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e così sarebbe naturalmente ordinata nel modo più opportuno a proseguire la ritirata a scacchiere.

Contro una linea di fanteria non vi sarebbe questo bisogno, perchè basterebbe fare un dietro fronte di plotone, e marciar di trotto, per allontanarsi dalla zona dei tiri; ma contro cavalleria, sarebbe un movimento pericoloso, perchè ne profitterebbe per assalire con vantaggio una linea, che tutto in un tempo le volgesse le spalle. È allora che la ritirata a scacchiere, già usata vantaggiosamente dalla cavalleria prussiana, e bandita dall’ordinanza francese del 6 dicembre 1829, può trovare vantaggiosissima applicazione.

Gli squadroni che formano la prima linea, rimangono fermi facendo fronte al nimico, per proteggere il movimento degli altri che guadagnano terreno indietro. Questi, a loro volta, al segnale di tromba o al comando del capo, rifan testa e gli altri allora si ritraggono, e così il movimento si prosegue alternamente.

Questa ritirata su due linee è la sola praticabile, perchè se anche la prima fosse stata rotta interamente, la seconda offre sempre una riserva per ristabilire il combattimento, mentre la prima, ch’è trascorsa tra gl’intervalli, si riforma più o meno lungi indietro.

La distanza tra le linee non potrebbe assolutamente determinarsi, dipendendo dalle circostanze del terreno, dall’accanimento del nimico nel suo rincalzo e dalla sua forza; ma però in genere può variare dai 100 ai 200 metri.

Questa ritirata a scacchiere, che in fondo non è che un alternato passaggio di linea indietro, il solo che sia praticabile, fu soppresso, come dicemmo, nell’ordinanza francese del 1829, dandone per ragione, essere una evoluzione complicata non mai usata in guerra.

E difatti, che la ritirata a scacchiere, com’era prescritta nell’ordinanza del 1° vendemmiale anno XIII, e in tutte le teorie italiane a cui quella servì di testo, fosse complicata, è verissimo; e il vizio principale consisteva nel dividere l’unità tattica, col rompere gli squadroni a sezioni, affine di costituir