La cavalleria italiana e le sue riforme/Evoluzioni, comandi e segnali

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Bardatura, attrezzi da campo ed impedimenti
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Evoluzioni, comandi e segnali.


Le evoluzioni della cavalleria debbono essere in armonia colla sua composizione, col suo armamento e coi progressi delle altre armi, affinchè possa sempre tenere alto il posto che le compete, e nulla perdere della sua importanza.

Non basta perciò cambiare gli ordini, alleggerire il cavallo ed abituarlo ad aumentare di velocità, con misurata progressione, a corse lunghe e rapide; ma bisogna pur semplificare le evoluzioni, per dare alla cavalleria tutta quella mobilità e leggerezza che si può maggiore, perchè oggi la potenza dei [p. 73 modifica]mezzi di distruzione delle armi da fuoco renderà assai più sicuro e frequente l’uso dell’arme bianca.

Il nostro regolamento d’esercizi e d’evoluzioni, riveduto e ristampato nel 1862, non è che una compilazione spesso testuale dell’ordinanza francese del 1829; ed in esso, all’infuori delle tolte inversioni, niun’altra modificazione essenziale vi fu introdotta. Anzi l’istruzione elementare vi si accrebbe d’una quantità d’inutili e pedantesche minuzie; l’equitazione vi fu trattata da accademia più che da milizia; le evoluzioni vi si mantennero ugualmente complicate più che semplici; pesanti più che celeri, e non una ne fu tolta, anche di quelle in guerra impraticabili. Ampliata nel formato e nel numero dei volumi; accresciuta, da superfluità di niun’attinenza cogli esercizi di cavalleria; straziata nella lingua; oscura nello stile; scorretta e verbosa nelle spiegazioni1; prolissa nei comandi; quantunque contenga ottimi principii, e sia particolarmente egregia nell’addestramento del cavallo, non ha fatto avanzare d’un passo la nostr’arma, rimasta sin qui negletta, abbandonata, incompresa!

Nelle guerre moderne l’utilità della cavalleria sta tutta nella semplicità de’ suoi movimenti, messi in armonia colla sua azione, perchè in un’arma che non ha e non può avere che impulso, la loro esecuzione non può essere disgiunta dalle due qualità indispensabili: celerità e prontezza.

È però necessario rivedere il regolamento — anche mantenendo gli ordini attuali — non solo per fargli subire le modificazioni rese necessarie dall’esperienza; ma anche sul punto di vista delle andature, fissate in modo non adeguato alle [p. 74 modifica]nuove armi opposte, e troppo assoluto ove si tratta di regolarne la celerità.

Bisogna che oggi una truppa di cavalleria possa fare una corsa di 2 chilometri a galoppo in ragione di 20,250 metri ogni ora, invece di 15,150 come il regolamento stabilisce, e senza affaticar troppo i cavalli. La perdita di qualche ròzza non va tanto guardata nel sottile; — ciò ch’è indispensabile è di avere una cavalleria ardita e mobile, perchè i buoni cavalieri e i robusti cavalli son quelli che assicurano la vittoria.

Carlo XII di Svezia che tanto s’occupò della cavalleria, la faceva squadronare con tanta celerità che nel 1707 schiattarono due cavalli alla rivista d’un reggimento; ma intanto la rese formidabile nelle guerre del settentrione. Sotto Federico II ugualmente, la cavalleria raggiunse la più alta perfezione, pe’ suoi progressi nell’equitazione e nell’istituzione militare, e fu invincibile nel vero senso della parola 2.

La sintesi di tutte le evoluzioni si riduce a queste tre semplici espressioni: — rompere, marciare e formarsi; — ed a questo scopo, movimenti e comandi debbono essere basati sulla necessità di poter fronteggiare d’ogni parte nel modo più semplice e veloce, in ordine prolungato o di combattimento, per assalire il nimico, prevenirlo o evitarlo; perchè la cavalleria è l’arma del movimento e dell’offesa.

Da ciò ne consegue che il numero de’ suoi movimenti utili è per sua natura ristrettissimo; e tuttociò che non contribuisce al suo vero scopo va soppresso, per ricondurla a quei retti principii, la cui utilità non consiste nel maggior numero delle evoluzioni; ma in pochi movimenti rapidi, conbinati in modo di bastare a tutto3.

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Il torto principale del regolamento intorno alle evoluzioni si è d’averle volute assimilar troppo alla fanteria, senza badare che tra le due armi non vi può essere unità tattica; imperocchè, fatta anche astrazione alla maggior lunghezza del cavallo, che stretto nelle righe gl’impedisce di girar su sè stesso come l’uomo a piedi, e alla diversità dei mezzi di direzione mediante gli aiuti; quella possiede la duplice azione d’offesa e difesa, protetta e sostenuta da’ suoi fuochi, mentre la cavalleria, non essendo propria che alla sola azione dell’urto, è naturale che abbia evoluzioni infinitamente più semplici e ristrette.

Diceva Seidlitz4 che un reggimento il quale sapeva rompere e formare i plotoni e gli squadroni, spiegarsi, marciare di fronte, dare una carica ed eseguire una ritirata, sapeva tutto.

Le evoluzioni adunque debbono esser semplici, e basate unicamente su quanto si pratica in guerra, essendo dannoso insegnar principii diversi da quelli, che la natura stessa delle cose richiede in azione. — I redattori d’una teoria dovrebbero sempre aver presente quanto c’insegna Montecuccoli: — «Fuggansi negli esercizi le superfluità, affinchè le cose necessarie meglio s’imparino. Non fa mestiere che il soldato sappia tutta la tattica d’Eliano,.... nè tutte le figure del battagliare dei Greci in rombi, conii e somiglianti. Bastano a sapersi le forme che vengono a destro e sono in uso, quanto più brevi tanto più facili a praticarsi e migliori5.

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A che tutti quei movimenti metodici e da gran cassa, immaginati per far della tattica un’arte da spettacoli, per potersi dare nel comando tanta importanza, come se si possedesse una scienza trascendentale?! — A che tutte quelle profonde colonne serrate in una massa; quelle contromarcie; quegli spiegamenti complicati e pesanti; quei passaggi di linee in colonna; quelle formazioni in colonna sul centro, o indietro dalle ale; quei cambiamenti di fronte su due linee; esecuzioni tutte che in guerra mai si presentano, e mai potrebbero farsi in quel modo, e che perciò non servono che a far perdere un tempo prezioso, tolto alla vera istruzione della cavalleria?!

Gli esercizi di pace non debbono essere che la ripetizione di ciò ch’è utile e possibile in guerra.

Aprendo il regolamento sulle evoluzioni, la prima tra le tante cose inutili che si presenta, è il tracciamento delle linee. Nella nuova ristampa ciascuno s’aspettava vederlo soppresso; ma invece vi si trova intatto, e quel che è più curioso, coll’avvertenza aggiunta, che: — «non potendo sempre essere adoperato, non avrà luogo nelle evoluzioni se non quando il colonnello ne avrà dato anticipatamente l’ordine6.» — Ma se non può sempre adòprarsi, a che imbrogliar la mente dell’uffiziale, col far eseguire negli esercizi di pace delle cose che deve dimenticare in guerra; — cose che fanno perdere un tempo infinito; che riescono fallaci nella esecuzione, e sono le più contrarie ai meccanismo della cavalleria, ed alla prontezza de’ suoi movimenti?

In quale circostanza si potrà in guerra pigliarsi il gusto di far tracciar le linee? — Forse quando una colonna dovrà, prontamente spiegarsi per dar la carica, o si dovrà rapidamente cambiar fronte per far testa al nimico? Si tratta allora di far presto e arrivare da una posizione all’altra, mantenendo l’ordine più regolare, in mezzo al più gran disordine, secondo il precetto degli antichi tattici.

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Non si vede spiegamento in cui le guide traccianti la linea, malgrado il correre e l’affannarsi degli Aiutanti maggiori, non siano spostate dalla truppa, o non debbano rettificare il posto a spiegamento compiuto. — A che serve allora quel lusso indigente di guide generali, guide principali; tutti mezzi oziosi di rettificare allineamenti pedanteschi, che si riducono in guerra a semplici direzioni?....

I soli punti fissi o di direzione, per dare un sicuro indirizzo ad una marcia in battaglia, o il punto d’appoggio alla destra o alla sinistra d’una linea, sono necessari e vanno conservati; tutto il resto è inutile e va soppresso.

Buoni cavalli bene addestrati, ed ottimi cavalieri con un fondo regolare e completo d’istruzione individuale, è l’unico tracciamento di linee, che dia rette formazioni e regolari allineamenti.

Nel catalogo dei movimenti inutili e da sopprimersi, per seguire l’ordine del regolamento, daremo la precedenza al rompere avanti o indietro dalla destra per marciare a sinistra7 e viceversa, perch’è un movimento lento e successivo; uno sfilamento processionale, dinanzi o dietro all’intera fronte del reggimento, che ha più pedanteria che utilità; mentre con un semplice plotoni a destra o a sinistra s’ottiene più sollecitamente e con movimento simultaneo lo scopo di piegare in colonna il reggimento.

Che importa per far fronte in colonna sul fianco, che l’ultima frazione dell’ultimo squadrone divenga testa, una volta ammesso in principio che la destra d’una linea o la testa di una colonna non si conta dal numero amministrativo dello squadrone, ma dal suo posto di formazione?8

Il non essere in colonna in ordine naturale, non vuol dire che la truppa sarà più lenta a spiegarsi, o avrà per questa minore assieme e impulso. L’essenziale è di far testa al [p. 78 modifica]nimico o ritrarsi al più presto a lui dinanzi, e l’inversione in questo caso è il mezzo più pronto e da preferirsi.

Un’altra riforma, che ciascuno s’aspettava di vedere introdotta, era l’obbliquo individuale, sostituito all’obbliquo per truppa, in tutti gli sdoppiamenti o raddoppiamenti delle colonne, e nelle formazioni interne degli squadroni; perchè i diagonali, specialmente a veloci andature, sono di difficilissima ed impossibile esecuzione pratica, e richiedono un’infinità di comandi, che molte volte ad andature celeri, riescono più luoghi del movimento stesso9.

Ciò che impedì l’utile innovazione, fu la speciosa difficoltà da taluni addotta dei cambiamenti di galoppo nell’obbliquo; ma la seconda riga non obbliqua forse anch’essa, e non obbliqua in giro?....

La cavalleria tedesca, ch’è una delle migliori d’Europa, non usa nelle sue formazioni che il solo obbliquo individuale, il quale ha pure il vantaggio di potersi eseguire con due soli comandi: — obbliquo a destra (o a sinistra); — fronte; — potendosi anche omettere il — marche — quando la colonna fosse in movimento.

Un’aggiunta vantaggiosa dovrebbe anche farsi nelle formazioni della colonna con distanza, ove il regolamento non dà che i mezzi di formarsi in battaglia sopra linee orizzontali e paralelle alla direzione della colonna, mentre potrebbe darsi il caso che la linea dovesse formarsi obbliquamente alla direzione stessa. Il mezzo sarebbe semplicissimo, bastando far seguire il comando: Avanti in battaglia diagonale a sinistra, [p. 79 modifica]dall’avvertimento: La sinistra, o la destra avanti, secondo la parte in cui il movimento avesse luogo.

La prima suddivisione, prima d’arrestarsi, eseguirebbe un diagonale a destra o a sinistra, secondo che fosse indicata avanti la destra o la sinistra, e tutta la linea seguirebbe quella direzione.

L’aggiunta di queste formazioni risparmierebbe un cambiamento di fronte obbliquo, dopo uno spiegamento in linea10.

La formazione fronte indietro in battaglia sulla testa della colonna è una evoluzione pericolosa ed impraticabile in guerra, essendo massima imprudenza voltar le spalle al nimico durante l’esecuzione d’un movimento, tanto debole prima che sia compiuto. È invece assai più militare e vantaggioso, minacciati da tergo, di far testa sulla coda della colonna mediante un dietro fronte seguito da uno spiegamento, perchè immediatamente s’oppone al nimico una testa di resistenza che protegge lo spiegamento, o in linea o a scaglioni come più conviene.

Messi nella critica posizione d’esser costretti a squadronare col nimico alle reni; i mezzi più semplici, e quelli che subito oppongono una fronte colla frazione a lui più prossima, sono sempre i più sicuri.

È inutile adunque perder tempo a esercitar la truppa e confonder la mente dell’uffiziale, con una evoluzione impraticabile in guerra, e che con uno spiegamento innanzi seguìto da un dietro fronte di plotoni potrebbe avere lo stesso effetto, in caso di parata, senza il bisogno di farne apposita evoluzione11, la cui scelta va ristretta alle sole possibili e vantaggiose, tra le due o trecento che se ne conoscono.

[p. 80 modifica]La formazione in battaglia, quando una parte della colonna ha cambiato direzione12, è una evoluzione composta che, senza pretenderla interamente impraticabile di fronte al nimico, potrebbe talvolta venire opportuna; ma è però incompleta, quantunque il regolamento v’impieghi sette pagine di minuziose spiegazioni. Vi si dànno i mezzi di formarsi facendo fronte dinanzi o indietro all’intera direzione; ma non si suggerisce il modo di potersi spiegare sulla nuova direzione, equivalente alla destra o alla sinistra dell’antica. Eppure è ciò indispensabile, pel principio che in tutte le posizioni bisogna essere in grado di far testa d’ogni parte; e nel caso nostro, semplicissimo ne sarebbe il modo13.

Supposto che una parte della colonna avesse cambiato direzione a destra, lo spiegamento potrebbe farsi a scaglioni, prolungandosi a sinistra della nuova direzione; o meglio, con uno spiegamento innanzi a sinistra degli squadroni che già la seguono, e simultaneamente con una conversione a destra con plotoni, per gli altri che non v’entrarono. Gli stessi movimenti in senso inverso avrebbero luogo, se parte della colonna avesse cambiato direzione a sinistra. [p. 81 modifica]È vero che nel secondo modo di spiegamento gli squadroni si troverebbero invertiti nella linea, cioè: 6°, 7°, 4°, 1°, 2° e 3°; ma ciò nulla toglie allo scopo del movimento, e si vedrebbe colmata la lacuna del regolamento con evoluzioni le più semplici e veloci in ogni caso, ed eseguite con comandi che pur vi sarebbero brevissimi14.

Anche la formazione per far fronte indietro dell’antica direzione non potrebbe eseguirsi senza pericolo, come il regolamento ce la insegna; perchè presenta gli stessi inconvenienti che già accennammo nelle formazioni indietro sulla testa della colonna.

Il modo più semplice e sicuro quando una parte della colonna avesse cambiato direzione a destra, sarebbe ad essa un movimento simultaneo di plotoni a destra, ed agli altri un fronte indietro a sinistra per lo spiegamento sulla coda della colonna15. Così si farebbe fronte al nimico con un movimento simultaneo, e la frazione a lui più prossima opporrebbe immediatamente una testa di resistenza, che potrebbe prevenirlo ne’ suoi attacchi.

Le formazioni centrali16 sono evoluzioni pericolose, da usarsi colla massima circospezione, e sempre a gran distanza dal nimico; perchè richiedono quattro movimenti e la marcia in colonna, voltando le spalle alla primitiva direzione durante la loro esecuzione.

«L’intervallo che esiste tra una disposizione che si cambia per prenderne una nuova, è un momento di debolezza da cui [p. 82 modifica]bisogna uscir presto.... I movimenti più sicuri sono quelli di esecuzione semplice e simultanea; quelli che richiedono brevi comandi, e sono di meccanismo più comune ed uniforme dalla testa alla coda d’una colonna, o dalla destra alla sinistra di una linea 17

Coteste formazioni composte, e di niuna pratica utilità, non dico debbano essere soppresse; ma ammesso pure il caso di averne occasione sopra un campo d’esercizi e di parata, si potrebbero sempre eseguire facendo fare al capo d’un reggimento, d’una brigata o d’una divisione, un comando particolare, per ogni porzione di truppa che debba fare un movimento differente. Dico soltanto che, una volta entrati nella zona d’azione, sarebbe imprudenza non averle dimenticate.

Il formare il reggimento in colonna sui plotoni del centro o indietro dalle ale18, sono due evoluzioni, che nell’antica teoria erano indicate anche nei comandi, come passaggi di strette innanzi o indietro. Il regolamento attuale invece non parla affatto di strette, ma ci s’intende che quelle evoluzioni non siano suggerite ad altro scopo; giacchè una linea spiegata, che dovesse fare in guerra un movimento innanzi o di ritirata, non potrebbe aver mai un capo tanto balordo da pensar proprio allora ad ammassarla.

E difatti la cavalleria non ha forza se non quando è spiegata in battaglia; in qualunque altra disposizione è debole e indifesa.

Dovendo avanzare a traverso un terreno coperto da ostacoli, per entrare in azione, qual è quel capo che vorrà ammassar la sua truppa in un ordine di colonna profonda, che non può essere se non un precedente di spiegamento, mentre trovasi già spiegato? — Un ordine di colonna, complicato e lento a disporvisi, possibile in teoria, ma non in pratica, se il nimico col fuoco delle sue artiglierie mette in disordine tutta cotesta massa, ove non un colpo cadrebbe in fallo? [p. 83 modifica]Uno degli inconvenienti della colonna doppia è che ogni due squadroni, formando un tutto, riescono per così dire solidali, ed uno, che non tenesse saldo, trascinerebbe necessariamente l’altro nello sbaraglio.

Le colonne fitte e profonde sono ordini di terza linea e fuori di pericolo delle artiglierie nimiche. Nelle evoluzioni non mancano altri modi di formar la massa; a che dunque moltiplicarli quando concorrono ugualmente all’istesso scopo?

