I pensieri (Leonardo da Vinci, 1904)/Pensieri sull'arte/Difesa della pittura
Questo testo è completo. |
◄ | Pensieri sull'arte | Pensieri sull'arte - Il pittore e la pittura | ► |
DIFESA DELLA PITTURA
CONTRO LE ARTI LIBERALI.
I. — proemio.
Con debita lamentazione si dole la Pittura, per essere lei scacciata dal numero delle arti liberali, conciossiachè essa sia vera figliola della natura e operata da più degno senso.1
Ond’è a torto, o scrittori, l’avete lasciata fuori del numero di dette arti liberali, conciossiachè questa, non che alle opere di natura, ma ad infinite attende, che la natura mai le creò.
II. — perchè la pittura non è connumerata nelle scienze?
Perchè gli scrittori non hanno avuto notizia della scienza della Pittura, non hanno possuto descriverne i gradi e parti di quella, e lei medesima non si dimostra col sue fine2 nelle parole, essa è restata, mediante l’ignoranza, indietro alle predette scienze non mancando per questo di sua divinità.
E veramente non sanza cagione non l’hanno nobilitata, perchè per sè medesima si nobilita, sanza l’aiuto delle altrui lingue, non altrementi che si facciano l’eccellenti opere di natura. E se i pittori non hanno di lei descritto e ridottala in scienza, non è colpa della Pittura, e ella non è per questo meno nobile, poscia che pochi pittori fanno professione di lettere, perchè la lor vita non basta a intendere quella.
Per questo, avremo noi a dire, che le virtù dell’erbe, pietre, piante non sieno in essere, perchè li omini non le abbiano conosciute? — Certo no; ma diremo esse erbe restarsi in sè nobIII, sanza lo aiuto delle lingue o lettere umane.
III. — la pittura è scienza universale.
Quella scienza è più utile, della quale il suo frutto è più comunicabile,3 e così, per contrario, è meno utile ch’è meno comunicabile.
La Pittura ha il suo fine comunicabile a tutte le generazioni dell’universo, perche il suo fine e subbietto della virtù visiva, e non passa per l’orecchio al senso comune, col medesimo modo che vi passa per il vedere.
Dunque questa non ha bisogno d’interpreti di diverse lingue, come hanno le lettere, e sùbito ha saddisfatto all’umana spezie, non altrementi che si facciano le cose prodotte dalla natura. E non che alla spezie umana, ma agli altri animali: come si è manifestato in una pittura, imitata da uno padre di famiglia, alla quale facean carezze li piccioli figliuoli, che ancora erano nelle fasce, e similmente il cane e gatta della medesima casa, ch’era cosa meravigliosa a considerare tale spettacolo.
IV. — la pittura non si può divulgare.
Le scienze, che sono imitabIII, sono in tal modo, che con quelle il discepolo si fa eguale all’autore, e similmente fa il suo frutto. Queste sono utili allo imitatore, ma non sono di tanta eccellenza, quanto sono quelle, che non si possono lasciare per eredità, come l’altre sustanze.
Infra le quali la Pittura è la prima. Questa non s’insegna a chi natura no ’l concede, come fan le Matematiche, delle quali tanto ne piglia il discepolo, quanto il maestro gli ne legge; questa non si copia, come si fa le lettere, che tanto vale la copia, quanto l’origine; questa non s’impronta, come si fa la Scultura, della quale tal è l'impressa, qual è l’origine, in quanto alla virtù dell’opera; questa non fa infiniti figliuoli, come fa li libri stampati. Questa sola si resta nobile, questa sola onora il suo autore, o resta preziosa ed unica, e non partorisce mai figlioli eguali a sè. E tal singolarità la fa più eccellente che quelle, che per tutto sono pubblicate.
Or non vediamo noi li grandissimi re dell’Oriente andare velati e coperti, credendo diminuire la fama loro col pubblicare e divulgare le loro presenze? or non si vede le pitture, rappresentatrici delle divine Deità, esser al continuo tenute coperte con copriture di grandissimi prezzi? e quando si scoprano, prima si fa grandi solennità ecclesiastiche di vari canti con diversi suoni; e, nello scoprire, la gran moltitudine de’ popoli, che quivi concorrono, immediate si gettano a terra, quelle adorando e pregando, per cui tale pittura è figurata, dell’acquisto della perduta sanità e della eterna salute, non altrementi, che se tale Idea fusse lì presente in vita?
Questo non accade in nessun’altra scienza od altra umana opera. E se tu dirai, questa non esser virtù del pittore, ma propria virtù della cosa imitata; si risponderà, che in questo caso la mente de li omini po’ saddisfare, standosi nel letto, e non andare ne’ lochi faticosi e pericolosi, ne’ pellegrinaggi, come al continuo far si vede.
Ma, se pure tal pellegrinaggi al continuo sono in essere, chi li move, sanza necessità? Certo tu confesserai essere tale simulacro, il quale far non po’ tutte le scritture, che figurar potessino in effigie ed in virtù tal Idea. Dunque pare, ch’essa Idea ami tal pittura, ed ami chi l’ama e riverisce, e si diletti d’essere adorata più in quella, che in altra figura di lei imitata, e per quella faccia grazia e doni di salute, — secondo il credere di quelli, che in tal loco concorrono.
V. — come la pittura avanza tutte l’opere umane per sottile speculazione appartenente a quella.
L’occhio, che si dice finestra dell’anima, è la principale via, donde il comune senso può più copiosamente e magnificamente considerare le infinite opere di natura; e l’orecchio è il secondo, il quale si fa nobile per le cose racconte, le quali ha veduto rocchio.
Se voi, storiografi o poeti o altri matematici, non avessi coll’occhio viste le cose, male le potreste riferire per le scritture; e se tu, poeta, figurerai una storia colla pittura della penna, e ’l pittore col pennello la farà di più facile saddisfazione, e men tediosa a essere compresa. Se tu dimanderai la pittura muta poesia, ancora il pittore potrà dire del poeta orba pittura. Or guarda: — quale è più dannoso morso4 o cieco o muto? — Se ’l poeta è libero, come ’l pittore, nelle invenzioni, le sue finzioni non sono di tanta saddisfazione a li omini, quanto le pitture, perchè, se la Poesia s’astende con le parole ii figurare forme, atti e siti, il pittore si move, colle proprie similitudine de le forme, il contrattare esse forme. Or guarda: qual’è più propinquo all’omo, ’l nome d’omo o la similitudine5 d’esso omo? — Il nome dell’omo si varia in vari paesi, e la forma non ò mutata se non da morte.
