Fiore di leggende, Cantari antichi/Nota

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Fiore di leggende, Cantari antichi Glossario

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NOTA [p. 334 modifica]

AVVERTENZA Siamo dolenti che 1 * indole della presente raccolta ci abbia costretti a pubblicare soltanto una parte della lunga e dottissima nota, che ci aveva inviato l’amico Levi. E purtroppo abbiamo dovuto invitare il nostro va- lente collaboratore a dare in altra sede proprio ciò che del suo studio offriva maggiore interesse, vale a dire una paziente e acuta indagine circa le fonti, gli autori e le date dei singoli cantari da lui pubblicati. Il risultato della quale è che Bel Gherardino fu scritto circa il 1340-50 (è citato nel Cordacelo)] Pulzella gaia è di poco posteriore, perché è citata nella Sala di Malagigi ; Liombruno fu scritto alla fine del sec. xiv; la Storia dei tre giovani nel Quattrocento; La Donna del Vergiú nella prima metá del Trecento, perché è citata nel Decamerone ed è la fonte indubbia degli affreschi del palazzo Davanzati; Gibello è anteriore al 1390, probabile data dai Reali ; i cantari di Bruto di Brettagna , del Gismirante , di Madonna Leonessa e della Regina d’Oriente sono di Antonio Pucci (m. il 1388); il cantare di Madonna Elena è contemporaneo a quello di Liombruno ; quello di Cerbino fu composto probabilmente dall’Altissimo alla fine del secolo xv o ai primi anni del secolo xvi. La Direzione. [p. 335 modifica]

Si chiamavano «cantari» i poemetti in ottava rima, che nei secoli xiv-xvi i cantampanca intonavano, alla sera o nel pome- riggio dei giorni festivi, nelle piazze di Firenze, e specialmente nella piazzetta di San Martino del Vescovo, presso alle case degli Alighieri. Moltissimi documenti ci recano notizie di questa pub- blica recitazione : appartiene alla line del secolo xiv un repertorio giullaresco, il Cantare dei cantari , nel quale sono passati in ras- segna tutti i temi favoriti dai cantori e dal pubblico, e molti altri accenni alla recitazione popolare in San Martino sono sparsi nelle opere del Quattrocento, e specialmente nei poemetti dell’Altis- simo, che fu uno di quei dicitori popolari. Nel riprodurre negli Scrittori d’Italia i numerosissimi cantari che ci sono restati, credo opportuno, per la grande varietá della loro materia, di distinguerli in alcune grandi classi: a) cantari ciclici, cioè quelli che si riallacciano ai cicli di Artú e di Carlomagno; b) cantáridi argomento classico: Orfeo, La bellissima storia di Perseo quando ammazzò Medusa, Giasone e Medea, Pi- ramo e Tisbe, ecc. c) cantári di argomento religioso: La istoria di Su- sanna, Madonna Eletta imperatrice, La leggenda delle sette dor- mienti, ecc. d) cantári leggendari. Alcuni dei cantári ciclici furono recentemente raccolti in vo- lume; ma moltissimi ancora rimangono dispersi nei codici e nelle stampe popolari, e attendono le cure di un editore coscien- zioso. Da parte mia, ho creduto opportuno cominciare dai can- tári di argomento leggendario, i quali non erano mai stati stu- diati nel loro insieme, né pubblicati con un ordine o un criterio [p. 336 modifica]

qualsiasi. Le edizioni spicciolate, che di essi vennero in luce dal 1860 al 1880 ,non avevano altra pretesa fuor che quella di fornire dei testi di lingua, cioè semenzai di parole e di frasi del Trecento, ai cruscanti e ai linguaiuoli : nessuno dei vecchi editori pensava che l’importanza dei cantari consiste anzitutto nella materia e che, frantumandoli in infinite edizioni spicciolate, se ne distruggeva tutto il valore. Raccogliendoli invece insieme, come mi accingo ora a (are, si rende loro l’originaria coerenza e unitá, e si illuminano di luce nuovissima, perché essi rappresentano tutto il tesoro di leg- gende che il nostro popolo ci ha tramandato. Se non che una «raccolta» non può essere un fascio disor- dinato di opere diverse Un libro organico richiede un ordine pre- ciso e sicuro; e quest’ordine i cantari non avevano di certo, ra- cimolati com’erano dalle miscellanee mss. del Tre e Quattrocento e dalle stampe popolari del Quattro e Cinquecento. Come ordinare e disciplinare in un libro quella disordinatissima e indisciplinatis- sima materia? Poiché l’Italia non ebbe nel medio evo un libro organico di materia leggendaria, ho vólto gli occhi alla Francia, e ho preso come modello l’opera compiuta alla fine del sec. xn da una affascinante poetessa anglo-normanna, Maria di Francia. Ai dodici lais di Maria metto di fronte i dodici cantari di questo volume: al lais di Lanval corrispondono i cantari del Bel Gherar- dino, della Pulzella gaia e di Liombruno ; al lais di Fraisne il cantare di Gibello , ecc. Non tutti i dodici cantari appartengono al medesimo tempo: il primo è della prima metá del Trecento, l’ultimo forse dei primi decenni del Cinquecento. Ma, come tutta l’arte primitiva, la poesia dei cantári è impersonale, sicché tutti ci appaiono quasi della me- desima mano e del medesimo tempo. Forse per questo i critici di qualche tempo fa li attribuivano tutti quanti ad Antonio Pucci. I cantári non erano destinati alla lettura individuale, ma alla recitazione al pubblico. Della recitazione serbano traccia nelle for- mole con le quali essi si aprono e si chiudono, che sono sempre uguali, come uguali sono tanti elementi tradizionali del teatro. Ogni cantare ha un’ottava al principio e una in fine, nelle quali è contenuta l’invocazione a Dio e ai santi. Queste invocazioni potevano mutare, mutando le circostanze della recitazione, sicché è frequente il caso di cantári con duplice o triplice inizio, oppure di cantári senza inizio o senza fine. Questo spieghi il fatto che i cantári di Bruto e di Gismirante hanno la prima ottava comune. [p. 337 modifica]

Il titolo del libro mi fu suggerito dall’espressione, con la quale costantemente i canterini esaltano la bellezza della loro fonte: «un libro che mi par degli altri il fiore», e da due versi della Reina d’Oriente : e priego voi che ciaschedun m’intenda, però che questo è’l fior della leggenda. Se non che «fiore» non ha, nel frontespizio del presente volume, il medesimo significato che nell’ottava, ma quello di «fiorita», di «scelta», che gli è comune nella letteratura antica, la quale ci ha dato, ad esempio, il Fiore dei filosofi e i Fioretti di san Francesco. Quanto alla metrica, ho tolto le ipermetrie dovute alla scrit- tura antica, che rispettava le vocali finali soppresse nel verso, e alle rappezzature dei copisti ; ma ho serbato in molti luoghi la dia- lefe, specialmente dopo le parole tronche, perché essa è un vezzo costante della poesia popolare e, d’altra parte, si trova qualche volta anche nella poesia d’arte e nelle scritture solenni dei primi se- coli. Per la grafia, mi sono attenuto ai criteri di questa raccolta: ho quindi tolti i raddoppiamenti iniziali toscani («cheppiú», «affare», «addire», ecc.), scritto «e» o «ed» e «a» o «ad» (i mss. hanno costantemente «et», «ad») a seconda delle esigenze del verso, e via discorrendo. Qua e lá ho soppresso o aggiunto qualche parola o sillaba, come specificherò nelle note che seguono. Nelle quali renderò conto anche delle varianti non meramente formali (ri. Pur- troppo esse sono moltissime ; ma di ciò non stupirá chi pensi che questi cantári, in luogo di avere una tradizione tranquilla di fa- miglie di mss., erano affidati al capriccio e alla memoria dei can- tastorie. Si aggiunga che essi non lasciavano inerte (come un libro dottrinale) la fantasia dei copisti. Ogni copista, poiché scriveva per sé e non per gli altri, si tramutava volentieri da trascrittore in rifacitore. E spesso le varianti, che siamo costretti a respin- gere perché appartenenti a codd. piú incerti e malfidi, sono belle e ingegnose al pari e piú delle legittime. (i) Racchiudo tra parentesi quadre le sillabe e le parole aggiunte da me, tra parentesi tonde quelle soppresse. [p. 338 modifica]

I Il Bel Gherardino si legge in due mss.: [A]. Cod. Magliabechiano, vili, 1272. Dopo una storia in prosa di Apollonio di Tiro, scritta in grossi e pesanti caratteri da un certo Poccio di Benino, segue questa nota: «Questo cantare d’Apo- lonio è finito allo vostro onore, e ’l secondo è al cominciante, dello Gherardino ; e questo libro è di Davancino di Giovanni». Piú sotto, un altro scrittore postillò: «Questo libro è di Davanzino, lo piú tristo garzone, e fassi ispacciare molto volentieri». Nella pagina seguente incomincia il cantare, il quale occupa cinque carte scritte a due colonne (cc. 33-37). Il copista trascrive le ottave senza in- terruzione o distinzione di versi, come se esse fossero prosa: soltanto ha cura di andare a capo alla fine d’ogni ottava. I nomi propri sono resi con semplici sigle (G.=Gherardino; M.=Marco), i numeri con cifre romane, le parole sono abbreviate bizzarra- mente e smozzicate; sicché, diceva un critico, il codice appare «dei piú diflicultosi del mondo, scritto che par raspatura di gallina, e diluviano i malintesi». [ 2 ?]. Bibl. Naz. di Firenze, cod. II. ív. 163, misceli, del sec. xiv. Le ultime tre carte ( 95 - 97 ) contengono il Bel Gher. su due colonne; ma disgraziatamente il testo rimane interrotto all’ott. xxvm del primo cantare. B rimase finora sconosciuto; A fu pubblicato da F. Zambrini nel 1867: Cantare del bel Gherardino, Novella cavalleresca, in ottava rima, del sec . XIV, non mai fin qui stampata , Bologna, 1867 (16 0 , di pp. 56). È un’edizioncina di 120 copie, formicolante di spro- positi d’ogni maniera. La critica le fece un’accoglienza cosi ostile e severa, che lo Zambrini fu obbligato, poco dopo, a rinnovarla e a correggerla nell’opera: Cantare del Bel Gherardino, Novella cavalleresca, in ottava rima, del sec. XIV, non mai fin qui stampata, Bologna, 1867 [la data è falsa: si legga 1871], che costituisce la disp. lxxix della Scelta di curiositá letterarie. Questa seconda ediz. del 1871 fu di soli 82 esemplari, i quali furono numerati pro- gressivamente in continuazione dei precedenti 120 del 1867, e for- marono con essi come una sola ediz. di 202 copie, recando tutti nel frontespizio la medesima data del 1867. Ai sottoscrittori della Scelta di curiositá letter. furono distribuiti indifferentemente esemplari [p. 339 modifica]

della prima e della seconda edizione, sicché essi ben presto si confusero e si scambiarono facilmente. Anche cosi rabberciata, l’edizione dello Zambrini è una delle piú sciagurate, sia per la superficiale coltura filologica dell’editore, sia per le difficoltá pre- sentate dall’unico codice allora conosciuto [A], scritto, come di- ceva il Piccini, «da un solenne ignorante», anzi «da uno dei piú grossi idioti, che, come suol dirsi, sien andati mai sui picciuoli». Basti dire che quattro ott. (i, 11, xi i, xiv) sono di sei versi; dal che lo Zambrini deduceva che il cantare deve essere dei piú antichi, per- ché l’ottava non è «ancora ridotta alla sua perfezione»! Natural- mente quelle lacune si devono a un’omissione di A . che io ho po- tuto colmare col sussidio di B. Sebbene piú compiuta in quelle famose ottave mutile, la lezione di i?non reca grande utilitá nella ri- costruzione del testo del Bel Gherardino. La differenza piú note- vole, che presenti rispetto ad A, è il costante scioglimento dei nessi sintattici, con l’abolizione di ogni particella relativa e consecutiva. E chiaro che, mentre il copista di A amava raccostare il poemetto alla coerenza e al legamento proprio delle opere destinate alla let- tura, quello di B aveva invece l’animo rivolto al fare sciolto e disor- dinato dei cantori all’improvviso. Se ne dovrebbe desumere che B è piú vicino all’originale; ma questa conclusione, data la scarsitá delle notizie e l’incompiutezza del cod., è pericolosa. Per questo, piuttosto che dare nelle prime 28 ottave (riferite da tutti due i mss.) un testo diverso dalle altre, e conferire al cantare una veste arlecchinesca e bizzarramente rappezzata, ho preferito di partire sempre da A, modificandolo solo nei tratti dove appariva evidente- mente guasto, come qui sotto si vedrá: Cantare primo: — I, 3-4 mancano in A e nell’ed. Z. — 4 B se[d)... fusse f. — 8 B per cortesia ciaschehuom la’ntenda — II, 1 A parlare — 2 A primai, missi — 3 B farò — 5 B O buona gente che state a ’scoltare — 7 B Se d’ascoltare avarete memoria — 8 B io vi dirò d’una—III, 4 B come diciasonglio — 5 B voglio tornare et dirvi el convenente — IV, 1 B questo signor venne — 3 B reggiar — 4 B sillacomando — 5 A e que fu quegli — 6 A fu chiamato — V, 3 B e lo piú forte di lor — 7 B poi gli — VI, 1 B se manteneva — 3 B collui son bracchi et virtuosi — 4 A e cavai — 5 B con molti — 6 B convita cav. — 8 B si si ragiona — VII, 1 A tantonto — 2 B potia — 3 B venie — 4 B li suoi serventi — 7 B si che fr.; A cogli suo — Vili, 1 A E un donzel — 2 A Di tristizia e di dolor; B ch’egli avia — 4 A Per esser fuor di — 5 A E quel donzel — 8 A e tratterotti — IX, 1 A E quel donzel— 2 B sol per la v. che a [p. 340 modifica]

lui servire — 3 A e di pres. — 4 B con teco voglio — 8 B De la cita esci- ron — X, 3 B et in tal loco furon —4 B che casa non ci avia dove — 6 B restavan — 7 A venne in su l’albor del giorno — 8 B pose mente — XI, 1 B Ebbe sguardata una lunga p. — 2 A Ebbe veduto un — 4 B in questo modo non è — i vv. 5-6 mancano in A — 6 B e[sso] — 7 A e entro; B un nobil — 8 A Ciascun cavalca la — XII, 1 A E caval- cando per quella — i vv. 5-6 mancano in A — 8 B mise — XIII, 7 A Inpero che colá dove il serpen’ toccava — 8 A alie — XIV, 2 B perché lo s. li mova — 3 A uno colpo li die’ bel — i vv. 5-6 man- cano in A — 7 B elli mise — XV, 3 B a Marco — 5 A Gherardin che in prima lo previde — 6 A in ver li — 7 B quando — XVI, 2 A giamai — 4 B fai cadere — 6 A E egli chiamando forte — 7 B Non mi lassar cosi impedimentire — XVII, 1 B non tardò neente — 2 A colla spada tagliente senza far — 3 A in ver’ dell’orso; B feriva l’orso si neq. — 4 A uno colpo ch’egli de’—5 A che l’ebbe fesso — 6 A Bello ne — 7 A cader che fece; B in nel ferir dixe l’orso: O damigello — 8 B di quel — XVIII, 1 A morto le bestie; B la fiera — 2 B si meraviglia — 3 B e nella mente — 4 B ver’ del castello prese a cavalcare — 5 B ma quando fúr davanti—6 B bussare — 8 A chi se l’aprisson non viddon neente — 1 A E scavalcar e montano suppe’ le scale — 2 B pur che l’un — 5 B lo freddo era grande che ’1 tempo non cala — 6 A e in fralloro in- sieme— 7 B E cosi ragionando in per poco — XX, 1-2 B Ben chi ’l facesse non potian vedere. E guardaron dintorno a basse ciglia — 6 A aves- somo — 7 A Questa sarebbe maggior meraviglia!—XXI, 3 B eran — 4 B fúr di molti — 5 A e le lumiere v’eran—6 B E’ cavalieri furono — 7 A e po’ cc’a tavola fúr gli b. — 8 A furono recate — XXII, 1 B assai fúr — 2 B non ci vedian ragazzo né — 3 B et dimorando in si facta — 4 B sopra di lor avien — 5-6 B E l’un co l’altro insieme si dolea: Ma i’ non fu uso in cosi facto ostieri — 7 B Ma poi ch’ebon — XXIII, 1 B Ma poi che venne l’otta del d. — 2 B in una z.; A ne furor menati —3 B con un doppier dinanzi, a lo ver dire — 4 B in una zambra fu Gherardin menato — 5 B a lui con gran disire — 6 B davanti a Gherardin si fu spo- gliata — 7 A pavento — XXIV, 7 B Bel Gher. intende — 3 B et quella donna fra le braccia el prende — 5 B si ’l sostenne — 7 A come il libro di- mostra — 8 B fecion d’amor — XXV, 4 B d’una gran quantitá — XXVI, 1 B Ma poi ch’ebbe asaggiato — 2 B e l’un dell’altro prese a lor di- mino — 3 A E la donzella — 4 B le rispose: El nome è G. — 5 B si le dicia a lei perché — 7 A tutto ciò ched egli aveva — 8 A egli aveva speso in cortesia — XXVII, 1 B quella donpna—2 A [egli]—3 B accende — 4 B trovava loco — 5 B Bel Gher. — XXVIII, 1 B Quando... comincia l’albore —2 A e la donzella si si fu — 3 B di fino colore — 4 B davanti a G. — 5 E a Marco Bel ch’era suo — 6 B l’á donata — XXIX, 6 A pre- sente — XXX, 3 e[d] — 4 trovarono — 7 a destra e a sinistra — XXXII, 2 A allegrezza ettade — 5 A e que’ che quella pena sostene— 6 e non vedea — [p. 341 modifica]

