneva una [p. 36 modifica]lastra di pietra con caratteri geroglifici, ove leggevasi una preghiera al Dio Osiride.

Nella parte scoperta del porticato resta uno spiraglio del canale del fiume Sarno. Questo nei primi tempi fu uno di quei pozzi, usati nei Tempi, in cui si riponevano i sacri utensili, mobili, e altra suppellettile appartenente all’edificio, quando più non serviva all’uso. Tai repositorii sotterranei dagli antichi si denominavano favissae.

Presso all’ara sinistra vedesi una piccola stanza isolata, con sotterranea gradinata, e ben decorata nelle pareti di stucco a basso rilievo.

Presso l’entrata accosto alle colonne furono trovate due vasche lustrali di marmo, ed una cassettina di legno marcito, che conteneva monete di bronzo. Era il deposito della pubblica beneficenza.

Vi erano diversi dipinti, le statue d’Iside e di Anubi, con moltissimi arredi sacri.

Sotto al portico meridionale stanno alcune stanze ed una cucina, destinate pei sacerdoti di servizio.

Alle spalle di questo tempietto esiste un’altro locale denominato Portico di VINICIO o CURIA Isiaca, che si crede servisse per pubbliche riunioni. Consiste in un’area circondata ai tre lati da portici con colonne.

Uscendo di nuovo su la strada di Stabia a sinistra salendo

25.) Tempio di Esculapio e d’Igia. È un piccolo tempio di stile arcaico, ha l’ara presso il principio della gradinata, per cui si saliva alla cella, di cui furon trovate le statue in terra cotta di Esculapio e d’Igia.

Sul lato destro salendo la stessa via

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Regione I — Isola IV — Cardo

* CASA DI POPIDIO SECONDO AUGUSTIANO

O CASA DEL CITARISTA

N. 5. — II nome di Popidio Secondo Augustiano leggesi graffito nel suo terzo peristilio, e vien denominata del Citarista, per esservisi rinvenuta una statua, di grandezza del vero, di Apollo suonando la cetra, che oggi osservasi al Museo di Napoli.

Dal protiro si passa in un atrio con cubicoli laterali, e tablino di prospetto, che resta ad un livello superiore dell’atrio, e vi si passa per un piccolo corridoio o fauce che mena al peristilio. Quì osservasi una vasca semicircolare ad uso di fontana, sul cui giro furono rinvenuti diversi animali in bronzo esprimenti una scena di caccia.

A sinistra della fauce trovasi il bagno, con la sua corrispondente fornace in una località alle spalle. E dal bagno medesimo parte un tubo di piombo per condurre l’acqua nella vasca della fontana di cui si è parlato.

Sul lato sinistro dello stesso peristilio trovasi una scalinata, che dà passaggio ad una seconda abitazione, il cui ingresso principale resta sulla strada che mena all’Anfiteatro.

Di fronte si aprono tre sale. Nella prima a destra con la sua entrata arcuata, vedesi un dipinto che esprime il giudizio di Paride; e nel cubicolo di prospetto dipinto in rosso a riquadri, sono altri tre quadretti: il 1° d’un maestro di musica suonando la lira innanzi ad una giovine che lo ascolta — il 2° Apollo [p. 38 modifica]in contemplazione presso un’ara, poggiato sulla sua lira — il 3° è quasi perduto.

La seconda sala di mezzo contiene altri due quadri, l’uno a destra esprimente il mito di Leda, e propriamente quando il Cigno perseguitato dall’aquila, che vedesi in alto, va a rifuggiarsi presso questa principessa. L’altro nella parete di fronte, figurante Creso prigioniero davanti a Ciro re di Persia per domandargli grazia.

Il terzo salone, che doveva servire per le feste domestiche, è privo di dipinti figurati.

Voltando a dr. per la strada che separa la Regione I dalla IX, può osservarsi a sin. la casa che porta il nome di Epidio Rufo.

Regione IX — Isola I — Decumano minore.

CASA DI EPIDIO RUFO

N. 20. — Sul pilastro in precedenza della casa si legge a rossi caratteri un programma, dal quale si rileva che M. Epidio Sabino viene acclamato Duumviro per giudizio di Svedio Clemente. Questa casa distinguesi da tutte le altre finora scoperte, perchè ha sulla strada un rialzo a guisa di loggiato con una scalinata laterale. L’atrio conserva un bel colonnato di ordine dorico, ed è da marcarsi il tempietto che vedesi a destra dedicato ai Dei Lari ed al Genio del padrone di casa, portante nel suo fronte la seguente iscrizione incisa su marmo:

genio m. n. fi. laribvs duo diadEmeni liberti.

La sala di fronte a destra del tablino è ben conservata nei suoi dipinti, con bellissimi ornati su [p. 39 modifica]fondo bianco, sormontati da una cornice di stucco colorato. In ciascuna parete evvi un quadretto; il 1° a destra esprimente un Fauno che suona le tibie — il l’Amore che regge uno specchio a Venere sedente, che glielo fa volgere verso un Ermafrodita per farlo rimirare. Il 3° Apollo suonando la lira — negli altri compartimenti sono dipinte le Muse.

Uscendo da questa casa, trovasi una strada a scaloni, che mena all’Anfiteatro, di cui si trova la descrizione in fine.

Il quadrivio forma scompartimento di quattro principali Regioni, cioè I. IX. VII. e VIII. Evvi una fontana ed un piedistallo di marmo che reggeva la statua di Marco Olconio Rufo, (oggi al Museo di Napoli) contenente una iscrizione, concepita nel modo seguente:

A. M. Olconio Rufo figlio di Marco, tribuno dei soldati eletto dal popolo, duumviro per amministrar la giustizia cinque volte, delle quali due quinquennale, Sacerdote di Cesare Augusto e Patirono della Colonia.

Uscendo di nuovo sulla strada dell’Abbondanza si osserva dirimpetto alle Terme la

CASA DI CORNELIO RUFO, DOMUS CORNELIA

N. 15. — La disposizione architettonica può dirsi conforme alle altre abitazioni; ma ciò che la rende importante, è il ritratto del proprietario, scolpito in marmo, situalo di fronte all’entrata portante l’epigrafe Cornelio Rufo.

Regione VIII — Isola IV— Decumano minore

* CASA DI MARCO OLCONIO

4.) Le due botteghe che precedono, portante i numeri 2 e 3, hanno comunicazione tra loro e sono [p. 40 modifica]dipendenze di questa casa; donde può congetturarsi che il padrone non era estraneo al commercio che vi si teneva.

L’atrio ha nella parete a sinistra la pittura di Sileno col piccolo Bacco fra le braccia, il quale cerca svincolarsi.

Nel 2.° cubicolo a dritta si osserva l’incavo ove introducevasi la sponda del letto.

L’ala ha decorazioni architettoniche e podio nero. Di prospetto all’ingresso osservasi il dipinto danneggiato in parte di Apollo, che ha raggiunta Dafne e la stringe fra le braccia. Un amorino trattenendo l’aureo velo, fa sì che ella mostrasi tutta nuda. A sinistra della stessa stanza osservasi altro dipinto con Perseo ed Andromeda.

Di fronte all’entrata è collocato il tablino aperto in due lati. Dei due quadri che ornavano le pareti, ne resta quello a sinistra rappresentante Leda mostrando a Tindaro i due gemelli sortiti dall’uovo.

Passando nel peristilio si ha in mezzo un piccolo giardino e due fontane, di cui l’una è di forma quadrangolare, l’altra ha un Puttino reggendo un vaso, d’onde l’acqua precipitavasi dall’alto di alcuni gradini.

Delle due sale che restano nei lati, quella a sinistra che poteva essere destinata per sala da pranzo (triclinium), offre graziosi ornati su fondo nero, e due quadri; l’una a sinistra di Frisso passando il mare con Elle; l’altro di Arianna abbandonata da Teseo.

Prossima a questa località è la cucina con finestra ivi sporgente, per la quale gli schiavi servivano in tavola.

Intorno alle pareti del peristilio sono dipinti [p. 41 modifica]quattordici quadretti, dei quali otto presentano paesaggi e marine, gli altri, frutta e commestibili.

In seguito al peristilio trovasi una porta segreta della casa, sporgente ad altra strada, di cui il padrone qualche volta si avvaleva per eludere l’aspettativa degl’importuni clienti.

Le tre camere di prospetto al tablino sono interessanti per i dipinti. Nella prima sta l’effigie di due leggiadre figure di Nereidi che traversano l’oceano l’una su di un toro marino, l’altra attenendosi ad un Ippocampo, e sono guidate da un Amorino. Sulla parete di prospetto all’entrata, evvi altro dipinto degradato dal tempo, che presenta un gueriero presso una donna, ed un Amorino. Sullo stesso muro è praticata nella parte inferiore un’apertura quadrata sporgente in un sito chiuso per ove passa un canale che raccoglieva le acque immonde.

Viene dopo una grande exedra con piccolo quadrato in centro al pavimento. Sulla parete di fronte si vede effigiato Narciso specchiandosi nelle acque di un fiume. La parete a sinistra ha un bel quadro figurante Ermafrodito nudo ed in piedi poggiando il suo braccio sinistro sulla spalla di Sileno, il quale colla lira sembra accompagnarne il canto insieme ad Amore che suona le tibie, mentre una Baccante ed un piccolo Satiro ascoltano le loro melodie. Il terzo dipinto rappresenta Bacco sorprendendo Arianna che dorme, ed un piccolo Fauno per ammirarla ne solleva il velo ond’è coperta. Sul pendio d’un monte in lontano appariscono alcune Baccanti precedute dal vecchio Sileno che discendono per far corteggio al loro Nume.

[p. 42 modifica]Il triclinio contiguo con grande apertura sotto il portico, è decorato di tre quadri; dei quali uno è quasi perduto. Sulla parete a dritta è quello che presenta il giudizio di Paride; l’altro a sinistra, Achille riconosciuto da Ulisse fra le figlie di Licomede.

Nella medesima isola alla estremità orientale della via dell’Abbondanza ove la strada si allarga, a dr. andando verso il Foro si osservano le

* TERME STABIANE

Regione VII — Isola I — Decumano minore.


N. 8. — Questo grande stabilimento di bagni resta isolato per tre lati, e da ognuno di essi vi si può [p. 43 modifica]entrare. È unita al medesimo una grande palestra con porticati, destinata per gli esercizii ginnastici. Di fatti furono rinvenuti nella sua area diversi globi di pietra che servivano al gioco della sfera, al quale si esercitava la gioventù per acquistare forza ed agilità.

Nel lato sinistro è una grande vasca rettangolare per uso di bagno pubblico, fiancheggiata da due sale di trattenimento, di cui è osservabile quella in prosieguo del bagno per le sue dipinture, ove vedesi una nicchia rettangolare per contenere l’immagine di qualche nume protettore del luogo, ed al di sotto è un gran foro che conteneva un tubo di piombo per animare qualche getto d’acqua. Le mura sono dipinte a giardino con piedistalli sormontati da sfingi. Di lato alla nicchia sono due cariatidi reggendo nelle mani un bacino. Gira intorno una zona dipinta a riquadri, ed intermezzata di paesaggi con delfini e pigmei.