Spiegati in linea e dovendo avanzare ordinati all’azione, a traverso un terreno ingombro da combattimento precedente, o da ostacoli naturali o artificiali, l’ordine migliore e più vantaggioso sarà sempre d’avanzare in linea, facendo rompere gli squadroni in colonna con distanza, o in tante colonne di quattro plotoni, a distanza di spiegamento, o meglio anche a maggiori intervalli come dimostrerò in appresso.

Queste piccole colonne parziali, procedenti in linea, passano dovunque; tutti i terreni son loro agevoli; la marcia sarà più leggiera e meno faticosa ai cavalli; non si darà tanta presa all’artiglieria nimica pel maggiore sviluppo, pei grandi intervalli e per la poca profondità, ed in un attimo si riprenderebbe l’ordine primitivo — l’ordine spiegato. — Durante la marcia si potrebbe anche guadagnare il fianco al nimico dalla destra o dalla sinistra, con una marcia obbliqua della frazione di quella parte, che sarebbe quasi inavvertita; ed ogni squadrone avrebbe così la disposizione migliore, qual’è quella di formare un tutto, in certo modo indipendente dagli altri, e più atto ad oprar da sè stesso in ogni occorrenza.

Questa formazione adunque, come piegamento in colonna per ammassare squadroni, è una evoluzione inutile e superflua, mentre altri ordini possono adempiere allo stesso scopo ed in minore spazio. Come piegamento in colonna per entrare in azione, abbiamo veduto quanto sia pericoloso e quindi da non usarsi. — Esaminiamolo ora come passaggio di strette.

Il passaggio d’una stretta innanzi è una operazione delicata che richiede molta circospezione e celerità, e in guerra è raro il caso di eseguire uno di questi passaggi dinanzi al nimico; [p. 84 modifica]ma ammesso pure che si presenti, il metodo suggerito ed insegnato dal regolamento sparisce, perchè anche qui d’impossibile esecuzione.

Una stretta consiste ordinariamente in una città o in una borgata cinta da giardini o chiusa da fosse, da siepi o da mura; in un bosco che non dia passaggio che sulla strada; in un argine in mezzo a pantani; in un ponte su fiume largo e profondo, o in una stretta vallata, chiusa da pendici laterali talmente boschive o impraticabili a’ cavalli, che v’obblighino a seguir la strada.

Se la cavalleria rincalza il nimico, cotesti ostacoli saranno occupati da fanteria e bisognerà girarli; ma se càpitano per via, e si tema incontrarsi col nimico allo sboccare, v’è un solo modo pratico, che non ammette speciale evoluzione.

Già s’intende che una truppa di cavalleria che marcia al nimico, all’infuori della sua zona d’azione, è necessariamente piegata in colonna, ed è preceduta da una vanguardia, la quale entra nella stretta e ne osserva la larghezza. Il capo, dopo avergliela fatta passare, facendola sostenere da una truppa proporzionata alla maggiore o minor prossimità del nimico, le fa guadagnar terreno innanzi, e rompendo le suddivisioni della colonna relativamente alla sua larghezza, s’affretta di passarla a gran trotto, e allo sboccare si spiega a galoppo; e si potrebbe così marciare a scaglioni, facendo obbliquare successivamente ogni frazione, per essere in grado d’impegnar l’azione, perchè la cavalleria non ha forza che spiegata in linea.

Io però qui non parlo che di quanto può fare la cavalleria quando ha incontro l’istess’arma; perchè il nemico potrebbe anche fare uso dell’artiglieria allo sboccar dalla stretta, per impedire lo sbocco e lo spiegamento, e allora l’evoluzione della teoria è ancor più impraticabile.

Se poi la stretta fosse molto lunga, e vi fosse pericolo di scontrarsi in essa col nimico, è vantaggioso passarla colla fronte di due plotoni, appartenenti a due diversi squadroni assieme uniti?.... [p. 85 modifica]In guerra, affinchè una colonna di cavalleria non sia esposta al disordine e alle sue funeste conseguenze, bisogna che la strada su cui si marcia abbia il doppio della sua fronte; perchè vi potrebbe essere il caso di dover retrocedere, e non sempre s’ha il tempo e la possibilità della contromarcia, che è pure un movimento lungo, pericoloso, e in guerra da dimenticarsi.

Bisogna che la colonna intera possa eseguire un dietro fronte, o voglia ritrarsi, o voglia scaglionar gli squadroni, lasciando tra essi abbastanza spazio, per oprare e sostenersi reciprocamente.

È raro che una strada sia larga quanto la fronte d’uno squadrone, per potervi marciare a lungo per sezioni. Ammesso pur questo caso, la colonna di squadrone per sezioni avrebbe sempre la stessa profondità, senza l’inconveniente dell’agglomeramento di due squadroni; anzi, l’unità tattica non ne sarebbe scompaginata, e la sezione rimarrebbe sottoposta al comando del suo capo naturale.

Se adunque la formazione in colonna sui plotoni del centro è un movimento superfluo come piegamento in colonna, e da spettacolo come passaggio di stretta innanzi; il piegamento in colonna sui plotoni delle ale è un movimento ancor più chimerico e teatrale, e di bellissimo effetto quando eleganti signore vi fanno cerchio. Ma quando lo spettatore è il nimico, allora è tutt’altra cosa: — l’evoluzione è impraticabile.

Primieramente quando si è in ritirata, bisogna evitare di cominciare il movimento troppo prossimo alla stretta, perchè se la retroguardia non fosse riuscita a tener il nimico abbastanza lontano, potrebbe questi batterla con artiglieria e allora la ritirata, che non potrebbe mai farsi con unità di comando ed apposita evoluzione, sarebbe gravemente compromessa.

Anche senza questo, alcune truppe, lanciate a tempo, potrebbero sbaragliare la truppa che si ritrae, senza che nemmeno fosse possibile far testa o aspettar soccorso; e quando il pericolo è pressante, ed il nimico carica a movimento incominciato, non v’è altro mezzo che lanciargli addosso uno o [p. 86 modifica]più squadroni, per ricacciarlo indietro; ma questi si troverebbero sempre in serio imbarazzo, nè mai più anch’essi ritrarrebbonsi rompendo dalle due ale con simetria.

Il regolamento, trattandosi di proteggere la ritirata del reggimento, soggiunge che — «si potrà impiegare una sezione la quale preferibilmente sarà composta dei due plotoni del centro del reggimento;»19 — ma quale resistenza potrebbe opporre cotesta sezione sparsa in catena per coprire la fronte del reggimento e sostenerne la ritirata? — Quale sarà quel nemico che minacciando un reggimento si lascierebbe imporre da 48 cavalieri sparsi in corona?

Questa evoluzione, di per se stessa tanto lenta e difficile, e che mai potrebbe eseguirsi senza pericolo dinanzi al nemico, a qual prò insegnarla in tempo di pace?....

«Seidlitz, uno dei più celebri generali di cavalleria dei tempi moderni, in una grande ricognizione che fece il giorno avanti la battaglia di Rosbach, dovendo passare una stretta in ritirata, seguito da tutta la cavalleria francese, la fece passare con una celerità senza esempio, ma non vi mise, nè pedanteria, nè regolarità. Gli squadroni più prossimi passarono pei primi; gli altri seguirono sucessivamente, ed una forte retroguardia copriva il movimento. — Quando la stretta fu sgombra, e la linea riformata indietro, ordinò alla retroguardia di passarla a volontà o in foraggieri.

Qual differenza dai movimenti prescritti dalla teoria! — Ma Seidlitz era un vero uomo di guerra; un genio creatore della cavalleria prussiana, che avrebbe arrossito di tutto ciò che sapeva di ciarlatanismo e di pedanteteria20

Conchiuderemo adunque che tutte coteste formazioni, non essendo propriamente che una infelice applicazione d’una evoluzione di fanteria a cavallo, non protetta e non sostenuta da’ suoi fuochi, riescono assolutamente pericolose e [p. 87 modifica]impraticabili alla cavalleria all’infuori del terreno di piazza d’armi, e perciò da sopprimersi.

Il passare dall’ordine di battaglia all’ordine in colonna di squadroni con distanza21, è un movimento che il regolamento fa precedere dalle seguenti riflessioni — «L’ordine di colonna per squadroni può essere con distanza o serrato; generalmente in tutte le evoluzioni si usa la colonna in ordine serrato siccome la più adatta, sia perchè essendo immediatamente sotto la sorveglianza di chi la comanda, diventa più maneggevole che non qualunque altra colonna con distanza, ed è tale massa che colla maggiore celerità si può spingere in tutte le direzioni. Il difetto di questa colonna consiste nella difficoltà di spiegarsi prontamente sui fianchi.»

Manco male che ci si riconosce un difetto! — E in vero quando anche non ne avesse altri, questo solo basterebbe a ristringerne assai l’uso, e ad escluderne i pretesi vantaggi; perchè troppo contrario alla necessità su cui debbono essere basati tutti i movimenti della cavalleria, cioè, di poter far fronte d’ogni lato colla stessa celerità e prontezza. — Oltracciò tutte quelle altre virtù, onde il regolamento cotanto esalta quest’ordine di colonna, non sono che false conseguenze di più falsi principii; pericolose e di fallace ammaestramento, a quanti, non avendo abbastanza cognizioni per discernere il vero dal suo contrario, ritengono sempre come principii inconcussi tutti i dettami d’un regolamento, cui l’applicazione in molte sue parti potrebbe un giorno esser loro funestissima.

Certo che la colonna è l’ordine naturale tattico, ma ciò non vuol dire che debba esser proprio la colonna serrata. — In materia militare, non v’è nulla d’assoluto, e talvolta partendo anche da un eccellente principio, lo spirito di sistema o d’imitazione, tradizionale nell’arma, può indurre in errore.

La colonna di squadrone è una colonna accidentale, perchè di rado gli ostacoli d’un terreno e i progressi dell’agricoltura [p. 88 modifica]permettono marciare a lungo, all’infuori di piazza d’armi, con una fronte così distesa, senza doverla spesso diminuire.

Se non si trattasse che d’un solo reggimento, la colonna di squadrone con distanza potrebbe sembrare utile alle evoluzioni; considerandovi in esso gli squadroni come altrettanti plotoni, perchè tutti i movimenti della scuola di squadrone gli si potrebbero applicare. — Ma le conversioni di squadrone sono faticose e difficili; i dietro fronte lo sono ancor più, e molte volte il terreno sui fianchi potrebbe impedirli; e siccome quest’inconvenienti crescono coll’aumento degli squadroni per la maggior profondità della colonna, s’adottò la disposizione dell’ordine serrato, per poterla meglio spiegare su terreni poco profondi, e dinanzi ad ostacoli, che allo spiegamento degli squadroni della coda fossero d’impedimento, come se si marciasse a distanza intera. Così ebbe origine la colonna serrata, di cui volle farsene poi una disposizione particolare d’evoluzioni, dimenticando che non poteva essere se non un ordine preparatorio, un precedente di spiegamento; perchè co’ suoi squadroni cotanto stretti e agglomerati, questo genere di colonna riesce grave, pesante e faticoso ai cavalli; non può prestarsi ai movimenti celeri della cavalleria; non ha la flessibilità necessaria alle evoluzioni; non può adattarsi a tutti i terreni; dà troppa presa ai moderni proiettili, che, avendo grande velocità e grandissima passata, fanno spaventevoli stragi nelle masse, ed una volta in disordine è impossibile riordinarsi.

Quindi, lo scopo generale della colonna serrata non può essere altro che quello di raccogliere sopra un punto qualunque una forte massa di cavalleria:

1° Per averla più alla mano, e tenerla meglio al coperto dal fuoco delle artiglierie, perchè oltre al disordine che ne verrebbe, non v’è cosa che tanto scoraggi gli uomini, quanto il danno che si patisce restando fermi.

2° Per poterla condurre così raccolta, da una posizione all’altra, purchè vi concorrano tutte le condizioni di terreno e di sicurezza.

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3° Per disporle in occasione di parata, o per un passaggio di ponte, presso cui si fa la massa per poi rompere; o infine per qualunque altra raccolta accidentale, mentre una forte massa di cavalleria così agglomerata, affinchè non sia rovinata prima d’entrare in azione, va tenuta lontana dalla zona dei tiri.

L’ordine in colonna serrata è dunque specialmente applicabile alle riserve, ma sempre colla massima circospezione, perchè come benissimo osserva il generale prussiano De Brandt — «per la gran passata delle nuove armi,.... il posto delle truppe, che non sono in linea, richiede tanta attenzione quanto quello delle truppe impegnate.22» — A Solferino, le riserve degli austriaci patirono gravissime stragi per le nuove artiglierie rigate dei francesi, appunto per aver negletto questo principio, ignorando l’effetto di quei nuovi ordigni di guerra che allora per la prima volta apparivano nell’artiglieria campale.

Coloro che dissero essere «la colonna serrata la più adatta alle evoluzioni, e quella che colla maggiore celerità si può spingere in tutte le direzioni23», si troverebbero nel maggiore imbarazzo, se con una divisione di cavalleria di 16 o 24 squadroni dovessero traversare un campo di battaglia per recarsi in prima linea.

Essi non pensarono che, all’infuori di tutti gli ostacoli del terreno, bisognerebbe passare sopra un campo coperto da truppe di fanteria, ingombro d’artiglierie e cosperso d’uomini e cavalli morti.

Enumerando quest’inconveniente, non escludo quest’ordine, avendo indicato le sole circostanze in cui può applicarsi; ma ammesse pure le condizioni più favorevoli di terreno, e il caso di non aver contro che cavalleria, tutti quei pochi movimenti, a cui sono circoscritte le sue evoluzioni, saranno sempre lenti, pericolosi e d’azzardata esecuzione contra un nimico attivo ed arrischiato.

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E difatti, i movimenti di passare dall’ordine in colonna di squadroni con distanza, all’ordine di colonna serrata24 e viceversa, sono da parata e non da guerra; ove non sarebbe di niuna pratica utilità, anzi pericolosa la marcia in colonna di squadroni con distanza, stante la lentezza degli spiegamenti e la difficoltà delle conversioni, con una fronte così distesa, avendo il nimico in viso.

Il passare dall’ordine di battaglia all’ordine di colonna serrata25, facendo fronte sul fianco mediante la conversione degli squadroni, è ancor più pericoloso, perchè presenta il fianco all’antica fronte, in modo da non potervisi più spiegare con un movimento pronto e simultaneo, se si fosse attaccati durante la sua esecuzione, stante il ristringimento degl’intervalli come avvenne alla cavalleria di Federico II a Molwitz nel 1741.

La cavalleria prussiana comandata dal generale Schulemburg, aveva rotto con isquadroni a destra, per guadagnare il villaggio d’Herrendorff, ove doveva appoggiare l’ala destra. Il generale Roemer comandante la cavalleria austriaca, colto opportunamente e con celerità il vizio radicale di quella evoluzione, si lanciò a briglia sciolta sulla cavalleria prussiana, che fu interamente rotta, sbaragliata ed inseguita26.

La marcia in colonna serrata27 cogli squadroni cotanto fitti ed agglomerati; i suoi cambiamenti di direzione fermi e marciando28; il far fronte dalla parte opposta29, mediante le conversioni di plotone o la contromarcia, — movimento lunghissimo e mai da usarsi in guerra; — la diminuzione della fronte mediante il rompere successivo degli squadroni, e il successivo riordinarsi per riformare la colonna di fronte e da lato30; le sue marcie di fianco31; — sono tutti movimenti, [p. 91 modifica]che basta averli eseguiti, per sentire quanto siano pesanti, ed ugualmente faticosi ad uomini e a cavalli, qualunque sia il terreno su cui si eseguiscono.

Gli spiegamenti della colonna serrata sopra uno de’ suoi fianchi o sul prolungamento innanzi d’un fianco32 sono movimenti che, come tutte le altre formazioni laterali, si possono eseguire in piazza d’armi o in un campo di parata; ma in guerra sono impraticabili. Nella formazione a sinistra o a destra sullo squadrone della coda, o su qualunque altro squadrone centrale, lo squadrone indicato bisogna che si fermi, nè può proseguire sinchè lo squadrone che precede non gli abbia lasciato spazio pella conversione. Gli altri squadroni che precedono, fanno tutti ugualmente sino al primo. Se poi lo squadrone di base fosse il primo o centrale, allora tutti gli altri che seguono debbono far due dietro fronte di plotone, una marcia di fianco per guadagnare la distanza, ed una conversione di squadrone.

Qualunque sia la celerità dell’andatura, questo movimento che poi non è che parziale, sarà sempre lento, complicato e difficile; ed oltre a ciò la colonna essendosi serrata per la poca profondità del terreno, ve ne sarebbe sempre abbastanza per distendersi in colonna a distanza intiera? — E se il nimico assalisse durante l’esecuzione del movimento, chi sa dirmi cosa avverrebbe?!... È assai diverso lo squadronare in piazza d’armi, su terreno adatto e misurato, dal trovarsi in aperta campagna e col nimico in viso, sopra un terreno in cui vi porta il caso, ed ove la maggior parte delle evoluzioni insegnate sono inopportune ed impossibili!

Un altro movimento, che oltre a ciò è matematicamente è geometricamente ineseguibile, è lo spiegamento in battaglia sul prolungamento innanzi d’uno de’ suoi fianchi. — Dice la teoria, nelle conversioni di squadrone a perno movente, che il perno deve descrivere un arco di 20 passi (15 metri) rallentando l’andatura; l’ala marciente la raddoppia e la sesta fila del 2° plotane verso il perno la mantiene uguale33.

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Il calcolo per determinare prima di tutto le proporzioni del rallentamento del perno e del raddoppiamento dell’ala marciante è semplicissimo34. — L’arco di circolo descritto dal perno essendo di 20 passi, equivalenti a 15 metri (poichè il regolamento computa il passo a 75 centimetri)35, appartiene ad una circonferenza di 10 metri di raggio. — La fronte di uno squadrone normalmente costituito essendo di 56 passi36, ch’equivalgono a metri 42, il suo raggio di conversione è di 52 metri, ed il quarto di circolo, che deve descrivere l’ala marciante, sarà di 104 passi, ossiano 78 metri.