Se voi dicessi: — la Poesia è più eterna—; per questo io dirò essere più eterne l’opere d’un calderaio, che il tempo più le conserva che le yostre o nostre opere, nientedimeno e di poca fantasia, e la Pittura si po’, dipignendo sopra rame con colori di vetro, fare molto più eterna.
Noi per arte possiamo essere detti nipoti a Dio. Se la Poesia s’astende in filosofia morale e questa in filosofia naturale; se quella descrive l’operazione della mente, che considera, questa colla mente opera ne’ movimenti; se quella spaventa i popoli con le infernali finzioni, questa colle medesime cose in atto fa il simile. Pongasi il poeta a figurare una bellezza, una fierezza, una cosa nefanda e brutta, una mostruosa, col pittore; faccia a suo modo, come vuole, tramutazione di forme, che il pittore non saddisfassi più.6 Non s’è egli viste pitture avere tanta conformità colla cosa vera, ch’ell’ha ingannato omini e animali?
VI. — la pittura crea la realtà.
Tal proporzione è dall’immaginazione a l’effetto, qual’è dall’ombra al corpo ombroso, e la medesima proporzione è dalla Poesia alla Pittura. Perche la Poesia pon le sue cose nell’imaginazione di lettere, e la Pittura le dà realmente fori dell’occhio, dal quale occhio riceve le similitudini non altrementi, che s’elle fussino naturali; e la Poesia le dà sanza essa similitudine, e non passano all’imprensiva per la via della virtù visiva, come la Pittura.
VII. — rappresentazione e descrizione.
La Pittura rappresenta al senso, con più verità e certezza, le opere di natura, che non fanno le parole o le lettere, ma le lettere rappresentano con più verità le parole, che non fa la Pittura. Ma diremo essere più mirabile quella scienza, che rappresenta l’opere di natura, che quella, che rappresenta l’opere dell’operatore, cioè l’opere degli uomini, che sono le parole, com’è la Poesia e simili, che passano per la umana lingua.
VIII. — eccellenza dell’occhio.
L’occhio, dal quale la bellezza dell’universo è specchiata dalli contemplanti, è di tanta eccellenza, che chi consente alla sua perdita, si priva della rappresentazione di tutte l’opere della natura, per la veduta delle quali l’anima sta contenta nelle umane carceri,7 mediante gli occhi, per li quali essa anima si rappresenta tutte le varie cose di natura; ma chi li perde, lascia essa anima in una oscura prigione, dove si perde ogni speranza di riveder il sole, luce di tutt’il mondo. E quanti son quelli, a chi le tenebre notturne sono in somm’odio, ma ancora ch’elle sieno di breve vita! Oh! che farebbono questi, quando tali tenebre fussino compagne della vita loro?
Certo, non è nissuno, che non volesse più tosto perdere l’audito o l’odorato, che l’occhio, la perdita del quale audire consente la perdita di tutte le scienze, ch’hanno termine nelle parole; e sol fa questo per non perdere la bellezza del mondo, la quale consiste nella superfizie de’ corpi, sì accidentali8 come naturali, li quali si riflettono nell’occhio umano.
IX. — il pittore va direttamente alla natura.
La Pittura serve a più degno senso, che la Poesia, e fa con più verità le figure delle opere di natura, che il poeta; e sono molto più degne l’opere di natura che le parole, che sono l’opere dell’omo, perchè tal proporzione è dalle opere de li uomini a quelle della natura, qual è quella, ch’è da l’omo a Dio. Adunque è più degna cosa l’imitar le cose di natura, che sono le vere similitudini in fatto, che con parole imitare li fatti e parole de li omini.
E se tu, poeta, vuoi descrivere l’opere di natura co’ la tua semplice professione, fingendo diversi siti e forme di varie cose, tu sei superato dal pittore con infinita proporzione di potenza; ma se vuoi vestirti de l’altrui scienze, separate da essa poesia, elle non sono tue, come Astrologia, Retorica, Teologia, Filosofia, Geometria, Aritmetica e simili. Tu non sei allora più poeta, tu ti trasmuti, e non sei più quello, di che qui si parla. Or non vedi tu, che se tu vuoi andare alla natura, che tu vi vai con mezzi di scienze, fatte d’altrui sopra li effetti di natura? E il pittore per sè, sanza aiuto di scienziati9 o d’altrui mezzi, va immediate all’imitazione d’esse opere di natura.
Con questa si muovono li amanti verso li simulacri della cosa amata, a parlare coll’imitate pitture; con questa si muovono popoli, con infervorati voti, a ricercare li simulacri delli Iddii, e non a vedere le opere de’ poeti, che con parole figurino li medesimi Iddii; con questa si ingannano li animali. Già vid’io una pittura, che ingannava il cane, mediante la similitudine del suo padrone, alla quale esso cane faceva grandissima festa; e similmente ho visto i cani baiare e voler mordere i cani dipinti; e una scimmia fare infinite pazzie contro ad un’altra scimmia dipinta; ho veduto le rondini volare e posarsi sopra li ferri dipinti, che sportano fuori delle finestre de li edilìzi.
X. — potenza espressiva della pittura.
Non vede l’imaginazione cotal eccellenza, qual vede l’occhio, perchè l’occhio riceve le spezie overo similitudini delli obbietti, e dalli alla imprensiva, e da essa imprensiva al senso comune, e lì è giudicata. Ma la imaginazione non esce fuori da esso senso comune, se non in quanto essa va alla memoria, e lì si ferma e muore, se la cosa imaginata, non è di molta eccellenza. E in questo caso si ritrova la Poesia nella mente overo imaginativa del poeta, il quale finge le medesime cose del pittore, per le quali finzioni egli vuole equipararsi a esso pittore, ma invero ei n’è molto rimoto, come di sopra è dimostrato. Adunque in tal caso di finzione, diremo con verità esser tal proporzione dalla scienza della Pittura alla Poesia, qual è dal corpo alla sua ombra derivativa, e ancora maggior proporzione, conciossiachè l'ombra di tal corpo almeno entra per l’occhio al senso comune, ma la imaginazione di tal corpo non entra in esso senso, ma lì nasce, nell' occhio tenebroso.10 Oh! che differenza è a imaginare tal luce nell’occhio tenebroso, al vederla in atto fuori delle tenebre!