Queste due sale erano destinate come districtarium, ove ognuno coi strigili si ripuliva il corpo dopo gli esercizî della palestra, e si ungeva di olio e di essenze odorifere.

L’altra sala contigua che ha l’entrata a sinistra del primo portico, apoditherium conteneva gli armadi, per deporvi le vestimenta dei giostratori, ed anche le biancherie per asciugarsi dopo il bagno. Il muro esterno di questa sala è da ammirarsi per i bassorilievi di stucco che rappresentano prospettive e figure.

Di fronte all’ingresso, sul lato sinistro ove trovasi una porta secondaria, evvi una camera a due grandi finestre.

Da questo stesso lato trovasi l’accesso alle latrine, che venivano nettate mediante l’acqua fluente.

[p. 44 modifica]A sinistra è un lungo corridoio con altra uscita nel vicolo ad occidente, ove stanno quattro gabinetti per bagni isolati. Presso l’entrata del medesimo corridoio, trovasi l’alloggio del portinaio col suo letto di fabbrica, non che una scalinata che mena ad un sotterraneo.

Nell’angolo nord-est, è l’entrata dei bagni per le donne ove potevasi entrare separatamente dalla strada di Stabia, e pel vicolo ad occidente. La prima sala è pel bagno freddo, nella quale stanno intorno al muro tante nicchie per deporre le vesti.

Volgendo a dritta si passa al tepidarium con pavimento di musaico bianco. Le pareti hanno un doppio fondo rilevato, per dar passaggio al calorico, che partendo dalla fornace, circolava per le mura e rispandeva nella sala un moderato calore.

La terza sala destinata per calidario o sudatorio ha pure il pavimento in musaico ben conservato, col bagno intatto di marmo bianco, ove scorgesi un grosso foro semicircolare pel passaggio dell’acqua bollente che veniva da’ caldai della fornace, ed un canale di bronzo, una volta chiuso da rubinetto, per l’acqua fredda. Dall’altro lato della sala evvi un bacino circolare, dal centro del quale sortiva un getto d’acqua bollente, che spandendo una nube di vapore, maggiormente aumentava il calorico nella sala.

Le mura sono costruite come quelle della sala precedente, a doppio fondo rilevato, per la comunicazione del vapore fin sotto la volta. Sono ammirevoli le decorazioni di stucchi ed il bell’effetto dei colori sulle pareti, ove il rosso è intercettato da piccoli pilastri dipinti a color giallo con capitelli bianchi.

I bagni per gli uomini sono in quelle sale [p. 45 modifica]prossime all’entrata, a dritta della palestra. Questi avevano un ingresso separato dal lato d’oriente, che attualmente è chiuso. Un gran salone a volta, con eleganti lavori di stucco e pavimento di marmo, forma la galleria di trattenimento. In giro alle mura sono costruiti i loculi per deporvi gli abiti, ed un lungo sedile per riposarsi.

Sulla sinistra entrando si trova una sala circolare pel bagno freddo, con quattro nicchie in giro, ove potevano esservi stati sedili mobili; e di fronte alla porta una piccola nicchia per dar passaggio ad un getto d’acqua. La luce vi perveniva dall’alto mediante un lucernaio. Vi si ammirano diversi ornati di stucco, attualmente molto degradati, ugualmente ai dipinti delle mura, ove vedonsi due figure, quella a dritta di Sileno sedente, l’altra a sinistra di una Venere in riposo veduta di schiena.

In altra sala si trova il tepidarium che ha un ornato di stucco molto degradato. Il suo pavimento detto dagli antichi suspensura ora sprofondato, era costruito su piccoli pilastri per la circolazione del calorico che partiva dalle fornaci e si spandeva fin sotto la volta a traverso delle doppie pareti. A dritta sta il bagno, alveus ora intieramente spogliato di marmi ond’era rivestito. La sala che viene dopo era quella del calidarium col pavimento simile a quello della sala precedente e delle mura a doppie pareti. Di tutto ciò ne restano appena le tracce.

In uno dei porticati della palestra fu raccolta una iscrizione in marmo, che presentemente trovasi al Museo di Napoli. Da cui si rileva che Caio Vulio figlio di Caio, e Publio Aninio figlio di Publio duumviri [p. 46 modifica]giusdicenti, hanno fatto costruire il laconicum e il di strictarium, restaurando i porticati e la palestra per decreto dei decurioni, col danaro destinato dalla legge ad essere impiegato per giuochi o per un monumento; e sorvegliando essi stessi i lavori, li approvarono.

Voltando pel vicolo ad occidente dei bagni. Regione VII, I. Via II, si trova la

* CASA DI SIRICO

N. 47. — Il rinvenimento fatto in questa casa di un suggello di bronzo, unitamente allo stesso nome che trova vasi ripetuto in caratteri rossi sulla facciata della casa, ha dato occasione di credere che Siricum sia il nome del proprietario.

Presso la soglia dell’atrio leggesi in musaico il saluto salve lucrv. (Benvenuto il guadagno).

A sinistra si trova una bellissima exedra o sala di ricevimento decorata di dipinti di ottimo gusto, con un superbo fregio ad arabeschi nella parte superiore. Ciascuna parete ha un quadro; il primo a destra esprime Vulcano che presenta a Teti lo scudo di Achille; l’altro di fronte rappresenta Ercole ubbriaco coronato di edera sdraiato sul suolo innanzi un’ara, che col destro braccio alzato è in atto d’imitare con le dita il suono delle castagnette, mentre alcuni Amorini scherzano colla clava dell’eroe. Più in lontano si vede Bacco con alcune Ninfe. Il 3.° ritrae Apollo al cospetto di Nettuno innanzi le mura di Troia.

Sullo stesso lato della sala descritta apresi un corridoio che dà passaggio al forno ed alla cucina ove osservasi anche un mulino, ed una vasca con cassa di [p. 47 modifica]piombo per uso di lavatoio, al di sopra del quale evvi una piccola nicchia per i Dei Lari.

Ritornando nell’atrio si ha anche sul lato sinistro un bellissimo triclinio o sala da pranzo, assai ben decorato di dipinti, ove sono osservabili su fondo nero alcune Baccanti.

Uscendo dalla descritta casa, si osservi il dipinto di rincontro alla sua entrata, che presenta diversi serpenti presso un’ara, i quali erano creduti protettori del luogo; al di sopra leggesi: otiosis locvs hic non est discede morator, cioè: Questo non è il luogo per gli oziosi, e tu che ti arresti va via.

La località di seguito segnata col n.° 12, è una cella meretricia col suo letto di fabbrica. Sopra alla porta vedesi un fallo di pietra

Segue il

Regione VII — Isola XII — Via XI.

* LUPANARE.

N. 18. — È un cortiletto con cinque stanzini in ciascun dei quali evvi un letto di fabbrica. Vi si scorgono vari quadretti, con figure di ambo i sessi in oscene azioni.

Le molte iscrizioni graffite che vi stanno negli stanzini, attestano con chiarezza l’uso di questo locale.

Voltando il vicolo che costeggia il detto Lupanare, appellato Vicoletto del Balcone Pensile, può vedersi la seguente casa.

Regione VII — Isola XII — Via III.

* CASA DEL BALCONE PENSILE

N. 28. — Nuovo è quanto vedesi quì praticato per sostenere un antico balcone che ornava il fronte esterno.

[p. 48 modifica]Una scala di legno dava accesso al piano superiore, e questo slargavasi sulla via mediante un tavolato sorretto da travi e fornito di finestre che guardavano nella strada. Nel restaurarsi questo balcone, si è avuto mente a riprodurre con esattezza i legni che prima vi erano adoperati per sostenerlo.

Entrando nella casa trovasi a sinistra la scalinata di legno che metteva al piano superiore. Viene in seguito un piccolo atrio dove ammirasi una graziosa fontana formata da un Puttino che regge colla sinistra una piccola colomba attualmente rotta, da cui sortiva un getto d’acqua che cadeva in una vaschetta. Al di sotto del tavolino che vedesi alle spalle del Puttino, si osservano alcune chiavi di bronzo, per somministrare l’acqua in diversi punti della casa.

Il tablino ha un quadretto sulla parete a sinistra, che esprime Alceste ed Admete, allegoria dell’amor coniugale.

Ritornando novellamente per la via del Lupanare cioè via XI, della regione VII, isola XII, si perviene alla via detta degli Augustali per vedere quella casa che s’incontra di faccia.

Regione VII — Isola II — Via II.

CASA DELL’ORSO O DELLA NUOVA FONTANA DI CONCHIGLIE.

N. 45. — Tornata alla luce nel 1865, è denominata dell’orso stando nei protiro figurato a musaico questo animale accovacciato e trafitto da un’asta. Superiormente leggesi il motto HAVE. Le pareti laterali sono molto belle con ornati architettonici, baccanti, e quadretto circolare di due figure dipinte con molta [p. 49 modifica]maestria, ove sta una donna in atto di sorpresa nel vedersi lei dappresso un vecchio Satiro. Nell’atrio, su fondo nero, sono disposti varii gruppi di Satiri e Baccanti. Nel primo cubiculo a dritta dell’atrio vi sono due quadretti, l’uno di Narciso, l’altro di Danae che si stringe Ira le braccia il piccolo Perseo.


Nel viridario di rimpetto all’entrata ammirasi una fontana ornata a musaico di pietruzze e conchiglie, ove è figurato Nettuno circondato da pesci ed uccelli acquatici, ed una Nereide coricata in una conchiglia.

Nell’isola di rimpetto

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Regione VII — Isola I — Via II.

DOMUS M. GAESI BLANDI O CASA DI MARTE E VENERE

N. 40. — Il protiro ha un bel pavimento in musaico, esprimente alcuni delfini, un tridente, un timone di naviglio, e termina al di sopra in una riquadratura figurante l’ingresso di una fortezza.

L’atrio ha il solito impluvio, ed è osservabile un quadretto circolare tra il 1° e il 2° cubicolo, figurante Marte e Venere a mezzi busti.

* ABITAZIONE CON FORNO E MULINO.

N. 36. — Sulla facciata esterna della casa leggesi il programma modestvm scritto in caratteri rossi.

Dal protiro si passa in un atrio con diverse stanze laterali, nel cui centro è una vasca di fabbrica ad uso di fontana, ove vedesi il tubo di piombo pel getto dell’acqua.

Di fronte si passa ad una spaziosa località con mulini e forno, nel quale furono rinvenuti ottantadue pezzi di pane ben conservati, alcuni dei quali si osservano nel Museo Pompeiano, altri al Museo di Napoli.

Terminata questa stradetta si perviene di nuovo nella via Stabiana o CARDO ove noteremo la

Regione IX — Isola III — Cardo.