XXXIV, 4 A lei si parte — XXXV, 2 [tu] comanda — 5 o[ver] — XXXVII, 4 A cavallo si montarono—XL, 1 A I[o] — 5 e[d]— XLI. 1 A Con grande onore ne la cittá entrava — XLV, 1 A In un ronzino ciaschedun sbigottito. Cantare secondo: — I, 6 A bello sia esto secondo — III, 8 A v’in- tendo trarre malinconia — VII, 5 A che[lla] — Vili, 5 A usci [fuori] ed entrò — X, 2 A gran(de) — XI, 2 A donzel(lo) — 7 [d]entro — XIII, 4 A e dice: Or [donna mia] ti—8 a(d) — XIV’, 6 A Parecchie volte — XVI, 3 A la [djove — 5 A e non vedea — 8 A si [egli] era — XX, 5 A ella [lo veggendoflo) (co)tanto — XXII, 2 A (co)tal — 4 se (tu) non — XXVI, 7 A datemi [la] parola — XXVII, 4 A S’io [ne] — XXIX, 6 Questo verso manca nel ras.; è aggiunto dallo Z. — XXXIII, 2 A che quel soldan facea si malamente — XXXIV, 2 A fe[ce]... cadere — 4 me[glio] — XXXV, 5 A dicea(no) — XXXVII, 1 A E lo Bel Ghe- rardino molto sdegnosse — 2 A veggendo che ’l soldan — XXXVIII, 5 A cuor(e) — XXXIX, 4 A assodotte — 5 A [ha] vinto — XLI, 3 A a il cer- chiovito — XLIII, 2 A avanza[va] —3 A altro — XL 1 V, 6 A ornai per niente — XLV, 5 A ismon[tandol. II I due cantari di Pulzella gaia si leggono in un’ cod. del sec. xv, appartenuto giá alla biblioteca Saibante di Verona, e poi posseduto dal marchese Girolamo d’Adda di Milano \C]. I can- tari sono dati dal ms. in una forma assai diversa da quella che qui si ripioduce, e cioè «vestiti per metá alla veneta». Il Rajna, che li scopri, sostiene che la forma originaria fosse toscana, e a questa li ricondusse nell’edizione che ne diede nel 1893: Pul- zella gaia, cantare cavalleresco, Per nozze Cassin-D’Ancona, 21- 22 gennaio 1893, in-8, pp. 44 (P’irenze, tip. Bencini). Per dare un saggio della lezione del codice, riproduco di sulla copia, che ini ha comunicato il Rajna, le prime quattro ottave del primo cantare; 1

Ora me intendeti, bona zente, tuti quanti

in chortexia et in bona ventura: dire ve volio de li chavalieri aranti, ch’ai tenpo antigo andava a la ventura. In chorte de lo re Artus li sedeva davanti, segondo come parla la scritura, in schomenziamento de miser Troiano, che feze avanto con miser Galvano. [p. 342 modifica]

2
Miser Troiano si disse: — Ho chompagnone
con tieco e’ volio inpignar la testa,
chi dirano piú bela chazaxone
de nulo chavalier di nostra jesta. —
Quando eli fezeno la inpromisione,
alo re e ala rajna feze richiesta;
e zaschaduno la testa si inpignava
chi piú bela chazaxone si aprexentava.
3
Intradi sono j chavalierj a quele jnprexe,
inverso lo bosco prexeno lor chamino.
Miser Troiano una zerva si prexe
che jerano piú bianca de un armeljno;
e tuta vja lo la menava palexe,
che veder la podea grandi e picholino.
Davanti lo re Artus saluta e inchina,
poi l’aprexentò a Zenevre la rezjna.
4
Miser Galvano chavalchano ala boscaja;
alo levar del sole l’ebeno trovato.
Una serpe, che lo rechiexe de bataja;
sopra lo schudo quela j s’ave zitato.
Lui mese mano ala spada che ben taja,
cretela avere ferjta nel costato.
La serpa, che sapeva ben scremjre,
Miser Galvano non la potè ferire.

Come si vede, dalla revisione del Rajna il poema è uscito compiutamente trasfigurato. Nel testo originario, avverte il R., i versi «in gran parte non tornano»; e la malattia era cosi pro- fonda, che non è interamente guarita neppure dopo le cure d’un medico cosi delicato e sapiente. Dovunque smozzicature o enfia- gioni; e parecchi tratti in tal modo zoppicanti, che anch’ io ho dovuto offrir loro, di mio, le stampelle, perché si reggessero in piedi. Ecco, ad es., qualche correzione: xxi, i, corr. «si li si fu» in «si li fu»; — xx, 2 «con penne»: «con [le] penne»; — xxxn, 6 «gentil»: «gentil[e];— xlii, 7 [ne] raccomando;— liv, 8 «niun[o]»; Lxxn, 5 «altra cosa che a te sia grata»: «che [ben] ti sia grata»; ecc. ecc. [p. 343 modifica]

Nel testo del Rajna sono omesse quattro ottave (xcvi-xcix), che paiono spurie. Le riproduco qui dalla copia del codice D’Adda, che il R. mi ha comunicato: [96] Leta la letera, lo bon miser Galvano el fato li consonò e molto li piaze. A vui dico, signori, a chi altro leto non ano, di questo parentado ve dirò veraze, di queste do sorele che mentoano lo autore nostro, che fo tanto audace; fide bastarde de lo re Apandragone, di queste do sorele fo la condizione. [97] Pandragone de lo alto re Artus fo pare, come dize l’instoria e ’l vero chanto; queste duo fie naque d’un’altra mare in modo de avolterio in quelo canto, sorele de re Artus fo, zò mi pare, per padre ve dicho solamente tanto; la Dama di lo lago fo chiamata, Lanziloto costei ebeno nodrigata. [98] El savio Merlino costei feze morire, la qual lei chiuxe dentro al molimento esendo vivo, la sua instoria ano a dire, de la sua fine non sepe veder lo partimento. Innamorato di ’sta dama era quel sire, ma a lei lo suo amore non li fo in talento. Costei era savia e gran incantatrice; vivo nel molimento serò Merlin, zò se dize. [99] De la fada Mongana costei fo serore d’un padre e madre nate veramente; lo suo parentado vi ò dito in ’st’ore; ritorno a l’instoria di presente. Miser Galvano stava di buon cuore, leta la letera, che fo tanto sazente; amaistrato da la Ponzela gaia, hobedire la vuole e piú non abaia. [p. 344 modifica]

III Del cantare di Liombruno non si conoscono manoscritti, ma moltissime stampe antiche e preziose: 1. Historia di Leon Bruno —6 cc. a caratteri gotici, s. n., reg.: Ai - Aiii. — Incom.: Omnipotente dio che nel cielo sei padre celeste salvator beato che cuw tua mano tuto el mondo fei el tuo saper rege in ogni lato. Finisce (c. 6 b): al nostro fin dio ce dia gloria al vostro honore he dita questa istoria. Laus Deo S. a., ma del sec. xv; appartiene alla Biblioteca Melziana di Milano. 2. La historia deluombruno — In-4 0 , caratteri rotondi, sei carte a due colonne di 40 11., della fine del sec. xv. È cosi de- scritta nel catalogo Libri del 1847 [n. mi], e dal Brunet ( Manuel , 11, 590): ha due figure in legno. 3. Historia di Lionbruno — s. 1 . n. a. (ma ed. a Roma. Eucharius Silber, c. 1485). In-4 0 , 4 ff.; reg. A - Aii, a due co- lonne di 52 1 ., caratteri semigotici. Dopo il titolo (c. r a) in ca- ratteri maiuscoli: «Historia di Liombruno», segue una xilografia e poi la prima ott.: [o]Mnipotente Dio che nel ciel stai padre celeste salvator beato. Fin. a c. 4 b, col. 2*: «Finis». — È posseduta dalla Biblioteca Trivulziana di Milano, Misceli, voi. v, n. 6 ; cfr. D. Reichling, Appendices, n. 1754. 4. Historia di Lionbruno — s. 1 . n. a. (ed. a Roma, Joanne Besicken et Sigism. Mayer, c. 1495). In-4 0 , caratteri semigotici, di sei tf. non num.; reg. aii - aiii. 2 coll, di quattro ottave e [p. 345 modifica]

mezza. Ine. (1 a) «La historia de Lionbruno» e, dopo una xi- logr., l’ott.: [onnipotente dio che nel cielo sei padre celeste e salvator beato che con tua mano tutto el mondo fei el tuo saper regi in ogni lato o tu che sei chiamato Re di rei concedi gratia a me padre onorato che possa dir un bel cantar in rima che a ciascun piacza dal piede alla cima. Fin. (c. 6 b col. 2 1 ), dopo tre ott.: «Finis». È posseduta dalla Biblioteca Casanatense di Roma; cfr. Rf.ichling, Appendices, n. 940. 5. La historia di Lionbruno — s. a. Cosi descritta dallo Hain [ Repertorium, 10114] «Praeced. fig xilogr.; est poèmation 98 octavis constans; 6 ff.; sequitur La Sala di Malagigi». 6 . La Historia di Liombruno et un | capitolo di Pamphi- | lo Saxo. — In fine: In Siena, Per Francescho di Simeone adi- stantia di Giovanni d’Ali- | sandro Libraro, 1550 A di | io giu- gno. — È posseduta dalla Bibl. Marciana (misceli. 1945-43 a), ed è cosi descritta dal Segarizzi : «Il tit. è a c. 1 a. A c. 3 b una xilogr. rappr. il re in trono circondato da due soldati. Ine. c. 1 A, col. i a : ’ Omnipotente Dio che nel ciel stai ’ Fin. (ott. 97) col. 2, v. 32: f al vostro onore ditta è questa storia \ El fine. Segue (c. 6 b col. 1): | Uno de capitoli di Pamphilo | Saxo, d’uno che si lamen- | ta del suo amante. f Fera la stella sotto la qual nacque ’. Fin. (terz. 23 -f- v. 1) c. 6 b, col. 2, v. 31: f Non messer della morte almen villano’. Mis. mm. 186x125, cc. [6] col. 2 p. p., vv. 40 per col., segn. A - Aiii. s. rich.». 7. [L]a storia di | Liombruno | il quale fu lasciato dal padre per | . Povertá in preda del Diavolo, e scampando fu por- tato da una donna in | forma d’Aquila in una Cittá, e facendo egli dipoi varii viaggi, ru- | bò á certi malandrini un Mantello, e un paio di Stivali, | con i quali andò invisibile, e vinse il vento, | Con un capitolo di Panfilo | Sasso Nuovamente Ristampata. In fine: In Firenze , Alle Scalee di Badia. — S. a. (ma del sec. xvi ex.) di cc. [6[. Reg. A - Aiii a 2 coll, di 5 ott. ciascuna, ca- rattere rotondo con due xilogr. Fin. (c. 6 a): «al vostro honore finita è questa storia. Il fine della historia di Liombruno. Seguita un bellissimo Capitolo di Panfilo Sasso». — C. 6 b: Uno de’capitoli di Panfilo Sasso | d’una che si lamenta del | suo amante: «Era la [p. 346 modifica]

stella sotto la qual nacque». Fin.: «Non m’esser della morte almen villano. Il Fine». — È posseduta dalla Biblioteca Maglia- bechiana, n. 981*15. Conta 97 ottave. 8 . La historia di Liombruno (got.) | Il quale fu lasciato dal padre per povertá in preda del Diavolo, et | come fu portato da una donna in forma d’Aquila in una | Citta; et facendo egli dapoi varii viaggi, rubò a certi | malandrini un Mantello, et un par di stivali, con li quali andava invisibile, e corre | -va piu che non il vento. — «Poscia un intaglio in legno: nel fondo montagne con una cittá; dinanzi dell’acqua con due battelli pescherecci e un pe- scatore, al quale il diavolo presenta un pesce». Indi le tre prime strofe. Ine.: «o.Mnipotente Dio che nel ciel stai». Fin., c. 6 a, 1 . 32: «al vostro honor finita è questa historia». Il fine dell historia di Liombruno | Seguita un capitolo di | Pamphilo Sasso. Fol. 6 b a.: Uno de capitoli di Pamphilo | Sasso d’una che si la- men- | ta del suo amante || FEra la stella sotto la qual nacque. Fin. c. 6 b b 1 . 37: Non m’esser della morte alm^i villano || Il Fine. Stampata in Firenze l’anno mdlxx. — La storia ha 98 ottave, il capitolo 23 terzine. In-4, car. rom. con segn. e cust. senza num., 6 fogli con fig. xil. — È compreso nel celebre volume miscellaneo della Bibl. di Wolfenbiittel, descritto da G. Milchsack ed A. D’An- cona nel 1882, n. xxiv. 9. La historia di Liombruno. Con un capitolo di Panfilo Sasso, nuovamente ristampata. In Firenze, per Stefano Fantucci Tosi alle Scalee di Badia, s. a. (sec. xvi ex.?), in-4 0 , cc. [6] con incisione in legno. — Un esemplare era nella Biblioteca dei mar- chesi D’Adda di Milano, un altro è nella Melziana pure di Milano. 10. La Storia di Liombruno con un capitolo di Panfilo Sasso. Firenze, Girolamo Cavaiè, s. a. (ma della fine del sec. xvi), in 4 0 , fig. cc. [6] a 2 coll. — È citata nel catalogo Libri del 1847 [n. 1112] 11. La historia di Liombruno. Bologna, per il Sarti sotto alle Scuole alla Rosa, con licenza de’ Superiori, s. a. (ma del sec. xvn), in-4 0 , cc- [4] a due coll. — Un esemplare è nella Biblioteca D’Adda, un altro nella Melziana. 12. La historia di Liombruno. In Bologna et in Pistoja presso il Fortunati, s. a. (sec. xvn). Il titolo è a c. 1 a, segue la solita xilogr., poi c. 1 a col. i a : «Omnipotente Dio che nel ciel stai». Fin. (ottava 96) c. 4 b col. 2, v. 52: «Al vostro honor è detta questa historia». Mis. mm. 175 x 125, cc. [4], col. 2 p. p., v. 52 p. col., segn. A-A 2 s. rich. — È compresa nel catalogo [p. 347 modifica]

Libri del 1847 [n. 1x13]. Un esemplare è alla Marciana, Mise. 1016-20 (Segarizzi, Bibl. delle stampe pop. della B. Marciana, n. 103). 13. La historia di Liombruno. Bologna, 1647, in-4 0 . 14. La historia di Leombruno. Palermo, Per il Coppola, 1650, con licenza de’ superiori, in-4 0 gr., a 2 coll, di pp. 8. — È cit. dal Pitré, Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani, Paler- mo, 1875, 1, 2S0. 15. La historia di Leombruno. In Napoli, per il Pittante, 1701, in-4 0 , a 2 coll., con una tavola. Citata dal Pitré, 1 . c. j6. Bellissima Istoria di Liombruno. Dove s’intende che fu venduto da un (=> suo?) padre ecc. In Bologna, Alla Colomba, 180S, in-18 0 . Cit. dal Pitré, op. e loc. cit. Credo che le indi- cazioni date dal P. siano inesatte e che l’opuscolo sia quello stesso in-12 0 , giá posseduto da Emilio Teza e da lui inviato a R. Kòhler [n. 17]. 17. Bellissima Istoria di Liombruno. Dove s’intende che fu venduto da suo Padre. E come fu liberato: ed altre cose bellis- sime, come leggendo intenderete. In Bologna, 1808, Alla Colomba, con Approv., in-12 0 . 18. Bellissima \ istoria \ di | Liombruno \ dove s’intende, che fu venduto | da suo Padre al Demonio, | E come fu liberato, | E altre cose bellissime, come | leggendo intenderete. — Firenze | Presso Francesco Spiombi | Con Approvazione, s. a. (sec. xix), di pp. 24. — Sono ott. 91. 19. Bellissima Storia \ di | Liombruno | Lucca | con permesso. Di pp. 24. «Benché porti la data di Lucca, mi pare piuttosto stampata a Todi. Sul frontespizio una rozza stampa che rappre- senta uno portato via da un’aquila e una donna in atto di mara- viglia. È diviso in 2 cantari; e in tutto sono ott. 95» (D’Ancona). In una misceli, di Storie e canti popolari d’Italia, posseduta dal Libri, era compreso un libretto in-12 0 , ed. a Todi, int.: Bellissima istoria di Liombruno. Credo che il D’Ancona voglia accennare a questo. Molte altre stampe moderne (perché il cantare si ristampa o si ristampava fino a pochi anni fa) vanno sui muricciuoli: l’Imbriani cita, senza indicarne la provenienza e l’anno, una: 20. Bellissima Istoria di Liombruno, dove s’intende che fu ven- duto da suo padre e come fu liberato, ed altre cose bellissime, come leggendo intenderete , che potrebbe essere una di quelle indicate ai num. 16-17-18-19 o qualche riproduzione fedele di esse. [p. 348 modifica]