Se tu, poeta, figurerai la sanguinosa battaglia, mista con la oscura e tenebrosa aria, mediante il fumo delle spaventevoli e mortali macchine, mista con la spessa polvere, intorbidatrice de l’aria, e la paurosa fuga de li miseri spaventati dalla orribile morte; in questo caso il pittore ti supera, perchè la tua penna fia consumata, innanzi che tu descriva appieno quel, che immediate il pittore ti rappresenta co’ la sua scienza. E la tua lingua sarà impedita dalla sete e il corpo dal sonno e fame, prima che tu con parole dimostri quello, che in un istante il pittore ti dimostra. Nella qual pittura non manca altro, che l’anima delle cose finte, e in ciascun corpo è l’integrità di quella parte, che per un sol aspetto può dimostrarsi, il che lunga e tediosissima cosa sarebbe alla poesia a ridire tutti li movimenti de li operatori di tal guerra, e le parti delle membra e lor ornamenti, delle quali cose la pittura finita, con gran brevità e verità, ti pone innanzi; e a questa tal dimostrazione non manca, se non il romore delle macchine, e le grida de li spaventanti vincitori, e le grida e pianti de li spaventati, le quali cose ancora il poeta non può rappresentare al senso dell’audito. Diremo adunque la Poesia essere scienza, che sommamente opera nelli orbi, e la Pittura fare il medesimo nelli sordi. Essa tanto resta più degna che la Poesia, quanto ella serve a miglior senso.
Solo il vero uffizio del poeta è fingere parole di gente, che insieme parlino, e sol queste rappresenta al senso dell’audito tanto come naturali, perchè in sè sono naturali create dall’umana voce, e, in tutte l’altre consequenzie, è superato dal pittore. Ma molto più sanza comparazione son le varietà, in che s’astende la Pittura, che quelle, in che s’astendono le parole, perchè infinite cose farà il pittore, che le parole non le potrà nominare, per non aver vocaboli appropriati a quelle. Or non vedi tu, che, se ’l pittore voi fingere animali o diavoli nell’inferno, con quanta abbondanzia d’invenzione egli trascorre?
E già intervenne a me fare una pittura, che rappresentava una cosa divina, la quale comperata dall’amante di quella, volle levarne la rappresentazione di tal deità, per poterla baciare sanza sospetto. Ma infine la coscienza vinse li sospiri e la libidine, e fu forza, ch’ei se la levasse di casa. Or va tu, poeta, descrivi una bellezza sanza rappresentazioni di cosa viva, e desta li uomini con quella a tali desideri! Se tu dirai: — io ti descriverò l’inferno o ’l paradiso, e altre delizie o spaventi —; il pittore ti supera, perchè ti metterà innanzi cose, che, tacendo, diranno tali delizie, o ti spaventeranno, e ti movono l’animo a fuggire. Move più presto li sensi la pittura, che la poesia. E se tu dirai, che con le parole tu leverai un popolo in pianto o in riso; io ti dirò, che non sei tu che muove, egli è l’oratore, e è ’l riso. Uno pittore fece una pittura, che, chi la vedeva, sùbito sbadigliava, e tanto replicava tale accidente, quanto si teneva l’occhi alla pittura, la quale ancora lei era finta a sbadigliare.
Altri hanno dipinto atti libidinosi e tanto lussuriosi, ch’hanno incitati li risguardatori di quella alla medesima festa, il che non farà la Poesia. E se tu scriverai la figura d’alcuni Dei, non sarà tale scrittura nella medesima venerazione che la Idea dipinta, perchè a tale pittura sarà fatto di continuo voti e diverse orazioni, e a quella concorreranno varie generazioni di diverse provincie e per li mari orientali. E da tali si dimanderà soccorso a tal pittura e non alla scrittura.
Qual è colui, che non voglia prima perdere l’audito, l’odorato e ’l tatto, che ’l vedere? Perchè, chi perde il vedere, è com’uno, ch’è cacciato dal mondo, perchè egli più no ’l vede, nè nessuna cosa. E questa vita è sorella della morte.
XI. — importanza dell’occhio nella vita animale.
Maggior danno ricevono li animali per la perdita del vedere, che dell’audire, per più cagioni,- e prima, che mediante il vedere il cibo è ritrovato, donde si debbe nutrire, il quale è necessario a tutti gli animali; e ’l secondo, che per il vedere si comprende il bello delle cose create, massime delle cose, ch’inducono all’amore, nel quale il cieco nato non può pigliare per lo audito, perchè mai non ebbe notizia, che cosa fusse bellezza d’alcuna cosa. Restagli l’audito, per il quale solo intende le voci e parlare umano, nel quale è i nomi di tutte le cose, a chi è dato il suo nome. Sanza la saputa d’essi nomi ben si può vivere lieto, come si vede nelli sordi nati, cioè li muti, che mediante il disegno, il quale è più de’ muti, si dilettano.
XII. — la pittura è una poesia muta.
Qual poeta con parole ti metterà innanzi, o amante, la vera effigie della tua idea con tanta verità, qual farà il pittore? Qual fia quello, che ti dimostrerà siti de fiumi, boschi, valli e campagne, dove si rappresenti li tuoi passati piaceri, con più verità del pittore?
E se tu dici: - la Pittura è una Poesia muta per sè, se non v’è chi dica o parli per lei, quello ch’ella rappresenta —; or non vedi tu, che ’l tuo libro si trova in peggior grado? Perchè ancora ch’egli abbia un uomo, che parli per lui, non si vede niente della cosa, di che si parla, come si vederà di quello, che parla per le pitture; le quali pitture, se saranno ben proporzionati li atti co’ li loro accidenti mentali, saranno intese, come se parlassino.