L’arco di circolo dell’ala marciante è adunque cinque volte maggiore (rigorosamente sarebbe cinque volte e sei decimi, ma per rendere più chiaro il calcolo tralascio le frazioni), di quello del perno, ed ambedue debbono essere percorsi nello stesso tempo. — Quando la conversione si eseguisce, stando a passo, soggiunge il regolamento, che l’ala marciante prende il trotto; e siccome la sua andatura dev’essere cinque volte maggiore, dovendo percorrere un arco cinque volte più grande, ne risulta che il perno deve diminuire il passo della metà, poichè la velocità del trotto allungato37, è due volte e mezza maggiore, ed il suo arco di circolo cinque volte più piccolo.

Il perno dovrà dunque tenere un passo di 45 metri al minuto, [p. 93 modifica]mentre l’ala marciante lo tiene di 225; ch’è quanto dire, che se il perno ad ogni passo percorre mezzo metro invece d’uno, l’ala marciante farà due metri e mezzo in ogni tempo di trotto allungato, cioè il quintuplo di strada nello stesso tempo.

Stabiliti questi principii, è chiaro che ad un reggimento di sei squadroni in colonna serrata a cui si comandi sulla destra (o sulla sinistra) in battaglia, il primo squadrone eseguisce senza difficoltà la sua conversione, col rallentare della metà il passo del perno; ma l’altro che segue a 14 passi, ossia a 10 metri e mezzo di distanza, marciando due volte più veloce (1 metro ad ogni tempo di passo) deve necessariamente urtarlo colla destra del suo primo plotone, in capo a pochi passi, e molto prima che sia libero il punto di conversione.

Lo spiegamento in battaglia nei prolungamento innanzi d’un fianco è adunque irregolare, e non può eseguirsi se non quando gli squadroni, che cambiano direzione, fanno girar il perno con principii diversi da quelli insegnati, e fanno rallentare l’andatura a quelli che seguono, come il regolamento stesso, senza darne ragione, ne dà precetto38. — Ma se questo ripiego salva dall’intoppo, il movimento si fa sempre male, perchè il rallentamento d’andatura degli squadroni che marciano diretti, propagandosi in tutta la colonna, farebbe sì che gli ultimi dovrebbero fermarsi, per poco che avesse profondità.

Sarebbe stato assai più ovvio, anzichè dare quel precetto, in opposizione agli ammessi principii di conversione, aumentare la distanza tra gli squadroni, fissandola ad un plotone e mezzo, ossia a 16 metri, affinchè la marcia della colonna riuscisse più leggiera, meglio s’adattasse alle combinazioni della nuova tattica, e si prestasse a’ movimenti più celeri, una volta che la colonna serrata non è quell’ordine da escludersi, servendo pure in certi casi.

Lo spiegamento della colonna serrata sulla sua fronte in battaglia o a scaglioni39, è la sola evoluzione per cui questo [p. 94 modifica]ordine di colonna sia utile, purchè però si faccia dalla testa, per aver subito una fronte da opporre; mentre lo spiegamento sopra uno squadrone del centro espone troppo il fianco di quelli che precedono. — Perciò sarebbe meglio si formasse la colonna serrata in modo che uno squadrone del centro fosse in testa, affinchè lo spiegamento riuscisse ugualmente rapido e più sicuro; ma bisognerebbe allora nel piegarsi osservare un ordine regolare, mettendo, p. e., dietro al 3° squadrone il 2°, indi il 4°, poi il 1°, il 6° e il 5°. — Gli squadroni di destra si spiegherebbero a destra, ed a sinistra gli altri.

La forza della colonna serrata non è che sulla testa, e perciò il nimico, deciso ad attaccarla, lo farebbe sui fianchi od in coda e troverebbe modo di tenere a bada la fronte, per impedirle d’avanzare, e dare agli squadroni indietro la distanza necessaria per le conversioni.

Tutti gl’inconvenienti enumerati in quest’ordine di colonna aumentano in ragione della sua forza e profondità, ed è raro trovar luoghi in cui una colonna di cavalleria possa marciare colle distanze della colonna serrata. Gli squadroni così fitti sono in certo modo solidali e fanno corpo assieme, di guisa che la rotta d’uno trascina inesorabilmente gli altri. Indipendentemente dalla lentezza, è troppo esposta alle stragi delle moderne artiglierie, e non è nello spirito della cavalleria l’ammassare assieme tanti squadroni. Ma se si divide questa colonna in tante colonne parziali di squadrone, si trovano tutte le combinazioni offensive e difensive; si va con facilità dapertutto e si dà meno presa all’artiglieria, che non potrebbe più concentrare i suoi fuochi in un punto solo.

La colonna serrata adunque venuta in voga fin dalle prime campagne della rivoluzione francese, pei luminosi successi che v’ottenne la fanteria, è per la cavalleria un ordine accidentale, che a poterlo meglio applicare in quei pochi casi in cui può essere opportuno, affinchè si possa squadronar sempre con più leggerezza e facilità d’ogni parte, è mestieri aumentare la distanza tra gli squadroni, fissandola non più ad uno, ma ad un plotone e mezzo, ch’è quanto dire a 16 metri; e [p. 95 modifica]talvolta si potrebbe anche agevolarne la marcia col far rompere per quattro i plotoni d’ogni squadrone.

Il reggimento avrebbe allora una profondità di circa 175 metri, ch’è poco più d’un terzo di quella della colonna serrata, e formando i plotoni, riprenderebbe rapidamente l’ordine primitivo.

La marcia del reggimento in battaglia 40 è abbastanza sviluppata nel regolamento, e la truppa vi dev ’essere specialmente esercitata essendo l’evoluzione principale della cavalleria ed il vero suo ordine d’azione. Perciò l’allineamento è alla cavalleria importantissimo assai più che a qualunque altra truppa, perchè tutta la sua forza, ch’è nell’urto, non potrebbe essere che il prodotto della velocità con cui si muove, colla quantità della massa di prima riga che simultaneamente dà dentro pel solo effetto dell’allineamento.

Però è raro trovar paesi abbastanza aperti, dove la cavalleria possa passarvi in linea spiegata e con intervalli determinati, ch’è il più grande errore; perchè il terreno che generalmente si fa occupare dalla cavalleria sopra un campo di battaglia, non è quasi mai in proporzione col numero de’ suoi squadroni; e molte volte la necessità obbliga a spiegare la linea, con intervalli tanto pieni che vuoti, ch’è quanto dire a distanza della fronte di squadrone ed anche più.

L’esperienza, e quanto fu scritto sino ad ora sugl’intervalli, non contribuì a precisarne i limiti, ma soltanto a dar norme generali di determinarli secondo il terreno che si occupa, la linea di battaglia del nimico e generalmente le circostanze particolari ad ogni combattimento41. Non potendo quindi stabilirli quasi mai nei ristretti limiti dei regolamento, non è utile in tempo di pace mantenere una disposizione che le occorrenze della guerra potrebbero spesso modificare; e se le piazze d’armi delle nostre guarnigioni non permettono esercitare una linea a grand’intervalli, bisognerebbe almeno fissarli [p. 96 modifica]ad un plotone e mezzo invece di uno ch’è quanto dire a 16 metri, affinchè possano meglio prestarsi ad ogni occorrenza, senza però impedire di poterli anche ingrandire, ove il terreno lo permettesse, per abituare gli squadroni ad esercitarsi in tempo di pace, a un dipresso cogli stessi intervalli che saranno obbligati di prendere in guerra42.

[p. 97 modifica]Di più, l’allineamento dello squadrone spiegato in se stesso, indi il suo allineamento come parte integrante della linea, a cui appartiene, infine la sua direzione, poggiano su troppe combinazioni, ch’è difficile non succedano errori. È inoltre moralmente impossibile che le guide dello squadrone prestino in tutte le circostanze la stessa attenzione per mantenerne l’allineamento e la direzione; — non si può sperare che i cavalieri s’attengano sempre a quella moltiplicità di cure mai rallentate, che richiede l’esatto allineamento della fronte di squadrone; e infine, la vigilanza stessa del capitano potrebbe talvolta non essere esercitata colla stessa intelligenza. Gli ostacoli, che per via continuamente s’incontrano, forzano gli squadroni a mettere in potenza qualche plotone, e talvolta lo squadrone intero è obbligato ripiegarsi in colonna dietro al suo vicino43. La stessa difficoltà s’incontrerebbe nel far seguire linee obblique alle frazioni di squadrone, ed anche nelle marcie indietro44. Gli stessi ostacoli il più delle volte potrebbero impedire le conversioni di squadrone per piegare il reggimento in colonna serrata, ch’è pure un movimento, come già dimostrammo, pericoloso e sempre impraticabile dinanzi al nimico45. — I cambiamenti di fronte riescono ugualmente lenti, difficili e complicatissimi per la quantità dei comandi e [p. 98 modifica]pel rompere della linea e il successivo suo riordinarsi, e pericolosi sempre, specialmente se durante l’esecuzione del movimento si debba voltare il tergo o esporre il fianco al nimico46.— La marcia a scaglioni47, ch’è la base di tutte le buone evoluzioni della cavalleria, come la più forte, vantaggiosa ed ugualmente adatta ad offesa e a difesa; fatta così cogli squadroni spiegati, come il regolamento insegna, è soggetta agli stessi ostacoli e ad uguali lentezze della marcia in battaglia, e le conversioni di squadrone per far fronte dai lati o indietro, faticosissime sempre per loro stesse, potrebbero dal terreno esser pure impedite.

D’altra parte, la gran passata delle nuove armi da fuoco non permette oggi squadronare, anche a grandi distanze, senza essere molestati dai proiettili, ed una linea spiegata, che con un reggimento offre una distesa di 272 metri d’uomini, dà tanta presa per la sua estensione, che non si potrebbero eseguire senza pericolo tutte le attuali evoluzioni; le quali, avendo a base l’ordine spiegato, riescono sempre complicate pel continuo rompere e riformar la linea, con mosse talmente simmetriche, compassate e pedanti, che si direbbero immaginate apposta a far parata.

Bisogna quindi cambiar sistema, e cominciar primieramente a considerare ogni squadrone quello che è di fatto; — un tutto indipendente che deve concorrere da sè solo e per sè solo all’insieme e allo scopo del movimento; — poi partire da tutte altre basi se si vogliono semplificare davvero i movimenti della cavalleria, e darle tutta quella mobilità e leggerezza richiesta dalla sua natura e dalla necessità della moderna tattica.

L’ordine in linea spiegata che, come dimostrammo, tanti inconvenienti presenta, e nella marcia, e nelle evoluzioni, non potrebbe più considerarsi qual base di evoluzioni; ma quello ch’è realmente un ordine accidentale o d’azione; e l’ordine spiegato o di colonna, ch’è l’ordine abituale, perchè in guerra [p. 99 modifica]si marcia assai più che non si combatte, dev’essere preferito, essendo di fatto il vero ordine naturale tattico della cavalleria.

L’agmen quadratum dei nostri antichi non era che la nostra colonna, e in quella disposizione squadronava la cavalleria loro, perchè ne avevano compresa tutta l’importanza e ne sentivano i positivi vantaggi.

La linea spiegata o l’ordine prolungato che dovrebb’essere l’ordine d’azione, non sarebbe più riservato che pel momento della carica o dell’urto; mentre la linea formata dagli squadroni in colonna di plotoni a distanza di spiegamento, — disposizione che in ogni circostanza più s’avvicina ai vantaggi incontrastabili dell’ordine spiegato, senza impedirne o ritardarne l’impulso, — dovrebb’essere la vera base delle sue evoluzioni.

Questa disposizione è la sola che a tutti gli altri vantaggi congiunga quello importantissimo di agevolare e semplificare le evoluzioni a cui può essere obbligata una cavalleria spiegata dinanzi al nimico.

La linea d’evoluzioni sarebbe formata da sei colonne parziali di squadroni in colonna con distanza, — ordine generalmente più adatto a tutte le circostanze, — separate tra loro dallo spazio che dovrebb’essere occupato dai tre plotoni dietro al primo, più un intervallo di 16 metri, ch’è quanto dire un plotone e mezzo, che dovrebb’essere l’intervallo fondamentale della cavalleria spiegata.

Questo nuov’ordine di battaglia ha sull’attuale il vantaggio d’adattarsi meglio a tutti i terreni, perchè le piccole colonne serpeggiano facilmente a traverso qualunque ostacolo. Gli allineamenti difficili nelle marcie in linea a cagione degli intervalli, della poca profondità degli squadroni spiegati, e delle troppe combinazioni su cui sono basati, riescono così facilissimi, perchè la breve distesa della fronte permette confondere, per così dire, l’allineamento e la direzione. La sola cosa essenziale è che la guida dalla parte indicata marci diretta, poichè, formando lo squadrone nel momento dell’azione, l’allineamento interno sarebbe in un attimo rettificato.

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Diminuita l’estensione della fronte ed aumentata la profondità, si facilita l’accordo dell’assieme, e l’allineamento diventa un’inezia. La fronte della prima frazione d’ogni colonna si allinea, per così dire, da sè stessa; anzi, la sua poca distesa rende l’allineamento materialmente certo, e gli errori, se pur ve ne fossero, non avrebbero alcuna conseguenza svantaggiosa sull’assieme della linea, che qui poggia unicamente sul mantenimento della direzione, ch’è facilissimo, atteso la maggiore profondità relativamente alla fronte. Non si perde tempo a rompere e riformare le porzioni della linea, obbligate ad uscirne da ostacoli che facilmente si evitano con semplici mosse obblique, e si riprende tosto il contro movimento, la distanza, l’allineamento.

La maggior parte delle evoluzioni d’uno o più reggimenti, facendosi generalmente in colonne, riescono immensamente semplificate dalla formazione permanente degli squadroni in quell’ordine; tutti i movimenti preparatorii son già fatti; non v’è che ad eseguire, e questo è tanto di guadagnato, perchè il tempo è tutto alla cavalleria.

La base del sistema è qui lo squadrone, e tutte le evoluzioni sono fondate sulla tattica degli scaglioni, o sopra una combinazione di movimenti offensivi e difensivi, che riducono tutta l’istruzione della cavalleria alla sola scuola di squadrone.

Tutto si riduce a semplici movimenti di plotoni a destra o a sinistra; plotoni dietro fronte a destra o a sinistra; marcie in colonne e cambiamenti di direzione, ed infine a semplici formazioni di squadrone, avanti o indietro. Il colonnello non potrebbe mai esser colto alla sprovveduta, poichè i capitani abituati a squadronare isolatamente in colonna di squadrone, e non dovendo eseguire, in ogni caso, che pochissime mosse semplici e rapide, può egli incessantemente opporsi con vantaggio a tutti i tentativi nimici con semplici conversioni di plotone, o con formazioni di squadrone avanti o indietro. È insomma una disposizione che si presta in un tempo ad offesa e a difesa, permettendo sempre, e dovunque, d’opporsi a scaglioni o in linea obbliqua ad ogni mossa [p. 101 modifica]nimica. — I comandi e i movimenti d’esecuzione sono eguali per tutte le posizioni della linea, nè vi potrebbero essere errori o incertezze, come nella linea a squadroni spiegati, ove ciascuno deve far molte volte movimenti diversi e complicati, ed ogni squadrone si considera troppo come parte integrante dell’istesso tutto, in modo che i capitani non oserebbero nulla, senza averne prima ricevuto comando; e questo ritardo potrebbe far perdere l’opportunità sempre fugace.

Colla nuova disposizione il reggimento non è che un complesso di tante unità quanti sono gli squadroni, i quali così separati conservano un valore intrinseco, e i loro capitani concorrono alle mosse generali conservando la loro indipendenza; — indipendenza locale e di circostanza.

Tra i vantaggi della marcia in linea cogli squadroni in colonna di plotoni a distanza di spiegamento, v’è pur quello d’esporli meno al fuoco delle artiglierie; poichè la linea spiegata offre una distesa di 252 metri d’uomini, facilissima a colpire, mentre sopra una stessa fronte, gli squadroni in colonna di plotoni non presenterebbero che 63 metri di totale distesa, frazionati in sei parti, separate ciascuna da un intervallo di 47 metri e mezzo di spazio vuoto. I tiri d’infilata sarebbero egualmente difficili al nimico, perchè un capo intelligente farebbe spesso serpeggiare e cambiar posizione alle piccole colonne; e coll’allargare e ristringere incessantemente gl’intervalli, saprebbe rendere frustranea la destrezza degli artiglieri nimici, e ne profitterebbe per guadagnare un’ala con mosse che rimarrebbero inavvertite, atteso la poca distesa della fronte, e i maggiori intervalli tra gli squadroni.

In questa guisa si squadronerebbe sino al momento di caricare o formar gli squadroni a galoppo, poco prima di prendere codest’andatura; indi si farebbe suonare a galoppo e poi la carica. I foraggieri sparsi, se ve ne fossero, sì rannoderebbero indietro, passando nei maggiori intervalli per isgombrar più presto la fronte, evitando così il lungo girar dalle ale.

Per l’attacco a scaglioni si farebbe allungare l’andatura allo squadrone di destra o di sinistra, e gli altri rallentando [p. 102 modifica]successivamente la distanza si troverebbero pronti a sostenere la testa. Se il nimico si presentasse verso destra o verso sinistra, gli si farebbe fronte con un cambiamento di direzione diagonale d’ogni colonna, e gli scaglioni si troverebbero naturalmente formati. Sul fianco; lo squadrone più prossimo, e gli altri successivamente cambierebbero direzione da quella parte. Gli spiegamenti sarebbero sempre rapidissimi, in caso d’attacco anche sul fianco, per la facilità e prontezza delle conversioni di plotone.

Nelle circostanze attuali, i migliori tattici convengono che le piccole colonne sono le sole applicabili, e soltanto dissentono sulla loro formazione. Si tratta di sciegliere se più convenga l’ordine di squadrone in colonna di plotone, o spiegato in linea co’ suoi plotoni in colonna di quattro a distanza di spiegamento.