* CASA DI M. LUCREZIO.

N. 5. — Il bello della casa consiste nel giardinetto di fronte all’ingresso, posto in livello superiore dell’atrio, il quale ha una fontana in musaico e conchiglie, che produce un effetto sorprendente. Questa è a [p. 51 modifica]forma di edicola, sovrapposta ad una scaletta di marmo bianco, alla cui sommità sta il simulacro di Sileno. Due pilastrini sormontati da erme bicipiti fiancheggiano la nicchia. Più innanzi è una vasca circolare a guisa di peschiera, dal cui mezzo sorge un tronco di colonna che serviva per getto di acqua. Intorno alla medesima vasca sono diverse sculture, cioè, un Fauno in atto di ripararsi gli occhi dal sole, un’erma di Fauno con capretto in braccio, Amore che cavalca il Delfino, un cane, due conigli, due uccelli, un toro, una cerva, un’anitra, ed il gruppo di un piccolo Satiro che toglie la spina dal piede del Dio Pane.

Due scoperte furono anche quì fatte, cioè un disegno tracciato colla punta sull’intonaco, rappresentante [p. 52 modifica]il Laberinto, con la leggenda labyrintvs. hic habitat minotavrvs (Il Laberinto. Quì abita il Minotauro) ed un dipinto ritraente una tabella, colle parole M. Lucretio. Flam. Martis. Decurioni. Pompei. (A Marco Lucrezio flamine di Marte, Decurione di Pompei). Ora al Museo di Napoli.

Regione IX — Isola IV — Cardo.

L’isola IV.ª contiene un grande stabilimento di bagni, avendo una grand’area ad uso di palestra per gli esercizî ginnastici, ed i saloni interni, cioè il frigidario, il tepidario, ed il calidario. In quest’ultimo sta l’alveo pel bagno caldo, poggiante sul pavimento a suspensura onde dar circolazione al calorico che partiva dalla fornace.

In questa terma vi era una quarta stanza circolare, per stufa (laconicum), cioè per quelli che non volevano bagnarsi, ma solamente sudare.

Questo stabilimento nel tempo della eruzione era in costruzione.

Un pregevole trovamento fu quivi fatto di due collane di oro, un paio di orecchini, alcuni vasi di argento, sei cucchiai grandi, e quindici cucchiarini. Tutti questi oggetti furono rinvenuti unitamente a due scheletri umani.

CASA DEL FAUNO UBBRIACO, O DEL CENTENARIO

Proseguendo nella medesima strada s’incontra un’abitazione privata di grande importanza detta del Fauno ubbriaco, perchè ivi si rinvenne una bellissima statuetta di bronzo, o del Centenario per gli scavi che vi si eseguirono nel 1879. Essa presenta tre atrii, uno principale ed un’altro secondario: il primo forma [p. 53 modifica]l’ingresso principale ed è ben decorato. Dietro all’impluvio osservasi un’angusta scaletta discendente in un lungo vinajo.

Questo edifizio tiene un’appartamento dietroposto di parecchie stanze, sulle cui pareti sono molti buchi per sostenere armadii, perciò credesi che il proprietario fosse un industriante e che qui avesse il deposito delle mercanzie.

Il tablino trovandosi fra un cubicolo ed un corridoio mette capo a tre distinti gruppi di stanze, di cui il primo era destinato per gozzoviglie e altri piaceri del proprietario. Il triclinio contiene tre quadri; il primo a settentrione rappresenta Teseo dopo l’uccisione del Minotauro; il secondo ad oriente Ermafrodito e Sileno; il terzo a settentrione Ifigenia, Oreste e Pilade in Tauride. Il secondo gruppo contiene i bagni; il terzo è composto di un’atriolo coperto, intorno a cui sono tre cubicoli, la latrina, la cucina ed una cella sottostante per il forno. Riuscendo nel peristilio trovasi il giardino avendo nel mezzo una vasca, la quale era decorata da una bellissima statuetta di bronzo, ora nel Museo di Napoli, rappresentante un giovane satiro. La pittura del peristilio è bella, ma si è appena conservata quella della parte occidentale: un sol quadro può dirsi in buone condizioni esprimente Andromeda liberata da Perseo. Dal peristilio si passa in uno spazioso triclinio estivo dietro cui vi è un’altro piccolo giardino decorato di una fontana in mosaico con zampillo di acqua cadente dall’alto di una nicchia, dove fu rinvenuta un’altra statuetta di marmo simile a quella trovata nella piscina; intorno alle pareti sono dipinte varie specie di pesci.

[p. 54 modifica]Uscendo da quest’abitazione, àvvi a sin. un vicoletto, che conduce alla casa detta della

NUOVA CACCIA

Questa abitazione di recente scavata ha l’entrata dalla parte opposta, per cui si entra presentemente. Presenta di notevole un piccolo atrio, al lato destro del quale trovasi un bellissimo quadro rappresentante un sacrificio ed un’altro stanzino con due bellissimi affreschi. Al lato sinistro vi sono due cubicoli avendo accanto la scalinata per il piano superiore; nel mezzo un piccolo impluvio con appresso una tavola di marmo, poggiata su quattro zampe di leone; di fronte un’altra stanza con due quadri, l’uno rappresentando gli sponsali di Venere, l’altro il trionfo di Bacco. Uscendo da questo sito s’incontra la cucina col cesso; in seguito vedesi il giardino con una parete in fondo, sulla quale sono dipinti varii animali, lupi, caprii, leoni, pantere, tori tutti in lotta o che s’inseguano. Nel lato opposto vi è un’altra stanzetta con due bellissimi affreschi, l’uno rappresentante l’episodio di Tisbe, che si uccide sul corpo dell’amante Titiro, l’altro Bacco che insegna la musica ad Apollo.

Uscendo dal vicoletto si passa alla casa segnata N.° 3 detta

CASA DEI CONGRESSISTI

Quest’abitazione ebbe tal nome, perchè fu scavata nel 1899 davanti al Congresso giornalistico. Essa è costruita alla maniera egiziana, credendosi che questa parte della Città fosse stata abitata da una tribù dell’Egitto. Appena dopo l’entrata ha il giardino [p. 55 modifica]circondato da colonne, ed intorno alle pareti sono dipinti molti animali. Vi è una stanzetta, ove si osservano alcuni dipinti di poca importanza e mal conservati.

* DOMUS VETTIORUM, CASA DEI VETTI

O CASA NUOVA

Reg. VI. Ins. XIV. Via IX o degli Scienziati.

Questa stupenda abitazione fu scoverta nel 1895, ed è importantissima per la sua bellezza e quasi intatta conservazione delle magnifiche pitture e rari oggetti di arte nella medesima rinvenuti. Perciò richiama l’attenzione di tutti i visitatori, che ogni giorno numerosi accorrono negli scavi di Pompei.

Vestibulum

Entrando nel vestibolo, osservasi sulla parete a sinistra un quadretto rappresentante una battaglia di galli; sulla parete a destra e di fronte all’ingresso àvvi dipinta la figura oscena di Paride itifallico.

Sulle pareti si osservano diverse pitture, una cerva, un’ariete ed un gatto.

Atrium

Sulla parete a sinistra entrando nell’atrio vedesi dipinto un candelabro, sotto il quale è una biga attaccata a due delfini montati da amorini. — Segue un cubicolo, ove sullo spigolo a sinistra osservasi un pollo, e sulla parete dello stesso lato il quadro di Arianna abbandonata da Teseo; sulla parete destra Ero e Leandro. Tutte le pareti presentano pitture di diversi pesci ed uccelli. — Succede un secondo cubicolo, sulla cui parete a sinistra osservasi Ciparisso con la [p. 56 modifica]cerva ferita; di prospetto entrando, la lotta di Amore e Pane presente Bacco ed Arianna.

Sulla parte superiore delle pareti si trovano riprodotte alcune divinità, Giove, Mercurio, Leda col cigno. Dopo il cubicolo vedesi una scaletta di fabbrica conducente al piano superiore.

Nel mezzo dell’atrio a sinistra e a destra trovansi due casse forti.

Seguendo sempre a sinistra àvvi un terzo cubicolo, nel quale osservasi un quadretto con galli e su di un pilastro un amorino sopra un gambero.

Peristilium

Dall’atrio si passa nel peristilio, ove sono tre porte; una grande nel centro e due più piccole laterali, sulla cui soglia si osservano ancora i cardini.

A sinistra entrando nel peristilio osservasi un’altro cubicolo, sulla cui parete sinistra notasi dipinto Ercole fanciullo che strozza i serpenti alla presenza di Giove. Seguono riproduzioni di case pompeiane.

Nella parete centrale trovasi un quadro rappresentante il supplizio di Penteo eseguito dalle Baccanti. Sulla parete sinistra vedesi il supplizio di Dirce avvinta al toro per opera di Anfione e Zeto.

Uscendo di nuovo nel peristilio, a sinistra vi è una stanzetta (dispensa). — Sulla parete a mezzodì del peristilio sono varii pesci e baccanti, sulla parete occidentale un leone con la testa di Medusa; il Dio Pane con la fistola in mano; una testa di guerriero, una vacca. Immediatamente nella parte inferiore del lato nord-ovest si nota una copia in gesso di un frammento di porta.

[p. 57 modifica]Sul lato settentrionale del peristilio trovasi una gran sala che si vuole fosse adibita per sala da pranzo. Sullo spigolo a sinistra vi è dipinto un’ermafrodito. Sul fregio delle pareti sono in giro riprodotti i diversi costumi pompeiani, cioè un’ara con sacrificio riflettente la favola d’Ifigenia, diversi Amorini fiorai. Amorini monetarii, una gara di bighe, una fullonica, una vendemmia, il trionfo di Bacco. Nello spigolo della parete destra vedesi il dipinto di Mercurio e Venere, sulla parete centrale Marte e Venere, ed altre diverse pitture d’intorno.

Uscendo nel peristilio segue un’altro piccolo appartamento, di cui s’ignora l’uso. Entrando in questo vedesi di fronte un piccolo giardino con porticato. Sul lato destro vi è un cubicolo, sulla cui parete destra àvvi dipinto Ercole che scovre il manto ad una baccante; sulla parete centrale Ulisse, che riconosce Achille vestito da baccante e lo conduce alla guerra di Troia; ai laterali due baccanti.

Segue un’altro cubicolo, nel quale entrando da occidente si osserva sulla soglia d’ingresso l’iscrizione PRIVA. Vi si notano diverse pitture.

Uscendo di nuovo nel peristilio trovasi un’altra stanza; sulla cui parete sinistra tra due galee è il dipinto di Pasifae nell’officina di Dedalo. Giunone ed Argo, sotto cui osservasi un lavoratore di galee; sulla parete di mezzo àvvi un quadro esprimente il sacrifizio di Ixior, Argo, Giunone, Mercurio e la madre di Ixior. Sulla parete a destra ammirasi il quadro di Arianna dormente, che viene scoperta alla presenza di Bacco. — Sulla parete destra del vano della porta vi è dipinto un’ermafrodito.