XIII. — segue della pittura e poesia.
La Pittura è una Poesia, che si vede e non si sente, e la Poesia è una Pittura, che si sente e non si vede. Adunque queste due Poesie, o vuoi dire due Pitture, hanno scambiati li sensi, per li quali esse dovrebbono penetrare all’intelletto. Perchè, se l’una e l’altra è Pittura, de’ passare al senso comune per il senso più nobile, cioè l’occhio; e se l’una e l’altra è Poesia, esse hanno a passare per il senso meno nobile, cioè l’audito.
Adunque daremo la Pittura al giudizio del sordo nato, e la Poesia sarà giudicata dal cieco nato; e, se la Pittura sarà figurata con li movimenti appropriati alli accidenti mentali delie figure, che operano in qualunque caso, sanza dubbio il sordo nato intenderà le operazioni e l’intenzioni degli operatori, ma il cieco nato non intenderà mai cosa che dimostri il poeta, la qual faccia onore a essa Poesia; conciossiachè della nobili sue parti è il figurare li gesti e li componimenti delle istorie e li siti ornati e dilettevoli, con le trasparenti acque, per le quali si vede li verdeggianti fondi delli suoi corsi, scherzare le onde sopra prati e minute ghiare, coll’erbe, che con lor si mischiano, insieme con li sguizzanti pesci, e simili descrizioni, le quali si potrebbono così dire ad un sasso, come ad un cieco nato; perchè mai vide nessuna cosa, di che si compone la bellezza del mondo, cioè luce, tenebre, colore, corpo, figura, sito, remozione, propinquità, moto e quiete, le quali son dieci ornamenti della natura.
Ma il sordo, avendo perso il senso meno nobile, ancora ch’egli abbia insieme persa la loquela, perchè mai udì parlare, mai potè imparare alcun linguaggio, ma questo intenderà bene ogni accidente, che sia nelli corpi umani, meglio che un che parli e che abbia audito, e similmente conoscerà le opere de’ pittori e quello, che in esse si rappresenti, e a che tali figure siano appropriate.
XIV. — segue.
La Pittura è una Poesia muta, e la Poesia è una Pittura cieca, e l’una e l’altra va imitando la natura, quanto è possibile alle lor potenze, e per l’una e per l’altra si può dimostrare molti morali costumi, come fece Apelle colla sua Calunnia.
Ma della Pittura, perche serve all’occhio, senso più nobile, ne risulta una proporzione armonica; cioè che, siccome molte varie voci, insieme aggiunte ad un medesimo tempo, ne risulta una proporzione armonica, la quale contenta tanto il senso dell’udito, che li auditori restano, con stupente ammirazione, quasi semivivi; ma molto più farà le proporzionali bellezze d’un angelico viso, posto in pittura, dalla quale proporzionalità ne risulta un’armonico concento, il quale serve all’occhio in uno medesimo tempo, che si faccia dalla musica all’orecchio. E se tale armonia delle bellezze sarà mostrato all’amante di quella, di che tali bellezze sono imitate, sanza dubbio esso resterà con istupenda ammirazione e gaudio incomparabile e superiore a tutti l’altri sensi.
Ma della Poesia,— la quale s’abbia a stendere alla figurazione d’una perfetta bellezza, con la figurazione particulare di ciascuna parte, della quale si compone in pittura la predetta armonia, — non ne risulta altra grazia, che si facessi a far sentir nella musica ciascuna voce per se sola in vari tempi, delle quali non si comporrebbe alcun concento, come se volessimo mostrare un volto a parte a parte, sempre ricoprendo quelle, che prima si mostrarno, delle quali dimostrazioni l’oblivione11 non lascia comporre alcuna proporzionalità d’armonia, perchè l’occhio non le abbraccia co’ la sua virtù visiva a un medesimo tempo.
Il simile accade nelle bellezze di qualunque cosa finta dal poeta, de le quali, per essere le sue parti dette separatamente in separati tempi, la memoria non riceve alcuna armonia.
XV. — la pittura si presenta all’occhio nel suo tutto in istante.
La Pittura immediate ti si rappresenta con quella dimostrazione, per la quale il suo fattore l’ha generata, e dà quel piacere al senso massimo, qual dare possa alcuna cosa creata dalla natura. E in questo caso, il poeta, che manda le medesime cose al comun senso per la via dell’audito, minor senso, non dà all’occhio altro piacere, che se un sentissi raccontar una cosa.
Or vedi, che differenza è dall’audir raccontare una cosa, che dà piacere all’occhio con lunghezza di tempo, o vederla con quella prestezza che si vedono le cose naturali. E ancorchè le cose de’ poeti sieno con lungo intervallo di tempo lette, spesse sono le volte, ch’elle non sono intese, e bisogna farli sopra diversi comenti, de’ quali rarissime volte tali comentatori intendono qual fusse la mente del poeta; e molte volte i lettori non leggono, se non piccola parte delle loro opere, per disagio di tempo. Ma l’opera del pittore immediate è compresa dalli suoi riguardatori.
XVI. — segue.
La Pittura ti rappresenta in un subita la sua essenza nella virtù visiva e per il proprio mezzo, donde la imprensiva riceve li obbietti naturali, e ancora nel medesima tempo, nel quale si compone l’armonica proporzionalità delle parti, che compongono il tutto, che contenta il senso; e la Poesia riferisce il medesimo, ma con mezzo meno degno de l’occhio, il quale porta nell’imprensiva più confusamente e con più tar dita le figurazioni delle cose nominate, che non fa l’occhio, vero mezzo intra l’obbietto e l’imprensiva, il quale immediate conferisce con somma verità le vere superfizie e figure di quel, che dinanzi se gli appresenta; delle quali ne nasce la proporzionalità detta armonia, che con dolce concento contenta il senso, non altrementi, che si facciano le proporzionalità di diverse voci al senso dello udito, il quale ancora è men degno, che quello dell’occhio, perchè tanto, quanto ne nasce, tanto ne more, e è si veloce nel morire, come nel nascere. Il che intervenire non può nel senso del vedere; perchè, se tu rappresenterai all’occhio una bellezza umana, composta di proporzionalità di belle membra, esse bellezze non sono sì mortali, nè si presto si struggono, come fa la musica, anzi, ha lunga permanenza, e ti si lascia vedere e considerare; e non rinasce, come fa la musica nel molto sonare, nè t’induce fastidio, anzi t’innamora, e è causa, che tutti li sensi insieme con l’occhio, la vorrebbero possedere, e pare, che a gara voglian combattere con l’occhio. Pare, che la bocca, s’è la bocca, se la vorrebbe per sè in corpo; l’orecchio piglia piacere d’audire le sue bellezze; il senso del tatto la vorrebbe penetrare per tutti i suoi meati; il naso ancora vorrebbe ricevere l’aria, ch’al continuo di lei spira.