L’ordine dello squadrone in colonna di plotone come il più naturale ed abituale, e quello che maggior facilità e prontezza presenta per far fronte d’ogni parte, ed è generalmente la disposizione più adatta a tutte le circostanze della sua azione. Ha inoltre il vantaggio, che anche soggetta al fuoco nimico, i suoi movimenti di conversione si possono sempre eseguire senza difficoltà, perchè il plotone, qualunque siano le sue perdite, resta sempre plotone; gli uffiziali sono più sicuri delle genti loro così raccolte, e possono meglio mantenervi l’assieme e prevenire il disordine che segue qualunque mossa retriva. D’altra parte nel dietro fronte di plotone, non v’è mai inversione interna: i plotoni sarebbero invertiti nello squadrone, ma ciò non ha conseguenza sul morale del soldato, che si trova sempre allo stesso posto e accanto a’ suoi vicini.

L’ordine dello squadrone spiegato co’ suoi quattro plotoni in colonna di quattro a distanza di spiegamento sminuzza troppo lo squadrone; i movimenti di fianco non potrebbero essere così rapidi e simultanei a causa delle seconde righe dietro ogni spezzato di quattro, e l’inversione istessa delle righe renderebbe pericoloso il fronteggiare da tergo; perchè quantunque una truppa debba essere esercitata a squadronar così bene in [p. 103 modifica]ordine inverso come in ordine naturale, senza badare affatto all’inversione stessa delle righe; tuttavia il cimentarsi ad un’azione colla seconda riga avanti, riesce sempre pericoloso; non essendo indifferente cosa la disposizione degli uomini nelle righe, come vedrassi quando tratterò delle cariche; e generalmente sotto il rapporto morale e materiale, la seconda riga è sempre la più scadente. Oltre a ciò, se uno o più numeri delle frazioni sono messi fuori d’azione dall’artiglieria, non è più possibile eseguire cotesti movimenti senza disordine, prima d’aver formato il plotone e fatto contar di nuovo i cavalieri che restano. Quest’inconvenienti che presentano in guerra le conversioni con frazioni di plotone, gli hanno fatti proscrivere dalle evoluzioni, e soltanto in certi casi potrebbero tornare utili, come p. e., se si tratta di allargare o ristringere gl’intervalli, o eseguire un cambiamento di direzione di piè fermo col reggimento in colonna di plotoni.

Perciò ammettendo il prim’ordine come base fondamentale d’evoluzioni, potrebbe non escludersi il secondo, in quei pochi casi in cui fosse opportuno, pei movimenti sopraindicati.

Nondimeno, nell’ordine spiegato in linea, quantunque escluso come ordine abituale o base d’evoluzioni, bisogna ugualmente esercitarvi la truppa, essendone l’ordine d’azione. Perciò si farà spesso formare la linea, si cambieranno andature, s’allungheranno e si rallenteranno alternamente, quando però la linea sarà bene unita, calma e perfettamente unissona nell’andatura precedente, perchè le andature anche più vive ed allungate hanno ugualmente la loro calma e la loro cadenza.

Quando la linea d’azione si sarà abbastanza esercitata, si ritornerà alla linea d’evoluzioni degli squadroni in colonna, che dovrà pure esercitarsi a tutte le andature, facendo fronte da lato e in dietro, a scopo d’abituare gli squadroni a marciare perpendicolari alla direzione, colle teste di colonna ad uguale altezza, senza perdere le distanze interne e gl’intervalli in tutte le direzioni.

Sarebbe anche vantaggioso, e ne guadagnerebbe molto la celerità dei movimenti, che tutte le conversioni di plotone, [p. 104 modifica]salvo ordine contrario, dovessero sempre eseguirsi ad andatura più viva; per esempio a trotto se si marciava a passo, o a galoppo se si era a trotto, per riprendere tosto, la precedente andatura a movimento compiuto.

Nella tattica attuale, quello che deve sopratutto interessare è che la cavalleria sia adusata a passare con celerità ed assieme, dal suo ordine d’azione, all’ordine d’evoluzioni o di marcia determinato dai luoghi e dalle circostanze; e da questo nuovamente all’ordine d’azione o d’urto; poichè il rompere e formare con ordine e celerità, sono i perni su cui s’aggira tutto il meccanismo della cavalleria, o l’arte di muovere relativamente alle evoluzioni.

La marcia a scaglioni avanti o in ritirata48, ossia l’ordine obbliquo, costituisce l’ordine più forte della cavalleria; ma cogli squadroni spiegati presenta gli stess’inconvenienti della marcia in linea, come già precedentemente indicammo. — Tutti i buoni autori raccomandano particolarmente quest’ordine, come il più adatto ad offesa e a difesa. Nell’offesa offre il vantaggio d’impegnare una sola parte della linea, mentre l’altra mantiene il nimico in timorosa incertezza. Nella ritirata permette ritrarre una parte della linea, mentre l’altra contiene il nimico.

Per trovare le origini di quest’ordine, bisogna rimontare alla celebre battaglia di Leuttri, guadagnata da Epaminonda, generale Tebano, sugli Spartani condotti dal re Cleombroto.

In quella giornata i Lacedemoni sommavano ad 11,00049; i Tebani a 6,00050. La battaglia si combattè in pianura, ed Epaminonda, che cercò nella tattica un compenso all’inferiorità di forze, vi riuscì con una combinazione in quell’epoca affatto nuova ed ingegnosa. — In tutte le precedenti battaglie greche, gli eserciti opposti s’erano schierati in ordine paralello ed il combattimento seguì sempre su tutta la linea. [p. 105 modifica]Epaminonda in quella giornata, segnando tutt’altro sistema, schierò la truppa in modo da lanciar la sinistra con forza irresistibile sulla destra spartana, e tenere il resto dell’esercito comparativamente fuori dell’azione. Mise quindi all’ala sinistra le truppe scelte di Tebe, sino alla prodigiosa profondità di 50 scudi, con Pelopida ed il battaglione sacro in testa51. Dispose l’ordine di marcia obbliquamente o a scaglioni, in modo che la colonna profonda della sinistra fosse la prima ad impegnare il combattimento, mentre il centro e la destra, restando relativamente indietro, si tenessero piuttosto in attitudine difensiva.

Nei 371 avanti l’era volgare, questa combinazione era assolutamente nuova, ed indicava un alto genio militare. Perciò non è maraviglia se Cleombroto non vi fosse preparato, ed avesse voluto restar fedele alla tattica greca ordinaria, secondo cui si combatteva immediatamente su tutta la linea. — Stupefatti i Lacedemoni d’una mossa ch’essi prima non iscuoprirono, staccarono in fretta una falange per arrestare il movimento d’Epaminonda, ed evitare d’esser presi alle spalle.

Impegnata l’azione, la cavalleria tebana, che venne prima alle prese, sbaragliò la cavalleria Spartana, composta di novizi inesperti e deboli, montati su cavalli requisiti ai ricchi, e la rincacciò sulla falange che n’ebbe scompigliati gli ordini. In quello, Epaminonda e Pelopida colla sinistra si gettarono sulla destra spartana con tanto impeto, che la carica Tebana fu irresistibile; e mentre il battaglion sacro assaltava di fronte, gli opliti — gente scelta di Tebe — prendevano in fianco la linea nimica. In breve l’esercito spartano, esterrefatto dalla rotta della destra, credè tutto perduto, e ne seguì una fuga spaventevole fino a’ trinceramenti, ove Cleombroto a stento fu condotto in salvo, mortalmente ferito52.

Tutto il pondo della battaglia gravitò sulla destra de’ Lacedemoni, ove la sinistra Tebana fu irresistibilmente forte, [p. 106 modifica]conforme le intenzioni di Epaminonda. In alcune parti della linea non vi fu cambattimento serio, a causa del suo calcolato disegno di non fare avanzare nè il centro, nè la destra.

Alcuni anni dopò, il general Tebano ripetè l’istessa mossa con ugual successo sui campi di Mantinea, contro le forze collegate di Sparta, Atene e Mantinea.

Tale fu l’origine dell’ordine obbliquo, a cui poi ricorsero Alessandro ad Arbelle53; Scipione contro Asdrubale54; Cesare a Farsaglia contro Pompeo55; Federico II56 perfezionò nelle sue guerre e nel 1796 il Bonaparte v’esordiva a Castiglione57.

I passaggi delle linee avanti e in ritirata58 sono anch’esse evoluzioni da annoverarsi tra i perditempo dei nostri esercizi; poichè in guerra il passaggio d’una linea di cavalleria a traverso d’un’altra dell’istess’arma è raro che si faccia, nè si potrebbe senza pericolo; ma ammessa anche l’occasione opportuna e le circostanze più favorevoli di terreno, bisogna non dimenticare, che molte volte in guerra vi sono circostanze in cui non possono farsi evoluzioni. Se poi queste evoluzioni sono impossibili, non sono più evoluzioni vantaggiose; ma soltanto movimenti da parata, che fanno perdere un ternpo che non è mai troppo per gli esercizi svariati e indispensabili, in cui dev’essere mantenuta la cavalleria. Il superfluo s’impara sempre a spese del necessario; l’attenzione delle truppe intanto si divaga, e si rende meno saliente, ciò ch’è di prima necessità; il che non accadrebbe, se si occupasse meno degli esercizi da parata, e più assai che non si fa delle cose di guerra.

Una seconda linea di cavalleria, che dovesse attraversare una prima linea pur di cavalleria, per dar la carica o prevenire un movimento d’offesa del nimico, tentar la presa delle sue batterie, profittare d’una falsa mossa, o dare il colpo di [p. 107 modifica]grazia nel momento decisivo, per assicurar la vittoria e renderla completa, è una evoluzione che oggi non si comprende; perchè le linee colle artiglierie rigate non potrebbero più starsene alle stesse distanze d’una volta, senza la certezza d’esser presto e completamente sbaragliate, salvo che non siano coperte da qualche rialzo di terreno, o da difese naturali o artificiali. All'infuori di questo caso, una volta esposti alle offese, il meglio che si possa fare è ritrarsi o dar dentro rapidissimamente.

Supposto adunque la prima linea ancora intatta, a che farla surrogare dalla seconda per operazioni ch’essa ugualmente potrebbe compiere? — Se invece avesse sofferto per imprudente posizione, o per precedenti cariche, è mai presumibile che si fosse andata proprio a riordinarsi di fronte al nimico, a poco più d’un centinaio di metri dinanzi ad una seconda linea ancora intatta?!... Che una linea di cavalleria debba attraversare altre truppe per farsi avanti, essendo necessaria la sua azione, questo si capisce; ed allora è naturale che coll’attuale ordine di battaglia debba piegare in colonna i suoi squadroni, per passare negli sbocchi delle truppe che ha innanzi. Il regolamento avrebbe potuto anche aggiungere, per non trovare impedimento negli ostacoli del terreno, dovendo attraversare un campo coperto da truppe di fanteria, ingombro da artiglierie o anche da vestigia di fresco combattimento; ma per tutto questo v’era mestieri d’una speciale evoluzione? Non era qui il caso d’applicare quell’avvertenza del regolamento, ov’è detto d’aver somministrato sufficienti dati per poter provvedere ad ogni emergenza?59

Se il passaggio della seconda linea avanti è adunque superfluo come evoluzione, quello indietro è inoltre pericoloso ed assolutamente impraticabile.

Una prima linea, che dovesse ritrarsi di fronte al nimico, difficilmente lo potrebbe, senza rischio d’essere assalita da tergo e scompigliata prima d’avere scoperto la fronte della seconda [p. 108 modifica]linea; ma se invece la ritirata dietro la seconda fosse motivata da una carica non riuscita, o da un vittorioso assalimento nimico, vi è tutto a scommettere che il movimento avrebbe luogo disordinatamente e in furia. La confusione dei cavalieri della prima linea, talvolta alla mescolata col nimico che li rincalza, potrebbe impedire l’arrivo della seconda, perchè difficilmente avrebbero avuto tanta presenza d’animo da scuoprire immediatamente la fronte degli squadroni, e questa circostanza renderebbe il nimico ancor più audace nel suo rincalzo.

È vero che allora la seconda linea piega gli squadroni in colonna, per accrescere gli sbocchi alla prima e farsi avanti; ma queste colonne potrebbero spiegarsi e formar la linea in mezzo al nimico per poterlo respingere? — Ecco dunque che una seconda linea di cavalleria co’ suoi squadroni perfettamente dietro ad un’altra e cogli intervalli determinati, non può avere che pericoli; e gl’inconvenienti dei piccoli intervalli in questi movimenti soprattutto si manifestano. Il regolamento stesso non se ne fa illusione, e riconosce «la necessità che la seconda linea gli aumenti onde dare maggiore sfogo alla prima che si ritira.... e tenendosi in modo che le due ali sieno all’infuori delle ali della prima linea ond'essere in grado di piombare sull’inimico qualora questi tentasse sorprendere l'anzidetta prima linea60»; ma allora perchè non ammettere che l’ordine fondamentale della cavalleria su due linee sia per la seconda, in linea tanto piena che vuota, cioè cogli squadroni separati tra loro dalla fronte d’uno squadrone più l’intervallo? — Scompigliata e respinta la prima linea trova allora dietro a sè vacui sufficienti per trapassar sicura e senza ingombro a riordinarsi indietro, dirimpetto agli intervalli della seconda, ed ecco formato naturalmente lo scacchiere, che è un ordine che offre tutti i vantaggi pei movimenti d’offesa e di ritirata, perchè le linee s’attraversano senza perder tempo, nè fare inutili mosse61.

[p. 109 modifica]La seconda linea allora non prova ritardi, nè impedimenti per farsi avanti; e con tali intervalli se uno o più squadroni fossero battuti, non ne consegue che lo siano anche gli altri che non fanno corpo con esso. Uno o due squadroni intatti, con una rapida conversione sul fianco del nimico vittorioso, possono e debbono arrestarlo ne’ suoi successi, salvare il resto della linea, e dargli tempo a rimettersi, cosa che non si potrebbe con una linea ad intervallo di regolamento.

Con grandi intervalli s’accelera la ritirata dei foraggieri in modo che più presto resta scoperta la fronte della linea, nè v' è a temere che il nimico ne profitti per gittarvisi in mezzo ed assalire di fianco gli squadroni, perchè in questo caso esporrebbe anch’egli il fianco alla seconda linea. Nei movimenti di ritirata si può anche trar partito da un terreno tramezzato da ostacoli, per guadagnar tempo e far mostra d’aver forze considerevoli ed accrescere l’illusione; per esempio, quando il centro d’una linea si trova coperto da un’altura, il nimico può credere che l’intervallo dietro, tra le due estremità visibili, sia egualmente occupato.

La cavalleria russa il 4 settembre 1812 trovandosi in una posizione di questo genere, squadronò in questo modo e fece apparire numerosissime le sue linee. Un terreno frastagliato e coperto impediva vederci dentro in ogni parte, e le linee si perdevano così dapertutto dietro alture o boschi.

La cavalleria francese che raccolta in grosse masse sotto Murat marciava sempre in capo dell’esercito, fu obbligata fermarsi parecchie ore per aspettare l’arrivo del 1o corpo comandato dal maresciallo Davoust, e sinchè fosse compiuta la ricognizione.

In quel mezzo perdè di vista quel tanto che poteva vedere delle linee russe, e quando andò innanzi non trovò più nulla.

I grandi intervalli adunque giovano, specialmente nelle ritirate, e in un terreno tramezzato e coperto possono pure ingrandirsi con evidente vantaggio.

Una prima linea, che sia stata costretta riordinarsi dietro alla seconda, lo farebbe dirimpetto e dietro a’ suoi intervalli, [p. 110 modifica]e così sarebbe naturalmente ordinata nel modo più opportuno a proseguire la ritirata a scacchiere.

Contro una linea di fanteria non vi sarebbe questo bisogno, perchè basterebbe fare un dietro fronte di plotone, e marciar di trotto, per allontanarsi dalla zona dei tiri; ma contro cavalleria, sarebbe un movimento pericoloso, perchè ne profitterebbe per assalire con vantaggio una linea, che tutto in un tempo le volgesse le spalle. È allora che la ritirata a scacchiere, già usata vantaggiosamente dalla cavalleria prussiana, e bandita dall’ordinanza francese del 6 dicembre 1829, può trovare vantaggiosissima applicazione.

Gli squadroni che formano la prima linea, rimangono fermi facendo fronte al nimico, per proteggere il movimento degli altri che guadagnano terreno indietro. Questi, a loro volta, al segnale di tromba o al comando del capo, rifan testa e gli altri allora si ritraggono, e così il movimento si prosegue alternamente.

Questa ritirata su due linee è la sola praticabile, perchè se anche la prima fosse stata rotta interamente, la seconda offre sempre una riserva per ristabilire il combattimento, mentre la prima, ch’è trascorsa tra gl’intervalli, si riforma più o meno lungi indietro.

La distanza tra le linee non potrebbe assolutamente determinarsi, dipendendo dalle circostanze del terreno, dall’accanimento del nimico nel suo rincalzo e dalla sua forza; ma però in genere può variare dai 100 ai 200 metri.

Questa ritirata a scacchiere, che in fondo non è che un alternato passaggio di linea indietro, il solo che sia praticabile, fu soppresso, come dicemmo, nell’ordinanza francese del 1829, dandone per ragione, essere una evoluzione complicata non mai usata in guerra.