[p. 58 modifica]Ritornando nell’atrio, sulla parete destra, entrando dalla via nuova, notasi un quadro rappresentante la caccia al cignale.

Fa seguito un piccolo atrio, sulla cui destra vedesi una scaletta di fabbrica conducente al piano superiore; a sinistra un’ara con un serpente e tre Lari.

Di poi si accede nella cucina, ove sono due tripodi, cinque pentole di bronzo, una delle quali sopra un tripode; una graticola ed alcuni frammenti di anfore. — Di fronte vi è un piccolo cubicolo con tre figure oscene. Uscendo nell’atrio trovasi un’altro cubicolo.

GIARDINO

Il giardino è sparso di vasche di marmo rettangolari e circolari non che di tavoli pure di marmo, uno dei quali, circolare, è poggiato su tre trapezzofori a teste di leoni: alle colonne sono addossate diverse statuette di marmo. Alla colonna angolare nord ovest vi è la statuetta di Paride con due colombi ed un agnello; su l’istesso lato nord, nel centro, due statuette di bronzo affrontate, con la medesima rappresentanza di un putto che sostiene con la destra un’oca e con la sinistra un grappolo d’uva.

Addossata alla colonna nord-est è la statuetta di un Fauno, che regge con la sinistra un’anfora. Nel lato sud fra l’intercolunnio delle due colonne centrali è la statuetta di Bacco col càntaro nella destra, e di fronte altra statuetta di un Satiro, che sostiene l’otre sulla spalla destra e tiene la siringa con la sinistra. Addossato alla colonna angolare sud-ovest, vi è un putto accoccolato tenendo con la sinistra un coniglio. Nel lato occidentale sono due putti. Tutte queste [p. 59 modifica]statuette erano fornite di tubi di piombo, che immettevano l’acqua sulle rispettive vasche.

Nel lato nord del giardino esiste una vasca di stupendo lavoro, formata sulla parte interna a conchiglia, nel cui mezzo è un pristice a rilievo. Avanti alla detta vasca si osservano due erme sormontate da teste bifronti di Bacco ed Arianna.

Uscendo dalia casa dei Vetti merita di essere osservata la casa segnata col N.° 8 detta

CASA DEL SILENO

Dopo l’atrio osservasi l’impluvio, di fronte ed ai due lati sono alcuni cubicoli con la scalinata accanto per salire al piano superiore. Per una porta a sin. si entra nel triclinio, dove àvvi in mezzo al giardino, una tavola di marmo sostenuta dalla statua di Sileno col fanciullo dormente fra le braccia; e nella parete di fronte osservasi una nicchia per i dei lari. Vi si nota ancora un cubicolo con due grandi affreschi, di cui uno rappresenta Venere e l’altro Apollo, accanto a questo vi è una stanza con due quadri, a destra si osservano le tre Grazie, e nella parete ad oriente Cupido in mezzo ai due dei della bellezza.

Ritornando sulla via principale e giunti ai quadrivio ove s’incontra il Cardo della Città che incrocia il Decumano Maggiore con la fontana all’angolo dell’isola XIV, regione VI, notiamo diverse località di quest’isola scavata nell’anno 1875.

Regione VI — Isola XIV — Cardo.

* CASA DI ORFEO O VESONIO PRIMO

N. 20. — Quì all’imboccatura dell’atrio il 20 novembre 1874, fu trovato lo scheletro di un cane col [p. 60 modifica]suo collare, che fedele al padrone restò vittima della catastrofe. Tosto che si rinvenne ne fu fatto il modello in gesso, ed è quello che attualmente vedesi nel Museo Pompeiano.

Lateralmente al Tablino evvi il ritratto del proprietario, posto su di un pilastrino, in fronte al quale è scolpito.

primo. n. anteros. arcar.

(A primo nostro, Antero il cassiere)

Passando il tablino decorato di musaico bianco, si trova un elegante giardino, in fondo al quale ammirasi un gran dipinto rappresentante Orfeo in proporzione gigantesca, che seduto in una foresta, suona la lira, e diversi animali selvaggi ne ascoltano pacificamente il suo melodioso canto.

Sullo stesso lato

* FULLONICA

N. 21-22 — Questa fullonica era di un tal Tito Balbinio Alessandro. La bottega che precede la sua entrata principale ha un mosaico in centro del pavimento, ove leggesi salve. Quella specie di fossetta sul lato destro, serviva a contenere una macchina di pressione per cilindrare i tessuti. Sull’altro lato stanno tre compartimenti di fabbrica, al di sotto dei quali fluiva l’acqua, ove forse pigiando, le lane venivano imbianchite.

L’atrio è abbellito da fontana posta sull’impluvio ove doveva esservi una statuetta che non si è rinvenuta. Alle spalle della Fontana sono le chiavi dell’acquedotto.

Dal tablino si passa al lavoratorio, ove sono tre grandi vasche per lo imbiancamento delle lane [p. 61 modifica]grezze. L’acqua vi circolava mediante tubi di piombo, che veggonsi addossati alle colonne. Salendo tre scalini vedesi un accurato restauro fatto nel tetto, che è stato riprodotto sulle tracce dell’antico.

In altra camera a dritta del laboratorio evvi un quadro, attualmente deteriorato, rappresentante Venere, che regge uno specchio ed intenta ad aggiustarsi i capelli, con allato un Amorino che le porge la cassetta delle gioie. A dritta del quadro Giove sedente.

Sullo stesso lato

All’angolo nord est della stessa isola XIV, il 23 aprile 1875 furono rinvenuti due scheletri umani; se ne fecero i modelli in gesso, e son quelli che attualmente si vedono nel Museo di Pompei, cioè quella giovine donna caduta boccone posta nell’armadio che può guardarsi da sotto, e l’uomo morto alla supina, che vedesi nella terza sala.

Regione V — Isola I — Cardo.

Casa N.° 18.

Il protiro è alquanto inclinato verso la via, per evitare che l’acqua della pioggia risultante dall’atrio avesse potuto ivi arrestarsi ed ingombrarne il passaggio.

L’atrio è dipinto a fondo rosso a scompartimenti, in ognuno dei quali un medaglione con busti di diverse divinità.

Il tablino ha un quadretto di Venere ed Adone.

Il viridario circoscritto da colonne, e queste rannodate da pluteo di fabbrica, ha di prospetto un gran quadro con veduta di campagna montuosa, ove un toro in fuga è avventato da una tigre, e più in [p. 62 modifica]lontano un daino. Al di sotto sta anche dipinto Sileno giacente. Sulla dritta di detto dipinto, ne sta altro decorativo, figurante un giardino chiuso da pluteo di legno a graticola, innanzi a cui una vasca di fontana con due grossi pavoni che vanno a dissetarsi.

A sinistra del porticato si aprono due grandi sale, forse destinate per sale da pranzo. Nella prima noteremo tre quadretti, l’uno di Arianna, che ridestata dal sonno trovasi abbandonata dal suo amante Teseo, ed il genio del luogo le addita la nave nella quale poco prima l’infedele erasi imbarcato, mentre Amore ne compiange la perdita: l’altro di Venere alla toletta, con Marte alle spalle che dispiegando il suo manto in guisa di vela, la cela dallo sguardo dei passanti: il terzo ritrae Danae col suo figlio Perseo fra le braccia, nel momento che Dictys fratello di Polidetto la raccolse dalla navicella, ove suo padre per punirla l’aveva abbandonata in balia delle onde.

CASA DI CECILIO GIOCONDO

o dell’argentario

N. 26. — Grande casa con l’ingresso preceduto da piccolo vestibolo e scalino marmoreo, sul cui piano vedesi in musaico un cane.

L’atrio è fiancheggiato da quattro cubiculi e due ale, ed a dritta e sinistra due vani, che sporgono in botteghe rispondenti alla strada, uno dei quali era stato in seguito murato, perchè troppo prossimo al larario che vedesi sul lato sinistro; questo è rivestito di marmo bianco con fregio di bassorilievi, contenente un tempio, una tomba, ed un sacrificatore che conduce un toro per immolarlo. I Lari venivano [p. 63 modifica]collocati sugli scalini che veggonsi sul piano del Larario medesimo.

Tra il primo ed il secondo cubicolo sta un sodo di fabbrica, ove stava collocata la cassa del peculio stante che il proprietario Cecilio Giocondo era un banchiere (Argentarius). Nella parte interna della casa fu trovata una gran quantità di libelli cerati, cioè tavolette coperte d’uno strato di cera, su cui scrivevasi mediante una punta di ferro.

Di fronte sta il tablino con allato un pilastrino su cui stava il ritratto in bronzo del padrone di casa.

Il peristilio è circoscritto dalle colonne del porticato, nel cui centro sta l’area pei fiori. Il muro a dritta era dipinto a boschetto, con alcuni animali selvaggi. Sul lato opposto sta una vasca sostenuta da colonnetta scanalata, ammirevole per la leggerezza della sua forma.

Il gran salone a sinistra è ben decorato di dipinti, con due quadri; l’uno di Arianna che presa dal sonno è abbandonata da Teseo nell’isola di Nasso, mentre l’eroe sta sul punto d’imbarcarsi sulla nave, l’altro di Paride che giudica della bellezza delle tre dee. Assai degradato. Quì noteremo una iscrizione graffita che sta nel basso della parete a dritta, concepita nel seguente modo:

Quis amat valeat
Pereat quì nescit amare
Bis tanto pereat quisquis amare vetat.

cioè:

Viva colui che ama
Muoia colui che non sa amare
Muoia due volte chi proibisce di amare.

[p. 64 modifica]Seguendo la strada grande Decumano Maggiore, osserveremo le località seguenti che hanno maggiore importanza.

Regione VII — Isola IV — Decumano maggiore

CASA DELLA CACCIA.

N. 48. — Il cubicolo a dritta dell’atrio ha le sue pitture ben conservate, ove su fondo bianco stanno quattro medaglioni con i busti di Giove, Apollo, Diana, e Mercurio. In centro delle due pareti laterali veggonsi due quadri, l’uno a dritta di Venere alla pesca, l’altro di Leda, che slargandosi le vesti si stringe al seno il Cigno.

Segue una sala aperta, ala, e poi un triclinio finestrato sporgente al giardino.

Il tablino molto ben decorato, ha nel suo podio alcuni quadretti bislunghi, che contengono animali selvaggi inseguiti da Amorini.

Il viridario è circondato di colonne, in centro a cui v’è la piscina, e sulla parete di faccia un grande dipinto indicante una caccia di bestie selvagge. Sul muro a dritta vedonsi due grandi paesaggi sormontati da una cornice di stucco, ben conservata.

Alla sinistra v’è l’oecus, con tetto moderno per meglio conservarne i dipinti. Quivi sono due quadri, il primo di fronte con Apollo al cospetto di Argo; il secondo di Diana al bagno, sorpresa da Atteone.

