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leria sarebbe sempre seguita dall’artiglieria volante, che coi tiri a mitraglia dovrebbe preparare il terreno alle cariche di cavalleria.
La stessa evoluzione girante dalle ale, accompagnata da violento fuoco d’artiglieria, dovrebbe seguirsi contro fanteria sostenuta indietro da una linea di cavalleria, per battere prima gli aiuti, indi la fanteria di fronte e da tergo. I battaglioni vinti ed accerchiati s’obbligano alla resa; gli si fanno gettare a terra le armi, poi s’allontanano al più presto i prigioni, che si separano e si conducono indietro, spiegando subito squadroni tra essi e le forze nimiche che tentassero liberarli.
Contro artiglieria bisogna partire da tutt’altro ordine d’idee, perchè la sua forza non risiede nelle formazioni, ma nella perfezione dei tiri, su cui non si potrebbero dare oggi quei precisi ragguagli come per la fanteria, a causa de’ suoi progressi ognidì accresciuti da nuove scoperte. Oltre a ciò, l’artiglieria non potendo difendersi, nè guardarsi da se stessa; è sempre sostenuta da fanteria in paese accidentato, e da cavalleria in pianura; per cui l’assalirla diventa un’azione, in cui si possono impiegare le combinazioni delle varie armi, e la riuscita, difficile sempre, dipende assai più dall’opportunità e dall’ardimento, che dalle studiate disposizioni.
La carica non deve farsi mai nè in linea nè in colonna direttamente sulle batterie, ma bisogna preoccuparle di fronte con truppe in foraggieri, mentre cogli altri si tenta far colpo sui sostegni, per separarli dai pezzi.
I cavalieri sparsi s’avanzano frazionandosi più che possono, per lasciar vuoti numerosi ai proiettili, che cercano schivare colla maggiore possibile mobilità, e profittando di tutti gli ostacoli che potessero fare schermo alla loro azione. A tiro di mitraglia, s’apron di tratto dal centro, e si lanciano a tutta corsa sui carriaggi, sui cassoni, sui pezzi, cercando, toglier di mezzo gli artiglieri, mentre col resto si fa impeto sugli aiuti.
L’importanza d’assalire dai fianchi è anche suggerita dalla