E difatti, che la ritirata a scacchiere, com’era prescritta nell’ordinanza del 1° vendemmiale anno XIII, e in tutte le teorie italiane a cui quella servì di testo, fosse complicata, è verissimo; e il vizio principale consisteva nel dividere l’unità tattica, col rompere gli squadroni a sezioni, affine di costituir [p. 111 modifica]le due linee; e nell’eseguire in due modi i dietro fronte per marciare indietro e rifar testa. — In questo modo è probabile che niuno l’abbia mai usata, fuori di piazza d’armi; ma quando le due linee sono formate da squadroni interi, non v’è niuna complicazione nell’eseguire i dietro fronte di plotone e rifar testa, e può essere vantaggiosamente adoperata, in circostanze e su terreni, in cui non si potesse squadronare a scaglioni.

Federico di Prussia, sorpreso e battuto ad Kochkirch durante la guerra dei sette anni e dovendo ritirarsi dinanzi ad un esercito superiore nel numero e nel morale perchè vittorioso, ricorse al genio di Seidlitz suo generale di cavalleria, a cui dette incarico di cuoprire la ritirata con 42 squadroni.

Seidlitz che non aveva tanti squadroni come gli Austriaci, dispose la cavalleria sopra una sola linea, e fece avanzare di 300 passi gli squadroni dispari. Questa disposizione abilmente combinata e condotta da un ufficiale di cavalleria come Seidlitz, impose talmente agli austriaci, che l’esercito prussiano potè oprar lentamente e senza molestia una ritirata difficile, conducendo seco una parte de’ suoi feriti. E soltanto quando la fanteria, l’artiglieria e le salmerie furono al sicuro, Seidlitz fece egli stesso la sua ritirata a scacchiere, tenendo il nimico in rispetto con quella evoluzione difensiva, che al caso mirabilmente si prestava come gli scaglioni, alla più forte offesa.

Il passaggio della linea avanti, come evoluzione è adunque superflua; quello indietro è inoltre pericoloso e d’impossibile esecuzione, ed ambedue perciò da sopprimere. Ma quando una seconda linea avesse intervalli tanto pieni che vuoti, per allargare gli sbocchi e sopravanzare dalle ale, e che una prima linea fosse andata a riordinarsi indietro e dirimpetto ai vuoti, per proseguire con alternato passaggio il movimento di ritirata; si dovrebbe rimpiazzare quella evoluzione, colla ritirata a scacchiere, a squadroni in colonna con distanza, che dovrebbe annoverarsi tra le evoluzioni vantaggiose, checchè ne dicano i Francesi, e perciò da Regolamento.

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La carica62, che non è altro che una marcia diretta più viva, più impetuosa che ha per obbiettivo il nimico, «è l’azione decisiva della cavalleria e forma il compimento della sua istruzione63». — Tale è adunque la sua importanza che ciascuno s’attendeva di vederla svolta e sviluppata; tutti i casi previsti; indicati i modi più opportuni relativamente all’arme da combattere; insegnati gli effetti del tiro e la gittata delle nuove armi rigate per regolare la distanza e la celerità delle andature; date infine tutte quelle altre nozioni che tanto influiscono sulla sua efficacia. — Invece un argomento tanto essenziale vi è sfiorato appena; le varie maniere di caricare vi sono accennate nel modo più superficiale ed incompleto; ed il primo precetto che vi si dà, se poteva essere buono anteriormente all’invenzione dei fucili e delle artiglierie rigate, oggi, il più delle volte non si potrebbe seguire senza pericolo di vedersi distrutti assai prima di cominciar la carica.

Eppure nel 1862, epoca in cui fu pubblicato il regolamento, non si dovevano ignorare gli effetti delle artiglierie rigate, che per la prima volta si mostrarono nella guerra del 1859, e che a Solferino gravissime stragi produssero, anche nelle riserve degli austriaci. — Nel 1862, non si doveva neppure ignorare che quelle artiglierie e tutte le altre armi rigate, erano generali in tutti gli eserciti d’Europa, compreso il nostro; per venirci poi ad insegnare qual primo precetto che «il reggimento essendo in marcia, e supposto a circa 200 passi dal nemico, il colonnello lo fa venire al porto delle armi, qualora già nol fosse64» — e quindi dà il comando di prendere il trotto per incominciar la carica!

Certo che trattandosi di caricare contro cavalleria, si potrebbe cominciare anche a quella distanza, poichè non s’avrebbero contro che truppe ugualmente armate; e non entrandovi affatto la lunga gittata delle armi da fuoco, non v’è nulla di [p. 113 modifica]cambiato da quanto si faceva prima, circa il modo di combattere e la distanza per dar la carica; ma contro fanteria o contro artiglieria, la cosa cambia assai d’aspetto, quantunque l’importanza dell’arma non ne sia per questo scemata, come taluni con troppa leggerezza pretenderebbero.

Oggi, come una volta, una cavalleria fidente in se stessa, sicura della velocità de’ suoi cavalli e sostenuta da artiglieria volante, ha una potenza irresistibile; e la riuscita d’una carica sarebbe sempre certa se il terreno fosse favorevole, l’andatura ben regolata e progressivamente accelerata, e perfetto l’allineamento. — Ma tutte queste cose difficilmente si possono ottenere insieme; e la maggiore o minore audacia dei cavalieri, la maggiore o minor velocità dei cavalli — sensibilissima in una cavalleria montata ineguale, e con cavalli d’indole e di razze tra loro eterogenee, — sono le cagioni che ugualmente vi si oppongono. Perciò una carica in linea, non è per lo più che un seguito rapido di cariche successive, ove gli uomini più arditi e meglio montati formano i punti più salienti65; poichè l’impulso dei cavalli stordisce i cavalieri, gli fa dimenticare il pericolo, e il debole come il valente ugualmente trascina.

Per ben valutare quanto può aspettarsi da un corpo di cavalleria, e quanto vi siano preziosi i buoni uffiziali; bisogna riflettere che in ogni squadrone si può contare appena un terzo degli uomini che, veramente padroni del cavallo, valenti nel maneggiare le armi, elettrizzati dalle circostanze, animosi e intrepidi per natura, caricano arditamente; non si perdono a parare; non cercano che ad offendere, e questi sono quelli che decidono il combattimento. Dopo costoro, se ne trovano a un dipresso altrettanti, che, quando lo possono senza rischio, dànno giù qualche colpo; ma prima di tutto guardano a parare quelli che li minacciano. Il rimanente poi, [p. 114 modifica]imbarazzati di loro stessi, e più di tutto dal cavallo; disposti sempre alla ritirata, non pensano che ad uscirne fuori; sono appena in grado di pararsi qualche colpo, e non aspettano che il momento di svignarsela per isfuggire a tutti i rischi, esagerati dalla loro timidezza.

Da ciò ne viene l’importanza della scelta degli uomini da ammettersi in cavalleria; l’influenza della loro disposizione nelle righe sull’esito d’un affronto; la necessità negli uffiziali di conoscere a fondo i soldati, e sopratutto che il comando dell’arma sia affidato ad uomini capacissimi, perchè le più leggiere circostanze possono decidere del successo o della perdita.

L’acceleramento progressivo delle andature è pure importantissimo; mette i cavalli a poco a poco in lena, e rende la marcia più corretta; ma nondimeno potrebbero darsi circostanze, in cui, da piè fermo, si dovesse partire a galoppo allungato, perchè la forza dell’urto è sempre proporzionata al grado di velocità con cui la truppa è stata messa in moto, e questa velocità dev’essere calcolata sulla distanza da percorrere per arrivare allo scopo col massimo della potenza. Così p. e.: ad un 600 metri, dovrebbero farsene 400 di trotto, 150 di galoppo allungato e 40 o 50 soltanto a tutta corsa, per mantenere più che si può l’ordine e l’assieme nelle righe.

Si calcola a 2000 kil. circa la quantità di moto d’un cavallo lanciato a tutta corsa; quindi il peso della prima riga di uno squadrone, aumentato della sua velocità, che potrebbe essere anche accresciuta coll’alleggerire il peso del carico e della bardatura66, completa una massa che può e deve tutto rovesciare.

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L’insuccesso d’una carica non è sempre prodotto da difetto d’ardore e d’audacia nei cavalieri; ma molte volte da un suolo sdruccievole, molliccico, inuguale, coperto da ostacoli, da neve, da gelo; e spesso anche da mancanza d’impulso, di vigore, d’assieme, per aver cominciato il movimento troppo lontano67. Nondimeno valenti uffiziali, usi a bonaccie e a fortune, non si scoraggiano per così poco; raccolgono la loro gente, gl’infondono novello ardire; parlano severamente a chi s’è mal condotto, riordinano la truppa con tutta calma, e si preparano a migliore occasione.

Il movimento più favorevole per dar la carica è quando il nimico passa da una formazione all’altra, o per cambiar posizione o allo sboccare d’una stretta. Allora qualunque sia l’ordine in cui uno si trova, si prende subito il galoppo e si tenta rompere l’avversario prima che abbia potuto riformarsi.

In certi casi eccezionali, il capo d’un corpo di cavalleria non deve temere d’entrare in azione, anche senza averne ricevuta ordine; qualora scorga l’opportunità di far male al nimico, o evitare un rovescio alle truppe vicine.

Una volta cominciata la carica non bisogna fermarsi a metà, tranne il caso d’ostacoli insuperabili che s’affaccino d’improvviso; ma questo caso bisogna evitarlo, col non avventurarsi mai ad una carica senza prima aver fatto esplorare la posizione dinanzi e sui fianchi da alcuni uomini isolati, affinchè non succeda come alla cavalleria francese a Wagram, che per aver trascurata cotesta precauzione fu arrestata con gravi [p. 116 modifica]perdite da ostacoli, che la fanteria austriaca aveva insidiosamente costruiti dinanzi alle sue linee. Una volta lanciati alla carica, non bisogna tornare addietro, se uno s’accorge che il nimico è assai più forte; ma dando dentro risolutamente, si può talvolta ottenere un primo successo che assicuri una ritirata.

Arrivati sul nimico, o che tenga fermo, o dia di volta, la truppa che carica bisogna che si fermi, ed è perciò un errore la gradazione delle andature che il regolamento prescrive sopra uno spazio di 20 passi per evitare le scosse troppo forti della fermata68. L’arresto non potrebb’essere di verun nocumento ai cavalli; d’altra parte in guerra si fa così, e sarebbe pericoloso insegnare altrimenti, perchè un capo non si abbandonerebbe mai con fiducia alla rapidità richiesta dal movimento, senza la certezza che la sua gente sappia fermarsi così di tratto, coll’istessa prontezza con cui muoverebbe a qualunque andatura.

Dopo l’urto, succede l’istante cortissimo della mischia, dove talvolta pochissimi rimangono uccisi o feriti, perchè i cavalieri vittoriosi non possono colpir sicuri, che quando l’effetto della carica è prodotto; ed anche allora i meglio montati soltanto, tra coloro che inseguono, possono raggiungere i fuggiaschi.

Compiuta una carica vittoriosa, bisogna fermarsi in tempo; perchè i cavalli possono essere stanchi e spossati; gli squadroni dispersi; e allora le fresche riserve, che il nimico facesse avanzare, potrebbero cambiar la vittoria in disfatta.

Nel 1848, nei campi maluriosi di Custoza, uno dei quadrati di fanteria sarda fu arrestato nel piano dagli ulani del reggimento Kaiser. Il quadrato s’apre e scuopre due artiglierie che con quattro scariche a mitraglia fanno retrocedere disordinatamente gli austriaci. In quel mezzo, un reggimento di cavalleria piemontese, opportunamente lanciato, gli dà addosso; gli sbaraglia completamente; ma per non essersi fermato in tempo è respinto dai dragoni del reggimento Bayorn; i quali, [p. 117 modifica]commettendo anch’essi lo stesso errore di disperdersi dopo la carica, sono posti in fuga da un altro reggimento piemontese, che, rompendo pare gli ordini, fa degenerare le cariche in una mischia generale e infruttuosa. Presero adunque parte a quell’affronto quattro reggimenti di cavalleria, due austriaci e due italiani, e tutti a loro volta furono rotti pel medesimo errore tattico.

Il serra-truppe si fa sempre sul posto e lentamente avanzando, perchè se si facesse indietro si perderebbe tempo, nè si potrebbe assaltar subito il fianco della truppa sbaragliata. In quel mezzo, si staccano alcuni plotoni in foraggieri a dar la caccia ai fuggiaschi; ed ove il nimico s’avanzi colla seconda linea, richiamarli in fretta e proseguir la carica.

Trattandosi di dover combattere contro cavalleria, bisogna, prima di dar la carica, disporsi nel modo più conveniente colla rapidità del lampo; saper profittare di tutte le circostanze favorevoli, per potersi presentare con una fronte più che si può maggiore; cercare il lato debole dell’avversario; minacciarlo dalle ale o a rovescio, mediante movimenti obbliqui, o con truppe in potenza dietro agli squadroni delle ale; e infine tenersi sempre una riserva comunque piccola.

Minacciati da forze maggiori, s’eviti lo squadronare da vicino; si procuri guadagnare con tutta fretta un terreno che permetta combattere a fronte uguale, per non essere avviluppati dalle ale quando si è assaliti di fronte; se non se ne potesse a meno, farlo con quei movimenti più semplioi, che permettono assalire in tutti i sensi; o si cerchi, se si può, una posizione coperta da un largo fossato, da una strada incassata, da una palude, o da qualunque altro ostacolo, per trarne profitto, se il nimico vi desse dentro.

Se il terreno non si presta a queste disposizioni, lanciarsi alla carica simultaneamente all’avversario, o meglio anche dopo, se si vedesse non ben calcolata la distanza, per aver su lui il vantaggio dei cavalli più freschi.

Non si creda però che due cavallerie, che si caricano, si diano di cozzo; — l’urto non succede mai per quella [p. 118 modifica]ripugnanza che prova ogni cavaliere, persuaso per istinto, che se cozzasse contro quello che gli viene incontro, ne andrebbero ambedue colle ossa rotte. Generalmente se i due partiti sono ugualmente audaci, può succedere che i cavalieri s’attraversino pei vacui o per gl’intervalli; o che ambedue le linee a poca distanza si fermino. Ma per lo più, quello che ha meno impeto ed ardire, e minor fiducia in se stesso; quando è vicino, dà di volta, e allora non v’è più che ad inseguire.

Se succede che le opposte linee s’attraversino, bisogna fermare immediatamente e riordinarsi in fretta; eseguire un dietro fronte e caricare il nimico da tergo, mentre la riserva lo prende di fronte, e le colonne dalle ale cuoprono il nuovo attacco, opponendosi alle seconde linee dell’avversario, che naturalmente s’avanza a sostener la prima. Se poi ambedue a poca distanza si fermano; il primo che riparte subito a galoppo, e riprende l’iniziativa dell’offesa, è sicuro di vincere.

La carica in linea è quella che maggiormente conviene contro cavalleria, e può eseguirsi in linea retta, linea obbliqua, linea curva.

In linea retta s’intende quando la linea di battaglia è parallela a quella del nimico, ed è l’ordine più usato quando le forze d’ambo le parti si bilanciano.

In linea obbliqua o a scaglioni si carica con successo quando si ha una fronte meno estesa del nimico, o si vuole far impeto sopra un’ala, o guadagnargli un fianco, o superarne la linea. Quest’ordine, ch’è il più forte di tutti, si presta ugualmente ad offesa e a difesa; dà il vantaggio di non esporre che una parte soltanto della truppa agli azzardi del combattimento, e minacciando il nimico si possono tenere in serbo le proprie forze. In questa disposizione, è necessario rafforzare l’ala ch’è innanzi con qualche squadrone in potenza per attaccare di fianco il nimico in caso di successo, mentre il resto della linea ne contiene la fronte; ed in caso contrario trovar negli ultimi scaglioni delle riserve già formate, per contenere e proteggere la ritirata dei primi.

In linea curva non è che un ordine a scaglioni: quando [p. 119 modifica]le due ale sono avanti, s’ha l’angolo rientrante o l’ordine falcato; quando sono indietro l’angolo saliente o il cuneo. Ambedue, disposizioni offensive.

Gli scaglioni colle due ale avanti convengono quando si vuole avviluppare il nimico con forze superiori per pigliarlo in fianco ed a rovescio, mentre s’assalta o si minaccia di fronte.

Gli scaglioni colle due ale indietro convengono ad una cavalleria risoluta e audace, la quale, trovandosi inferiore in forze, e costretta ad assalire, fa impeto sul centro nimico per dividerlo in due ed aprirsi un passo ad ogni costo; o assalirlo di fianco e alle spalle, mentre gli squadroni indietro, che pur s’avanzano, ne contengono la fronte o sostengono la ritirata in caso di rovescio.

Nella carica a scaglioni bisogna che gli squadroni, arrivando successivamente sul nimico, prendano a tempo le diverse andature per fare impeto col maggiore impulso, mantenendo scrupolosamente gl’intervalli, combinati sempre secondo la propria forza e quella nimica.

Trattandosi di combattere contro fanteria, le principali condizioni, a cui bisogna soddisfare, ora che le linee sono più discoste, consistono a restare meno che si può sotto l’azione del fuoco, accelerando le andature, e nonostante conservare al cavallo la forza sufficiente all’urto, o al rapido ritorno in caso non si riuscisse. Quindi la necessità di preparare i cavalli al maggiore sviluppo delle andature; perchè, tenendosi prossimi al nimico e non coperti da ostacoli, si sarebbe troppo esposti; fuori di tiro, s’avrebbe d’uopo della maggiore velocità per arrivare in tempo sul punto minacciato, e darvi anche una carica vigorosa e decisiva.

A conciliare nei giusti limiti le principali condizioni, è mestieri esaminare la tragittoria del fucile di fanteria e gl’insegnamenti che ci dà la pratica.

Il punto in bianco del fucile rigato ch’è circa a 200 metri, riceve i colpi tirati orizzontalmente, e in questa zona la curva del proiettile, radente in tutti i punti del suo tragitto e al disotto dell’altezza d’un uomo a cavallo, ne rende gli effetti [p. 120 modifica]micidialissimi e sicurissimi; e il tiro orizzontale che li produce, è quello naturalmente usato dalla truppa nei fuochi di rapida esecuzione. Di più, il fuoco di due righe, eseguito a dovere, può avere il massimo d’intensità nel momento che la cavalleria penetra in questa zona, che per tali motivi è pericolosissima.