La storia di Liombruno doveva pubblicarsi nel 1866 in edi- zione critica per cura del D’Ancona, in un volume della Collezione di antiche scritture italiane inedite 0 rare, dall’editore Nistri di Pisa; ma purtroppo quel disegno non fu piú eseguito. Pochi anni dopo.P Imbriani, senza intento né apparato erudito, dava alla buona un testo di Liombruno , riproducendo in appendice alla novella fio- rentina in prosa di Liombruno , i due cantari, quali erano nelle stampe 14-20, cioè nei libriccini popolari moderni: La novellaja fiorentina, Livorno, 1877, p. 454 sgg. Evidentemente noi ci troviamo di fronte a due diverse ver- sioni, l’una piú antica e piú compiuta, e l’altra raffazzonata e rab- berciata; e le stampe si devono dividere in due famiglie distinte. La prima ha 97 ottave e questo inizio: «Onnipotente Dio che nel ciel stai». La seconda ha 91 ott. e l’inizio: «Dammi aiuto, ché puoi, musa divina». Alla prima famiglia appartengono le stampe indicate ai numeri 1-2-3-4-5-6-7-8-9-12; alla seconda i nn. 18-20 e forse i nn. 16-17-19. Tener presenti tutte le edizioni sarebbe stato un lavoro im- mane ed inutile, perché le stampe popolari si riproducono mec- canicamente le une dalle altre; perciò ne ho trascelto dal primo gruppo una sola, l’Ediz. magliab. descritta al n. 7 [M.], col sus- sidio della quale ho ricostituito il testo che ora do in luce. Ed ecco l’elenco delle correzioni da me apportate allo scorrettissimo testo: Cantare I: — II, 6 M uom — III, 2 M d’andava — 6 M havea — — IV’, 6 M gran[de] — VI, 7 [se] — VII, 6 M figliuoli —IX, 3 M gran- de]— 6 M nessun[o] — X, 3 [vi] — 8 trarre — XIII, 1 |E] poscia — 5 M che riceveva — XIV, 7 son [colei] che si [in] alto — 8 M diavol — XVI, 3 e[d a] giostrare — 5 M nessun — XVII, 6 M al tutto piac- ciati— XVIII, 2 [Cosi] cortesemente (si) — 7 M EI nome; il v. 8, che manca in M, è tratto dalla stampa n. 20—XIX, 2 M fe ei per suo — 3 [gl’] era — XX, 1 (E) Liombruno — XXII, 3 M Che al termin. L’editore ha frainteso il passo, fuorviato dall’inversione : «prometti di ritornare al termine ti darò». Il pronome relativo si omette frequentemente nei testi antichi (cfr. il secondo cantare, XLVII, 7) — XXIV, 3 [ch’ei]—5 [ 1 ’] — XXV, 7 La sera (che) Liombrun — XXV’I, 2 Liombr. all’hora si fu — 6 [n’]ha — XXVII, 2 si [ei ri-]chiese il buon. Senza la corre- zione, il verso sarebbe manchevole — XXIX, 7 che[d io] ho fatto — XXX, 2 M facean ciaschedun — XXXI, 1 (n’]ho — 5 [Sappi] — 8 M si de seco venire — XXXII, r M Quando L. questo udire udia — 6 (E) Liombr. — XXXIII, 4 era (giá) — XXXIV, 2 si [gli] — 6 M Davanti a lui — 7 M e disse al Saracin. Ma questo è il discorso del [p. 349 modifica]

saracino a Liombruno, tant’è vero che subito segue la risposta di Liom- bruno (XXXV i): «E Liombrun disse:— Volentieri» — XXXV, 8 \1 a colpi. — XXXVI, 3 M dette ciascheduno (12 sillabe) — 8 M (E) giú — XXXVII, 7 combattere — XXXVIII, 6 Ciò (che) vi piace. Per la soppressione del relativo, cfr. piu sopra l’ott. XXII, 3 — XXXIX, 6 chefd] a noi — "XL, 4 [ne] provi — XLI, 4 M chi genta il sparviero — 8 Liombruno poi fu (13 sillabe)—XLII, 1 [vi] — XLIII, 2 Re [ed] 10 — 4M presta — XLIV, 6 M (ri-) piena — 8 M (Ed) ei — XLV, 3 quando lo re — 7 Et disse Liombruno — XLVII, 1 M da lei. Ma non giá da Aquilina prende commiato Liombruno, si bene dal re di Gra- nata — 6 M ben mincr.; ma Aquilina sdegnata deve dire il contrario, cioè di essere indifferente alla morte dell’amante — XLVIII, 2 [ne] fu. Cantare II: — III, 8 M edua par di stivali. Quattro stivali per due piedi son troppi! — IV, 4 M si hebbono a crucciare — 7 il chiamoe — V, 2 habbi — VII, 1 Disse Liombr.: Io noi crederia — 8 a[d] uno — Vili, 1 Se[d] — 3 el piú — 8 ninna — X, 1 (la) scusa—XI, 1 questi — 4 si [n’] ebbono — 8 restar — XII, 3 di vedere, ripetizione del v. precedente — XIII, 2 Che [presso] a un’osteria [ne] fu — 7 (che) fece L. — XV, 4 M all’hor, inutile ripetizione dell’» allora si ebbe parlato» del v. 3 — 5 voi [che] cercate — 7 dimmi — XVI, 3 menzonare — 6 (di) piú [che] qualche mese — XVII, 1 M E Liombr. disse e nissun — 3 [Ed] 11 piú antico — XVIII, 3 M se non un romito — 4 M el qual da venti — 6 Dio [ne] gli ha ordinato — XIX, 6 «uso» per «oso»: ardito—XX, 2 E (quando) Liombr. da costor si — XXI, 1 quegli stivali — 3 giunse in parti tali — 5 doppo alla cella del romito soli. L’ottava è guasta, come . mostra la falsa rima del v. 5, e deve essere stata cosi raffazzonata in un tempo in cui il popolo non sapeva piú che cosa fossero gli «usatti», che formano la rima del v. 1, e conseguentemente dei vv. 3 e 5. Nel ricon- durre il testo alla lezione primitiva mi valgo della stampa descritta al n. 20 — XXII, S M sentendo chiamare — XXV, 4 M non ò da narrare. La stampa 20 riprodotta dall’Imbriani : «non udí nominare». Il testo in ori- gine doveva recare «non odi», donde è uscito lo spropositato «non ò da» di M, e «nomare», dal quale venne da un lato il «narrare» di M e dal- l’altro il «nominare» della stampa 20, che rende ipermetro il verso — XXVI, 2 tornan (a) uno — 8 M e da parte di Cristo domandava. Ma non si sa di che cosa domandasse; l’interrogazione rimane vuota — XXVII, 3-6 vento Levante poi subitamente | che fece al mondo al furor tapino | vento maestro venne similmente | e vento Greco e ’l buon vento Marino. Ho invertito i vv., perché Levante non è un vento maligno, ma è «furente» invece il Maestrale: perciò ho disposto i vv. in questo ordine: 2, 3» 6, 5, 4. Ho mutato «fece» (v. 4) in «face», perché gli effetti del Mae- strale si fanno sentire tuttora, e «al furor» in «al suo furor» per la mi- sura del verso. «Al suo furor» significa «col suo furore» perchè nei testi antichi «a» spesso ha il significato di «con»—XXVIII, 1 [eh’è] — XXX, [p. 350 modifica]

8 quando sarai per voler camminare. Il verso deve essere stato mutato, quando dal primitivo «cominciare» si trasse un arbitrario «camminare» e si ebbe la ripetizione di «cammino» e «camminare» — XXXI, 2 per venire—XXXII, 4 M Con Liombruno il romito pania. Ma quello che segue mostra che il verso è stato rovesciato, perché colui che non si vuol trarre gli usatti è Liombruno e non l’eremita — 7 ’l vento [’IJ chia- masse— XXXIII, 7 Ve’ (di)— XXXIV, 1 trahendo — 4 vento [e] messesi — La rima dei vv. 7-8 è fiorentinescamente «arrivo^-aspetto^», ma il tronco «arrivò-aspettò» mi pare\renda assai meglio la prodigiosa rapiditá del volo — XXXV, 5 lunga vedi tu. Ma è facile correggere, ricorrendo al- l’analogia di XXXIII, 7: Ve’quella montagna lungi? — 6 M te ne convien gire — XXXVII, 4 sei [’l] miglior — 7 via se n’andava — XXXVIII, 1 dimostrato — 6 Aq. vuol mangiare — XXXIX, 4 che gli bisogna—XL, 3 cuor[e] disse (questo) è segnale — XLI, 2 noi vedieno l’ardito — 5 [Ed] egli — XLIII, 3 con effetto — 8 il soperrò — XLIV, 3 Liombruno — XLV, 2 vidde — 3 questo — 6 Io si l’ho sognato—XLVII, 1 E quella donna. Ristabilisco costantemente i nomi propri in luogo dei generici — 3 strinse. Ma avremmo la medesima parola in rima ai vv. 3 e 5 — 7 Si adopra. Anche qui è sottinteso il relativo «che adoperi» come in XXII, 3 del primo cantare — XLVIII, 4 Anche qui è sottinteso il relativo «che»: cfr. XLVII, 7 — XLIX, 8 M onore. IV Dell’ Istoria di tre giovani, della quale non si conoscono mano- scritti, queste sono le edizioni a me note: 1. Historici di tre giovani disperati e di tre Jate, s. n. t. n. a. (circa il 1530), in-4 0 fig. È posseduta dalla Bibl. di Lucca. 2. Historia di tre Giovani disperati | e di tre fate (gotico). Poi un intaglio in legno: a sinistra i tre giovani che dormono all’ombra degli alberi, a destra le tre fate. Quindi le prime 4 stanze; ine.: «Colui eh’da Giovani hebe’l batesmo»; fin.: «a lei rimase duo palmi di coda». Stampato in Firenze nel mdlxvii. In-4 0 , caratt. rom. con segn. e cust. senza num., 6 ff., 114 ott. — È nella Biblioteca di Wolfenbuttel, n. xxvin della misceli, citata. 3. Historia di tre giovani disperati | & di tre fate (gotico). La solita xilografia, poi 4 ott.; ine.: «Colui che da Giovanni ebe’l battesmo» fin.: «a lei rimase duo palmi di coda». Stampato in Fiorenza nel mdlxx. — In-4 0 , caratt. rom., con segn. e cust. senza num., 144 ott., 6 ff. — Se ne conoscono due esemplari, uno a Wolfenbuttel (n. lxxxvii) e uno nella Melziana di Milano. [p. 351 modifica]

4. Historia di tre giovani | disperati et di tre fate. | S. d., ma della fine del sec. xvi o del principio del xvii; in-4 0 , di cc. 6 n. n. reg. A - Aiij, a 2 coll, di carattere tondo con lettere maiu- scole ai capoversi. Fra il titolo e l’inizio del poemetto una xilo- grafia (a destra le tre fate e a sinistra i tre disperati); ine.: «Colui che da Giovanni ebbe il battesmo» fin.: «A lei rimase tre palmi di coda». È nella Bibl. Palatina (Naz.) di Firenze [E. 6. 7- 55. cart. 2*, n. xxvij. 5. Historia di tre Giovani | disperati et di tre fate. — Una xilogr. rappr. un bosco: a destra tre giovani addormentati, a sinistra tre donne: la prima re^ge un tappeto, la seconda suona un corno, la terza ha la borsa incantata. A due coll., 10 ottave per pag., 5 cc. n. n., s. 1 . n. a. (Firenze, sec. xvi ex.). È nella Nazion. di Firenze, Magliabech. M. 981, n. 12. 6. Historia di tre giovani | disperati e di tre fate. La stessa xilografia rovesciata. A due coll., io ott. per pagina, 6 cc. n. n., s. 1 . n. a. (Firenze, sec. xvi ex.). Bibl. Naz. di Firenze, Palatina [E. 6. 7. 42]. 7. Historia di tre giovani disperati e di tre fate. In Pistoja, appresso il Fortunati, in-8°, s. a., ma dei primi del sec. xvii; c. 20 n. n., reg. A - Aio, car. tondo. Al principio la solita incisione. 8. Li tre | compagni | li quali si diedero la fede di andare per il | mondo cercando la lor ventura, e come | la trovorno. — Cosa | bella | e | da | ridere. In Lucca, 1823, presso Francesco Bertini, con approvazione. — Di pp. 32 e ni ott. Ine.: «O musa se io d’Ascrea adesso al fonte» fin.: «Sol le rimaser due palmi di coda». Ho tenuto sott’occhio, durante l’edizione dell’ Istoria, le tre stampe fiorentine 4-5-6, le quali non presentano notevoli varietá se non nella prima ottava, che in 4 e 5 è cosi: Giove, sia quel che sia, in me medemo e’ mi conceda grazia in ogni lato eh’i’possa raccontar quanto vedemo e d’udito c’è stato ragguagliato, ecc. Il testo di queste stampe è assai guasto ed ha richiesto molti e pazienti restauri. Citerò un solo caso. Dopo la guarigione delle damigelle, la principessa, dicono le stampe, fece dare a Biagio «anche cento ducati». Con questi cento Biagio ne rende quattro- cento dei cinquecento promessi al medico, che gli aveva data la [p. 352 modifica]

zimarra (cant. II, ott. XXXII, i) e poi 50 per i servi (XXXIII, 6)! Dunque è evidente che non «anche cento» si debba leggere, ma «seicento»: basterebbero per il computo nostro anche cinque- cento, ma questa cifra ha una sillaba di piú, per la misura del verso. Il libercoletto n. 6 è molto piú scorretto del n. 5 e deriva da esso, come dimostra il fatto che la xilografia, che è al principio, riproduce quella del n. 5 rovesciata. E inutile eh’ io riferisca le numerosissime varianti della mia edizione rispetto a quelle popolari. Quasi in ogni verso ho dovuto restituire le sillabe mancanti o potare senza misericordia zeppe ed esuberanze infinite. Ho creduto opportuno di dividere il poema in due cantari, perché non è possibile che la recitazione potesse durare cosi a lungo e l’attenzione del pubblico sostenersi per piú di cento ottave. Nel dividere i cantari, ho seguito la par- tizione stessa della materia, sicché la spezzatura non è arbitraria, ma logica e quasi organica nello svolgimento dell’azione. Il primo cantare comprende la perdita della borsa, del corno e del tappeto; il secondo il riacquisto dei tre oggetti miracolosi mediante i fichi buoni e i fichi malvagi recati alla corte della principessa scaltra. V La donna del Vergili fu pubblicata da Salvatore Bongi nel- l’opuscolo: La Storia | della \ donna del Verziere \ e di messer Gu- glielmo | Tratta da un codice riccardiano del secolo xv | Lucca, Per B. Canovetti, 1S61 (in-8°, pp. 32). Ediz. di cento esemplari. Il codice riccardiano, annunciato nel titolo, è il 2733 «scritto, da un cosi bestiale copista, che, non contento di vituperarla [la Storia] con ogni sorta di errori ortografici, l’avea a tal ridotta, che spesso mancava il numero del verso, il senso e la rima. Onde in varie ottave ha bisognato usare qualche arbitrio e correggere assai, perché il discorso e il metro corressero». Il Bongi era uomo di gusto assai fine, e perciò le sue correzioni hanno sempre qualcosa di seducente e di aggraziato; ma sono cosi numerose e cosi profonde, che si può dire che il testo del cantare pubblicato non ha piú nulla a che fare con quello origi- nario. Sopra settanta ottave, quindici sono interamente rifatte a capriccio dell’editore: la povera Donna del Vergiti, tra le «bestia- litá» dell’antico copista e gli accorgimenti del moderno editore, [p. 353 modifica]

ne usci tutta impiastricciata e camuffata come di carnevale. Per conseguenza tutte le citazioni, che sono state fatte da questo testo, sono sbagliate e tutte le illazioni storiche e filologiche, che se ne sono tratte, non hanno nessun valore e poggiano sul vuoto. I manoscritti del cantare della Donna del Vergiti sono tre: quello conosciuto dal Bongi e altri due. D. — Codice Riccard. 2733. È un grosso volume cartaceo (di 176 carte), scritto sul principio a due colonne, poi a pagina intera, con iniziali rosse e azzurre, sempre dalla stessa mano. Lo scrittore cosi si rivela al principio del libro: «Xpo (Cristo) M. cccc. 0 Ixxxj. 0 . Questo libro si è di Fruosino di Lodovicho di Cecie da Verazzano, el quale è ttitolato La Storia d’Arcita e Pa- iamone chomposta in versy pello famosissimo poeta messere Gio- vanni Boccacci fiorentino; e di poi ci è scritto altre dilettevole storie e chantary in versi, chomposti da ppiú persone valentissimi; el quale libro si scrisse per me Fruosino detto, l’anno 1481, del mese di luglio e d’aghosto, sendo chastellano del Palazotto di Pisa, per piacere. Addio sia gratia». — Alla fine (c. 176 b) ab- biamo un’altra nota di Fruosino: «Chompiessi di scrivere questo testo di questo libro per me Fruosino di Lodovicho di Cece da Verazano, questo di XXV 111 I 0 di agosto 1481, nel Palazotto di Pisa, sendo castellano». II cantare comincia a c. 1x2, con questo titolo: Chomincia la storia della Donna del Ver gii et di tnesser Guglielmo, piacevo- lissima choxa , e finisce dopo dieci carte (c. 122) coll’«explicit»: «Finita è la storia della donna del vergi)». Il Bongi ha chiamato «bestiale» la copia di Fruosino da Verazzano, e non a torto. È una ridda di sfarfalloni comicissimi : «dir loro» per «dirlo» (iv, 7), «latrova» per «latrava» (ix, 7), «tita» per «cita» (v. 1), «mostrerotoli» per «mostrerolti» (xliii, 8), «nemica» per «una mica» (liii, 6 ), «Didio» per «Dido» (lx, 6 ), «si vera» per «chi vi era» (lxiv), «chuore» per «errore» (lxvii, 6), ecc. Mol- tissime volte i versi sono disposti in ordine inverso e tutti fram- mescolati per entro le ottave, come scossi da un terremoto. Né si contano i versi manchevoli di una, due o tre sillabe, o gli ende- casillabi di 12, 13, 14, 15, persino 16 sillabe! Un esempio per tutti (XI, 6-7): diciendo se altro non a interviene preghiamo iddio che questo dilettoso tempo basti. [p. 354 modifica]

E. —Codice Bigazzi 213 della Biblioteca Moreniana (proprietá della prov. di Firenze) — È un ms. cartaceo della fine del sec. xv o dei primi anni del sec. xvi, legato tra due assicelle di legno, di cc. 150 nuovamente numerate, piú vii in fine. Non v’è dubbio che fu scritto nel territorio pisano-lucchese, come dimostra lo scambio costante dello «z» e dell’«s», in «sita» (zita), «sambra» \zambra), «caressa» (carezza;, «letisia» (letizia), ecc., e per contro «mizura» (misura), «tezoro» (tesoro), «chazo» (caso), «uziate» (usiate), «Lu- zingnacha» (Lusignacca). A Pisa ci richiama anche il poemetto del Giuoco del Mazza scudo (cc. 82-89), e l a nota che vi si riferisce alla fine della c. 82 b: «Inchomincia il giocho del massa schudo 0

lo quale si solea fare im-Pisa, restossi di giochare in del m. cccc .

vij». Il cantare della Donna del Vergiti comincia a c. 20 e segue fino a c. 31, a tre ottave per pagina, ed è cosi intitolato: «qui inchomincia la donna del verzú». Il cantare conta 68 ottave: man- cano le ott. 67 e 68 della mia edizione e vi è in piú un’ottava (64 bis], di cui parlerò piú innanzi. Il testo è molto piú corretto di quello riccardiano, ma è pur sempre ben lontano dall’originale. Non vi si contano i versi ipermetri, non giá per errore del poeta, ma per sciatteria del copista. Nell’ottava 19 i vv. 4 e 6 sono fuori di posto; nell’ott. 35 un verso è interamente rifatto, e ne vien meno la rima («usa»: «mizura»); nell’ott. 38 in luogo del «fiume» di luce del paradiso, abbiamo un «lume» di luce rilucente, e poi «chostui» (xxxviii, 6) per «chostume» in rima; «duchera» (xli,6) per il «duca ch’era a tavola», ecc. È curioso il fatto che di un cantare, che ebbe una cosi larga celebritá nel Trecento, non possediamo se non due soli manoscritti; e questi sono tutti due pisani. Fruosino da Verazzano è vera- mente fiorentino; ma la Donna del Vergiti la trascriveva a Pisa nel luglio del 1481, essendo castellano del Palazzotto, come abbiamo udito da lui medesimo. Perché poi la mia pellegrina rondinella leggendaria si sia annidata a Pisa, non saprei dire davvero. F. — Questo è un codice che io non ho visto e non so dove sia. Ne parla il Passano: «Il r. p. Sante Mattei carmelitano conserva un frammento di manoscritto contenente questa novella, col quale in piú luoghi si potrebbe emendare la stampa. V’ha pure un’ot- tava di piú [che non ho riprodotta nella mia ediz., perché la giu- dico un’inutile aggiunta, sebbene sia riferita anche da E] ed è la seguente : [p. 355 modifica]