Ma la bellezza di tale armonia il tempo in pochi anni la distrugge, il che non accade in tal bellezza imitata dal pittore, perchè il tempo lungamente la conserva; e l’occhio, inquanto al suo uffizio, piglia il vero piacere di tal bellezza dipinta, qual si facessi della bellezza viva; mancagli il tatto, il quale si fa maggior fratello nel medesimo tempo, il quale, poichè avrà avuto il suo intento, non impedisce la ragione del considerare la divina bellezza. E in questo caso la pittura, imitata da quella, in gran parte supplisce: il che supplire non potrà la descrizione del poeta, il quale in questo caso si vole equiparare al pittore, ma non s’avvede, che le sue parole, nel far menzione delle membra di tal bellezza, il tempo le divide l’una dall’altra, v’inframmetto l’oblivione, e divide le proporzioni, le quali lui, sanza gran prolissità, non può nominare; e non potendole nominare, esso non può comporne l’armonica proporzionalità, la quale è composta di divine proporzioni. E per questo un medesimo tempo, nel quale s’inchiude la speculazione d’una bellezza dipinta, non può dare una bellezza descritta, e fa peccato contro natura quel, che si de’ mettere per l’occhio, a volerlo mettere per l’orecchio. Lasciavi entrare l’uffizio della Musica, e non vi mettere la scienza della Pittura, vera imitatrice delle naturali figure di tutte le cose.
Chi ti move, o omo, ad abbandonare le proprie tue abitazioni della città, e lasciare li parenti e amici, e andare in lochi campestri per monti e valli, se non la naturale bellezza del mondo, la quale, se ben consideri, sol col senso del vedere fruisci? e se il poeta vole in tal caso chiamarsi anco lui pittore, perchè non pigliavi tali siti descritti dal poeta, e startene in casa sanza sentire il superchio calore del sole? oh! non t’era questo più utile e men fatica, perchè si fa al fresco e sanza moto e pericolo di malattia? Ma l’anima non potea fruire il benefizio de li occhi, finestre delle sue abitazioni, e non potea ricevere le spezie de li allegri siti, non potea vedere l’ombrose valli rigate dallo scherzare delli serpeggianti fiumi, non potea vedere li vari fiori, che con loro colori fanno armonia all’occhio, e così tutte le altre cose, che ad esso occhio rappresentare si possono. Ma se il pittore, nelii freddi e rigidi tempi dell’inverno, ti pone innanzi li medesimi paesi dipinti ed altri, ne’ quali tu abbi ricevuto li tuoi piaceri; se appresso a qualche fonte, tu possi rivedere te, amante con la tua amata, nelli fioriti prati, sotto le dolci ombre delle verdeggianti piante, non riceverai tu altro piacere, che a udire tale effetto descritto dal poeta?
Qui risponde il poeta, e cede alle sopra dette ragioni, ma dice, che supera il pittore, perchè lui fa parlare e ragionare li omini con diverse finzioni, nelle quali ei finge cose, che non sono; e che commuoverà li omini a pigliare le armi; e che descriverà il cielo, le stelle e la natura e le arti e ogni cosa. Al quale si risponde, che nessuna di queste cose, di che egli parla, è sua professione propria, ma che, s’ei vuol parlare e orare, è da persuadere che in questo egli è vinto dall’oratore; e se parla di Astrologia, che lo ha rubato all’astrologo; e di Filosofia al filosofo; e che in effetto la Poesia non ha propria sedia, nè la merita altramente che di un merciaio ragunatore di mercanzie, fatte da diversi artigiani.
Quando il poeta cessa del figurare colle parole quel che in natura è un fatto, allora il poeta non si fa eguale al pittore, perchè se il poeta, lasciando tal figurazione, e’ descrive lo parole ornate e persuasive di colui a chi esso vole far parlare, allora egli si fa oratore, e non è più poeta, nè è pittore; e se lui parla de’ cieli, egli si fa astrologo; e filosofo e teologo parlando delle cose di natura e di Dio; ma, se esso ritorna alla figurazione di qualunque cosa, e1 si farebbe emulo al pittore, se potesse saddisfare all’occhio in parole come fa il pittore.
Ma la deità della scienza della Pittura considera le opere, così umane, come divine, le quali sono terminate dalle loro superfizie, cioè linee de’ termini de’ corpi, con le quali ella comanda allo scultore la perfezione delle sue statue. Questa col suo principio, cioè il disegno, insegna all’architettore a fare, che il suo edifizio si renda grato all’occhio; questa alli componitori di diversi vasi; questa alli orefici, tessitori, recamatori: questa ha trovato li caratteri, con li quali si esprimono li diversi linguaggi; questa ha dato li caratteri alli aritmetici: questa ha insegnata la figurazione alla Geometria; questa insegna alli prospettivi e astrolaghi e alli macchinatori e ingegneri.
XVII. — come la scienza dell’astrologia nasce dall’occhio, perchè mediante quello è generata.
Nessuna parte è nell’Astrologia, che non sia ufficio delle linee visuali e della Prospettiva, figliuola della Pittura — perchè il pittore è quello, che, per necessità della sua arte, ha partorito essa Prospettiva, e non si può fare sanza linee, dentro alle quali linee s’inchiudono tutte le varie figure de’ corpi, generate dalla natura, sanza le quali l’arte del geometra è orba.
E se ’l geometra riduce ogni superficie, circondata da linee, alla figura del quadrato e ogni corpo alla figura del cubo, e l’Aritmetica fa il simile con le sue radici cube e quadrate; queste due scienze non s’astendono, se non alla notizia della quantità continua e discontinua, ma della qualità non si travagliano, la quale è bellezza delle opere di natura e ornamento del mondo.