Lo spazio compreso tra 200 e 400 metri riceve i colpi mirati un po’ alti, e i rimbalzi radenti dei colpi un po’ bassi o anche orizzontali, che percuotono il suolo prima o dopo il punto in bianco. I colpi che arrivano sono più incerti, perchè la tragittoria s’alza ed è più curva; ma aggiungendo ai casi ridotti dal tiro l’azione micidiale dei rimbalzi, si deve considerare pericolosa anche questa zona.

Andando oltre, queste condizioni rapidamente si modificano; la curva descritta dal proiettile è assai al disopra del suolo; (11 metri circa pel tiro a 600 metri). In tutto il suo tragitto supera l’altezza d’un uomo a cavallo e non ha più effetto che verso il punto d’arrivo, ove incontra il suolo in una direzione ficcante, producendo rimbalzi non più radenti, ma progressivamente rialzati. Chi tira a questa distanza, ha mezzi incertissimi di calcolo; e tutte queste cagioni, che tendono a diminuire il pericolo, aumentano colla distanza dello scopo.

Da tutto ciò si conchiude che lo spazio compreso dai 400 ai 600 metri è poco pericoloso, e da 600 agli 800, lo è appena. — Ma la proporzione del pericolo in queste due ultime zone non può risultare che dall’azione della fanteria in ordine sparso, perchè i fuochi simultanei, o i fuochi celeri d’una truppa sono d’incertissimo effetto oltre i 400 metri.

Queste considerazioni consigliano regolare l’andatura in modo, da superare gli 800 metri in 2 minuti al più, facendone un 400 a trotto, 300 a galoppo e 100 a tutta corsa.

Però, nei limiti delle due prime zone, non bisogna esagerarsi in campo aperto l’importanza del pericolo che presenta il fucile rigato, reso oggi più potente dal suo tiro celere, pel nuovo congegno ad ago69. Certo che in teoria tanta è la [p. 121 modifica]fitta di palle che può lanciare un lato d’un quadrato di battaglione contro la fronte d’uno squadrone che va alla carica, nel tempo che mette a superarne lo spazio, che parrebbe non dovesse restare in piedi nè un uomo nè un cavallo; ma in pratica non è così70. — Quando il nimico è lontano e si sta al sicuro, si tira con calma e si tira giusto; ma più il pericolo avvicina, e più l’uomo a piedi, per l’emozione che prova, nel vedere la cavalleria venirgli addosso a tutta corsa [p. 122 modifica]e tremarne il suolo, s’affretta a tirare e tira male. Il fante novizio o timido, o quello di paese caldo, e perciò impetuoso e bollente per natura, lascia andar via colpi a più non posso senza imberciar nemmeno; e la palla va in aria, assai più in su della testa dei cavalieri.

La fretta del tirare, generalmente comune a tutte le fanterie allo scoperto ed egualmente esposte, è appunto la principale cagione, dei pochissimi effetti che s’ottengono, relativamente all’immenso sciupo dei colpi tirati; e se a questa fretta naturale ad uomini impetuosi, — più atti all’azione di lancio che passiva, — s’aggiunge quella artificiale del fucile, è facile persuadersi, come i suoi effetti non cambino gran fatto le condizioni della cavalleria alla carica, una volta entrata nelle due zone pericolose, purchè però riesca ne’ suoi conati; mentre in caso contrario, il merito del fucile perfezionato sarebbe immenso contro una cavalleria che dà di volta.

È perciò un principio da cui sarebbe pericoloso allontanarsi, di non assalir mai una fanteria, senza averla prima fatta battere in breccia dalla moschetteria o dall’artiglieria71, se pur [p. 123 modifica]non si sorprende in marcia o nel mezzo d’una evoluzione; perchè non bisogna mai avventurarvisi contro, senza prima aver messo dalla sua tutte le maggiori probabilità di riuseita; ma una volta decisi alla carica, si cessi da ogni riflessione e si dia dentro a testa sotto e a tutta corsa contro le baionette nimiche. È fuor di dubbio che se la prima riga dei cavalli arriva ad urtare la fronte della fanteria, questa n’andrebbe rotta, sbaragliata, dall’impeto della procella equestre.

I mezzi tattici più vantaggiosi alla cavalleria nelle condizioni del tiro attuale, bisogna esaminarli prima di tutto contro fanteria spiegata, poi contro fanteria in quadrato, indi contro le masse.

Contro fanteria spiegata bisogna cercare tutti i vantaggi elementari ch’essa potrebbe presentare o pel marciare in disordine, o per l’eseguire qualche mossa di fianco senza aver le sue distanze; ma se si trattasse di fanteria in battaglia, bisognerebbe cercare di mandar contro essa degli esploratori a caracollare e galoppare qua e là per sollevar polvere se si avesse innanzi terreno asciutto, a scopo di coprire le proprie disposizioni; ovvero, farsi sotto, profittando delle ondulazioni del suolo e di tutto ciò che può fare schermo alla propria marcia; e specialmente d’un pendìo in senso ascendente verso il nimico, perchè allora la fanteria tira quasi sempre troppo alto; insomma fare in modo di non essere veduti, prima d’un 500 metri.

All’infuori di questi oasi particolari da non trascurarsi, l’attacco della fanteria spiegata, che bisogna sempre supporre fortemente appoggiata alle ale, dovrebbe farsi con cariche successive, per tenerla sotto un pericolo prolungato e continuo, che finisce sempre col dar passaggio a qualche scaglione della carica.

La condizione delle cariche successive consiste a separare le suddivisioni della colonna a tali distanze, che respinta la prima, ritraentesi dalle ale, scuopra l’altra abbastanza in tempo, per non arrestarla col suo ingombro, affinchè non rimanga interrotto il succedersi incessante delle cariche. Perciò è [p. 124 modifica]necessario separarle con distanza doppia dell’estensione della fronte; perchè uno squadrone che ha una distesa di 42 metri essendo a galoppo, mette in media 10 secondi per ritrarsi d’ambo le parti e scuoprire la fronte. Ora, in ragione di 8 metri per secondo, ch’è la velocità riconosciuta possibile a cotest’andatura, lo squadrone che segue percorrerà in 10 secondi gli 85 metri, ch’è la distanza che si dovrà tenere, e che a un dipreso è quella in cui comincia la carica; però l’intervallo di tempo che separerebbe il succedersi delle suddivisioni, crescendo in proporzione della distesa della fronte che ne determina la distanza, sarebbe due o tre volte più considerevole (20 o 30 secondi), secondo che la colonna avesse due o tre squadroni di fronte.

Da tutto ciò si conchiude che la disposizione più vantaggiosa alle cariche successive è la colonna della fronte di squadrone, perchè la successione delle cariche v’è maggiormente rapida, e la loro potenza sarebbe anche maggiore, se per un ostacolo naturale si potessero cominciare assai da vicino, affinchè il fuoco delle due righe non possa essere tanto fitto prima dell’urto. Non è qui il caso di parlare della colonna di plotoni, che non potrebbe avere effetto per la sua poca larghezza, sopra una linea spiegata ed estesa.

Supposto che la fanteria siasi formata in quadrato, gli squadroni possono usare gli stessi mezzi d’attacco, contro una o parecchie delle sue faccie; ma se si osservano i suoi punti deboli, si vedrà che ad ogni angolo corrisponde un settore senza fuoco, che a distanza di 100 metri presenta già una larghezza di 10 metri sempre crescente, e che non può essere protetto se non dal fuoco della fanteria in ordine sparso. È dunque vantaggioso caricare sulla linea capitale, e ristringere per quanto si può la fronte, alla larghezza del settore indifeso. L’ordine in colonna di plotoni avrebbe in questo caso le maggiori probabilità, e questa fronte è pure sufficiente relativamente all’estensione d’un quadrato. Caricando così sopra un angolo si riceverebbero i fuochi obbliqui delle due faccie laterali, nella debole proporzione in cui lo potranno dirigere [p. 125 modifica]verso i settori senza fuoco. Ma se nel tempo stesso un’altra colonna si presenta contro un altro angolo (non opposto al precedente) la faccia compresa tra i due angoli assaliti, si opporrebbe con fuochi obbliqui, metà a destra e metà a sinistra, e allora esporrebbe la fronte ad un terzo assalto, se pur non rinunciasse a sostenere gli angoli.

Assaltando simultaneamente dai quattro angoli, queste conseguenze sarebbero complete, perchè ogni colonna non riceverebbe che il fuoco delle faccie laterali; cioè il fuoco obbliquo dell’effettivo d’una faccia, diminuito del numero di quello degli uomini di seconda riga che non potrebbero tirare. Le quattro faccie, con questi fuochi obbliqui, si troverebbero inoltre sguarnite del fuoco di fronte.

Nel caso pratico, supposto che si avessero tre squadroni contro un battaglione di fanteria in quadrato, due assalirebbero con cariche successive in colonna di plotoni, due angoli appoggiati all’istessa faccia; mentre il terzo, in riserva nell’istess’ordine, farebbe impeto sul lato tra essi compreso.

Se il quadrato fosse difeso da un cannone, bisognerebbe assalire i tre angoli senza artiglieria, perchè quello che ne avesse, sarebbe difficile avvicinarlo, e in questo caso due di essi, appoggiati forse all’istesso lato, resterebbero vigorosamente caricati.

Contro le masse reggono sempre gli stessi precetti, ma su più vasta scala.

La colonna della fronte di squadrone sarebbe sempre la migliore pei vantaggi indicati, e perchè se si combattesse in linea spiegata contro una buona fanteria, tutti i cavalieri sarebbero ugualmente esposti e la perdita potrebb’essere considerevole. Il numero delle colonne si moltiplicherebbe secondo quello dei punti d’attacco, che sarebbero di preferenza i quadrati alle ale, se la fanteria si fosse così formata, per essere al coperto del fuoco degli altri. Contro essi s’incomincierebbe con cariche di plotone, a solo scopo di smuovere o anche di travagliare l’estremità della linea per facilitarvi l’azione delle masse in riserva. Ma s’intende che in questo caso la [p. 126 modifica]cavalleria sarebbe sempre seguita dall’artiglieria volante, che coi tiri a mitraglia dovrebbe preparare il terreno alle cariche di cavalleria.

La stessa evoluzione girante dalle ale, accompagnata da violento fuoco d’artiglieria, dovrebbe seguirsi contro fanteria sostenuta indietro da una linea di cavalleria, per battere prima gli aiuti, indi la fanteria di fronte e da tergo. I battaglioni vinti ed accerchiati s’obbligano alla resa; gli si fanno gettare a terra le armi, poi s’allontanano al più presto i prigioni, che si separano e si conducono indietro, spiegando subito squadroni tra essi e le forze nimiche che tentassero liberarli.

Contro artiglieria bisogna partire da tutt’altro ordine d’idee, perchè la sua forza non risiede nelle formazioni, ma nella perfezione dei tiri, su cui non si potrebbero dare oggi quei precisi ragguagli come per la fanteria, a causa de’ suoi progressi ognidì accresciuti da nuove scoperte. Oltre a ciò, l’artiglieria non potendo difendersi, nè guardarsi da se stessa; è sempre sostenuta da fanteria in paese accidentato, e da cavalleria in pianura; per cui l’assalirla diventa un’azione, in cui si possono impiegare le combinazioni delle varie armi, e la riuscita, difficile sempre, dipende assai più dall’opportunità e dall’ardimento, che dalle studiate disposizioni.

La carica non deve farsi mai nè in linea nè in colonna direttamente sulle batterie, ma bisogna preoccuparle di fronte con truppe in foraggieri, mentre cogli altri si tenta far colpo sui sostegni, per separarli dai pezzi.

I cavalieri sparsi s’avanzano frazionandosi più che possono, per lasciar vuoti numerosi ai proiettili, che cercano schivare colla maggiore possibile mobilità, e profittando di tutti gli ostacoli che potessero fare schermo alla loro azione. A tiro di mitraglia, s’apron di tratto dal centro, e si lanciano a tutta corsa sui carriaggi, sui cassoni, sui pezzi, cercando, toglier di mezzo gli artiglieri, mentre col resto si fa impeto sugli aiuti.

L’importanza d’assalire dai fianchi è anche suggerita dalla [p. 127 modifica]facilità con cui i cannonieri potrebbero legare tra loro i cassoni colle prolunghe, e presentare ai foraggieri un ostacolo, dietro a cui co’ moschetti potrebbero offenderli al sicuro.

Prese le artiglierie, non bisogna affrettarsi a portarle via, perchè potrebbero esser cagione d’imbarazzo o d’un ritardo spesse volte funesto; ma lì per lì contentarsi di tagliar le tirelle; mettere al sicuro, o in caso anche uccidere i cavalli; distruggere, portar via o disperdere le munizioni e gli armamenti; e se v’è tempo e modo, far discendere da cavallo un po’ di gente, ad inchiodare i cannoni o ad ostruirli per la bocca, affinchè momentaneamente non siano più atti all’offesa, se al nemico riuscisse ripigliarli. La carica in foraggieri, usata contro le batterie serve egualmente contro cavalleria e fanteria in ordine sparso; ma più particolarmente nei rincalzi.

Dal sin qui detto, ne viene di conseguenza che a facilitare una carica ed accrescerne l’effetto sul nimico, bisogna non solo tenere altissimo il morale della cavalleria, per fortificarne la tempra ed accrescerne l’audacia; ma che i cavalieri trovino nel loro valore la necessaria fiducia, la quale avendo, per principale elemento l’abitudine equestre, è importantissimo perseverare nell’istruzione individuale che insegna ad assalire, come gli esercizi del tiro rendono forte a difesa la fanteria.

Quanto dicemmo sulle evoluzioni di reggimento, s’applica ugualmente alle evoluzioni di linea; se non che l’averle semplificate non basterebbe ancora, se a chi comanda non si dessero i mezzi di profittare del momento opportuno, per farsi comprendere in un attimo, e non perdere il tempo utile in comandi lunghi e moltiplicati.

Bisogna, come ben disse Napoleone I, saper valutare i secondi72, perchè i comandi moltiplicati ritardano i [p. 128 modifica]movimenti, fanno perdere tempo, producono confusione; tutte cose che la cavalleria deve evitare, poichè la sua azione opportuna è istantanea e fugace come il pensiero.

Oggi un uffiziale superiore che fa squadronare un reggimento, non ha un momento di riposo; non ha tempo da prender fiato; tanto mai sono lunghi e numerosi i comandi che deve dare; comandi che poi sulla linea, riprodotti da vicino in tanti modi da 33 uffiziali, in mezzo al romore delle armi, e all’assordante scalpitare dei cavalli a veloci andature, e alle grida d’osservazioni che s’odono d’ogni dove, a rettificare la marcia, la direzione, l’allineamento d’uno squadrone, un plotone, un uffiziale, una guida; ciascuno può immaginarsi qual chiasso, qual frastuono producano; e come siano in opposizione col silenzio, prima condizione dell’ordine e della retta esecuzione d’ogni movimento, e che sino dai tempi d’Omero era celebrato come un mezzo d’attenzione e di simultaneità!

Oggi ci vogliono 253 comandi per un avanti in battaglia d’un reggimento in colonna di plotoni; 240 per la stessa formazione sul centro: 246 o 259 per un cambiamento di fronte centrale o da un’ala; 58 per un semplice cambiamento di direzione;— e a pensare che tutto questo pettegolezzo di comandi, ripetuti a centinaia, andrebbe duplicato e quadruplicato, se si trattasse d’una brigata o d’una divisione!

Il torto del regolamento anche nei comandi è come in tante altre cose, d’averli voluti troppo, non dirò assimilare, ma testualmente tradurre dai francesi, che mai potrebbero esserci maestri in concisione, perchè la lingua nostra si presta assai più al laconismo73 ch’è la prima proprietà d’ogni comando.

[p. 129 modifica]

— Ed è questa una vergogna che ci ricorda i più brutti tempi di nostra servitù, ricorrere allo straniero persino nelle voci e nei modi di comando, per muovere ordinatamente le nazionali milizie; mentre i nostri grandi maestri di guerra che son pure i loro, ce ne lasciarono i precetti in opere immortali!

«Le parole di comandamento, scrive Montecuccoli, siano brevi, chiare, non ambigue; ed acciocchè vengano intese, sia tra le prime imposto silenzio.» — Indi v’aggiunge il Foscolo; — «Abbiano suono e indole militare ed italiana ad un tempo;..... vi sia in esse combinata, chiarezza di senso, brevità d’espressione, larghezza di suono e celerità di pronunzia; e le vocali A ed O vi primeggino fra le altre74

Nè credasi la redazione dei comandi, cosa tanto indifferente, perchè dalla loro intonazione, e dall’accento con cui si pronunciano, dipende la simultaneità dei movimenti ordinati, ed il buon esito della evoluzione onde furon fatti.

La prima riforma deve cominciare da quel mastodonte degli spropositi ch’è il guardavoi, con cui s’indica il principio d’ogni esercizio, e sostiturvi ciò che il regolamento istesso intende indicarvi l’attenzione; comando già usato in varii Stati d’Italia prima delle annessioni, e che sì bene esprime ciò che si vuole, e a tutte le regole si presta d’un buon comando.