[64] dicendo tutti sien per simil crimine 8 colla francesca di paol darimine. [64 bis] 1 E 1 duca avea di queUa morte colpa del barone et della Dama felice ondegli per tristitia si discolpa 4 come qwesta leggienda conta et dice. Ella duchessa fortemente ««colpa chiamandola malvagia moritrice. Et pentesi che gliele avea contato 8 et lui che gliele avea rimproverato. Della mia ricostruzione critica ecco le varianti principali dei mss. D (riccard.) ed E (moreniano): I, 1 E e verg. domzella— 2 E vostra gr. adom. —3 D prima; E per versi — 5 E di nobile — 7-8 D morine: seguine — II, 1 E un gran — 3 D ap- pellato — 4 D molto prodo e di gran baronia — 5 E di veritá quant’omo dir porria—8 E poderosi—III, 1 E chui amava — 3 E prode e gient. — 5 D di giente et di tenere; E argiente posissione — 6 E del chorpo franco nobil bac- ciellieri — 7D piú che allora; E quanto a quel tempo — 8 D feciesi — IV, 1 E poderoso — 2 D altra — 3 E valoroso — 4 E nessun fior — 6 D correva —7 D dir loro; Eoa schudiera — 8 E duna c. faciea. — V, 1 D tita nonché piú bella; E sita nonché — 2 E non si trovava cristiana — D allor si era — 3 D verzella; E verzú — 4 E ch’era piú bella che stella — 5 D el padre suo nobile barone fue e ella — 6 D ella sua madre figliuol di reina; E e la m. f. di redina—7 D sechulo trapassarono; E di questo secol — 8 D lasciarono; E lassorli un grande e un ricco tezoro — VI, 1 E Ma ella l’amava cho maggiore — 3 E e non avea — 4 D essi chollui stava; E e si cielata stava — 5 E ciaschedun— VII, 2 D tanto che in vista; E che per cenni e per sera. — 4 E non se ne potè achorgiere homo — 5 E avrieno — 6 E prima cia- scun ch’averlo — 8D savi... tenieno — Vili, 1 D la donna; E la bella — 5 D messere G. si n’andava — 6 D [ed] — 7 D se esso avea compagnia; E segl’era achompagnato ella latria — 8 E si dipartia — IX, 2 E cuc- ciola —3 E imantenente — 5 D esse alcuno... giardino; E sol per verder se nel g. — 6 D o che lui; E fusse nessuno o che mirasse — 7 D ella la trova — 8 D ella chucciolina tornava — X, 1 E se non trovava niuno — 2 D giva; E challa — 3 E spirito avea sicome — 4 E cenno... l’anchina — 5 E dama in chui amor sovente (si intenda: la donna — come sovente Amore suggerisce —trova l’accorgimento della cagnolina) — 6 E catellina — 8 E giva al verzieri chola cucciola — XI, 1 D quegli a. pieni di — 2 D [p. 356 modifica]

chongiungniono chon tutto elloro — 5 E v’avea dovizia — 6 E ciascun dicendo: Io non chiegio altro a Dio; D dicendo se altro non interviene — 7 E se non chel—8 E si guasti —XII, 1 D erano; E tempo — 2 E e si partia la dama el barone —3 E paura — 5 E e la m. quando eran — 6 Eac.;D incontro — 7 E altri segni — 8 E che verun non ne — XIII, 1 D [che] elio core spronava; E chel core spirava — 2 D e facea l’amadori pien — 3 D ma quella; E la damigella — 4 E viso li fioria la bellezza— 6 E chom larghezza — 7 E chegli era — 8 E chui — XIV, 2 E che la donna — 3 D altra — 5 E faccia per lo suo amore tal festa e gioia — 6 D mostrasse — 7 E e ched e’ fusse del suo bel piacere — 8 E a tutto il suo p. — XV, 1 E eia avea — 3 D sicché el disio che dolore amore prieme; E el dizio dolce nel chor li prieme — 6 E sovente — 7 E dicendo — XVI, 1 D suoi — 3 D solo chollui — 6 D ridendo — 7 E ne l’assentia; D enogliele neghava enogliele acchonsentiva— XVII, 2 D e cavalcato aveva auno nobile palazzo; E [suo] — 3 E alcun difetto; D ignuno s. — 5 D chamera — XVIII, 1 D ebbono — 2 E che si strugie e cola; D ella d. comamore sovente — 3 E avete voi — 4 E giá lungo tempo di trovarmi sola — 7 E egli — XIX, r E Eia stringendolo dice — 4 E Bel dolce amico mio pri[ma] muoia —6 E che voi prendiate mecho diletto e gioia — XX, 1 E Disse M. G. — 4 D al mio — 5 D questa vergogna — 6 E imprima — 7 D vi prego — 8 E uziate — XXI, 1 E tennesi la d. ivi schernita; D scornata — 4 D [e] — D morire; E a gran — 7 E la mia persona a destrieri mai non monta — 8 E di sifatta — XXII, 1 E Era quel cavalier — 5 D quindi era gramo — 6 D tale — 7-8 E che ’n tal maniera mai non l’amerá | ella rimase ed egli usci di camera — XXIII, 2 manca in D — 4 E raccontolle — 6 E ella pose — 7 E com’elli — 8 E ed ella disse — XXIV, 1 E La donzella di ciò fecie gram risa — 4 D vuoi —5 E qui — 6 E morte innaverata; D i fia anghonsciata— XXV, 2 E mezo; D ritorna.,, punto dalla— 3 D el duca con la s. compagna — 4 D egli smontò; E dismonto al palagio — 5 E questo giunse — 6 E ci fe’ — 7 E viso — 8 D signore. — XXVI, 1 D turbato — 2 D cosi — 3 E diciegli dolce anima — 4 E di che fai tu si gram — 5 E Ati oltraggiato verun — 7 E t’abbi — 8 E a lui onte e dannaggio; DE [l’]onta... [’l] dannaggio — XXVII, 4 D [e] — XXVIII, 1 E mi fecie—3 DE [egli]—6 DE s’io — 7 D e farne fare; E farne quarti a quattro — 8 E per infino — XXIX, 1 E el — 2 D dal nero — 3 E gliel crede — 7 E che del baron ne fi’ — XXX, 1 E Alora la d. — 5 E (e) l’ond. si mi da — 6 E fede ben — 7 E di non p. mai. — XXXI, 1 E duca alor dal parlamento — 2 D la leggienda — 4 ED assai D loffenda — 6 D (dasse) contende; E lo contende — 7 E over che la D.; E cio[è] che la D. — XXXII, 1 E Volsesi com el c. langue; D et chon molto caldo langue — 2 E rosso avea — 3 E La s. f. p. t. 1 . — 5 manca in D — 8 E pensando nel gran chazo ch’era — XXXIII, i E Disse el d. a un suo caro s. — 3 E quando — 4 E disse ’l duca: Baron — 5 E racchontolle — 5 E e la d. fecie il gran c. — 7 Ed’ amor l’avea — XXXIV, 1 E Disse messer Guiglielmo: Duca e Sire — 2 E [p. 357 modifica]

chom f. — 3 E certo; D che[d] — 5 D e non sono chavaliere — 6 E pur dir — 7 D in sul chapo; E essi al campo — 8 E ricred. — XXXV, 1 E se non vi b. — 3 E ’m altra bella donna il mio chor uza — 4 E nobile e bella e d’ogni buom — 5 E le sue belle sono oltra misura — 6 D e a lanitna mia el corpo; E è ’n suo — 8 E Figliuola di reina — XXXVI, 1 D [al- lora]; E Disse el duca al barone—3 E testa — 4 E voi mi sgomberiate — 5 D intende — 6 E se prima non mi fate chiaro — 7 E in cui avete ogni speranza — XXXVII, 1 D allora; E dal — 2 D meno — 3 D raa- ninconoso (ripetiz. del v. 1); E doglioso — 5 D cuore; E entro se stesso dicieva: Ho fresco — 6 E Donzella ’l nostro; ED amore — XXXVIII, 1 D Lo stare — 2 D potere menare; E recitar... a tal D e tal — 3 D [s]io — 4 E dove di gloria rilucente ha lume — 6 E ogni buon chostui — XXXIX, 2 E ben lascero il — 6 E traditori som messo — 7 E no mi parto... iscopra D amore noischo — 8 E e giamai chotal fallo non ri- cuopro — XL, 2 E bem pareva D dolore — 4 E ed era giá — 5 E in questo si gli — 6 E prestamente senza far — 7 E personalmente — 8 E dove il sir — XLI, 1 E e quel baron — 2 E giá D pelle scale — 4 E et il viso; D in sul viso — 5 D crucciata — 6 E duchera — 7 E chol’altra D ella sua — XLII, 2 E Dise ’l duca: Barone, or ti c.; D [co]si [rijconf. — 4 E se tu m’avessi; D se[ben] ttu — 5 E Or... io ti — 6 E anima mia — 7 E è la d. che si ti t. — XLIII, 1 E cavalieri... partiti; D cha due partiti — 3 D diventogli le sensa sbigottiti ; E diventoli i sensi — 4 E el suo fresco cholor divenne burbo; D dubio — 5 E chon suo membri uniti; D come e’ morti ignudi — 7 E da lingua i denti — 8 E disse sire; D [disse] mostrerotoli — XLIV, 2 E pare el sire el — 5 E segreto; D baron(e); E donna per amor col cavalieri — 7 D fuora giardino; E e di — 8 E sotto un ciesto doppo una — XLV, 1 E Essendo il baron solo nel — 2 E fene la cucciola — 3 D fiori — 4 E chiamò — 6 E cercò — 7 E tutto d’intorno — 8 E se veruno — XLVI, 1 E ben cerco; D ben cercato — 2 E ella n’ando nella z. amorosa — 6 E ’l duca dentro — 7 E misel sotto — 8 E una sponda — XLVII, 1 E E in quel mezzo avea fatta la chuma D In questo mezzo avia fatto laghuzza — 2 E la gientil damigella; D giá quella — 3 D e perciò stante allei fa venuta; E al giardin — 4 DE volea — 5 E ella non pensava esser tradita — 7 D del traditore — 8 E col drudo suo prese — XLVIII, 1 E E quel barom — 2 E tener noi puote al tutto — 3 E di lista — 5 D Voi mi mostrate — 7 D Mancherebevegli ; E Man- cherebevi eli — 8 E che vi sia in talento — XLIX, 2 E contaminato lo chor — 3 E la qual mi fa — 5 E segli è — 7 E saccumiataro — 8 E mille volle si baciaro — L, 1 E Poi se ne; D dama — 2 E chola — 3 E ver- zieri — 4 E se ne gl — 5 E diciendo — 6 D et in d. — 6 D sembianti — LI, 1 D istesa — 3 E Quando fu a letto — 4 E Levossi e voleasi rivestire — 5 E giurando di non mai — 6 E se prima non volesse far — 7 E che li fece — 8 E e allui volle far onta ed. — LII, 1 D El d. irato disse — 2 E (si) un gram — 4 E ha il suo amore a tal donna donato — 5 E piú bell’è [p. 358 modifica]

di te — 7 Da quella e come el modo tiene a gire a ella; E e il modo che tiene quando uza con quella — 8 E sole hovero stella—LIII, i E E q. il duca — 3 E artatamente — 4 E che; D Iddio — 5 E qual è — 6 DE nimica — 7 E Amor mio b. — 8 E io non — LIV, 5 E e contolle l’affare oltra misura — 6 D chome per messaggio avieno; E la c. — 7 E li vide sciender — 8 D tennono — LV, 1 E Ma — 2 E che la — 3 E avea giá il giorno — 4 D [fuor]; E quand’ella usci — 6 E sembiansa — LVI, 1 E in quel punto — 2 E ghai — 4 E guiza d. dama — 5 E Ella rispuose — 7 D rispuose alpresera — 8 D mestiera—LVII, 2 E e aver — 4 E allegrezza — 6 D [che] chon — 7 E e la donzella udendo ; D la fantina — 8 E non risp. — LVIII, 1 E gissene nella sua sambra — 2 E come colei che per dolor — 4 E e preg. —5 E siccom’edelerita — 8 D Bellitie; E Bel- lisse — LIX, 1 D spada igniuda — 4 E (che) — 7 E de la mia morte sará testimoni; D e di mia morte tussia — 8 E davanti al duca e a tutte persone — LX, x E poggiò — 2 E il suo cuor poggio; D e achonciossi il chore per me’ la punta — 4 D sono io oggi — 8 E spinse giuso la spada e misesela al cuore— LXI, 1 E ch’udito avea — 2 E quivi dall’uscio il pianto e ’l lagrimare — 4 D aggire; E entrare — 5 E quando senti il sospiro del gran tormento — 6 D quand’(ella); E ella venne al passare — 7 E dentro entro... finita — 8 E a sé toglie — LXII, 1 E tutte — 2 E truvorom finita la luciente — 4 D da— 7 D prima — 8 E oimè — LXIII, t DE [E] — 3 E II duca chiamò; D e chiamando — 4 E ch’io merito morir — 5 E in ogni—6 E l’apresso — 8 D del cuore; E per morte — LXIY, 3 E amendue — 4 E ne — 5 E ne — 7 EF firn di simile crimine — 8 EF colla Francesca di Pagolo da Rimine — LXV, 2 E im p. come ho — 3 E alpestra — 7 D pella sua difetta —8 D e di quello fecie el duca giustitia dritta — LXVI, 2 D ballava — 3 E sambra — 4 D ballava — 6 E e fu punita allor della ria fama — 7 E tagliolle — LXVII, 2 D fecie soppellire e chorpi — 4 D facieba [tutta] —6 D chuore— LXVIII, 3 D e[d] — 8 D [rejstando—LXIX, 1 D (che) avete — 2 E che fu quel di costor per la malisia. In E i vv. 5-8 sono cosi : E doppo questo andò in pellegrinaggio per merito di chotanta nequisia e poi andò a far ghuerra ai saracini. Dio ci conduca tutti a buon confini. VI Gibello è contenuto in un solo ms. : P. — Bibl. Laurenz.. cod. Palatino CXIX, scritto da piú mani del sec. xv e xvt. La coperta di pergamena reca la data «Mccccviiii 0 a di x di febraro». 11 cantare di Gibello comincia nella seconda colonna della c. 152, col [p. 359 modifica]

titolo rimasto a mezzo: «Comincia...», e finisce a c. 157 a: «Amen». Il testo di P fu pubblicato nel 1868 da F. Selmi: Gibello, no- vella inedita in ottava rima del buon secolo della lingua, Bologna, dispensa xxxv della Scelta di curiositá letterarie. L’edizione del Selmi [S] è ben differente delle solite ammannite in quegli anni; nonostante la prolissitá e l’inutilitá di molte, troppe note linguistiche e qualche svista, può giudicarsi buona e corretta. Delle correzioni che ho introdotte nelle lezioni del codice darò qui l’elenco, riproducendo le varianti del cod. P\ I, 3 se’lucente — 4 sovente chiave—5 grafia a mia [segno di la- cuna] favella— II, 1 Cantare anticho vivo chon alegr. — 4 e guera mantenea a torto — 7 qual gli partoriva la fa — III, 6 chella... gunto — 7 in una: S in ’na t con aferesi, a fine di ricondurre il verso a giusta misura» (p. 41) — 8 perlqualore dall un sconfitto foe — VI, 3 sacreta — 7 e per gittarlo al mare portollo (verso di io sillabe) — 8 [e] — VII, 3 adun — 5 facevallo — 7 cha- varollo dereame — 8 portarono — VIII, 5 chede piú — 6 fallo — 8 beitela nuone — IX, 2 Gienudrisse (ma il verso ha 12 sili.) — X, 4 bello — 7 don[o] — XI, 1 [fur tolte] — 2, inamora...ne — 4 silo (si)—5 fchje — XII, 3 P [che] — XIV, 5 in P. il v. è lacunoso: «a molti fa... selle votare» —XV, 5 valentia. La mia correzione è resa certa del paragone con XXXIV, 1 — XVI, 3 P iscontrossi in un — 6 il v. è lacunoso: fier lui... tostane — XVIII, 1 sa- piamo — 4 essere — 5 udendol — XX, 3 chella — XXII, 4 volea la testa che gli si tagliasse — 8 ma [a] — XXIII, 5 donerallo amore : sostituisco «cuore» per evitare la ripetizione della rima del v. 3 — XXV, 1 Gibello di XVJ — XXVI, 1 valle —3 (e) nel — 4P quel... lo guardava — 6 lasciar non vi passava — XXVII, 4 quale — 7 ne — XXVIII, 5 [che], sott.: «dico» — 6 a forzar— XXIX, 6 rupo — XXX, 5 fu laniere — XXXII, 2 quel[lo] — XXXIII, 3 insunun—XXXIV, 1 pienfo] — 3 fedeltá non giurerei—ó domandale] — XXXV. 6 giurerotti; — 8 fede — XXXVI, 2 Iioncel(lo) — 8 inanella — XXXVII, 5 volentier — XXXVIII, 6 fufnne] ; — 8 (ilj — XXXIX, 8 [egli è] — XL, 2 lo fé; — 3 daUun — intorno ai vv. 7-8, si veda la fine di questa nota al cant. VI — XLI, 7 [E] per... [in]—8 Argholosa — XLII, 5 [Edj... [suo] — 7 [ne] volle ascoltar(e); e cosi il verso non corre perché ha l’accento sulla quinta — XLIII, 2 eare — 3 avea gravi — 7 gri daron — XLIV, 3 (suo) popolo — 5 ducha df rpentina infrondente — 6 [piú]—XLV, 2 P [si] — 8 gioia — XLVI, 2 [ch]é; — 3 diceva — 8 are — XLVII, 3 disio io —4P [di] — XLV III, 1 in suo — 5 potessi fare; —6 puru — XLIX, 2 don — 4 e(d) — L, x Gibel — LI, 3 gli contaro — 8 aveano — LII, 1 furon — 3 [ne]... [suoj — 5 porti aperti... ad esso — 8 P vegiendo venire — LIII — 4 [ed] — 7 P Gibel — 8 S fidando : «lascio la lezione del codice non [p. 360 modifica]

tocca, perché non è infrequente presso gli antichi che si applichi a pre- fisso l’avversativa ‘s’ ai vocaboli senza che mantenga la forza di commu- nicare il significato opposto ai medesimi, ecc.». Ma il cod. ha «sfidando» — LIV, 4 [e poi ne] monto — 7 essere — LV, 2 P cominciarono — 6 P es- sere— 7 e[d] — LVII, 1 P comincare — 2 P talglente, S tal giente — LVIII, 7 P sechol — LIX, 1 P eno gli S ecco gli vene manco — 8 fe] — LX, 1 P El... baronaggio: ma il verso avrebbe gli accenti spostati — LXI, 7 P del buon — LXII, 4 [egli] — LXIII, 3 P fedir[e] — 6 P moltto — LXIV, 5 S E chi —6 PS vo’ rit. Interpreto: «invano desidera di ritornare indietro ad annunciarlo» —LXV, 1 suo — 4P Gibel fé bandire —6 fedir — 8 S a rit. — LXVII, 1 PS invece di «egli»: «che», P dipartiva — 3 PS chereddia. I due «che» del v. 1 e del v. 3 rendono incomprensibile il passo qual è nell’ediz. Selmi. L’edit. sente il bisogno di «ordinarne il costrutto» e spiega: «Gibello, che si dipartia dalla donzella, prese com- miato da’ piú (?) baroni e reddia prigione in Serpentina». Il testo della mia ediz. è cosi limpido, che non ha bisogno d’altro «ordinamento di co- strutto» — 6 P venire — LXVIII, 3 P gioia. — LXIX, 7 congnano il d. andare — LXX, 3 [n’] — LXXI, 5 chandar — 6 in vostra prigione — 7 menerò — 8 cherre — LXXII, 2 prigione — 6 qui—8 dere— LXXIV, 8 dieron — LXXV, 4 PS eam. — LXXVII, 3 umilemente — LXXVIII, 8 madonna ben — LXXIX, 5 fegiudicarelareina : ma il verso cresce. — 6 che[d]...[ne] — LXXX, z voglio — 6 de giovani — LXXXI, 1 [1]—3 e[d] — 8 diritta—LXXXII, 2 che[d]—5 possibile. Ma il senso richiede il contrario — 8 filgluo — LXXXIV, 5 pien — 6 messo [1] fe — LXXXV, 6 [d]ismontata — 7 vederla — LXXX VI, 8 amor chadallor: ma i due tron- chi assonanti sono impossibili a pronunciarsi — LXXXVII, 1 e[l] riso — 3 eh chon — 4 gioia. Una novitá di questa ediz. rispetto all’antica è la divisione in due cantari, la quale mi è parsa necessaria, perché in nessun caso la recitazione in San Martino poteva molto protrarsi oltre la cin- quantesima ottava; e Gibello ne ha 89. Perciò mi son messo alla ricerca del luogo dove i due cantari dovevano avere rispettiva- mente fine e principio, e l’ho trovato nell’ott. XL, i cui ultimi due versi espongono e propongono, a modo di chiusa del cantare, l’ar- gomento del racconto che seguirá poi. VII Il cantare di Gistniranle, col quale s’inizia in questo voi. la serie [VII, Vili, IX, X] dei cantári di Antonio Pucci (t 1388), si legge in un solo ms. [R], che conserva molta altra materia leggen- daria e, tra l’altro, anche il cantare di Mad. Lionesscr. [p. 361 modifica]