Sullo stesso lato

CASA DEI CAPITELLI COLORATI

N. 51. — È una grande casa con accesso da due diverse strade. La sua costruzione è tale, che si da un’ingresso che d’all’altro, si ha sempre la stessa [p. 65 modifica]costruzione di una casa pompeiana, cioè un atrio seguito da un tablino e da un peristilio.

L’atrio era abbellito di un giardino ad aiuole disposte simmetricamente con mattoni in linea e ad emicicli, e con fontana ora dispogliata del suo rivestimento marmoreo. All’intorno è il colonnato che reggeva il tetto del portico.

Nell’angolo a dritta trovasi un larario con edicola di stucco, ove stava depositata qualche divinità familiare.

Passando il tablino con pavimento bianco in musaico, si trova un secondo peristilio, in mezzo al quale è una grande piscina, e intorno un bel colonnato, i cui capitelli erano di stucco colorato.

Dopo la terza località a dritta segue un triclinio dipinto a colore azzurro, ed in mezzo al suo pavimento un eccellente musaico con pesci. Il quadro che si vede sulla parete a dritta, rappresenta Adone seduto e poggiato sulle gambe di Venere assistita da due Amori, la quale offre all’amante un ramoscello. Sull’altra parete a sinistra evvi altro quadro, il cui soggetto esprime una donna che vende alcuni Amorini rinchiusi in una gabbia che un uomo scopre e ne trae uno, onde sceglierlo e farne l’acquisto.

Sull’altro lato a sinistra si apre una bella exedra, di cui il fondo ad emiciclo contiene la nicchia d’una statua. Questa parete è quasi tutta deteriorata, conservando solamente tre quadretti; il primo di Leda che abbraccia amorosamente il Cigno e lo stringe al suo seno; il secondo d’una Sacerdotessa ricevendo le offerte da una ancella per depositarle sull’ara; il terzo di Achille seduto suonando la lira per [p. 66 modifica]accompagnare il canto d’una giovinetta che le siede accanto, mentre che Patroclo in piedi ascolta il concerto e guarda furtivamente una fanciulla che sta più indietro del soggetto principale.

Traversando la fauce a sinistra del secondo tablino si trova un oecus finestrato coperto di tetto moderno per meglio conservarlo. Le sue pareti sono molto ben fatte a disegni architettonici, standovi due quadri, l’uno di Venere passando il mare su d’un Tritone che suona la lira, accompagnati da due Amori che spiegano il manto della Dea e lo sostengono come una vela, mentre altro Amore cavalcando un Tritone li segue suonando la doppia tibia — L’altro quadro presenta Ciparisso sedente col Cervo ai suoi piedi, ed allato Apollo.

Uscendo dall’atrio che sporge sul vicolo degli Augustali, si hanno due alae; ed in quella coverta da tetto moderno, trovasi una piccola cappella pei Dei Lari, col quadro di Apollo al momento d’aver raggiunta la sua bella Dafne, che all’istante fu cangiata in alloro, di cui se ne vede un ramoscello sulla sua testa.

CASA DELLA PARETE NERA.

N. 59 — In fondo si ha una sala di ricevimento colle pareti dipinte interamente in nero; ciò che ha dato occasione di denominarla della parete nera.

Sulle stesse pareti osservansi diversi quadretti. Il primo a destra esprime un Amorino scherzando con Psiche. Il secondo rappresenta quattro Amorini che scherzano giocosamente innanzi ad un’erma di Priapo itifallico. Il terzo esprime un sacrifizio a Marte, l’altro in prosieguo presenta anche sacrifizio forse a Mercurio.

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Regione VI — Isola XII.

* CASA DEL FAUNO O DEL GRAN MUSAICO

N. 2. — Innanzi all’ingresso leggesi il saluto HAVE in pietruzze colorate.

Questa vasta abitazione deve il suo nome alla celebre statua di bronzo del Fauno danzante trovata nell’atrio.

Il pavimento del vestibolo è di diversi marmi; e nei due lati sull’alto delle mura si osservano due edicole molto ben lavorate a stucchi; come pure sono da ammirarsi gli stucchi delle mura dell’atrio, i quali hanno uno smalto simile al marmo. Nel centro è l’impluvio con bel rivestimento di marmi, ed una piccola base che reggeva la statuetta di sopra cennata del Fauno danzante.

In giro sono otto sale e di fronte il tablino.

Nell’ala a sinistra osservasi sul pavimento un quadretto in musaico, esprimente tre colombe che tirano un filo di perle da un cassettino.

Quindi si passa nel peristilio; e nella gran sala di fronte fu rinvenuto l’impareggiabile pavimento in musaico, che rappresenta colle figure al naturale la battaglia di Alessandro contro Dario. Oggi questo prezioso monumento ammirasi al Museo.

Nel terzo cortile, con colonnato in giro che formava un vasto porticato, possono vedersi molte anfore addossate al muro, ed unite fra loro per la cenere consolidata.

Proseguendo il cammino di questa strada, si giunge ad altro quadrivio, ove si ha a destra un arco di trionfo, ed all’angolo sinistro un tempio detto

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* TEMPIO DELLA FORTUNA

Regione VII — Isola IV.

N. 1. — Il prospetto del tempio offre una bella scala di marmo bianco. Sul primo ripiano vedesi l’ara dei sacrifizî e gli avanzi di un cancello di ferro per impedire l’accesso. Il vestibolo aveva quattro colonne di fronte, e la cella conteneva il simulacro della Fortuna. I due pilastri laterali reggevano un frontone, che vedesi in terra, in cui si legge:

m. tvllivs. m. f. d. v. i. ter. qvinq. avgvr. tr. mil.

a. pop. aedem. fortvnae. avgvst. solo. et. peq. sva.

Marco Tullio figlio di Marco, tre volte Duumviro per [p. 69 modifica]amministrar la giustizia; delle quali una volta Quinquennale, augure e tribuno dei soldati eletto dal popolo, elevò dalle fondamenta e a proprie spese il Tempio della Fortuna Augusta.

Regione VI — Isola X — Via VI

STRADA DI MERCURIO

La strada preceduta da un arco di trionfo, prese questo nome pel bassorilievo scolpito sul pilastrino di una fontana, che incontrasi a sinistra verso la metà della strada.

Per questa medesima via si giunge fin sotto alle mura della città.

* Regione VI — Isola VIII.

CASA DETTA DELLA GRANDE FONTANA IN MUSAICO


[p. 70 modifica]N. 22. — L’entrata è fiancheggiata da due piccole camere per i domestici. Del tablino non altro vi resta che il pavimento in musaico bianco cinto da una fascia a meandro.

In fondo al porticato si trova una fontana di marmo in forma di nicchia, rivestita di conchiglie e musaici, nel cui centro è anche in musaico una maschera, e dal fondo della vasca elevasi un tronco di colonna con foro nel mezzo, da servire per far discendere l’acqua in un serbatoio sottoposto. La vasca è conformata a modo di bagno.

Due belle maschere di marmo fiancheggiano la fontana.

CASA DELLA PICCOLA FONTANA

N. 23. — Traversando il tablino, si giunge nel giardino con fontana, a forma di nicchia, rivestita di [p. 71 modifica]conchiglie e musaici. Nel centro della vasca sta una colonnetta, sulla quale pioggia un genio allato (copia dell’originale in bronzo che conservasi al Museo), in attitudine di sorpresa reggendo un cigno col sinistro braccio, dal cui becco usciva il zampillo.

Nei lati erano altre due statuette di pescatori (anche trasportate al Museo) uno dei quali tutto dedito al suo mestiere in positura assai naturale; l’altro addormentato ed avvolto nel suo mantello fornito di cappuccio. Tutta la parete su cui poggia la fontana è ornata di dipinti esprimenti paesaggi e marine.

Uscendo da questa casa si ha un quadrivio, ad un angolo del quale sta una fontana, che è quella detta di Mercurio, pel basso-rilievo scolpito nel suo pilastrino da dove usciva il getto dell’acqua.

Proprio d’incontro è da osservare la piccola osteria.

Regione VI — Isola X.

OSTERIA

N. 1. — Presso la soglia sta un grande bancone rivestito di marmo, sul quale vedonsi alcune scansie fatte a modo di una piccola scalinata, ove l’esercente metteva in mostra i suoi bicchieri e tazze. Nel bancone medesimo stanno infissi tre vasi di terracotta, ove forse tenevasi il vino.

Sul lato destro della bottega trovasi il focolaio.

Passando nella piccola stanzetta di fronte all’entrata, vedesi il podio fatto ad imitazione del marmo, al di sopra del quale è dipinta una caccia di animali quadrupedi.

Nei due lati sono due quadretti, l’uno a destra che [p. 72 modifica]rappresenta Polifemo e Galatea, l’altro a sinistra, di Venere alla pesca.

L’altra località pure di fronte all’entrata, posta a sinistra, contiene nove quadretti che fanno allusione all’uso del luogo, cioè per desinare. Essi rappresentano persone che mangiano e bevono — Fra questi ve n’è uno esprimente alcuni uomini in atto di scaricare un carro contenente delle anfore di vino.

Dopo aver osservato l’osteria, si volti nel vicoletto che la costeggia, dove è da osservarsi la

CASA DEL LABERINTO

Regione VI — Isola XI — Via I.

È la sala in fondo al peristilio, che deve ammirarsi a preferenza, la quale doveva essere di somma eleganza, poichè oltre alle pareti ben dipinte, contiene un giro di colonne scanalate.

Sul lato sinistro della precedente, vedesi altra sala con un bel pavimento in musaico bianco e nero, avente nel mezzo un quadretto in musaico stesso, rappresentante Teseo che uccide il Minotauro nel Laberinto di Creta.

Uscendo nuovamente sulla strada di Mercurio, può vedersi a sinistra la

CASA DI ADONE

Regione VI — Isola XII.

18.) Vien così denominata pel bel dipinto che occupa la parte del muro destro del peristilio, il quale presenta delle figure al naturale, Adone ferito sostenuto da Venere. A destra è un altro quadro che esprime Bacco addormentato.

[p. 73 modifica]Nell’altro lato dello stesso peristilio, in una sala forse destinata per la toletta, si osserva un dipinto che rappresenta un Ermafrodito in atto di adornarsi, fiancheggiato da due figure, delle quali una regge la cassetta delle gioie, l’altra sostiene colla destra lo specchio, ove si vede l’immagine dello stesso Ermafrodito. Il resto della parete è assai ben decorato con disegni architettonici, putti e ghirlande.