XVIII. — parla il poeta col pittore.
Dice il poeta, che la sua scienza è invenzione e misura, e questo è il semplice corpo di poesia, invenzione di materia e misura nei versi, che ei riveste poi di tutte le scienze. Al quale risponde il pittore, l’avere li medesimi obblighi nella scienza della’ Pittura, cioè invenzione e misura; invenzione nella materia, che lui debbe fingere, e misura nelle cose dipinte, acciocchè non sieno sproporzionate; ma che ei non si veste di tali tre scienze, anzi che l’altro in gran parte si vestono della Pittura, come l’Astrologia, che nulla fa sanza la Prospettiva, la quale è principal membro d’essa Pittura, — cioè l’Astrologia matematica, non dico della fallace giudiciale (perdonemi, chi, per mezzo delli sciocchi, ne vive!)
Dice il poeta, che descrive una cosa, che ne rappresenta un’altra piena di belle sentenze.12 Il pittore dico aver in arbitrio di far il medesimo, e in questa parte anco egli è poeta. E se ’l poeta dice di far accendere li omini ad amare, ch’è cosa principale della spezie di tutti l’animali, il pittore ha potenza di fare il medesimo, tanto più, che lui mette innanzi all’amante la propria effigie della cosa amata, il quale spesso fa con quella, baciandola e parlandole, quello, che non farebbe colle medesime bellezze, portate innanzi dallo scrittore; e tanto più supera gl’ingegni de li omini, che l’induce ad amare e innamorarsi di pittura, che non rappresenta alcuna donna viva.
E se il poeta serve al senso per la via dell’orecchio, il pittore per l’occhio più degno senso. Ma io non voglio da questi tali altro, se non che uno bono pittore figuri il furore d’una battaglia, e che ’l poeta ne scriva un altro, e che sieno messi in pubblico da compagnia13; vedrai i veditori dove più si fermeranno, dove più considereranno, dove si darà più laude, e quale saddisferà meglio. Certo la pittura, di gran lunga più utile e bella, più piacerà. Poni iscritto il nome di Dio in uno loco, e ponevi la sua figura a riscontro, vedrai quale fia più reverita. Se la Pittura abbraccia in se tutte le forme della natura, voi non avete se non è i nomi, i quali non sono universali come le forme. Se voi avete li effetti delle dimostrazioni, noi abbiamo le dimostrazioni delli effetti.
Tolgasi uno poeta, che descriva le bellezze d’una donna al suo innamorato, togli uno pittore che la figuri, vedrai dove la natura volterà più il giudicatore innamorato. Certo il cimento delle cosa dovrebbe lasciare dare la sentenza alla sperienza. Voi avete messa la pittura infra l’arti meccaniche; certo, se i pittori fussino atti a laudare collo scrivere l’opere loro, come voi, io dubito non diacerebbe in sì vile cognome. Se voi la chiamate meccanica, perchè è per manuale14 che le mani figurano quel che trovano nella fantasia, voi pittori disegnate con la penna manualmente quello che nello ingegno vostro si trova. E se voi dicessi essere meccanica, perchè si fa a prezzo; chi cade in questo errore, se errore si po’ chiamare, più di voi? Se voi leggete per li Studi, non andate voi a chi più vi premia? Fate voi alcuna opera, sanza qualche premio? benchè questo non dico per biasimare simili opinioni, perchè ogni fatica aspetta premio, o potrà dire uno poeta: — io farò una finzione, che significa cosa grande. — Questo medesimo farà il pittore, come fece Apello la Calunnia.
XIX. — risposta del re mattia ad un poeta che gareggiava con un pittore.
Portando, il dì del natale del re Mattia, un poeta un’opera fattagli in laude del giorno, ch’esso re era nato, a beneficio del mondo, e un pittore gli presentò un ritratto della sua innamorata; sùbito il Re rinchiuse il libro del poeta, e voltossi alla pittura, e a quella fermò la vista con grande ammirazione.
Allora il poeta, forte sdegnato, disse: — o re, leggi, leggi, e sentirai cosa di maggior sustanzia, che una muta pittura! —
Allora il re, sentendosi riprendere del riguardar cose mute, disse: «o poeta, taci, chè non sai ciò che ti dica; questa pittura serve a miglior senso che la tua, la qual è da orbi. Dammi cosa che io la possa vedere e toccare, e non che solamente la possa udire, e non biasimare la mia elezione deell’avermi io messo la tua opera sotto il gomito, e questa del pittore tengo con le due mani, dandola alli miei occhi, perchè le mani da lor medesime hanno tolto a servire a più. degno senso, che non è l’audire. E io per me giudico, che tale proporzione sia della scienza del pittore a quella del poeta, qual è dalli suoi sensi, de’ quali questi si fanno obbietti.
» Non sai tu che la nostra anima è composta d’armonia, e armonia non s’ingenera se non in istanti,15 nei quali le proporzionalità delli obbietti si fan vedere o udire? Non vedi, che nella tua scienza non è proporzionalità creata in istante, anzi l’una parto nasce dall’altra successivamente, o non nasce la succedente, se l’antecedente non muore?
» Per questo giudico la tua invenzione essere assai inferiore a quella del pittore, solo perchè da quella non componesi proporzionalità armonica. Essa non contenta la mente dell’auditore o veditore, come fa la proporzionalità delle bellissime membra, componitrici delie divine bellezze di questo viso, che m’è dinanzi, le quali in un medesimo tempo tutte ’nsieme giunte, mi danno tanto piacere colla divina loro proporzione, che null’altra cosa giudico esser sopra la terra fatta dall’uomo, che dar lo possa maggiore.»
XX. — altezza del mondo visibile.
Non è sì insensato giudizio che, se gli è proposto qual è più da eleggere o stare in perpetue tenebre o voler perder l’audito, che sùbito non dica voler più tosto perdere l’audito insieme con l’odorato, prima che restar cieco.