R. — Cod. Riccard. 2873, c. 44 [chaniare di Gismirante ] ; fin. a c. 57. Di su questo ms. fu edito col titolo: Il Gismirante . poemetto cavalleresco di Antonio Pucci, nella Miscellanea di cose inedite o rare , pubbl. per cura di F. Corazzisi. Firenze, 1852, PP 275-306 [C]. Ecco le principali varianti di R e C : Primo cantare: — I, 8 [che] — II, 3 per (che) alcuno — III, 4 dubio — V, 7 efd] — VII, 2 ancorfa] — X, 3 il quale tiene — 5 se per — XI, 3[ne] — 7 [ognun si] — 8 e cosi fugon. — XII, 3 che passati — 7 dare dalla mie— XIV, 2 bossolo — 3 efd] — XV, 1 e si diciendo vegiendo la vista. Il testo è guasto, perché abbiamo tre gerundi («riguardando», «diciendo», «vegiendo») senza reggimento. Suppongo che «dicendo» sia un errore per «dice», e «vegiendo», celi un «alla gente», camuffato cosi per at- trazione del «dicendo» che precede. Si sottindenda «che» : la gente che aveva visto il bòssolo... — XVII, 6 un dragone e uno grifone —7 azufarono ed e — XIX 4 a[dj — 8 era[n] — XIX, 1 tu(e) — 8 mur — XXIV, 1 abergo — 8 puo[te] — XXV, 7 aberg. abergo — XXVI, 1 (il) dam.— XXVII, 5 e(d e’] poi — XXVIII, 2 a[d] un — 3 e[d] — XXIX, 1 ri- ghuardo — XXX, 6 abergo — 7 abergatore — XXXII, 2 picholo — 6 fa- ceta]— 7 dalulato — XXXIII, 1 uno ischudiere— 6 Egli vegiendola. Il verso cresce, ma la correzione di C. («vegendol») non può accettarsi. La trasposizione, ch’io propongo, non tocca il testo e riduce il v. alla giusta misura— XXXIV, 7 [noi] abiamo — XXXV, 2 disse[r] — 3 Gismir. mise mano — 8 e[d] — XXXVI 5, amare — XXXVII, 3 chavalieri — XLI, 6 Sgridandolo — XLII, 3 vedendolo. Cantare secondo: — VI, 6 chi son dicio. Il passo è incomprensibile. Suppongo che il «chi son» del cod. celi un originario «che fo» e inter- preto: «In buona fede, che è avvenuto (che fu, «fo») di ciò che ora ho acqui- stato?» — Vili, 2 che sanza porta entrata molta apresta (?) — 6 Intendi: «a tale ora che l’uomo selvaggio sia fuori del castello, ed ella sia affacciata alla finestra» —XII, 8 Cioè: di chi ti ha fatto signore di sé — XV, 7 il qual stane — XVI, 6 finestra il — XVII, 8 [ne] — XVIII, 2 tronchascino — XIX, 5 molto — 8 sedemi — XXIII, 4 dimando — 5 E uno gli disse: E si — XXIV, 4 ano averllo morto; cioè: lo hanno da uccidere — 8 diavolo — XXV, 5 Sott.: Dice «mostra» [la storia]; cfr. XXXIV, 1 — XXVI, 8 mai avesse niun cavaliere — XXVIII, 4 che provandosi col — XXIX, 4 l’avresti — XXX, 5 ediegli — 7 C per;— XXXVI, 1 (di) fargli — XXXVII, 1 E por- cho — XLIV, 4 gentile uuomo—XLIX, 8 o l’uscita; cosi anche in LI, 6 — LI, 5 e[d] — 60 l’entrata. — LUI, 7 chome lo videro tutti singinocchiaro — LV, 4 pevoi ocio chio atenere. Il C. non ha inteso questo passo e colloca dei puntini, indice di lacuna, al posto di «ocio» ;. ma il senso non è difficile : «Poniamo che io vada a corte; in ogni modo io riconosco da voi ciò che io debbo ottenere, avendo salvata la cittá del porco troncascino». [p. 362 modifica]

La difficoltá della forma perifrastica «ho a tenere», terrò, si risolve col confronto del passo analogo: * hanno averlo morto», uccideranno (XXIV, 4)— LVIII, 6 diciendo — LXI, 3 (gran) magnificienza. Vili II cantare di Bruto , che si pubblica qui per la prima volta, si trova a cc. 25 a - 27 a del celebre codice Kirkup (A), donato recen- temente dal Collegio di VVellesley al nostro governo, e da questo depositato nella B. N. di Firenze. Nel riprodurlo ho eseguiti al- cuni ritocchi; ecco le varianti di K : II, 5 chi sia — V, 5 apreso; — 8 so scrisse [’n] — VI, 1 io dico — 8 che [’n] — VII, 2 a[spri] — 7 sieristte — Vili, 7 dedime — 8 te — IX, 2 contoe — 3 [n’jandava — 4 chotale — 7 odimi — X, 3 quello — 6 sai— 8 chonvie — XI, 2 selghuanto delucciello nona — 3 qualguanto — XII, 2 nom(in)ar — 6 chovenenza — XIII, 6 i suo — XV, 4 [poi] — XVI, 1 giovane — 7 (gli) arnesi — XVII, 2 [che] credi — 5 [a]dirato — XVIII, 4 i[n]su — 6 gu[e]rra — 8 abbatte(va) — XIX, 1 glochante — 6 giogieva — XXI, 2 agmendue — 8 pontò — XXII, 7 [si v’]avea messa — 8 piene — XXIII, 8 et fu si puoto — XXV, 4 chevu — 7 Eprutto... valle — 8 (e) poi — XXVI, 8 stecho — XXVI, 6 che perchio mangi no mancha su stile — XXVII, 2 chore tanbonda — 3 iposibole — 4 che tavola — 5 chaper... può — 6 non cierchonda — XXVIII, 2 [ancora] — XXXII, 5 rnuia—7 te[m]pesta;— 8 i[n]su — XXXIII, 2 velato (ave’n alto) — XXXIV, 6 doveglie mamena — 8 dovegli il tolse il tolse (sic) — XXXV, 2 levaro (no) — 3 [in] nessu[n] —5 ed [egli] — 8 [a] domi — XXXVI, 3 pu[n]gie — 6 ’l guanto e fu lasciato ire — 7 dadici — XXXVII, 7 so[n] vi...alte — XXXVIII, 4 i[l] re con tanta novitade — 6 bingitade — XXXIX, 8 ciá — XL, 7 contastare — XLI, 4 chogli altra avanza — 7 [si] furono amendue — XLIII, 1 ricordo — 3 dichelrinvichorisse erinsanora — 8 enciselo — XLV, 3 [incignato. IX Il cant. di Mad. Lionessa è contenuto nei due codici: > A . — Riccard. 2873, c - 103-117 b. 11 testo di questo manoscritto è molte volte guasto e scorretto ; ma si dovrá ritoccarlo con grande cautela, data l’autoritá di questa cospicua raccolta di cantári. K. — cod. Kirkup, c. 49 a. Prima di questa carta, ne mancano •5 (34-48), che dovevano contenere i cantári di Apollonio di Tiro, 111 (ott. 5-58), IV, V e VI, e le ott. 1-45 di Mad. Lionessa. Non [p. 363 modifica]

rimangono sulla c. 49 a che le ultime 4 ottave, che furono edite se- condo questa lezione da M. H. Jackson nella Romania, XXXIX, 322. Il testo R fu pubblicato nella seg. ediz.: Madonna Lionessa, cantare inedito del sec. XIV\ aggiuntavi una novella, del «Pecorone * [per cura di Carlo Gargiolli], Bologna, 1866; nella Scelta di cu- riositá letterarie , disp. LXXXIX. Accurata edizione, ma imper- fetta perché anteriore alla scoperta del cod. K e deturpata da spiacevoli errori di lettura e di interpetrazione. Naturalmente, preparando questo libro, io ho tenuto sott’oc- chio non solo l’ediz. del Gargiolli (G), ma anche i due ms. R e K, dei quali indicherò le varianti piú notevoli: II, 3 R con qua—4 (Destrieri — IV, 2 R alla reina chella il sacho- rese — 6 di[ss]e — 8 i[l] re — V, 2 che[d] — 7 RG a l’altra — VI, 7 RG percossomi tosto—VII, 1 RG un tanto -7 G diede — 8 RG mi- sogli — Vili, 3 R (ri-)tornando — 7 R (ed) e’ — IX, 8 (ella) il fe’ — XI, 7 R ella si stingua — XII, 7 R e[gli] — XIII, 7 RG dinanzi — XIV, 7 R fatti — XV, 7 R [le] leggi — 8 istriti — XVI, 2 R affetto — 6 il (suo) distretto — XVII, 2 RG rauno libri some ben dariento (1) — XVIII, 8 R su[r] — XX, 8 R i[l] re — XXI, 2 R co[l] re — 4 (s;i smontò — 6 cominciarono a salutarllo — XXII, 6 R tanto [ha l’jaspetto — XXIII, 4 RG e[d] i — XXIV, 2 R sapere — 3 chell[i ha ’n] — 8 (si) menò — XXV, 6 R ta[l] — 8 G comperai — XXVI, 6 R [assolver] — XXVII, 3 R cierta(na)mente — 8 (e) Salam. — XXVIII, 4 R [mai] — XXIX, 1 R partito fue — 2 onteso — 7 (questi) vi manda — XXXI, 4 R e[d] a — 6 [a lui] — XXXII, 6 R [gli] — XXXIII, 4 R rispose[gli] — XXXIV, 3 GR come — XXXV, 1 RG cha — 5 RG e[d] una — XXXVI, 1 R chavaleando — XXXVII, 4 R undalulato — XXXVIII, 4 R i[n) Dio — XXXIX, 5 G per cura — XL, 8 RG nel[lo] — XLV, x R (in) sulla — XLVI-XLiX: di queste quattro ott. abbiamo il testo apo grafo X — XLVI, 1 RG e poi dicea: — a — 3 R avere — 5 R edel disse : deh — XLVII, 1 RG. Quando fue — 2 con alieggrezza n’andarono a — 3 et a braccio — 4 tutta la notte istettero — 5 K il giorno — 6 RG ac- comiatava che a loro ebbe detto — 7 i’ vado — XLVIII, 1 RG contento di partir— 2 si rimuta sua g. — 3 e secondo ch’io trovo nelle carte— 5 lettere scrisse poi in ciascuna parte — 7 ne vo io — 8 al ni potente — XLIX, 3 RG Infítto che col marito suo vivette — 4 feciono insieme lunga e santa — 6 poi ebbon — 8 K fieri — I vv. 7-8 sono in RG: il qual conciede a noi il Creatore | Questo cantare è detto al vostro onore. (1) Muto «d’ariento» in «trecento», perché nell’ott. xlix si parla della restitu- zione dei libri, ma non delle some d’ariento. [p. 364 modifica]

X La Regina d’Oriente si legge in un numero notevole di ma- noscritti. K. — Codice Kirkup. Manca il primo fascicolo del codice, sicché il cantare si inizia al quinto verso della íx ott. del secondo cantare. La perdita di quelle 16 cc. deve essere assai antica, poi- ché due diverse mani del Quattrocento notarono in alto allac. 17 a: «Chomincia i chantari della reina d’oriente». Il resto segue fino a c. 24 b: sono omesse due ottave, la íx e la x del terzo cantare. Per la sua compiutezza, questo codice del Trecento che, unico, rac- coglie insieme le sparse opere pucciane, e per altre ragioni, che sono state messe in evidenza dal Morpurgo, deve ritenersi assai prossimo all’autografo. Naturalmente l’ho tenuto a fondamento di questa edizione, senza per ciò obbligarmi ad una fedeltá pedis- sequa e cieca, perché in molti luoghi la sua lezione è meno lim- pida di quella di altri manoscritti, o si rivela addirittura errata. E. —Cod. Moreniano-Bigazzi CCXIII, c. 91 b: «Qui incomincia la reina d’oriente». Le pagine 100-104, mutile, sono state restau- rate dal moderno legatore e poi completate col testo dell’edizione Bonucci. M. — Biblioteca Marucelliana di Firenze, cod. C. 265. Grosso volume cartaceo, di cc. 182, racchiuso in una dozzinale, ma an- tica legatura di cuoio e di assicelle di legno. Fu messo insieme o almeno acquistato nel Quattrocento da un amatore, nonché della letteratura leggendaria, anche del vino: da Baldese di Matteo «vi- nattiere alla Nave» in Firenze. La Regina d’Oriente comincia, senza titolo alcuno, a c. 49, e, a tre ottave per pagina, occupa le cc. 49-80 b; dopo di che è l ’explicit: «Finissi questo libro». Pel tipo della composizione, questo volume si avvicina e si rassomiglia a quello Moreniano-Bigazzi, che pur contiene VApol- lonio e poi la Reina d’Oriente. E anche per la lezione gli si affratella; cfr., per esempio, iv, 1 ; v, 2 ; vi, 5-7; vili, 3; íx, 2-yò-T, x, 1, 5-6-7, ecc. Sono omesse le ottave xxii e xxv del iv can- tare e vi sono parecchi errori di scrittura e di interpretazione. U. — Cod. 158 della Bibl. Univ. di Bologna. Bel voi. di per- gamena del sec. xiv, scritto a due colonne, con rubriche, illu- strato da F. Zambrini nella Prefazione al Libro della cucina del [p. 365 modifica]

sec. XIV (Bologna, 1863, Scelta di curiosila letter., disp. XL), e piú sommariamente dal Mazzatinti ( Inv. dei tnss. delle biblioteche d’Italia, xv, 156). Appartenne al pontefice Benedetto XIV. La Regina d’Oriente vi occupa 9 cc. e una col. della io a (c. 86-95 a) con circa cinque ottave per colonna : manca la fine del terzo can- tare (xxxviii-l) e il principio del quarto (i-xxin, v. 5), in tutto 35 ottave, le quali dovevano occupare per intero due carte, tra l’attuale c. 93 e la 94. Oltre questa grande lacuna, dovuta alla perdita delle due cc., il testo e mancante dell’ott. xix del terzo cantare. Questo ms. è indicato dal Bonucci col nome di «Veg- gettiano XV», nome che non gli appartenne mai, se non per questo che esso ebbe dal bibliotecario Liborio Veggetti la nuova segnatura 158 (e non 15) in luogo d’un’altra piú antica. Pane. —Cod. Panciatichiano XX, del sec. xv, c. 82. Contiene, anepigrafe, solo le prime 4 ottave. T. — Cod. Tosi, del quale non conosco il destino. Questo ms., che conteneva la Sala di Malagigi e la Regina d’Oriente, dopo esser passato per le mani del bibliografo Tosi «attraverso le Alpi e la Manica, andò a cascare Dio sa dove», scrive il Rajna. L. — Ms. posseduto dal cav. Fortunato Lanci di Roma e da lui trasmesso al Bonucci, il quale se ne servi specialmente nelle 35 ottave mancanti in U. Non so se questo testo fosse copia di un codice antico o un codice antico esso stesso, e di quale secolo, nulla dicendo il Bonucci. Le stampe popolari della Regina d’Oriente sono cosi nume- rose che non spero che l’enumerazione, che ora segue, possa es- sere compiuta: I (1483). — La reyna d’oriente. — In fine: «Finita la reyna doriente adí 2 guiugno (sic) Mcccc. lxxxiii, In-firenze». — I11-4 0 , 3 quad. (reg. a-b-c) caratt. tondo, 4 ottave per pagina: cfr. Molini, Operette bibliografiche , p. 114. II (1485). — Ediz. s. a. n. 1 ., in 4 0 , «carattere rotondo, che ha del nostro corsivo», mancante di virgole, numeri e richiami. Un esemplare fu rinvenuto alla metá del Settecento, a Napoli, da S. M. di Blasi (Continuazione della lettera del padre d. Salvatore Maria di Blasi intorno ad alcuni libri di prima stampa , negli Opuscoli di autori siciliani, t. xx, Palermo, 1778) in un ricco volume miscel- laneo di stampe popolari del Quattrocento. Ili (sec. xvi). — La Regina d’oriente (gotico). — Segue un intaglio in legno, che rappresenta una regina in orazione ; indi le [p. 366 modifica]