Sullo stesso lato

* CASA DETTA DI APOLLO

23.) Entrando nell’atrio si ha a sinistra la scala che conduceva al piano superiore, e sullo stesso lato scorgesi nel mezzo della parete un Apollo che ha dato occasione a denominar così la casa. Il tablino che è di faccia all’entrata è molto graziosamente decorato con riquadrature di diversi colori. Nel mezzo delle due pareti laterali si osservano due quadretti, quello a destra di Adone in riposo con un Amorino, l’altro a sinistra di Venere alla toletta. Quindi si passa in un secondo cortile ove si osserva una capricciosa fontana; nel centro di essa elevasi una piramide quadrata, sul culmine della quale poggiava una statuetta, (trasportata al Museo) che stringeva sotto al braccio sinistro un’oca, dalla cui bocca sgorgava l’acqua precipitandosi su quattro scalette di marmo, poste in ciascuna faccia della piramide. La stessa fontana è cinta da un muricciuolo, nel cui giro interno sono tante scalette, e forma così una specie di peschiera per tenervi le oche.

[p. 74 modifica]La parete sulla quale è addossata detta peschiera è dipinta a modo di boschetto con alberi di frutti ed uccelli.

Indi si passa nel giardino, nel cui fondo sono tre nicchie per i Dei Lari, scorgendosi in quella di mezzo un ornato in musaico. A sinistra di esse è una stanza per dormire, posta in livello superiore al piano del giardino e vi si ascende per tre scalini di bianco marmo. Ivi l’osservatore resta sorpreso per la freschezza dei dipinti architettonici che ne decorano le pareti; tra i quali sono diverse figure di Numi. La parete di fronte offre anche tre divinità diademate ed assise sopra sedie curuli.

Nel muro esterno della stessa stanza è altro quadretto in musaico, rappresentante Achille riconosciuto da Ulisse.

Regione VI — Isola IX — Via VI.

CASA DETTA DI MELEAGRO

2.) Così denominata pel dipinto del protiro, che esprime a sinistra Meleagro ed Atalanta, ed a destra, Mercurio che depone una borsa sul seno della Fortuna.

Nel peristilio si osservano quattro belle sale con pavimenti a musaico ben conservati. È osservabile la seconda di esse destinata forse per la sala da pranzo, che ha in tre lati un elegante colonnato con capitelli Le colonne sono rivestite di stucco giallo con le pareti decorate benanche di quadretti, dei quali quello che resta rappresenta Esculapio che con una serpe fra le mani spaventa una Baccante.

La quarta di esse sale che poteva servire per le danze, era anche ben decorata di dipinti che oggi [p. 75 modifica]sono danneggiati. Si osserva sulla parete di fronte il bellissimo quadro che esprime il giudizio di Paride.

CASA DI CASTORE E POLLUCE

7.) È divisa in due parti distinte, con due diverse entrate, come egualmente nella parte postica ha due uscite.

La facciata della strada è decorata di stucchi in diversi colori.

A sinistra del protiro è la cella del portinaio, ed a destra la cucina, ove sono dipinti i serpenti protettori del luogo, con altra camera di dipendenza, ed una scalinata che conduceva al piano superiore.

La porta che trovasi a sinistra dell’atrio, ha uno scalino di travertino, e mette in un bellissimo porticato con colonne di stucco scanalate. Tutto il pavimento è di musaico bianco.

Nel mezzo vedesi una grande vasca di fabbrica con colonna ad uso di fontana, formando una peschiera.

Le pareti d’intorno sono ben dipinte con ornati e figure, potendosi osservare nei due primi riquadri a destra entrando, su fondo giallo, Castore e Polluce; il primo che si rese memorabile per l’arte di domare i cavalli: il secondo, che si segnalò per la maestria del giuoco della piastrella, e fu il modello degli atleti.

Si osserva pure il pilastro all’angolo destro della vasca, su cui sta dipinto un Nano che fa ballare una scimia.

Sull’altro pilastro di fronte vi è pure nella parte interna del porticato, il dipinto di una sacerdotessa, eseguita con somma maestria, specialmente per l’espressione della testa.

[p. 76 modifica]Sull’altra parete di faccia, accanto alla porta vedesi Cibele — Indi una Baccante — Un guerriero armato di lancia e gladio — e piccoli quadretti intermedii di frutta e caccia.

In fondo è un gran salone per le feste domestiche ed i pranzi.

Per l’altra porta di fronte alla precedente si passa in altro appartamento, ove vi sono da ammirare due dipinti, il primo nella sala a destra del tablino, che è alquanto danneggiato esprime le Ninfe in atto di raccogliere il neonato Adone partorito da Mirra cangiata in albero dello stesso nome; e l’altro molto conservato, che trovasi nella stanzetta a sinistra dello stretto passaggio sporgente al giardino. Esso rappresenta Apollo nel momento di raggiungere Dafne per farla sua amante; ma ella all’istante invocando gli Dei in suo aiuto fu cangiata in alloro.

L’altro quadretto sulla parete a sinistra rappresenta Sileno che offre a Bacco bambino un grappolo di uva.

Si passi novellamente l’arco di trionfo all’imboccatura della strada, per osservare l’isola V, che sta di fronte al tempio della Fortuna.

Regione VII — Isola V — Decumano maggiore

* TERME PUBBLICHE

2.) La costruzione di questo stabilimento è semplice ed elegante. Presso l’entrata si rinvenne un salvadenaro che forse apparteneva al guardiano della porta, il quale riceveva una leggiera retribuzione da coloro che venivano a bagnarsi.

La prima sala (spoliarium) era destinata pel guardaroba ove si lasciavano gli abiti, scorgendovisi [p. 77 modifica]tuttora i fori nel muro che reggevano gli armadii, e due sedili nei lati.

In fondo è un grazioso gabinetto ovale (frigidarium) con vasca circolare (piscina) pel bagno freddo, rivestita di marmo, sul cui giro è uno scalino per discendervi. Nel fregio della sala si osserva un bell’ornato di stucco che rappresenta carri ed Amorini di uno stile assai vivo e leggiero. In giro al bagno sono quattro nicchie, ove ciascuno poteva sedersi nell’uscire dalla vasca.

Dal frigidario si passava nel tepidario, chiamato anche sala intermedia; per non passare istantaneamente dal freddo al calore eccessivo. Quivi si osserva un [p. 78 modifica]gran braciere di bronzo con tre sedili dello stesso metallo, costruiti a spese di M. Nigidio Vaccula, il quale vi fece scolpire le seguenti parole:

m. nigidivs. vaccvla. p. s.

Un ordine di piccoli atleti di terracotta, i quali sono in positura di chi fa uno sforzo per reggere un gran peso, sostengono un cornicione che poggia sulle loro teste, e formano così degl’intervalli vuoti ove mettevansi i vasi di profumi e di essenze.

La soffitta è lavorata a cassettoni dipinti in rosso ed azzurro, in ciascuno dei quali sono graziosi bassorilievi.

L’ultima sala contiene la stufa (sudatorium), che ha in un lato una lunga vasca (baptisterium) rivestita di marmi, pel bagno caldo, e nella parte opposta una grande nicchia semicircolare (laconicum), in mezzo alla quale è una fontana da cui sgorgava l’acqua bollente e spargeva una nuvola di vapore. Sul giro della vasca si legge in lettere di bronzo.

cn. melissaeo, cn. f. apro m. Staio. m. f. rufo.

ii. vir. iter. id. labrvm. ex. d. d. ex. p. p. f. c.

constat. hs. icc. c. c. l.

Cneo Melisseo Apro, figlio di Cneo, M. Staio Rufo figlio di Marco, Duumviri una seconda volta per amministrar la giustizia, con decreto dei Decurioni, hanno preso cura di far costruire questa vasca a spese pubbliche. Costa 5250 sesterzii.

La volta ha due aperture che corrispondono al di sopra della fontana, queste erano chiuse da sportelli di legno con vetri. Sulla nicchia sono alcuni bassorilievi di stucco, che rappresentano Ninfe uscenti dal bagno.

[p. 79 modifica]pavimento della stufa (suspensura) è poggiato sopra pilastrini, lasciando al di sotto un vuoto, nel quale s’insinuava il vapore della fornace adiacente. Le pareti della sala sono anche costruite in modo, che il vapore salendo da sotto il pavimento potesse circolare fra esse.

Alle spalle di detta sala è la fornace (ipocausto) che serviva per riscaldare la stufa, situata presso i caldai, i quali per mezzo di condotti di piombo somministravano l’acqua al bagno ed alla fontana.

Le tre sale di cui si è parlato hanno pavimenti di mosaico.

Uscendo da questo pubblico edifizio dei bagni si hanno di faccia due botteghe di ristoratori, ove si vendevano le bevande calde e qualche cosa per fare una colezione da potersi paragonare alle nostre botteghe da caffè.

Regione VI — Isola VIII.

* CASA DEL POETA

5.) È interessante per i monumenti di arte che ci ha dati.

Presso l’entrata eravi il musaico di un cane incatenato, colle parole cave canem guardati dal cane.

L’atrio che ha il solito impluvio ed il puteale era decorato di belle pitture (oggi nel Museo) che rappresentavano Criseide resa a suo padre — Achille e Briseide — Teti che si presenta a Giove, supplicandolo di vendicare il torto fatto a suo figlio: soggetti tutti ricavati dall’Iliade. A sinistra entrando nell’atrio era dipinta una Venere nuda con una colomba ai piedi. Nello stesso lato sono piccole stanze da letto; nella [p. 80 modifica]seconda delle quali sta dipinto sul fregio un combattimento di Amazzoni sui carri con altri guerrieri a piedi. Al di sotto vedesi una Nereide su di un toro marino. Di faccia al cortile è il tablino, con pavimento in musaico, nel mezzo del quale era un quadretto di finissimo lavoro esprimente una rappresentazione drammatica con sette figure.

Si giunge poi in un peristilio che circondava un piccolo giardino, nel quale è la nicchia con l’ara domestica, ove si trovò un piccolo Fauno.

A sinistra è una camera da letto col dipinto di Arianna abbandonata; e l’altro di Narciso ed Amore, quasi distrutto; la terza parete offre una Venere con Amore intenti alla pesca.

Finalmente si passa nell’exedra al lato destro del giardino ove vedesi a sinistra Venere donando alcuni Amorini ad Adone — Teseo che profitta del sonno di Arianna e l’abbandona nell’isola di Nasse, con Amore che ne piange del disprezzo — Ed una scena del mito di Diana, potendo essere il momento che la Dea rimprovera il suo amante di averla dimenticata.

* Regione VI ― Isola VI.

INSULA ARRIANA POLLIANA O CASA DI PANSA

1.) Il fabbricato di quest’abitazione forma un’isola circondata da botteghe.

Perchè vicino all’ingresso leggevasi, pansam. aed. paratvs rogat, fu denominata casa di Pansa, ma il proprietario chiamavasi Cneo Alleio Nigidio Maio, il quale vi dimorava, e ne locava tutte le botteghe.

La sua topografia è conforme alle altre, nè ora vi si ammirano dipinti importanti.