La fanteria d’armata ne’ suoi nuovi regolamenti ha già riparato a questo sconcio; perchè l’esercito non dovrebbe fare altrettanto?... Perchè tra truppe dell’istessa nazione, questa differenza di voci in un comando unico?... La lingua italiana non è forse la lingua prescritta dal regolamento, e la disciplina non sarà più dunque la prima virtù dell’uom di guerra?!75. [p. 130 modifica]Un’altra riforma essenziale, sarebbe d’adottare per le principali frazioni componenti una linea, delle voci di comando esclusivamente appropriate a ciascheduna; affinchè pelle grandi evoluzioni non vi sia incertezza nei movimenti parziali e interni ch’esse richieggono, e tutte le formazioni, di piè fermo o marciando, invece di due diversi comandi, ne abbiamo un solo che con tutta chiarezza le esprima. — Così per esempio, invece di comandare:

Avanti,

A sinistra,

Sulla destra,

in battaglia;
si comanderebbe ad un plotone:

A sinistra,

Sulla destra,

Indietro a sinistra,

formate il plotone;

e la formazione avanti s’indicherebbe col solo formate il plotone a cui seguirebbe poi l’obbliquo a sinistra, o a destra, secondo la parte in cui dovesse formarsi.

Con uno squadrone si direbbe invece, formate lo squadrone; ma nelle formazioni di fianco, se si fosse in colonna di plotoni, si sostituirebbe l’a sinistra (o a destra) formate lo squadrone, col comando più spiccio di plotoni a sinistra (o a destra). In questo modo lo squadrone ch’è l’unità tattica della cavalleria, formando un tutto che può e deve far da sè, avrebbe ugualmente dei comandi circoscritti nella sua sfera d’azione, e proprii a sè solo.

Tutte le formazioni o spiegamenti di plotone o squadrone, non avrebbero più due diversi comandi, secondo che si dovesse fare alto, o marciare a formazione compiuta; ma ve ne sarebbe un solo, specialmente appropriato alla frazione che si comanda.

Qualora poi lo scopo della evoluzione, richiedesse che lo

[p. 131 modifica]drone si fermasse dopo lo spiegamento; l’arresto sarebbe comandato dal capitano, perchè tutte le formazioni dovrebbero sempre eseguirsi a raddoppiata andatura, senza che vi fosse d’uopo indicarlo nel comando.

Ad un reggimento, si comanderebbe invece:

Avanti,

A sinistra,

Sulla destra,

Indietro a sinistra76,

in linea.

Però nelle formazioni avanti, s’aggiungerebbe a sinistra, (o a destra), affinchè gli squadroni sapessero da qual parte cambiar direzione per entrare in linea. Si direbbe p. e. Avanti in linea a sinistra (o77 a destra), indi seguirebbe il comando d’esecuzione.

Il comando in linea sostituito a quello d’in battaglia nelle evoluzioni esprime con più brevità di pronunzia e chiarezza di senso lo scopo del movimento; e assai meglio dell’altro, si presta all’intonazione ed all’accento, avendo in cinque lettere, tre vocali coll’a finale, ed una consonante in mezzo delle più sonore.

Un altra modificazione essenziale che ridurrebbe molto i comandi e renderebbe più regolare il movimento, come già indicammo altrove, è l’obbliquo individuale sostituito all’obbliquo per truppa o al diagonale nella formazione dello squadrone, che quantunque sia un movimento semplicissimo, richiede oggi nientemeno che 30 comandi, mentre potrebbe farsi con 11 nel seguente modo:

Supposto che lo squadrone marciasse a trotto, il capitano comanderebbe:

Formate lo squadroneobbliquo a sinistra.

[p. 132 modifica]I comandanti dei tre ultimi plotoni comanderebbero allora:

Obbliquo a sinistra a galoppo.

Al comando marche del capitano, che non sarebbe ripetuto, i tre ultimi plotoni eseguirebbero l’obbliquo, ed appena si trovano dirimpetto al posto che debbono occupare in riga, marcierebbero diretti, al solo comando di fronte, dato dal capo plotone.

Raggiunto il plotone precedente, si riprenderebbe la primitiva andatura al solo comando di trotto dato in ogni plotone, senza che vi fosse bisogno del marche, purchè s’avesse l’avvertenza d’allungar molto sull’o finale.

Il comando di Guida a destra non occorrerebbe darlo, una volta stabilito che per qualunque truppa spiegata che marcia innanzi, la guida debba essere sempre a destra, salvo che non sia comandato diversamente. Così pure nelle formazioni di piè fermo, il comando di a destr(a) riga sarebbe dato dal solo capo della prima frazione formata, essendo superfluo agli altri, qualora si stabilisce che in tutte le formazioni, l’allineamento si prende sempre sulla frazione già formata.

Nel rompere lo squadrone avanti si potrebbero ugualmente abbreviare i comandi, coll’omettere l’indicazione della parte da cui si deve rompere, se pur non sia dalla sinistra, chè allora soltanto s’indicherebbe: così p. e., invece di comandare come il regolamento prescrive:

Per fila,

Per due,

Per quattro,

Per squadre,

dalla destra (o dalla sinistra)

Per plotoni, (o per sezioni), dalla destra — rompete lo squadrone,


Si comanderebbe invece:

Per uno;

Per due;

Per quattro;

Per isquadre;

Per plotoni;

Per sezioni;

[p. 133 modifica]e soltanto se il movimento dovesse aver luogo dalla parte opposta, vi si aggiungerebbe, dalla sinistra.

Nei cambiamenti di direzione della colonna, dovendo girare l’intera colonna e non soltanto la testa, parrebbe più breve e razionale che si comandasse colonna a destra, (o a sinistra), anzichè testa di colonna a destra, (o a sinistra). In questo movimento, neppure v’è ragione, che s’opponga alla soppressione di quella moltitudine di comandi: Girate a sinistra (o a destra) — Avanti; ripetuti da tutti i capi di plotone nel cambiamento di direzione delle colonne con distanza. Applicandogli ciò ch’è prescritto nella colonna di quattro, non si sarebbe obbligati, nel girare agli angoli, di ripetere cotesti comandi chiassosi, che stordiscono e spesso nuocciono alla regolarità dei movimenti, specialmente nelle evoluzioni.

Oggi, per far cambiare di direzione ad una divisione di cavalleria in colonna con distanza, non vi vogliono meno di 235 comandi; cioè 43 volte: Testa di colonna a destra (o a sinistra); 96 volte Girate a destra (o a sinistra); e 96 volte Avanti.

Marciando a galoppo, richiedendosi circa 7 minuti per un cambiamento di direzione, ciascuno può immaginarsi la fretta di coleste grida successive.

Nei comandi di reggimento vi sarebbero da fare ugualmente altre modificazioni per abbreviarne la redazione, e dare un’idea più chiara e precisa dell’assieme e dello scopo dei movimenti. Ma bisognerebbe stabilire, oltre quanto dicemmo intorno la guida, da non indicarsi mai quando fosse a destra; che quando lo squadrone di un reggimento non fosse indicato nel comando, il movimento dovesse farsi sempre dalla destra, cioè dal primo squadrone e colla destra avanti, qualora il comando non indicasse particolarmente questa condizione; e che infine, il trotto, fosse l’andatura delle evoluzioni, quando non si comandasse diversamente.

Ad evitare ancora quell’incertezza che v’è sempre dopo una conversione di plotone o sezione sul fianco, perchè non si sa mai se uno debba poi portarsi avanti o fermarsi, si farebbe sempre precedere dal comando Avanti, l’altro di plotoni o [p. 134 modifica]sezioni a destra, affinchè i capitani sapessero anticipatamente quello che dovranno fare.

Nelle formazioni centrali, invece di questi lunghi comandi,

1. Sulla testa del 3° squadrone avanti in battaglia diagonale a sinistra;

2. Sulla coda del 3° squadrone fronte indietro a sinistra in battaglia;

si comanderebbe più brevemente:

1. Sul 3° squadrone, avanti in linea a sinistra;

2. Sul 3° squadrone indietro in linea a sinistra.

L’indicazione di testa o coda è superflua, una volta stabilito che le formazioni avanti abbiano luogo dalla testa e quelle indietro naturalmente dalla coda.

Nel passare dall’ordine di colonna di squadroni con distanza all’ordine di colonna serrata, invece di comandare:

Sullo squadrone di testa — serrate la colonna;

basterebbe dire: Serrate la colonna, per intendere che dovesse serrarsi sullo squadrone ch’è avanti; e soltanto quando il movimento dovesse aver luogo su qualunque altro squadrone, se ne farebbe precedere l’indicazione; p. e.:

Sul 3° squadrone — serrate la colonna.

Per riprendere le distanze, invece di dire:

1.Dallo squadrone di testa — indietro prendete le distanze;

2. Dallo squadrone di coda — avanti prendete le distanze;

basterebbe comandare:

1. Dal 1° squadrone — a intera distanza;

2. Dal 6° squadrone — a intera distanza; perchè è chiaro che gli squadroni, che si trovano dietro al 1°, non potrebbero prendere le distanze a lui dinanzi; quelli che sono avanti al 6°, non potrebbero certamente pigliarle dietro.

Nella marcia in battaglia, invece di comandare:

Squadroni avanti — squadrone di destra di direzione,

basterebbe dire: — Squadroni avanti.

Ciò basterebbe perchè dopo quanto fu stabilito, i capitani intendessero che la guida dovesse essere a destra. Se poi si volesse sopra un altro squadrone, allora soltanto s’indicherebbe.

[p. 135 modifica]

Per passare dall’ordine di battaglia all’ordine di colonna serrata, dopo quanto si è detto nelle norme generali sui comandi di reggimento, non si dovrebbe più comandare:

Sullo squadrone di destra — formate la colonna serrata — la destra in testa;

ma con tutta brevità: Avanti in colonna serrata; — sottintendendosi che debba essere sul primo squadrone e colla destra in testa, una volta che non se ne dà l’indicazione.

Se la formazione dovesse farsi sopra qualunque altro squadrone, si direbbe:

Sul 3° squadrone — avanti in colonna serrata.

E quando la sinistra dovesse essere avanti vi si aggiungerebbe — sinistra in testa.

Nelle formazioni sul fianco, invece di dire:

Squadroni a destra (o a sinistra); formate la colonna serrata;

si direbbe:

A destra (o a sinistra) in colonna serrata.

I cambiamenti di direzione della colonna serrata marciando, si eseguirebbero cogli stessi comandi indicati nella colonna di plotoni; cioè, invece di dire:

Testa di colonna a sinistra; (o diagonale a sinistra);

si comanderebbe:

Colonna a sinistra; (o diagonale a sinistra);

e questo comando potrebbe ugualmente convenire al cambiamento di direzione di piede fermo.

Per passare dall’ordine di colonna di plotoni, a quello di colonna serrata facendo fronte di fianco, invece di comandare:

Sullo squadrone di testa, fronte a sinistra formate la colonna serrata — la destra in testa;

basterebbe dire:

In colonna serrata — fronte a sinistra;

a cui s’aggiungerebbe: — sinistr’avanti, — se la colonna dovesse formarsi colla sinistra in testa.

Nei cambiamenti di fronte, i comandi si potrebbero rendere meno verbosi, precisando anche meglio lo scopo del movimento: così, p. e., invece di dire:

[p. 136 modifica]

1. Cambiamento di fronte diagonale — sull’ala destra;

2. Cambiamento di fronte diagonale a destra sul 3° squadrone;

3. Cambiamento di fronte sull’ala destra;

4. Cambiamento di fronte indietro sull’ala destra;

si comanderebbe:

1. Fronte diagonale a destra;

2. Fronte diagonale a destra sul 3° squadrone;

3. Fronte a destra;

4. Fronte indietro a destra.

Nella marcia a scaglioni, non si direbbe:

Squadroni dalla destra avanti in scaglioni a distanza intera; ma semplicemente: — Avanti a scaglioni.

Il comando squadroni è superfluo, quello dalla destra ugualmente, una volta ammesso che niuna indicazione, vuol dire che il movimento debba cominciare da quella parte. Se invece dovesse essere dalla sinistra, allora si direbbe:

Dalla sinistra — avanti a scaglioni.

Il colonnello farebbe dire ai capitani lungo la linea, la distanza che vuol dare agli scaglioni; essendo assai più opportuno indicarla in questo modo, che comandarla ad alta voce, perchè in guerra dovendo quasi sempre usarsi questo mezzo, è vantaggioso in tempo di pace abituarvi la truppa78.

Nella ritirata a scaglioni si comanderebbe così:

Dalla destra in ritirata a scaglioni.

Il fronte indietro di plotone, si eseguirebbe sempre dagli squadroni in ritirata, dietro il segnale di tromba dato dal colonnello.

Nella ritirata a scacchiere si comanderebbe:

1. Ritirata a scacchiere;

2. Squadroni pari avanti.

Indi, la ritirata alternativa delle linee, ed il dietro fronte di plotone, sarebbero eseguiti dai comandanti delle linee dietro l’indicazione del colonnello.

Ma siccome tutti i comandi, malgrado la brevità e la [p. 137 modifica]maggiore intonazione, potrebbero talvolta non essere intesi in mezzo al romore del combattimento, o per cagioni di vento, pioggia o temporale; bisognerebbe in tempo di pace abituare frequentemente la truppa al suono della tromba, aumentando i segnali che abbiamo, delle seguenti indicazioni:

Sdoppiare.
Raddoppiare.
Formare, lo squadrone — avanti e indietro.
Conversione di plotoni — a destra ed a sinistra.
Dietro fronte di plotoni.
Fronte a destra ed a sinistra.
In linea.
In colonna serrata.
Avanti a scaglioni.
Ritirata a scaglioni.
Ritirata a scacchiere.

A sdoppiare, basterebbe un solo segnale, che per uno squadrone spiegato, vorrebbe dire di rompere avanti per plotoni; e se si marciasse per plotoni, indicherebbe che si deve rompere con quattro, e così di seguito con due e con uno, ogni volta che fosse ripetuto.

Volendo raddoppiare, si seguirebbe l’istessa progressione, ugualmente con un solo segnale, per non confondere la mente col troppo moltiplicarne il numero; avvertendo di eseguire sempre questi movimenti a raddoppiata andatura, non successivamente come il regolamento prescrive; ma simultaneamente dalla testa alla coda della colonna, riprendendo poi le distanze.

Ai segnali per le formazioni in linea, in colonna serrata, a scaglioni, o pei cambiamenti di fronte, basterebbe aggiungere una breve variante, comune a tutti, per sapere da qual parte dovesse farsi fronte, e come eseguire il movimento.

Le istesse norme varrebbero pei comandi delle evoluzioni di linea a cui dovrebbero farsi analoghe modificazioni, essendo ivi, più che necessaria la concisione.

Riassumendo pertanto quanto s’è detto su tale argomento, affine di restringere i comandi, indipendentemente dai segnali, e [p. 138 modifica]renderli di necessità più brevi e concisi, bisogna stabilire in principio:

1° Quante volte non sia indicata la guida, debba intendersi sempre a destra;

2° Qualunque truppa che sopra un altra si forma, s’intende che su quella debba prendere l’allineamento senza che occorra comandarlo. Questo principio è particolarmente applicabile ai plotoni, nelle formazioni dello squadrone.

3° Ogni volta che si rompe una linea od una sua frazione, s’intende che il movimento debba incominciare dalla destra, qualora non sia indicato nel comando;

4° Quando lo squadrone di un reggimento, o il reggimento d’una brigata, non sia indicato nel comando generale; il movimento debba sempre farsi sulla destra del primo reggimento o della prima brigata, cioè sul primo squadrone.

5° Nel piegare la linea avanti in colonna serrata, se non si indica l’ala che dev’essere in testa, debba sempre intendersi la destra avanti.

6° Nelle grandi evoluzioni i soli generali di brigata ripetano il comando generale, i colonnelli indichino i movimenti particolari, e gli altri uffiziali superiori non diano comandi, salvo che gli squadroni da essi comandati debbano eseguire qualche mossa speciale.

Ma per tutto questo, è anche necessario che gli uffiziali superiori non istiano tanto a pensarci sopra, prima di dare un comando; prima di capirne lo scopo. Non si è uffiziali di cavalleria se non s’ha prontissima intelligenza, se non si conoscono a fondo le evoluzioni, se sempre non s’è pronti a più che rapida esecuzione. La natura dà l’intelligenza, il valore, l’energia; lo studio, il resto.

Adottando questi principii non si sprecherebbe tempo; più rapida correrebbe l’istruzione e migliori effetti se ne otterrebbero, perchè fuggendo negli esercizi il superfluo, le cose necessarie meglio s’imparano79.

[p. 139 modifica]E qui io mi fermo e do termine a questo mio lavoro, che ho deciso pubblicare, perchè dopo gli ammaestramenti dell’ultima guerra, che sin qui non ci furono di gran profitto; in mezzo a tanta angustia di pecunia pubblica; stretti all’intorno dalla pace armata — ch’è della guerra assai peggior flagello, — e coll’unità della patria non ancora compiuta, è necessità riordinare l’esercito sopra altre basi.

Le riforme ch’io propongo, le ho appoggiate coi migliori esempi che abbia trovato, presso gli antichi e i moderni; non osando sperare che siano ammesse, colla sola forza delle ragioni e della mia personale convinzione.

Ho detto le cose, ho espresso la mia opinione, colla franchezza d’un uomo che ha la coscienza del vero; e se ho attaccato quanto v’ha di vizioso nel nostro sistema, non ebbi altra mira che l’interesse della nazione, e il maggior lustro d’una parte nobilissima del suo esercito, a cui vorrei pure essere utile colla mia esperienza e co’ miei studi.



Note

    come quello che dà un’idea troppo bassa della cultura della parte più eletta dell’esercito; e difatti, niuno vorrebbe usarvi un vernacolo qualunque invece della lingua, perchè saprebbe di dare indizio di crassa ignoranza o di mancata educazione.