tre prime strofe. Ine.: «Superna maestá da cui procede» Fin. alla c. io b, seconda col.,1. 44 : «la historia è finita al vostro onore». Il Fine. — s. 1 . n. a. n. t., in-40, car. romani con seg. e cust., senza num. di pagine. Le ottave sono 194, le figure io. È pos- seduta dalla Bibl. di Wolfenbuttel, Misceli, n. XIV. IV (sec. xvi). — Edizione identica alla precedente, ma poste- riore; è posseduta dalla Bibl. Magliabechiana. V ( 1587). — La Regina d’oriente — In fine: In Firenze, ap- presso Francesco Tosi, alle Scale di Badia, 158 7. In 4 0 di 12 cc. non numerate (Reg. : A, Aij, Aiij, B 2, A 5, A 6) a due coll., car. tondi. — Reca cinque stampe: la prima, nel frontespizio, rappre- senta la regina che prega ; la seconda (c. B 2 recto’) la celebrazione del matrimonio; la terza (c. 6 recto) un giardino, dove il Re e la principessa si tengono per mano; la quarta (c. 9 r) e la quinta (c. io r rappresentano una battaglia di cavalleria. Le ottave sono 194: fin.: «Al vostro honor Anton Pulci l’ha fatto». — È nella Bibl. Palatina di Firenze. VI (1628). — La Regina d’oriente — In fine: In Firenze, Rincontro a Sant’Apolanari, 1628. Con Licenza di Superiori. In-4 0 , di io carte non num. (Reg.: A-A5), a due colonne, caratt. tondo. Dopo il titolo, la medesima stampa che è nell’ediz. V, ma con diverso contorno. Un esemplare è nella Palatina. VII (sec. xvn ex.). — Historia della Regina d’oriente, dove si tratta di molti apparecchi, trionfi e feste tra valorosi cavalieri, Bologna, Pisani, s. a., in-i2°. Questa edizione fu riprodotta piú volte, nel sec. xvn e xvm, s. a.: cfr. G. Libri, Catalogo del 1847, n. 1106; Brunet, Manuel, iv, 957. Moltissime sono le edizioni popolari del sec. xvm e xix. «Di questo poemetto cavalleresco popolare — scrive lo Zambrini, Opere volgari *, col. 848 — si sono fatte in ogni tempo, e quasi direi, in ogni cittá d’Italia edizioni per uso del popolo, ma grandemente sfigurate e ridotte in tutto alla moderna dicitura». Oltre le numerose edizioni popolari, ne abbiamo due, che vorrebbero essere critiche e filologiche: Vili (1862). — Historia \ della | Reina d’Oriente | di | Anton {sic) Pucci | Fiorentino | Poema cavalleresco | del xin 0 secolo | pubblicato e restituito | alla sua buona primitiva lezione | su testi a penna | dal dottore Anicio Bonucci. Bologna, 1862 (disp. XLI della Scelta di curiositá letterarie ). — Il titolo è lungo e con- tiene moltissime promesse, delle quali, con mirabile sfrontatezza, [p. 367 modifica]

nessuna è mantenuta nel libro. Il testo non è per nulla rivisto sui «testi a penna», ma è condotto sul cod. U fino al cant. III. ott. 37. Per le 35 ottave mancanti in U e per il cant. IV, ott. 23-24, l’edi- zione è dedotta dal testo del cav. Fortunato Lanci. Con questo pasticcio, il Bonucci si illudeva di aver scoperte le «auguste vir- ginali bellezze» della poesia antica; ma gli spropositi, che gli piov- vero tra le carte da ogni canto, sono cosi numerosi e piramidali, che quella edizione resterá per un pezzo un monumento di cieca ridicolaggine. Del resto, tutti riconobbero subito di qual pregio fosse il libro del Bonucci e non gli risparmiarono rimproveri ; ma egli soleva giustificarsi, dicendo che si era fatto correggere le bozze dalla serva. E qualche anno piú tardi mise fuori una nuova Regina d’Oriente. IX (1867). — Historia della Bella (sic) Reina d’Oriente, poema romanzesco di Antonio Pucci fiorentino, poeta del secolo di Dante, novellamente ristampato ed a miglior lezione ridotto sopra un testo a penna Marucelliano, in Bologna, 1867, in-8°, di pp. xvi-64. In fine: «In Bologna, fatta stampare dal bibliofilo Anicio Bonucci, nelle case di Costantino Cacciamani». — Ma questa edizione «ri- veduta» non riuscí meglio della prima e, se quella fu corretta dalla serva, «v’è da dubitare — diceva argutamente lo Zam- brini — non le bozze stavolta fossero rivedute dal guattero» ! Preparando questa mia edizione, le due bonucciane non po- tevano in alcuna maniera servirmi, se non per rappresentare, chi sa come trasfigurate, le varianti del testo Lanci, del quale ignoro la sorte ; e perciò mi sono valso senz’altro dei quattro manoscritti : K, M, E, U. Subito la concordia nelle lezioni e negli errori tra U ed E mi avverti che essi formano una famiglia distinta. Dove gli altri mss. hanno «ed ella fa’» (I. 30, 7), U ed E recano insieme «ap- presso fa»; —dove: «non ne pensate d’aver» (II, 33, 3) E «non v’è mestier», ed U «non vi fará mestier»; — KM «paresse» =» EU «tornasse» (II, 36, 7); — KM «che figliuol era» = EU «chi ’l signor era» (II, 37, 7); — KM «l’ha fatto» = EU «lo fece» (II, 40, 6); — KM «prima che ’l v’entrasse» = EU «parea che tremasse» (III, 2, 7). — E l’enumerazione potrebbe conti- nuare all’infinito. M aderisce per alcuni tratti ad E e per altri si mostra tribu- tario di K. Nel cant. IV 16, 7, E reca «e poi col re si mosse»; K sopprime l’«l», come sempre, per un vezzo di pronuncia, «e [p. 368 modifica]

poi core si mosse»; M, malamente interpretando l’inesatta grafia di K, storpia cosi il v.: «e poi a correre si mosse». K naturalmente ha un testo buono, ma non impeccabile. Molte volte la lezione si rivela una corruzione di quella data da E e M, che il senso e la rima accertano esatta: E «crescendo» = K «che sendo» (II, 29, 5); — E «s’ella» = K «sole» (II, 43, 3); — EM «la possa» = K «la poscia» (III, 1, 5); — EM «nolle» = K «nulla» (IH, 28, 8); — EM «avere isposo» = K «vero sposo» (III, 28, 7); — EM «ove il cor pogno» = K «ove il compagno» (IV, 1, 6), ecc. Abbiamo dunque tre tradizioni, quella di K, quella della fa- miglia EU e quella di M, il quale è nei passi prima arrecati tri- butario di K e in questi ultimi è invece da lui indipendente. Insomma i rapporti tra i vari mss. potrebbero cosi rappresentarsi graficamente : autografo x K y Ecco ora le principali varianti: I, 2 E dalchuna sostanza; M d’altrui bene si stanza—3 U a chi ti richiede; M essere chortese achum che ti — II, 4 E di se inn. ; U fa inam. — 5 M che poi rimato — 7 U chio vi prometto —8 U piú bella.— III, 2 UM nel— IV, 1 U Giusta reina e di — 6 U avea — 8 U lavea a tutto suo; M Questa gli; E in suo piaciere lavea nel suo — V, x U Si- come dice li erano; M sera; E sichome som — 4 EM ed eran — 6 U [che] angeli parean non che—VI, 1 E Em guardia; M questa gentil reg.— 5 U quella — 7 U che mai noi fe’simile signore — VII, 4 E papa; M pare — 5 E per difese — 7 U, seguito dal Bonucci : Per ubbidire de lo papa il manto; M. Per riverentia. La lez. di E che accolgo, è pur quella delle ediz. quattrocentine — Vili, 3 U questa vita ogni altra — 4 U mon dane cose vole al suo diviso. Il Bon. segue questa lezione, che non dá senso alcuno; EM e l’ed. del 1475: «mondan diletti vuole». L’ed. 1475: «tien» per non diviso (M divini). «Tenere per non diviso» = «considerare indivisa una proprietá» (Crusca, iv, 781), sicché intendasi: «La regina [p. 369 modifica]

d’Or. considerava le gioie della vita quali una proprietá indivisibile per tutti gli uomini» — 5 U di morir — 7 M per acertar la fate che in pers. — 8 UM dinanti — IX, 1 M fé — 2 EM a chonsigliare — 3 U tra ciento — 6 EM quanto poteron perché la — 7 E sotto la pena del fuoco la si muovesse — 8 M segnale pap. — X, 1 U caminò — 2 M questa — 5 U chè disiato ò sopra l’altre — 6 U ho sempre mai di fare — 7 EM e quelle — 8 E tene; M po’ le—XI, 3 M c’ogn’uom—5 E raccontolli — 7 EM che ella—XII, 1 E-ave— 3 E addomandandol della sua adornezza; M do- mandollo — 4M ond’e’ rispuose, el mess. ; U savio messaggieii — 5 U sua savezza — 7 Bonucci: «lo nobil baronaggio e lo suo avere», smentito da EMÙ — XIII, 1 U ludiva subito contare — 2 U e Bon. : crescea la voglia — 3 E al p. and. a rachord.; U rammentare — 4 U e Bon. un termine — 5 U e Bon. Sed ella viene fatela; M ispogliare —6 E Se non v’è colpa faccilisi — 7 U c Bon. fgiá) — 8 U e Bon. (si) son poscia — XIV, 1 U e Bon. Veg- giendo {sic) il papa — 4 U e Bon. soppena — 6 UE farò; Bon. fece — XV, 1 E va ve va — 2 U e baroni — 6 U in sign. — 7 U ed altre donne rimase; M vedove e figlie; E vedove donne rimase — 8 E marchigiane — XVI, 1 U e Bon. li ebbe in p. ; M raunato a suo modo il p. — 2 Bon. si fu — U lalta reina sicome saputa; ma questo verso appartiene all’ott. XXXI, 2 — 4 M gl’avia data; U che dal papa avia avuta — 5 M proponi- mento — 7 U a voi p. ; 8 M uno gran chonte — XVII, 1 U dissele: reina — 3 U duomiglia — 5 EM sedio fallassi — 6 E a me — 8 E chi contradicie acciò — XVIII, 3 EM e io — 7 E di parlatore; U del perlatoro — 8 EU bar- bassoro — XIX, 1 Ue Bon. lo quale — 2 E di vero; M. neneri —5 E morir se io con loro presente — 6 E diece milia — 8 M la pr. ; U cavai, e chi pedoni. — XX, 1 E Ella li ringr. — 3 U e disse — 6 EMÙ nel mondo — 7 E ora mi ; M ormai mi — 8 M che pare a voi — XXI, 2 U andava piú l’uno che l’altro volentieri — 3 U e della — 4 U piangeano donne — 5 E le ordin.— 6 M ar- mati dieci — 7 E e la metá —XXII, 1 EM E la reina. Mi attengo ad U, nono- stante la concordia di EM, perché l’espressione: «l’alta reina» è costante nel cantare (cfr. XVII, 1; XXXI, 2; cant. sec., XIV, 2; XXIII, 8; XXVI, 2) — 6 M contrada — 7 U onde ciascun si parti; M e tutti si partiron —8 E ella duchessa — XXIII, 1 E E voi singnori perche siate ; M che vo siete — 3 U con trentamilia. Dall’ott. XXI, 6 sappiamo con certezza che i cavalieri della scorta erano in numero di 10000 — 4 E gagliardi tutti quanti e pien di posse; M che di sea tanti non teme niente — 5 U e di pedoni assai annominati — 7 M mantello — XXIV, 3 M musiche — 4 U [ch’]allor — 6 E giorno — 7 M chiuse di scarlatto — XXV, 3 ME neri turchi — 6 U con molti suoni — 7 M in su ogni — 8 E dove che l’arme — XXVI, 1 U Nel mezzo avea; M Appresso a questo un charro — 2 U tirato; E il qual tirava ; M tiravan — 3 E come ; M piú che — 7 U di pietre e gemme aveva la cort. — 8 E vi — XXVII, 2 UM e camp. — 3 E per dodici R. — 4 E El ; M Chol — XXVIII, 1 E chorrava — 2 E luciano; M lutiano—4 U me- nava oro e argento — 5 U fiume anzi era di — 7 M e correva pel suo; E e [p. 370 modifica]

per lo suo correva — 8 M e’ non è mer. — XXIX, 2 M turchi neri a piè; E turchi a piè e piú dintorno — 3 M capo sopra una; E sunn una; U avea una — 4 U con istendardo ch’era — 5 U e ver.; E che veram. — 6 E fa bisogno — 8 U che sará — XXX: in U e Bon. i vv. sono cosi disposti: 1-2-5-6-3-4 — 3 U e riguardando la sua — 5 E delle; EM eh’ognuna parea — 6 EM angeli di paradiso senza — 7 EM l’un col- l’altro— XXXI, 1 U dismotò; E dismontava — 3 EM con mille turchi montò — 4 U però eh’ a torto — 7 U gittandolisi a piedi chon umiltade 8 UE che cotn. — XXXII, 3 U e tutto laltra — 6 M ch’io non com- misi — 7 EM e ’m vita — XXXIII, 1 M i’ prendo — 2 E etterna — 4 U uscire; E debbin; M debon — 5 U disiando ciò mi pare stare — 7 U chero — 8 E ma spero aver l’altra vita gioconda — XXXIV, 1 M ora eh’ io — 3 M quella fu sola alza i panni — 4 U li mostra — 5 M dicendo — 6 E con questo ho fatto — 7 U sulle carni un ferro — XXXV, 1 U Levossi su — 2 E che gratia; M santa donna; U chieri — 4 M dicendo a quello: Iddio; E per cui mi ; U a cui mercé — 5 U dicendo padre — 6 E a piè de’ ; M presso a’ — 7 M di tal chiesta; U Quand’ebbe ella di ciò la voglia — XXXVI, 1 U io voglio; E i vo’; M santo padre — 2 U mel — 3 U con — 5 U il papa disse: Donna or ti procaccia; E papa — 6 M arai di corto; U del ventre tuo tosto avrá la preda — 8 U [adj — XXXVII, 6 U e’ tornò arrieto — 8 U di c; E sopra la guardia destro— XXXVIII, 4 U ella non prenda — 7 M e c[i]ò vuol fare per—3 M el periato — XXXIX, 5 M che quando — 7 M del — XL, 1 U come voi sapete; EM come sapete davante. Ma «davante» non ci si è detto nulla — 2 U sett. con tremila secento; E cento sessanta con mille dugento; M sessanta sei con semilia davanti — 3 U ellegion — 4 U sarebbe — 6 E n’avrie — XLI, 1 U egli disse — 2 U loro a tutti quanti i freni ; E e gli altri arnesi ; M e sua arnesi — 3 E fa che lo sq. — 5 U che t’inganni — 6 U ciò non pesi — 7 E alquanti di voi procuri sua — 8 M se questa guerra — XLII, 1 U il — 8 U tosto l’ebbe — XLIII, 1 U disseli: se dama — 2 U damor — 4 Bon. che’n tanti; tutti i mss.: «con» — 5 M vorete — XLIV, 1 E seguir la sua — 3 U madre mia io muoio — 4 U reina io sono ; E reina si m’á — 6 U in questo palagio ; EM sare’ sanicato — XLV, 2 U settantadue — 3 Bon. salutolla — 6 U non facessi meco ; E facessi teco — 7 MU sospirò — 8 U e disse : Io vi verrò — XLVI, 1 EM e ord. — 3 U siate — 4 E a seguir me se bisogno n’ avronne — 8 EM [a]; U qual, feria si gli. — XLVII, 2 M le si — 4 [che] ; U di ciò nel viso tutta — 6 E in zambra; M lerece — 8U vuole — XLVIII, 2 U la camera; EM che n’eran prima — 3 M ma sempre stavano — 5 M tutti andaro ; U allor si ficcaro — 6 M sospinsofn] — 7 U levassin — XLIX, 2 M non sapete levar — 3 E è tra voi n. ; M uno si buono che — 5 U corre- vano se.; E baroni; EM quei balconi — L, 1 E in su quel punto fu — 3 M e allo imp. sulla —4 M le die’ un colpo che cade istram.; E die’ tal che morta cade istrangosciata ; U cadde morta — 5 E e secondo chel cantar manifesta — 7 EM scapitò. [p. 371 modifica]