[p. 81 modifica]Nella località N.° 17 ad occidente dell’isola dovevasi tenere smercio di pane, poichè vi si trova un molino (pistrino) e dopo un’altra sala è il forno ove vedevasi un bassorilievo sull’arcata del prefurnio, che esprimeva un fallo, colle parole hic habitat felicitas. Ora non è più al suo posto.

FONTANA

Dopo la strada delle Terme volgendo a destra s’incontra una fontana, ove la strada si divide in due, cioè in un vicoletto a destra che mena alle mura della città, e a sinistra continua la strada principale. La fontana ha una vasca sormontata da pilastrino col bassorilievo di un’aquila che ha un lepre fra gli artigli.

Alle spalle della medesima trovasi una bottega col suo bancone che viene denominata

OSTERIA DI FORTUNATA

Regione VI — Isola III.

20.) La bottega posta all’angolo avea una iscrizione nella parte esterna che ora è distrutta, dalla quale si rilevava che questa località apparteneva a fortunata e vi si vendevano commestibili.

FORNO E MULINI

3.) È una piccola abitazione, avente alle spalle il pistrino forno, ove sono quattro mulini.

Presso il forno è altra stanza, ove si scorge sul muro il sito delle scansie per riporre il pane prima di esser cotto. A sinistra del pistrino si trova la cucina.

Uscendo, vedesi di faccia una casa restaurata, N.° 27 ove oggi trovasi impiantata una scuola Archeologica con correlativa Biblioteca.

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Regione VI — Isola II.

CASA DI SALLUSTIO

4.) Così chiamata, per l’epigrafe che leggevasi sul muro esterno, ora quasi perduta: c. sallvstivm m. f. ma era posseduta da un tale Aulo Cossuzio Libanio, siccome leggevasi in un suggello quivi rinvenuto.

Può considerarsi come la migliore di questa strada. Nei laterali del vestibolo sono due botteghe che fanno parte dell’abitazione.

Passato il vestibolo, si entra in un atrio scoperto senza porticato con sei camere laterali. Sono osservabili i lavori dei capitelli e dei fregi di stucco. Nel centro è l’impluvio, ove eravi una base di marmo, sulla quale si rinvenne un gruppo di bronzo di una immensa bellezza per la purità dello stile greco, figurante Ercole che vince la cerva, dalla bocca della quale usciva un getto d’acqua.

A dritta dell’atrio si passa ad altro appartamento segreto. Il gran quadro che copre il muro di fronte rappresenta Diana nuda al bagno, nel momento che vien sorpresa da Atteone, il quale è avventato da due cani. Nei lati sono altri due quadri, uno dei quali rappresenta il rapimento di Europa; e l’altro Elle caduta nell’Egeo, mentre Frisso passa a nuoto sopra un Ariete.

Dall’uno e l’altro lato si trovano due camere da letto. Il cubicolo a destra ha il pavimento decorato di [p. 83 modifica]marmi africani, ed un dipinto che rappresenta Venere con Marte. Dal lato destro del muro si osserva un larario, o piccola nicchia con frontespizio.


Regione XI — Isola I.

CASA DETTA DELLE VESTALI

7.) Essa si estende molto nella parte interna.

Il vestibolo è fiancheggiato da due camere, aperte sulla strada, ed in quella a sinistra è osservabile il dipinto che esprime un Fauno scoprendo una Baccante addormentata.

Olttre a ciò questa casa nulla offre d’interessante, per esser priva di dipinti e decorazioni. Nei primi tempi volle dirsi casa delle Vestali, perchè nell’ultimo aggregato sta un peristilio che ha l’aspetto di un [p. 84 modifica]tempio, avente in centro una specie di piscina, da mezzo a cui sorge un sodo a guisa di ara per mantenere il fuoco sacro.

Ultima località sul lato sinistro della strada

ALBERGO DI GIULIO POLIBIO

1.) È un albergo con annessa taverna. L’ingresso ha un selciato che interrompe il marciapiede, per l’accesso dei carri e degli animali, con ampia porta introducente in un cortile, che aveva a dritta la cucina, il ricovero pei veicoli, la stalla, e la latrina. A sinistra e di fronte vi stavano dormitorii.

Il nome del proprietario Giulio Polibio era scritto di lato all’ingresso, ma ora è distrutto dal tempo.

Il pilastro tra le due botteghe n.° 3 e n.° 4 ha nella sommità un fallo a rilievo in una piccola edicola sporgente dal muro, e serviva come preservativo degli occhi malefici.

FORTIFICAZIONI E PORTA ERCOLANESE

Tutta la città era cinta da muri ed aveva otto porte, cioè di Ercolano, della Marina, di Stabia, di Nocera, di Sarno, di Nola, di Capua, e del Vesuvio.

Però quelle mura che difendevano la città dalla parte del mare, furono demolite nel tempo di Augusto, rimpiazzandovi abitazioni.

Qui s’incontra la porta detta di Ercolano, la quale ha tre arcate, quella di mezzo per le vetture, e le due laterali per i pedoni; queste venivano chiuse con cancelli di ferro, l’altra in mezzo con un tavolone discendente dall’alto, scorgendosene tuttora le incanalature.

[p. 85 modifica]Nel giro di dette mura sono costruite diverse torri che servivano benanche di fortificazioni. La meglio conservata di esse, è quella più prossima alla porla di Ercolano.


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STRADA DEI SEPOLCRI

Uscendo dunque dalla porta Ercolanese l’osservatore sarà sorpreso dal colpo d’occhio imponente che offre questa strada, fiancheggiata da marciapiedi, e da sontuosi mausolei.

1.) Sepolcro di M. Cerrinio a sin. — Questa specie di nicchia che trovasi a sinistra fuori la porta, è un sepolcro, e vi si rinvenne un cippo con la seguente iscrizione: m. cerrinivs restitvtvs avgvstalis loco dato d. d.

2.) Sepolcro di Veio a sin. — Sedile che nel centro della sua spalliera aveva una tabella, portante l’epigrafe.

Ad Aulo Veio figlio di Marco, duumviro di giustizia, per la 2.ª volta quinquennale, Tribuno dei soldati eletto dal popolo, per decreto dei decurioni.

3.) Sepolcro di Porcio a sin. — Vedesi a fior di terra sul lato dritto del basamento un piccolo termine o pilastrino colla seguente iscrizione, dalla quale si rileva che i Decurioni avevano accordato a M. Porcio un pezzo di pubblico suolo della estensione di venticinque piedi quadrati.

4.) Monumento di Mamia a sin. — Un lungo sedile ad emiciclo, terminante nei lati a zampe di grifo, forma la parte anteriore del sepolcro, e leggesi nel suo dossale a grandi caratteri:

mamiae d. f. sacerdoti pvbblicae locvs sepvltvr datvs decvrionvm decreto.

6-7.) Sepolcro delle Ghirlande a dr. — Esso è costruito di grandi pietre di piperno rivestito di stucco, ornato di pilastri, tre dei quali reggono alcuni festoni. Due muri di fabbrica reticolata finiscono con due are.

[p. 87 modifica]9.) Grande Nicchia e Sedile a dr. — Era questo sito destinato a sepoltura d’ignoto personaggio, ed offriva un ameno ricovero ai passanti.

Mostravasi decorato nel davanti di pilastri di stucco, con frontone ornato di delfini e due Tritoni seduti sopra arieti. Nel mezzo evvi una tabella priva di epigrafe.

Le pareti dell’emiciclo sono elegantemente dipinte, e tutta la cavità della volta è ornata una grandiosa conchiglia aperta.

10-15.) Giardino delle Colonne in Musaico a dr. — È una villa che avea due ingressi sulla strada, uno dei quali destinato al passaggio dei carri. Nel giardino eravi un sacrario decorato con quattro colonne in musaico.

Di prospetto all’entrata si osserva una fontana con nicchia di musaico e conchiglie.

5-15.) Terme di M. Grasso Frugio a sin. — Eravi in questo luogo uno stabilimento di bagni, siccome rilevasi da una iscrizione rinvenutavi, concepita nel seguente modo.

thermae m. crassi frvci aqva. marina, et baln. aqva. dvlci ianvarivs. l. Terme di acqua di mare e bagni di acqua dolce di M. Crassio Frugio, Januario Liberto.

Da questo edifizio furono tolto le pitture delle otto ballerine, ed i quattro gruppi dei Centauri, che offrono quanto può desiderarsi di bello ideale e d’immaginazione poetica. Anche qui si rinvennero i due stupendi musaici col nome in greco dell’autore Dioscoride di Samo, esprimenti scene comiche, di un lavoro il più fino che possa immaginarsi.

[p. 88 modifica]16-28.) Porticato a dr. — Una lunga fila di archi formava un porticato con botteghe prive d’intonaco, destinate forse per fabbrica di stoviglie, ove stanno i forni per la loro cottura.

16.) Sepolcro di Scauro a sin. — Questo nobile monumento, era decorato di molti bassorilievi di stucco al di fuori della prima porta che guarda la strada, che oggi sono interamente perduti.

Il solo che vi è rimasto, quantunque molto degradato, sta sulla piccola porta, dove si vedono cinque figure di gladiatori armati, ed uno di essi ferito, nell’atto assai naturale di cadere.

Questo sepolcro fu detto di Scauro per una iscrizione che fu trovata e addossata al monumento, ma che non vi appartiene.

Si entra nel recinto del sepolcro per una porta assai bassa. Le sue mura sono ornate di belle cornici, e di piccoli bassorilieri.

Dal recinto, salendo due gradini si penetra nella tomba, ed in ogni muro sono costruite quattro nicchie destinate a ricevere le urne. Nel centro di questa cameretta si alza un pilastro quadrato che sostiene la volta, e lo stesso pilastro ha quattro aperture in ciascun lato, costruite in arcate dove doveva conservarsi forse l’urna principale.

18.) Sepolcro Circolare a sin. — La sua base quadrata è sormontata da una specie di torre che doveva essere stata una volta coperta. Sulle piccole piramidi del recinto si vedono dei bassorilievi di stucco, fra i quali si distingue lo scheletro di un fanciullo caduto sopra alcuni ammassi di ruine, mentre sua madre ne deplora la perdita.

[p. 89 modifica]34.) Sepolcro della Porta di Marmo a dr. — Altro monumento molto danneggiato nella parte superiore. La piccola porta nel suo basamento quadrato conduce in una camera quasi sotterranea.

Si è supposto che questo sepolcro non fosse stato finito, perchè nella volta della cavea, e nelle mura interne restano rozze pietre senza intonaco e senza decorazioni.

20.) Mausoleo di Calvenzio a sin. — È formato di marmi bianchi e di ornati di ottimo stile. La parte inferiore a guisa di grande ara quadrata, poggia per tre gradini sopra altra base quadrata. Termina in due graziosi ravvolgimenti di foglie di alloro, che finiscono con due teste di montoni.

Era un sepolcro onorifico perchè privo di porta e colombario. Tra le figure in bassorilievo scolpite nella base superiore, si vede puranco il bisellio, sopra cui si legge.

