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salvo ordine contrario, dovessero sempre eseguirsi ad andatura più viva; per esempio a trotto se si marciava a passo, o a galoppo se si era a trotto, per riprendere tosto, la precedente andatura a movimento compiuto.

Nella tattica attuale, quello che deve sopratutto interessare è che la cavalleria sia adusata a passare con celerità ed assieme, dal suo ordine d’azione, all’ordine d’evoluzioni o di marcia determinato dai luoghi e dalle circostanze; e da questo nuovamente all’ordine d’azione o d’urto; poichè il rompere e formare con ordine e celerità, sono i perni su cui s’aggira tutto il meccanismo della cavalleria, o l’arte di muovere relativamente alle evoluzioni.

La marcia a scaglioni avanti o in ritirata1, ossia l’ordine obbliquo, costituisce l’ordine più forte della cavalleria; ma cogli squadroni spiegati presenta gli stess’inconvenienti della marcia in linea, come già precedentemente indicammo. — Tutti i buoni autori raccomandano particolarmente quest’ordine, come il più adatto ad offesa e a difesa. Nell’offesa offre il vantaggio d’impegnare una sola parte della linea, mentre l’altra mantiene il nimico in timorosa incertezza. Nella ritirata permette ritrarre una parte della linea, mentre l’altra contiene il nimico.

Per trovare le origini di quest’ordine, bisogna rimontare alla celebre battaglia di Leuttri, guadagnata da Epaminonda, generale Tebano, sugli Spartani condotti dal re Cleombroto.

In quella giornata i Lacedemoni sommavano ad 11,0002; i Tebani a 6,0003. La battaglia si combattè in pianura, ed Epaminonda, che cercò nella tattica un compenso all’inferiorità di forze, vi riuscì con una combinazione in quell’epoca affatto nuova ed ingegnosa. — In tutte le precedenti battaglie greche, gli eserciti opposti s’erano schierati in ordine paralello ed il combattimento seguì sempre su tutta la linea. Epami-

  1. Vol. 3° del Regolamento, § 1980 al 1994, pag. 337 alla 344.
  2. Plutarco in Pelopida, c. 20.
  3. Diodoro Siculo, xv, 52-36.