Secondo cantare — x, 3 E e perdi: M si sperdo. Si costruisca: «Perdona a me s’io perdo il tempo»—4 EM perdonami—6 U tanto de la tua grada cbio te chieggio — II, 3 U di valore — 7 U or seguitiam; M chon (= come) — III, 1 U si socc. — 2 U de’ suoi baron nessun trova; EM de sei cavalier l’uno — 4 M ora ci p. — 8 U aveafn]; EM avevan fatto (M vinto) la pugna — IV, E Quando la donna co’ — 2 E fu ritornata senza — 5 E si disse — 6 M quinci — V, 3 EM me- dicar si — 4 E che nolla potessono — 5 EM e’ le con. —VI, 2 U quanta gente ed arnese ha’ tu conteco — 4 E avrá — 6 U tornati ; starati — 7 E che fugga — VII, 1 U segreta — 2 M rispose amant.; E disse incontanente — 6 M perchè di loro ò ogniun data la traccia— 7 diceva— Vili, 1 M im- presa — 2 UM ci ; U fare — 5 M difesa — 7 EM fché] — IX, 2 M egli è me- glio— 3 U per lor volere ; M al suo — 7 E prima—X, 2 E Or siate: K e disse — 4 U e trascinarla; M. e trasc. sia; K porta — 5 UM ciaschedun che sua — U e tutti i suoi baroni dicon che muoia — 7 U sian tutte sp. — 8 M e in pregione a Roma le menate; EU e tutte quante sieno imprigionate — XI, 1 M biltade — 3 U inanzi e da molte; K inanzi per — 4 U venir — 5 U sospirò con gran ; K apresso sosp. — 6 U disraontò — 7 U gli occhi levati si fu — 8 U e di buon cuore — XII, 1 U e disse : Di me pietá ; E noi — 4 U questo — 5 U che de le mie dame non si perda — 6 K dallor— K [io) — XIII, 1 U fu — 3 U perche a Dio se’ stata diritta — 6 U labbia; E Tarai — 7 U gente come fa ’l mare al vento— XIV, 1 UE Poich’è — 2 KM e la reina; ma cfr. la nota al cant. x°, XXII, 1 — 4 U inverso — 5 PIU e come giunse allor, tutta — 8 KEM fugiva — XV, 1 EM i roman se n’and.— 3 U ventini. ; E diecem. — 6 E avea ; U ebbe — 8 K di que’ —XVI, 1 U Essendo in Scon- fitta — 2 U a casa — 4 U che mai simile noi fece s. — 6 U elli rispuose — 7 U Lo fatto è ito — XVII, 3 U ricchezze eh’ ha tanto — 4 U tutto gli avvien per —6 U cavalieri poi — 8 U parole maliziose; EM p. malivagie— XVIII, 7 U n’ha fatto —8 U di q. — XIX, x U e quando — 3 U e li suoi... ha bagnato — 4 U in gin. — 5 U e disse—6 E i’ mi confesso — 7 M pipento; U perdonanza — 8 UE benedillo; dipartio — XX, 1 K dama — 3 U e quando lesse la lettera — 4 EU di quel — 7 U e quando la nov. sua gente — 8 M fece—XXI, 1 E nobiltade — 2 U di subito richiese—3 U Ed elli disse: E il re risp. per tal — 4M sanza chagione; U senza nome tal partito — 5 EMÙ trent’anni — XXII, 1 U Veggendo il re ch’è si bella — 2 U si disse: Tu di’ vero— 4 U in figliuol maschio — 5 UE la mattina lo fatto si — 7 K [d’]; E in un— XXIII, 1 U Ed in quel tempo lo re; K [si] — 2 U e ’n pochi di passò — 3 EM di che — 4 U molta gente — 5 M dorato — 6 KEM quel(lo) — 8 E ella — XXIV, 1 U disse — 2 U faccia l’uno a l’altro — 3 U dopo il proponimento sará quello — 4 E faccia male — 5 K (e) non — 6 U sopra di voi vederete di corto — 8 K di ciò la gente ne fe’ gran — XXV, 1 U una ch’aveva — 2 U segreta; ME segretaria — 4 E chome detto ái ; M d’avere ch’ancora; U d’un f. [aver] —5 U scandalo sará — 8 EM che ’l senno; U che hai lo senno intero — XXVI, 1 U del; [p. 372 modifica]

E Quando fu il tempo, di che fu agravata — 4 U segretamente un figlino! ch’ella fe’; E cielatamente un fanciul fe’ —6 UE con esso in camera si fu — 7 UEle — XXVII, 4 M fuora la ne mandò; U fuor la mandò — 5 M che collo trastulla — 6 U ridendo; E guardando — XXVIII, 1 K dame ; U ella legre^a delle donne fu — 3 U la novella tra — 5 U armeg- giando in s. a; E armeggiaron — 7 U e ciasch. crede che maschio — 8 K de’ — XXIX, 1 U di — 3 U facea ; EM fecie — 4 U stare bene ad agio — 5 K e po che sendo a modo mascolino — 6 M la fe’ vestire di fine adoagio — 7 K parefva]; U (chede) pareva — 8 KME altro (mai)— XXX, 4 U e poi si ordino ched ei v. — 5 U Da poi — 7 E apresso fe* t. 1 . sua f.; U apresso fa— XXXI, 3 K chi’ temerò — 4 U danno né v. — 5 E potrá fare; U e t. non può — 8 KEM (e) s’io — XXXII, 3 U Come fu giunta si v. — 6 U poner — 7 manca in U. Dopo il v. 8 U ha il seg.: infine che insegnato no’ gli avrai — XXXIII, 1 U ma se voi fate si — 3 U non vi fará mestier; E non v’è mestier — 4 K quanto voi; E quantunque — 6 U che sol — 8 U farollo — XXXIV, 1 UE quando; E Ella fanc. poi che—2 U d’apprendere ciò ch’ella v. — 3 EU quando la madre — 5 UME rispondea; E ema — XXXV, 2 M si che l’era — 3 EMUK pari — 4 K in isc. — 7 M (n’) avea; E che in sé — XXXVI, 3 M presto — 4 U il suo figliuol; M ne men. ; E adobbasse — 5 U c. d. d’ un color — 6 U e a cavallo — 7 EU tornasse — 8 K e d’oro — XXXVII, 2 U ciò che comprese da quella scrittura — 4 K molti begli ; M ricco — 7 K chi figliorera ; U che si- gnor è onde li — 8 U piú che He — XXXVIII, 1 U cavalcaro per — 2 UEM si — 5 U che tutti — 6 U si gli andassono a fare — 8 M a altra gente a cavalcare fur — XXXIX, 1 EMÙ e la; M comando — 2 EU dovia — 4 U posare — 5 U [di] — 6 U si fu veduto si bel cioperare — 7 U e giunto il re—8 EU sarebbe; M non si potre’per me fare manifesta — XL, 1 EU e poi—3 U diceano — 5 U che ’1 padre naturale; KME certo; M sono — 6 M colle sue; EU lo fece —7 [eh’] — XLI, 1 U dimostrare — 3 U imparò a... ed a — 4 U era prò’ — 6 K bene arpe e 1 . — 7 M per l’uni- verso— 8 M per tutto e ogni verso—XLII, 4 M la mia figlia vuole — 5 M Perch’io; U e’no so— 7 manca in U; M voi s.; E confaccia— 8 In U l’ultimo v. è: «prima che morte di vita mi sfaccia» — XLIII, 2 E elle vert. —3 E suo conv. —5 U e bella d’adornenza; U sole dela pariscenza — 6 U lui ha in se ogni biltá — 7 U fuora non ha—XLIV, 5 U ond’elli l’accetta di buon — 6 M e disse — 7 K ciambra— XLV, 5 M alor prom.—7 U dicea: Non ciò facendo, parria sdegno—8 M diserto ne sará ’l tuo — XLVI, x U lore fece — 6 U d’offendere al padre celestiale — 8 M vuo’ far — XLVII, 1 K preso — 2 E ap. e fe’— 3 M onde tutta la g. — 4 U ambasciata — 5 U lo con. e ’l — 6 U caminare fe’ — 8 KEM diciendo ingenochiossi — XLVIII, 1 M Reina tu non mi vedi — 2 M onde mi dá la tua benedizione — 3 U si trasse gran — 4 U cotal — 5 U ov’ai — 6 M e la discrezione — 7 EM rispuose la reina— XLIX, 1 U la donna uccisi e ne son — 2 U del signor — 4 U né faccia ciò che ’1 ; E [p. 373 modifica]

non sará quello ; M fará quello che ’1 patrimonio — 5 U se ciò torna — 6 M asperamente lo —7 UE d. B. disse—8 U collei i’ credo qui menare — L, 1 U si l’á — 2 U si partio — 3 U e coll’ambasceria ; M tanto effetto — 4 U che lui seguio —5 U Nel t. canto — 8 g onor dett’è questo c. ; U Antonio Pucci rimò questo cantare — In M. f vv. 7-8 sono: e come alfine per gratia di Dio | a ogni suo voler la convertio. Terzo cantare — t U qui guidato — 5 U chio possa dire come; M si come è cornine. — 6 U gente questa storia ; E dar vettoria — II, 4 U da — 5 E oramai —6 U orribilmente; K comparisce — 7 UE Roma parea che tremasse — 8 K choli... mollasse ; E tonasse — III, 2 E con tutta; M chompagnia — 3 M furono davante — 4 E allegrezza che fan — 5 U si furo — IV, 3 U Costui; K Ansatone; M un Ans. — 4 U agnolo par — 7 U e dismontó sempre con donna — 8 U appresso; E va appresso — V, 1 U quando il re — 5 U montòro a cavallo e andaro tanto ; M e furon mossi a cavalcare tanto — 6 U furon — 7 E iscesi ; U montar la— 8 E tro- varom — VI, 1 UE’nginocchiato gli si fu al piede—3 E quando si bello — 4 K sei; M signor mio —6 U se piace a te, contento ne son io; EK se tu t’appaghi tu son content’io — 7 U ed e’ risp. — 8 E vostro son io; M piú lieto sono che fussi mai persona — VII, 1 U asse chiamò — 2 EU isposo — 3 UM [che] — 4 U bianco lo vede chome la spera e sole — 7 K son piú; E son piú che cont. — Vili, 1 E tenendo — 2 M duchi e re — 4 M che rilucevan piú — 5 U e ben valean piú di cinque — 6 U che fosse ’n que’ — 7 U e tanta festa se ne fece ’n R. —8 U di che... se ne noma ; KE sona. — In K mancano le ott. IX e X — XI, 3 U novel — 7 E come fa — X, 2 EUM verginitade, ma il verso cresce — 3 U il m. di fatto è; EM e di che matr. — 6 U mei — 8 U e seco tien — XI, 1 U quando — 3 U il piglia sanza; M il pigliaron e; — 3 E di p. in zambra si l’ebber; U e colla sposa in cam. è serrato —4 U ell’andò a letto dov’ha disiato — 5 U poi che dentro con lei fu riserrato; M che fu con lei dentro; K lui — 7 U voi; M signor—XII, r U Quando il — 2 EM io vo fare a Dio; U perch’io vuo fare — 5 M poi che con questo mi convene; E poi che mi convene in tal modo — 7 M perché insino a ora son vergine istata; U poi che Ila v. t’ho observ. — XIII, 1 U tutta — 2 EM dall’altra proda— 3 K fatto a la dura — 4 M troppo hai ; U assai tu m’ hai; ma qui il «voi», altezzoso e corrucciato, sta assai meglio del «tu» — 5 M ti — 7 U anco per ingenerare e ffar— XIV, 2 M ingniuna; U nessuna —3 U son quello che t’aggio; E quella — 4 U contare — 6U Fattura fu di donna Berta mia — 7 U dicendo; E Sorella mia, uomo io non sono — 8 EM ma degna di morir cheggio — XV, 1 U disse acciò che; EM ciò che — 4 M credette ; E fatto in breve. — 7-8 E e poi le disse quella donna bella: — Non pianger piú che sarò tua sorella—XVI, 3 U e questo fatto — 4 U a tutta la lor vita allor — 5 U con poco; M e un poco dim. — 6 K a quella ; U e ’n c. tornato dov’era la gente — 7 E la qual era ita tutta notte dintorno; U li quali erano iti tutta notte din. — 8 U poi si levaron — [p. 374 modifica]

XVII, i U asse la f. — 2 U si allegra; E vedendola si — 3 REM (figliaj; U (mia) — 4M meglio ; U rispuose — 5 M adimandava ; U e cosi disse a chi — 6 EM per non diviso; K per non aviso; ma cfr. la chiosa al cant. 1 Vili, 4 — 8 E che e’ fussem — XVIII, 1 U quando — 4 U [mai] in — 6 U rispuose il re: E’ parrebbe; E E’ parrebbe — 7 U Lo ben fare abbi- sogna — XIX, 3 E il re parlando; M breve parole — 8 E muovi — XX, 3 E leggendo il re — 4 U di ciò — 5 UE appresso s’è levato — 6 K contata — 8 K Ed e’ la; U e si gli disse — XXI, 2 M ch’io — 3 U muoviti e non dire ad altrui — 4 U non dire a nullo per qual via tu — 5 E ne vo gir coni lui — 6 U ed elli disse; E Va sed e’t’a. ; M e tu va se t’a. ; U Vanne se t’a. —8 U lo re menò la moglie —XXII, 3 R Del suo tornar; M si fe’festa sovrana — 5 U parti l’ambasceria; M altana — 6 E fa; M gran doni — 7 LI disse a lo ’inp.: O signor — XXIII, 5 M di lei maggior — 6 U tra moglie; M né moglie— XXIV, 2 M l’una l’altra — 3 li era; R vene — 4 U e’ stavano — 6 U biastemogli in molto aspro ; E ripresele con diverso — 7 U ed ella disse: Va via — 8 M tal favella — XXV, 1 M tutta crucciata — 2 U fra lo suo cor — 5 U si fu avviata ; E inviata — 8M che femin’è ’l marito— XXVI, 1 U Lo ’mperador disse — 2 E ch’egli abbi — 3 M allor prese — 5 U disse al signor: Quest’è di gran periglio — 6 E poscia; M poi ne facciamo aprirsi; U e faciasi di lui — 7 EM lo ’rnpe- rador; UEM se ciò torna in palese — XXVII, 2 R ed a’ re; U elio re — 4 U visitassono — 5 RU el re — 7-8 M cavalcarom... trovarom — XXVIII, 1 REM de la lor — 2 EU gran festa — 5 UM ed ella fu accorta ed — 7 EU ch’avere sposo — 8 U lo imperador per questo; R nulla — XXIX, 1 U Poi ordina d’andar fuori alla caccia — 2 E figliuola e ’l c. ; U la sposa e ’l — 3 U che si faccia — 4 U dentro alla sala per lo re un bagno — 5 EM e ciò facieu : U e tutto fa per vederlo a faccia — 7 U cavalcando — 8 U si faccia — XXX, 1 U (eh’) — 2 E la tal — 3 M alvi — 5 M il te l’arei ; U io te l’arei — XXXI, 1 U per quella valle scura; M dura — 2 R si va pur; U va cere. — 3 U perché affogar si volia per paura — 4 U di non essere giunto a — 5 RME dura; E in una v. — 6 U dicendo: Cristo a te mi raccomando — 7 U poi scavalcò e da sé ebbe caciato — 8 R e fu ; U oscuro lato; E bosco scurato — XXXII, 1 U poi inginochiossi e ficcò — 2 U dicendo e — 5 U che me la. — XXXIII, 1 R li"s.; manca in U.; E e ’l cervo giunse e inanzi — 2 U temette il re non fosse un ; M il re che tenne che non fusino c.—4 UM e disse — 5 U subitamente — XXXIV, 1 U si pose m. alla — 2 U poi che partito fu l’agnol presente — 3 U di si—4 E potrá — 5 MU Onde molto; U s’assicura—7 R lodamus ; E lardamus ; M laida mus (1); R a[r]mato — XXXV, 1 E trovò — 2 E in R. — 3 U grande lumera — 4 U tutta la selva la notte ognuom di foro — 6 U mill’oncie (t) Come ho avvertito piú volte (cfr. Regina d’Oriente, 2» cant., L; 3» cant., XV e L; 4» cant., XLI) il distico finale dell’ottava veniva mutato assai facilmente [p. 375 modifica]

d’oro da corte egli avrebbe; E piú di raill’once— XXXVI, i U quando furo su — 2 U cercar per la selva ebbe; E ebbeno — 5 Bon. Drieto la voce andorno tanto intorno — 8 Box. piú lieta fia quand’ella— XXXVII. 1 U quando — 2 U inanzi a Roma giunse — 3 U che ’l re torna piú chiaro — 4 K e la sua; U e coll’ambasceria — 6 K [che] crede; U quello crede — 7 U come fu giunto quel baron ; E quando fu giunto — 8 K le — XXXVIII, 4 M ca v’á d’ung. —5 E E lo re si spogliò, ch’avea — ó K co’ barun — 8 M ne feron ; Bon. facea gran — XXXIX, 5 M porta ron —XL, 3 M in quello — 6 K puoson ; E recaron(i)—XLI, 1 M sua isposa; Bon. che tutta era piena— 2 M considerando trovatosi; E tro- varselo — 4 K dappoi ; Bon. : e poi saputo aveva il ; M e non fu apena — 6 M ai re — 7 Bon. facendo inseme — XLII, 1 E Da poi — 3 Bon. come piacque a Quello — 4 Bon. che guida ’l tutto, e’ m’ha concesso questo — 5 Bon. e se dal cielo discese — 7 Bon. il re gli... prestamente — XLIII, 3 M Padre concedi alquanto non ti noi; Bon. padre benegno che ’l puoi — 6 E benedizion; Bon. and. allegri col nome di — 7 E Ed e’ — XLIV, 1 K E[d] — 3 M madonna — ; il e al b. d. r. fu inn. — 5 Bon. e pen- sava; K chiamarlo — 6 Bon. onde che — 7 E rocca andò — 8 M |edj — XLV, 1 Bon. La donna d’esta — 4 E e ’ncontro si le fece — 6 E con anche piú (= Bon. con ancor piú); M con tre piú; si intenda: «con tre piú di dieci» =» «con tredici» — 7 Bon. dodici — 8 E simile ciento cen- tinaia— XLVI, 1 E quand’ella; Bon. (a lui) et ella allora — 3 Bon. madonna — 6 Bon. andar lo fe’ alla rocca a riposare — 8 E misselo; M fe ’l metter d. e poi serrare — XLVII, 5 E effetto crudo — 6 Bon. bevati — 7 Bon (ch’)io s. — XLVIII, 2 Bon. e si fu a. — 4 Bon. che di presente e’ fussi disp. —6 E si gli; Bon. ella tosto si giacque a lui da lato — 7 Bon. un suo — XLIX, 1 Bon. 11 re destato — 3 Bon. ogni cosa tocca — 4 Bon. che far si crede con sua dolce sp. — 6 Bon. trovava — 7 E parole noi conforta né — 8 Bon. di quella rocca il pianto spande — L, 3 E sa- dai cantampanca e dai trascrittori. Tra i vari casi, quello della presente ottava è il piú caratteristico. 11 testo di U (= Bonucci) reca : Te Dr’unt laudiamo che ci a’ dato e usci del luogo dov’era inborato. M : Te Deunt laldamus sempre sia lodato e usci fuora dello iscuro burato. E : De Dermi lardamus a dir cominciòe e usci del bosco ov’elli albergòe. La lezione che io riproduco è quella di K. < 1 ) Nell’ediz. Bonucci (=L?) i vv. 7-8 sono cosi: Disse lo ’mperador senz’altri guai: — Tu m’hai contento piú ch’io fussi mai.— [p. 376 modifica]