A Caio Calvenzio Quieto Augustale. A causa di sua munificenza l’onore del bisellio gli è stato dato per decreto dei Decurioni e col consenso del popolo.

21.) Ceppi Sepolcrali della Famiglia Istacidia a sin. — Sembra che la famiglia Istacidia, abitante del pago Augusto, avesse qui posseduta un’area sepolcrale circoscritta da mura.

22.) Tomba di Nevoleia Tyche a sin. — Nella parte superiore si vede nel fregio scolpito il busto di Nevoleia. Al di sotto dopo l’iscrizione è rappresentato in bassorilievo un sacrifizio con 18 figure in due gruppi. Due giovanetti nel mezzo mettono l’offerta sopra l’altare. Dal lato verso la porta della città vien effigiato il bisellio, cioè una gran sedia bislunga [p. 90 modifica]sostenuta da quattro piedi, senza spalliera, e ricoperta da un cuscino a frange. Dall’altro lato nella base si vede effigiata una barca con i rematori in atto di giungere in porto ammainando le scale.

Tutto ciò sembra far allusione alla vita umana già arrivata al porto, dopo di aver sofferte tante tempeste.

L’epigrafe è concepita nel modo seguente:

Una liberta di Giulia Nevoleia a nome di Tyche elevò questo monumento durante la sua vita, per sè, e per Caio Munazio Fausto, Augustale, abitante di questo borgo, al quale per consenso del popolo i decurioni accordarono gli onori del bisellio in ricompensa dei suoi servizi; ed ella eresse questa tomba anche per i loro liberti e liberte.

Nel recinto medesimo del sepolcro, si trovò l’urna di Caio Munazio Atimeto, che visse 57 anni.

A sinistra n. 23.

Piccolo recinto murato ove osservasi un triclinio formato da tre letti di fabbrica. Era questo un luogo ove celebravano il banchetto funebre (silicernium).

31.) Sepolcro di Lucio Libella a dr. — Il sepolcro non ha colombario, ma offre un superbo gran piedistallo quadrato di travertino, scolpito con molta esattezza e leggiadria.

La seguente epigrafe era ripetuto in due lati della strada:

A Marco Alleio Lucio Libella padre, edile, duumviro prefetto quinquennale; ed a Marco Alleio Libella figlio, decurione, il quale visse 17 anni. Il luogo del monumento è stato loro concesso dal popolo. Alleia Decimilla figlia di Marco, sacerdotessa pubblica di Cerere, fece elevare questo sepolcro al suo sposo ed a suo figlio.

[p. 91 modifica]38-39.) Sepolcro di Ceio Labeone a dr. — È in forma di piedistallo ed era decorato di statue e bassorilievi. Presso il sepolcro si trovò la seguente iscrizione oggi trasportata al Museo:

A Lucio Ceio, figlio di Lucio, della tribù menenia ed a Lucio Labeone, figlio di Lucio, Duumviro di giustizia per la seconda volta, quinquennale, Menomaco liberto (fece).

41-42.) Sepolcro dei Fanciulli Grato e Salvio. — Una iscrizione a grandi caratteri senza alcuna tomba indica il luogo di riposo di N. Velasio che visse 12 anni:

n. velasio grato vix. ann. xii. Ed indi sta la tomba del giovine Salvio in forma di piccola nicchia quadrata con frontespizio che aveva la seguente iscrizione:

salvivs. pver. vix. annis. vi.

42.) Sepolcro della Famiglia di Arria a dr. — Sopra un muro con terrapieno che serve di base, si eleva il sepolcro di Marco Arrio Diomede con la iscrizione nel mezzo, da cui si rileva, che

Marco Arrio Diomede, capo del borgo Augusto Felice suburbano; in sua memoria, ed a quella dei suoi.

* CASA DI M. ARRIO DIOMEDE

24.) L’ultimo fabbricato a sinistra di questa strada contiene l’abitazione di esso Arrio Diomede, siccome l’attestava l’epigrafe che una volta leggevasi presso l’entrata. Ha il pregio di aver due piani che la rendono di maggior interesse.

La porta è preceduta da alcuni gradini rivestiti di marmo, e fiancheggiata da due colonnette di mattoni per reggere la tettoia.

Dopo la scala si entra in una specie di peristilio circondato da quattordici colonne che costituivano un [p. 92 modifica]porticato. Questo stesso piano estendendosi nella parte interna in un loggiato, sovrasta il giardino ed un altro appartamento sottoposto.

A sinistra dell’entrata trovansi le sale pel bagno.

Discendendo quella piccola scalinata a dritta, prossima all’ingresso, si trova un lungo corridoio, in declivio verso il giardino, che conduce alle sale in pianterreno; ove verso la metà di esso si apre la discesa alla cantina. Questa ha due ingressi, e gira per tutto lo spazio intorno al giardino. Percorrendola possono vedersi molte anfore addossate al muro, dove si conservava il vino, e che la cenere consolidata le ha involte in un masso compatto. Presso l’uscita della stessa cantina, furono rinvenuti 18 scheletri umani, che costituivano forse tutta la famiglia del proprietario della casa. Costoro qui credevano potersi salvare, ma sventuratamente caddero estinti per le fetide esalazioni delle ceneri vesuviane, e restarono sotterrati dal crollamento delle fabbriche. Con essi furono rinvenuti moltissimi oggetti preziosi, e monete di oro, di argento, e di bronzo.

30-36.) Tombe Sannitiche a dr. — Il popolo sannitico che dimorava autonomo in questa città in un’epoca anteriore a quella dei romani, naturalmente aver dovea la sua necropoli, e forse nello stesso luogo di quella dei romani.

In luglio 1872 furono fatti alcuni saggi per rintracciarne qualche tomba; come in effetti ad occidente del porticato che trovasi a dritta discendendo la via, si scoprirono alcune tombe spettanti a tale epoca.

La loro costruzione è molto semplice, ed hanno una forma rettangolare con copertura piana, ed a padiglione.

[p. 93 modifica]Entro di esse furono rinvenuti alcuni scheletri, qualche moneta di bronzo, e diversi vasetti di terracotta, dipinti a fondo nero ed ornati di rosso, i quali sono di fabbrica Campana.

* ANFITEATRO

Per giungervi deve percorrersi la campagna, giacche resta lontano nella parte scavata circa 400 metri.

L’Anfiteatro non solamente era frequentato dagli abitanti della città, ma bensì dalla gente straniera, che vi accorreva in molto numero. Avvenne un giorno una disputa (Tacito annal. lib. 14) tra i Coloni di Nocera ed i Pompeiani mentre assistevano allo spettacolo dei gladiatori dato da Levineio Regolo. Dalle parole si venne ai sassi; finalmente presero le armi. I Pompeiani ebbero il di sopra, ed un gran numero di nocerini vi perdettero la vita. Talchè il senato romano, dietro l’avviso dei Consoli, sospese per dieci anni gli spettacoli, ed annullò i Collegi contrarii alle leggi; e Levineio unitamente ai capi della sedizione furono esiliati.

Era questo luogo destinato per le pugne gladiatorie e pei combattimenti di belve feroci cogli schiavi, ove accorreva il popolo in gran folla per godersi degli spettacoli i più atroci che mente umana possa immaginare; in somma si voleva veder morire con ilarità e disinvoltura. I popoli della Campania furono i fondatori delle scuole gladiatorie che appellavano col nome di famiglia. Anche a Pompei eravi questa scuola, siccome è rilevato dalle iscrizioni, che parlano della famiglia gladiatoria di Numerio Popidio Rufo e di quella di Ampliato.

[p. 94 modifica]La pianta dell’edificio presenta una figura ellittica.

Esternamente si osservano diverse scalinate, per le quali si ascendeva ad un gran passaggio scoverto [p. 95 modifica]deambulacro) che corrisponde al giro esterno della seconda cavea, donde si saliva alle logge superiori di archi laterizii, destinate per la plebe.

Le due grandi nicchie a destra ed a sinistra dell’entrata dovevano contenere due statue di benemeriti cittadini, come si legge nelle iscrizioni sottoposte. La prima a destra apparteneva a C. Cuspio Pansa figlio, col titolo di pontefice, e l’altra a sinistra a Cuspio Pausa padre, col titolo di quatuorviro quinquennale e di prefetto, citando la legge Petronia.

c. cvspivs. c. f. f. pansa. pontif. d. vir. i. d.

c. cvspivs. c. f. pansa. pater. d. v. i. d.

iiii. qvinq. praef. id. ex. d. d. lege. petron.

Nella parte opposta di detta entrata principale vi è un’altra porta di sortita. Prima di arrivarsi all’arena, o alla gran piazza delle giostre, si può entrare da destra e da sinistra in un portico o corridoio sotterraneo, che gira intorno alla circonferenza dell’edificio. Esso è a volta e molto solido. Questo corridoio sotterraneo mostra l’opera più rispettabile dell’edificio pel suo stato tuttora intatto da non trovarsi in niun altro anfiteatro. Dal medesimo si ascende per mezzo di scalette alla prima ed alla seconda cavea, dove sedevano i magistrati ed i cittadini distinti.

Girando questo portico si scorgono sul muro diverse iscrizioni in rosso o in nero che trattano di complimenli ed ossequii.

L’ellissi di mezzo ossia l’arena è chiusa da un parapetto, podio, che la divide dalla prima cavea. Questo parapetto che serviva per tener sicuri gli spettatori dal furore delle fiere stizzite che vi giostravano, era sormontato da un’inferriata, e rivestito di stucco, su cui [p. 96 modifica]vedevansi dipinti combattimenti di animali e pugne di gladiatori.

Oltre le due porte che si veggono nell’arena, l’una opposta all’altra, vi si osserva nella sua circonferenza interna dal lato di occidente un’altra piccola porta, che dal descritto parapetto conduceva ad un’uscita segreta fuori dell’anfiteatro, a destra di cui vi è pure una cameretta circolare, dove si depositavano i cadaveri di coloro che soccombevano.

Presso i due ingressi principali si aprono alcune camerette cieche, una volta munite di cancelli, che servivano alla custodia delle belve; le quali rimanendo separate affatto dai luoghi percorsi dagli spettatori, trovavansi oltre i cancelli della porta, ed in prossimità dell’arena, in cui non era dato mettere il piede, se non a coloro che prendevano parte ai ludi.

Citiamo finalmente la seguente iscrizione, la quale è ripetuta su due pietre deposte su suolo, l’una presso la gran porta meridionale, l’altra presso uno dei vomitorii che guardano la città.

peq. fac. coer. et colonis locvm in perpetvvm deuer. c. qvintivs c. f. valgvs m. porcivs m. f. dvo vir. qvinq. coloniae honoris cavssa spectacvla de sva.

C. Quinzio Valgo, figlio di Caio, e M. Porcio figlio di Marco, Duumviri quinquennali, hanno costruito a loro spesa l’anfiteatro per l’abbellimento della colonia, e ne hanno dato il sito in perpetuo.


Fine