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A che tutti quei movimenti metodici e da gran cassa, immaginati per far della tattica un’arte da spettacoli, per potersi dare nel comando tanta importanza, come se si possedesse una scienza trascendentale?! — A che tutte quelle profonde colonne serrate in una massa; quelle contromarcie; quegli spiegamenti complicati e pesanti; quei passaggi di linee in colonna; quelle formazioni in colonna sul centro, o indietro dalle ale; quei cambiamenti di fronte su due linee; esecuzioni tutte che in guerra mai si presentano, e mai potrebbero farsi in quel modo, e che perciò non servono che a far perdere un tempo prezioso, tolto alla vera istruzione della cavalleria?!
Gli esercizi di pace non debbono essere che la ripetizione di ciò ch’è utile e possibile in guerra.
Aprendo il regolamento sulle evoluzioni, la prima tra le tante cose inutili che si presenta, è il tracciamento delle linee. Nella nuova ristampa ciascuno s’aspettava vederlo soppresso; ma invece vi si trova intatto, e quel che è più curioso, coll’avvertenza aggiunta, che: — «non potendo sempre essere adoperato, non avrà luogo nelle evoluzioni se non quando il colonnello ne avrà dato anticipatamente l’ordine1.» — Ma se non può sempre adòprarsi, a che imbrogliar la mente dell’uffiziale, col far eseguire negli esercizi di pace delle cose che deve dimenticare in guerra; — cose che fanno perdere un tempo infinito; che riescono fallaci nella esecuzione, e sono le più contrarie ai meccanismo della cavalleria, ed alla prontezza de’ suoi movimenti?
In quale circostanza si potrà in guerra pigliarsi il gusto di far tracciar le linee? — Forse quando una colonna dovrà, prontamente spiegarsi per dar la carica, o si dovrà rapidamente cambiar fronte per far testa al nimico? Si tratta allora di far presto e arrivare da una posizione all’altra, mantenendo l’ordine più regolare, in mezzo al più gran disordine, secondo il precetto degli antichi tattici.
- ↑ Regolamento per l’esercizio ed evoluzioni della cavalleria. Vol. 3°, § 1762, pag. 186.