piate — 4 E ebbe la d.; Bon. la moglie al suo mar. ad aq. — 5 Bon. E com’ella — 6 E e Bon. quarto cant. — 7 Bon. E 1 re si fu condotto a tristo sch. — 8M compiuto ; E Al v. onore finito è il canto trezo — Nell’ed. Bon. i versi di questa ottava sono cosi disposti: 1-2-3-5-6-4 7-8. Cantare quarto: I, 1 Bon. piu tempo; K pettenpi — 6 K ovel compogno; M cuore; Bon. ch’io comp. — II, 3 M fu el gran re — 6 Bon. la donna sua, che di fuori t. —7 M e alla suocera sua; Bon. E la moglie del re — III, 1 M udí — 2 K avea ; E la sua f. — 4 K nel suo — M prode e s. ; E prò e; Bon. molto s. — 7 M Bon. int., int. — IV, 1 Bon. La reina d’o. quando int. — 2 Bon. in quella rocca era el suo f. — 3 Bon. a tutti e’ suoi baroni fe’p. — 8 Bon. dove el figlio — V, 1 M guernita — 2 M che si forte— 3 KM fornita — 6 Bon. fa una c. —8 E si vincesse; Bon. si prendesse — VI, 1 M isteteno in ass. ; Bon. che giá fatto è — 2 Bon. colla cava giungevano alle m. — 3 Bon. e poi che forte ha ta- gliato l’assedio — 4 M aspra e d.; E fuora b. dura; Bon. dar di fuori la b. d. — 5 Bon. entrorno che — 7 M per lo re; Bon. e lo — 8 Bon. e quella donna prigione m. — VII, 4 KEM andar in oriente con molta all. — 6 E. fecieno; M. fe’ mettere in prigione co’ — 8 Bon. ne menar — Vili, 2 Bon. fecesi — 3 Bon. incontrato — 4 Bon. e av. bezzicare; E ch’egli abbi — 5 Bon. l’ebbe veduto e toccato — 6 M cominciare; Bon. a molta gente fece app. — 7 Bon. a giostr. arm. et isch.—8 Bon. fece — IX, 1 K (co)tanto — 2 K d’incarcieratti ; Bon. de’prigioni — 3 Bon. colla guardia — 4M umile molto — 7 E Ella li disse — 8 E nelo — X, 2 Bon. da ogni c. — 3 Bon. e giunto in — 4 E dovria; Bon. Batt. di donna addomanda — 6 E puosesi in campo ; Bon. poselo in campo e disse — 8 E fecie; M ella g. alla donna fe’ risp. — XI, 3 Bon. forza — 4 M s’i’; E una malvagia rea — 5 E che ’1 tuo — 6 E alquanto di prigione a trarmi dea ; M a trarmi ; K alquanto rea — XII, 3 Bon. Ella rimase allora pura e netta — 4 Bon. e liberolla; E si lib. —5 Bon. or vo’ sappiate — 6 M avea con seco —7 Bon. e M riebbon ; Bon. tutto ’l loro — 8 E fur Bon. fumo morti — XIII, 2 Bon. ne rese; E si rende... come — 3 Bon. subitamente a cavallo è montata — 4 Bon. e andò al torneo della —5 Bon. poi allo albergo corse e quivi — 7 Bon. a ferire al torneo ella n’and. — 8 E ne scontrava— XIV, 3 Bon. ognun — 5 Bon. uscir di que’— 6 Bon. disarmar ffirrogli; M li furo dint. ; E fulle — 8 Bon. e per amore a in.; M i q. per aschio a morte ; E i qual per asthio; K per lei — XV, 1 K prevene — 2 Bon. < 3 el gran re — 3 K edarme — 7 E quei — 8 K ella ci sta, el potrebb’esser — XVI, 2 M senza piú dire — 3 K onde ’l ; M onde ’l re — 5 M e la reina vecchia — 6 E chi di pregion l’avea f. — 7 M a correre — 8 E andò a lei infino lá do- v’era; Bon. fecesi incontro lá dov’ella—XVII, 2 M e torna alla — 3 M (ch’aio; Bon. aflr. — 4 Bon. dietro — 5 Bon. donna, o car signore — 6 E chieggio a vostra — XVIII, 1 Bon. el re li —2 Bon. quando; Bon. E verrò — 3 Bon. alla madre — 4 E ch’io non ho qui piú che dugiento meco; Bon. che ’l re n’aveva da d. —5 Bon. Disse la donna: Non ci fa: E e non vi fa [p. 377 modifica]

— 6 E n’ha — 8 E iratírn fuor — XIX, i Bon. e come d. f. tre; M ben due — 2 E domandò c. — 3 Bon. lo — 4 M e corno neglion sua — 5 E il re con tutta sua f.; Bon. el re fu preso con la sua mogliera; manca persino la rima! —6 Bon. e tutte l’arme tolse lor d’ali. —7 Bon. tanto cavalca che ’n suo; M e tanto va quella donna ch’ell’entra — XX, 2 Bon. fecie — 3 Bon. Poi che — 5 Bon. ben sa’ tu poi che mi v. f. — 7 E ond’ io farò — 8 Bon. per tuo amore costr. ; M di tuo—XXI, 1 E ritrovava; M di’ re — 3 KM E de’ ferestieri — 4 E che ciascuno sgonbrasse — 6 Bon. ritornò ciascheduno in — 7 Bon. sapendosi che il re — XXII l’ott. è omessa in M —4 Bon. in arine et in rumore — 5 Bon. che savio era e bene; E sicome s. e a. —6 Bon. alla sua donna ebbe scritto il —7 Bon. incarce- rato — 8 K sagreto — XXIII, 1 Bon. Quando — 2 Bon. quant’ — 3 Bon. fece venire presto in suo; M per tutto — 7 U e cavalcaro assai per tal — 8 Bon. ove prig. era il — XXIV, 1 Bon. E la sua gente quella cittá s.; U ell’assedie la cittá, che non era — 2 Bon. che niuno ent. non vi può ne use.; U potea — 3 Bon. mesi e piú vi fece star la — 4 M potien; U pos- son; Bon. potean —5 Bon. apriron... dier; KE diede U di che aperser la porta della — 8 M ch’era tenuta ; Bon. ed E: l’ha tenuta—XXV: l’ott. è omessa in M — iU passando poi per una s.; Bon. cavalcando per la s. — 2 Bon. donna si — 4 E il f. — 6 K temendo — 7 U e pur veggendo che noii potean p. ; E dissem — 8 U tornare ad. per p. ; E indietro—XXVI, UE alla marina; Bon. quando fur giunti del mare alla riva — 2 UE che mal far s’ing. — 3 U un es.; Bon. fece p. m. che es. — 5 U ed uno messaggio; Bon. de’ romani appariva ; E venia — 6 Bon. et al re — 7 M e disson i romani — 8 E che tu meni; Bon. eh’è menata — XXVII, 1 UM il re sopra di ciò — 3 Bon. Disse: Poi Dio — 5 U Poi fur partiti che non giron un; E e poi gir forse un; M ne giro — 6 E quell’armata—8 U e con suo gente si tornò in oriente—XXVIII, 1 M giunse; U Tornato... lo re— 2 U per t. lo suo g ; E ’l regno e gran; Bon. ch’è suo gran — 4 U il — 5 M giunti ; U e poi incominciò e prese a — 6 Bon. dal piè fino a! 7 Bon. tutti gli ing. che f. gii a — 8 RnN Quella falsa: U f. gl’ avea [’l] Signor della Spina — XXIX, 1 U tal — 2 UE gridando tutti — 3 KEM mandi(vi)si oste; U gente che quella cittá arda—5 U e quella; E la terra tutta — 6 U e diesi a lei si gravosa— 7 E risposte — 8 EU vi fe’ — XXX, r E cotal ; Bon. U quando la donna tal n. nota — 2 K dove l’oste; M quella donna l’oste ebbe; E a quella donna che l’oste; U Bon. che quello re l’oste gli ha b. —3 M malcometto; E malcometter — 4 E subito a macometto — 5 U davanti a la sua — 6 U e Bon. S’ tu hai forza, ora — XXXI, 1 K Po’; E Però — 4 K barun — 4 U manda — 5 E disseli ; M male.—6 Bon. ch’ha la sin.; U ella ra- gione; E della mia s. — XXXII, 1 Bon. parti allegramente—2 U poi Mac. — 3 U e Bon. perché a simil cosa s’era dato ; K n’era ; EM egli era — 4 U acciò s.—7 U giogante e di grandezza — XXXIII, 1 E un calabrone — 2 E avea acciesi—5 M quatt’uomini avia; E omini legati — 6 E una [p. 378 modifica]

n’avea innanzi che lo mordea; Bon. e U mordea ad arte lor l’anca — 7 KUE sanne; E seco avea; M avie dirieto — 8 U sette; M venti ispane — XXXIV, i U quando fu giunto nella — 2 U li porci si sparsono — 3 Bon. si fuggien — 4 UE e volentieri in—5 U divorando — 8 UE per paura; EM tra- mortiti— XXXV, 1 U terribil — 2 U (ella) raunata; K v’era—3 U perché facia—4 U ciascuno che’l; M qualunque — 5 U E 1 re allora si andò davante — 6 U e dimandollo quel ched e’ volea — 7 U uno : so ; M Baroni ; E Burbani — 8 U di M. ed anco de’ rum. — XXXVI, 1 Bon. e dalla parte sua ti fo c. — 3 U che una donna a cui ; M contro a lui — 4 U nostra diritta — 5 U cosa che far seguitando ; Bon . cosa che tu seguitando ; E ne farem quando—6 Bon. farebbe contro a te — 7 K in suo contrade — 8 K ma’ la tua cittade — XXXVII, 1 M vide: ism. — 3 M e disse — 4 U io non (piú) — 5 E che ’n breve — 7 E Ed e’ — 8 Bon. pegno vorròe miglior che di carta — XXXVIII, U Udendo 1 — 3 Bon. s’è gittato ginoc- chione; U fu gitt. —o U quel non essere al populo obbediente; K pre- sente— 8 U e Bon. me — XXXIX, 1 U dicendo; Bon. linita; E e detto questo — 3 K colui; U che Ila venuta di costui è tanto ria; E cotanto rio — 4 UEM promesso; U (altrui) — 5 M al suo — 7 K faton meste ; M fatto esle; E fatlum este — 8 U tuo — XL, 1 K angiol di Piero — 3 UM e si si fece (infronte) — 4 U e Bon. e al vicario andò — 5 U e Bon. giunse alloro molto feroce — 6 K Verbon — 7 U gente gridò; KM sua compagna; E c-i — 8 K puciol. — XLI, x UM Bon. E dilungato il terribil rondone — 2 E e’ p. — 4 E sospirando ; U fuora sospirando — 5 K con (gran); Bon. pricissione — 7-8 E Considerate quanto maggiormente | De’ far lagiú ’n inferno tal gente (cfr. la nota all’ott. XXXIV del terzo can- tare) — XLII, 1 U Or mag. — 2 U quelli che vi — 3 U che scure grida; M dolorosi guai — 4 U ch’a tal; Bon. che’n quelle parte — 5 Bon. disiosi d’udire; U e disiate; E Considerate — 6 U che gli angnoli di paradiso fanno — 8 U e Bon. può’— XLIII, 2 Bon. volse averla; K avere oferta — 3 M colei che fu isbandita — 4 U contro di lui, ciò fu ; M fu c[i]ò dama bella — 5 U stata era in contumace ; M in cont. — 8 Bon. vita ch’andò fra beati — XLIV, 1 M batezata — 3 Bon. a la lor; M tutta sua — 4 U feno — 6 U andorno in pazienza; Bon. con clemenza —7 E dove conduca noi il S. ; U al qual ci cond.—8 K feci; U questo cantare è detto al vostro onore; Bon. e l’istoria è finita al vostro onore. XI 11 cantare di Madonna Elena si trova in due codici: E. — Cod. Moreniano-Bigazzi CCX 1 II, c. 136 a [Di Madona Elena imperadrice}, fin. c. 148 a [Finis}. Il titolo non è esatto, per- ché appartiene ad un altro celebre cantare di argomento religioso. [p. 379 modifica]

F. — Cod. CLX della Bibliot. comunale di Perugia (giá C. 43): Novela di Lena, imperadrice — «Questo cod. ha parecchie lacune ed è scorrettissimo». Col sussidio dell’uno e dell’altro dei codd., il cantare fu pubblicato da Ottaviano Targioni-Tozzetti nel libretto Cantare \ di [ Madonna Eletta \ Imperatrice [per nozze Soria-Yi- tali], Livorno, 1880 (16°, di pp. 57) [T]. Il Targioni ebbe dal D’Ancona le copie del codice Perugino e del codice Moreniano, ch’egli definisce Pisano, perché allora era in proprietá di un prete del contado di Pisa. Il cod. E , scritto a Pisa, reca molte grafie pisane, «pulsella», «fattesse» ecc., le quali non furono eliminate tutte dal Targioni; io ho tolte anche le poche che vi erano restate. Ometto l’apparato alle varianti, per- ché esso è stato dato nell’edizione del Targioni e la lezione scelta da lui nei casi dubbi è sempre la piú giudiziosa e aggraziata. In qualche luogo mi sono scostato dall’edizione T, sia per rendere al verso la giusta misura, sia per schiarire il senso, che era evidentemente oscurato e arruffato dai copisti: III, 7 EF e disse: Arnaldo grossa son. T corregge: «Amai». «Questi scorciamenti non sono insoliti ai cantori popolari». Mi pare che d’un cosi strano scorciamento non vi sia bisogno, perché per dare la misura al v. basta togliere l’«e» iniziale — VII, 4 a[d] — XIV («) — XVIII, 1 e[d] — 4 o[d] è il vin... vi — 6 parole (’n) — XIX, 2 che[d] — XXIV, 4 T destro a la terra— XXV, 7 afd] — XXVII, 2 tu se’ vantato? Muto in «ti sei (1) I codd. sono molto discordi : K E (= T) Quivi avea giente di molti coluri Quivi aveva giente de molti paesi di strane parti e de lontan paesi di strane parti e da lungie cittade e de liali e de li tradituri e degli avari e ancor de’ cortesi, e de li avari e anche de li cortisi. con una coppa di gram dengnitade, Appresentò lo vin li servituri a mercatanti, a signori e a borghesi e si fu dato bere al re Alvisi e Carlo n’ebe a la sua volontade, e lo ne bevé a tutta sua volontade, e poi la diede a messer Rugieri ; poi porse la coppa a Urgier lo podestade. di mano in mauo, a’ maggior cavalieri. Il testo F dovrebbe essere accolto senz’altro, se fosse possibile ridurre a forma toscana le rime : «cortisi», «< Alvisi». Per schiarire il testo E, evidentemente bisogna mutare «a» (v. 5) in «ha» = vi sono mercanti, signori e borghesi, e mutare «n’ebbe» (v. 6) in «bebbe» (— bevé di F), iniziando col nuovo verso (6) un nuovo periodo logico. [p. 380 modifica]

vantato», per coerenza col v. 6 «mi son vantato» — XXIX, 4 che[d] — XL 1 II, 2 a[d] — LI, 2 EF che fu adimandato; T: «ch’e’ fu», ma neppure la correzione dá senso. Suppongo che il «che» dei mss. fosse in origine un «cho», vale a dire «ciò». E allora tutto si rischiara. — LVI, 7 a[d] — LX, 2 EFT questo non è piú da sofferire; mancano la rima e la misura del verso, perciò modifico: «questo colpo non è da sofferere» — 7 gran[de] — LXII. Nei codd. e in T mancano tutte le rime: * Ma- donna Elena il volse anco ferire: | la testa presto gli volea tagliare | Messer Guarnieri disse: Non mi uccidere | ch’io veggio ben ch’io non posso scampare. | Venga il libro e si lo fate scrivere... Muto «ucci- dere» (v. 3) in «finire» e «lo fate scrivere» in «vi fate a udire». «Scri- vere» fu attratto dall’» hanno scritto» di LXIII, 2 — LXII, 7 EFT che quelle gioie ch’io v’ò mostrate. Il verso manca: correggo: «Come quelle gioie ch’io ho mostrate» — LXIV, 8 EFT non vo’ eh’ Elena non mi trovi. Tolgo la ripetizione del «non» e sostituisco: «eh’ Eléna qui mi trovi» — LVII, 7 EF solonato. Il T. stampa «solo nato», che non dá senso alcuno ; si legga «sollenato», cioè istupidito per il dolore, svanito di mente (v. Gloss.) — LXIX, 8 EFT potremo. Ma il povero vecchio non c’entrava per nulla! Leggasi : «potrete». XII Anche del cantare di Cerbino non s’hanno manoscritti, ma solo stampe popolari: 1. — La novella di Cerbino. — Segue una stampa in legno, rappresentante un combattimento navale, poi due ottave. Ine.: «O sacre sante gloriose muse» — In-4 0 , cc. 6. non numerate (reg: a-aiij) a due colonne con 4-5 ott. per col. — Fin. dopo 4 ott.: Finis. Il Molini, Operette bibliografiche cit., p. 184 la definisce «del principio del ’500 e forse di Firenze, 1502»; cfr. R. Renier, Sonetti e strambotti dell’Altissimo, xliv n. — Un esemplare è nella Magliabechiana (981-7) ed è quello ch’io segno [MJ. 2. — La Novella di Cerbino — s. n., in-4 0 , 6 cc. non nume- rate; in fronte un intaglio in legno «che rappresenta la battaglia navale descritta per entro la novella, sopra la quale leggesi il ti- tolo suddetto, e sotto le 2 prime ottave. Il «verso» dell’ultima carta contiene 8 st. e la parola: Finis. L’edizione sembra fatta in Firenze, sul cadere del sec. xv». Cosi G. B. Passano, I no- vellieri ital. in verso, p. 93. 3. — Novella del Cerbino | in ottava rima | di un anonimo | antico — Bologna, 1862. In-16 0 , pp. 38. [Disp. XXV. 2 della Scelta [p. 381 modifica]

di curiosila letterarie]. Questa edizione è condotta su M ed è anonima. Preparando il testo di questo voi., ho tenuto sott’occhio que- sto libretto moderno [S] e l’edizione del Cinquecento [M]. Eccone le varianti piú cospicue: I, 5 M perle cuile labbra; S perre cui le. Per ristabilire la misura del verso, sostituisco «per la quale» — IV, 8 M secondo — VI, 3-4 S sua; M. sua gentileza e genolosia | non acchador ma per terra & per mare — VII, 8 M beltá — Vili, 2 MS si che ella — 3 M seppe — IX, 4 MS al suo — 6 MS sua beltá, sua belleza gloriosa — X,3 M ai — 6 MS suto t’è. — XI, 2 M posti — 4 M risposti—5 M che pur Cerbin oncerto — 6 M costi — XIV, 2 M legadra — 5 fne] — XVIII, 7 S venisse ch’ella n’andasse — 8 S voler per forza rapirla — XXI, 2 M ognun — XXIV, 3 M in Gra- nata bisognava che andassi — 5 M che’l sapporasse — XXVIII, 6 M due galee soctile—XXX, 7 MS prima a dire — XXXI, 1 M a voi — XXXIV, 2 [a] — XLVIII 2 M parebe — L, 5 [èj ferito — LXXIII, 8 M antroposse — LXXIV, 2 a[d] — LXXIX, 6 M estice S estinte (sic) — LXXX, 8 M respondeam’ecco — LXXXI, 1 M Non — 3 M Non resterano che sempre geme e prora — LXXX 1 I, 5 M incontro S incontro ti sarò — LXXXIX, 1 MS virtú — 7 M corpo mio la mia — 8 M che spento sia la tua famosa fortezza — XCII, 4 M dolci carmi.