  1. In Francia quando si trattò di riveder l’ordinanza degli esercizi ed evoluzioni della cavalleria, pubblicala il 6 x.bre 1829, una decisione ministeriale aggiunse alla commissione il capitano Flaviano d’Aldeguier del 19o ed il Luogotenente Dier del 15o Cacciatori, incaricandoli della redazione del testo.— Da noi invece, come se si trattasse d’un breviario, ne fu incaricato un certo prete di Pinerolo, che ne fece quel lavoro che tutti possono ammirare, e di cui ne arrossirebbe uno scolaretto di 4a classe.
  2. Bismarck. — Tactique de la cavalerie. Cap. II, pag. 29.
  3. La semplicità delle evoluzioni di guerra costituisce il merito principale della tattica; ma non dà abbastanza nell’occhio ai militari di parata e non fa punto spettacolo. — Aldeguier. Des principes qui servent de base à l’instruction et à la tactique de la cavalerie.
  4. Seidlitz generale di Federico, fu il rigeneratore della cavalleria moderna; il creatore d’una nuova tattica. Diede alle evoluzioni la regolarità, l’assieme, la rapidità e la sicurezza. Federico riconobbe i talenti del grand’uomo nei gradi subalterni, e lo avanzò rapidamente. A 30 anni era già capo della cavalleria prussiana, che sotto di lui salì all’apice della sua gloria. Su 22 battaglie date dal Re di Prussia e da’ suoi Luogotenerti, 15 furono guadagnate dalla cavalleria. Alla sua morte Federico ordinò il corruccio a tutti gli uffiziali dell’arma, e gli fece innalzare un monumento a Berlino. (Vedi Biografia universale).
  5. Aforismi dell’arte bellica, Lib. III, Capo V, pag. 442.
  6. Regolamento per l’esercizio ed evoluzioni della cavalleria. Vol. 3°, § 1762, pag. 186.
  7. Regolamento per l’esercizio e le evoluzioni della cavalleria. vol. 3°, § 1809 al 1812, pag. 222 alla 224.
  8. Regolamento cit. Vol. 3°, § 1725, pag. 155.
  9. Nelle formazioni in battaglia mediante il diagonale, ogni capo di plotone deve dare 6 comandi per trovarsi dirimpetto al posto che deve occupare in riga, cioè: 1. Plotone diagonale a sinistra (o a destra) — 2. Marche. — 3. Avanti. — 4. Guida a destra (o a sinistra). — 5. Diagonale a destra (o a sinistra). — 6. Avanti. — I quali sommati a tutti gli altri, ascendono nientemeno che a 253, pel solo spiegamento in battaglia d’un reggimento di 6 squadroni in colonna con distanza!!!
  10. Questo principio, negletto nei nostro regolamento, si trova benissimo sviluppato nella teoria inglese. Vedi Etude sur les cavaleries étragéres. Cavalerie anglaise, pag. 82.
  11. Vol. 3. del Regolamento, § 1826 al 1830, pag. 233 alla 236.
         Il Barone di Schauenburg, a proposito di questo movimento, cita un episodio della battaglia d’Osterlizza, dove la divisione di cavalleria leggiera del generale Kellermann fu quasi distrutta al principio del combattimento per l’imprudenza d’aver fatto fronte indietro sulla testa della colonna, avente a tergo la cavalleria russa, che profittò accortamente di quell’errore. — Questo fatto suggerisce al suddetto autore le seguenti considerazioni: «Molti capi vogliono far pompa di sapere, perchè non hanno abbastanza istruzione od esperienza di guerra a conoscere il pericolo in cui si mettono, voltando il tergo o prestando il fianco con movimenti complicati e di molti comandi.» Emploi. De la cavallerie à la guerre, Art. 1, pag. 78.
  12. Vol. 3. del Regolamento § 1831 al 1838, pag. 236 alla 344.
  13. La troppo elastica avvertenza del § 1763 del regolamento, in cui è detto che — «per maggior brevità non ha precisati tutti i movimenti... ma ha somministrati sufficienti dati e mezzi onde poter provvedere ad ogni emergenza» non è da applicarsi al caso nostro; perchè i movimenti che la teoria insegna, dovendo considerarsi movimenti di base, debbono esser pochi, ma completamente sviluppati.
  14. I comandi del colonnello (secondo il sistema del regolamento) sarebbero nel primo caso — Sul 1° squadrone a scaglioni a distanza intera (o a mezza distanza) — spiegate la colonna.
    Nel secondo caso — Avanti diagonale a sinistra e a destra in battaglia — e viceversa, se parte della colonna avesse cambiato direzione a sinistra.
  15. Si comanderebbe — A destra — e sulla coda della colonna — fronte indietro in battaglia — diagonale a sinistra, — e viceversa se parte della colonna avesse girato a sinistra.
  16. Vol. 3 del Regolamento, § 1839 al 1844, pag. 244 alla 249.
  17. Lieut. Général Comte Déjean. Observations sur l'ordonnance du 6 dicembre 1829.
  18. Vol. 3. del Regolamento cit. § 1845 al 1851, pag. 249 alla 258.
  19. Vol. 3° del Regolamento § 1849, pag. 254.
  20. La Roche-AymonDe la cavalerie Vol. 2°, pag. 306.
  21. Vol. 3° del Regolamento $ 1853 al 1856, pag. 262 e 263.
  22. M. De Brandt. Observations sur la formation des troupes pour le combat.
  23. Vol. 3° del Regolamento § 1853, pag. 262.
  24. Vol. 3° del Regolamento, § 1862 al 1867, pag. 265 a 263
  25. Ibid., § 1868, pag. 268 a 269.
  26. Bismark Tactique de la cavalerie, cap. III, pag. 51.
  27. Vol. 3° del Regolamento, § 1875 al 1876, pag. 275.
  28. Ibid., 1877 al 1884 pag. 275 alla 278.
  29. Ibid., § 1885 al 1886, pag. 279 alla 280.
  30. Ibid., § 1887 al 1905, pag. 280 alla 289.
  31. Ibid., § 1906 al 1910, pag. 289 alla 292.
  32. Vol. 3° del Regolamento § 1913 al 1921; pag. 294 alla 304.
  33. Ibid., § 1650, pag. 104
  34. Il diametro è il terzo della circonferenza più 1/7, che non va calcolato affine di evitar le frazioni, e perchè il settimo del diametro è pochissima cosa relativamente alla fronte d’uno squadrone. — Perciò nel calcolo delle conversioni, il diametro va considerato il terzo giusto della circonferenza, qualunque sia l’estensione della fronte o del raggio, ch’è poi tutt’uno.
    La circonferenza è dunque tre volte il diametro.
    Il raggio è la metà del diametro, quindi il 6° della circonferenza.
  35. Vol. 1° del Regolamento, pag. 11 e 18.
  36. Vol. 3° del Regolamento, § 1462, pag. 7.
  37. Vol. 2° del Regolamento, pag. 108, § 794. — Il passo è stabilito in ragione di 120 al minuto equivalente a 90 metri, ed il trotto allungato nelle evoluzioni e negli esercizi è fissato al § 816, pag. 119, a 300 passi uguali a 225 metri.
  38. Vol. 3° del Regolamento, § 1921, pag. 301.
  39. Ibid., § 1922 al 1946, pag. 301 alla 314.
  40. Vol. 3 del Regolamento, § 1950 al 1959, pag. 318 alla 325.
  41. Bismark, Tactique de la cavalerie, cap. vii, pag. 113.
  42. Riassunto storico degl’intervalli.

    1648. Battaglia di Lens. Intervalli tanto pieni che vuoti.
    1675. Montecuccoli. Intervalli di 18 passi da uno squadrone all’altro.
    1686. Epoca del principe Luigi di Bade, che adottò l’ordine in linea piena contro i Turchi.
    1740. Federico dà la preferenza all’ordine in linea piena. Seidlitz preferisce la linea ad intervalli, come pure Warnery che li vuole da 20 ai 25 passi al più.
    1766. Ordinanza francese del giugno. L’intervallo è sempre della fronte di mezzo squadrone. Le seconde e terze linee hanno intervalli per lo meno uguali alla fronte, e la formazione in linea piena è preveduta, ma soltanto come eccezione.
    1777. Ordinanza francese del maggio. L’intervallo è sempre della fronte di mezzo squadrone nell’ordine di battaglia usuale. Nell’ordine in linea piena è fissato a 6 passi, e l’ordine di battaglia tanto pieno che vuoto, v’è sempre ricordato.
    1781. Bohan. Intervallo uguale al quarto della fronte d’uno squadrone.
    1788. Istruzione francese del 20 maggio. L’intervallo è di 9 passi e quello da un reggimento all’altro ugualmente, colla facoltà d’ingrandirlo a chi comanda.
    1793. Libro di comandi per le evoluzioni della cavalleria. Soppressione dell’intervallo tra gli squadroni nell’ordine di battaglia abituale. Intervallo di 6 passi da un reggimento all’altro, colla facoltà al comandante di stabilirne tra gli squadroni, ed aumentare gl’intervalli dei reggimenti secondo le circostanze.
    1801. Istruzione Magimel. Intervallo ordinario tra gli squadroni, 9 passi.
    1804. Ordinanza provvisoria francese. Intervallo tra gli squadroni, 10 metri; e da un reggimento all’altro, 15 metri.
    1821. Generale di Bismark. L’intervallo della fronte d’un mezzo plotone o squadra, 9 passi. 1829. Ordinanza francese del 6 dicembre. Intervallo tra gli squadroni, 12 metri; di un reggimento all’altro, 24 metri.
    1829. Generale De La Roche-Aymon. Sopra una linea, l’intervallo sarà della fronte d’un mezzo squadrone. Sopra due linee, sarà tanto pieno che vuoto o a scacchiere.
    1838. Colonnello De Chalendar. 15 metri da uno squadrone all’altro.
    1862. Regolamento per l’esercizio e le evoluzioni della cavalleria italiana. Intervallo di 10 metri e 1/2 tra gli squadroni, e di metri 21 da un reggimento all’altro, con facoltà d’ingrandirli nei soli passaggi della linea indietro.

  43. Vol. 3° del Regolamento, § 1952 al 1955, pag. 320 alla 323.
  44. Ibid. § 1956, 1957, 1959, pag. 323 alla 325.
  45. Ibid. § 1960 al 1965, pag. 326 alla 328.
  46. Vol. 3o del Regolamento, § 1966 al 1979, pag. 329 alla 337.
  47. Ibid. § 1980 al 1994, pag. 337 alla 344.
  48. Vol. 3° del Regolamento, § 1980 al 1994, pag. 337 alla 344.
  49. Plutarco in Pelopida, c. 20.
  50. Diodoro Siculo, xv, 52-36.
  51. Plutarco, Simposiac. II, 5, pag. 639.
  52. Senofonte, Storia greca, VI, 4, 13, 14.
  53. V. FloroGesta d’Alessandro il Grande.
  54. V. PolibioStorie.
  55. V. CesareCommentari.
  56. V. Storia della guerra dei sette anni.
  57. V. Jomini, Campagnes d’Italie.
  58. Vol. 3° del Regolamento, § 1995 al 2001, pag. 344 alla 349.
  59. Vol. 3° del Regolamento, § 1763, pag. 189.
  60. Vol. 3° del Regolamento, § 2001, pag. 349.
  61. L’ordine e la ritirata a scacchiere si trovava in tutte le teorie che servivano a noi di testo anteriormente all’ordinanza francese del 6 dicembre 1829.
  62. Vol. 3° del Regolamento, § 2002 al 2012, pag. 349 alla 357.
  63. Ibid., § 2002, pag. 340.
  64. Ibid., § 2003, pag. 350.
  65. Si formano per lo più quattro distinti scaglioni, di cui la distanza tanto più si pronuncia, quanto più la carica si prolunga. RocquancourtCours d’art et d’histoire militaire T. IV, pag. 110.
  66. L’effetto precipuo d’un peso si misura da ciò che in matematica si chiama forza viva, espressa da MV², ove M indica il peso e V la velocità; cioè che quest’effetto è proporzionale al peso ed al quadrato di velocità. Così se si raddoppia il peso senza cambiare la velocità, se ne duplica l’effetto. Se si raddoppia la velocità senza cambiare il peso, cotest’effetto si quadruplica. Se poi si cambiano ambedue, riducendo il peso della metà e raddoppiando la velocità, se ne sarà anche raddoppiato l’effetto. — Da ciò si deduce il vantaggio che può ricavarsi da un aumento di velocità.
  67. Il capitano di Stato maggiore austriaco Massimiliano Thyr così chiude la sua narrazione sul fatto d’armi a NogaredoVerso il 26 luglio 1866: «Prima di chiudere, noi vogliamo però consacrare una parola d’elogio alla bravura ed allo slancio, di cui diede prova la cavalleria nemica, dobbiamo però aggiungere che non seppe a tempo opportuno risparmiare le forze e la lena dei cavalli. Anche a grandissima distanza la si vide avanzare a galoppo allungato, per cui nel momento dell’urto si trovava avere sprecato inutilmente una parte delle forze dei propri cavalli.» — V. Rivista militare italiana. Agosto, 1867, pag. 199.
  68. Vol. 3° del Regolamento, § 2003. pag. 351.
  69. A Tratenau il 10° corpo austriaco comandato da Gablentz, potè vincere i prussiani con forze numeriche pressoché uguali, e e nonostante la superiorità del fucile ad ago.
  70. I seguenti ragguagli provano che si è perduto proporzionatamente più gente durante le guerre del periodo Napoleonico, in cui s’usavano armi liscie, che nelle guerre moderne, con tutte le armi perfezionate.
         Ad Austerlitz le perdite dei russi furono del 30 per 100 (0,30) della forza totale del loro esercito, e quelle degli austriaci 0,44. I francesi perdettero 0,14.
         A Wagram le perdite degli austriaci furono di 0,14, quelle dei francesi di 0,13.
         Alla Moskowa, i russi perdettero 0,44; i francesi 0,37.
         A Bautzen i russi e prussiani perdettero 0,14; i francesi 0,13.
         A Waterloo la perdita degli eserciti alleati fu 0,31, e quella dei francesi 0,36.
         A Magenta li 4 giugno 1859, la perdita degli austriaci fu 0,8, quella dei francesi di 0,7.
         A Solferino le perdite degli austriaci furono di 0,8, e dei franco-sardi di 0,10. — Die Cavalerie der Jetzizeit (La cavalleria attuale)
         A Custoza nel 1866 gl’italiani perdettero 0,5; gli austriaci 0,6.
         A Sadowa la perdita degli austriaci fu di 0,16; quella dei prussiani di 0,8. Le perdite maggiori degli austriaci, più che al fucile ad ago, debbono attribuirsi alle circostanze eccezionali di quella strepitosa giornata. Perchè prima, quasi completamente avviluppati, colla massa della riserva colta alla sprovveduta senza essersi nemmeno potuta spiegare; poi, completamente sconfitti e fugati per l’unica via di scampo verso Koenisgratz e i ponti all’ingiù dell’Elba, e gagliardamente inseguiti dalla cavalleria prussiana adoperata in quella guerra, con mano maestra.
  71. Federico II pagò caramente a Kunersdorf l’inosservanza di questo principio. Malgrado le più vive rimostranze di Seidlitz, si ostinò a far caricare dalla sua cavalleria una gran parte della fanteria russa, che, stretta in massa colle artiglierie, opponeva una resistenza disperata. I reggimenti di Federico ritornavano indietro un dopo l’altro rotti e disordinati senza averla potuta spuntare; e mentre ferveva tanta carnificina, la cavalleria russa, che, battuta prima da Seidlitz, si trovava in piena ritirata, ritornò all’assalto e fece impeto vigoroso sulla cavalleria prussiana; la quale, rifinita da sforzi inauditi, annientata da considerevoli perdite, scoraggiata da tanto rovescio, non avendo più a capo il valoroso Seidlitz, gravemente ferito, n’andò completamente sbaragliata. La rotta della cavalleria fu seguita dalla fanteria; e a sei ore di sera Federico, che nel mezzo della giornata poteva contare sulla vittoria, fuggiva colle reliquie del suo esercito nel disordine più spaventevole, abbandonando artiglierie, cassa militare e bagagli.
         Se gli assalti della cavalleria prussiana, come aveva chiesto Seidlitz, fossero stati preceduti da scariche d’artiglieria, quella massa di fanteria russa, che fece cambiar faccia alla battaglia di Kunersdorf, non avrebbe potuto resistere alla cavalleria di Federico, che passava allora per la migliore d’Europa.
  72. Il generale di cavalleria deve possedere la scienza pratica, conoscere quanto valgano i secondi, disprezzare la vita e non affidarsi al caso — Memorie di Napoleone.
  73. Vedendo poi da qualche Franzese schernita la nostra lingua, raffinai alquanto quel primo libro mandatovi (traduzione di Cornelio Tacito) per mostrarvi quanto egli errava intorno la nostra brevità........ e tutte sono, come vedete, 160 facce di questa stampa fatte fare scientemente di 39 versi di 55 lettere per faccia, come è quella del Plantino del 1581, della quale i medesimi libri latini sono facce 178. A fine che a veggente d’occhio si chiarisca lo schernidore, che questi Fiorentini libri ne’ Latini largheggiano come il nove nel dieci; e ne’ Franzesi che sarian facce di stampa simile 266, passeggiano come nel 15. — Vedi lettera di Bernardo Davanzati a Messer Baccio Valori, senatore fiorentino, nel proemio alla Traduzione di Tacito.
  74. Aforismi dell’arte bellica e suoi commenti. Cap. 2°, tit. 1°, pag. 97.
  75. Il precetto che prescrive l’uso della lingua italiana nell’istruzione e nelle relazioni ufficiali, andrebbe tolto dal Regolamento,

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  76. Vol. 3° del Regolamento, § 1822, pag. 280, dove è scritto il seguente comando:
         Sulla coda della colonna-fronte indietro a sinistra in battaglia.
  77. S’intende sempre che la linea sia formata dagli squadroni in colonna, a distanza di spiegamento, la cui formazione di piè fermo, stando il reggimento in colonna di plotoni si farebbe con 27 comandi, invece di 253, secondo il sistema che vado sviluppando.
  78. Seidlitz aveva in questo caso alcuni ussari che non lo lasciavano mai e aveva ragione. Warnery De la cavalerie pag. 92.
  79. Montecuccoli, Aforismi dell’arte bellica, pag. 442.