Perchè chi perde il vedere, perde la bellezza del mondo con tutte le forme delle cose create, e il sordo sol perde il suono fatto dal moto dell’aria percossa, ch’è minima cosa nel mondo. Tu, che dici la scienza essere tanto più nobile, quant’essa s’astende in più degno subbietto, e per questo più vale una falsa immaginazione dell’essenza di Dio, che una immaginazione d’una cosa men degna; e per questo diremo, la Pittura, la quale solo s’astende nell’opere d’Iddio essere più degna della Poesia, che solo si astende in bugiarde finzioni de l’opere umane.
XXI. — arguizione del poeta contro ’l pittore.
— Tu dici, o pittore, che la tua arte è adorata, ma non imputare a te tal virtù, ma alla cosa, di che tal pittura è rappresentatrice. —
Qui il pittore risponde: — o tu, poeta, che ti fai ancora tu imitatore, perchè non rappresenti con le tue parole cose, che le lettere tue, contenitrici d’esse parole, ancora loro sieno adorate? —
Ma la natura ha più favorito il pitture che ’l poeta, e meritamente l’opere del favorito debbono essere più onorate, che di quello che non è in favore.
Adunque, laudiamo quello che con le parole saddisfa all’audito, e quel che con la pittura saddisfa al contento del vedere; ma tanto meno quel delle parole, quanto elle sono accidentali e create da minor autore, che l’opere di natura, di che ’l pittore è imitatore.
La qual natura è terminante dentro alle figure della lor superficie.
XXII. — conclusione infra il poeta e il pittore.
Poi che noi abbiamo concluso, la Poesia esser in sommo grado di comprensione alli ciechi, e che la Pittura fa il medesimo alli sordi, noi diremo, tanto più valere la Pittura che la Poesia, quanto la Pittura serve a miglior senso e più nobile, che la Poesia; la qual nobiltà è provata esser tripla alla nobiltà di tre altri sensi, perchè è stato eletto di volere piuttosto perdere l’audito e odorato e tatto, che ’l senso del vedere.
Perchè, chi perde il vedere, perde la veduta e bellezza dell’universo, e resta a similitudine di un che sia chiuso in vita in una sepoltura, nella quale abbia moto e vita.
Or non vedi tu, che l’occhio abbraccia la bellezza di tutto il mondo? Egli è capo dell’Astrologia; egli fa la Cosmografia; esso tutte le umane arti consiglia e corregge; move l’omo a diverse parti del mondo; questo è principe delle Matematiche; le sue scienze sono certissime; questo ha misurato l’altezze e grandezze delle stelle; questo ha trovato gli elementi e loro siti; questo ha fatto predire le cose future, mediante il corso delle stelle; questo l’Architettura e Prospettiva, questo la divina Pittura ha generata. O eccellentissimo sopra tutte l’altre cose create da Dio! quali laudi fien quelle, ch’esprimere possino la tua nobiltà? quali popoli, quali lingue saranno quelle, che appieno possino descrivere la tua vera operazione?
Questa è finestra dell’umano corpo, per la quale l’anima specula e fruisce la bellezza del mondo; per questo l’anima si contenta della umana carcere, e, sanza questo, esso umano carcere è suo tormento; e per questo l’industria umana ha trovato il fuoco, mediante il quale l’occhio riacquista quello, che prima li tolsero le tenebre. Questo ha ornato la natura coll’agricoltura e dilettevoli giardini.
Ma che bisogna, ch’io m’astenda in sì alto e lungo discorso? qual è quella cosa, che per lui non si faccia? Ei move li omini dall’Oriente all’Occidente; questo ha trovato la navigazione; e in questo supera la natura, che li semplici naturali16 sono finiti, e l’opere, che l’occhio comanda alle mani, sono infinite, come dimostra il pittore nelle finzioni d’infinite forme d’animali e erbe, piante e siti.
XXIII. — come la musica si dee chiamare sorella e minore della pittura.
La Musica non è da essere chiamata altro, che sorella della Pittura, conciossiachè essa è subbietto dell’audito, secondo senso all’occhio, e compone armonia con la congiunzione delle sue parti proporzionali, operate nel medesimo tempo, costrette a nascere e morire in uno o più tempi armonici; li quali tempi circondano la proporzionalità de’ membri, di che tale armonia si compone, non altrementi, che si faccia la linea circonferenziale17 le membra, di che si genera la bellezza umana.
Ma la Pittura eccelle e signoreggia la Musica, perchè essa non more immediate dopo la sua creazione, come fa la sventurata Musica, anzi resta in essere, e ti si dimostra in vita, quel che in fatto è, una sola superfizie.
O maravigliosa scienza, tu riservi in vita le caduche bellezze de’ mortali, le quali hanno più permanenza, che le opere di natura, le quali al continuo sono variate dal tempo, che le conduce alla debita vecchiezza! e tale scienza ha tale proporzione con la divina natura, quale hanno le sue opere con le opere di essa natura, e per questo è adorata.
XXIV. — pittura e musica.
Quella cosa è più degna, che saddisfa a miglior senso: adunque la Pittura saddisfattrice al senso del vedere, è più nobile della Musica, che solo saddisfa all’audito.
Quella cosa è più nobile, che ha più eternità; adunque la Musica, che si va consumando, mentre ch’ella nasce, è men degna della Pittura, che con vetri18 si fa eterna.
Quella cosa, che contiene in sè più universalità e varietà di cose, quella fia detta di più eccellenza: adunque la Pittura è da essere proposta a tutte le operazioni; perchè è contenitrice di tutte le forme, che sono, e di quelle, che non sono in natura, è più da essere magnificata e esaltata, che la musica, che solo attende alla voce.
Con questa si fa i simulacri alli Dii; dintorno a questa si fa il culto divino, il quale è ornato con la Musica, a questa servente; con questa si dà copia alli amanti della causa de’ loro amori; con questa si riserva le bellezze, le quali il tempo e la genitrice natura fa fuggitive; con questa noi riserviamo le similitudini degli omini famosi. E se tu dicessi: — la Musica s’eterna con lo scriverla —; il medesimo facciamo noi qui colle lettere.
Adunque, poichè tu hai messa la Musica infra le arti liberali, o tu vi metti questa, tu ne levi quella.
E se tu dicessi: — li omini vili l’adoprano —; e così è guasta la Musica da chi non la sa.
Se tu dirai: — le scienze non meccaniche sono le mentali —; io dirò che la pitturale mentale, e ch’ella, — siccome la Musica e Geometria consideran le proporzioni delle quantità continue, e l’Aritmetica delle discontinue, — questa considera tutte le quantità continue e le qualità delle proporzioni d’ombre e lumi e distanze, nella sua Prospettiva.
XXV. — parla il musico col pittore.
Dice il musico, che la sua scienza è da essere equiparata a quella del pittore, perchè essa compone un corpo di molte membra, del quale lo speculatore contempla tutta la sua grazia, in tanti tempi armonici, quanti sono li tempi nelli quali essa nasce e more; e con quelli tempi trastulla con grazia l’anima, che risiede nel corpo del suo contemplante.
Ma il pittore risponde e dice, che il corpo, composto delle umane membra, non dà di se piacere a’ tempi armonici, nelli quali essa bellezza abbia a nascere e morire, ma lo fa permanente per moltissimi anni, e è di tanta eccellenza, ch’ella riserva in vita quella armonia delle proporzionate membra, le quali natura con tutte sue forze conservar non potrebbe.
Quante pitture hanno conservato il simulacro di una divina bellezza, cbe il tempo o morte in breve ha distrutto il suo naturale esempio; e è restata più degna l’opera del pittore, che della natura sua maestra!
Se tu, o musico, dirai che la Pittura è meccanica per essere operata coll’esercizio delle mani; e la Musica è operata con la bocca, ma non pel conto del senso del gusto, come la mano (non pel) senso del tatto.
Meno degne sono ancora le parole che’ fatti. Ma tu scrittore delle scienze, non copî tu con mano, scrivendo ciò che sta nella mente, come fa il pittore?
E se tu dicessi, la Musica essere composta di proporzione; ho io, con questa medesima, sèguito la Pittura, come mi vedrai.
XXVI. — conclusione del poeta, pittore e musico.
Tal differenza è in quanto alla figurazione delle cose corporee dal pittore al poeta, quant’è dalli corpi smembrati alli uniti: perchè il poeta, nel descrivere la bellezza o bruttezza di qualunque corpo, te lo dimostra a membro a membro e in diversi tempi, e il pittore tel fa vedere tutto in un tempo.
Il poeta non può porre colle parole la vera figura delle membra, di che si compone un tutto, come il pittore, il quale tel pone innanzi con quella verità, ch’è possibile in natura. E al poeta accade il medesimo, come al musico, che canta solo un canto composto di quattro cantori; e canta prima il canto19, poi il tenore, e così seguita il contralto e poi il basso: e di costui non risulta la grazia della proporzionalità armonica, la quale si rinchiude in tempi armonici. E fa esso poeta a similitudine di un bel volto, il quale ti si mostra a membro a membro, che, così facendo, non rimarresti mai saddisfatto della sua bellezza, la quale solo consiste nella divina proporzionalità delle predette membra insieme composte, le quali solo in un tempo compongono essa divina armonia, di esso congiunto20 di membra, che spesso tolgono la libertà posseduta a chi le vede.
E la Musica ancora fa, nel suo tempo armonico, le soavi melodie, composte delle sue varie voci, dalle quali il poeta è privato della loro discrezione21 armonica; e, benchè la Poesia entri pel senso dell’audito alla sedia del giudizio, siccome la Musica, esso poeta non può descrivere l’armonia della Musica, perchè non ha podestà in un medesimo tempo di dire diverse cose, come la proporzionalità armonica della Pittura, composta di diverse membra in un medesimo tempo, la dolcezza delle quali sono giudicate in un medesimo tempo, così in comune, come in particolare. In comune in quanto allo intento del composto, in particolare, in quanto allo intento de’ componenti, di che si compone esso tutto; e per questo il poeta resta, in quanto alla figurazione delle cose corporee, molto indietro al pittore, e delle cose invisibili rimane indietro al musico.
Ma, s’esso poeta toglie in prestito l’aiuto delle altre scienze, potrà comparire alle fiere come gli altri mercanti, portatori di diverse cose, fatte da più inventori: e fa questo il poeta, quando si impresta l’altrui scienza come dell’oratore, filosofo, astrologo, cosmografo e simili, le quali scienze sono in tutto separate dal poeta. Adunque questo è un sensale, che giunge insieme diverse persone a fare una conclusione di un mercato; e, se tu vorrai trovare il proprio ufficio del poeta, tu troverai non essere altro, che un ragunatore di cose rubate a diverse scienze, colle quali egli fa un composto bugiardo, o vuoi, con più onesto dire, un composto finto. — E in questa tal finzione libera esso poeta s’è equiparato al pittore, ch’è la più debole parte della pittura.
XXVII. — causa della inferiorità in cui è tenuta la pittura.
Per fingere le parole la Poesia supera la Pittura, e per fingere fatti la Pittura supera la Poesia, e quella proporzione ch’è da’ fatti alle parole, tal è dalla Pittura ad essa Poesia, perchè i fatti sono subbietta dell’occhio, e le parole subbietto dell’orecchio; e così li sensi hanno la medesima proporzione in fra loro, quali hanno li loro obbietti infra sè medesimi, e per questa giudico la Pittura essere superiore alla Poesia.
Ma per non sapere li suoi operatori dire la sua ragione è restata lungo tempo sanza avvocati; perchè lei non parla, ma per se si dimostra e termina ne’ fatti, e la Poesia finisce in parole, con le quali, come boriosa, sè stessa lauda.
Note
- ↑ l’occhio.
- ↑ l’opera artistica.
- ↑ universalmente inteso.
- ↑ danno.
- ↑ la figura.
- ↑ in modo da superare il pittore.
- ↑ il corpo.
- ↑ prodotti dall’arte.
- ↑ di cose pertinenti alle varie scienze.
- ↑ il cervello o senso comune.
- ↑ dimenticare.
- ↑ l’allegoria.
- ↑ daccanto.
- ↑ per opera delle mani.
- ↑ armonia esige contemporaneità di parti.
- ↑ le varietà minerali, vegetali e animali.
- ↑ il contorno.
- ↑ Vedi sopra al n. V.
- ↑ Oggi: soprano.
- ↑ insieme accordo.
- ↑ spartizione o divisione.